Docsity
Docsity

Prepara i tuoi esami
Prepara i tuoi esami

Studia grazie alle numerose risorse presenti su Docsity


Ottieni i punti per scaricare
Ottieni i punti per scaricare

Guadagna punti aiutando altri studenti oppure acquistali con un piano Premium


Guide e consigli
Guide e consigli

Storia Moderna - Il concetto di Storia Moderna, Sintesi del corso di Storia Moderna

Una linea-guida sui punti più importanti che riguardano le vicende storiche dal 1492 al 1815<div><br /></div><div><div>Storia Moderna </div><div>Indice</div><div>Concetto di storia modernaL’Europa prima delle grandi scoperte geograficheLe grandi scoperte geograficheLa conquista del “Nuovo Mondo”Lo Stato modernoIl RinascimentoLe guerre d’ItaliaLa Riforma protestanteLa Controriforma e la Riforma cattolicaLa situazione in Spagna: Carlo V e F</div></div>

Tipologia: Sintesi del corso

2011/2012

Caricato il 10/05/2012

valery8998
valery8998 🇮🇹

4.9

(8)

5 documenti

1 / 48

Toggle sidebar

Documenti correlati


Anteprima parziale del testo

Scarica Storia Moderna - Il concetto di Storia Moderna e più Sintesi del corso in PDF di Storia Moderna solo su Docsity! Storia Moderna Indice Concetto di storia moderna L’Europa prima delle grandi scoperte geografiche Le grandi scoperte geografiche La conquista del “Nuovo Mondo” Lo Stato moderno Il Rinascimento Le guerre d’Italia La Riforma protestante La Controriforma e la Riforma cattolica La situazione in Spagna: Carlo V e Filippo II La situazione in Francia: le guerre di religione e la guerra dei tre Enrichi La situazione in Inghilterra: la disputa tra i Tudor e gli Stuart La Crisi del ‘600 La Guerra dei Trent’anni L’Europa nel ‘600 La Rivoluzione Scientifica L’Illuminismo L’Assolutismo Le Guerre di successione La Rivoluzione Americana La Rivoluzione Industriale La Rivoluzione Francese Napoleone Bonaparte Arco temporale 1815-1848 Il Risorgimento 1. Concetto di storia moderna Il termine storia moderna indica un concetto storiografico riferito al periodo che copre un arco temporale di tre secoli e che segna una rottura con l’era medievale. La maggior parte degli storici è concorde nello stabilire come elementi di divisione dall’età medievale la scoperta dell’America e la caduta dell’Impero Romano d’Oriente, mentre esistono delle discordanze per quanto riguarda la periodizzazione dovute a diverse interpretazioni. Come citato in precedenza, la maggior parte degli storici, stabilisce la caduta di Constantinopoli e la scoperta dell’America come eventi che sanciscono l’inizio dell’età moderna, mentre alcuni storici affermano che il distaccamento dell’epoca medievale è dato dalla Riforma protestante del 1517, in quanto, durante il Medioevo, vi era uno stile di vita votato all’esercizio spirituale dettato dai canoni della Chiesa, quindi lo stravolgimento effettuato da Lutero, stabilisce il sorgere di un nuovo periodo. 4. La conquista del “Nuovo Mondo” La geniale intuizione di Amerigo Vespucci di non essere in Asia ma in nuovo continente, diede il via ad una concorrenza agguerita per la conquista delle nuove terre americane, le quali erano fertilissime e ricche di minerali preziosi. Per questo motivo, è opportuno chiamare questo periodo come “periodo di conquista” e non “di scoperta”, anche perché, durante l’ultima glaciazione, le popolazioni erano migrate in quelle terre e, successivamente, i Vichinghi avevano occupato l’isola di Terranova, chiamandola Vanlandia. Questo appellativo di “conquista” è doveroso per porre l’accento sui metodi feroci adottati dai colonizzatori, in particolar modo dai Conquistadores spagnoli. I numerosi oggetti in oro riportati in Europa dai numerosi esploratori, alimentarono la leggenda dell’esistenza di una città dorata chiamata “Indo Dorato” poi chiamata “El Dorado” , questo diede il via alle spedizioni spagnole in America centro-meridionale. Hernan Cortés e Francisco Pizarro furono i primi ad occupare il territorio americano, impossessandosi rispettivamente del Messico e del Perù. Entrambi esercitarono un regime violento, sterminando le civiltà Inca e Azteca e sfruttando al massimo le risorse dei due Paesi. Successivamente altri conquistadores saccheggiarono tutto il territorio sudamericano, come Diego de Ordaz, Francisco de Orellana,Francisco Vazquez de Coronado, Gonzalo Jimenez de Quesado e Lagat. I territori occupati dai Conquistadores erano organizzati secondo il sistema feudale: la corona spagnola conedeva ai Conquistadores degli appezzamenti di terra più o meno grandi chiamati encomiendas. il feroce sfruttamento della popolazione provocò un repentino crollo demografico. Il Cristianesimo, inizialmente imposto con la forza, divenne un forte elemento di integrazione sociale. Ovviamente, non solo gli spagnoli applicarono una politica espansionistica nel territorio americano, ma anche portoghesi, inglesi, francesi ed olandesi, colonizzarono il Nuovo mondo. I portoghesi colonizzarono il Brasile, gli inglesi fondarono le prime tredici colonie americano nella costa orientale degli odierni Stati Uniti d’America, i francesi occuparono Montreal, il Quebec e fondarono la città di New Orleans, gli olandesi occuparono il Suriname. 5. Lo Stato moderno Lo Stato è un ordinamento giuridico e politico che esercita, a fini generali, il potere sovrano su un determinato territorio e sui soggetti a esso appartenenti. Durante il XV secolo si affermò in Europa il sistema dello Stato moderno, definito assoluto in quanto libero da qualsiasi ingerenza o condizionamento esterno, il potere politico e sovrano è condizionato all’interno dalla presenza delle assembleee. Il concetto di Stato assoluto non deve essere confuso con il concetto di assolutismo, fenomeno predominante del XVII secolo che identificava lo Stato nella figura di un monarca. L’organizzazione dello Stato moderno si basava sul sistema corona-moneta-spada. La sua caratteristica principale consiste nell’accentramento del potere nelle mani del sovrano e nell’unificazione del territorio, sparisce quindi il sistema feudale che prevedeva la suddivisione del territorio in tanti appezzamenti di terra, dove l’autorità del sovrano è quasi esclusivamente nominale. Questa discontinuità con il passato è dovuta alla sostituzione, nell’apparato amministrativo e burocratico dello Stato, del ceto feudale con una nuova classe di amministratori. Adesso, per l’esercizio del potere sul territorio, il re fa riferimento a questi funzionari che retribuisce non più con un feudo ma con uno stipendio. Il re, quindi, poteva governare facendo affidamento su dei funzionari che se si ribellavano al suo volere, sarebbero stati privati del sostentamento monetario. Questi nuovi burocrati ricoprivano funzioni essenziali per la vita dello Stato: riscuotevano le imposte, amministravano la giustizia, assicuravano l’ordine pubblico e mantenevano i collegamenti tra il centro e le province. Il passaggio dalla retribuzione attraverso feudo a quello a quella denaro, diede un forte impulso all’economia. Naturalmente, il denaro che veniva dato dal re ai suoi burocrati, metteva in circolo l’economia che rimaneva stagnante nel periodo feudale. In questo periodo e con questo meccanismo, si rafforzò la classe borghese a discapito di quella nobiliare, questa sostituzione fu causata dal forte legame creatosi tra il re e la classe nascente. La classe nobiliare e quella borghese entrano a far parte di un nuovo strumento di amministrazione, ovvero le assemblee, costituite in Francia dagli Stati Generali, in Inghilterra dal Parlamento e in Spagna dalle Cortés. Queste nuove assemblee sostituivano il vincolo feudale, avevano un potere consultivo ed applicavano la ripartizione dei tributi. La vita del popolo rimaneva nelle stesse condizioni del periodo medievale, ma aveva la possibilità di rivolgersi ai magistrati nei casi di abuso da parte della classe dirigente. Un altro importante e fondamentale dello Stato moderno, era il nuovo concetto di mestiere delle armi. Si passò da un esercito momentaneo ad uno permanente, l’esercito era costituito da volontari mercenari che venivano retribuiti attraverso il soldo. Questa modifica nella formazione dell’esercito, comportò un cambiamento anche nei valori del soldato; mentre prima egli veniva selezionato per il suo coraggio e la sua forza, adesso veniva scelto per la sua conoscenza tecnica. Importanti modifiche vennero apportate anche nella tipologia delle armi e nella costruzione delle mura cittadine. Per quanto riguarda la tipologia delle armi, vi fu un utilizzo sempre più massiccio delle armi da fuoco e quindi il passaggio da un’artiglieria pesante ad una leggera che comportò la modifica dello stile di combattimento, che non era più d’assalto ma di posizionamento. Per quanto riguarda la costruzione delle mura difensive della città, venne applicata una modifica fondamentale, dovuta al nuovo uso delle armi. Durante il Medioevo, dove il combattimento era corpo a corpo e si partiva all’arrembaggio, era fondamentale costruire delle mura alte per poter avvistare meglio i nemici. Con l’innovazione delle armi da fuoco e l’uso sempre più costante dei cannoni, era necessario costruire mura difensive spesse in modo tale da incastonare le palle da fuoco all’interno delle mura stesse. 6. Il Rinascimento Il Rinascimento è un periodo storico che si sviluppa in Europa tra la fine del XIV secolo e la prima metà del XVI secolo ed ha come suo nucleo portante Firenze. Il termine Rinascimento fu utilizzato per la prima volta da Giorgio Vasari nel suo trattato “Vite de più eccellenti architetti, pittori e scultori italiani”. Con questo termine egli indicava un ciclo che partendo da Giotto, affermandosi con Donatello, Masaccio e Brunelleschi,si liberava della pesantezza delle forme artistiche del periodo bizantine per ritornare alle forme romane e che, attraverso Michelangelo, superava lo stile artistico dei Romani. Esistono due chiavi di lettura di questo periodo: la prima che lo analizza come fase di rottura rispetto al Medioevo e la seconda che lo identifica come fase di continuazione dell’era medievale. Principale sostenitore della prima scuola di pensiero fu Jacob Burckhardt, il quale definiva il Medioevo come teocentrico, trascendentista ed universalista, mentre il Rinascimento è antropocentrico, umanentista e particolarista. cambio di aiuto militare e promise al Papa un appoggio nel piano di conquista della Romagna. Il 2 settembre 1499, Milano venne assediata e Ludovico il Moro dovette riparare in Germania presso Massimiliano I che aveva sposato la nipote di Ludovico, Bianca Maria Sforza. Ludovico, insieme alle forze asburgiche, riuscì a riconquistare Milano per un breve periodo, ma successivamente venne fatto prigioniero e trasferito in Francia, dove morì nel 1508. Per quanto riguarda la questione meridionale, il 2 novembre 1500, Luigi Xii stipulò un trattato di spartizione dell’Italia meridionale con Ferdinando il Cattolico re di Spagna. Agli spagnoli spettarono la Sicilia, la Calabria e la Puglia, mentre ai Francesi la Campania e l’Abruzzo. Successivamente, nel 1501, scoppiò un conflitto tra spagnoli e francesi, che vide vittoriosi i primi, guidati da Consalvo di Cordova. Nel 1504 venne stipulato il trattato di Lione, con il quale i francesi dovettero rinunciare al Regno di Napoli che rimase sotto la sfera d’influenza spagnola per due secoli. In questo periodo la Repubblica di Venezia diventa lo stato italiano più potente, ciò fu dovuto al crollo delle dinastie degli altri stati: il declino della dinastia sforzesca le permise di allargare i propri domini nell’entroterra lombardo; con la fine della dinastia aragonese potè conquistare i porti pugliesi in modo tale da controllare in toto il Mar Adriatico; la caduta di Cesare Borgia, figlio di Papa Alessandro VI, le permise di occupare la Romagna, in particolare le città di Rimini, Cervia e Faenza. Massimiliano I, dopo essere stato sconfitto dai veneti che occuparono Trieste e Fiume, accettò di far parte della lega di Cambrai, volta a contrastare l’egemonia venezia. Questa lega fu promossa dal nuovo Papa Giulio II e comprendeva anche la Spagna e la Francia. Con questo patto, la Francia rivendica Cremona, la Spagna la Puglia e lo Stato Pontificio i territori romagnoli. La lega di Cambrai dichiara guerra alla Repubblica di Venezia e la sconfigge il 14 maggio 1509, durante la battaglia di Agnodello; Venezia è costretta a rinunciare a tutti i territori conquistati dopo il 1494 ma, grazie ad accordi con la lega di Cambrai, riesce a mantenere la propria integrità politica. Con la sconfitta di Venezia, Giulio II, per indole più adatto al ruolo di sovrano che a quello di capo spirituale della cristianità, si rende conto che la lega di Cambrai ha spostato la bilancia del dominio italiano eccessivamente a favore della Francia, quindi promuove la lega Santa. Luigi XII, per attenuare il potere crescente di Giulio II, convoca un convento a Pisa per deporre il Papa. Alla lega Santa aderirono l’Inghilterra, Venezia, la Svizzera e la Spagna. I due eserciti si scontrarono a Ravenna nell’aprile del 1512 e lo scontro fu favorevole ai francesi ma, la morte del valoroso generale Gastone de Foix, non permise loro di aprofittare della vittoria. Successivamente Milano venne occupata dagli svizzeri e, nel 1513, Firenze entrò sotto la sfera di influenza degli spagnoli, i quali ripristinarono il dominio dei Medici; lo Stato pontificio conquistò Modena, Parma, Piacenza e Reggio ma, alla morte di Giulio II, il progetto espansionistico viene bloccato dal suo successore Giovanni de Medici, ovvero Leone X. Con questo cambio al comando del mondo cristiano, finisce la terza guerra d’Italia. Dopo otto anni di tregua, nel 1521 inizia la quarta guerra d’Italia. Francesco I di Valois, divenuto re di Francia, decise di continuare la linea tracciata dai suoi predecessori e, grazie all’aiuto dei veneziani, durante la grande battaglia di Marignano, riuscendo a riconquistare Milano. Alla morte di Massimiliano I, il successore Carlo V d’Asburgo, si ritrova nelle sue mani un territorio vastissimo, che comprende la Spagna, la Sicilia, la Sardegna, il Regno di Napoli, i Paesi Bassi e il Sacro Romano Impero e le terre extra-europee della Spagna. Francesco I, vedendosi circondato dai territori di Carlo V, decise di passare al contrattacco e di invadere Napoli, ma le sue truppe vennero annichilite dagli spagnoli nelle battaglie della Bicocca, di Romagnano e Pavia. Durante quest’ultima il re francese venne fatto prigioniero e dovette cedere Milano e, per ottenere la liberazione, firmò la pace di Madrid del 1526 con la quale rinunciava a tutti possedimenti francesi in Italia e in Borgogna. La quinta guerra d’Italia scoppiò a causa dell’eccessivo potere acquisito da Carlo V. Papa Clemente VII, nel 1526, fu promotore della Lega di Cognac, alla quale aderirono Francesco I, la Repubblica di Venezia e la Repubblica di Firenze, una volta libero, Francesco I dichiarò nulla la pace di Madrid. La guerra entrò nel vivo nel maggio del 1527, quando i Lanzichenecchi aggirarono le truppe della Lega ed invasero Roma, questa invasione prese il nome di Sacco di Roma, successivamente il Papa fu costretto a ritirarsi a Castel Sant’Angelo. Carlo V, a causa della forte avanzata turca, fu costretto a firmare un accordo con i francesi. Questo patto, passato alla storia come pace delle due dame, fu fimato da Luisa di Savoia e Margherita d’Austria il 5 agosto 1529 a Cambrai, esso prevedeva che la Francia rinunciasse alle pretese in Italia in cambio della riconquista della Borgogna. La tregua tra Francesco I e Carlo V fu soltanto momentanea. La ripresa delle ostilità fu causata dalla morte di Francesco II Sforza. Successivamente, Carlo V avocò a sé i territori del Ducato, mentre, Francesco I strinse accordi con il sultano turco Solimano I il Magnifico e con i principi luterani in Germania. La sesta guerra d’Italia durò dal 1536 al 1538. Francesco I, che nel frattempo si era alleato con Enrico VIII d’Inghilterra, rispose all’occupazione asburgica di Milano inviando le sue truppe in Italia, le quali conquistarono Torino e parte del Piemonte Sabaudo. La momentanea tregua fu firmata a Nizza nel 1538 e stabiliva l’occupazione francese in Piemonte. Le ostilità ripresero con l’inizio della settima guerra d’Italia, avvenuto nel 1542, quando le flotte franco-ottomane sconfissero quelle ispano-imperiali nella battaglia di Cresole. La controffensiva di Carlo V non si fece attendere. L’imperatore, che si era alleato con Enrico VIII, attaccò i nemici da nord, passando dai Paesi Bassi. A causa del negativo coordinamento tra le truppe inglesi e quelle ispano-imperiali, Carlo V fu costretto a chiedere la fine delle ostilità, che avvenne tramite la pace di Crepy del 1544, con la quale la Lombardia veniva assegnata alla Spagna e la Savoia ai francesi. La morte di Francesco I, avvenuta nel 1547, non sancì la fine definitiva delle ostilità. La politica anti-imperialista, fu infatti proseguita dal nuovo re francese Enrico II, il quale, nel 1551, diede inizio all’ottava ed ultima guerra d’Italia. Contrariamente a suo padre però, egli si concentrò sui settori nord-orientale. Il re, pur essendo cristiano, non esitò a stringere alleanze con i protestanti e i musulmani, al fine di indebolire l’avversario su più fronti. Enrico II, nel 1552, invase la Lorena e occupò Metz, Toul e Verdun. Dopo tre anni di duri scontri tra due eserciti irriducibili, Carlo V decise di interrompere le ostilità con la pace di Augusta (1555) e la pace di Vaucelles, stipulata con Enrico II. Carlo V, ormai logorato dai numerosi conflitti combattuti, decise di abdicare e ritirarsi in un convento. I suoi possedimenti furono divisi tra il figlio Filippo II e il fratello Ferdinando; il primo ottenne la Spagna, l’Italia, i Paesi Bassi e le terre extraeuropee della Spagna, mentre il secondo ereditò il Sacro Romano Impero. Il conflitto fu continuato dagli eredi, infatti, nel 1557 Filippo II si scontrò con Enrico II, Emanuele Filiberto di Savoia, comandante delle truppe spagnole, sconfisse definitivamente i francesi a San Quintino. In seguito fu firmata la pace di Cateau- Cambresis, con la quale i francesi riuscirono a mantere le tre piazzeforti nella Lorena, a riconquistare Calais e a mantenere l’occupazione a Saluzzo, mentre dovette rinunciare al Piemonte e alla Savoia. La Spagna mantenne i suoi possedimenti italiani, in più ricevette il controllo della zona dei Presidi lungo la costa toscana e ottenne il controllo politico e finanziario indiretto su tutta la penisola, eccetto Venezia, Savoia e il Papato. 7. La Riforma protestante Con il termine Riforma protestante, s’intende la protesta messa in atto da Lutero nel 1517. Atto principale della Riforma fu la pubblicazione delle novantacinque tesi del monaco agostiniano il 31 ottobre 1517, esse vennero appese per protestare contro la vendita delle indulgenze da parte della Chiesa. Alla base del pensiero di Lutero, vi era il fattore escatologico. Il problema principale dell’uomo di quel periodo era come garantirsi una vita extraterrena: Lutero supera questo ostacolo con la teoria della giustificazione della fede: l’uomo si guadagna una pacifica vita sovrana ed indiscutibile di Dio. Ciò non significa che la salvezza è incondzionata, ma che la condizione sulla quale si basa è il ricevimento della grazia di Dio ed anche la fede viene considerata una Sua grazia perché è un suo Dono. La redenzione limitata riguarda l’operato di Cristo che è indirizzata a tutti ma specificatamente a coloro che hanno ricevuto la grazia della salvezza. La dottrina della grazia irresistibile non indica l’incapacità dell’uomo a resistere alla volontà dello Spirito Santo ma che la Sua volontà è capace di sconfiggere qualsiasi resistenza, rendendo la Sua influenza efficace. Secondo la dottrina della perseveranza dei santi, coloro che hanno ricevuto la grazia della salvezza, non possono perderla in alcun modo, anche quando dovessero rinnegare la propria professione di fede, perché la salvezza è opera di Dio. Secondo la dottrina di Zwingli, la salvezza dell’uomo è frutto dell’onnipotenza divina. Mentre per Lutero la Santa cena era la manifestazione Spirituale di Cristo, per Zwingli è solo una semplice commemorazione dell’ultima Cena; per lui vi è una presenza di Cristo nel corpo e nel cuore di coloro che decidono di prendere parte alla celebrazione dell’eucarestia. Un altro movimento riformatore importante fu quello degli Ugonotti in Francia. Questa dottrina si basava sugli insegnamenti luterani e calvinisti. L’elemento salvifico è costituito dalla misericordia di Dio e dalle opere dei fedeli, che secondo gli ugonotti, sono soltanto quelle ispirate dalla fede. Anche in Inghilterra vi fu una forma di protestantesimo che però derivava dalla volontà di Enrico VIII di annullare il suo matrimonio. 8. La Controriforma e la Riforma cattolica Spesso i termini Riforma cattolica e Controriforma vengono usati come sinonimi. In realtà esiste una sottile differenze tra i due termini: per Riforma cattolica s’intende il movimento riformatorio attuato dalla Chiesa cattolica per riorganizzare sé stessa, mentre, la Controriforma è la reazione del mondo cattolico al terremoto causato da Lutero e dai suoi seguaci. L’obiettivo della Riforma cattolica era quella di ridisegnare la Chiesa facendo luce su cinque elementi fondamentali, ovvero: la dottrina, l’organizzazione ecclesiastica, gli ordini religiosi, i movimenti spirituali e la sfera politica. Lo scopo della Controriforma, invece, era quello di contrastare il movimento protestante, riaffermando la sovranità della Chiesa di Roma attraverso l’applicazione di quattro principi: la riaffermazione e la ridefinizione dei dogmi messi in discussione dal protestantesimo; la condanna della Riforma protestante come eresia; la persecuzione degli eretici e la censura dei testi e di qualsiasi altra opinione non conforme alle idee cattoliche. La Riforma cattolica e la Controriforma, nonostante trattassero argomenti differenti, trovarono un punto d’incontro tramite il Concilio di Treno, il quale rappresenta l’evento più importante per entrambe. Il Concilio venne convocato da Papa Paolo III nel 1545 per ottemperare a tutte le problematiche vigenti all’epoca. Durante il Concilio, che durò dal 1545 al 1563, vennero ovviamente ripudiate tutte le idee protestanti: la Vulgata geronimiana venne riconosciuta come versione ufficiale della Bibbia ed era proibita ogni Sua versione volgare; veniva confermato il numero dei sacramenti e il loro valore; venivano riconosciute le opere di carità come mezzo escatologico; veniva confermata l’esistenza del Purgatorio e, soprattutto, veniva affermato il ruolo intermediario della Chiesa. Il Concilio, inoltre, riaffermava fortemente il valore di alcuni dogmi come la Transustanziazione e il culto della Vergine e dei Santi. 9. La situazione in Spagna: Carlo V e Filippo II A causa di strategie matrimoniali, Carlo V d’Asburgo, era erede di un vastissimo territorio che comprendeva possedimenti in Europa, Africa e America. Egli, infatti, era figlio di Filippo il Bello d’Asburgo, figlio a sua volta dell’imperatore Massimiliano I e di Maria di Borgogna, erede dei vastissimi territori della Borgogna. La madre era Giovanna di Castiglia, detta la Pazza, figlia a sua volta di Ferdinando II d’Aragona e Isabella di Castiglia. Egli era discendente di diverse casate: oltre ad appartenere alla casata degli Asburgo, grazie alla nonna Maria di Borgogna e ai trisavoli Ciamburga di Masovia e il duca di Stiria Ferdinando Ferreo, apparteneva alle casate dei Valois, dei Masovia e dei Visconti. dalla parte materna, egli apparteneva alla casata dei Trastamara e dei Hohenstaufen per mezzo di Costanza figlia di Manfredi I, che lo rendeva erede di Federico II di Svevia e quindi erde del Regno di Napoli e di Sicilia. Carlo, infine, era discendente di Edoardo III il Plantageneto per mezzo delle trisavole materne Caterina e Filippa di Lancaster. Oltre a questo meccanismo di politica matrimoniale, una serie di coincidenze contribuirono a farlo diventare re di Spagna ed imperatore del Sacro Romano Impero in giovane età: alla madre Giovanna venne diagnostica una presunta follia; nel 1516 morì il nonno Ferdinando II d’Aragona che era diventato il reggente; tutti gli eredi che precedevano Carlo morirono e nel 1520 morì anche Massimiliano I. Carlo, alla luce di queste circostanze casuali, si ritrovò a soli vent’anni ad essere re di Spagna ed Imperatore del Sacro Romano Impero, nonché Duca di Borgogna. Successivamente, nel 1530, egli venne incoronato anche re d’Italia, incoronazione effettuata a Bologna. Carlo V riuscì a fronteggiare con intelligenza ed astuzia i problemi che caratterizzarono il suo dominio. Per quanto riguarda la Riforma protestante, egli prima si schierò a favore della Chiesa cattolica, condannando il protestantesimo con l’emanazione dell’editto di Worms del 1521, successivamente applicò una politica di apertura verso il mondo protestante per far fronte alla minaccia franco-musulmana, apertura che venne sancita dalla Dieta di Ratisbona del 1541 e dalla Pace di Augusta del 1555, ratificata dal fratello Ferdinando, con la quale si stabiliva il principio cuius regio, eius religio, ovvero, si stabiliva che i sudditi dovessero aderire alla religione del principe dello stato di appartenenza oppure dovevano emigrare in un altro stato. Sul piano militare accumulò diverse vittorie: allargò i propri confini sovvenzionando le spedizioni dei Conquistadores in America Latina; sconfisse più volte Francesco I durante le guerre d’Italia; sconfisse i Turchi nella battaglia di Tunisi del 1535 ed offrì il controllo di Malta ai Cavalieri di San Giovanni per proteggersi dai pirati; le uniche pesanti sconfitte che lo riguardarono furono la sconfitta ad Algeri nel 1541 e l’assedio di Metz nel 1552. Dal punto di vista della politica interna istituì il Consiglio di Stato che era capeggiato dal Vicerè di Napoli Carlo di Lannoy e dal piemontese Mercurino Arborio di Gattinara e riuscì a sedare alcune rivolte interne come quelle delle comunidades castellanes e della confederazione Germania della Catalogna. Dal punto di vista della politica estera organizzò il matrimonio della figlia Margherita con il duca di Firenze e della nipote Cristina di Danimarca con il duca di Milano. Nell’ottobre del 1555 decise di abdicare a favore del figlio Ferdinando II per quanta riguarda i domini spagnoli e a favore del fratello Ferdinando per quanto riguarda i domini imperiali e si ritirò nel monastero di Yuste. Filippo II ereditò i possedimenti del padre in Spagna, Italia, Borgogna e nelle Americhe e al contrario del padre il suo governo fu fallimentare. Sposò quattro mogli: la cugina Maria Emanuela de Aviz, Maria I la Cattolica, Elisabetta III di Valois ed Anna d’Austria. Dalla prima consorte ebbe un figlio, Don Carlos di Spagna che successivamente venne imprigionato perché accusato di cospirazione; da Maria la Cattolica non ebbe figli; da Elisabetta III di Valois ebbe due figlie, Isabella e Caterina e da Anna d’Austria ebbe un figlio, Filippo III. Inizialmente il suo regno ebbe un grande successo, segnato dalla fine delle guerre d’Italia con la pace di Cateau-Cambresis e la vittoria sulla flotta ottomana durante la battaglia di Lepanto del 7 ottobre 1571, ma ben presto si ebbero le prime crepe. Il suo fallimento fu segnato da una forte economica, dettata dalla Rivoluzione dei prezzi, una forte inflazione che fece innalzare i prezzi del 500%. Questa crisi economica fu accentuata dalla cacciata degli Ebrei e dalle ingenti spese militari, emblematico l’esempio del tercio spagnolo. Oltre alla crisi economica, vi fu la crisi militare, segnata dalla dichiarazione d’indipendenza dei Paesi Bassi nel 1581 e, soprattutto, dalla sconfitta dell’Invincibile Armata nel 1588 contro gli inglesi. mancanza di denaro da entrambe le parti, il 22 marzo 1568 venne firmata la tregua a Longiumbeau. La pace durò soltanto pochi mesi. Nel luglio del 1569 i cattolici tentarono di catturare il principe di Condeé e il duca di Coligny, senza riuscirci. i protestanti si riunirono nella piazzaforte della Rochelle, dove aspettavano i rinforzi del principe di Orange e il duca di Deux-Ponts. I cattolici vennero appoggiati da Filippo II e dal Papa Pio V, sconfissero i protestanti il 13 marzo a Jarnac. Durante questa battaglia, il principe di Jarnac venne ucciso e il suo successore, il duca di Coligny nominò Enrico di Navarra ed Enrico di Condé capi dell’esercito protestante anche se lo stesso Coligny era il capo vero e proprio. Grazie all’intervento di Deux-Ponts, gli ugonotti riuscirono a conquistare Charité-sur-Loire e, dopo la sua morte, il 25 giugno 1569 Coligny conquistò La Roche-sur-l’Abelle ma venne sconfitto il 3 ottobre a Mocontour. Successivamente, il 24 ottobre, il duca d’Anjon prese d’assalto Saint Jean d’Angely per poi puntare alla conquista della Rochelle ma venne fermato dall’arrivo dell’inverno e decise di aprire le trattative per la tregua. Con una mossa a sorpresa, il 27 giugno 1570, Coligny conquistò Arnay sur le Duc, questa conquista accelerò le trattative per la pace che venne firmata l’8 agosto a Saint Germain con la quale venivano lasciate agli ugonotti le piazzaforte della Rochelle, di Cognac, di Charité sur la Loire e Montauban. Episodio cruciale di questo periodo fu il massacro della notte di San Bartolomeo che rappresenta la quarta guerra di religione. Caterina tentò di riconciliare le due fazioni attraverso il matrimoni di sua figlia Margherita di Vlois con Enrico di Navarra, futuro Enrico IV. Il matrimonio passò alla storia come “il matrimonio vermiglio” visto la strage di San Bartolomeo: nella notte tra il 23 e il 24 agosto 1572, Enrico di Guisa guidò il massacro durante il quale moltissimi ugonotti vennero pugnalati e defenestrati, tra questi spiccava la figura del maresciallo Coligny. Dopo questo massacro ne successero altri in numerose città francesi come Troyes, Rouen e Bordeaux. La guerra si concluse con l’istituzione dell’Unione dei Protestanti di Midì, una sorte di governo parallelo che imponeva tasse e convocava gli Stati Generali. La quinta guerra di religione fu caratterizzata dal complotto dei Malcontenti, che faceva riferimento all’ala moderata dei cattolici. L’appoggio dato dal re Carlo IX ai cattolici radicali, spinse i moderati a richiedere l’aiuto del figlio minore di caterina, il duca Francesco d’Alençon. Aiutati da Gabriele di Montgomery e da Francesco ed Enrico di Montmoreney, i moderati tentarono un complotto contro Carlo IX e il fratello, il duca d’Anjon. Il tentativo fallì e Francesco di Montmoreney e Gabriele di Montgomery vennero arrestati, solo Enrico di Montmoreney governatore della Languedoc, riuscì a mantenere la sua libertà grazie alla protezione degli ugonotti. Alla morte di Carlo IX, il trono venne occupato dal fratello, il duca d’Anjon, che diventò Enrico III. Il 16 ottobre 1575, le truppe reali batterono quelle ugonotte ma, grazie all’intervento di Giovanni Casimiro, il 6 maggio 1576, venne firmato l’editto di Beaulieu con il quale venivano aumentate le libertà di culto dei protestanti, venivano concesse loro quattro piazzeforti e vennero concessi dei privilegi al duca di Alençon La sesta e la settima guerra furono molto brevi. La prima scoppiò a causa dell’emanazione dell’editto di Beaulieu, perché secondo i cattolici concedeva troppe libertà ai protestanti e si risolse con l’editto di Poitiers del 1577, che stabiliva restrizioni per il culto protestanti. La settima fu guidata da Enrico di Navarra e fu chiamata guerra degli amanti per via degli atteggiamenti di Enrcio di Navarra e Margherita di Valois. La guerra si concluse con la presa di Cahors da parte del futuro Enrico IV e la pace di Fleix. L’ottava ed ultima guerra di religione, passò alla storia come “Guerra dei tre Enrichi” perché vedeva in campo Enrico III di Francia, Enrico di Navarra ed Enrico di Guisa. Con la pace di Fleix, Enrico III aveva designato Enrico di Navarra come suo erede, questo fece scaturire il malcontento dei Guisa e della Lega cattolica, la quale era diventata una vera e propria confederazione delle città del nord. Il sollevamento effettuato dalla Lega cattolica, costrinse il re a firmare, nel 1585, l’editto di Nemours, col quale rompeva con Enrico di Navarra e coi protestanti. Il re sconfisse il Navarra a Coutras ma venne vinto a Auneau. Il popolo parigino insorse con la rivolta delle “giornate delle barriere” del 12 e 13 maggio 1588, dopo la quale il re fuggi a Chartres dove cercò di ricucire l’alleanza con i protestanti per sconfiggere i capi della Lega cattolica. Successivamente Enrico di Guisa venne ucciso ma anche Enrico III morì il 1° agosto 1588; Enrico di Navarra diventò re di Francia con il nome di Enrico IV. Una volta re dovette affrontare dei problemi interni: il paese era controllato in parte dalla Lega cattolica e Parigi era controllata dalla confederazione dei Sedici. Il 14 marzo 1589 sconfisse la Lega Cattolica, mentre, con la conversione al Cattolicesimo del 1594, entrò trionfante a Parigi. Il 13 aprile 1598, emanò l’editto di Nantes, con il quale il cattolicesimo diventava religione di Stato e veniva concessa la libertà di culto ai protestanti che potevano accedere alle cariche pubbliche tranne che nella capitale. 11. La situazione in Inghilterra: la disputa tra i Tudor e gli Stuart La Riforma protestante del XVI secolo colpì anche l’Inghilterra, ma si manifestò per motivi differenti a quella francese, tedesca e svizzera. Enrico VIII, salito al trono nel 1509, era sposato con Caterina d’Aragona, dalla quale ebbe una figlia, la principessa Elisabetta. Enrico aveva diverse amanti tra le quali Anna Bolena e Elizabeth Bonn, dalla quale ebbe il figlio Henri Filtzroy, il quale morì molto giovane. Nel 1526, Caterina non poteva avere figli ed Enrico iniziò a pensare di chiedere l’annullamento del matrimonio. Il suo braccio destro, il cardinale Wolsey, chiese al Papa Clemente VII di annullare il matrimonio ma, l’influenza di Carlo V, fece respingere la proposta. Enrico VIII decise di distaccarsi dalla Santa Sede e, nel 1530, fondò la Chiesa Anglicana. Il 25 gennaio 1533 vennero celebrate le nozze con Anna Bolena e dalla loro relazione nacque Elisabetta. Nel 1534, Enrico emanò diversi atti, i più importanti furono l’Act of Supremacy, con il quale si stabiliva che il re fosse il capo assoluto della chiesa anglicana;il Treasons Act, con il quale chiunque non riconoscesse la figura del re come capo della chiesa veniva dichiarato traditore e condannato a morte; l’Atto di Successione con il quale si stabiliva che i figli nati dalla relazione con Anna Bolena fossero i primi nella linea di successione e che Maria, avuta con Caterina d’Aragona, veniva dichiarata illegittima. Anche Anna Bolena, nel 1536, perse credibilità agli occhi del sovrano in quanto non dava alla luce figli maschi e venne condannata con diversi capi d’accusa: stregoneria, adulterio, incesto e cospirazione. Dopo la morte di Anna Bolena, nel 1537, Enrico sposò Jane Seymour dalla quale ebbe il figlio maschio tanto desiderato, Edoardo VI, durante il parto, Jane Seymour morì. Dopo la morte di Jane Seymour , e a causa delle precarie condizioni di salute di Edoardo VI, Enrico sposò altre tre donne, tra il 1538 e il 1543: Anna di Cleves, Caterina Howard e Caterina Part, tutti e tre i matrimoni durarono poco ed Enrico non ebbe altri eredi. Enrico morì nel 1547 e lasciò il trono ad Edoardo. Con l’Atto di Successione, Enrico aveva designato Edoardo come suo erede e subito dopo Maria la Cattolica. Quando l’anno dopo, alla morte di Mattia, Ferdinando II divenne anche imperatore, la Dieta boema offrì la corona al duca del Palatinato Federico V, che era calvinista e capo dell’Unione evangelica. Con questi eventi iniziò di fatto la guerra dei trent’anni, un conflitto politico-religioso che, da iniziale guerra interna all’area tedesco-imperiale, si allargò presto alla Danimarca, alla Svezia e alla Francia, fino a diventare una guerra europea. E’ possibile suddividere il conflitto in quattro periodi: 1) quello palatino-boemo; 2) quello danese; 3) quello svedese; 4) quello francese. Nella prima fase la Boemia, non ricevendo aiuti adeguati da parte degli altri Stati protestanti, fu devastata ed assoggettata totalmente al potere degli Asburgo: da segnalare la battaglia della Montagna Bianca, avvenuta nel 1620, in cui gli eserciti imperiali sconfissero nettamente le truppe protestanti boeme. Al fianco dell’imperatore era accorsa anche la Spagna (ricordiamo che sul trono di Spagna regnava in quel periodo un ramo della famiglia Asburgo). Il regno di Boemia fu cancellato e divenne un possedimento diretto della famiglia imperiale. Alcune decine di migliaia di boemi, che non accettarono la sottomissione al cattolicesimo e agli Asburgo, furono costretti ad espatriare. Anche il Palatinato fu invaso e conquistato e fu escluso dal novero degli Stati che avevano il diritto di eleggere l’imperatore. Violenze e stragi, commesse da una parte e dall’altra, insanguinarono l’Europa: da ricordare il massacro dei protestanti della Valtellina (1620) da parte dei cattolici aiutati dalla Spagna (il cosiddetto “sacro macello) llo”). La guerra si riaccese nel 1625 (seconda fase): il re danese Cristiano IV, aiutato e spinto dalla Francia, dall’Inghilterra, dall’Olanda e da alcuni principati protestanti tedeschi, scese in guerra contro l’impero, ma venne ripetutamente sconfitto dalle truppe cattoliche guidate da un abile e spregiudicato generale, Alberto Wallenstein. Alla fine Cristiano IV fu costretto a firmare la pace nel 1629. Queste vittorie indussero l’imperatore Ferdinando II a cercare di imporre a tutto il territorio della Germania la propria sovranità assolutista e ad emanare l’Editto di restituzione, in base al quale i beni cattolici che erano stati acquisiti dopo il 1552 dovevano essere restituiti alla Chiesa. Tale Editto ebbe però l’effetto di riaccendere le ostilità, mentre anche in Italia si aprì un nuovo fronte di guerra, provocato dal problema della successione al ducato di Mantova e del Monferrato, che vide contrapposti da un lato la Francia e dall’altro il ducato di Savoia e la Spagna. Si entrò così nella terza fase della guerra (1630), con l’ingresso della Svezia di Gustavo Adolfo II, un sovrano luterano che fu convinto ad entrare in guerra dall’abile diplomazia del ministro francese Richelieu, che prospettò il grave danno politico, religioso ed economico che sarebbe derivato anche alla Svezia nel caso di una vittoria definitiva degli Asburgo. L’esercito svedese, molto forte ed organizzato, sconfisse in due battaglie i cattolici e penetrò nel cuore della Germania: una di queste battaglie fu quella di Breitenfeld, svoltasi nel settembre del 1631, vicino a questo piccolo centro della Germania. Si trovarono di fronte da una parte l’esercito svedese-sassone guidato dal re di Svezia Gustavo Adolfo II, grande stratega militare, e dall’altro l’esercito cattolico-imperiale. Svedesi e sassoni conseguirono una brillante vittoria. L’anno successivo si giunse allo scontro decisivo avvenuto con la battaglia di Lutzen (1632), in cui gli svedesi ebbero ancora la meglio ma il loro re morì in battaglia. Seguì un periodo di confusione politica e militare, in quanto nessuno dei contendenti riusciva a mettere definitivamente fuori gioco l’avversario, mentre gli eserciti imperversavano sui territori tedeschi uccidendo e saccheggiando: malattie, morte e povertà si diffusero dappertutto. Dopo la sconfitta svedese di Nordlingen del 1634 si giunse alla Pace di Praga tra Svezia, Austria e principi tedeschi: Ferdinando II revocò l’Editto di restituzione. Ma la Pace di Praga, che confermò il dominio imperiale nell’Europa centrale, non venne accettata dalla Francia, che si sentì minacciata ed accerchiata dalla potenza asburgica, per cui si aprì la quarta e ultima fase della lunga guerra (1635-1648). Contro l’imperatore e contro la Spagna si formò una coalizione che comprese la Francia, l’Olanda, la Svezia, il ducato di Savoia e i principi protestanti tedeschi. A partire dal 1638-40 l’andamento della guerra cominciò a prendere una piega decisamente favorevole alla coalizione antiasburgica: gli olandesi distrussero la flotta spagnola (battaglia di Dover), la Francia occupò il Rossiglione, gli svedesi entrarono in Slesia e Boemia. Si giunse cosi alle battaglie conclusive: quella di Rocroi (1643), in cui le truppe francesi sbaragliarono quelle spagnole, quella di Jankovic (1645), in cui gli svedesi sconfissero gli austriaci, ed altre. Il logoramento economico provocato dal lungo conflitto, le pestilenze, le stragi, le rivolte popolari scoppiate in varie zone e infine la consapevolezza del sostanziale fallimento del tentativo asburgico, indussero i paesi belligeranti a chiudere la guerra con una serie di trattati compresi sotto il nome di Pace di Westfalia (1648). Essa sancì: - la fine del sogno asburgico di creare nel cuore dell’Europa una grande monarchia nazionale centralizzata, assolutista e cattolica; la Germania venne divisa in circa 350 Stati, di cui alcuni abbastanza estesi e altri piccolissimi, che godevano di piena autonomia e sovranità; - l’ascesa della Francia al ruolo di grande potenza: scongiurato il pericolo asburgico, alla Francia venne confermato il possesso delle tre città di Metz, Toul e Verdun e di gran parte dell’Alsazia; inoltre essa ottenne dal Piemonte la piazzaforte di Pinerolo; - la supremazia svedese sul Mar Baltico e nel Mare del Nord e il possesso di una vasta zona di influenza nella Germania orientale; - l’indipendenza definitiva dell’Olanda (Province unite); - il ritorno all’indipendenza del Portogallo, non più unito alla corona di Spagna; - il pieno riconoscimento dell’indipendenza e della neutralità perpetua della Confederazione svizzera; - sul piano religioso venne confermato il principio del cuius regio, eius religio, che assunse però un nuovo significato, nel senso che la religione del principe diventava religione ufficiale di Stato ma i sudditi che appartenevano ad altre confessioni potevano convivere pacificamente e non erano costretti a cambiare la loro fede o a emigrare 14. L’Europa nel ‘600 Durante il ‘600 l’Inghilterra fu investita da una guerra civile. La guerra avvenne tra il 1642 e il 1649 e fu guidata da Oliver Cromwell. A scaturire la guerra civile fu la cattiva politica di Carlo I, il quale sciolse e riconvocò più volte il Parlamento. La guerra civile si concluse con l’uccisione del re e l’istituzione del Rump Parliament guidato da Cromwell. Che proclamò il Commonwealth. Cromwell sconfisse gli olandesi in una guerra lampo che consentì l’egemonia navale inglese e proclamò l’atto di navigazione. Nel 1656 egli morì lasciando il posto al figlio ma nel 1660, un generale pose sul trono Carlo II Stuart, il quale ripristinò la chiesa anglicana, la Camera dei Lords e istituì dei tribunali speciali. Alla morte di Enrico IV, avvenuta nel 1610, si ripropose in Francia il problema della reggenza, avvenuto durante le guerre di religione con Carlo IX e Francesco II., ovvero, Luigi XIII era troppo giovane per regnare e la reggenza venne affidata al cardinale Richelieu, consigliere del re. Durante il suo periodo, Richelieu si dimostrò molto violento nei confronti degli ugonotti e il 1° novembre 1628 assediò la piazzaforte della Rochelle. Nel 1642 morirono sia Luigi XIII che Richelieu, la reggenza passò a Mazzarino visto che Luigi XIV era troppo giovane. Mazzarino dovette sfidare due rivolte, la fronda parlamentare e la fronda nobiliare. La fronda parlamentare ebbe luogo nel 1648 a causa della richiesta avanzata da Mazzarino al Parlamento di aumentare il getto fiscale e di gestire personalmente l’esazione delle tasse. I parlamentari rifiutarono e chiesero di essere loro a gestire l’esazione delle tasse. Mazzarino si allontanò momentaneamente fuori dalla corte per poi tornare ed accettare un compromesso col Parlamento: la gestione dell’esazione delle tasse era affidata al Parlamento ma il getto fiscale venne aumentato. Nel 1650 ebbe luogo la fronda nobiliare, guidata dal principe di Condé, questa volta la causa fu l’eccessivo potere del Parlamento. Mazzarino si rifugiò in Germania per guidare le operazioni di difesa, mentre nelle piazze parigini vi furono diversi scontri. Nel 1652 Mazzarino sconfisse il principe di Condè e l’anno successivo finì la fronda nobiliare. Il XVII fu il secolo d’oro olandese. In questo periodo i Paesi Bassi divennero una delle maggiori potenze economiche europee, grazie soprattutto alla fondazione della Compagnia Olandese delle Indie Orientali nel 1602. Dopo la Guerra degli Ottant’anni combattuta contro Filippo II che portò all’indipendenza dei Paesi Bassi Meridionali, questo Stato riuscì ad ottenere l’indipendenza internazionale dopo la pace di Wstfalia del 1648. Successivamente a questa pace, i Paesi Bassi riuscirono ad ottenere l’egemonia navale che persero solo dopo una breve guerra contro l’Inghilterra di Cromwell. In Spagna fu istituito il Supremo Consiglio d’Italia, con il quale si controllavano i territori italiani. 2. La predilezione per la forma aperta e in conclusa, strutturalmente irrazionale. 3. La prospettiva inquieta e disturbata, comunque alterata: si previliggono torsioni, primi piani, contrappunti vilenti di ombra e di luce. 4. La mancanza di un’ ordinamento gerarchico degli elementi rappresentati: come il cosmo appare ormai privo di un centro e ridotto a un insieme di parti di eguale valore, così l’arte barocca pone i particolari sullo stesso piano. 5. L’ ansia di infinito, evidente nello sforzo dell’ artista di rimandare “altrove” gli scorci prospettici e gli effetti di luce. Nel periodo passato a Padova Galileo dovette impiegare molto del suo tempo migliore per rispondere alle esigenze della Repubblica di Venezia che gli richiedeva sempre nuove invenzioni di tipo tecnico e pratico. Proprio a contatto con l’ ambiente dei tecnici e degli artigiani, e in particolare con i vetrai di Murano, che sapevano vigare le lenti di cristallo, nel 1609 Galileo, prendendo spunto da esemplari di cannocchiale provenienti dall’Olanda, fece costruire il primo telescopio. Nell’ inverno del 1609 egli passò la maggior parte delle notti a puntare il cannocchiale verso il cielo, scoprendo che la superficie della luna non era diversa da quella della terra, il numero delle stelle era infinito. Mentre di notte lavorava, di giorno Galilei trascriveva le proprie scoperte lavorando al Sidereus Nuncius : si trattava di un rendiconto scientifico che comunicava ai dotti di tutto il mondo le nuove scoperte. L’opera di Galileo ebbe una fortuna immensa, rivoluzionando l’ immaginario dell’ uomo settecentesco e segnando una svolta epocale. L’ uomo cessava di essere il centro del mondo. L’ universo non era finito e delimitato dalle Stelle Fisse, ma infinito e popolato da infiniti mondi, come Giordano Bruno aveva sostenuto. 16.L’Illuminismo Il termine Illuminismo, che definisce le trasformazioni culturali caratterizzanti la prima metà del settecento, ebbe origine in germania e si diffuse in tutti gli altri paesi europei, tranne che in francia dove il periodo continuò ad essere chiamato age des lumières o age des philosophes. Il principale centro di elaborazione del pensiero illuministico è Parigi, città in cui opera una folta cerchia di intellettuali tra cui Voltaire, Montesquieu, Diderot, Rousseau, che diffondono i loro pensieri attraverso dibattiti, libri, giornali. Tuttavia il pensiero illuminista trova grandi esponenti anche in altre città, come Londra, Edimburgo e Berlino. Il progetto culturale più importante dell’Illuminismo è l’Enciclopedia o Dizionario ragionato delle scienze, delle arti e dei mestieri, a cui lavorarono grandi personalità, come Diderot e d’Alambert. L’Enciclopedia è un’opera innovativa non solo per i contenuti ma anche per i destinatari a cui è rivolta, che non coincidono più con la sola aristocrazia colta, ma anche borghesi, donne e lettori curiosi vi si avvicinano. Per il suo carattere innovativo fu subito soggetta alla repressione della censura che più volte ne blocco la pubblicazione. L’opera fu completata nel 1766 e conobbe subito un grande successo. Una delle caratteristiche del pensiero illuministico è la sua carica distruttrice nei confronti della religione. Infatti emerge una mentalità laica, o addirittura atea. Sarà proprio Voltaire a esprimere con la massima virulenza la critica contro la religione in cui egli vedo solo del fanatismo e superstizione. Si sente infatti l’esigenza di creare un’etica basata sull’uomo e non sulle paure e credenze religiose, come quella dell’oltretomba. Nella Chiesa ne nelle sue dottrine gli illuministi vedono pura superstizione e per questo essa è il primo nemico da abbattere. Il pensiero illuminista guarda anche la situazione politica, soprattutto ciò che interessa all’intellettuale illuminista è il rapporto con il potere e il suo equilibrio. Una delle opere più importanti in questo campo è sicuramente l’Esprit des lois di Montesquieu in cui egli esamina i diversi tipi di governo- monarchia, democrazia, dispotismo. Secondo Montesquieu la forma politica migliore è la monarchia purchè i poteri siano bilanciati e divisi tra le istituzioni intermedie-Parlamenti. L’illuminismo riprende anche l’antica teoria del patto sociale tra sovrano e popolo. Secondo Rosseau tale patto sta all’origine della democrazia, e nella sua opera Il contratto sociale egli individua nella nascita della proprietà privata l’inizio delle disuguaglianze e della decadenza della civiltà, proprio perché predomina l’interesse del singolo e non la volontà generale. Fu in questo periodo che molti sovrani avviarono delle riforme volte a modernizzare la macchina statale. Questo processo viene chiamato assolutismo illuminato. Tra i principali stati assoluti ad avviare questa riforma vi furono la Prussia, la Russia, l’impero asburgico 17. L’Assolutismo Il periodo che và dalla seconda metà del ‘600 alla rivoluzione francese del 1789 è caratterizzato dal trionfo in Europa del modello assolutistico di governo, una forma di monarchia dove il potere che il sovrano esercita è assoluto, cioè libero da ogni limite posto dai poteri intermedi, come quelli dei parlamenti, ma comunque sottoposto ai vincoli delle leggi fondamentali dello Stato e da quelle divine e religiose. Solo in Inghilterra il processo politico è diverso. Infatti si assiste alla formazione della monarchia costituzionale, una forma di governo in cui vi è un sostanziale equilibrio tra il potere del sovrano e quello del parlamento. il modello assolutista per eccellenza è il regno francese, sotto Luigi XIV, il Re Sole, il quale impersonava lo stato e riuniva tutti i poteri nelle sue mani. Tuttavia per essere aiutato a governare, creò il Consiglio Supremo, all’interno del quale la carica più alta era quella di controllore delle finanze, ricoperta inizialmente da Colbert, l’ideatore dei punti essenziali della politica del sovrano. Uno dei massimi obbiettivi di tale politica era esautorare il potere dei ceti aristocratici, asservendo la nobiltà ma al tempo stesso accrescendone il prestigio. Per fare ciò, egli fece costruire la nuova reggia di Versailles, ampia e sfarzosa, facendovi risiedere tutta la nobiltà per mantenerla sotto controllo. All’interno di questo lussuoso palazzo il re chiamò anche scrittori, artisti, letterati, creando una cultura ufficiale, fortemente celebrativa e contraria a qualsiasi dissenso. Ma se esautorare il potere aristocratico era stato abbastanza facile, più difficile risultava esautorare i parlamenti che erano saldamente attaccati alle loro prerogative. I parlamenti avevano funzioni giudiziarie e di registrazione delle leggi e si accedeva alle cariche attraverso la vendita di esse, con la possibilità di entrare a far parte della nobiltà di toga. È proprio da questo ceto che venivano le maggiori resistenze al processo di accentramento. Il sovrano potenziò per questo il potere degli intendenti, un gruppo di funzionari di origine borghese, che venivano inviati nelle diverse province del regno e non avevano legami con il parlamento. A costoro il re conferì maggior potere e competenze burocratiche, fiscali e militari per togliere il prestigio al parlamento. In campo giuridico si tentò di uniformare le norme fortemente differenti che vigevano nelle varie regioni del regno, attraverso l’Ordinanza Criminale del 1670. anche nel campo della fiscalità si rese necessario un’unificazione. Infatti in Francia esistevano un gran numero di imposizioni, tra le quali la taglia (ovvero quella che gravava direttamente su ogni individuo) e la gabella (la tassa sul sale), le quali colpivano gli strati meno abbienti della popolazione perché i nobili e il clero ne erano di diritto esenti. Una massiccia opera di riorganizzazione fu attuata anche all’esercito, all’interno del quale fu rinnovata la modalità di addestramento, introdotto l’utilizzo delle divise e l’accesso alle cariche di ufficiale. Lo stato intervenne anche sul campo dell’economia grazie alle idee di Colbert, il quale riteneva che la ricchezza dello stato dipendesse dalla quantità di metalli preziosi da esso posseduta (teoria del mercantilismo). Proprio per questo stimolò la creazione di manifatture interne e di compagnie commerciali. In Inghilterra in seguito alla rivoluzione del 1642-49 era stata restaurata la monarchia. Ciò nonostante si era arrivati ad un sostanziale equilibrio tra poteri parlamentari e regali. Sotto il regno di Giacomo II le tensioni sfociarono in una seconda rivoluzione, detta anche rivoluzione gloriosa, in seguito alla quale fu instaurata la monarchia costituzionale. Negli anni successivi varie riforme definirono tale sistema: con il Toleration Act fu concessa la libertà religiosa, ferma restando la norma del Test act che imponeva la fede anglicana a chi accedesse alle cariche pubbliche, fu introdotta la libertà di stampa e il Settlement Act regolava il diritto di successione al trono per i soli appartenenti alla Chiesa Anglicana. La società inglese era suddivisa in due gruppi: i tories e i whigs, i primi prediligevano l’interesse terriero, mentre i secondi appoggiavano l’interesse economico e finanziario. 18. Le guerre di successione Ma, in compenso, non pagavano alcuna tassa all’Inghilterra, privilegio che decadde nel 1764, quando la madrepatria si trovò in crisi finanziaria dopo avere affrontato (e vinto) la Guerra dei Sette Anni. Impose quindi una pesante tassa sul tè e una marca da bollo ( Stamp Act) da applicare sui giornali, i documenti pubblici e le transazioni commerciali. In base al “Bill of rights”, questa tassazione era illegale, quindi i coloni si ribellarono sostenendo: “Non paga le tasse chi non ha rappresentanti in Parlamento”. Nel 1773 un gruppo di Bostoniani travestiti da Indiani, come provocazione, gettò in mare un intero carico di tè inglese, che andò quindi perduto. Questo episodio (Boston Tea Party) fu la goccia che fece traboccare il vaso: il re d’Inghilterra, profondamente irritato, inviò le sue truppe in America nel 1775. Scoppiò così la Rivoluzione Americana, che durò dal 1775 al 1783. Il 4 luglio del 1776 i rappresentanti delle tredici colonie si riunirono a Filadelfia, dove venne proclamata l’indipendenza degli Stati Uniti d'America. Nel 1787 le ormai ex colonie adottarono una Costituzione che rese gli Stati Uniti d’America una repubblica federale, e applicò la divisione dei poteri 20. La Rivoluzione Industriale L’espressione Rivoluzione industriale designa il passaggio, in periodi e in paesi diversi, da un'economia tradizionale basata principalmente sull'agricoltura a un'economia basata sulla produzione automatizzata dei beni all'interno di strutture di grandi dimensioni. Fu così chiamata proprio per il suo carattere irreversibile e radicale: si passò appunto da una agricoltura basata sull’agricoltura e sull’artigianato ad una economia basata sulla Fabbrica, la cosiddetta factory. La riduzione dei rischi legati al commercio d'oltremare e l'aumento dei profitti, insieme alla politica del governo inglese tesa a ridurre il potere delle grandi compagnie privilegiate, consentirono l'ingresso nel settore di uomini nuovi e il dispiegarsi della libera iniziativa. Lo sviluppo commerciale favorì inoltre la formazione di operatori economici dotati di mentalità imprenditoriale, di disponibilità al rischio e di spirito di iniziativa. Nel corso del '700 l'assetto proprietario e le strutture produttive dell'agricoltura inglese subirono cambiamenti tanto profondi da generare una vera e propria rivoluzione agricola. Il possesso delle terre si concentrò nelle mani di pochi grandi e medi proprietari con la costituzione di ampie unità di produzione gestite spesso da fittavoli con criteri imprenditoriali e basate sul lavoro di salariati agricoli. Questa trasformazione degli assetti proprietari, determinata dal fenomeno delle enclosures e delle privatizzazioni, portò alla formazione di un nuovo ceto di braccianti. Nacque così di rimando anche una nuova classe sociale, la classe operaia. Il caso Inglese è sicuramente di notevole importanza e trainante rispetto agli altri. Il controllo inglese del commercio internazionale favorì le manifatture tessili inglesi, in particolare del cotone, e la diffusione della mentalità imprenditoriale. Nuove tecniche di coltivazione favorirono una rivoluzione in agricoltura che stimolò il processo di industrializzazione: maggiori disponibilità alimentari, crescita della popolazione, estensione del mercato interno, da cui il diffondersi del lavoro salariato e la disponibilità di capitali per impieghi industriali. Il processo portò l’esodo dalle campagne e la nascita del proletariato industriale. La prima rivoluzione industriale che si verificò in Gran Bretagna alla fine del XVIII secolo modificò profondamente l'economia e la società. I cambiamenti più importanti avvennero sicuramente all'interno dell'organizzazione del lavoro. Le piccole imprese si espansero e acquisirono nuove caratteristiche. La produzione si svolgeva all'interno delle fabbriche anziché presso il domicilio dei lavoratori o nei borghi rurali, come avveniva un tempo. Il lavoro diventava sempre più meccanizzato e specializzato e la produzione industriale dipendeva dalle possibilità di utilizzo intensivo del capitale, di impianti e attrezzature costruiti espressamente per aumentare l'efficienza. L'aumento della specializzazione e l'applicazione del capitale alla produzione industriale determinarono la formazione della classe sociale dei capitalisti, che possedeva o controllava i mezzi di produzione. Un ruolo determinante è svolto anche dal sistema politico e dal clima culturale inglese del Settecento. La stabilità politica, il rafforzamento del ruolo del Parlamento, la vivacità della società civile rendevano la società inglese più dinamica di quelle continentali, aperta alle innovazioni e percorsa da un forte spirito pragmatico. La rivoluzione industriale ebbe enormi conseguenze sociali: le condizioni di lavoro e di vita degli operai erano durissime; fino a sedici ore di lavoro al giorno in luoghi pericolosi, salari bassissimi, al limite della sopravivenza. Donne e bambini sfruttati in misura anche maggiore degli adulti; l'igiene e la sicurezza erano scarse e spesso si verificavano incidenti, anche mortali. La ricca Inghilterra non esportava solo prodotti dell'industria. Come spesso avviene, i rapporti commerciali favorirono anche la diffusione delle idee e della cultura. Così dall'Inghilterra e dalla Francia, sulla spinta della borghesia, si diffusero le idee del liberalismo. Questa dottrina filosofica, politica ed economica sostiene che progresso e giustizia possono realizzarsi solo in una società che riconosce la libertà degli individui, coloro che governano devono quindi riconoscere e rispettare i diritti dei cittadini, stabiliti in un documento, in una legge fondamentale detta Costituzione. Le industrie che si svilupparono maggiormente furono quelle metallurgiche, tessili e meccaniche. Le innovazioni principali furono: la spoletta voltante brevettata da John Kay nel 1733, La Giannetta, brevettata da James Hargreaves nel 1765, Il Filatore idraulico, inventato da Riche Arkwright nel 1767, il telaio meccanico, inventato da Edmond Cartwright nel 1787, La macchina a vapore di James Watt La laminazione del ferro di Henry Cott 21. La Rivoluzione Francese La Rivoluzione francese scoppia nel 1789 e termina nel 1799 con l'abolizione dell'assolutismo e la nascita della repubblica francese. Con la rivoluzione francese si suole porre il limite tra la fine dell'età moderna e l'inizio della contemporanea. Società francese alla vigilia della rivoluzione: Nel 1789 la Francia aveva ancora strutture sociali e politiche dell'antico regime. La popolazione era divisa in tre ordini: la nobiltà,che rappresentava l'1,5 della popolazione ed aveva il monopolio delle cariche pubbliche e numerosi privilegi economici e fiscali, il clero e il terzo stato composto da borghesi, commercianti ed artigiani, proletariato urbano e contadini, che costituiva l'ordine più numeroso e composito della popolazione. Cause della rivoluzione A portare allo scoppio della rivoluzione fu la crisi dell'antico regime che inizia nel 1871. Le difficoltà finanziarie, dovute alle ingenti spese per la partecipazione alla guerra di indipendenza americana, portarono alle dimissioni di Neker, il suo successore Colonne, per superare la grave crisi, propone una riforma economica e finanziaria che intaccava i privilegi dei nobili e del clero. Questi per contrastare tali riforme costringono il re Luigi XVI a convocare gli Stati Generali che non venivano convocati dal 1614. Era consuetudine che negli Stati Generali ogni ordine avesse ugual numero di deputati, ma il terzo stato chiede ed ottiene di avere un numero doppio di rappresentanti, mentre rimane incerto il modo di votazione. Quando il 5 maggio 1789 si tenne la prima seduta appare evidente che la corte voleva solo discutere delle finanze senza concedere nessuna riforma di fondo. Il conflitto divenne inevitabile e trovò la prima espressione nella verifica dei poteri: nobiltà e Clero la volevano separatamente, il terzo stato sosteneva dovesse avvenire in assemblea generale. Il re, appoggiato dai nobili si irrigidì e, quando i deputati del terzo stato trovarono la sala delle riunioni chiusa, si riunirono nella sala della Pallacorda dove giurarono di dare una Costituzione alla Francia. Il Clero e 47 membri della nobiltà si unirono al terzo stato formando l'Assemblea Nazionale Costituente. Luigi XVI sconfitto sul piano politico, decise di ricorrere alla forza. La borghesia reagì e con l'aiuto delle classi popolari il 14 luglio assale e conquista la Bastiglia simbolo del dispotismo del regime assoluto. La rivoluzione Dopo la presa della Bastiglia si succedono eventi a catena, una rivoluzione municipale, guidata dalla borghesia che portò all'abolizione delle municipalità dell'antico regime, ed alla formazione della guardia municipale, ed una rivolta nelle campagne che portò alla distruzione della feudalità. Il 26 agosto venne fatta la Dichiarazione dei Diritti dell'Uomo e del cittadino che era la premessa della Costituzione del 3 settembre 1791. Il re però non approva i decreti della Assemblea Costituente ed il popolo si mobilita di nuovo marciando su Versailles e costringendo il re a trasferirsi a Parigi. Gli eventi di ottobre provocarono anche una prima scissione all'interno dell'Assemblea dando inizio ad una serie di differenziazioni dei gruppi borghesi: i Giacobini, guidati da Robespierre, avevano atteggiamenti più avanzati, i Foglianti, con a capo La Fayette, erano più moderati, al centro vi erano i Cordiglieri con Danton e Marat. L'Assemblea Costituente comincia tra grossi problemi a redigere la Costituzione che fu approvata nel 91. La Costituzione di matrice borghese era una Costituzione liberale basata sulla parità diritti civili dei cittadini, mentre i diritti politici erano riservati ai soli cittadini attivi, i cittadini passivi, che non pagavano imposte, erano esclusi dal voto. Anche la politica economica era pienamente favorevole alla borghesia e si basava sulla piena libertà di scambi, mentre proibiva le associazioni operaie. I beni ecclesiastici furono incamerati e venduti ed i preti dovettero giurare fedeltà alla Costituzione come dei pubblici funzionari. Amministrativamente la Francia venne divisa in 83 dipartimenti divisi in distretti e cantoni con ampi poteri. I provvedimenti della Costituente portarono grande malcontento tra gli aristocratici e l'alto clero e quando la situazione diventa particolarmente tesa, a causa di una reazione giacobina, il partito dei moderati di La Fayette fece un tentativo di conciliazione con il re e la nobiltà. Il fallimento di e si imbarca per la Francia, contravvenendo agli ordini di Parigi. Il 9 ottobre 1799 sbarca a S. Raphael e fra il 9 e il 10 novembre (il cosiddetto 18 Brumaio del calendario rivoluzionario), con un colpo di stato abbatte il Direttorio, prendendo in questo modo il potere quasi assoluto. Il 24 dicembre vara l’istituzione del Consolato, di cui si nomina Primo Console. Napoleone al potere Capo dello Stato e delle Armate, Napoleone, dotato di una capacità di lavoro, d’una intelligenza, e d’una immaginazione creativa straordinaria, riforma in tempo record l’amministrazione e la giustizia. Ancora una volta vittorioso contro la coalizione austriaca, impone la pace agli Inglesi e firma nel 1801 il Concordato con Pio VII che mette la Chiesa francese al servizio del Regime. Poi, dopo aver scoperto e sventato un complotto monarchico, si fa proclamare nel 1804 Imperatore dei Francesi sotto il Nome di Napoleone 1° e, l’anno dopo, anche Re d’Italia. Si crea così intorno a lui una vera e propria ” monarchia ” con Corti e Nobiltà d’Impero mentre il regime stabilito prosegue, sotto il suo impulso, riforme e modernizzazione : insegnamento, urbanismo, economia, arte, creazione del cosiddetto “Codice napoleonico”, che fornisce una base giuridica alla società uscente dalla Rivoluzione. Ma l’Imperatore è presto preso da altre guerre. Fallito un attacco all’Inghilterra nella famosa battaglia di Trafalgar, porta a buon fine una serie di campagne contro gli Austro-Russi (Austerlitz, 1805), i Prussiani (Iéna, 1806 ) ed edifica il suo grande Impero dopo il trattato di Tilsit nel 1807. L’Inghilterra, comunque, rimane sempre la sua spina nel fianco, l’uno vero grande ostacolo alla sua egemonia europea. In risposta al blocco marittimo applicato da Londra, Napoleone mette in atto, tra il 1806 ed il 1808, il blocco continentale al fine di isolare quella grande potenza. Il blocco dinamizza l’industria e l’agricoltura francese ma infastidisce l’economia europea ed obbliga l’Imperatore a sviluppare una politica espansionistica che, dagli Stati Pontifici al Portogallo ed alla Spagna passando dal controllo d’una nuova coalizione dell’Austria (Wagram 1809), lascia le sue armate sfinite. Nel 1810, preoccupato di lasciare una discendenza, Napoleone sposa Marie Louise d’Austria che gli dà un figlio, Napoleone II. Nel 1812, intuendo l’ostilità dalla parte dello Zar Alessandro 1°, la grande Armata di Napoleone invade la Russia. Questa sanguinante e disastrosa campagna, totalmente fallimentare per le forze napoleoniche che vennero brutalmente ricacciate indietro a seguito oltretutto di migliaia di perdite, farà suonare il risveglio dell’Europa Orientale e vedrà Parigi invasa dalle truppe nemiche il 4 marzo 1814. Qualche giorno più tardi, Napoleone sarà obbligato ad abdicare in favore di suo figlio poi, il 6 aprile 1814, a rinunciare alla totalità dei suoi poteri. Spodestato dal trono e solo, è costretto all’esilio. Dal maggio 1814 al marzo 1815, durante il suo soggiorno forzato all’Isola d’Elba, fantasmatico sovrano dell’isola su cui ripristinerà una pallida imitazione della sua passata corte, Napoleone vedrà Austriaci, Prussiani, Inglesi e Russi dividersi, nel corso del Congresso di Vienna, ciò che fu il suo Grande Impero. Sfuggendo alla sorveglianza Inglese, Napoleone riuscì però a rientrare in Francia nel Marzo 1815 dove, sostenuto dai Liberali, conoscerà un secondo ma breve Regno conosciuto sotto il nome di “Regno dei Cento Giorni”. La nuova e riconquistata gloria non durerà a lungo: presto le illusioni di ripresa verranno cancellate dal disastro seguito alla battaglia di Waterloo, ancora una volta contro gli inglesi. La storia si ripete, dunque, e Napoleone deve nuovamente abdicare al suo ripristinato ruolo di Imperatore il 22 Giugno1815. Ormai in mano agli inglesi, questi gli assegnano coma prigione la lontana isola di Sant’Elena, dove prima di spegnersi il 5 maggio 1821, evocherà spesso con nostalgia la sua isola natale, la Corsica. Il suo rammarico, confidato alle poche persone rimastigli vicine, era quello di aver trascurato la sua terra, troppo occupato in guerre ed imprese. Il 5 maggio 1821, quello che è stato indubbiamente il più grande generale e condottiero dopo Cesare, si spegne solo e abbandonato a Longwood, sull’isola di Sant’Elena, sotto la sorveglianza degli inglesi. Il matrimonio Dopo il matrimonio con l’influente Giuseppina Beauharnais, sposata nel 1796, gli fece ottenere il comando dell’armata d’Italia, con il compito di impegnare le forze austro- piemontesi, alleggerendo in tal modo il fronte tedesco. Il fronte italiano aveva in effetti un’importanza secondaria, in quanto l’offensiva principale si sarebbe svolta sul Reno; ma quella che avrebbe dovuto essere solo una manovra diversiva si trasformò in una serie di strepitose vittorie, dovute a un’abile applicazione delle nuove tecniche militari. Salutato come il liberatore dal giogo straniero, N. occupò gran parte dell’Italia settentrionale. Pur disponendo di truppe esigue (solo 38.000 uomini male equipaggiati), sconfisse l’esercito piemontese, inducendo Vittorio Amedeo III a firmare l’armistizio di Cherasco (28 aprile 1796). Successivamente vinse gli Austriaci e pose l’assedio a Mantova che capitolò nel febbraio del 1797. Occupata la Lombardia, costituì sul modello francese le Repubbliche di Genova e Venezia e sottrasse allo Stato Pontificio la Romagna, cui il papa rinunciò con il trattato di Tolentino (18 febbraio 1797). N. portò la guerra in territorio veneto, costringendo l’arciduca Carlo d’Asburgo a firmare i preliminari della pace di Loeben (18 aprile 1797). Contro la volontà del Direttorio, che voleva scambiare la Lombardia con i territori della riva sinistra del Reno, N. seguì il suo progetto di guadagnarsi l’appoggio dei patrioti italiani per fare dei territori conquistati il punto di partenza per i suoi disegni futuri. Organizzò la Repubblica Cisalpina, favorendo i moderati rispetto ai giacobini, e la Repubblica Ligure. 23.Arco temporale 1815-1848 Dopo la sconfitta di Napoleone a Waterloo nel 1815, le maggiori potenze europee decisero di convocare il Congresso di Vienna per ristabilire l’Ancient regime, dando inizio al periodo storico che prende il nome di Restaurazione. Esistono due chiavi di lettura per quanto riguarda questo periodo: la prima riguarda l’ambito strettamente politico; la seconda riguarda l’ambito culturale. Per quanto l’ambito politico, con il termine Restaurazione si intende il processo di ristabilimento del potere dei sovrani assoluti in Europa, invece, per quanto ci si riferisce a quel processo reazionario teso a contrastare le idee rivoluzionarie esportate dagli imperi napoleonici. In questo periodo si contrapponeva due linee politiche contrapposte: la prima voleva un semplice e puro ritorno al passato, mentre la seconda voleva un compromesso con il passato, <<conservare progredendo>> era il loro motto. I principi del Congresso erano: restaurazione, legitimità ed equilibro. il principio della restaurazione consisteva nel ritornare alla situazione poplitica e ai confini politici del 1792; la legittimità riguardava il ripristino delle prerogative delle dinastie nobiliari; l’euilibrio stabiliva che le potenze europee dovessero avere uguale forza politica. Al Congresso parteciparono i rappresentanti delle potenze che avevano sconfitto Napoleono, ovvero: Visconte Castlereagh e Robert Stewart per l’Inghilterra, lo zar Alessandro I per la Russia, Handenberg per la Prussia e Metternich per l’Austria, quest’ultimo fu il protagonista assoluto per la configurazione geo-politica dell’Europa post- napoleonica. Durante il Congresso di Vienna vennero sancite due alleanze: la Santa Alleanza, tra Austria, Prussia e Russia e la Quadruplice Alleanza che comprendeva anche l’Inghilterra. Queste due alleanze si basavano sul principio dell’intervento e della solidarietà: il primo riguardava l’intervento delle nazioni nei casi di rivoluzioni che potessero avere risvolti internazionali; il secondo riguardava l’aiuto politico nei casi di ingerenze governative. Secondo le decisioni del Congresso, la Repubblica di Genova fu annessa al Regno di Sardegna allo scopo di creare uno stato cuscinetto più efficace; la Prussia ottenne la Renania; la Russia acquistò una posizione nel centro Europa annettendo la Bessarabia, la Finlandia e parte della Polonia; la Gran Breatagna acquisì alcune isole ioniche come Corfù, Zante e Cefalonia; venne creato il Regno dei Paesi Bassi; il Sacro Romano Impero La notte del 22 marzo, Santorre annunciò la guerra contro l’Austria, mentre Carlo Alberto fuggì segretamente a Novara, abbandonando i rivoltosi al loro destino. Successivamente i costituzionali vennero sonoramente sconfitti dai plotoni austriaci. Un altro problema scaturito dal Congresso di Vienna, fu la questione francese legata alla successione al trono. Nel 1824, Luigi XVIII, morì senza discendenti e salì al trono di Francia il fratello Carlo conte di Artois, che divenne re con il nome di Carlo X. Il nuovo re applicò un regime di tipo assolutistico, aumentò i privilegi del clero e dell’aristocrazia ed emanoò una legge, la “legge del Miliardo”, con la quale avrebbe risarcito tutti i nobili fuorisiti dalla Francia durante il periodo della rivoluzione. Carlo X, con l’aiuto del suo primo ministro Polignac, decise di ovviare alle sempre più numerose e frequenti proteste dei democratici e dei borghesi, revocando la carta costituzionale concessa da Luigi XVIII nel 1814 e pubblicizzando la campagna militare che avrebbe portato alla conquista dell’Algeria. Le proteste aumentarono e, il 26 luglio 1830, Carlo X emanò le Ordinanze di Saint-Cloud, con le quali restringeva il diritto di voto, escludendo i borghesi da questo diritto, scioglieva il Parlamento, annullava la libertà di stamp e indiceva nuove elezioni. Le nuove disposizioni vennero accolte negativamente dal popolo francese che insorse, dando il via alla Rivoluzione di Luglio, segnata dalle “tre gloriose”, ovvero tre giornate di pura violenza. I cittadini parigini si scontrarono contro le truppe del re, le quali non seppero contrastare l’assalto della folla e Carlo X dovette fuggire in Inghilterra. Successivamente, la corona francese vene offerta a Luigi Filippo d’Orleans, il quale era membro di una famiglia cadetta dei Borbone. Luigi Filippo fu un monarca costituzionale ed era tale non per diritto divino ma per legittimità del popolo e la sua Costituzione non fu concessa ma fu frutto di un accordo con il Parlamento. Un’altra questione importante scaturita dal Congresso, fu quella belga-olandese. Secondo le decisioni del Congresso, Belgio e Olanda vennero unite in unico stato cuscinetto, il Regno dei Paesi Bassi, retto da Guglielmo I d’Orange-Nassau, il quale adottò una forte politica di accentramento. Il popolo belga accolse negativamente la decisione di unirsi agli olandesi, anche perché le principali cariche politiche erano occupate dagli olandesi e i belgi erano praticamente esclusi dalla vita politica del regno. In più vi erano motivi religiosi ed economici: il Belgio era prevalentemente cattolico mentre l’Olanda era protestante, la politica economica olandese ostruiva la crescita delle industrie belga. Il Belgio decise di insorgere attraverso il movimento unionista, chiamato così perché riuniva le tre regioni belga che erano in competizione tra loro. Nell’agosto del 1830, scoppiò a Bruxelles un moto rivoluzionario; Guglielmo I rispose con l’invio di truppe armate. La rivolta belga fu appoggiata dai francesi, i quali volevano sfruttare la possibilità di infrangere uno stato cuscinetto. Durante la conferenza di Londra, Talleyrand convinse gli inglesi a concedere l’indpendenza ai belgi. Venne così creato il Regno del Belgio con una monarchia costituzionale guidata dal principe tedesco Leopoldo di Sassonia Coburgo, che prese il nome di Leopoldo I. Alla fine del Congresso, la Polonia perse la sua indipendenza e divenne uno stato satellite della Russia. Iil popolo polacco era desideroso di ritrovare l’indipendenza, anche perché dal 1795, anno dell’abdicazione del re Stanislao Pomiatowski, era rimasto senza re e quindi decise di insorgere. Il motivo principale della rivolta fu la politica di repressione adottata dai russi, in particolare dallo zar Nicola I, il quale aveva già represso il moto decabrista del 1826. Gli insorti polacchi erano convinti che Luigi Filippo d’Orleans li avrebbe aiutati militarmente, ma il re francese decise di non schierarsi, perché scendere in campo contro la Russia significava scatenare le truppe della Santa Alleanza. Gli insorti, che ricevettero risposte negative anche dalle popolazioni delle campagne, riuscirono a liberare la parte centrale della Polonia. Successivamente, nacquero dei contrasti tra i capi della rivolta: una parte affermava che giunti a questo punto si dovesse scendere a patti coi russi, mentre secondo altri, si dovesse continuare con una guerra ad oltranza. I russi approffitarono di queste discrepanze ed attaccò gli insorti che vennero sconfitti il 31 ottobre 1831; Varsavia venne occupata e la Polonia tornò ad essere una provincia della Russia. Il successo delle rivolte in Francia e in Belgio, accese le speranze di insurrezione in Italia. A Modena, la carboneria locale aveva intrecciato rapporti amichevoli con il Duca Francesco IV, il quale era favorevole alla rivolta in quanto poteva attuare i propri piani di espansione del Ducato e decise di attuare un moto che comprendesse numerose città emiliane. Bologna, Ferrara, Forlì e Ravenna, che erano sotto il controllo dello Stato della Chiesa, dichiararono la secessione dal Papato e proclamarono il nuovo Stato delle Province Unite Italiane, una repubblica parlamentare con capitale Bologna, presieduta da Giovanni Vicini. Fiduciosi dell’appoggio del Duca, i congiurati diedero subito il via alla rivolta, il Duca però tradì le aspettative e fece arrestare alcuni capi della rivolta, tra cui Ciro Menotti. Nonostante gli insorti erano riusciti ad occupare importanti città come Parma, lo Stato delle Province Unite non riuscì a reggere l’urto delle truppe austriache che ebbe la meglio nel marzo 1831. I rivoltosi speravarono invano nell’intervento di Luigi Filippo, il quale non si schierò per le stesse ragioni per le quali non aveva appoggiato la rivolta polacca, ovvero per non scatenare le potenze della Santa Alleanza. Ad appoggiare i rivoltosi, scese in campo Luigi II re d’Olanda, il quale venne ucciso a Forlì nel 1831. Il 26 aprile 1831, con l’occupazione di Ancona, le Province Unite cessarono di esistere. Il malcontento per le decisioni del Congresso raggiunse la punta dell’iceberg nel 1848, quando scoppiò la cosidetta Primavera dei Popoli. I fattori che causarono lo scoppio di questi moti furono molteplici: dal punto di vista politico, il ritorno all’assolutismo causò diversi malumori; dal punto di vista sociale, lo stile di vita dettato dalla Rivoluzione Industriale e la fondazione delle prime testate giornalistiche contribuirono alla diffusione di ideali di nazionalismo e giustizia; dal punto di vista economico, la recessione del 46, causata dalla carestia. In Francia, la rivolta fu causata da diversi scandali: nel 1830 il bancario Gisquet fu incaricato di acquistare 300.000 fucili ma ne comprò 560.000, in seguito Casimir Perrier e il maresciallo Souil ricevettero dei doni per il valore complessivo di un milione di franchi, nel maggio del 1847 vi fu lo scandalo Teste-Cubière, nell’agosto dello stesso anno vi fu il suicidio del duca Choiseui-Praslin accusato dell’omicidio della figlia del maresciallo Horace Sébastiann. Le proteste dei cittadini francesi, alimentate dalla recessione dovuta alla carestia, si fecero sempre più pressanti e sfociarono nella Terza Rivoluzione, scoppiata il 23 febbraio 1848, quando la città fu assediata. Luigi Filippo si rifiutò di soffocare la rivolta nel sangue e abdicò il giorno seguente, mentre il governo provvisorio proclamava la Repubblica il 4 maggio. Successivamente il governo si rifiutò di accogliere le richieste degli operai, che il 23 giugno insorsero ma stavolta la rivolta fu repressa nel sangue dal generale Cavaignac. In seguito il governo abolì il diritto allo sciopero e di associazione e innalzò l’orario di lavoro. Dopo quasi sei secoli di divisione, secondo le decisioni del Congresso di Vienna, il Regno di Sicilia e il Regno di Napoli, vennero riuniti nel Regno delle Due Sicilie e Ferdinando IV di Napoli abolì la Costituzione che era stata precedentemente concessa. Quest’evento fece scaturire la Rivoluzione Indipendentista Siciliana, che ebbe inizio il 12 gennaio 1848 a Palermo. I rivoltosi riuscirono ad ottenere la Costituzione e l’indipendenza e Ruggero Settimo fu nominato capo del governo. Sedici mesi più tardi, il 15 maggio del 1849, le truppe borboniche sconfissero i rivoluzionari e Ruggero Settimo fu costretto a fuggire a Malta. In Polonia, il Comitato Nazionale del Granducato di Poznan decise di insorgere contro le truppe di occupazione prussiane. Dopo le vittorie di Miloslaw e Sokolov, l’ala sinistra del
Docsity logo


Copyright © 2024 Ladybird Srl - Via Leonardo da Vinci 16, 10126, Torino, Italy - VAT 10816460017 - All rights reserved