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Popolazione, economia e società in Europa nel XVI secolo, Sintesi del corso di Storia Moderna

Demografia storicaStoria modernaStoria d'Europa

La situazione demografica, economica e sociale dell'europa nel xvi secolo, evidenziando l'aumento della popolazione, la ripresa economica, il tasso di natalità contenuto, il modello di matrimonio ritardato, il ruolo delle brigate giovanili e la prostituzione. Viene inoltre analizzata la struttura della famiglia, l'aumento dei prezzi, la rivoluzione dei prezzi, l'agricoltura e le attività manifatturiere.

Cosa imparerai

  • Qual era la situazione demografica in Europa nel XVI secolo?
  • Come si spiega il tasso di natalità contenuto in Europa?
  • Quali fattori influenzarono l'agricoltura e le attività manifatturiere in Europa nel XVI secolo?

Tipologia: Sintesi del corso

2019/2020

Caricato il 27/01/2020

francesco-di-cecca
francesco-di-cecca 🇮🇹

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Scarica Popolazione, economia e società in Europa nel XVI secolo e più Sintesi del corso in PDF di Storia Moderna solo su Docsity! 13. Popolazione ed economia in Europa nel XVI secolo. Visto l’epidemia di peste del XIV secolo, soltanto nel 1500 si ebbe un deciso aumento della popolazione, in stretta relazione con la ripresa economica iniziata nella metà del Quattrocento. Nonostante gli aumenti furono consistenti nella popolazione urbana, il predominio demografico si mantenne netto nelle zone rurali. Si tratta pur sempre di una crescita contenuta in Europa differentemente da altre regioni del mondo. Ciò è di grande importanza nel capire il “miracolo europeo”: in virtù di esso gli effetti della crescita economica, a livello di reddito pro capite, non si annullarono, come accadde invece in paesi con tassi di natalità più elevati. Alcuni fattori tennero sotto controllo la crescita. 1. La mortalità: soprattutto quella infantile, infatti quasi la metà dei nati periva nei primi 6-7 anni di vita. Il parto comunque restava un rischio sia per la madre che per il bambino. Altre cause erano le condizioni igieniche e alimentari non adatte, unito al costume dell’infanticidio. 2. Le malattie: peste, sifilide (a seguito dell’incontro con le popolazioni americane) 3. La medicina: aveva una capacità di intervento limitato. Si basava su un intervento terapeutico volto all’espulsione degli umori eccedenti con purghe e salassi. La divisione medico-fisico e barbiere- chirurgo ostacolava lo sviluppo della medicina stessa. I risultati più importanti arrivarono dall’operato dello Stato, che si dotò di uffici di sanità, col compito di emanare regolamenti igienico-sanitari e attuare controlli preventivi. Qui si vede l’adozione della partica della quarantena e l’istituzione dei lazzaretti per ricoverare i malati contagiosi. Per la mentalità religiosa l’epidemia era una punizione divina, cui occorreva rispondere con cerimonie di espiazione collettiva, nelle quali il concorso di folla favoriva la diffusione del contagio. Dal punto di vista sociale la pratica dell’isolamento e internamento del malato contagioso era riservata solo ai meno abbienti. 4. Tasso di natalità contenuto: la ragione è da ricercare nell’età media dei giovani al matrimonio, la quale era molto alta (23-25 anni per le ragazze; 27 per gli uomini) rispetto all’età della maturazione sessuale. Quindi le donne vivevano soltanto i 2/3 o poco meno della loro vita potenzialmente feconda. Questo modello di matrimonio è noto come matrimonio ritardato e la procrastinazione delle nozze aveva ragion d’esistere in quanto sposarsi significava mettere su un focolare e questo non era possibile finché i giovani non avessero qualcosa da parte. Le società europee erano caratterizzate da un gran numero di giovani, fisicamente adulti ma non ancora sistemati dal punto di vista professionale e familiare. Allora le società dovevano necessariamente predisporre occasioni in cui l’esuberanza dei giovani potesse manifestarsi senza degenerare in comportamenti distruttivi: feste, carnevali e spazi sociali per comportamenti apparentemente trasgressivi svolsero tale funzione. In Europa le brigate giovanili era tacitamente autorizzate a compiere chiassate di vario genere. Nonostante ciò la prostituzione era un’altra inevitabile conseguenza del ritardo nell’età del matrimonio. Il modello della struttura della famiglia era “nucleare” e “neoresidenziale”: in ambiente popolare contadino, i giovani che si sposavano andavano a vivere per conto proprio e non con i genitori creando famiglie patriarcali, mentre in ambiente patrizio avevano al residenza nel palazzo di famiglia, costituendo famiglie spesso allargate. La famiglia era unità di produzione. La casa dove si abitava era spesso il luogo anche dove si lavorava: fattorie, botteghe. Della famiglia facevano parte anche il personale di servizio: garzoni, apprendisti, servi. L’aumento dei prezzi Nel XVI secolo si verificò in Europa un rialzo dei prezzi. L’aumento più consistente fu nei paesi dell’Europa occidentale, in primo luogo la Spagna, e fu più sensibile sui prodotti di largo consumo. Soltanto ad iniziò Seicento questo rialzo rallentò, fino a quasi invertirsi. Secondo Jean Bodin l’afflusso dei metalli preziosi dall’America era all’origine del rincaro. Ciò si basava sul fatto che il livello dei prezzi è direttamente proporzionale alla quantità di moneta disponibile e alla sua velocità di circolazione, ed essendo la moneta coniata in oro e in argento, un aumento della disponibilità di questi due metalli avrebbe portato ad un processo inflazionistico. Oggi però si ritiene più importante l’aumento complessivo della domanda di beni, dovuto alla crescita demografica e ad alti livelli di consumo. Uno squilibrio tra domanda e offerta all’origine della “rivoluzione dei prezzi”. Nei periodi di inflazione trassero svantaggi coloro che avevano introiti fissi (proprietari terrieri che vivevano di rendita sugli affitti a lunga scadenza dei loro terreni oppure i salariati) mentre trassero benefici tutti quelli che potevano speculare sul rincaro dei prodotti immessi sul mercato (proprietari terrieri che gestivano le terre, grossi affittuari, imprenditori, mercanti). Sistematicamente l’inflazione penalizzò rendite e salari ed esaltò il profitto. Il Cinquecento per questo è considerato un secolo di capitalismo incipiente: un capitalismo di natura commerciale. L’agricoltura Agli inizi dell’età moderna la popolazione europea viveva in aree rurali e l’agricoltura era la principale fonte di occupazione e di reddito. La tradizionale divisione delle tenute agricole in una parte signorile (coltivata grazie alle corvées contadine) e in una parte data in affitto, era scomparsa dalle campagne europee, ormai sostituita dall’affitto o dalla mezzadria. Il villaggio era la cellula base del mondo rurale e la sua comunità fissava i tempi e i modi delle diverse attività agricole. Nella parte occidentale dell’Europa le ristrutturazioni agrarie del Basso Medioevo aveva portato al restringimento dei poteri signorili. Tuttavia l’esistenza delle città, la concorrenza dei nuovi proprietari borghesi, l’invadenza degli ufficiali regi limitavano questi poteri. Il minor peso di questi fattori rendeva diversa la situazione delle campagne nell’Europa orientale, dove prevalevano rapporti sociali feudali (es. corvées). Durante il XVI crebbe la produzione agricola, sollecitata dall’espansione demografica e dall’aumento dei prezzi agricoli: il prezzo del grano e dell’avena aumentarono. Elevati livelli produttivi vennero raggiunti grazie alla riconversione a cereali di terreni in precedenza adibiti ad altre destinazioni, oppure di nuovi terreni ricavati con disboscamenti e bonifiche (Maremma-Val di Chiana-Terra di Lavoro) Unica eccezione quella dei Paesi Bassi, che ridussero il terreno adibito alle coltivazioni cerealicole, in quanto potevano importare tale prodotto dalla Polonia o dall’est Europa, e estesero le colture foraggere, in modo da consentire l’allevamento di una maggiore quantità di bestiame, il che significava più disponibilità di concime e miglioramento delle rese agricole. Similmente in Italia settentrionale si sviluppò la messa a coltura intensiva dei terreni, grazie a progressi nella irrigazione. Un’altra novità fu la formazione di circuiti di scambio legati ad un intensificata divisone internazionale del lavoro. La maggiore concentrazione demografica in determinate aree (Lombardia, Reno, Paesi Bassi) faceva sì che i prezzi del grano raggiungessero livelli abbastanza alti, così da rendere conveniente l’importazione
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