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Storia Moderna (MOD. A) - Nicoletta Bazzano, Appunti di Storia Moderna

Riassunto del Manuale di Benigno con integrazione di appunti relativo al Modulo A di Storia Moderna. Per la preparazione di tale esame è possibile studiare esclusivamente da tale documento.

Tipologia: Appunti

2021/2022

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Scarica Storia Moderna (MOD. A) - Nicoletta Bazzano e più Appunti in PDF di Storia Moderna solo su Docsity! LE GUERRE D’ITALIA Nonostante l’equilibrio che aveva disposto la Pace di Lodi del 1454, le tensioni in Italia rimasero. Una personalità capace con la sua dote diplomatica di mantenere l’equilibrio e di non far scoppiare ulteriori guerre era però Lorenzo de Medici, detto Il Magnifico, signore di Firenze (⇒ Firenze era una Repubblica, ma era una finta in quanto non si muoveva foglia a Firenze se il Medici non voleva) e definito da Machiavelli e altri storici come l’ago della bilancia. Lorenzo dei Medici morì molto giovane, nel 1492, e con lui morì anche quel personaggio in grado di discutere con tutti e di trovare una mediazione. Tant’è che fu proprio dopo la sua morte iniziarono quelle che vennero chiamate da Machiavelli le orrende guerre d’Italia. Ci sono una causa e un pretesto che portarono allo scoppio di queste guerre. - la causa: l’Italia in questo momento è la parte più prospera dell’Europa, è splendida, è l’Italia delle corti rinascimentali e dei grandi artisti come Leonardo, Raffaello, Bramante. E' anche la parte piu produttiva d'Europa: le corporazioni italiane sono quelle che producono i manufatti più pregevoli e di qualità migliore. Diciamo quindi che l’Italia fosse una bella preda da prendere; - il pretesto: una certa irrequietezza di alcuni personaggi storici. In particolare nel 1494 particolarmente effervescente era un personaggio milanese, fratello del Duca di Milano: Ludovico il Moro che era molto piu intelligente del fratello e aspirava alla Signoria di Milano. Con l’obiettivo di trovare un alleato che lo sostenesse nelle sue ambizioni di scalzare il fratello e poi il nipote stilò un alleanza con Carlo VIII Re di Francia, appartenente alla dinastia dei Valois ma è imparentato con gli Angiò (⇒ passati Re del Regno di Napoli che successivamente furono scalzati via dal Regno d'Aragona). Ludovico convinse Carlo VIII a rivendicare il Regno di Napoli e a scender in armi nella Penisola italiana, così nel 1494 Carlo VIII varcò le Alpi, scese a Napoli e la conquistò facilmente. Mentre passava tutti si atterrirono per le armi e la grandezza dell'esericito. Addirittura il successore di Lorenzo de Medici, Piero, gli aprì le porte della città: i Medici vennero scacciati da Firenze e la Repubblica fiorentina divenne una Repubblica teocratica, cioè governata secondo le leggi della religione cristiana da parte di un frate domenicano che si chiamava Girolamo Savonarola. Altro personaggio molto particolare che fece passare i francesi fu Alessandro VI Borgia, pontefice che ha avuto da una gentildonna romana, sposata con un altro, quattro figli. Egli fece passare i francesi perchè voleva approfittare di questo passaggio di esercito e confusione per creare uno stato all'interno della Penisola Italiana, al centro dell'Italia, per il figlio Cesare Borgia. Alessandro VI, realizzando che i francesi erano arrivati in Italia e facilmente si erano mangiati napoli, cominciò a preoccuparti dato che li aveva come vicini di casa (⇒ Napoli confina con lo Stato della Chiesa). Decise quindi di creare un'alleanza anti-francese: alla Repubblica di Venezia, quella stessa Milano che aveva fatto venire i francesi in italia, all'Imperatore e ai Re cattolici chiese di organizzare delle forze per scacciare i francesi. Così i francesi non se lo fecero dire mezza volta: Carlo VIII riprese tutte le sue truppe, risali la Penisola e ritornò in Francia dove poi sarebbe morto. Nel frattempo il Papa scacciò la dinastia precedente da Urbino e disegnò per il figlio Cesare Borgia uno stato che comprendeva Urbino e delle città vicine. Passarono pochi anni, muore Carlo VIII e gli succedette Luigi XII, il nipote. Questo nipote oltre ad essere imparentato con gli Angiò, nel suo albero genealogico aveva anche un Visconti (⇒ sua nonna/bisnonna si chiamava Valentina Visconti). Data questa parentela con i Visconti egli voleva rivendicare Milano che era andata agli Sforza. In armi passò le Alpi e invase Milano. Per arginare un'eventuale reazione, decise di trattare con Ferdinando il Cattolico (⇒ re di Catalogna e Aragona), che diceva di voler sostenere il nipote (⇒ era re di Napoli). Trattarono la divisione dell'Italia: Ferdinando il Cattolico si sarebbe preso il Regno di Napoli rubandolo al nipote, e Luigi XII si sarebbe preso il Ducato di Milano. Questa era la divisione che prevedeva il Trattato di Granada. I francesi stessi in armi non rispettarono questo trattato e si armarono per riprendere Napoli. Fu l'esercito di Ferdinando Il Cattolico nel 1503 con il comando di Consalvo de Cordoba (⇒ quello che poi sarebbe stato nominato Duca di Sessa), che nella Battaglia di Garigliano vinse il Regno di Napoli. A partire da questo momento Napoli sarebbe stata sempre con Ferdinando Il Cattolico e con chi sarebbe stato suo erede aggiungendo così anche questo regno a tutti gli altri, mentre il nipote di Ferdinando sarebbe stato fatto vice-re di Valencia. Le cose non si fermarono qui. Nel 1503 muore il pontefice Alessandro VI, si pensa di avvelenamento, e salì al trono pontificio il suo più acerrimo nemico: Giulio della Rovere che avrebbe smontato totalmente lo stato di Cesare Borgia (⇒ questo sarebbe poi fuggito in Francia dove morirà privo di tutto). Giulio II non era così lussurioso come Alessandro VI però amava combattere, tant'è che guidava l'esercito pontificio. Di tutta questa situazione abbastanza confusa ne aveva approfittato la Repubblica di Venezia che aveva ampliato i propri confini ai danni di Ferrara e dello Stato Pontificio. Così il Papa organizzò la Lega di Cambrai e insieme a Ferdinando il Cattolico e all'Imperatore del Sacro Romano Impero Massimiliano, dichiarò guerra a Venezia. La sconfisse nel 1509 ad Agnadello. Dopo aver sconfitto Venezia che sarebbe ritornata sui propri passi ordì un'altra lega chiamata la Lega Santa composta da tutte le potenze europee per scacciare i francesi da Milano. Nel 1512 e 1513 Luigi XII avrebbe abbandonato l'Italia e sarebbe tornato in Francia dove sarebbe morto e il Ducato di Milano sarebbe tornato agli Sforza. Nel 1515 Francesco I Re di Francia rivuole Milano, supera le Alpi, sconfigge Massimiliano Sforza e prende Milano. L'anno successivo Carlo d'Asburgo, erede di Ferdinando Il Cattolico che nel frattempo è morto, firma il Trattato di Noyon con Francesco I che prevedeva che Milano sarebbe andata alla Francia e Napoli alla Corona d'Aragona. Nel giro di pochi anni Carlo V con le forze ispano-imperiali dichiarò guerra alla Francia. Gli eserciti si scontrarono a Pavia (⇒ vicino Milano) e addirittura Francesco I, re di Francia al comando delle sue truppe, venne preso prigioniero e portato a Madrid. Si capì che Carlo V teneva in pugno l'Europa. Allora Clemente VII, pontefice di santa romana chiesa, organizzò con tutte le altre forze francesi la Lega di Cognac per avere uno scontro e tagliare le gambe a Carlo V e al suo esercito ispano-imperiale. Carlo V organizzò così un esercito sostanzialmente fatto da truppe germaniche, i Lanzichenecchi, superò le Alpi, scese per la Penisola, arrivò a Roma e siccome i lanzichenecchi non erano più cattolici ma erano diventati luterani, misero a ferro e fuoco Roma. Roma nel 1527 venne piegata dal cosiddetto Sacco: incedi, stupri, assassini, torture. I Lanzichenecchi combattevano ma non erano nobili, bensì erano dei contadini ai quali la nuova religione aveva insegnato che il Papa era il diavolo. Il sacco avrebbe messo in ginocchio Clemente VII, la città sarebbe stata semi-distrutta, e Genova, che si era alleata con tutti gli altri stati italiani, sarebbe passata a Carlo V e sarebbe stata importante perchè a partire da questo momento i grandi banchieri di Carlo sarebbero stati genovesi. Nel 1529 si firmò la Pace di Cambrai: Carlo V avrebbe fatto reintronare l'ultimo esponente della famiglia Sforza a Milano sotto la sua protezione. Quando questo gentiluomo Francesco II Sforza morì nel 1535 Milano rientrò effettivamente nei possessi ispano-imperiali. La guerra tra Carlo V e la Francia sarebbe continuata ancora e si sarebbe conclusa solo nel 1559 con la Pace di Cateau-Cambresis con la quale si dice che sulla penisola italiana sarebbe calata la pax hispanica (⇒ perche Napoli e Milano erano spagnole, tutti gli altri potentati avrebbero cercato un'alleanza con la Spagna, l'unica potenza che si sarebbe mantenuta sostanzialmente impermeabile alle sollecitazioni sarebbe stata la Repubblica di Venezia, lo Stato della Chiesa sarebbe stato dipendente dalla volontà dei papi regnanti). CARLO D'ASBURGO Carlo d'Asburgo aveva dei parenti molto importanti. Il Regno di Castiglia e il Regno di Aragona si uniscono e i loro sovrani hanno dei figli: un figlio maschio che però non erediterà nulla perchè muore giovanissimo, e delle figlie femmine tra cui la primogenita Giovanna (⇒ in Castiglia non vigeva la legge saudica ovvero la legge di successione che prevedeva che potessero salire al trono solo i maschi, ma non esisteva questa legge in Inghilterra e in Castiglia). Giovanna venne data in sposa al figlio di Massimiliano lavorano). Le tre ripartizioni non hanno uguale importanza ma bensì ci sono parti più importanti e parti meno importanti.Quelli più importanti sono gli oratores, ovvero quelli che pregano per tutti gli altri, seguiti dai bellatores, coloro che combattono. Infine in ordine di importanza ci sono i laboratores, cioè quelli che lavorano. In una stagione politica in cui vediamo prevalere in Europa le monarchie il capo di questo organismo è il sovrano, anche se non è l'unico tipo di istituzione presente. La legge non è uguale per tutti, tant’è che le disposizioni che vengono prese in caso di fatti criminali sia che si sia colpevoli sia che si sia vittime sono diverse. Gli oratores sono quelli che pregano, ossia i mediatori del rapporto di tutta la società con il divino. Sin dall'Alto Medioevo hanno l'obbligo della castità, insieme alla povertà e all'obbedienza. Per diventare religiosi bisogna prendere i voti, ed è una scelta che gli appartenenti agli altri due ordini possono effettuare: possono dunque entrare in questo terzo ordine e dedicare la propria vita al ministero divino. Naturalmente la matrice di provenienza conta e raramente chi proviene dall’ordine degli bellatores (⇒ altro ordine importante quanto quello degli oratores) diventerà un monaco, ma bensì diventerà vescovo, abate ecc. Il mondo ecclesiastico presenta una grande varietà. Il clero si divide in clero secolare (⇒ quello gerarchicamente composto che ha cura delle anime e si rivolge ai fedeli es. i preti della parrocchia, i vescovi e il pontefice MA esclude le donne perché nella civiltà cristiana le donne non possono esercitare il sacerdozio) e clero regolare (⇒ l'insieme di monaci e monache, frati e suore che vivono nei monasteri o nei conventi e si chiamano regolari perché hanno la vita scandita da una regola). Tutti prendono i loro esponenti dagli altri gruppi sociali. Hanno compiti religiosi, ma possono avere compiti politici (es. principi cardinali), economici (⇒ tutti i monasteri hanno appezzamenti di terreno, spesso con vassalli da cui attingono le loro risorse), culturali (⇒ istruzione), sanitari (⇒ soccorso sanitario). Sono così importanti per la società che la società intera li deve mantenere: deve provvedere al loro sostentamento. I bellatores sono coloro che combattono MA non sono i soldati. I bellatores sono coloro che hanno il diritto di portare la spada: i nobili, gli aristocratici (duca di..; conte di..; marchese di.. ecc). Oltre al ruolo militare hanno delega di funzioni di governo in quanto erano insigniti del titolo feudale da parte del sovrano e successivamente ereditati. Possedeva poteri politici, amministrativi e giuridici e aveva quindi la cosiddetta giurisdizione (faceva la legge). Anche l’aristocrazia dei bellatores è strutturata gerarchicamente: principi, duchi, marchesi, conti e baroni, e questa struttura è dovuta dal fatto che il Sovrano attribuiva un feudo e un titolo. Ma non è solo il Sovrano a generare la nobiltà, ci sono altre modalità: - vengono insigniti del titolo nobiliare coloro che si sono distinti nel servizio amministrativo-burocratico o nel servizio militare (es. Duca di Sessa Consalvo de Cordoba, cioè colui che conquistò per Ferdinando d'Aragona il Regno di Napoli. Per ringraziarlo lo fece Duca di Sessa e diede via ad una dinastia dei duchi di Sessa che rimase fra i grandi nobili castigliani); - quelle famiglie che discendevano da nobili; - chi acquistava titoli nobiliari (chi si arricchiva approfittava del bisogno dei sovrani di avere denaro per la guerra per acquistare i titoli nobiliari). - i cosiddetti patriziati presenti nelle città libere (⇒ la carta variegata dell'Europa presenta anche delle città libere) come a Venezia o Genova dove c'era una classe dirigente. Erano patrizi e non si chiamavano nobili, ma il titolo di patrizio distingueva queste persone da tutte le altre (es. i Medici) Il 95% della popolazione lavorava nelle campagne (⇒ contadini), altri laboratores vivevano nelle città. Nelle città continuava anche nell'Età moderna (⇒ in tutte le città della penisola italiana e in molte città europee) il sistema corporativo, cioè l'esistenza delle corporazioni. Le corporazioni hanno nomi diversi a seconda dei paesi o delle regioni: nella penisola italiana si possono chiamare arti, collegi, compagnie, corpi. Le corporazioni erano costituite da un gruppo di persone operanti nello stesso campo che stavano sotto una presidenza di una persona che veniva chiamato diversamente a seconda delle varie realtà, che controllava la produzione, i prezzi e la qualità delle merci artigianali prodotte, il tipo di apprendistato che avevano i lavoranti che venivano ad imparare il mestiere, l'orario e le fatiche a cui sono sottoposti e giudicava il momento in cui un lavorante volendo diventare maestro faceva il suo capolavoro (⇒ cioè elaborava un manufatto che poi veniva giudicato). I maestri quindi controllavano queste botteghe che erano ordinate gerarchicamente con collaboratori, operai, lavoranti, apprendisti e così via. Le corporazioni oltre ad essere enti organizzatori del lavoro funzionavano anche da società di mutuo soccorso, cioè che i componenti si sostenevano a vicenda in occasione di disastri che avrebbero potuto colpire qualcuno di loro (es. morte improvvisa e quindi la famiglia viene sostentata dagli altri membri della corporazione). Questa è una società dove tutti sono diversi da tutti: ciò che distingue gli individui è l'appartenenza ad un ordine. Oratores e bellatores sono ordini privilegiati, ossia godono di determinati privilegi fiscali o giurisdizionali: sono esentati da pagamenti di molte tasse, e possono chiedere di essere processati da determinati tribunali, perché si pensa che bisogna essere giudicati dai propri pari. All'interno del mondo del laboratores vi è una distinzione secondo il ceto di appartenenza. Il ceto è un gruppo sociale specifico creato per svolgere un ruolo sociale particolare. Dai meno ai più prestigiosi, è possibile distinguere i vari gruppi artigianali, suddivisi in corporazioni, e poi i titolari delle professioni (avvocati, medici, notai), i titolari degli uffici pubblici e infine i mercanti. Per alcune fasce, come la nobiltà, tutelare questa distinzione obbliga a mantenere alta la propria reputazione attraverso il linguaggio dell'onore: nelle donne si trova in un comportamento sessuale adeguato, perché avendo un comportamento inadeguato disonora l'intera famiglia; un uomo deve avere le caratteristiche della virilità, della forza e del coraggio, altrimenti disonora il proprio casato. Quando viene messo in dubbio l'onore di un uomo o quello delle sue congiunte deve difenderlo con il duello armato. Nel Seicento, essendoci una grandissima svendita di titoli nobiliari, questo ordine si fece estremamente affollato per essere un ordine di persone che si dovevano distinguere, e quindi al titolo si sommarono le onorificenze che il sovrano dava ai singoli in modo da farli più distinti degli altri. Nell'Inghilterra del primo Seicento, a causa della vendita di titoli nobiliari minori, è necessario creare un titolo nuovo, il baronetto, per soddisfare la fame di distinzione dei folti ranghi della nobiltà minore. Un'importante funzione viene svolta in questo senso dagli ordini militari e cavallereschi. sorti spesso nel Medioevo per combattere Gli infedeli tali ordini, nel corso dell'età moderna, servono In pratica per venire incontro alla richiesta sociale di distinzione, creando una sorta di aristocrazia internazionale.il più prestigioso tra essi e quello religioso cavalleresco di San Giovanni di Gerusalemme fondato in Terrasanta e quindi stabilitosi a Rodi e da 1529 nell'isola di Malta, da cui il nome di Ordine di Malta. In Castiglia c'era il grandato (⇒ si diventava Grande di Spagna ed era colui che dinanzi al re non si toglieva il cappello). Anche qui ci fu un’inflazione del titolo di grandes, situazione che portò alla necessità di trovare un altro titolo che potesse ripristinare la distinzione di una volta: il titolo di cavaliere del Toson d’oro, concesso solo a coloro tra i grandes che meritavano un trattamento speciale. Il toson d'oro era una collana che ricordava l'impresa di Giasone e degli argonauti. La famiglia Asburgo di Madrid dava queste collane a personaggi scelti che risultavano superiori degli altri. Questa superiorità si vedeva ad esempio nelle cerimonie per chi avesse la precedenza (la precedenza provocava tantissimi conflitti perché si litigava in base al proprio rango e su chi fosse più importante di chi). La distinzione e la difesa di questi onori poteva essere difesa solo in punta di spada, con i duelli. Spesso oltre alle onoreficenze si sommavano anche i titoli, essendo i titoli feudali ereditari. Non sempre però c’era un erede diretto maschio in grado di prendere il titolo. Per cui per esempio quando si aveva una figlia femmina unica e questa si sposava, questa portava con se il titolo ereditato, ne insigniva anche il marito e il titolo sarebbe andato al figlio. Il titolo quindi in questi casi non si perdeva, si perdeva solo quando il re stesso lo toglieva: in caso di lesa maestà (⇒ aver fatto qualcosa contro il re) o in caso di fellonia (⇒ tradimento del sovrano). In questa società così tripartita il capo è il sovrano che ha gli attributi di equanimità e liberalità. Il re è colui che assicura grazia e giustizia, ovvero ha il potere di rimediare ai torti che gli vengono denunciati e al tempo stesso di dare concessioni. Il re è sempre latore di grazia e giustizia, ma nella vita politico-istituzionale di tutti i regni europei c'è un momento particolare in cui il re fa questo: durante l'assemblea parlamentare (⇒ ha nomi differenti in Europa: parlamento in Inghilterra, Napoli e Sicilia, Cortes in Castiglia, Cors in Aragona, Stamenti in Sardegna, Dieta nel mondo tedesco, Stati generali in Francia). I parlamenti in Francia, Paesi Bassi, Sicilia, Napoli, Sardegna, Catalogna, Aragona e Valenza sono suddivisi in tre gruppi: il clero, la nobiltà e il terzo stato (⇒ in Sardegna per esempio c'erano il clero, la nobiltà, e i rappresentanti delle libere città es. Cagliari, Sassari, Oristano, Bosa ecc). I parlamenti che fuoriescono da questo schema erano il Parlamento inglese che presenta due camere: la Camera dei Lord dove però confluiscono anche i più alti esponenti del clero isolano, e la Camera dei Comuni dove vanno i rappresentanti delle città libere. In Castiglia nelle Cortes vi è la particolarità che non vi siedono i nobili e il clero ma solo i rappresentanti delle città. Nel Sacro Romano Impero c’è la Dieta imperiale dove si aiedono i rappresentanti di 85 città imperiali, i grandi elettori, e altri principi e signori, e poi ciascuno stato ha la propria Dieta Provinciale. I Parlamenti non erano assemblee permanenti, ma bensì in base alla tradizione di ciascuna realtà, ogni regno riuniva il Parlamento su base di convocazione periodica da parte del re (⇒ es. in Sardegna il Parlamento si riuniva ogni dieci anni, in Sicilia si riuniva ogni tre anni). Quello che avviene in sede parlamentare è sì, l’elargizione da parte del sovrano di giustizia e grazia (quanto viene concesso è inamovibile, è una concessione pattuita tra il re e la nazione) ma anche la ricevuta di un donativo, tasse “mascherate” da questa dicitura, che riporta alla libera espressione di chi lo fa, in quanto donativo sa di dono (⇒ di regalo), ma che in realtà non lo è: ci sono trattative nel sostrato. Al sovrano però non conveniva convocare il Parlamento, tant’è che nel corso del tempo vediamo diminuire la sua convocazione. In Francia per esempio gli Stati Generali vennero convocati in Epoca Moderna per la penultima volta nel 1614, poi per riconvocarli di nuovo nel 1789. L’eccezione sarebbe stata la Sardegna dove per tutto il Seicento sarebbe stato convocato regolarmente in quanto avendo la speciale funzione di canale di comunicazione tra il Regno e Madrid, cioè la sede del sovrano. I sovrani dell'Europa di antico regime tendono a legittimare il proprio potere attraverso l'idea che sia Dio a volere che un determinato esponente di una precisa famiglia regnante governi. Viene così affermandosi la legittimità dinastica, ovvero l'idea che il sovrano è parte di un disegno divino e che la sua dinastia è stata scelta da Dio per portare a compimento la sua missione di difesa della fede e di benessere dei sudditi. La tendenza all'innalzamento sacrale della dinastia regnante ha un preciso scopo: allontanare lo spettro della monarchia elettiva, e cioè di un sovrano eletto. A questo proposito uno studioso tedesco ha affermato che in Europa si genera un'idea doppia del re, come se avesse due corpi: una quello mortale, l'altro è l'idea che ci sia un regnante, infatti il simbolo della sovranità che si incarna nel re non muore mai. Ragion per cui al momento della morte di un Re, si urla E’ morto il Re, Viva il Re: al momento della morte del Re, si festeggia immediatamente il suo successore, perché la sovranità non muore mai. CAP 3: LE GRANDI SCOPERTE GEOGRAFICHE La storia delle scoperte geografiche inizia tra la fine del XIV e l’inizio del XV secolo. Alla fine del Medioevo, delle quattro repubbliche marinare italiane, ne rimasero solo due, Venezia e Genova, che però dal punto di vista commerciale coprivano un ampissimo raggio: - venezia aveva anche possedimenti sul mar adriatico (⇒ costa dalmata, zone dell’ex jugoslavia e in grecia) e si occupava principalmente delle rotte commerciali orientali: mercanti veneziani arrivano ad istanbul, ad aleppo e ad alessandra d’egitto, dove si acquistavano le spezie (⇒ pepe, cannella, noce moscata ecc.) dai mercanti musulmani, da lì le spezie venivano condotte a Venezia e vendute in tutta Europa. In precedenza si pensava che le spezie venissero usate per condire cibi non ben conservati, ma in effetti le siano un vero e proprio Nuovo Mondo. Una volta assodati che si tratta di un nuovo continente, i navigatori al servizio della corona castigliana riprendono la ricerca di una rotta per l’Oriente. È Ferdinando Magellano, un portoghese al servizio dell’imperatore Carlo V, a cimentarsi con la circumnavigazione dell’America: nel 1519 Magellano salpa da Siviglia e, superato lo stretto che da lui prenderà il nome, giunge due anni dopo nell’arcipelago che sarà in seguito battezzato Filippine. L’impresa di Magellano è però coronata solo parzialmente da successo, non solo per la durata e l’alto costo del viaggio, ma anche perché, ad eccezione delle Filippine, buona parte dei territori asiatici rientrano in base al contratto di Tordesillas nella sfera d’influenza portoghese. Una volta scoperte le zone inizierà la fase delle conquiste: nel continente americano l’espansione toccherà inizialmente solo le isole di Santo Domingo e Cuba. Le figure che intraprendono questi viaggi tendenzialmente appartengono ai rami cadetti della piccola aristocrazia castigliana. Il motivo di questo spostamento è che in Castiglia vige il maggiorascato, ossia che in ogni famiglia l’eredità va generalmente al primogenito maschio, gli altri sono figli cadetti che possono scegliere la carriera ecclesiastica o la carriera militare. Si trovano quindi ad essere figure senza una collocazione sociale, o meglio la potevano avere ma senza il patrimonio del fratello maggiore. Ecco allora che per questi cadetti si aprono nuovi orizzonti, coincidenti con il tentativo di fortuna nel nuovo mondo. Gli indigeni vengono presto sottoposti a uno sfruttamento disumano. Lo sfruttamento e le malattie (come il vaiolo e il morbillo), sconosciute nel Nuovo Mondo e giunte con gli europei, provocano il crollo della popolazione. Nel 1519, una spedizione di alcune centinaia di uomini, guidata da Hernán Cortés, sbarca in quello che verrà ribattezzato Messico e riesce ad abbattere l’impero atzeco nel giro di due anni. Allo stesso modo, nel 1532, Francisco Pizarro distrugge l’impero degli Incas, nell’attuale Perù, anche se solo nel 1548 la conquista di quest’area dell’America meridionale può dirsi conclusa. Tanto nel Messico azteco quanto nel Perù inca, l’arrivo da Oriente dei conquistadores viene letto come il concretizzarsi di antiche profezie che prevedevano la fine di questi regni in seguito al ritorno delle divinità che li avevano fondati. L’atteggiamento iniziale dei sovrani di aztechi e inca è condizionato da tali credenze. Le ragioni profonde della sconfitta delle popolazioni americane da parte di poche centinaia di conquistadores non risiedono però in questo aspetto. Molto rapidamente, infatti, prendono coscienza della natura del tutto umana e aggressiva dei nuovi venuti. Ne’ il panico legato alla tecnologia dell’acciaio e all’uso dei cavalli rappresenta una spiegazione sufficiente, dal momento che, dopo le prime drammatiche sconfitte gli indigeni riescono ad adeguare i propri metodi di combattimento. Un peso assai maggiore nel fiaccare le resistenze hanno le malattie arrivate dall’Europa, contro le quali le popolazioni americane sono prive di difese immunitarie. Inoltre un ruolo centrale gioca la concentrazione della guerra: per i diversi popoli americani scopo del combattimento non è uccidere l’avversario ma catturarlo per poi sacrificarlo agli dei. Il modo di combattere dei castigliani risulta del tutto incomprensibile da un punto di vista psicologico e culturale per le diverse popolazioni americane. Inoltre, per la loro cultura, alla sconfitta militare deve far seguito una sottomissione che si manifesta con il pagamento di un tributo, accompagnata però dal mantenimento degli usi e costumi tradizionali, non dal saccheggio e dall’annientamento. Altro elemento essenziale per spiegare la fragilità degli imperi autoctoni di fronte agli invasori sono le divisioni e conflitti politici interni che li caratterizzano, come ad esempio la guerra civile in atto fra gli inca al momento dell’arrivo di Pizzarro, che i conquistadores sono abilissimi a sfruttare per i loro fini. La brama di oro e pietre preziose rappresenta la principale preoccupazione dei conquistadores, che si dedicano alla violenta spoliazione di città e popolazioni. Vengono inoltre avviate attività di estrazione dell’oro nelle miniere, con gli indigeni spesso ridotti in condizione di schiavitù per lavorarvi. Più tarda è la decisione del Portogallo di procedere alla Colonizzazione del Brasile. Infatti, fin verso il 1530 la corona lusitana preferisce utilizzarne le coste per istituirvi punti di approdo per le navi dirette verso le Indie. Tuttavia l’interesse di mercanti privati castigliani, fiamminghi, veneziani e francesi, spinge il re Giovanni III ad allontanare con la forza possibili rivali e ad avviare la colonizzazione del Brasile. LA NASCITA DELLA SOCIETÀ COLONIALE AMERICANA Prima conseguenza della conquista è la distruzione dell’universo religioso e culturale delle popolazioni americane: la distruzione di templi e statue delle divinità locali condotta dai conquistatori, nel nome del loro unico dio, comporta L’azzeramento delle credenze religiose e un vero e proprio trauma psicologico per le popolazioni. Al saccheggio delle risorse e allo sterminio delle popolazioni indigene operato dai conquistadores si aggiunge l’azione della Chiesa volta a evangelizzare gli Indios, estirpando le loro credenze tradizionali e imponendo valori religiosi, culturali e di comportamento propri della società europea. A fronte dei religiosi che giustificano i massacri e la riduzione in schiavitù degli indigeni vi è però anche chi, come Bartolomé de Las Casas, conduce una quarantennale battaglia culturale a favore del riconoscimento dei diritti umani degli indios. Le denunce di Casas restano inascoltate, perché cozzano contro i cospicui interessi economici dei conquistatori. Paradossalmente lo stesso Casas si mostra favorevole all'importazione in America di schiavi africani, pur di risparmiare alle popolazioni indigene il lavoro nelle miniere e nelle piantagioni. Tuttavia, con il loro modo di fare, i conquistadores arrivano a sterminare quasi tutti gli indios, cosa che spinse le autorità castigliane a concentrare le terre nelle mani dei conquistatori, quasi come a creare dei veri e propri feudi dove gli indigeni lavoravano, sempre in condizioni disumane, ma ottenevano un minimo salario. I conquistadores cercano di dar vita in America a forme di organizzazione del territorio secondo gli schemi della loro terra d'origine. Una volta sottomesse le popolazioni indigene, essi organizzano città e villaggi e istituiscono municipi che, data la lontananza dalla madrepatria e dal controllo della corona, assumono notevoli poteri. La forma di organizzazione del territorio che i coloni articolano è una forma autorizzata dal sovrano con un preciso istituto giuridico: l'Encomienda. L’encomienda prevede che il sovrano affidi a ciascun colono un certo numero di indigeni americani ai quali questi s’impegna a insegnare i principi della fede cattolica. In cambio, gli indios sono tenuti a prestare il proprio lavoro nelle case, nelle miniere e nelle terre dell’encomendero. L’encomienda diviene tuttavia oggetto di tensioni fra società coloniale e il sovrano, poichè quest’ultimo avverte il pericolo della nascita di un’aristocrazia nel Nuovo Mondo, nel quale l’autorità regia è assai debole. Nel 1512-13 Ferdinando d’Aragona, reggente del trono di Castiglia dopo la morte di Isabella, promulga le Leggi di Burgos, con le quali accetta l’Encomienda ma sottolinea la dipendenza diretta degli indigeni americani dal sovrano. La corona non possiede però gli strumenti concreti per dare attuazione a queste leggi. Le terre conquistate sono di fatto sotto il controllo di un ceto formato dai conquistadores o dai loro discendenti. Per tale motivo, anche a seguito del tentativo di Carlo V di riaffermare l’autorità regia in America con le Nuevas Leyes del 1542-43, seguite dallo scoppio di rivolte contro ogni limitazione dell’autonomia dei municipi e del potere degli encomenderos, tali leggi vengono revocate nel 1545-46. Malgrado i successivi tentativi dello stesso Carlo V e poi di Filippo II per ridurre progressivamente il ruolo delle encomiendas, esse restano l’asse portante delle società coloniali. La forza di questo strumento giuridico si esaurisce solo alla fine del Cinquecento, a causa del tracollo demografico delle popolazioni indigene per via delle malattie giunte dall’Europa e delle pessime condizioni di vita. Anche per quanto riguarda i rapporti economici con le colonie americane, la corona castigliana cerca di creare strumenti efficaci per assicurarsi i più ampi benefici possibili. Sin dal 1503 essa istituisce a Siviglia la Casa de Contratacion, un ufficio regio che ha il monopolio dell'organizzazione dei traffici commerciali con le colonie. Inoltre la Casa de Contratacion provvede a esigere le imposte sulle merci in partenza e in arrivo dall'America ed esercita la giurisdizione penale e civile su tutte le cause relative al commercio e alla navigazione. D'ora in avanti Siviglia, con il suo porto affacciato sull'oceano Atlantico, diviene il maggiore snodo economico-finanziario per i rapporti fra l'Europa e le colonie castigliane nel Nuovo Mondo. Accanto alla Casa de Contratacion, che dipende dalla Corona, sorge il Consulado (consolato), un'istituzione privata di tipo corporativo che riunisce i mercanti di Siviglia e Andalusia che partecipano ai traffici con l'America. Tramite la Casa Contratacion e il potente Consulado sivigliano essi stabiliscono non solo i prezzi e le quantità delle merci che vengono inviate in America, ma anche i prezzi delle derrate che da essa provengono. Inoltre la Corona al fine di ridurre i rischi legati alla pirateria obbliga le navi che viaggiano tra il Vecchio e il Nuovo Mondo a riunirsi in grandi convogli scortati da vascelli da guerra. Nei primi decenni della conquista e della colonizzazione i castigliani devono imporre dalla terra d'origine buona parte delle derrate alimentari (⇒ farina, olio, vino) e tutti i manufatti (⇒ armi, utensili metallici, tessuti, strumenti nautici ecc.). In cambio, oltre all’oro e alle perle, inviano a Siviglia zucchero, cuoio, legnami pregiati e coloranti naturali. Dopo il 1570, è l'argento del Messico del Perù a rappresentare la principale voce delle esportazioni dalle colonie americane. Cambia anche la tipologia delle merci importate: infatti man mano che la vite, il grano e l'olivo, impiantati nel Nuovo Mondo, rendono i coloni sempre meno dipendenti per tali prodotti, le importazioni della Castiglia riguardano in misura crescente manufatti di qualità (⇒ tessuti di lusso, vini e alimenti pregiati, calzature, carta, orologi, oggetti metallici ecc.).Tuttavia, le manifatture castigliane non sono in grado di far fronte all’aumento della domanda di tali merci o di produrle a prezzi alla portata dei coloni. Questo fenomeno porterà ad un duplice contrabbando: quello dei mercati portoghesi, francesi e inglesi che violeranno il monopolio castigliano introducendo i proprio prodotti nelle colonie americane e quello dell’argento inviato dai coloni in Europa per pagare le merci importate illegalmente in America. CAP 4: UMANESIMO E RINASCIMENTO Con il termine Umanesimo si definisce un movimento intellettuale caratterizzato da un atteggiamento nuovo nei confronti del mondo antico. La civiltà classica viene considerata un modello ineguagliabile di cultura, cui attingere e cui ispirarsi per elaborare una nuova concezione del mondo. Precursore di un nuovo modo di guardare alla classicità è il poeta Francesco Petrarca che già alla metà del Trecento invita allo studio dei testi latini e alla riflessione sui loro contenuti. Nel corso del Quattrocento queste sollecitazioni vengono raccolte da diversi uomini di cultura, come Leonardo Bruni e Poggio Bracciolini che portano alla luce codici, dimenticati da secoli nelle biblioteche monastiche di tutta Europa, e riscoprono moltissime opere di autori famosi nell’antichità e da tempo dimenticati. Uno degli scopi di questa operazione di ricerca è quello di restituire alla sua purezza la lingua latina. Il latino, infatti, utilizzato durante l’intero Medioevo negli ambienti religiosi e colti, appare, nel XIV e XV secolo, notevolmente diverso rispetto a quello utilizzato nei versi di Virgilio e nelle prose di Cicerone. Si pongono così le basi per la fondazione di una nuova disciplina, la filologia, grazie alla quale si restituiscono alla forma originale testi tramandati in maniera scorretta. Un altro aspetto essenziale dell’Umanesimo è dato dal ritorno della cultura della Grecia antica in Europa, dove essa era sostanzialmente scomparsa nel corso del Medioevo, al punto che la conoscenza stessa della lingua greca si era perduta. Nel tentativo di superare lo Scisma fra la Chiesa cattolica e quella ortodossa, nel 1438-42 si tenne un Concilio a Ferrara che diede modo a numerosi intellettuali greci di recarsi in Italia e di stabilirvisi, contribuendo in ampia misura alla diffusione della conoscenza del greco antico, anche grazie al fatto che essi recarono con sé numerosi codici manoscritti di tutto ciò che egli fa. Il compito principale è, tuttavia, quello di consigliare al meglio il suo signore. Il Corteggiano diviene il libro più tradotto fra Cinque e Seicento: assai numerose sono le edizioni che si contano in tutta Europa. Da una parte questo testo suggerisce agli uomini di lettere il modo di comportarsi alla corte di un principe, dall'altra esso fornisce agli aristocratici che frequentano le corti sovrane l'esempio ideale dei comportamenti da tenere in pubblico. Per lo stesso motivo un successo altrettanto grande fu il Galateo di Giovanni Della Casa, ossia quell’insieme di norme che all’interno di una corte o un ambiente civile bisogna mantenere per essere considerate persone educate. La cultura rinascimentale è un insieme di pensieri talvolta contrastanti tra di loro. Una grande importanza è data al mondo della magia, astrologia, alchimia, cabala, e così via che è lontano dalla razionalità umana. L’età rinascimentale non è esclusivamente razionalistica, e questo si rivela anche nell’atteggiamento nei confronti della natura: nel Medioevo la natura era vista come un aspetto che dipendeva dalla volontà di Dio; Nella scoperta di testi provenienti dall’antichità, si comincia ad affiancare, alla conoscenza di Aristotele, i testi Platonici, di Plotino, e alcuni testi che vanno sotto il nome di Corpus Hermeticum, in cui sono state mescolate le idee Platoniche con alcuni elementi della cultura ebraica ed egiziana. In questo testo si dice che La natura è conoscibile solo ad un gruppo ristretto (ecco perché si chiamano Filosofie esoteriche) di persone che tramite alcune azioni ne possono cambiare gli effetti. Quindi si crede che si possa conoscere la Magia, si va alla ricerca della pietra filosofale (pietra che trasforma tutto in oro), ci si interessa all’Astrologia perché si pensa che il macrocosmo e il microcosmo siano strettamente connessi, e che quindi guardando i movimenti delle costellazioni si potrà capire il futuro. Si sviluppa quindi una cultura misterica, magica, intrisa di elementi irrazionali. È da questa strana commistione di idee contrastanti che nascerà la scienza del ‘600, base della nostra scienza moderna e contemporanea. Tutto questo quindi getterà le basi per quella che sarà la Rivoluzione Scientifica. Un’altra disciplina è la qabbalah (seguita soprattutto da Pico della Mirandola) di origine ebraica. Anche questa ha portato da un lato verso una grande apertura verso una cultura altra, ma anche la qabbalah è una forma predittiva e magica (⇒ è curioso che Pico della Mirandola ne sia un promotore, e che denunci invece l’astrologia in quanto secondo lui porta solo falsità). Poi ci sono i rari casi di intellettuali che precorrono i tempi. In generale queste persone sono tutte cattoliche o credenti, però vi sono pochi personaggi non credenti che si distaccano da questo: un esempio è il filosofo Pietro Pomponazzi, che seguendo le teorie aristoteliche teorizza l'applicazione della razionalità a tutti i fenomeni, arrivando a dire che le stesse religioni mistificano la realtà naturale, che andrebbe affrontata razionalmente. CAP 5: LA RIFORMA PROTESTANTE Durante la prima metà del XVI secolo si diffondono in Europa idee cristiane sulla religione e sulla vita molto diverse da quelle insegnate dalla Chiesa Cattolica. A prima vista non si tratta di una novità: periodicamente nel corso dei secoli precedenti, la Chiesa aveva dovuto fare i conti con l'esistenza di visioni dissenzienti da quella ufficialmente affermata. I sostenitori di tali idee, chiamati eretici, erano tradizionalmente sottoposti a scomunica e additati come nemici della Fede. Da tale tensione nasce il frequente richiamo a una riforma della chiesa che la faccia ritornare a quella spiritualità e purezza ritenute tipiche delle origini. L'idea della reformatio, non conduce necessariamente all’eresia, ma di sicuro alla base della formazione di dottrine poi qualificate come eretiche vi è una notevole ansia riformatrice: fare sì che la chiesa si conformi alla volontà espressa dal suo fondatore, Gesù Cristo. Già nel XIV secolo dottrine eterodosse e riformatrici erano sorte e si erano diffuse in Inghilterra basandosi sulla critica nei confronti della ricchezza della chiesa, del potere mondano conquistato dai membri del clero e del potere temporale del Pontefice. Ma è con un pensatore umanista olandese del secondo Quattrocento, Erasmo da Rotterdam, che la critica nei confronti della politica della chiesa si fa più influente. Erasmo nei suoi testi divenuti celebri come L’elogio della pazzia critica aspramente la corruzione e l'immoralità della Chiesa, la presunzione ecclesiastica di possedere la verità su qualunque aspetto della vita e l'eccesso di potere del Papa, che oltre a comportarsi come un sovrano qualunque sui suoi domini temporali pretendeva di governare e indirizzare la vita civile degli altri Stati. Ma malgrado le sue durissime critiche e nonostante nacque la riforma protestante Erasmo rimase cattolico. Nel 1517 giunge a Roma notizia che in Sassonia un oscuro monaco di nome Martin Lutero aveva diffuso 95 tesi teologiche sospette di eresia, ma nessuno nella curia romana si allarma. LE 95 TESI CHE SCONVOLSERO IL MONDO E invece quelle 95 tesi divengono in breve tempo un evento che sconvolge il mondo cattolico, distruggendo per sempre l'unità della Chiesa. Le idee di Lutero non saranno una semplice eresia ma una spaccatura profonda nell'Europa Cristiana, divisa da allora in poi tra cattolici e protestanti. Studiando approfonditamente le Sacre Scritture Lutero nota come sia chiara l'affermazione in esse che l'unica salvezza per l'uomo discende dalla grazia Divina. Al contrario la Chiesa non svolge nelle Sacre Scritture alcun ruolo e il Papa non viene neppure nominato. In sostanza Lutero addita come inutile l'intera opera di mediazione fra l'uomo e Dio che la Chiesa pretende di esercitare. Il tradizionale insegnamento cattolico vuole infatti che la struttura ecclesiale affianchi costantemente il credente, aiutandolo a evitare gli errori e le tentazioni della vita materiale. Anche dopo la fine dell'esistenza l'anima del fedele non è abbandonata: parenti e amici possono pregare per essa con la garanzia che la Chiesa in interceda per la sua salvezza nell'aldilà. In questo suo ruolo la Chiesa si giova anche della intercessione dei Santi, uomini e donne dalla vita e dalla fede esemplari capaci di donare la propria esistenza in difesa del Cristianesimo e della Chiesa. I fedeli possono così godere, nell'itinerario della propria anima verso il paradiso della Cooperazione tanto della Chiesa terrena quanto di quella ultraterrena impersonata dai Santi. Questo percorso dell'anima dei defunti passa per un luogo trascendente di sofferenza temporale necessaria a purgare l'anima del fedele dalle scorie prodotte dai peccati, il Purgatorio. Si tratta di un luogo di dolore e di travaglio ma anche della lenta liberazione dei peccati che vengono così con il tempo scontati e annullati. Una vita condotta nella chiesa e rispettando i suoi insegnamenti garantisce, se non il Paradiso, almeno che il Purgatorio duri il più breve tempo possibile. Esercitando azioni di preghiera, svolgendo opere di carità o facendo offerte in denaro alla Chiesa era possibile ridurre la pena da scontare in Purgatorio. La pratica delle indulgenze che garantivano la cancellazione dei peccati per i vivi e lo sconto di pena per i defunti aveva assunto i tratti di una vera e propria compravendita, e in questo modo la Santa Sede poteva rastrellare denaro. Proprio nel 1517, in seguito a un accordo fra il giovane arcivescovo di Magdeburgo, Alberto di Hohenzollern, (che ha bisogno di una grossa somma di denaro per ottenere la dispensa pontificia che gli consenta di accumulare il possesso di più vescovadi) e Papa Leone X (che necessita a sua volta di fondi per la costruzione della Basilica di San Pietro a Roma), viene bandita un'indulgenza plenaria nei tre vescovadi il cui ricavato è destinato a essere spartito tra l'arcivescovo e il pontefice. Lutero nello stesso anno, invia le sue 95 tesi prima a Hohenzollern e poi ad alcuni teologi. Il cuore della posizione luterana può essere riassunto nell'affermazione che solo la grazia salva: questo significa che il fedele non può e non deve compiere azioni particolari per cercare la salvezza eterna, ma deve solo avere fede. Solo la fede sottrae l'uomo alla schiavitù del peccato originale. Inutili quindi sono, in vita, le confessioni e, se condotte a fine di garantirsi la salvezza eterna, le opere di bene: nessuno può prevedere ne’ influenzare la sorte dell'anima, decisa solo dalla giustizia di Dio, e inutili sono le preghiere indirizzate ai santi che non possono intercedere per l'anima del fedele. NASCITA DEL MOVIMENTO PROTESTANTE Grazie alla stampa e alla traduzione in tedesco, le 95 tesi e gli altri scritti di Lutero hanno una straordinaria circolazione in Germania. Tale rapida diffusione delle idee luterane e il loro straordinario successo derivano principalmente dal fatto che esse interpretano bisogni largamente diffusi nella società del tempo. Le dottrine luterane interpretano l'aspirazione di Rinnovamento morale e religioso, nonché la diffusa protesta nei confronti di un clero ignorante, invadente e corrotto. Esse attraggono tutti coloro che condividono l'esigenza di un rinnovamento profondo della vita religiosa e degli ordinamenti ecclesiali. La teologia luterana rappresenta un passo importante verso una religiosità popolare più basata sulla ragione, più comprensibile e meno magico misterica. Alcuni sovrani trovano nelle idee luterane la possibilità di ridurre l'influenza della chiesa non solo in campo religioso ma anche politico, sociale ed economico, di assicurarsi il controllo delle strutture ecclesiastiche locali e di appropriarsi degli ingenti beni della chiesa. Secondo Lutero le Sacre Scritture sono l'unica fonte autentica della parola di Dio, egli quindi dichiara vana e senza fondamento ogni pretesa della Chiesa Cattolica di essere l'unica depositaria della facoltà di interpretare la parola divina e di mediare fra l'uomo e Dio. Tutti questi diversi elementi concorrono in vario modo ad assicurare la fortuna del Movimento riformatore protestante. Citato a comparire a Roma per Questa razionalizzazione di Zwingli attirò le critiche sia dei protestanti che dei cattolici. I cattolici della svizzera presero le armi, arrivando allo scontro armato nella Battaglia di Kappel in cui lo stesso Zwingli morirà. Lo scontro armato cancellerà l’esperienza Zwingliana, ma questo fa sì che anche in svizzera si affermi il principio della Pace Augustana, e anche qui ci saranno cantoni cattolici e cantoni luterani. Alcuni seguaci di Zwingli fuggono dalla Svizzera, e ridanno vita all’anabattismo. Gli Anabattisti si diffonderanno, e andranno ad edificare quella che loro chiamavano una “Gerusalemme terrena” nella città tedesca di Munster; quindi tra il 1533 al 1555 la città sarà occupata con il tentativo di governarla secondo i principi biblici. A Munster però gli anabattisti saranno attaccati e sconfitti da forze cattoliche e luterane, perché portavano con loro questo desiderio di sovvertimento sociale. In alcune importanti città libere dall’impero opera il riformatore francese Giovanni Calvino, che rielabora le tesi luterane e che cerca di applicare anche alla vita politica di Ginevra. Che cosa qualifica il Calvinismo rispetto al Luteranesimo? Il problema per il Luterano è che lui in vita deve leggere le Sacre Scritture e avere fede, ma non sa quale destino ha in serbo per lui il Signore, quindi questo provoca una certa ansia e paura. Giovanni Calvino invece dice l’elezione di Dio nei confronti di un singolo è già visibile sulla terra, cioè il singolo sa già dalla sua vita che sorte gli destina la divinità. I segni sono il successo, anche economico, che il singolo trova nel lavoro, nel dispiegamento della sua vocazione (vocazione=chiamata di Dio a svolgere un determinato lavoro). Quindi i Calvinisti sono persone estremamente dedite alle fatiche del lavoro, e, poiché investono le loro energie in questo campo, solo di rado hanno insuccessi, e in questo loro vedono il segno tangibile della loro elezione. Una frase di Gesù che ispira Calvino è “Dai loro frutti li riconoscerete”, quindi il fatto che si devono dare frutti e così si possono riconoscere gli eletti. Quindi nel 1541 a Ginevra si instaura un potere Teocratico, in cui potere politico e religioso si sovrappongono: a guidare la città è il Concistoro, istituzione formata dai magistrati e dai contadini che organizzano la vita politica ma intervengono anche pubblicamente su comportamenti non conformi o presunte devianze di singoli cittadini (a differenza del Cattolicesimo che prevede il momento della Confessione, con il rito di Purificazione). Calvino si ritrova a fare del Calvinismo una nuova ortodossia, per cui all’interno della Chiesa Calvinista l’intolleranza nei confronti delle altre idee è forte quanto nel cattolicesimo. Ricordiamo ad esempio il rogo a cui fu sottoposto Miguel Serveto, un riformatore ispanico che negava il Dogma della Trinità, e così tutte le persone che si fanno portatrici di idee eterodosse. Malgrado queste rigidità, il Calvinismo si diffonde così come il Luteranesimo, soprattutto in Francia (dove vengono chiamati Ugonotti), nei Paesi Bassi, in Polonia e in Scozia, dove John knox riorganizza il potere locale seguendo l’esempio di Ginevra. In Italia ha successo in alcune valli del Piemonte, dove si riallaccia alla predicazione di Valdo di Lione. Il Luteranesimo invece si diffonde nel Nord d’Europa, e diventa la religione della parte nord del Sacro Romano Impero. L’ANGLICANESIMO Nonostante i successi della Riforma, nessuno dei maggiori regni dell’Europa cattolica abbraccia, in un primo tempo, il protestantesimo. Il sovrano d’Inghilterra Enrico VIII Tudor si schiera anzi contro le idee luterane. Presto però Enrico VIII avverte l’importanza che la diffusione delle idee protestanti gli offre: la possibilità di ridurre l’influenza del papato sulla politica e sulla società inglese. Uno degli ambiti in cui il papato esprimeva tale influenza era la politica matrimoniale: il divieto di divorziare, o il divieto di sposare consanguinei, e ciò permetteva alla Chiesa di esercitare un controllo sulle scelte dei sovrani, in quanto ne condizionava la politica dinastica. Enrico aveva sposato Caterina d’Aragona (una delle figlie di Ferdinando e Isabella). Caterina era stata mandata in Inghilterra per sposare quello che dovrebbe essere l’erede di Enrico VII, ossia Arturo, che però malato, muore. Così, per non mandarla indietro, essendo un matrimonio di alleanza politica, sposa il fratello Enrico VIII, ormai erede del trono. Quando emerge il Luteranesimo, Enrico VIII, che essendo secondogenito aveva studiato le Sacre Scritture (perché probabilmente sarebbe diventato arcivescovo o cardinale), egli scrive un documento di condanna a Lutero, documento che arriva a Roma e gli fece ottenere il titolo di Difensore della Chiesa. Enrico da Caterina non ha eredi maschi, ma una figlia Maria; dopo un po’ di tempo si capisce che Caterina non può concepire. In Inghilterra non vigeva la Legge Salica, per cui una donna poteva salire al trono, quindi Enrico non era privo di discendenza. Enrico però credeva che una donna al trono fosse debole, soprattutto perché per continuare la dinastia avrebbe dovuto sposarsi, e quindi in questo vede la debolezza. Inoltre, Enrico VIII era un uomo innamorato della vita, e che si innamorava facilmente delle donne; quel periodo in cui la moglie non gli piaceva più, si invaghisce di Anna Bolena. Lui progetta di farla sua moglie, quindi si rivolge al pontefice per annullare il matrimonio con Caterina spiegando che sposandola è andato contro ai principi esposti nei libri della Bibbia che sconsigliano il matrimonio con una congiunta acquisita (vedova del fratello). In quel momento l’uomo più potente d’Europa è Carlo V, che con il Sacco di Roma ha fatto capire a Clemente VII chi comanda. Clemente VII quindi, per accontentare Enrico VIII, dovrebbe dire alla zia di Carlo V che il suo matrimonio non è valido, e che la figlia Maria non è degna di ascendere al trono. In quel momento politico, il pontefice non può farlo, perché avrebbe irritato Carlo V. Quindi alla richiesta di Enrico VIII si risponde con un no, e quindi lui deve continuare nella sua regolare vita matrimoniale. Il monarca inglese ne approfitta per procedere a una rottura del legame con la Chiesa romana. Oltre a risolvere il proprio problema matrimoniale divorziando da Caterina e sposando Anna Bolena, con l’approvazione del Parlamento emana nel 1534 l’Atto di Supremazia con il quale il sovrano inglese si proclama unico e supremo capo della Chiesa d’Inghilterra, assegnando all’arcivescovo di Canterbury il governo degli affari ecclesiastici. Questo diede luogo ad uno Scisma, ma non c’è un’eresia, perché le cose in cui credono gli anglicani sono le stesse dei cattolici. L’unica cosa che rimanda alle idee luterane sono le abolizioni degli ordini religiosi, cioè all’interno della Chiesa Anglicana non esistono monasteri e conventi. Questo comporta l’incameramento delle terre dei monasteri e conventi da parte della Corona, che non li tiene per sé, ma li frammenta e li vende. In questo senso, dà vita ad una classe sociale di piccoli proprietari terrieri che devono le proprie fortune alla Corona, e perciò sono ben contenti della formazione dell’anglicanesimo. Maria è comunque figlia del Sovrano è verrà cresciuta alla corte inglese, ma rimarrà per tutta la vita Cattolica. Anna Bolena però ebbe anche una sorte peggiore: anch’essa partorì una figlia femmina, Elisabetta, quindi venne accusata di aver tradito il sovrano e venne condannata a morte. Enrico VIII avrà una terza moglie, Jane Seymour dalla quale avrà un figlio maschio, Edoardo. Jane Seymour morì poco dopo il parto, perché tutte le attenzioni si riversarono verso il figlio maschio piuttosto che al malessere della regina. Enrico però si sposò con altre tre donne, tra le quali Anna di Glens, che viene sposata dietro ritratto e quando lei arriva in Inghilterra Enrico pare abbia detto “Questa vacca non la voglio”. Al momento della morte di Enrico VIII, che ha tre eredi, sale al trono il primo maschio Edoardo VI. Il suo trono durerà pochissimo, ma sarà idealizzato. Essendo stato educato con una sfumatura protestante, avvicina la Chiesa Anglicana alla Chiesa Protestante: nel 1547 Edoardo pubblica il Book of Common Prayer dove la fede anglicana viene depurata dagli elementi superstiziosi, avvicinandola alla fede protestante. Quindi l’Inghilterra arriva a costituire un altro tipo di religione protestante. CAP 6: LA FRONTIERA MEDITERRANEA E L’IMPERO OTTOMANO LA MONARCHIA CATTOLICA DI FILIPPO II Carlo V, vedendo franare le sue speranze di rifare il Sacro Romano Impero a causa dei mille problemi con cui era alle prese (⇒ lo scontro interno con i principi tedeschi per questioni religiose e le campagne nel Mediterraneo contro il sultano turco-ottomano), si rese conto lui stesso, negli avanzati anni Cinquanta, del suo sostanziale fallimento. Per questo scelse di abdicare e di ritirarsi in solitudine in un monastero in Estremadura, in Castiglia, (⇒ durante tutta la sua vita si era ispanizzato, nonostante fosse un cavaliere fiammingo), e lasciare la sua eredità. Il fratello, Ferdinando, che era re di Boemia e d'Ungheria per matrimonio, viene candidato al titolo imperiale e sarà colui che, con un'elezione regolare, succederà al ruolo di imperatore del Sacro Romano Impero. Sarà colui che, nel 1555, già imperatore, stipulerà la Pace di Augusta, quella che cercherà di mettere d'accordo in territorio tedesco luterani e cattolici. L'altra parte dell'eredità, andrà al figlio. Questa eredità era abbastanza notevole, tant'è vero che in Spagna chiamavano quello di Filippo II (SBAGLIANDO) con il nome di Imperio. Sbagliavano perché non è un impero, è una monarchia: Filippo II e i suoi discendenti non avranno il titolo di imperatore ma bensì quello di re di Castiglia, re d'Aragona e così via. Questo enorme conglomerato che si può chiamare monarchia composita (⇒ perché tutte le corone di questi vari regni si infilano sulla testa di Filippo II e poi dei suoi successori, una sopra l'altra) comprende la Castiglia (⇒ buona metà della penisola iberica), l'Aragona (⇒ che contiene anche l'isola della Sardegna), il Regno di Sicilia, il Regno di Napoli, il Milanese chiamato alla spagnola Milanesado (⇒ conquistato con le guerre d'italia ed era diventato possesso imperiale ma viene ceduto a Filippo II), il Franco-contado (⇒ regione di frontiera fra la Francia e la Germania) e poi le cosiddette Fiandre (⇒ o Paesi Bassi). Questo nel continente Europeo, ma uscendo dall'Europa ci sono le Canarie, ci sono quelli che man mano verranno organizzati come due viceregni: il viceregno di Nuova Spagna al posto dell'impero Atzeco, e il viceregno del Perù al posto dell'impero Inca. In più nel 1519 erano state scoperte queste isole che poi sarebbero state risistemate amministrativamente e sarebbero state chiamate in onore di Filippo II Filippine. Inoltre nel 1580 il Re del Portogallo muore senza eredi e la mamma di Filippo II, principessa portoghese, era la più vicina al trono. Quindi egli tra il 1580 e il 1581 prende non solo il Portogallo, ma insieme al Portogallo prende tutte le colonie, i punti d'approdo, gli appoggi e così via. E' veramente una monarchia composita perché rispetto alle tradizioni giuridico-politiche del tempo, anche quando raggiunge un regno, quel regno rimane con le sue leggi, consuetudini e istituzioni, viene solo aggiunta una corona in testa al sovrano. Il problema di Filippo II rispetto al padre era che il padre dal punto di vista simbolico aveva avuto il titolo imperiale e quindi aveva (in un certo senso impropriamente) detto che tutto era il suo impero. Aveva trovato in questa parola un'unità per tutto. Ma Filippo II non aveva il titolo imperiale, e infatti si sbaglia a parlare di Impero di Filippo II. Quindi il problema di Filippo II era di trovare un principio unitario. Egli lo trova, in questo periodo di sommovimenti religiosi, nella religione cattolica. Lui stesso essendo erede di cui sarebbero stati inviati i funzionari. Anche qui in generale, oltre ai funzionari, il personale che lavora nei regni è personale locale. L’IMPERO OTTOMANO E L’AZIONE DI FILIPPO II Nel 1559 il problema italiano è risolto, quindi Filippo II può tirare un sospiro di sollievo. Gran parte dell'Italia era sua, e se non era sua tutti si volevano alleare con lui: per quanto riguarda il Granducato di Toscana molte mogli dei granduchi furono proprio spagnole, tutte appartenenti alla famiglia del Duca d'Alba, e per questo ci sarebbero state delle alleanze. Filippo II avrebbe fatto sposare poi una delle sue figlie in Piemonte, proprio perchè con il matrimonio si facevano le alleanze. Filippo II aveva un legame molto forte anche con la Chiesa. L'unica potenza italiana che si tiene un po' discosta è la Repubblica di Venezia, ma per il resto sulla penisola possiamo dire che regnasse la pax hispanica, la pace spagnola. Se in Italia finalmente sono finite le guerre, non è finita però l'aggressività dei turchi ottomani. Il mediterraneo così come era stato durante il regno di Carlo V, ovvero un luogo estremamente effervescente dal punto di vista militare, continua ad esserlo anche durante Filippo II, proprio per causa dell’'Impero ottomano. L'impero ottomano è un impero multireligioso. Al suo interno vi sono numerose comunità ebraiche, comunità cristiano-copte, o cristiano-ortodosse. All'interno la comunità ebraica o la comunità cristiana possono mantenere i propri usi, costumi e leggi, l'importante è che non dia fastidio e che queste leggi non vadano contro o a confliggere con quelle che ci sono al di fuori. All'apice c'è il sultano, sultano che viene scelto fra tutti i figli del sultano precedente. Un sultano ha tantissimi figli perchè ha l'harem, cioè un luogo dove vengono rinchiuse le donne che possono essere spose ufficiali, concubine o addirittura schiave. L'Harem, luogo che nell'immaginario occidentale è una delizia di piaceri, è un posto dove si fa politica. Le donne rinchiuse lì dentro lottano ciascuna per essere la futura madre del sultano, quindi non è un posto di delizia ma bensì è un luogo dove veramente si arriva all'omicidio pur di far trionfare la propria parte. Il sultano poi regna, ma ha un uomo di governo che è il visir, che è quello che mette il sigillo sulle decisioni del sultano e si consiglia anch'egli con un organismo che si chiama divan (da cui il nostro divano) che è il consiglio che si riunisce sui cuscini (si siedono all'orientale). Di questo consiglio fa parte l'ammiraglio della flotta, molto spesso un pirata barbaresco o addirittura di origine italiana perchè sono molti quelli che si convertono all'islam, e poi il capitano dei giannizzeri, parte scelta dell'esercito di terra del sultano, nonchè parte della sua guardia personale, formata da bambini che vengono rapiti ai cristiani nei terreni balcanici. Questi vengono portati a Istanbul ed educati all'esercizio della guerra e alla difesa del sovrano. Questa è una società meritocratica. Ecco perché noi troviamo spesso ammiragli della flotta che sono dei rinnegati di origine italiana. Ad esempio uno dei quattro re d'algeri era di origine sarda, era un pastorello che era stato rapito all'asinara quando aveva 14 anni e diventò consigliere di uno dei più grandi pirati ad Algeri. Questo per dire che è una società che premia la bravura, se tu ti converti all'Islam naturalmente. Durante il Cinquecento non solo le razzie si moltiplicano e gli attacchi dei pirati si fanno sempre più insistenti, ma la parte musulmana preme molto sul Mediterraneo. Addirittura nel 1565, dopo aver preso Rodi negli anni Venti, arrivano ad attaccare Malta (⇒ vicina alla Sicilia). Fortunatamente i Cavalieri di Malta, ex Cavalieri di Rodi, difendono l'isola. Ma questa aggressività continua anche negli anni successivi, e nel 1570 attaccano Cipro. Cipro è possedimento veneziano, è uno dei baluardi della presenza veneziana in quella parte del Mediterraneo. Sconfiggono le forze veneziane (⇒ i ciprioti sono ben contenti di vedere i veneziani trucidati dalle forze musulmane perché non li avevano molto in simpatia), a questo punto si percepisce la pressione da Oriente. Dopo Pio IV che aveva concluso il Concilio di Trento sale al soglio pontificio Pio V. Pio V, fatto addirittura santo, è un pontefice che vuole rifare la crociata, vuole che le potenze europee si uniscano e vadano a lottare contro i musulmani, in quanto pensava che bisognasse colpirli in modo che loro evitassero di portare le loro credenze e le loro cattiverie sul suolo occidentale. Per molti anni, sin da quando comincia l'assedio di Malta, Pio V cerca di convincere il più grande dominatore d'Europa, ovvero Filippo II, a fare una sorta di crociata. Ma Filippo II, all'inizio (⇒ siamo alla fine degli anni sessanta), non vuole assolutamente prendere la decisione di fare la guerra all'Islam. Questo perché, sempre in questi anni cominciarono ad esserci problemi nei Paesi Bassi e i suoi due consiglieri, Alba da una parte ed Eboli dall'altra, gli consigliano cose diverse. Alba gli dice che deve andare a schiacciare coloro che hanno forme di dissidenza nei suoi confronti nei Paesi Bassi, Eboli invece gli dice di trovare un accordo con gli abitanti dei Paesi Bassi e invece di colpire sul Mediterreaneo e di farsi paladino di questa impresa. In effetti Filippo non vuole perché il Papa gli propone di attaccare in Occidente e il mediterraneo occidentale a Filippo II non interessava, gli interessava il Mediterraneo orientale. Quelle che venivano continuamente colpite erano la Sicilia, la Sardegna e le coste spagnole. Si aggiunge un problema: nel 1568 si verificò una Rivolta di Moriscos nelle montagne della Castiglia meridionale nelle cosiddette Alpujarras. I moriscos erano sostanzialmente musulmani che non erano stati scacciati, avevano avuto un'infarinatura di cristianesimo ma sostanzialmente continuavano a parlare in arabo, a vestire abiti arabi, ad avere convinzioni religiose in segreto islamiche e probabilmente erano anche coloro che davano informazioni a quelli che stavano in Marocco, in Libia, per fare le scorrerie migliori. Filippo II soffoca nel sangue la Rivolta delle Alpujarras, disperde i moriscos per tutta la Castiglia (⇒ prende quell’agglomerato e lo divide) e finalmente accetta nel 1570 di far parte della Lega santa, ossia di quella lega capitanata dal pontefice che vede schierata la Repubblica di Genova , il Granducato di Toscana, la Repubblica di Venezia, il Papa stesso e Filippo II per incrociare l'armata turca e combattere contro di essa. Nel 1571 una flotta enorme comandata dal fratellastro di Filippo II, ovvero don Giovanni d'Austria prende il mare, incrocia nelle acque greche vicino al porto di Lepanto la flotta musulmana e ha una grande vittoria militare il giorno della Madonna del Rosario (⇒ si diceva infatti che la Madonna avesse dato la vittoria). Questo evento non servì a niente perchè l'anno dopo la marina ottomana mise in acqua una flotta ancora più grande e non ci fu risposta da parte cattolica perchè Venezia si affrettò a stringere la pace in quanto interessata al commerio con l'impero musulmano-ottomano. Quindi anche Filippo II fa prima una tregua con il sultano che sarà poi prolungata ma piano piano il Mediterraneo perse di importanza anche agli occhi di Filippo II che ascoltò di più il Duca d'Alba e concentrò le sue attenzioni sui Paesi Bassi. Questo perchè negli anni Sessanta e Settanta questi gli diedero molti problemi. Ecco invece che il Mediterraneo divenne un mare in balia della pirateria. CAP 7: L’EUROPA DELLA CONTRORIFORMA Carlo V, quando emerge il problema luterano, pensa ad un concilio, perché vorrebbe che si trovasse un modo per riunire la cristianità che dalla predicazione di Lutero era stata fratturata. Ma né Leone X (⇒ scomunica contro Lutero), né Clemente VII (⇒ sacco di Roma) vogliono fare il Concilio, che verrà convocato solo con Paolo III Farnese nel 1544 a Trento. Perché inizialmente non viene convocato il concilio? Cosa spaventa i Pontefici? Ai primi del Cinquecento i Pontefici tendono a interpretare il loro potere come un potere da esercitare da soli, come i sovrani, perché vogliono rafforzare la loro posizione monarchica. Quindi convocare il Concilio, e demandare all’assemblea della Chiesa la decisione importante, significa indebolire la propria posizione. Paolo III Farnese lo convoca nel 1544 a Trento. Carlo V voleva che si sedessero al Concilio sia cattolici che protestanti, e ritornare all’unità. Da questo punto di vista, Trento è un ponte verso il mondo tedesco, inoltre è un luogo governato da un principe vescovo. Ma gli obiettivi del Pontefice e di Carlo V sono totalmente diversi: Paolo III vuole rilanciare la posizione della Chiesa Cattolica, e combattere l’eresia luterana, mentre Carlo V vuole una conciliazione tra i Luterani e il Cattolicesimo. La discussione si protrarrà per tanto tempo, e le sessioni del Concilio saranno continuamente interrotte da altri avvenimenti storici. Il Concilio si concluderà solo nel 1563 (⇒ dura quasi 20 anni). Erano tante le questioni su cui discutere, perché i Luterani avevano criticato la Chiesa per molti aspetti, che dovevano essere quindi analizzati. Possiamo dividere questi aspetti in due grandi insiemi: gli aspetti teologici e gli aspetti disciplinari. Decidere di partire dall’uno o l’altro insieme non era una decisione neutra, perché dal punto di vista disciplinare la Chiesa avrebbe dovuto riconoscere certi comportamenti, quindi si poteva trovare un compromesso, mentre dal punto di vista teologico la prima cosa che i Luterani sottolineavano era che nelle Sacre Scritture la Chiesa non era nominata. Carlo V premeva perché si iniziasse dagli aspetti disciplinari, Paolo III invece comincia subito dagli aspetti Teologici. Si vede quindi da subito che questo Concilio non abbia come obiettivo quello di riportare i Luterani al Cattolicesimo, ma la Chiesa non vuole arrivare a patti con nessuno. Malgrado l’opposizione dell’imperatore, il Concilio affronta subito alcune questioni teologiche d’importanza fondamentale e oggetto di critica o di completo rifiuto da parte protestante. Sono approvati i decreti conciliari relativi al peccato originale, alla fede, alle fonti della rivelazione (⇒ le Sacre Scritture e la loro interpretazione), alla giustificazione (⇒ per i luterani è solo per fede, mentre i Cattolici ribadiscono il fatto che la Fede deve essere sempre accompagnata dalle opere) e ai sacramenti. Entrato in urto con Carlo V, a seguito dell’assassinio del figlio, Pier Luigi Farnese e del tentativo imperiale di occupare il ducato farnesiano di Parma e Piacenza, nel 1547 Paolo III fa approvare il trasferimento del Concilio a Bologna, città appartenente allo Stato della Chiesa allo scopo di assumerne il pieno controllo. Nel frattempo muore Paolo III, e non si riapre il concilio. Il Concilio sarà riaperto da Giulio III, che riporta la sede a Trento. Si invitano i protestanti, che però non vanno. In questa seconda fase si analizza la questione dell’Eucaristia. Anche in questo caso si ribadisce la dottrina esistita fino a quel momento. Però a causa di altri avvenimenti politici internazionali il Concilio sarà interrotto: nel 1552 riparte la guerra tra Asburgo e Francia. Successore di Giulio III è Paolo IV, una figura particolare, odiava gli asburgo, e in virtù di questo sentimento non riapre il concilio. Il Concilio viene convocato nel 1560 da Papa Pio IV (⇒ ricordiamo che nel 1559 c’è stata la pace di Cateau-Cambrésis, quindi la guerra è terminata; inoltre, se anni prima il re di Se in quei territori nordici corrispondenti all’attuale Olanda il protestantesimo calvinista aveva un segno identitario (⇒ ci si sente olandesi e non sudditi di Filippo II e si sottolinea questa distanza credendo in un altro tipo di Dio), nella Penisola italiana, parte di questa sotto Filippo II e altra parte indipendente ma con una forte influenza da Roma, tutti i tentativi di riflessione su argomenti di tipo protestante vengono severamente puniti, sia dal Tribunale dell'Inquisizione spagnola là dove vigeva (⇒ in Sicilia) sia dal Tribunale dell'Inquisizione romana in tutto il resto della Penisola (⇒ sia negli stati di Filippo II e sia negli altri). Il diffondersi dell'eresia calvinista accese conflitti e dispute che non furono solo religiose ma bensì anche politiche, ed ecco che si affermò, in un certo senso ancora in maniera molto embrionale, la matrice dei partiti politici. Alla corte di Filippo II c'erano le fazioni, coloro protetti dal Principe di Eboli o coloro protetti dal Duca d'Alba. I due potevano avere idee diverse, le avevano nel caso Mediterraneo in cui il Principe di Eboli spingeva per la lotta nel Mediterraneo e voleva riappacificare tutti, mentre il Duca d'Alba voleva la supremazia della Castiglia su tutte le altre regioni e quindi ecco che sosteneva il pugno forte contro chi si ribellava a Filippo II. Però tutto sommato è solo in questo caso che noi abbiamo una diversità di vedute. Quello che contava per stare dall'una o dall'altra parte era che si era protetti dall'uno o protetti dall'altro, un tipo di rapporto di tipo clientelare. In queste fazioni che si formano per esempio in Francia, noi sì le possiamo vedere come predecessori dei partiti politici, perché se sto da una parte o dall'altra, è perché sono legato all'uno o all'altro potente, ma è anche perché sono o calvinista o cattolico. L’INGHILTERRA DI ELISABETTA Cominciamo da una delle realtà più lineari che però presenta questo conflitto interno: l’Inghilterra che si era separata con Enrico VIII perché Enrico VIII aveva questioni politico-dinastiche importanti e soprattutto perché vedeva in questa emancipazione una possibilità di schermare l'intervento diretto della chiesa nelle questioni inglesi. Enrico VIII aveva avuto tre figli da tre diverse mogli, due femmine e un maschio. A lui succede il figlio maschio Edoardo VI, che è il principe buono per eccellenza il cui regno però è molto breve. Quando muore Edoardo (⇒ Edoardo è quello del Book of Common Prayer, cioè del libro della preghiera comune e delle azioni dell'anglicanesimo verso il protestantesimo), colei che è candidata al trono (⇒ a cui spetta perchè in Inghilterra possono salire al trono ed essere regine regnanti anche le donne), è la prima figlia di Enrico VIII, la figlia della moglie che lui aveva ripudiato, ossia Maria Tudor. Maria Tudor era stata educata dalla madre, che era la spagnola Caterina (⇒ prima moglie di Enrico VIII che aveva ripudiato perchè gli aveva dato solo una figlia femmina), la zia di Carlo V e figlia dei Re cattolici. Educa Maria al rispetto del cattolicesimo, tant’è che Maria è cattolica. Quindi quando ascende al trono d'inghilterra Maria tenta in tutti i modi di ristabilire il cattolicesimo in Inghilterra, usando anche una politica pesante. A rimarcare il suo legame del cattolicesimo sposa nel 1554 proprio Filippo II, che appunto in quegli anni viene insignito di diversi titoli perché deve andare a sposare la regina di Inghilterra. Maria avrebbe regnato per quattro anni: dal 1554 al 1558. In questi quattro anni la sua repressione fu forte, tanto da meritare il soprannome di Bloody Mary (⇒Maria La Sanguinaria). Durante il suo regno quattrocento protestanti, cioè anglicani che continuavano a non volersi riconvertire al cattolicesimo, vennero condannati a morte. Sono tanti, ma rispetto alle vittime che vedremo in Europa per i conflitti religiosi sono un'inerzia. Fu talmente tanta la propaganda successiva che questi quattrocento morti divennero nell'immaginario 4 milioni, e lei meritò il nome di Maria La Sanguinaria. Viene chiamata così ma non è così cattiva. Diciamo che utilizza i mezzi che la giurisprudenza le offre (⇒ la pena di morte rientra in queste cose). Non è che volesse vendicare sua madre, ma voleva ristabilire il cattolicesimo perché pensava che l'atto del padre fosse stato un atto contro Dio. Non c'è vendetta, è una reazione normale. Il regno di Maria è molto breve, e lo stesso Filippo II che si era trasferito in Inghilterra nel 1558 rientrerà in patria. Lo rivedranno come ultima volta nei Paesi Bassi di passaggio e negli anni immediatamente successivi sceglierà Madrid come sua sede, e tranne una volta che andrà in Portogallo non si muoverà mai più, tant'è vero che i suoi nemici lo chiamavano Il Ragno in quanto tesseva le sue tele dal centro della Castiglia ma non si muoveva (come il ragno che sta al centro della ragnatela ma non si muove mai). A questo punto c'era un problema di successione: c'era un'altra sorella, Elisabetta, che la sorellastra Maria aveva fatto crescere nella torre di Londra e che, dato che la madre era stata giustiziata con l'accusa infamante di aver tradito carnalmente il Re, era una bastarda. D'altra parte c'era un'altra pretendente cattolica ed era la Regina di Scozia (⇒ erano imparentati tra loro) che si chiamava Maria Stuart, nota anche come Maria Stuarda. Un istituto che era già stato in precedenza investito di una grande responsabilità nella vita politica inglese, il Parlamento, tra Elisabetta educata nell'anglicanesimo e Maria regina di Scozia e cattolica scelse Elisabetta. Venne quindi riabilitata dal Parlamento e nel 1559 ascese al trono con il nome di Elisabetta I. Dopo quattro anni di tentativi di tornare al cattolicesimo, Elisabetta voleva la pace. Stabilisce quindi nel 1559 l'Atto di uniformità: dice che tutti devono andare alle cerimonie anglicane, ma lascia non toccata la presenza di cattolici (⇒ se ci sono cattolici in inghilterra a lei non importa). Nel 1563 emana l'Atto di Supremazia, dove dichiara che il Re è il capo della chiesa d'Inghilterra. Quindi ristabilisce l'anglicanesimo in tutta la sua autorità. Noi sospettiamo che Elisabetta fosse una credente tiepida, cioè non le importava, e che fosse più attenta alle questioni di stato che alle questioni di religione. Tant'è vero che, qualche anno dopo, nel 1579 detta delle norme di compromesso tra le istanze cattoliche e le istanze protestanti. Dal punto di vista teologico la chiesa anglicana è fortemente protestante, cioè prende la teologia sostanzialmente di tipo calvinista (⇒ sulla predestinazione, sulla vocazione e così via), ma dal punto di vista dell'organizzazione non c'è quella democratizzazione della vita delle comunità, nel senso che la Chiesa anglicana presenta il re, i vescovi, i pastori (⇒ che si possono sposare ma sono responsabili della loro comunità di fronte ai vescovi e al re). Non si sposò mai tant’è che dichiarò di essere sposata con la sua nazione. Dagli anni Settanta in poi, proprio durante il suo regno cominciò anche quello splendido ventennio che si chiamò per l’appunto Età elisabettiana (⇒ l'età di Shakespeare, l'età dell'arrivo dei pittori italiani a corte, l'età anche della spinta a fondare una marineria commerciale competitiva con quella degli spagnoli). Durante il periodo di ribellione di quelle che diventeranno le Province Unite Elisabetta, in maniera sotterranea, sosterrà le Province Unite, cioè manderà fondi perché la guerra di resistenza delle Province Unite nei confronti del nemico spagnolo fosse portata avanti. Ma la diffidenza nei confronti dei cattolici si acuirà perchè alla fine degli anni Sessanta Maria Regina di Scozia per la diffusione del calvinismo è costretta a fuggire dalla Scozia e si riparerà in Inghilterra dove comincerà a coagulare il sostegno di molti nobili cattolici. Per togliersi il problema nel 1568 Elisabetta avrebbe fatto incarcerare Maria Stuart nella torre di Londra, grande fortezza al centro della città. Ma anche dalla prigione Maria riesce a tessere una congiura che aveva come intenzione di portare giù dal trono Elisabetta uccidendola per poi insediare Maria stessa come regina di Inghilterra. Venuta a sapere della congiura Elisabetta giustiziò Maria Stuarda (⇒ viene dato l'ordine di condanna a morte). Questo però ebbe delle conseguenze perché Maria era cattolica e il paladino del cattolicesimo malgrado avesse passato la vita a corteggiare Elisabetta con l'intenzione di sposarla, Filippo II, decise di aggredire l'Inghilterra. L’aggressione all’Inghilterra fu attuata anche perchè per sostenere i Paesi Bassi Elisabetta aveva organizzato un'attività di corsa, cioè pirateria autorizzata: dei pirati, Francis Drake il più importante e amante della regina per un periodo, furono autorizzati ad attaccare i vascelli spagnoli e ogni volta che ne riuscivano a catturare uno una parte del bottino andava alla Corona. Questi vennero chiamati corsari, proprio perché avevano la patente di corsa. Filippo II scocciato da ciò e colpito dall'assassinio di Maria Stuarda armò una flotta enorme, la più grande flotta che si sia mai vista e a cui diede il nome di Invencible Armada (⇒ l'armata invicibile). Armata invincibile che partì dalle coste spagnole ben decisa a porre sotto assedio Londra e ad attuare un'azione armata a Londra. Senonché quando queste navi, soprattutto i galeoni spagnoli, arrivarono nel Canale della Manica si ritrovarono pronta la controffensiva inglese sempre sulle navi. Ma le navi inglesi conoscevano il Canale della Manica, al contrario dell'Invencible Armada che disconosceva le sue correnti pericolose. I grandi galeoni spagnoli ebbero difficoltà in quel mare a manovrare in quanto non lo conoscevano e inoltre erano molto grandi al contrario delle navi inglesi che erano piccole e affusolate e conoscevano il mare. Arrivò anche una tempesta ed ecco che l'attacco dell'Invincibile Armata si trasformò in una disfatta. In più le navi inglesi riuscirono a spingere verso Nord le navi che si salvarono dalla disfatta, che furono costrette a fare il periplo dell'Isola affrontando dei mari sconosciuti e particolarmente freddi. Quindi questa Invincibile Armata tornerà decimata di imbarcazioni e di uomini e sarà un fallimento totale per Filippo II, una sconfitta. Proprio questa vittoria fu invece per l'anglicanesimo un vero e proprio cemento perché avrebbero visto la loro Regina con la loro fede trionfare sul Re cattolico che aveva tentato di assaltare l'Inghilterra. LE GUERRE DI RELIGIONE IN FRANCIA La Francia, a differenza dell’Inghilterra, vive una situazione più complessa. Per gran parte del XVI secolo (⇒ la Seconda metà del Cinquecento), in Francia il Re fu Enrico II di Valois (1547-1559), che sposò Caterina de Medici, dalla quale ebbe diversi figli. Nel 1559 Enrico II, durante un torneo celebrativo per la Pace di Cateau-Cambrésis, venne infilzato con una lancia sull’unica parte non coperta dall’elmo, e morì. I suoi figli erano tutti in minore età, per questo Caterina sarebbe stata la reggente del regno. Il primogenito, Francesco II, essendo cagionevole di salute, avrebbe regnato un solo anno. Sarebbe succeduto il fratello Carlo IX (1560-1574), ma anche egli di salute precaria. Nel frattempo si stava diffondendo il calvinismo, e Caterina si sarebbe dimostrata tollerante e indifferente rispetto a questo credo. Il problema di Caterina era di riuscire a governare con dei figli piccoli. In più era disprezzata dall'aristocrazia francese perchè non era neanche nobile (⇒ proveniva da una famiglia di banchieri: i Medici). Si diffuse il calvinismo, che fece breccia in famiglie aristocratiche di pari valore a quella dei Valois (⇒ la famiglia regnante, il quale trono però era debole), in particolare si convertirono i Borbone, mentre la famiglia dei Guisa, che strizzava sempre l’occhio al potere, si sarebbe stretta ancora di più al cattolicesimo. VALOIS⇒ cattolici ma fragili GUISA⇒ cattolici che guardano al trono BORBONE⇒ calvinisti (ugonotti) che guardano al trono Cominciarono le aggressività quando, in una località vicino a Parigi chiamata Basty, i Guisa massacrarono un notevole numero di Ugonotti (⇒ Massacro di Basty). Di fronte a questo massacro Caterina offrì delle concessioni agli Ugonotti, riconoscendo la loro esistenza, e lasciandoli liberi di professare il loro credo. Questa decisione, provenendo da un trono instabile che non riesce a farsi rispettare, inasprisce i rapporti tra cattolici e ugonotti, che sarebbero sfociati in una vera e propria guerra civile. Carlo IX, diventato maggiorenne negli anni Settanta, voleva pacificare il regno. Decise quindi di proclamare una pace e di sigillarla con un matrimonio, quello tra Enrico di Borbone, leader della fazione protestante, e la sorella del re, Margherita di Valois. Questo matrimonio sarebbe dovuto essere l’atto di riappacificazione tra cattolici e ugonotti, e avrebbe dovuto celebrarsi il 24 agosto 1573 a Parigi; per l’evento sarebbero arrivati tutti gli aristocratici ugonotti, senonchè i cattolici organizzarono il genocidio di massa degli ugonotti (⇒ la notte del 23 agosto vennero uccisi nei loro letti 2000 ugonotti). Enrico di Borbone si salvò “convertendosi” in punto di morte al cattolicesimo. Questo terribile omicidio di massa diede il via ad una vera e propria “caccia all’ugonotto” e la Francia nei giorni successivi avrebbe contato 12.000 vittime. Ecco perchè molti ugonotti sarebbero emigrati nell’odierna Olanda. Il 24 agosto 1573 è ricordato come la Notte di San Bartolomeo. Dopo quella terribile notte il matrimonio sarebbe stato comunque celebrato. Carlo IX, nel 1574, muore e gli succedette il terzo fratello, Enrico III (1574-1589), che però era sterile e non ebbe figli, quindi l’erede più vicino al trono sarebbe stato il cognato Enrico di Borbone. Questa eventualità era vista estremamente male dalla famiglia Guisa, e soprattutto dal leader Enrico di Guisa. I cattolici cominciarono ad armarsi e, con il sostegno di Enrico III (⇒ quello sterile), formarono la Lega Cattolica (⇒ sostenuta da Filippo II) per sconfiggere le truppe protestanti, capitanate da Enrico di Borbone (⇒ marito di Margherita e cognato di Enrico III), che si era riconvertito al protestantesimo. In un primo tempo il re Enrico di Valois (⇒ Enrico III) sostenne la Lega cattolica, poi si rese conto che la Lega cattolica non se la passava tanto bene in quel periodo. A livello europeo i cattolici stavano perdendo appeal, e in più si sospetta che tra Enrico III di Valois ed Enrico di Guisa (⇒ che verrà fatto arrestare e giustiziare) ci fosse dell’acredine. Nel 1589 Enrico di Valois muore assassinato da un fanatico cattolico e quindi sarebbe toccato a Enrico di Borbone salire sul trono. Il problema era che Enrico di Borbone era protestante e, come il re di Castiglia era appellato Re cattolico il Re di Francia era soprannominato Re cristianissimo. Sembra che Enrico di Borbone disse: Parigi val bene una messa. In sostanza si riconvertì al cattolicesimo pur di perché Margherita voleva trovare un accordo con queste persone. A corte trovano un protettore, che è il principe di Eboli, Ruy Gomez de Silva, cortigiano, capo della fazione Ebolista (trovare accordo tra esigenze del re e del popolo), il quale sostiene le ragioni di costoro che non vogliono che la carta diocesana venga ridisegnata, e quando si palesa la volontà di Filippo II di rinominare i vescovi e introdurre l’inquisizione spagnola, ecco che cerca di trovare un punto d’accordo tra il Re e le diverse popolazioni. Contrapposto a lui c’è un altro consigliere di Filippo, Fernando Alvarez de Toledo duca d’Alba, generale militare, a capo della fazione degli Albisti, che si basa sull’imposizione della volontà regia a qualunque costo. La differenza tra Eboli e Alba rispetto all’ideologia era sulla questione delle Fiandre (⇒ Eboli non voleva che fossero problema le Fiandre perché si doveva investire sul Mediterraneo, e Alba sosteneva il contrario). Mentre si diffonde il calvinismo e cominciano ad esserci delle manifestazioni di intolleranza da parte dei cattolici nei confronti dei calvinisti Margherita emana un Editto di moderazione, ovvero un tentativo dall'alto di riportare la pace fra un calvinismo che si diffonde e i cattolici che tentano invece di allontanarlo. L’editto di moderazione galbanizzò i calvinisti che cominciarono ad entrare nelle chiese a distruggerle. Arrivata a corte la notizia dei disordini, Margherita non fece in tempo a prendere in mano la situazione e a riportare la pace che Filippo II la destituì e mandò colui che sin dall'inizio aveva detto che avrebbe dovuto usare la mano pesante (⇒ fine anni Sessanta): il Duca d'Alba, che era veramente un pazzo sanguinario. Il Duca d'Alba arrivò con un esercito di occupazione e mise in atto una forte repressione (⇒ 10.000 persone). In questo periodo non esistevano le caserme militari, i soldati andavano a vivere nelle case delle persone. Il problema era che queste persone che li ospitavano non erano autorizzate a portare le armi al contrario dei soldati stessi che le usavano, per cui erano in balia di questi soldati che non erano generalmente gentili. Aldilà della sofferenza di avere queste truppe di occupazione, egli mise appunto un tribunale, il Conseil des Troubles, ovvero il Tribunale dei Torbidi, ed era un tribunale contro chi si ribellava al volere del re. Non occorreva essere diventati calvinisti per avercela con Filippo II perchè si inseriva nella vita del paese in maniera pesante e voleva introdurre l'inquisizione. Così piano piano siccome il cattolicesimo diventa la religione di Filippo II ecco che, soprattutto nelle province del Nord, ci si converte al calvinismo. Diventò quindi una cosa identitaria (⇒ lui è cattolico e allora io mi faccio calvinista). Il Consiglio dei Torbidi con grande facilità comminò 9000 condanne di cui 1000 a morte e fra questi 1000 morti ci furono anche due nobili cattolici che avevano aiutato Margherita a riportare la pace e a risistemare la questione delle tensioni fra calvinisti e cattolici. L’arrivo e l’azione del Duca d’Alba convincono sempre più persone a convertirsi al Calvinismo, perché vedono in Alba un emissario di un sovrano di cui vedono la tirannide e di cui non vogliono condividere la religione: vogliono essere diversi, trovano nel Calvinismo un’identità. Nel frattempo, alcuni nobili fuggiti dai Paesi Bassi, con la complicità della corona inglese e degli ugonotti francesi, organizzano una flotta detta dei gueux du mer, pezzenti del mare, con cui attuano la pirateria ai danni delle navi spagnole che mantengono i collegamenti con la penisola iberica. I pezzenti del mare riescono a conquistare alcuni importanti porti olandesi. Sfuggì alle persecuzioni del Duca d'Alba un personaggio: Guglielmo d'Orange, che abbracciò il calvinismo e fuggì al Nord. Negli anni Settanta, dopo che dei soldati non pagati saccheggiarono Anversa, si entrò in guerra. Le sette province del Nord (Olanda, Zelanda, Frisia, Groninga, Drenthe, Overijssel, Gheldria) si unirono nell’Unione di Utrecht (⇒ protestanti), le province del Sud invece si unirono nell'Unione di Arras (⇒ cattolici). Iniziò così la cosiddetta Guerra degli Ottant'anni. Questo perchè fuggendo Guglielmo d'Orange negli anni Sessanta spinse Olanda, Zelanda e poi tutte le altre a ribellarsi al potere monarchico di Filippo II e crearono una Repubblica: la Repubblica delle Province Unite. La più importante di queste province, quella che avrebbe tenuto lo scettro del potere, sarebbe stata l'Olanda. Tenteranno per molto tempo di avere un Re, ma non si trovò un accordo con nessuno che volesse andare a regnare lì. Ed ecco che diedero vita ad una Repubblica, ma non si trattava più di una repubblica "vecchia" come quella di Genova o di Venezia che erano risultato del Medioevo, questa era una Repubblica nuova che venne fatta con delle caratteristiche diverse. C’erano gli Stati Generali (⇒ cioè l'assemblea parlamentare) e i rappresentanti di tutte le province che prendono le decisioni, ma ha sempre l’ultima parola il rappresentante dell'Olanda detto il Gran Pensionario. Il potere esecutivo è in mano invece allo Statolder, ovvero un appartenente alla famiglia d'Orange. Guglielmo d'Orange era stato assassinato nel 1584 da un fanatico cattolico perchè comincerà a diffondersi in questi ambienti Calvinisti un’idea della politica, la monarcomachia, per cui è vero che bisogna dare rispetto al sovrano, ma se questo è tiranno il vero Cristiano non deve prestargli obbedienza. Si può arrivare anche a volerlo sopprimere; non è un caso che viene pubblicato nelle Fiandre in questi anni un libro chiamato Vindiciae contra tyrannos, nel quale si descrivono le azioni vendicatrici da fare contro coloro che si dimostrano tiranni. Si sviluppa quindi un’idea monarcomaca, quindi di poter uccidere il sovrano, idea che sarà ripresa anche dai Cattolici; ed è sulla base di questo principio che Enrico III ed Enrico IV vengono pugnalati da due frati cattolici. La guerra si protrarrà e finirà tra i Paesi Bassi spagnoli e le Province Unite solo nel 1648. Ci sarebbero stati dodici anni di tregua dal 1609 al 1621, ma la Castiglia ebbe un nemico fortissimo in questa piccolissima regione. Nel 1621 riprende una nuova lunga fase bellica, che s’inserisce nel conflitto noto come Guerra dei Trent’anni che vede le Province Unite impegnate anche nel colpire la monarchia cattolica nei suoi possedimenti coloniali e nei suoi interessi commerciali. Con il Trattato di Munster del 1648 la corona spagnola rinuncia definitivamente alle sue pretese di sovranità sulle sette Province Unite. CAP 10: ECONOMIA E FINANZE NEL SECOLO DEI GENOVESI CRESCITA DELLA POPOLAZIONE E DELLA PRODUZIONE AGRICOLA Nella seconda metà del XV secolo in alcune aree europee si avvertono i primi segnali dell’inizio di una nuova fase di crescita demografica. Dopo gli sconvolgimenti prodotti in tutta Europa dall'epidemia nota come peste nera. Tuttavia, solo a partire dai primi decenni del XVI secolo si registra quasi in tutta Europa una crescita generalizzata della popolazione: dai 45 milioni di abitanti alla fine del Trecento, la popolazione raggiunge i 69 milioni un secolo dopo e gli 89 milioni nel Seicento. Naturalmente i tassi di crescita sono diversi da Paese a Paese. A richiamare maggiormente l’attenzione a livello europeo è la crescita della popolazione urbana, grazie all'afflusso di persone dalle campagne e allo sviluppo di nuovi centri. Infatti le città in cui prosperano le attività manifatturiere e commerciali vedono aumentare la loro popolazione fino a diventare, nel giro di pochi anni, grandi metropoli: Londra, Siviglia, Lisbona. Cresce anche il tasso di urbanizzazione della popolazione che conosce livelli particolarmente elevati nei Paesi Bassi (⇒ soprattutto Amsterdam e Anversa) e nella Penisola italiana (⇒ soprattutto Napoli e i due maggiori centri manifatturieri italiani del tempo, Milano e Venezia). All’origine della ripresa e crescita demografica vediamo da un lato abbassarsi il tasso di mortalità, che in antico regime era data dal diffondersi di epidemie, dalle quali c’era poca capacità di resistenza. Nel Cinquecento i casi di epidemie non hanno il medesimo grado di virulenza e diffusione avuto in precedenza, sono quindi più ristretti in modo da non colpire e decimare tutta la popolazione. Dall’altro lato c’è un aumento della natalità, dovuta al fatto che l’età media delle persone che si sposavano si era abbassata e aveva da una parte ampliato l’arco di tempo in cui le donne potessero avere figli e dall’altra fatto modo che un maggior numero di persone potessero raggiungere l’età in cui fossero in grado di procreare. Questo incremento demografico ha una conseguenza diretta nella domanda di risorse alimentari. Siccome più si chiede una cosa, più questa aumenta di prezzo, nel corso del Cinquecento assistiamo ad un notevole incremento della domanda di derrate alimentari. Particolarmente pronunciato è l’aumento del prezzo dei cereali che sono alla base della dieta della gran maggioranza della popolazione europea. Minore è l’impatto dell’aumento della domanda su altre derrate alimentari come la carne, o sui prodotti manifatturieri. Il settore agricolo viene quindi sollecitato a produrre di più, in special modo cereali. A questa richiesta si risponde ampliando i terreni messi a coltura, tendendo quindi ad aumentare la superficie da coltivare: si tagliano i boschi, si bonificano le zone paludose, si mettono a coltura appezzamenti di terra che non sono perfettamente adeguati alla coltura. Questo fenomeno si chiama cerealizzazione, ossia ci si impegna ad aumentare la quantità di terra da destinare alla coltura del grano. Tuttavia bisogna tenere presente che i progressi nella cerealicoltura europea sono legati in larga parte all’ampliamento delle superfici coltivate (⇒ sviluppo estensivo dell’agricoltura), le rese aumentano poco, solo in alcune aree dei Paesi Bassi e dell’Italia settentrionale si ha un incremento della produttività agricola (⇒ sviluppo intensivo dell’agricoltura). Il problema è che mantenere la monocoltura impoverisce notevolmente il terreno, ed ecco che nel 1590 una serie di annate cattive, segnate da un peggioramento generale del clima, colpiscono i campi europei di grano causando delle carestie, e aprendo, dopo un periodo di grande crescita, un periodo di grande crisi segnato dall’aumento della mortalità e dalla caduta del numero delle nascite. Inoltre, tra la fine del Cinquecento e i primi del Seicento alcune gravi epidemie di peste contribuiscono all’impennata del tasso di mortalità. LA PRODUZIONE MANIFATTURIERA Anche la produzione manifatturiera attraversa nel XVI secolo una fase di espansione che riguarda il settore tessile e quelli minerario ed edilizio. In particolare, lo sviluppo delle armi da fuoco e le esigenze della raffinazione dei metalli, preziosi e non, danno un notevole impulso alla metallurgia. Nella seconda metà del Cinquecento, grazie alla disponibilità di legname e di giacimenti di carbone di ferro, sono soprattutto l’Inghilterra e la Svezia a diventare i maggiori produttori di ferro. Di notevole rilievo a causa del legame con l’industria tessile, è la vicenda dell’allume, un minerale che, nelle tecniche del tempo, ha un’importanza fondamentale per la tintura dei tessuti. Nella prima metà del Quattrocento, la miniera più nota di allume era quella di Focea, in Asia Minore, controllata dai mercanti genovesi. Quando gli ottomani conquistarono il territorio e cacciarono i genovesi il prezzo dell’allume salì vertiginosamente, per via dei pagamenti dei diritti sempre più elevati. Ma nel 1462 a Tolfa, all’interno dello Stato della Chiesa si scoprì un grande giacimento di allume. Il Papa Pio II ne affida l’appalto ai fiorentini, i quali lo commerciano in tutta Europa. La miniera di Tolfa divenne una delle maggiori imprese minerarie del tempo, con oltre 700 operai. Il raddoppio della produzione di allume rappresenta un indicatore del fatto che si verifica una crescita della produzione tessile. I quattro tessuti fondamentali che si producevano erano la lana, la seta, il lino e la canapa. Nel Cinquecento hanno le loro zone di produzione più importanti proprio nella Penisola Italiana (Firenze, Como, Bergamo, Venezia, Milano, ecc), che producono soprattutto lana e seta. Dobbiamo sottolineare il fatto che le manifatture laniere e i setifici sono organizzati in maniera corporativa, quindi sono in mano alle corporazioni. Questo fa sì che i prodotti italiani rispettino delle norme qualitative altissime, che non hanno eguali in Europa; quindi l’Italia si qualifica come produttrice di tessuti di lusso, che in quel momento è una cosa positiva, perché l’Italia esporta i suoi tessuti in Europa. CAP 11: L’AFFERMAZIONE DEL BAROCCO INGEGNO E MERAVIGLIA La parola ‘barocco’ ha un’origine ambigua, in quanto non si è certi del suo significato. Si pensa derivi dal portoghese ‘barroco’ che indica una perla dalla forma irregolare; secondo altri invece definisce una figura atipica del sillogismo aristotelico. Ad ogni modo, quando si parla di barocco si fa riferimento a qualcosa di insolito, di irregolare, di anomalo, e al contempo a qualcosa che stupisce. Infatti, l’irregolarità, la ricerca dell’insolito sono i tratti del gusto barocco che si diffonde in tutta Europa nel periodo compreso tra il 1580 e il 1680. Gli stilemi balocchi investono ogni campo: non solo gli ambiti delle arti visive, della letteratura e della musica, ma anche la religiosità, la politica, la filosofia e il costume. La cultura Barocca si basa sullo strano, dell'eclettico, sul particolare, l'asimmetrico. Da molti studiosi, questa ricerca degli artisti di trovare soluzioni strane e particolari, è stata vista come il tentativo degli artisti di reagire alla pressione esercitata dalla Chiesa e dallo Stato. Le Chiese (non solo cattolica quindi) dopo il Concilio di Trento tendono alla regolamentazione rigida della vita dell’uomo, e quindi gli artisti cercano di reagire, anche se vedremo che il rapporto tra gli artisti e le istituzioni ecclesiastiche sarà molto ambiguo, perché da un lato c’è questa pulsione alla ribellione, dall’altro c’è il fatto che la Chiesa controriformista seicentesca sarà uno dei più grandi committenti di artisti barocchi (l’aspetto odierno di Roma riflette della committenza ecclesiastica nel ‘600). Stessa cosa nei confronti dello Stato, perché nel corso del ‘500 e ‘600 i Sovrani cercano di modellare e controllare gli aspetti della vita delle persone, perché il suo potere sta nel normare la vita delle persone, e gli artisti reagiscono cercando una libertà almeno nel momento della loro ribellione artistica; ma siamo anche qui di fronte ad un rapporto ambiguo, perché gli stessi stati che vorrebbero controllare lo spazio politico si servono degli artisti per inneggiare a loro stessi, per compiere opere di propaganda. Viene identificato come artista barocco colui che nel suo campo (pittura, scultura, letteratura, ecc) è in grado di dare prova di ingegno, quindi si vuole definire l’artista come qualcuno che con l’opera del suo ingegno (manuale o intellettuale) è capace di dare vita a prodotti che stupiscono. Accanto all’ingegno deve avere l’acutezza di centrare quel particolare che colpisce la mente del fruitore, ma sempre tenendo presente che, per esempio, l’apparentamento di termini inconciliabili deve sembrare come se fosse logico. Non è un caso che il poeta più significativo di questi anni, Gian Battista Marino, diceva “il fin la meraviglia”, cioè l’artista deve stupire, deve lasciarmi senza fiato, e per raggiungere questo fine all’artista è data ogni possibilità (usare materiali rari, esotici, forme mai usate, può non rispettare la prospettiva, può mescolare i generi letterari, ecc). Un tratto caratterizzante di quest’epoca è la Metafora, cioè il dire qualcosa mentre se ne sta dicendo un’altra, quindi usare le allusioni, tutto quel sottile piacere intellettuale che deriva dalla comprensione di un’opera che ha i suoi significati nascosti. Il volume più importante che viene elaborato, e che serve come punto di riferimento è l’Iconologia di Cesare Ripa, che viene pubblicato nel 1593 senza immagini, ma già nelle edizioni del 1603 è un libro figurato. È un dizionario di come si rappresentano le cose, che va dalla A di abbondanza alla Z di zelo, quindi come si rappresentano le virtù, i vizi, le parti del mondo conosciuto, le regioni d’Italia, l’Italia stessa, quindi tutti quei soggetti che rimandano ad un significato, che spesso sono personificati e di cui noi dobbiamo capire il significato attraverso l’attributo (es. la donna bendata che tiene in mano la bilancia è la giustizia). Quindi è un libro che insegna agli artisti come devono fare le cose. LO SPETTACOLO DEL MONDO Il rapporto tra la Chiesa, lo Stato e le arti è ambiguo, perché sia i monarchi che gli ecclesiastici utilizzano l’arte per trovare consenso politico. L’intervento del potere politico nella sfera della cultura è finalizzato a ottenere il consenso dei sudditi. Particolare rilievo assume il teatro. Lo spettacolo teatrale è il frutto dell’armonia fra molteplici arti: pittura, scultura e architettura collaborano per la costruzione della scenografia, non più fissa come nel teatro rinascimentale, ma in grado di riprodurre diversi ambienti grazie all’uso di specifiche macchine che producono una sorta di effetti speciali; la letteratura fornisce il testo che gli attori recitano sul palcoscenico; la musica accompagna l’azione scenica ed è protagonista degli intermezzi che si svolgono fra un atto e l’altro dell’opera teatrale. La spettacolarità non contraddistingue solo l’attività teatrale in senso stretto; essa diviene un elemento della vita pubblica. Nel corso del rinascimento lo spettacolo teatrale era un momento di festa riservata a chi frequentava le stanze della corte signorile o principesca, nell’epoca barocca celebrazioni e festeggiamenti si svolgono nelle strade e nelle piazze, coinvolgendo l’intera società. Diventano momenti spettacolari non solo le rappresentazioni teatrali, sacre e profane, ma anche le processioni, le prediche, i cortei, le giostre, i tornei. L’intera città diviene teatro. L’uso di una cerimonialità sontuosa per la conquista del consenso non è esclusivamente appannaggio delle alte gerarchie curiali, ma anche dei più diversi poteri laici. Fra Cinquecento e Seicento vengono organizzati in maniera rituale e pubblica i distinti momenti della vita del sovrano. Non solo l’incoronazione, le nozze, i battesimi degli eredi, i successi militari, i funerali vengono solennizzate con cerimonie pubbliche, ma anche i diversi momenti della vita privata e quotidiana del sovrano in alcuni casi sono resi pubblici. Il cosiddetto cerimoniale borgognone, introdotto a metà Cinquecento per la prima volta alla corte del futuro re Filippo II per volere del padre Carlo V, si diffonde nella maggior parte delle corti europee. Si tratta di una sorta di rito per il quale agli aristocratici che vivevano a corte venivano affidate mansioni domestiche al servizio del re: lo aiutavano a lavarsi e a vestirsi, lo accompagnavano nelle cavalcate e a caccia, assistevano ai suoi pasti. In questo modo, ogni attimo dell’esistenza del monarca diviene spettacolo, cui, come accade nella reggia di versailles di Luigi XIV, tutti possono, a distanza, assistere. LA CULTURA DELLA CONTRORIFORMA Il problema per la Chiesa della controriforma è affascinare i fedeli, ma deve anche essere pedagogica: se vuoi che un’anima non passi alle fedi eretiche devi in qualche modo istruirla, però la Chiesa Cattolica non ha mai visto di buon occhio l’istruzione, perché leggendo puoi attingere a fonti che possono deviare il tuo pensiero (consideriamo anche che molti libri circolavano sotto banco). Quindi l’attenzione della Chiesa si rivolge ai dipinti, perché solo la ‘Biblia pauperum’ ossia la Bibbia dei poveri, perché è attraverso i dipinti che gli illetterati conoscono le storie della Fede raccontate in un certo modo. Sin dal concilio di Trento si elabora una dottrina su come devono essere organizzati gli spazi religiosi; il cardinale Carlo Borromeo scrisse le Instructionum Fabricae et Supellectilis ecclesiasticae in cui spiega come devono essere fatte le Chiese, le cose che il sacerdote utilizza durante la messe; c’è anche un tentativo di omogeneizzare le liturgie. La Chiesa, risottolineando il valore della mediazione della Vergine e dei Santi nei confronti di Dio (i protestanti hanno abolito le loro immagini perché non ritenuti santi), insiste su come si devono rappresentare i Santi. Viene scritto dal cardinale Paleotti il Discorso intorno alle immagini Sacre e profane, in cui dice come si devono rappresentare i Santi, gli emblemi che questi Santi devono avere (es. Santa Lucia viene rappresentata con il vassoio con gli occhi, perché nel martirio le vennero strappati, ecc). Si fanno anche delle istituzioni, come l’Accademia di San Luca del 1593 che raccoglie i pittori romani, dove questi principi vengono messi in pratica. Le loro opere vanno ad adornare le Chiese di Roma e di tutta l'Europa cattolica. Consideriamo però che ci sono anche artisti che vengono rifiutati, tra questi il più grande del ‘600, ossia Caravaggio, che privatamente aveva una grandissima clientela, ma nelle committenze pubbliche non sempre veniva accettato perché non sempre rispettava i canoni con cui dovevano essere rappresentati dei Santi, della Vergine e del Cristo. Caravaggio è un esponente del Realismo Barocco, quindi alla sua Madonna morta da come modella una donna effettivamente annegata nel Tevere. Quindi c’è l’attenzione per questa pervasività delle immagini, che devono insegnare bene e far capire bene qual è la tua fede, e che insieme a tutte le altre predisposizioni del concilio di Trento entrano nel disciplinamento delle persone. L’attenzione della Chiesa non è indirizzata solamente ai poveri, perché sa che se vuole avere un gruppo di fedeli disciplinati deve puntare alle classi dirigenti. In questa opera di istruzione delle élite si rileva l’importanza della Compagnia di Gesù, cioè dei Gesuiti. Nel corso del ‘600 c’è una complementarietà tra la richiesta di istruzione che arriva dalle classi elevate che si trovano a frequentare le corti, e il bisogno della Chiesa di istruirle dando un nuovo modello pedagogico. La Compagnia di Gesù è quella in grado di articolare il dialogo tra il mondo della chiesa e quello delle élite. Anche perché, all’interno dell’ordine stesso si mette a punto una ratio studiorum, cioè si stabilisce cosa si deve studiare per diventare gesuita. Siccome mancano luoghi dove si possano istruire le persone di alta estrazione sociale, ecco che nei collegi gesuitici vengono ammessi anche coloro che non devono diventare gesuiti. All’istruzione aggiungono il teatro, aggiungendo ad esempio il saggio di fine anno teatrale (come si fa ancora oggi nelle scuole), perché attraverso il teatro si introiettava il controllo delle passioni, del corpo, quindi tutte quelle doti che ai gesuiti servono per essere gesuita, mentre ai gentiluomini servivano per controllare le loro passioni nel contesto pubblico. Nel giro di poco tempo, i collegi gesuiti divennero molto importanti, diffondendosi sempre di più, e i gesuiti diventano uno degli ordini più importanti e potenti, le cui istituzioni passano da 56 nel 1626 a 157 nel 1710. Ai Nobili, oltre alla consueta istruzione classica, viene impartita una vasta gamma di insegnamenti: matematica, filosofia, la scherma, l’equitazione, la danza, la scienza delle fortificazioni, la geografia e le lingue moderne. Vi è anche una forte influenza nelle università: infatti spesso, i collegi gesuitici vengono riconosciuti come università dal pontefice, mentre in altri casi la Compagnia assume il controllo delle preesistenti università. LA POLITICA BAROCCA Nel corso del ‘600, la riflessione politica non insiste più sulla sovranità e l’autorità del principe, ma sulla ‘Macchina del potere’, sui segreti dello Stato (gli arcana imperii). Nasce l’esigenza di articolare un’idea politica cristiana, che tenga conto del ruolo centrale dei sovrani nel mantenimento dell’ordine sociale e religioso. In quest’ottica, una figura di spicco è l’ex gesuita Giovanni Botero che nell’opera Della ragion di Stato del 1589, afferma che la ragion di stato è la conoscenza dei mezzi atti a fondare, conservare e ampliare un dominio. Egli si sofferma sugli strumenti con cui il principe deve governare, guadagnandosi il consenso dei sudditi (ad esempio non imponendo tasse eccessive). Per Botero è fondamentale il rapporto tra il potere sovrano e la Chiesa: lui cerca di proporre un modello di governo antitetico a quello laico e cinico del modello esposto ne Il Principe di Machiavelli. Il sovrano deve essere un buon cristiano e sapere utilizzare l’appoggio della Chiesa per ottenere la stabilità del proprio potere. Però a Botero risulta difficile armonizzare il rispetto dell’etica religiosa con la necessità del sovrano di utilizzare mezzi spregiudicati nell’opera di governo e per conseguire il consenso. Un altro tema importante è la prudenza, intesa come tendenza al “timor di Dio” secondo l’ottica cristiana, o alla cautela rispetto alle passioni nocive nella prospettiva del neostoicismo, un filone di pensiero molto importante nel ‘600, riemerso dalla lettura di autori come Cornelio Tacito e Lucio Cornelio Silla. Sul piano politico, il neostoicismo contribuisce a elaborare una teoria delle passioni e degli interessi sulla cui base conservare la grandezza dello Stato. Anche in questo caso però gli autori non riescono a coniugare i principi della religione cattolica con il rigore e la crudeltà, indispensabili nell’esercizio del potere, e anche la necessità di servirsi della dissimulazione, ossia la capacità di occultare le proprie più recondite intenzioni. In italia le teorie di Copernico e Keplero vengono seguite da un giovane docente di matematica a Pisa, molto interessato alla fisica, che trova particolarmente stimolanti le sollecitazioni che gli provengono da questi scienziati. Galileo si rende conto, di fronte ad alcuni esperimenti da lui compiuti, che la fisica Aristotelica non è in grado di dare delle vere e proprie spiegazioni. La fisica Aristotelica classifica le cose qualitativamente (ma è qualcosa di soggettivo), e questo fa sì che secondo Galileo non si possa arrivare ad una descrizione scientifica e oggettiva. Per Galileo bisogna osservare quegli elementi che sono quantificabili, quindi riconducibili a dati matematici. Ecco che Galileo ipotizza che è necessaria la misurazione numerica delle caratteristiche di un corpo per poi studiarle, e quindi comincia a compiere i suoi esperimenti solo annotando i dati misurabili. Galileo inoltre costruisce tutta una serie di attrezzature che gli consentono di compiere gli esperimenti: quando si trasferisce all’università di Padova inventa la Bilancia Idrostatica (misurare la densità di un corpo). La cosa più importante che fa, è che trasforma il cannocchiale in Telescopio: mentre si trova a Padova viene a sapere dai suoi corrispondenti che in Olanda hanno inventato un tubo che contiene delle lenti concave e convesse, che viene utilizzato nella navigazione e in guerra. Galileo quindi costruisce uno strumento simile, solo che non lo punta all’orizzonte ma lo punta al cielo: questo gesto cambia la definizione del cannocchiale ad un rudimentale telescopio. Galileo guardando la volta celeste scopre che Giove ha dei Satelliti (chiamati pianeti Medicei, in onore della Famiglia dei Medici, infatti lui era Toscano), scopre le macchie solari, scopre che la superficie della Luna non è piatta ma esistono delle montagne dei mari, scopre le Fasi di Venere, scopre gli anelli di Saturno. Questo lo induce a pensare che forse la materia terrestre e la materia celeste non sono così diverse, perché se questi pianeti non sono perfetti come si pensava, probabilmente le leggi della fisica che valgono sulla terra valgono anche in cielo. E siccome le leggi della fisica in terra lui sta scoprendo che sono compendiabili in frasi matematiche, ecco che probabilmente si può ipotizzare che anche la fisica celeste possa rispondere alla stessa logica matematica. Queste scoperte fanno di lui uno scienziato stimato, e sulla base di questa stima, che riceve soprattutto da certi cardinali romani, inizia a credere che il Copernicanesimo possa entrare nella dottrina ufficiale della Chiesa, considerando però l’ostacolo della Bibbia. Quindi Galileo inizia a scrivere delle lettere, in cui spiega che Dio ha scritto due libri: uno sono le Sacre Scritture, l’altro è un libro sulla natura. Egli dice che la Bibbia ha un significato primario in ambito religioso e morale, mentre è nel gran libro della Natura che tramite la mediazione del linguaggio matematico dobbiamo leggere quanto Dio ha scritto per noi. Quindi le Scritture devono essere interpretate in senso morale, filosofico e teologico, laddove la natura può essere fonte di sapere scientifico. Nel 1616 Galileo subisce la prima ammonizione da parte dell’Inquisizione, perché egli sta prospettando una teoria che è contraria ai dettami della Chiesa, e il Cardinale Bellarmino lo invita a non diffondere le sue idee ma a tenerle per sé come tesi di lavoro. Galileo però è convinto di essere nel giusto, e quindi da alle stampe due libri: Il saggiatore dove esprime l’idea dell’esistenza del libro della natura e che sia scritto in linguaggio matematico, e il Dialogo sui massimi sistemi del mondo dove fa proprie le teorie eliocentriche, affermando che sono una verità fisica. Siccome il Dialogo è stato appoggiato dallo stesso Pontefice Urbano VIII che faceva parte degli stimatori di Galileo, viene accusato di aver messo in imbarazzo il Papa, di sostenere idee che non sono conformi alla dottrina cattolica, e quindi viene condannato all’abiura, e quindi ammettere che le idee che ha diffuso sono false. Galileo lo farà prima di essere rinchiuso nella sua Villa di Arcetri in Toscana, dove sarà confinato, e dove continuerà i suoi studi ma non potendo più riaffermare quelle che per lui erano realtà scientifiche. Cambiamenti in ambito medico Questo è quindi il cuore della rivoluzione scientifica, ma ci sono anche altri settori dove noi vediamo delle innovazioni. L’altro settore importante è l’ambito della medicina. Nel periodo umanistico, che porta alla riscoperta di testi classici, si ritrova il De anatomicis administrationibus di Galeno, un libro di anatomia che viene tradotto e divulgato grazie alla stampa; grazie a questo testo, che cercava di spiegare l’anatomia umana, il medico fiammingo Andrea Vesalio, che insegna a Padova, comincia a studiare il corpo umano, praticando la dissezione e l’osservazione dei cadaveri, ed elabora un testo che contiene le sue osservazioni di tutti gli organi umani. Quindi comincia ad avanzare sulla via dell’osservazione diretta della realtà fisica per dare soluzioni a problemi di natura medica. Sempre a Padova, il successore di Vesalio sarà Girolamo Fabrici d'AcquaPendente che segue il metodo di Vesalio, promuovendo la necessità dell’osservazione diretta dei corpi, in modo da coniugare lo studio teorico e la ricerca pratica per la soluzione delle malattie, e quindi la ricerca di cure. Ed è per questo che viene inventato il Teatro Anatomico, ossia quell’aula a forma sferica ad anfiteatro, al cui fondo c’è il tavolo anatomico che ospita i cadaveri che vengono dissezionati mentre gli allievi sono seduti e osservano. Questo è travolgente, perché fino a questo momento quella del medico era una professione che non prevedeva la palpazione dei corpi, cioè il medico non toccava il malato, perché la medicina e la chirurgia erano due cose strettamente separate (chi toccava il malato per togliergli un dente ad esempio era considerato un cavadenti, e quindi di livello molto più basso rispetto al medico). Questi due medici quindi danno alla medicina un approccio pratico che fino a quel momento questa disciplina non aveva avuto, perché si basava sull'osservazione e non sulla manipolazione. Osservando, Fabrici fa una scoperta che va nel suo libro più famoso De venarum ostiolis, ossia scopre il meccanismo del ritorno venoso del sangue attraverso le vene. Sarà un suo allievo, uno specializzando a Padova, William Harvey, che porterà a compimento le ricerche di Fabrici e che scoprirà la circolazione del sangue, cioè il movimento del muscolo che pompa il sangue nelle arterie che arriva fino ai capillari e poi ritorna al cuore, tramite la dissezione dei cadaveri e vivisezione degli animali. Harvey però nel vedere il cuore come il muscolo che muove tutto, ha ancora una volta un ispirazione platonica: il cuore è come il sole dell’universo. C’è ancora in questi scienziati un’idea che ha una eredità di tipo magico/esoterico che noi generalmente non attribuiamo allo scienziato. Cartesio Per andare avanti nel processo di spoliazione di questa tradizione, nel corso del ‘600 si elabora da parte di alcuni filosofi, in particolare Cartesio, il Meccanicismo, ossia l’idea che, poiché la fisica è fatta di elementi misurabili, e quindi possiamo tradurre l’universo in espressioni matematiche come fosse una macchina, ecco che l’universo è una macchina. Esiste la materia, ma esiste in quanto, secondo Cartesio, occupa uno spazio, e la materia si muove continuamente: Dio ha impresso il primo movimento e poi la macchina si è messa in moto, e Dio come il Grande Artefice che è, non interviene mai. Anche in questo caso siamo di fronte ad una negazione del Cattolicesimo, perché per i Cristiani Dio interviene continuamente nel mondo, mentre per Cartesio Dio ha solo dato il primo impulso per far partire il movimento di questa macchina. Sia protestanti che cattolici si rivoltarono alle idee Cartesiane. Isaac Newton Il punto di svolta avvenne con Isaac Newton, ossia con l’ideatore della Legge di Gravitazione Universale. Egli riesce a disegnare in maniera scientifica tutta una serie di avvenimenti della fisica, descrivendo le leggi matematiche. Però la fisica Newtoniana ha un problema con la figura di Dio, e lo stesso Newton si spaventerà quando egli costruirà un modello eliocentrico che però esclude la presenza di un Dio creatore. Infatti lui stesso nella sua opera più importante, Philosophia naturalis principia, smusserà questi principi per rendere le proprie teorie compatibili con il cristianesimo. Tra ‘500 e ‘600, in ambito scientifico, vediamo quindi il passaggio dalla visione aristotelico-tolemaica alla visione eliocentrica; è un passaggio lento che vede grandi protagonisti, e che avrà come martire e simbolo Galileo Galilei. Le Accademie Tutti costoro dove le facevano le ricerche? Oggi gli studiosi stanno generalmente alle università o nei centri di ricerca, perché le università sono i luoghi deputati dalla nostra tradizione ad accogliere gli studiosi e a permettere loro di avanzare nelle loro ricerche. Questo modello di università è un prodotto di un cambiamento che si ha tra fine ‘700/’800; è solo all’inizio dell’età contemporanea che le università diventano luogo di ricerca e dibattito. Nell’epoca che trattiamo l’università è la prosecuzione delle università medievali: si trasmetteva il sapere precedente. C’era la Lectio = lettura, e si leggeva aristotele. Quindi quando ci si iscriveva in filosofia e medicina (comprese nella facoltà di Artes) si leggeva e commentava Aristotele, e bisognava formulare un costrutto ideologico che fosse coerente con i saperi aristotelici. Come si parlava all’università? In latino, e anche i testi venivano letti in latino. Ecco perché c’era una grande e facile circolazione di studenti, perché si parlava latino, e in particolare le università italiane erano rinomate. Il latino tiene il sapere all’interno di una cerchia ristretta di persone che controlla la dizione latina, e questo è un sapere sempre uguale. Molte delle persone di cui abbiamo parlato tengono le loro ricerche in un luogo altro, che non è l’università, dove si limitano a ripetere le conoscenze tradizionali (Galileo a Padova spiega la teoria Aristotelico-Tolemaica, poi fuori fa altro). Cos’è questo ‘fuori’? Nel corso del ‘600 vengono inventate delle Accademie, termine dedotto dagli scritti di Platone, e sono dei circoli di persone che aderiscono. Solitamente prendono un nome e scelgono un emblema (disegno con commento, qualcosa di significativo); ma le persone stesse che entrano nelle Accademie assumono nomi fittizi perché l’Accademia è un organismo egualitario, e perché si mantenga l’uguaglianza si rinuncia al nome/titolo che si ha al di fuori dell’accademia. L’Accademia più importante dal punto di vista scientifico è l’Accademia dei Lincei, voluta dal cardinale Federico Cesi, appassionato di scienza, alla quale aderì anche Galileo. Altra Accademia, con una vita breve, è l’Accademia del Cimento in Toscana, voluta dai Medici; a Napoli è lo scienziato Tommaso Cornelio che apre l’Accademia degli Investiganti. Molto spesso queste accademie vengono chiuse per le accuse derivanti dalla Chiesa (accusati di essere atei, e promuovere dottrine e saperi contrari alla morale cattolica); inoltre, quando muore il loro promotore, se non si trova un ‘erede’ spesso sono esperienze destinate ad avere una vita breve. Comunque le Accademie servono come interscambio di saperi: nelle Accademie scientifiche si scambiano saperi scientifici, nelle Accademie Letterarie di poesia, nelle Accademie linguistiche, come l’Accademia della Crusca, di conoscenza della lingua. L’Académie royale de science e la Royal Society Diverso il panorama accademico che troviamo oltralpe, dove abbiamo due esempi: l'Académie royale de science (Francese) e la Royal Society (Inglese). In Francia l'Académie de scienze viene promossa dallo stesso Luigi XIV nel 1676: raggruppa un numero esiguo di membri che andrà a crescere, ed è il sovrano stesso che dirige l’accademia. Però, gli scienziati che vengono a farne parte vengono stipendiati, da un lato per compiere liberamente le ricerche ma anche per utilizzare le loro conoscenze per adempiere ai voleri del re (l’ingegnere esperto di acque verrà chiamato a Versailles per fare le fontane, per esempio; i matematici vengono chiamati per calcolare le probabilità nei giochi d'Azzardo, ecc). In Inghilterra, la Royal Society è un sodalizio privato che nasce nel 1660, che in poco tempo raccoglie molti soci. Non ha una sede scientifica: il sovrano, che concede la sua protezione che vengono svolte, dà una lussuosa sede per le riunioni, ma in effetti ciascun componente compie le sue ricerche privatamente. L’attività della società riguarda la discussione pubblica dei risultati delle ricerche, e per partecipare a queste conferenze ci si iscrive con una quota all’associazione. Ecco quindi che alla metà degli anni Trenta, dopo la Battaglia di Nordlingen (1635, sconfitta Svezia) gli Asburgo sembrano controllare l’Europa. A questo punto la guerra cambia di carattere: fino al 1635 è una guerra religiosa, nata per contrasti tra cattolici e protestanti, e poi proseguita da parte degli Asburgo cattolici contro altri nemici, danesi e svedesi protestanti. Ma nel 1635 entra, come grande avversaria dell’unione tra Impero e Monarchia Asburgica, la Francia, una naziona cattolica, e diventa così una guerra per il controllo d’Europa. I Francesi sapranno affrontare le forze asburgiche, dando vita ad una battaglia vittoriosa a Rocroi, che nel 1643 convincerà gli astanti a divenire ad una pace. Pace che sarà firmata da Madrid con anche le Province Unite (⇒ fine guerra tra Monarchia Asburgica e Province Unite, che saranno riconosciute ufficialmente), e dall’impero: il Trattato di Vestfalia: - la monarchia cattolica riconoscerà le Province Unite, ponendo fine alla Guerra degli Ottant’anni; - le clausole della Pace di Augusta verranno estese a tutte le fedi; La guerra però non finisce tra la Monarchia Asburgica e la Francia, che si scontreranno fino al 1659, quando, dopo la sconfitta dell’esercito spagnolo nella Battaglia delle Dune, si arriverà alla Pace dei Pirenei, che provocherà un ribaltamento delle condizioni precedenti (⇒ fino agli anni Venti del Seicento gli Asburgo dominavano, ma da metà Seicento la monarchia spagnola si ridimensionerà soorattutto a causa delle sconfitte militari favorendo la Francia, che poi troverà la massima espansione con Luigi XIV). A questo controllo del continente da parte della Francia sfuggono solo due potenze: le Province Unite e l’Inghilterra, a cui prima l’una e poi l’altra sarebbe spettato il dominio sui mari. In questo secolo di guerra, dato il suo costo, ci si poteva immaginare che in tutte le entità politiche coinvolte ci fosse stato un aumento della pressione fiscale, MA non fu così. MINISTRI FAVORITI A prima vista si potrebbe dedurre che le ribellioni degli anni Quaranta siano la conseguenza della lunga guerra. E’ certo che il conflitto costringe ovunque le finanze statali a una disperata ricerca di denaro, necessario per armare gli eserciti, e non v’è dubbio che l’urgenza finanziaria spinge le corone a usare metodi non tradizionali per l’esazione dei tributi, ricorrendo a finanzieri in grado di anticipare il denaro e eludendo le approvazioni delle assemblee rappresentative. Però non è il fiscalismo a condurre una popolazione alla ribellione. Per molto tempo l’interpretazione è stata quella appena esposta, ma dei fatti non fanno tornare il discorso: 1. L’Inghilterra fu la nazione il cui rivolgimento politico era più forte, ma non aveva partecipato alla Guerra dei Trent’Anni; 2. Lo stato con la più alta pressione fiscale, la Castiglia, non vivrà alcun sommovimento; 3. Non tutti i conflitti riguardano temi relativi alla divisione confessionale o alla libertà di culto: non è per tali questioni ad esempio che la gente si rivolta a Napoli, in Catalogna o in Francia. Tutti i conflitti dell’epoca sono accomunati dalla condanna dei metodi assolutistici o dispotici di governo. In tutte le principali monarchie vi è l’apparizione di favoriti onnipotenti cui sono affidate le redini del governo. La figura del favorito, un amico del sovrano che riceve, in cambio dei suoi consigli, ma anche solo della sua compagnia, speciali onori, è sporadicamente esistita sin dal Medioevo. Nel Cinquecento, la presenza di favoriti si fa costante nelle grandi monarchie ma i sovrani di quel periodo si astenevano nell'attribuire a un singolo individuo troppo potere. Questa prassi viene per la prima volta modificata con il successore di Filippo II, Filippo III, che concede al suo favorito, Francisco Gomez de Sandoval, duca di Lerma, un enorme potere, consentendogli in pratica di governare al proprio posto. All’inizio la grande aristocrazia castigliana è ben contenta di ciò, perchè nell’ultimo periodo del regno di Filippo II erano stati i segretari a fare la voce grossa a corte, quindi i nobili pensavano che sarebbero tornati ad avere un ruolo rilevante a corte. Ma il Duca di Lerma gode talmente tanto della fiducia del sovrano (⇒ che gli delega le sue funzioni di dispensatore di grazia e giustizia) da non aver nessun rivale a corte. Quando Lerma prende il potere si delinea un sistema di monofazione, quindi l’unico modo per entrare nella cerchia cortigiana di Madrid era necessario essere amico o cliente di Lerma; ciò provocò lo scoraggiamento dell’aristocrazia (⇒ i nobili avrebbero dovuto inginocchiarsi ad uno che non proveniva neanche dall’alta nobiltà per ottenere un incarico a corte). Lerma, essendo avido di denaro e di riconoscimenti e non amando che il denaro esca dalla corte per finanziare le imprese militari, convince il re a firmare la Tregua dei dodici anni (1609-1621) con le Province Unite, e inventa la figura del valido che prende le decisioni che prende le decisioni al posto del re ed in qualche modo lo innalza (⇒ lo slega dalle contingenze quotidiane del regno). C’è però un problema, infatti quando Lerma sale al potere, tutto il meccanismo dei Consigli della Monarchia Spagnola non presenta figure da lui controllabili. Il Duca di Lerma, decide così di saltare i Consigli: quando si palesa una questione che normalmente dovrebbe essere discussa dai Consigli, il Duca di Lerma la sottopone ad un organismo ad hoc da lui fondato: la Giunta (⇒ Lerma crea le giunte), un’istituzione che presenta suoi fedeli. Lerma prende possesso quindi della macchina burocratica statale aggirandola, lasciando però le istituzioni già pre-esistenti. Questo sistema del favorito (⇒ VALIDO) verrà visto e ripreso in Inghilterra con Giacomo I (1603-1625), figlio di Maria Stuarda e successore di Elisabetta I, nominerà suo favorito il Duca di Buckingham, che avrà quindi dal sovrano lo stesso tipo di poteri e di possibilità di manipolazione della corte inglese. Anche in Francia si verificheranno episodi di questo tipo, infatti Enrico IV di Borbone, ucciso da un fanatico cattolico, aveva lasciato sua moglie Maria de’ Medici e un erede bambino, il futuro Luigi XIII. Maria de’ Medici, si farà affiancare in prima battuta al governo da un suo consigliere, l’italiano Concino Concini. IL GOVERNO STRAORDINARIO E DI GUERRA Alla morte di Filippo III, nel 1605, sale al potere Filippo IV. Filippo IV era molto critico verso il padre perché durante il suo regno il livello di corruzione di Lerma era arrivato alle stelle, infatti i fedeli di Lerma verranno processati mentre lui si salverà, perché si sarebbe fatto cardinale. Comunque, il sistema di governo tramite il Primo Ministro rimane, e Filippo IV si farà affiancare da un personaggio diverso dal Duca di Lerma, ossia Gaspar de Guzman, il Conte di Olivares, che otterrà dal re anche il titolo di Duca di Sanlucar, e che è passato alla storia come Conte-Duca. Il Conte-Duca, al contrario di Lerma che aveva convinto Filippo III a firmare la tregua dei 12 anni con le Province Unite, è un personaggio che crede nella grandezza della Monarchia Asburgica, della Spagna, e vuole dimostrare questa grandezza con le armi. Ed ecco che, quando scade la tregua nel 1621 non rinnova la tregua ma ricomincia la guerra. Inoltre, la Monarchia grazia al conte-duca si schiera al fianco dei cugini viennesi per sostenerli nella Guerra dei Trent’anni. A sostegno di questa azione bellica che Olivares vuole fare, nel 1624 progetta una Union de Armas. Sino a quel momento, la più grande contributrice per le guerre che facevano gli Asburgo di Madrid era la castiglia, ma Olivares vorrebbe che tutte le realtà della monarchia contribuissero, e che si realizzasse una vera e propria unione delle armi in modo che si redistribuisca il peso finanziario. Il progetto però fallisce, ma fallisce perché le grandi famiglie dell’aristocrazia Castigliana, che ancora una volta hanno visto un nobile di rango minore arrivare a governare al di sopra del re, fanno resistenza, anche perché pensano che la divisione degli oneri porti anche alla divisione degli onori (loro vogliono che la Castiglia sia tassata, ma lo vogliono per avere i posti più importanti negli eserciti e nelle flotte). A suscitare ancora più fastidio nei confronti del conte-duca, è anche il fatto che egli ricorre a mezzi straordinari di tassazione (avere soldi da usare per gli eserciti); inoltre, siccome nei consejos potrebbe incontrare nodi di resistenza che possono rallentare l’incisività delle sue decisioni, ecco che destituisce i consigli e governa con delle giunte fatte da persone di sua fiducia che prende le decisioni che dovrebbero fare i consigli. La macchina dello stato quindi entra completamente nelle mani del conte-duca, decide tutto il valido. Questo avviene anche in Inghilterra con Buckingam, e in Francia, dove, quando viene eliminato Concino Concini, quando Luigi XIII diventa maggiorenne, esautorando la madre, verrà affiancato da Armand Jean du Plessis, duca di Richelieu a Parigi, che dal 1622 sarà anche cardinale. Il Re quindi non fa praticamente nulla, ma tenta di fare innalzare ancora di più la sua figura, quasi sacralizzandola ulteriormente. A questi sovrani conviene far cadere la responsabilità di quest’azione fiscale sui loro ministri, non su loro stessi; per cui, in molte realtà quando ci si ribellerà a queste realtà si dirà ‘viva il re, e muoia il cattivo ministro!’. TEMPI DI RIVOLTA Si comincia ad elaborare l’idea che un potere così esercitato sia illegittimo, perché non è legittimo che chi esercita cariche nelle periferie anche più lontane risponda al ministro-favorito e non al sovrano. Gli aristocratici della monarchia asburgica si irriteranno talmente tanto contro Olivares che nel 1640 scoppieranno due rivoluzioni: una nel principato di Catalogna, l’altra in Portogallo. I Catalani cercheranno protezione nel re di Francia, e solo con una guerra che finirà nel 1652 Barcellona sarà riconquistata. In Portogallo la situazione era aggravata dal fatto che l’unione di Madrid con Lisbona, aveva fatto in modo che anche l’impero Portoghese fosse vittima dei nemici degli spagnoli, e quindi le colonie vengono attaccate dagli olandesi, e non vengono difesi questi possedimenti coloniali: ecco che nel 1640 i portoghesi si ribellano all'autorità di Madrid, trovano un altro re nel duca Giovanni di Braganza, che diventerà Giovanni IV, e hanno anche un forte sostegno di popolo. Quindi Madrid, impegnata nel territorio tedesco, nella guerra contro le province unite e in Catalogna, non riuscirà ad aprire un altro fronte di guerra, e quindi il Portogallo nel 1640 riacquista l’indipendenza. Questo convincerà Filippo IV, dopo anni di strapotere del conte-duca, ad allontanare Olivares, ma le conseguenze della politica guerrafondaia di Olivares continueranno, quindi ci saranno ancora rivolte sia in Sicilia che a Napoli. In Sicilia la rivolta sarà subito tamponata, e durerà pochissimo, a Napoli non sarà così. A Napoli c’erano ancora famiglie che non avevano accettato la conquista aragonese e quindi l’immissione di Napoli nella Monarchia Asburgica, e quindi era ancora filo angioina. Quindi, il duca d’Arcos, che è il viceré, tenta di mettere il popolo contro la nobiltà, ma il tentativo di farsi forza con la plebe napoletana fallisce. Infatti emerge dalla plebe un capo-popolo, Masaniello (pescivendolo, analfabeta, con un forte carisma politico), che aizza le folle contro la presenza Castigliana, e ancora una volta bisognerà ricorrere alla forza: la flotta spagnola bombarderà la città, e questo causerà ancora più problemi perché la monarchia asburgica dovrà riacquistare il consenso di Napoli. Nel frattempo Masaniello muore, ma la tensione durerà ancora per molto, anche quando la città sarà ripresa. In Francia vedremo due ribellioni, la fronda parlamentare e la fronda dei principi. Quando muore Luigi XIII la vedova, la regina Anna d’Austria, morto anche Richelieu, si affianca del Cardinale Giulio Mazzarino, che utilizza gli stessi metodi di Richelieu, quindi utilizza forme di prelievo fiscale molto forte, di controllo poliziesco, ecc. In Francia si sviluppa una forte corrente di pensiero di fastidio nei confronti di questi due consiglieri politici che vengono rappresentati come usurpatori del legittimo potere regio. Il primo a ribellarsi contro Mazzarino è il Parlamento di Parigi (il Parlement a Parigi non è un'assemblea parlamentare, ma è un'alta corte di giustizia, una di quelle corti formate dalla Noblesse de Robe, che vede nello strapotere di Mazzarino un restringimento delle proprie prerogative). I rivoltosi vengono definiti frondeurs, come se fossero Davide e Golia, ed è per questo che questa è rivolta è passata alla storia con il nome di fronda. Questa rivolta del Parlamento, che riesce ad aizzare anche i cittadini di Parigi, causa la fuga di Mazzarino con un re ancora bambino, e la decisione da parte di Mazzarino di rivolgere un esercito contro i rivoltosi; politica europea, facilitato in questo periodo di relativa tregua instauratosi ai primi del Seicento. Inoltre, siamo nel momento in cui la monarchia asburgica è particolarmente importante, e Giacomo ha un figlio, Carlo I, che spera di far sposare con una principessa spagnola, Cattolica. La posizione del sovrano risulta a costoro particolarmente incomprensibile nel quadro degli avvenimenti che in Boemia scatenano, nel 1618, la Guerra dei Trent’Anni. Il fatto che nel cuore dell’Europa si accenda un aspro conflitto religioso e politico che vede schierati da una parte l’elettore di fede calvinista Federico V del Palatinato nonchè genero di Giacomo I (aveva sposato la figlia di Federico V del Palatinato, Elisabetta) sostenuto dai sudditi boemi, e, dall’altra l’imperatore Ferdinando II e la Lega cattolica, la successiva sconfitta delle forze protestanti nella Battaglia della Montagna Bianca e la dura repressione in Boemia sono tutti elementi che suscitano un forte eco in Inghilterra, proprio mentre scade la tregua dei dodici anni e riprende la guerra tra la corona spagnola e le Province Unite. La prospettiva di un matrimonio con una principessa spagnola per il figlio di Giacomo, Carlo, frena tuttavia le mosse del sovrano in un momento in cui nel paese riprende vigore la campagna anticattolica, promossa da gruppi calvinisti che si definiscono godly o puritani. Questa perplessità degli inglesi che trovavano nel Parlamento la loro massima espressione, si fa grande in quanto sono conosciuti i contatti diplomatici che Giacomo fa per far sposare al figlio una principessa spagnola. Infatti manda in Spagna George Villiers, futuro duca di Buckingham, per negoziare il matrimonio, e proprio osservando il modello castigliano del valido lo replicherà in Inghilterra. Il matrimonio con la principessa spagnola non avvenne, ma Carlo I sposò un'altra principessa cattolica: Enrichetta Maria, sorella del Re di Francia Enrico IV di Borbone, che arriva in Inghilterra e a lei e al suo entourage viene concesso di professare liberamente il culto cattolico a Londra. Quindi nei gruppi londinesi si comincia a temere per l’educazione di un futuro erede, perché laddove la chiesa è anglicana e iniziano a formare dei gruppi di puritani, l’idea che il futuro re d’inghilterra possa essere educato da una madre cattolica non è visto di buon occhio. UNA STELLA FISSA: BUCKINGHAM Ad aggravare questa situazione c’è anche il fatto che Giacomo I accetta di sostituire al proprio modello di governo quello dato dal Duca di Lerma, facendo nominare George Villiers Duca di Buckingham. Lui riceve un posto d’onore accanto al sovrano, e come uso per i ministri favoriti è in grado di amministrare la grazia sovrana. Se non che in Inghilterra non c’è solo la Corte come luogo di politica, ma anche il Parlamento. Quindi i parlamentari cominciano a guardare di cattivo occhio Buckingham, perché il sistema di governo che loro vorrebbero non è conciliabile con la possibilità data ad una persone di distribuire il favore regio. Questa frizione tra parlamento e favorito diventa maggiore quando nel 1625 muore Giacomo I e sale al trono Carlo I, anche perché il panorama della guerra dei Trent’anni comincia a preoccupare: i danesi sono sconfitti, e non vengono aiutati. Quindi si dubita delle qualità di questo re, perché non si schiera fortemente con le forze che combattono il potere cattolico. Nel 1626 Carlo, che aveva convocato il Parlamento per chiedere denaro, è costretto a scioglierlo, perché cominciano le grandi critiche verso Buckingham, e non tollera che il suo ministro favorito sia accusato e che si cerchi di processarlo. Ed ecco che Carlo deve aggirare il suo bisogno di denaro ricorrendo ad un prestito forzoso, quindi i cittadini più facoltosi sono obbligati a dargli denaro. Ma questo non basta, e nel 1628 si vede costretto a convocare il Parlamento, e quando va alla Camera dei comuni questa gli presenta la Petition of Rights (petizione dei diritti), ossia un testo in cui si ricorda il ruolo del Parlamento nel corso della storia Inglese, in cui si impedisce al re di fare prestiti forzosi, e poiché Buckingham tendeva a reprimere in maniera violenta il dissenso, si chiede di eliminare queste forme. La situazione si complica quando Buckingham viene assassinato, perché da un lato si pensa che questo modello di governo, dove il re vuole accentrare grazie al suo favorito, possa venir meno e quindi tornare alle tradizioni governativo di un tempo. Ma quello che fa il re è esattamente il contrario: decide di governare da solo senza ministro, e di non convocare alcun parlamento (e così farà nei suoi 11 anni di governo). LA MONARCHIA PERSONALE DI CARLO I Durante gli undici anni di governo diretto di Carlo I, il sovrano, risoluto a non convocare il Parlamento, è costretto ad affidarsi a gruppi di mercanti-banchieri che gli assicurano anticipi e prestiti in cambio della concessione di privilegi e di monopoli commerciali e a reperire le forze necessarie anche attraverso l’imposizione, talvolta giuridicamente forzata, di dazi e di altre imposte (es. la Ship Money, una tassa che si esigeva dagli abitanti dell’Inghilterra a seguito dell’attacco all’Isola, ma non c’era nessun attacco). Gli storici dicono che in questi 11 anni quello che avviene in Inghilterra è la separazione tra la corte e il paese, e questa divaricazione è particolarmente evidente anche sul piano dell’orientamento religioso. Infatti Carlo, che ha una moglie cattolica, comincia a inserire nella Chiesa Anglicana elementi dell Arminianesimo, cioè di quel pensiero sviluppato nelle Province Unite dal Vescovo Arminio, e che avvicina la religione protestante a quella cattolica; non solo, Carlo I mette a capo della Chiesa d’Inghilterra, nominandolo arcivescovo di Canterbury, un prelato Arminiano (quindi propenso al cattolicesimo), ossia l’arcivescovo Laud. Sotto la sua guida la Chiesa d’Inghilterra interrompe quel processo che, da Elisabetta in poi, l’ha vista evolvere in senso protestante. I comportamenti eterodossi sono repressi e si tende a imporre l’uniformità di culto. Lo scenario è ancora quello della Guerra dei Trent’Anni, nella fase Svedese, quindi un’altra potenza protestante che non verrà aiutata dall’Inghilterra; anzi, sembra semmai avere un atteggiamento filo asburgico. Carlo inoltre non si limita a imporre una maggiore uniformità all’anglicanesimo, ma è intervenuto anche sulle Chiese d’Irlanda e Scozia mandando il Conte di Strafford che deve rimodellare la Chiesa scozzese e irlandese secondo principi Anglicani, e quindi gerarchici. Questa intromissione in persone che articolavano in maniera molto sentita il culto, fa ribellare gli scozzesi, che arrivano ad impugnare le armi con gli inglesi. Ecco che Carlo I, senza convocare il Parlamento, manda un esercito contro gli scozzesi, che però perde a Newburn. Quindi dopo questa sconfitta, Carlo I nel 1640 è costretto a convocare il Parlamento. UNA GUERRA CIVILE All’apertura del Parlamento, i deputati prima di dare i soldi al re gli impongono di ascoltare le loro lamentele, e il leader John Pym è estremamente esplicito a mantenere le sue ragioni. Quindi il Parlamento non concederà un soldo senza prima esporre tutte le lamentele su come Carlo I ha governato negli ultimi undici anni. In questo clima Carlo arresta i leader del Parlamento e lo scioglie; questo avvenimento alla storia come lo Short Parliament. Però il problema per cui era stato convocato rimane, perché lui deve armare un esercito da mandare in Scozia. Quindi Carlo convocherà un altro parlamento, che invece passerà alla storia con il nome di Long Parliament, perché ci saranno grandissimi scontri con il sovrano ma non verrà sciolto, e rimarrà in vigore per tutto il lungo tempo della rivoluzione. Il Long Parliament imporrà al sovrano, nel 1641, l’obbligo di convocare il Parlamento ogni tre anni, e chiede l’impeachment ossia la messa in stato d’accusa del conte di Strafford e dell’arcivescovo Laud anche se il primo per mancanza di prove rischiava di naufragare. Il Parlamento allora emette un decreto di colpevolezza per tradimento, il quale consentiva la condanna di Stafford anche senza processo, purchè con l'approvazione del sovrano. Carlo, di fronte ad un’opinione pubblica favorevole alle richieste del Parlamento, cederà firmando la colpevolezza del suo ministro. Quindi Carlo è costretto nel 1641 ad accettare l’idea che la sua politica di attuare una uniformità religiosa con la forza non è possibile. A questo si accompagna l’abolizione delle tasse che aveva introdotto, l’eliminazione di una serie di misure contro i dissidenti politici, ecc. Si apre un momento di discussione del Parlamento: metà del Parlamento vorrebbe un ritorno alla normalità dei ruoli, per cui il Parlamento dovrebbe lasciare il governo nelle mani del re e dei suoi consiglieri e limitarsi a svolgere tradizionali funzioni, mentre l’altra metà sostiene il mantenimento di una condizione di tutela da parte del Parlamento nei confronti del sovrano. Nel mentre, nel 1641 scoppia una rivolta cattolica in Irlanda. Ancora una volta si vede il Parlamento che deve votare un donativo per dare al sovrano ai soldi per organizzare l’esercito in modo da reprimere la rivolta. Se non che, durante questo atto, John Pym presenta la Grande rimostranza, ossia un documento in cui si ribadiscono le lamentele sulle azioni di Carlo I. Questa presa di posizione del Parlamento, che invita al re, se vuole il donativo, a comportarsi diversamente, viene combattuta da Carlo con un’azione mai vista: a capo di 400 armati il sovrano stesso arriva in Parlamento deciso ad arrestare cinque leader dell’opposizione parlamentare, tra cui John Pym. Questi ultimi, avvertiti, riescono però a fuggire in tempo. A questo punto l’agitazione popolare e le continue manifestazioni di protesta e di sostegno al Parlamento rendono rischiosa la permanenza a Londra del sovrano, che si ritira a York con i suoi fedeli. Nel 1642 Carlo I inizia ad arruolare delle truppe per combattere quelli che lui definisce come ‘ribelli’. Il Parlamento organizza delle truppe per rispondere all’attacco. Il paese si spacca così in due da un punto di vista geografico e sociale: in generale le regioni del Nord e Sud-Ovest del paese, i lord e la gentry si schierano con il sovrano, mentre l’area di Londra, l’Est e il Sud-Est, le corporazioni artigianali e i ceti professionali si allineano con il Parlamento. Il Parlamento inoltre stringe un’alleanza con gli scozzesi per combattere il sovrano, e così cominciano gli scontri. Inizialmente sono le truppe regie ad avere la vittoria, ma non in maniera definitiva. Il Parlamento infatti capisce che non può comandare un esercito, ma è necessario un comando militare che prenda il comando dell’esercito, che deve essere istruito in una certa maniera. LA SCONFITTA DI CARLO I E LA PROCLAMAZIONE DEL COMMONWEALTH Ad organizzare l’esercito del Parlamento vengono chiamati Thomas Fairfax e Oliver Cromwell, i quali mettono a punto il New Model Army (‘Esercito di nuovo modello’). Viene chiamato così perché è fatto di volontari che si arruolano perché credono nelle battaglie che devono affrontare, quindi sono protestanti che combattono il re perché credono che si sia comportato da despota, e vedono nel loro combattimento l’adempimento di una missione voluta da Dio. Inoltre questo esercito è molto egualitario, infatti i posti di comando vengono guadagnati dalle persone che mettono in evidenza le loro qualità (non perché è nobile, ecc). Così, l’esercito parlamentare sconfigge l’esercito regio a Naseby nel 1647, ed è una sconfitta definitiva. Con l’avvento del New Model Army ci furono vari cambiamenti a livello politico-sociale, proprio perché venne meno ogni forma di censura e tra soldati e artigiani si discuteva liberamente della forma del governo politico, della natura dei rapporti tra la Chiesa e lo Stato, delle radici e della legittimità dell’autorità. Sulla sorte della Chiesa anglicana una prima posizione vede la proposta di una purificazione degli elementi cattolici, difendendo la struttura ecclesiastica, compreso il tradizionale ordinamento gerarchico. La seconda posizione propose un’omologazione della Chiesa inglese al modello scozzese. La terza sostenne la necessità di lasciare spazio alle libere assemblee dei fedeli nel quadro di una Chiesa nazionale. Poi vi è la posizione dei separatisti, i quali rivendicano la libertà di culto, si dichiarano autonomi dalla Chiesa ufficiale. Ma queste divaricazioni si aggravarono poiché iniziarono a emergere gruppi con idee anticonformiste, capaci di mettere «il mondo alla rovescia» come vuole il titolo di un libro famoso dello storico inglese Christopher Hill. all’istituzione di fondi speciali (i monti dotali) per fornire doti adeguate alle fanciulle nobili in vita del matrimonio. Inoltre la preponderanza assunta dalla cerealicoltura rispetto a tutte le altre coltivazioni aumenta i rischi che uno scarso raccolto si trasformi in carestia, mentre la diversificazione delle colture potrebbe rappresentare l’unica forma di assicurazione contro i danni derivanti dal clima. Un’altra conseguenza negativa della cerealizzazione dell’agricoltura del XVI secolo è la diminuzione dell’allevamento che comporta la decisa riduzione del concime disponibile per i campi. Ne consegue l’aumento del rischio che i terreni si impoveriscano ulteriormente nonostante le rotazioni triennali. Il raffreddamento del clima contribuisce a rendere più frequenti le cattive annate agricole. La combinazione fra l’assenza di investimenti e il peggioramento delle condizioni climatiche spiega il fatto che le rese agricole restano stazionarie o diminuiscono fra la prima metà del Cinquecento e lo stesso periodo del Settecento. LA NASCITA DI UNA NUOVA GERARCHIA NELLA PRODUZIONE MANIFATTURIERA Nel corso del Seicento si assiste ad un importante mutamento negli equilibri economici europei. Nonostante quel che spesso si crede, non ha luogo alcuna crisi generale, quanto una fase di acute difficoltà, con momenti di vera e propria crisi in alcune aree. Ciò riguarda la produzione manifatturiera e i commerci così come il settore agricolo. La diminuzione della domanda e della quota di reddito che la gran parte degli abitanti del continente possono indirizzare all’acquisto di manufatti mette in serie difficoltà tutte le realtà industriali del tempo. Realtà assai dinamiche nel Cinquecento subiscono un vero e proprio tracollo: è il caso delle manifatture tessili della Castiglia e della Catalogna. L’importante centro manifatturiero di Segovia, in difficoltà sin dall’ultimo decennio del XVI secolo, decade completamente in quello successivo a causa della concorrenza dei panni inglesi, francesi e italiani. In Francia entrano in crisi le industrie laniere di Lione e Lilla, mentre quelle di Beauvais e Amiens declinano fin quasi a scomparire dopo il 1630. Nei Paesi Bassi meridionali si registra un declino demografico e produttivo delle città manifatturiere sebbene centri come Gand e Bruges si specializzano nella fabbricazione di tessuti di buona qualità e nelle campagne circostanti si sviluppi la produzione di lino. Ad avvantaggiarsi di tale crisi sono l’Inghilterra e le Province Unite grazie alla fuga verso di esse di capitali, imprenditori e manodopera specializzata. In queste aree si sviluppa la produzione delle cosiddette new draperies, vale a dire di panni di lana più leggeri ed economici di quelli fabbricati tradizionalmente nei Paesi Bassi e nella Penisola Italiana. I piccoli centri olandesi di Leida e Hondschoote conoscono un vero e proprio boom produttivo. L’Inghilterra vede crescere ulteriormente le proprie esportazioni di manufatti di lana. Proprio i panni di lana inglesi e olandesi, leggeri e di basso prezzo, conquistano progressivamente nel corso del Seicento i mercati mediterranei, sbocco tradizionale della produzione di alta qualità delle città dell’Italia centro settentrionale. Qui la produzione di panni di lana subisce un vero e proprio tracollo. Anche le manifatture seriche entrano in grave crisi ovunque. Le ragioni della crisi del settore laniero e del ridimensionamento delle altre produzioni tessili nelle città dell’Italia centro settentrionale sono diverse. A livello europeo la diminuzione della quota di reddito che le famiglie abbienti possono destinare all’acquisto di panni di alta qualità di fabbricazione italiana determina una contrattazione della loro domanda. Inoltre il crescente impoverimento di ampi strati urbani della popolazione contribuisce gradualmente a indirizzare la domanda di tessuti verso panni di bassa qualità e prezzo contenuto. Solo quei produttori che sono in condizione di modificare il tipo di offerta riescono a vendere le loro merci. In inghilterra e Olanda i mercanti-imprenditori mirano a contenere i costi produttivi, in primo luogo della manodopera, a scapito della qualità del prodotto, che, però, si presenta più colorato e attraente ai potenziali acquirenti. La diffusione della fabbricazione di panni di lana nelle campagne inglesi permette ai mercanti-imprenditori di risparmiare il 20-30% rispetto ai salari degli operai urbani e di raggiungere mercati sempre più lontani con le new draperies. L’economicità di queste ultime rappresenta un elemento essenziale nel decretarne il successo. Le manifatture delle città italiane faticano invece ad adattarsi ai cambiamenti dato che hanno puntato alla fabbricazione di tessuti di alta qualità e di elevato valore unitario. Esse non sono in grado di contrastare la concorrenza inglese e olandese prima nei mercati mediterranei ed europei e poi della stessa penisola italiana. Ora però i mutamenti del mercato, l’aumento del prezzo della lana greggia e gli elevati salari pagati alla manodopera specializzata rendono le merci italiane sempre meno competitive. VERSO NUOVI EQUILIBRI NEGLI SCAMBI COMMERCIALI Lo sviluppo delle manifatture inglesi e olandesi e la crisi di quelle fiamminghe e italiane comportano un processo di cambiamento nelle gerarchie economiche internazionali. Non si tratta nel caso delle città dell’Italia centro settentrionale di un tracollo improvviso, bensì della progressiva perdita di un primato produttivo e commerciale che esse hanno esercitato sin dal medioevo. Un primo elemento da tenere presente è il quadro demografico. Nelle regioni dell’Europa nord occidentale, pur colpite da carestie ed epidemie, non solo cresce la popolazione, ma anche il tasso di urbanizzazione. Il calo della popolazione che si registra nelle città dell’area mediterranea comporta una contrazione della domanda urbana di derrate agricole nonché una riduzione del volume degli scambi commerciali, essendo gli abitanti delle città tradizionalmente orientati all’acquisto dei generi alimentari e dei manufatti sul mercato. A uscire gravemente penalizzate sono le grandi città commerciali italiane. La concorrenza dei manufatti inglesi e olandesi risulta tanto più vincente in quanto il trasporto di tali merci avviene con naviglio proprio che elimina completamente la costosa intermediazione delle navi genovesi e veneziane. Venezia perde la sua centralità nel traffico delle spezie con il Levante: i mercanti olandesi e inglesi, ai primi del XVII secolo, cominciano a percorrere le rotte di circumnavigazione dell’Africa per raggiungere l’India e l’estremo oriente. Violando quello che i portoghesi hanno considerato per tutto il Cinquecento un loro monopolio, essi sono così in grado di importare ad Amsterdam e Londra spezie a prezzi assai competitivi. Il colpo di grazia a Venezia giunge allorché la Guerra dei Trent’Anni blocca il flusso di merci e argento tedeschi verso di essa. Il volume delle merci sbarcate nel porto di Venezia resta stabile durante il Seicento. Diminuisce invece il loro valore e le merci importate diventano assai di più di quelle esportate. La città cessa di essere il grande centro propulsivo dei traffici e uno dei maggiori snodi internazionali di intermediazione commerciale per trasformarsi in un semplice scalo. Anche Genova subisce gli effetti della stagnazione dei commerci mediterranei. L’unico centro urbano italiano che conosce una notevole crescita negli ultimi decenni del Cinquecento e nel corso del Seicento è il porto toscano di Livorno che, grazie agli sgravi fiscali concessi dalle autorità, diventa la sede principale delle attività commerciali olandesi, inglesi e francesi nel Mediterraneo. Il ruolo dei gruppi mercantili italiani si indebolisce di fronte alla concorrenza di olandesi, inglesi e francesi. Le maggiori città della Penisola, un tempo esportatrici di manufatti, specialmente tessili, sono così diventate importatrici di prodotti delle manifatture di Olanda e Inghilterra. Le esportazioni sono ormai rappresentate per lo più da derrate agricole (vino, olio, uva passa) e materie prime, come ad esempio la seta greggia. Proprio quest’ultima comincia a configurarsi come la maggiore voce delle esportazioni della penisola italiana. Tra la fine del Cinquecento e i primi del Seicento mentre nelle città dell’area centro settentrionale le manifatture seriche declinano, nelle campagne si va progressivamente diffondendo la coltivazione del gelso, ossia dell’albero le cui foglie costituiscono l’alimento indispensabile per il baco da seta. Ciò è reso possibile dal fatto che nella penisola le condizioni climatiche sono particolarmente propizie e che i gelsi vengono piantati ai bordi dei campi, senza sottrarre terra ad altre coltivazioni, mentre le molte cure di cui essi hanno bisogno sono garantite dalle famiglie contadine nei mesi invernali e primaverili, durante i quali scarso è l’impegno del lavoro nei campi. Molte famiglie contadine sono in grado di integrare le magre entrate sfruttando pienamente la propria forza lavoro nei periodi di inattività e di scarsi redditi. In seguito, la produzione di seta greggia e, di semilavorati destinati all’esportazione, avviene prevalentemente nelle aree rurali. Tipico è il caso dei contadi intorno alle città lombarde dove vengono impiantati mulini per la fabbricazione di seta greggia. La materia prima proviene dalle stesse zone rurali e la lavorazione può contare su una manodopera a basso costo formata dalle famiglie dei contadini. CAP 16: IL MODELLO DI SOCIETÀ INGLESE E OLANDESE A partire dalla Tregua dei dodici anni la crescita economica delle Province Unite è un fatto evidente. A metà del XVII secolo la repubblica è la maggiore potenza marittima e commerciale. Il successo economico delle Province Unite è dato in primo luogo dalla posizione geografica: infatti comprende i delta di tre fiumi importanti dell’Europa nord-occidentale, Schelda, Mosa e Reno, che rappresentavano arterie di comunicazione e di traffici di una certa rilevanza. L’importanza del mare nella vita delle popolazioni olandesi si riflette nel grande sviluppo della cantieristica navale, tant’è che la costruzione del primato delle Province Unite è legato proprio alla sua flotta. Si mise quindi a punto un tipo di nave chiamata fluyt, Flauto, e prese questo nome proprio perché assomigliava allo strumento musicale: è stretta, lunga e con la pancia piatta, però in grado di navigare sul mare e sui fiumi. Le aree principali verso cui si dirigono i traffici commerciali olandesi sono il Mare del Nord e il Baltico. Nel secondo caso si tratta di una vera e propria egemonia: verso quest’area la flotta mercantile olandese esporta pesce, vini, sale e prodotti coloniali provenienti dalla Penisola Iberica; dai porti baltici essa importa invece legname e soprattutto grano, a loro volta riesportati con cospicui guadagni verso l’Europa occidentale e meridionale. E’ questa l’essenza dell’intermediazione commerciale che fa la fortuna dei mercanti olandesi: non si tratta solo di esportare i manufatti e i prodotti locali ma soprattutto di riesportare, dopo un’abile opera di riconfezionamento, quanto importato. I campi olandesi sono strappati faticosamente al mare, c'è tutto un sistema di drenaggio e di dighe che quando si alza il mare li protegge, quindi sono dei campi preziosissimi. Il grano non è redditizio, preferiscono comprarlo in altri posti a basso prezzo piuttosto che prendersi la fatica di coltivarlo. Coltivano prodotti ad alto valore aggiunto, cioè ortaggi e fiori. In più uniscono (⇒ cosa che non si fa dalle altre parti) l'agricoltura all'allevamento facendo piante foraggere che si danno da mangiare agli animali, gli animali poi concimano e rendono ancora più ricco il terreno. Fanno poi piante industriali come la canapa, il lino, il girasole per gli oli, cioè tutte materie che poi danno vita a forme di riutilizzo industriale manifatturiero. Poi c'è l'attività di pesca: gli olandesi vanno a pescare. Pescano vicino alla Groenlandia pesce azzurro. Il sistema finanziario e creditizio costituisce un altro punto di forza del primato economico delle Province Unite. Non a caso, nella capitale olandese, sorge nel 1609 la Banca dei cambi che riceve depositi in moneta ed emette, in cambio banconote del valore superiore. Qui inoltre viene inaugurato nel 1611 il nuovo edificio della Borsa in cui sono quotate merci di ogni genere. Anche in ambito manifatturiero si verificano progressi significativi: Leida, un piccolo borgo alla fine del Cinquecento, un secolo dopo è un’importante città industriale grazie allo sviluppo della produzione di tessuti di lana. Ad Amsterdam e Utrecht invece prosperano le manifatture seriche grazie alla materia prima importata dalla penisola italiana. Grazie alla favorevole congiuntura e alle possibilità offerte dallo sviluppo commerciale si conosce un notevole incremento demografico. L’aumento della popolazione è anche il frutto di un notevole flusso d’immigrati: l’immigrazione di protestanti dai territori rimasti sotto il controllo spagnolo, ai quali si aggiungono puritani inglesi e ugonotti francesi in fuga dai rispettivi paesi. Si tratta di un apporto importante non solo di manodopera qualificata, ma anche di conoscenze tecniche, imprenditoriali, finanziarie e mercantili. GENTILUOMINI, MERCANTI E SCIENZIATI La società inglese presenta una struttura assai articolata. Al vertice vi è la nobiltà, distinta in titolati, cavalieri, scudieri e semplici gentiluomini. A prescindere delle differenze, tutti questi gentlemen condividono la gentility, ossia quella ricchezza che consente di dedicare il tempo allo svago e al servizio della comunità. Nelle campagne, al di sotto della nobiltà vi sono i proprietari non nobili chiamati yeomen e i piccoli proprietari, che detengono terra con titolo di proprietà o di affitto. Più in basso ancora nella scala sociale si trovano i lavoratori agricoli e i servi. Esistono forti comunità mercantili e di uomini delle professioni, capaci spesso di divenire gentlemen. La cosa che differenzia questa nobiltà inglese da quella francese è che può lavorare. In Francia, sin dall’antico regime, esiste una regola “Noblesse Oblige”, nel senso che la nobiltà obbliga a vivere nobilmente, e questo esclude le fatiche del lavoro. In Inghilterra questa regola non c’è, quindi vediamo un’aristocrazia estremamente più attiva, meno parassitaria; e quel ceto medio che arricchendosi arriva alla nobiltà lo vedremo continuare nella coltivazione della ricchezza tramite attività mercantili, finanziarie, assicurazione. Quindi c’è una società diversificata; vediamo due grandi gruppi: un gruppo rurale e un gruppo cittadino. La cultura inglese del secondo seicento è caratterizzata, per via della rottura degli schemi autoritari e delle rigidità sociali, da notevoli cambiamenti come l’affermarsi della lingua inglese al posto di quella latina nella lettura della Bibbia, nelle leggi e nella prosa scientifica, fattore che costituisce un ampliamento di possibilità di lettura per tutti. Un notevole cambiamento è la libertà di sperimentazione e l’avvento di grande eccitazione intellettuale, che creano un clima positivo nei confronti del cambiamento e delle novità, inoltre, si registrano progressi in campo filosofico, scientifico e letterario. L’Inghilterra è un luogo dove si comincia a discutere, si comincia ad avere una certa libertà di pensiero e di stampa. Un pensatore in particolare si distingue, Thomas Hobbes, che nelle sue due opere il De Cive e il Leviatano teorizza lo Stato Assoluto, quindi pare che non abbia a che fare con questo tipo di società inglese. Ma egli teorizza lo Stato Assoluto non tanto perché i Re lo sono per diritto divino, ma anzi la politica è un qualcosa di umano, e il re è tale perché per necessità gli uomini delegano il potere ad un'unica persona (o allo Stato, rappresentato da un'unica persona, ossia il Leviatano, una figura biblica), perché nella vita Homo Homini lupus, cioè l’aggressività è talmente tanta e tale da non consentire la convivenza tra gruppi. Per cui, dice Hobbes, alla radice dei tempi si è fatto un patto sociale: gli uomini hanno rinunciato alla loro libertà in cambio della garanzia della sopravvivenza, delegando il loro potere allo Stato, incarnato dal Re. Questa è una teorizzazione dell’Assolutismo, ma è una teorizzazione che è frutto dei suoi tempi, perché è un pensiero totalmente laico, che stacca la politica dalla religione. CAP 17: LA MONARCHIA DI LUIGI XIV Dalla seconda metà del Seicento si comincia a portare a compimento quel disegno di accentramento di cui abbiamo parlato alla fine del Quattrocento e agli inizi del Cinquecento in una realtà che però non ha niente a che fare con l’accentramento politico ma vede bensì un panorama politico più articolato. Le due realtà in questione sono la Francia e l’Inghilterra, due nazioni sconvolte dalle cosiddette rivoluzioni contemporanee. In ambedue c'è stato un Ministro, ma ambedue hanno vissuto la loro rivoluzione in maniera peculiare. - In Francia ci sono state le Fronde contro Mazzarino di cui si giudicava illegittimo il governo. Le fronde parlamentari e dei principi poi erano scoppiate e avevano dato luogo ad una guerra civile abbastanza cruenta, poi rientrata. I principi che avevano combattuto Mazarino erano venuti poi a patti e come ministro rimase lo stesso Mazzarino. Alla sua morte nel 1661, Luigi XIV dice di non volere alcun Ministro. Ciò non vuol dire che non avrebbe avuto i Consigli, o che non avrebbe avuto persone specificamente addette ad alcuni settori, ma bensì voleva dire che avrebbe avuto queste figure, appartenenti però generalmente al ceto medio, non aventi il controllo della grazia e della giustizia che rimasero saldamente in mano a Luigi XIV. Non avere nessun ministro voleva dire quindi non avere nessun primo ministro, non avere nessuno a cui delegare i poteri del Re. - Anche in Inghilterra dopo un'esperienza rivoluzionaria ancora più grande che aveva portato all'abbattimento della monarchia, alla condanna a morte del sovrano medesimo e all'instaurazione della Repubblica, si è poi tornati, dopo la morte di Oliver Cromwell e per mancanza di una personalità tale come lui che potesse garantire l'ordinamento repubblicano, alla Monarchia. Nel 1660 venne incoronato Re di Inghilterra Carlo II Stuart, figlio del precedente sovrano. Il Regno di Luigi XV sarebbe stato lunghissimo, regno che parte da metà degli anni Cinquanta e continua fino ai primi del Settecento, cinquantennio che siamo soliti definire assolutismo. L'assolutismo è una teoria, una teoria che presuppone che il re sia al di sopra di tutte le leggi e di tutti i vincoli (⇒ ab solutus significa sciolto da ogni legame). Luigi XIV disegnò se stesso così dichiarando la celebre frase Lo Stato sono io, ma questo suo assolutismo è una fictio. Lui eredita il sistema di tipo clientelare e gerarchico che era stato costruito da Richelieu e aumentato da Mazarino ed è questo che gli consente di controllare la Francia, ma la Francia non viene ridotta in tutto il suo territorio alle medesime leggi (⇒ vi sono delle province che hanno delle specificità, i cosiddetti Pays d'Etat, cioè quegli stati che hanno gli stati provinciali e cosi via). Sicuramente vedremo delle misure che andranno a ridimensionare alcuni poteri, ma non si può dire che fosse perfettamente assoluto. In Inghilterra vedremo che Carlo II con i problemi religiosi che comunque si erano avuti durante la Prima Rivoluzione inglese vorrà tentare una via di governo assoluta. Ma si sconterà con il fatto che un tentativo di assolutismo in Inghilterra significava anche per molti far risuonare l'idea di tornare al cattolicesimo. Gli avvenimenti in Inghilterra evolveranno in maniera tale che si andrà a costituire una Monarchia Parlamentare, primo tassello che conduce alle moderne democrazie. UN RE DI GUERRA Finita la Guerra dei Trent'Anni la Francia aveva sconfitto finalmente quello che era stato il suo nemico decennale, cioè la Monarchia asburgica. Non solo, con gli Asburgo di Madrid la guerra era continuata dopo Westfalia, si era chiusa nel 1659 con la Pace dei Pirenei. Con la Pace dei Pirenei Luigi XIV aveva guadagnato il Rossiglione e aveva sposato la figlia di Filippo IV per suggellare. Il sogno di Luigi XIV è ancora di più quello di ribadire quella che in francese si chiama grand heure, cioè la reputazione, la forza internazionale della monarchia francese, e questo si fa solo nei campi di battaglia. Quindi le sue prime decisioni furono quelle relative al riordino militare. Cominciò ad organizzare gli eserciti chiamando una persona particolarmente esperta: il Marchese di Louvois Le Tellier, nobile non di altissimo lignaggio ma esperto in campo militare. Fu lui che creò l'esercito francese pensando ad elementi che per noi sono automatici in questo campo ma che in quel momento non lo erano. Non solo pensò al reclutamento, cioè a trovare le persone che volevano andare in guerra, ma cominciò a preoccuparsi del fatto che tutti dovessero avere la medesima divisa (⇒ prima non era così), che ci fossero caserme per alloggiare questi militari e dove i militari potessero apprendere ed esercitarsi in modo da agire in maniera collettiva ed efficace. Fino a quel momento per arrivare in guerra valevano di più o i contratti con corpi già presi (⇒ per esempio gli arcieri gallesi, i balestrieri svizzeri e cosi via) o andava per la maggiore il combattimento di tipo vassallatico ma non c'era l'idea di un esercito permanente che avesse le regole che noi pensiamo siano connaturate con l'esercito (⇒ ognuno si vestiva come gli pareva e avevano una sciarpa che identificava il colore, ma non era sempre così). Quindi ecco che Le Tellier, Marchese di Louvois, cominciò ad organizzare l'esercito e tentò una grande espansione militare. Luigi XIV avrebbe voluto anche risultati per quei corpi che erano armati ma che non erano militari (⇒ esercitavano funzioni di polizia all'interno della Francia), ovvero le milizie, gruppi di armati che ogni comunità metteva a punto per controllare il territorio. Questo però era molto più difficile perché le comunità contadine avrebbero dovuto dare le persone che erano le migliori nei campi (⇒ abbandonare il campo di lavoro significava per i contadini e le loro famiglie perdere preziose braccia e ridurre la capacità produttiva e di sostentamento) quindi il tentativo di sistemare le milizie territoriali, quelle che avrebbero garantito l'ordine pubblico, fu estremamente più difficile e in un certo senso fallimentare. Ma quello che serviva a Luigi XIV per affermare la Francia e il proprio dominio sull'Europa era sostanzialmente l'esercito in quanto egli pensava ad un'azione di espansione della Francia verso nord-est, in direzione dei Paesi Bassi spagnoli e delle Province Unite. Il cardine della politica estera di Luigi XIV è però costituito dai complessi rapporti con la Monarchia cattolica. Il sovrano francese rivendica infatti il proprio diritto di successione al trono asburgico, sia in quanto figlio di Anna d’Asburgo (⇒ sorella di Filippo IV), sia per aver sposato Maria Teresa, figlia di Filippo IV. Luigi non esita a servirsi dei propri legami familiari per raggiungere il suo scopo. Nel 1665 morì Filippo IV e salì al trono Carlo II. Essendo ancora un bambino, reggente è la madre, Marianna d'Austria, personaggio di grande rilievo. Chi si pone in opposizione a Marianna d'Austria è il figliastro di Filippo IV: Giovanni d'Austria, (⇒ i bastardi in Casa d'Austria si chiamavano Giovanni), anche lui personaggio di grande rilievo, grande condottiero, che gode di grande prestigio in quanto era colui che aveva riconquistato Barcellona nel 1652. Oltretutto questo Carlo è un bambino fortemente disturbato, molto fragile dal punto di vista fisico, i cronisti lo descrivono di colore verdastro, vittima di crisi epilettiche. Un ragazzo fortunato ma anche il frutto di continui incroci tra lo stesso DNA (⇒ gli Asburgo si erano sempre sposati tra cugini, Madrid sposava Vienna), e questo continuo riprodurre lo stesso DNA indebolisce perché rende più fragili. Di questo stato di debolezza ne approfitta Luigi XIV dando il via nel 1667-68 alla cosiddetta Guerra di devoluzione, facendo occupare dalle proprie truppe i Paesi Bassi spagnoli e la Franca Contea, territori appartenenti alla monarchia cattolica. La giustificazione di tale atto è data dal fatto che gli Asburgo non avevano versato la dote di Maria Teresa, e in secondo luogo, servendosi di una norma successoria che vigeva specialmente nel Brabante, ovvero il diritto di devoluzione che riservava la successione nei beni dei genitori esclusivamente ai figli di primo letto, il sovrano dichiara di agire a tutela degli interessi di Maria Teresa, figlia di primo letto, essendo Carlo II nato da seconde nozze di Filippo IV. Le Province Unite non possono però accettare un’espansione francese fino ai propri confini meridionali, preferendo appoggiare la corona spagnola per non trovarsi a stretto contatto con l’invadente nemico. Il governo olandese quindi forma un’alleanza con l’Inghilterra e la Svezia, costringendo Luigi XIV alla Pace di Aquisgrana con cui rinuncia alle sue pretese sui Paesi Bassi e la Franca Contea in cambio dell’acquisizione di alcuni territori delle Fiandre, tra cui Lilla. Nel 1672, invidioso del successo commerciale delle Province Unite, le attacca. Le Province Unite si difendono in una maniera geniale: aprono le dighe, cioè allagano tutto il loro territorio in modo che i soldati francesi non possano avanzare. Ancora una volta le sostiene la Monarchia Cattolica, mentre la Francia è stranamente sostenuta dall'Inghilterra. La guerra si trascina fino al 1678 e con la Pace di Nimega, la monarchia cattolica è costretta a vedere a Luigi XIV la Franca Contea e altre importanti città lungo il confine dei Paesi Bassi spagnoli. Durante il conflitto la città di Messina si ribella al dominio asburgico, chiedendo e ottenendo l’invio di una flotta francese che però, alla conclusione della guerra, si ritira, riconsegnando la città alla corona spagnola. Le mire espansionistiche di Luigi XIV sui territori lungo il confine orientale del regno non sono tuttavia soddisfatte. Negli anni 1680-83 il sovrano annetterà Strasburgo e l’Alsazia. Nel 1684 bombarderà Genova in modo da CAP 18: L’AFFERMAZIONE DELLA POTENZA BRITANNICA A partire dagli anni Settanta del Seicento, in Inghilterra, riprende a manifestarsi una crescente diffidenza tra il sovrano, Carlo II Stuart, e il Parlamento. Al centro delle tensioni vi è, ancora una volta, una mescolanza di questioni religiose e politiche. Il Parlamento sospetta che il sovrano voglia riprendere la tradizionale inclinazione filocattolica della casa Stuart. Carlo II aveva infatti sposato una principessa portoghese, di fede cattolica, e quando il fratello del re Giacomo, primo nella successione al trono, si converte al cattolicesimo, i sospetti diventano certezze. Anche nel 1672, in occasione della dichiarazione di guerra alle Province Unite, voluta dal re a seguito degli accordi con la Francia, il Parlamento manifesta scarso entusiasmo. Nel 1673 il sovrano è costretto dall’opposizione parlamentare a revocare la Dichiarazione di indulgenza con cui aveva voluto l’anno precedente eliminare ogni contenuto penale dalla legislazione religiosa che avrebbe garantito la possibilità per i cattolici di praticare privatamente il proprio culto senza incorrere in un reato penalmente perseguibile. Nel 1673 il Parlamento approva allora il Test Act, una legge che esclude per 150 anni i cattolici da tutte le cariche civili e militari. Una seconda legge del 1678 toglie inoltre ai cattolici la possibilità di sedere nei due rami del Parlamento. Negli anni di Carlo II si formano due partiti: sono da un lato quelli che, malgrado le intemperanze degli Stuart, si dimostrano più propensi a sostenere la Corona e auspicano a un potere regio forte anche se affiancato da un Parlamento, i Tories o conservatori, e dall'altro ci sono i sostenitori della centralità del Parlamento, promotori delle cosiddette libertà liberali (⇒ libertà di stampa, libertà di parola, diritto alla proprietà) e questi si chiamanoWhigs. Per altro tories e whigs sono gli appellativi dispregiativi che l'uno e l'altro si davano ma che poi entrarono nel discorso comune. (⇒ i tories ancora esistono, il premier attuale dell'Inghilterra è un esponente di questo partito, mentre i whig non ci sono più, come partito antagonista ci sono i laburisti, cioè un partito dei lavoratori di tipo marxista). E’ da questo momento che la Camera dei Comuni londinese prende la forma che tuttora ha (⇒ sono seduti gli uni davanti agli altri, wigs da una parte e tories dall'altra, oggi tories da una parte e labour dall'altra). Proprio un esponente del partito dei whig presentò un’importantissimo documento per l’umanità che venne poi approvato, l’Habeas Corpus che garantiva il rispetto del diritto dei detenuti di essere esaminati da un giudice e il fatto che quando un detenuto era preso nelle mani dell'autorità non potesse subire da questa offese al proprio corpo (⇒ in pratica non ti possono ammazzare di botte e non ti possono imprigionare in maniera arbitraria, tu hai il tuo corpo e l'autorità pubblica si fa garante della sua salute nelle condizioni che ti ha trovato per tutto il tempo della detenzione). E' una mossa fondamentale l'Habeas corpus perchè è quello che dice allo Stato che si deve prendere cura degli esseri che per qualche motivo vanno a finire sotto la sua tutela. Nel 1683 viene scoperta una congiura da parte della fascia più radicale dei whig contro il sovrano, quindi questo diede il destro ad una grande repressione. Nel 1685 muore Carlo e sale al trono Giacomo il Cattolico il quale eliminò tutte le leggi che facevano in qualche modo schermo alle possibilità dei cattolici di avere una vita pubblica: eliminò il divieto dei cattolici di assumere incarichi pubblici, abolì il Test Act e in più appena sente il Parlamento lamentarsi decise di scioglierlo. Senonchè i parlamentari, irritati da questo atteggiamento, si misero in contatto con una figlia di Giacomo, protestante, di nome Maria che aveva sposato Guglielmo d'Orange (⇒ non quello morto, il suo successore che aveva lo stesso nome). Guglielmo d'Orange dalle Province Unite arrivò in Inghilterra e sbarcò la testa di un esercito. Giacomo, di fronte a Guglielmo d'Orange e il suo esercito fugge e lascia l'Inghilterra, e il Parlamento dichiarò Guglielmo e Maria Re d'Inghilterra. In più pubblicò il Bill of Rights, ossia un documento che diceva che il Parlamento era il detentore del potere legislativo in Inghilterra mentre l'esecutivo era lasciato ai sovrani, e sempre il Parlamento era il potere fiscale, cioè la fiscalità era quindi una prerogativa parlamentare. La storiografia inglese ha coniato per le vicende legate alla caduta degli Stuart e all’ascesa al trono di Guglielmo e Maria d’Orange l’epiteto di rivoluzione gloriosa e pacifica. IL RE REGNA MA NON GOVERNA Con la cosiddetta seconda rivoluzione inglese si stabilizza definitivamente in Inghilterra l'idea di un potere condiviso tra il popolo, che esprime la sua volontà attraverso il Parlamento, e il sovrano. Si va affermando l'idea di un patto, un contratto tra il re e i cittadini. Di questo fatto, oltre alla separazione dei poteri esecutivo e legislativo, fanno parte le garanzie alla libertà di parola, di stampa e di culto ribadita con il Toleration Act del 1689, che cancella le leggi contro i non conformisti, puritani e quaccheri, ma non contro i cattolici. Di fronte alla prospettiva della successione di Maria e Guglielmo, che non hanno figli, il Parlamento, per escludere le pretese al trono del cattolico Giacomo Edoardo, figlio di Giacomo II, con l’Act of settlement proclama l’esclusione dei cattolici dalla successione dinastica e designa come erede al trono Anna un’altra figlia di Giacomo II, e, dopo di lei, Sofia, nipote di Giacomo I Stuart e moglie del principe elettore tedesco Giorgio di Hannover. Alla morte di Guglielmo, nel 1702, preceduta un anno prima da quella di Maria, il trono passa ad Anna e quindi, alla sua scomparsa, alla dinastia degli Hannover. Giorgio di Hannover si trova però ad affrontare nel 1715 l’insurrezione in Scozia. Repressa la rivolta scozzese, gli esponenti del partito whig, confinati all’opposizione durante il regno di Anna, si trovano in condizione di notevole vantaggio politico rispetto agli avversari tories. Ha così inizio la lunga era del predominio whig nel Parlamento inglese. Giorgio I è un tedesco estraneo alla vita politica di una nazione di cui ignora perfino la lingua e inaugura perciò la prassi di delegare largamente il potere esecutivo ai ministri, scelti fra esponenti whig. Tra questi emerge Robert Walpole, che resterà al potere per oltre un ventennio, dal 1721 al 1742. In questi anni il gabinetto dei ministri comincia a riunirsi non più alla presenza del sovrano, ma sotto la presidenza di un ministro, in seguito detto primo ministro. E’ Walpole che inaugura la prassi di essere il solo contatto fra il monarca e gli altri ministri. La nuova articolazione dei poteri vede perciò, a fianco del re, un Parlamento che resta in carica per sette anni, detentore della potestà legislativa, e un governo responsabile dell’attività esecutiva; in sesso, accanto alla figura del primo ministro, alcuni ministri sono responsabili di particolari rami dell’amministrazione dello Stato. Al sovrano rimane una notevole influenza sulle più importanti scelte, specie in politica estera, e con essa il ruolo di garante delle istituzioni e simbolo dell’identità della nazione. Un re che regna ma non governa. IL FASCINO DEL MODELLO INGLESE All’indomani della seconda rivoluzione del 1688-89, John Locke pubblica i Due trattati sul governo. Introduce uno stato dai poteri strettamente limitati, obbligato ad arrestarsi di fronte ai diritti incomprimibili dell’individuo: la libertà di stampa, di parola, di religione, il diritto alla proprietà e l’uguaglianza di fronte alla legge. Il principale compito dello Stato va considerato anzi la difesa di questi diritti da chi cerchi di violarli. L’assolutismo costituisce un pericolo contro il quale la ribellione è giustificata: per evitare questo rischio è bene perciò che il potere sia diviso in una serie di funzioni che, poste in mani diverse, si contrappongano e si bilancino. Anche la religione non sfugge a quest’ondata razionalistica. Negli anni della rivoluzione erano state sostenute le teorie più audaci: Milton aveva sostenuto il divorzio, mentre altri avevano affermato il carattere di documento storico della Bibbia e difeso perfino la legittimità della fede islamica. In nessun altro paese europeo del tempo esiste una simile dialettica politica e non è quindi un caso se il Regno Unito appare nel corso del XVIII secolo, agli occhi dell’opinione pubblica colta e illuminata di tutto il continente, un modello cui guardare con ammirazione. Il prendere parte a meccanismi decisionali attraverso le carriere negli organi dello Stato e la discussione informale in sedi non pubbliche (partecipazione politica) convergono poi nell'attività delle società segrete e specie della Massoneria. Nata in Inghilterra nel 1717 e formalizzata con la promulgazione della Constitution of the Freemasons del 1723, essa si presenta come un’associazione che rifiuta discriminazioni basate sul privilegio di nascita, s’ispira a idee di pace, di fratellanza universale e di tolleranza religiosa e pratica una mutua solidarietà tra i popoli membri. Divisa in varie sette, la Massoneria ha larghissima diffusione nel corso del Settecento: si aprono logge (nome dei luoghi di riunione degli associati) nelle principali città europee. Di una loggia possono far parte uomini di diversa estrazione e a causa della mancanza di libertà di stampa e di associazione la sua attività si svolge nascostamente. CAP 19: I NUOVI ASSETTI POLITICI EUROPEI NELLA PRIMA METÀ DEL SETTECENTO Il XVIII secolo si apre con una lunga e quasi ininterrotta serie di conflitti. Infatti dal 1700 al 1763 c'è un continuo susseguirsi di conflitti in europa che non hanno motivazioni religiose o ideologiche forti, ma sono guerre che le diverse realtà europee si fanno tra loro per mantenere un equilibrio, cioè per far si che nessuno sia più potente degli altri. LA GUERRA DI SUCCESSIONE SPAGNOLA La prima guerra è la guerra di successione spagnola, ultima guerra combattuta da Luigi XIV. La guerra scoppia perché Carlo II, ultimo rappresentante della casa d'Asburgo, non ha eredi diretti e deve nominare un erede. Due sono le case pretendenti: i Borbone francesi, dato che c'è una parentela con la casa regnante dei Borbone a Parigi, e gli Asburgo di Vienna dato che le linee di parentela si sono moltiplicate nel corso dei secoli fra questi due rami della famiglia. Morendo Carlo II nomina come proprio erede il nipote di Luigi XIV, Filippo d'Angiò che quindi sale al trono della monarchia asburgica con il nome di Filippo V. Ma questa co-presenza di due esponenti della stessa famiglia su due troni contigui, quello della Spagna e quello della Francia, fa irritare gli Asburgo di Vienna che si vedono anche loro pretendenti al trono. L'imperatore Leopoldo I d’Asburgo così promuove il suo secondogenito Carlo in modo da fargli avere il trono di Madrid, quindi Carlo diventa l'antagonista di Filippo. L'Imperatore organizza la Grande coalizione dell'Aja, ossia contro Francia e Spagna che per la prima volta vediamo combattere insieme, vengono chiamate l'Inghilterra e le Province Unite in una coalizione a cui si uniranno anche la Prussia, il Portogallo e i piemontesi Savoia (i duchi sabaudi). La guerra comincia ad essere vantaggiosa per questa grande coalizione, vengono strappati ai Borbone di Spagna Milano, Napoli e la Sardegna; l'Inghilterra riesce ad occupare Minorca e Gibilterra; e in più in territorio spagnolo si ribella all'autorità di Madrid la Catalogna per sostenere il pretendente degli Asburgo. Senonché, dopo Leopoldo, già morto nel 1705, nel 1711 muore senza figli Giuseppe II (fratello di Carlo e figlio di Leopoldo) quindi ecco che l'Impero dovrebbe cadere nelle mani di Carlo. Gli alleati degli Asburgo vedono che Carlo potrebbe rifare quello che ha fatto Carlo V, cioè unire l'Impero e la monarchia asburgica, e per paura di questo piano piano si ritirano dalla guerra e il Trattato di Utrecht e di Rastadt. Lo scontro militare stava dando la vittoria agli asburgo, ma il fatto che si stesse per disegnare una situazione che avrebbe dato l'intera Europa a questo sovrano fa desistere tutti gli alleati. L'Inghilterra conserva in Europa Gibilterra e Minorca e siccome nei trattati di pace si arriva a trovare un accordo con la Francia, un pezzetto del Canada costiero viene dato all'Inghilterra. L'Inghilterra guadagna anche l'asiento de negros, ovvero il monopolio del commercio degli schiavi neri. L'impero guadagna i Paesi Bassi meridionali (attuale Belgio), Napoli, la Sardegna e Milano (quindi questi vanno sotto Vienna). I Savoia guadagnano la Sicilia. Nel 1717, consigliato da Giulio Alberoni, Filippo V riconquista la Sardegna e si appresta ad attaccare la Sicilia. Viene fermato e si stipula nel 1720 il Trattato dell'Aja in cui ai Savoia viene imputata l'incapacità di sapersi tenere la Sicilia perchè non hanno saputo evitare l'attacco, ed ecco che viene scambiata con la Sardegna: i Savoia avranno la Sardegna e dovranno lasciare la Sicilia all'Austria. Manterranno però con la Sardegna che è un regno, il titolo di re che avevano guadagnato in Sicilia (se per pochi anni erano stati re di Sicilia e duchi di Savoia sarebbero diventati re di Sardegna e duchi di Savoia). africani sono trasportati in America centrale e meridionale, dove fruttano zucchero, legnami pregiati, tabacco e cotone grezzo. Oro e avorio prendono invece la via dell’Estremo Oriente per acquistare tessuti di seta e di cotone, tè, caffè e spezie che vengono spediti in Inghilterra, da dove sono commercializzati in tutta Europa. Il ruolo essenziale del commercio di schiavi africani si basa sulla domanda di manodopera per le piantagioni di canna da zucchero delle colonie delle Antille. Man mano che tali piantagioni aumentano di dimensioni trasformandosi in vere e proprie aziende agricole, cresce anche il fabbisogno di manodopera servile. NUOVE EGEMONIE E NUOVI COMMERCI CON L’ASIA Gli schiavi neri servivano nel ‘700 per le piantagioni di Canna da Zucchero, successivamente per le piantagioni di Cotone. Il Cotone in questa fase settecentesca è uno dei prodotti che vengono importati dall’India. Nel corso del ‘700 si sviluppa la moda (il colore dell’anno, il tipo di tessuto): questo perché il tessuto costa poco e permette di avere tanti vestiti, anche nei ceti sociali anche più umili. Quindi si sviluppa l’idea dell’abito non di una necessità primaria, ma un simbolo di distinzione, quindi di essere ‘al passo con la moda’. Questo cotone viene esportato in America, perché essendo un tessuto fresco e poco costoso, diventa ideale per gli abiti degli schiavi che soffrono meno il caldo. Ed ecco che piano piano la domanda di cotone in Europa e in America diventa talmente ampia che l’India non è in grado di avere un'offerta tale da soddisfare la domanda. Ben presto si comincerà ad importare cotone greggio dall’Asia, e si cominceranno a fare piantagioni di cotone anche in America. Questo sarà alla base della nascita dello sviluppo industriale. L’altra cosa che viene importata dagli Inglesi è il té. Il tè comincia a diventare una mania inglese, e il più grande produttore di tè è la Cina. Ma c’è un problema riguardo l’idea del Commercio Triangolare britannico: la Cina non importa niente, non vuole nulla dall’Occidente, accetta solo l’argento. Ecco che gli Inglesi si vedono sfavoriti da questo commercio, perché la Compagnia delle Indie Orientali è costretta, se vuole il tè, a portare Argento, quindi denaro che vorrebbe mantenere all’interno dei confini Inglesi. Per questo comincia un’introduzione di contrabbando in Cina di Oppio che gli Inglesi prendono in Afghanistan, dove hanno qualche controllo coloniale, mettendo in ginocchio la Cina. Si diffondono in Cina le case dove si fuma l’Oppio, e grazie a questo riescono ad ottenere il tè (questa prassi farà sì che gli europei non siano ben visti dalla Cina, scoppierà anche la Guerra dell’Oppio). In tutto ciò, la Compagnia delle Indie orientali riesce anche ad avere dal governo privilegi tali da consentire l’occupazione militare e l’amministrazione del Bengala, anche se con i potentati locali dovrà sempre arrivare a patti. IL RUOLO DEL MEDITERRANEO NELLA NUOVA DIVISIONE INTERNAZIONALE DEL LAVORO Il Mediterraneo continua quel declino del volume e della qualità dei traffici che si svolgono in questo mare. Ad esempio le manifatture italiane non sono più richieste, ed ecco che il Settecento vede l’introduzione sempre più frequente di navi francesi, inglesi, olandesi che acquistano prodotti alimentari (grano, vino, olio, frutta secca), i quali venivano scambiati con prodotti coloniali che venivano a costare in maniera considerevole (zucchero, caffè, cacao, merluzzo, manufatti tecnologici, ecc). Cambiano anche i porti importanti. Livorno diventa il porto più importante insieme a Napoli e Genova; vediamo diciamo un tramonto dell’Adriatico, quella Venezia che aveva brillato diventa ormai un luogo commercialmente morto. Un prodotto importante che viene soprattutto dall’Italia Settentrionale è la seta greggia, perché si diffonde la gelsibachicoltura: i gelsi vengono utilizzati, soprattutto in Lombardia e Piemonte dove è presente un’agricoltura più diversificata, in luogo dei muretti divisori. I Gelsi producono le foglie di gelso, con cui vengono nutriti i bachi, ed ecco che si ha il filo di seta greggio. Questo viene portato oltralpe (es. nei setifici francesi); quindi la pensiola italiana e le isole, centro dell’economia fino a pieno ‘500, sono ridotte ad una posizione di estrema marginalità. CAP 21: VITA URBANA E MONDO RURALE Gli anni intorno alla metà del XVII secolo rappresentano, in un certo senso, un periodo di svolta per la storia delle campagne e, più in generale, dell’economia europea. Da questo momento, Infatti, l'evoluzione delle diverse realtà produttive e demografiche comincia a differenziarsi in maniera sempre più profonda. Rispetto al passato i fenomeni economici e l'andamento della popolazione conoscono scansioni cronologiche sempre più differenziate a seconda delle aree geografiche. I prezzi dei prodotti agricoli, ad esempio, caduti ovunque nel corso della crisi, mostrano livelli assai diversi. Non che manchino alcuni elementi comuni nel panorama delle campagne europee: le condizioni di vita delle popolazioni contadine generalmente non migliorano poiché i salari agricoli non aumentano o aumentano di poco. In sostanza, è possibile affermare che il sistema economico sembra muoversi in una sorta di equilibrio di stagnazione. Nell'analisi delle vicende dell'agricoltura nel resto del continente europeo bisogna considerare il tipo di tecniche produttive adottate, se intensive o estensive. C’è un mondo immobile che continua a coltivare le terre come nel medioevo, ed è il mondo ad Est (la Russia, Polonia, Ucraina, ecc), dove nel corso del Cinquecento o è stata irrigidita o è stata reimmessa la servitù della gleba. Questa sottomissione e legame dei contadini con la terra, che li riduce in una condizione di servitù totale (non possono sposarsi o abbandonare il campo senza il permesso del padrone; vengono venduti insieme alla terra, ecc), unita alla perpetuazione di metodi antiquati (gestione estensiva della terra) e alla mancata introduzione di qualsiasi tipo di nuovo attrezzo per coltivare, rende le campagne russe nel Settecento uguali a com'erano nel corso del medioevo. Quindi un sistema di produzione totalmente immobile. La decisione di estendere il suono coltivabile risulta prevalente nell'area del Mediterraneo. In special modo nell’Italia meridionale e nella Penisola Iberica, le campagne sono contrassegnate da metodi di coltivazione antiquati, in quanto si continua ad utilizzare il metodo del maggese, dalla presenza di latifondi e, soprattutto, dall’esistenza di un quadro giuridico che ostacola l’attuazione di migliorie per renderla più produttiva. Accanto a questo, nel Mezzogiorno vediamo l’olivicoltura e la produzione di viti che danno vino, uva passa, ecc, ossia quelle derrate che vengono esportate verso il Nord Europa. Il quadro dell’Italia settentrionale, o anche della Catalogna, è diverso. Qui si pratica un’agricoltura irrigua, cioè che ha bisogno di tanta acqua, che porta ad una diversificazione nell’utilizzo della terra. Si piantano alberi da frutto, gelsi, ecc, e vengono introdotte nuove colture (in Pianura Padana, dove tutt’ora alimento tradizionale è la polenta, si impianta il mais, che va a sostituire il frumento). Più a nord abbiamo la diffusione (in Germania e Inghilterra) della patata. Ancora oggi il carboidrato maggiormente utilizzato in queste zone (anche in Francia) sono le patate, anche se si diffonderanno nella seconda metà del ‘700 e con una certa lentezza. Quelle che hanno elaborato un sapere agronomico particolare sono le Province Unite: qui si pratica un’agricoltura intensiva, e si cerca di fare una diversificazione che può contenere anche un periodo di riposo (es. grano, avena e un pezzo di riposo). In Olanda si cerca di contemperare l’agricoltura con l’allevamento. Ed ecco che, per il bisogno di armonizzare queste due colture, al posto del periodo di riposo si introducono piante foraggere (rape, trifoglio, ecc), ossia piante che arricchiscono il terreno di ciò di cui si nutre il grano: quindi mentre il grano depaupera il terreno, le piante foraggere lo arricchiscono nuovamente, e inoltre di queste piante si nutrono gli animali, che producono concime (e quindi le terre sono ulteriormente fertilizzate). LE ENCLOSURES E LA RIVOLUZIONE AGRICOLA IN INGHILTERRA Le cose cambiano per l’Europa quando il sistema di utilizzo intensivo del territorio viene introdotto in Inghilterra. Gli inglesi, che già guardavano con invidia gli Olandesi, vedono che loro hanno questa capacità di essere presenti nel mercato anche grazie alla loro sviluppata agricoltura. Ed ecco che questa capacità di rotazione degli olandesi viene imitata in Inghilterra, dove viene talmente assimilata che viene elaborata una rotazione autoctona che va sotto il nome di rotazione di Norfolk che vede la rotazione grano-rape-orzo-trifoglio. Questo metodo di sfruttamento intensivo del terreno impiantato in una realtà decisamente grande come l'Inghilterra fa sì che le cose cambino notevolmente. Tutto ciò fa sì che si impianti un sistema che contempera allevamento e agricoltura veramente virtuoso e in grado di cambiare le cose. Il risultato della mixed farming moltiplica talmente i risultati che noi vediamo nell’Inghilterra del 1740 una vera e propria Rivoluzione Agricola. Ad intensificare questo progetto si verifica un processo di diffusione di questo sapere, vediamo un susseguirsi di conferenze in cui gli agronomi spiegano questo meccanismo. Dal punto di vista delle forme di gestione della terra, infatti, nelle campagne inglesi è in atto un processo, ovvero quello delle recinzioni dei terreni (⇒ enclosures). Il principale ostacolo allo sviluppo di un’agricoltura progredita e orientata al mercato è rappresentato dalle forme tradizionali di sfruttamento della terra su base comunitaria. Tradizionalmente i terreni agricoli europei sono aperti, cioè non possiedono forme di separazione che ne indicano l’appartenenza a un privato, i campi sono coltivati secondo criteri stabiliti dalla comunità. In Inghilterra però si capisce che se si vuole produrre di più non è possibile mantenere questo sistema. Il processo di recinzione contempla l’accorpamento delle proprietà e la distribuzione delle terre comunitarie. Ad esempio, un proprietario che possiede il 10% delle terre in una comunità ha il diritto di venderle accorpate e se necessario permutarle con altri terreni dello stesso valore ed estensione. Inoltre, riceve una quota dei beni comuni più o meno corrispondenti all'ammontare delle sue terre. L'intera proprietà viene così recintata e dà vita ad un'azienda agricola che può essere gestita direttamente dal proprietario o data in affitto. Dal punto di vista economico la principale conseguenza è la creazione delle condizioni ottimali per la formazione di aziende agricole di ampie dimensioni dedite alla produzione non più per autoconsumo, ma per la vendita sul mercato grazie all'impiego delle nuove tecniche agricole. Inoltre, possono cominciare a fare affidamento su attrezzi agricoli migliorati, come l'aratro Rotherham, l'aratro interamente in ferro o la seminatrice. Dal punto di vista sociale, le recinzioni causarono la drastica contrazione del ceto dei piccoli proprietari e dei coltivatori diretti, i quali vengono di fatto espulsi dalle campagne recintate, costretti o ad essere impiegati come braccianti nelle nuove aziende agricole o a migrare verso le città alla ricerca di migliori condizioni di vita oppure a ridursi in stato di povertà. LE NUOVE COLTURE: VERSO IL MUTAMENTO DELLE ABITUDINI ALIMENTARI EUROPEE L’agricoltura migliora perché vengono introdotte nuove colture, ossia tutti i prodotti che arrivano dalle Americhe in Europa (mais, patata, fagioli, peperoni, pomodoro, ecc). Tra tutti questi prodotti, i più importanti (dal punto di vista del carico calorico che sostenta gli uomini) sono il mais e la patata, perché sono semplici da coltivare, hanno un'ottima resa, e costituiscono una fonte calorica a bassissimo costo. Ed ecco che nella Pianura Padana il mais diventa una coltura importante, mentre in Inghilterra, Francia e Germania si diffonde la patata. Nella Pianura Padana i contadini, abituati a diversificare, fanno una precisa scelta: il mais costa poco, il frumento rende sul mercato, allora coltivano per l’autoconsumo il mais, e destinano al mercato la produzione di frumento da cui ricavano molti più soldi. Questa introduzione migliora notevolmente la possibilità di attingere ad una varietà di risorse alimentari nella fascia Padana. Più difficile è l’ingresso della Patata, perché quando è cruda o mal cotta produce una sostanza tossica, la solanina. Quindi, all’inizio questa pianta è studiata dai botanici, anche perché la pianta della patata produce dei bei fiori (es. Maria Antonietta li apprezza molto). Man mano si capisce che se cotta e lavorata in una certa maniera è un cibo buono, ed entra a far parte soprattutto della cucina fiamminga, francese, tedesca e inglese. Ci sono poi prodotti che cambiano le abitudini di vita, ossia i prodotti coloniali: cacao, tabacco, rum, caffè, te, che, arrivati in Europa, avrebbero avuto due effetti particolarmente notevoli e in grado di cambiare la società. 1. Innanzitutto sono sostanze eccitanti, e quindi abituano ad una forma di attenzione più sottile: nascono le Coffee house, le tea house, le cioccolaterie soprattutto in Francia e Spagna, che sono luoghi in cui si anticoncezionali. L’aumento della transizione demografica è possibile anche grazie all’aumento delle risorse disponibili, all’ampliamento dei commerci e al miglioramento delle condizioni igieniche e sanitarie. INDIVIDUALISMO AFFETTIVO Parallelamente alle trasformazioni nell’andamento demografico, altri mutamenti iniziano a interessare la vita familiare nel corso del XVIII secolo. Nelle aree protestanti, lungo il XVIII secolo, la religione tende per ragioni dottrinali ad addossare all’individuo la responsabilità morale, ma anche materiale, delle proprie scelte; ne deriva un’accentuazione dell’idea che ciascuno deve modellare la propria vita. Questa tendenza contribuisce a porre l’accento sulla libertà individuale e fonda un mutamento di sensibilità di enorme importanza. In linea con questo comune sentire nasce il romanzo sentimentale, un genere narrativo che riproduce la dinamica affettiva dell’epoca, ma plasmando una nuova sensibilità amorosa. Al centro di questi romanzi, infatti, sta la liberazione dal legame amoroso da ogni vincolo o pregiudizio sociale: l’idea che, per amore, si vive, si lotta e si muore, ma soprattutto si sfidano le convenzioni e le barriere sociali. Saranno soprattutto le donne le principali fruitrici di questo genere di scrittura, donne escluse dal lavoro manuale e che vengono destinate a divenire l’angelo del focolare, vale a dire il punto di riferimento principale delle dinamiche affettive ed educative incentrate sulla famiglia. CAP 23: IL MONDO AL LUME DELLA RAGIONE Il Settecento appare segnato da un movimento intellettuale nuovo che attraversa in varie forme l’intero continente europeo e a cui si è dato convenzionalmente il nome di Illuminismo (⇒ vd. Illuminismo in Italia, Lumière in Francia, Enlightenment in Inghilterra, Aufklärung in Germania e così via). La parola illuminismo significa il rischiarare con il lume della ragione le tenebre dell'oscurantismo, delle superstizioni, delle religioni soffocanti, dai modi di pensare estremamente asfittici. L'illuminismo è la luce della ragione che dovrebbe dare rischiaramento ad un mondo che si vede oscuro, segnato da una religione che non lascia scampo e speranza e da un potere assolutista delle monarchie. Questo mutamento è reso possibile dalla presenza di formazioni statuali come l’Inghilterra e le Province Unite, in cui si pratica una relativa tolleranza religiosa, in cui si incoraggiano la libera ricerca scientifica e il dibattito fra tesi diverse e in cui si promuove la circolazione di libri e giornali. Non è un caso quindi se proprio dall’Inghilterra e dalle Province Unite del Seicento vengano i due filoni intellettuali fondamentali sulle cui basi si è venuta costruendo la stagione illuminista. Il primo filone intellettuale che percorre e fonda la stagione illuminista è il giusnaturalismo olandese di Grozio con l’introduzione dell’idea di un diritto naturale e razionale come base e fondamento dei sistemi sociali che non deriva dalla religione (es. il diritto alla vita è staccato da qualsiasi religione, noi nasciamo e abbiamo il diritto di vivere, ci sono quindi dei diritti naturali). Se una comunità possiede naturalmente dei diritti, essa può cederli a un potere esecutivo solo sulla base di un contratto, che prevede precisi limiti e condizioni. Sulla base di questi diritti naturali ben due filosofi avevano insistito sul contrattualismo: Hobbes e Locke. Hobbes aveva una teoria negativa dell'uomo che rispondeva alla forma di homo homini lupus, cioè la natura dell'uomo era cattiva: bisognava privarsi di tutti i propri poteri a favore di un potere unico che era lo stato assolutista. Locke riprende il contrattualismo e dice che ci dev'essere un contratto tra gli uomini e lo Stato ma quest’ultimo non può privare gli uomini dei diritti naturali e deve anzi garantire questi diritti e queste libertà (⇒ il diritto alla vita, il diritto al pensiero libero, il diritto all'espressione di un'opinione, tutti i diritti che noi chiamiamo diritti liberali e che si erano sviluppati in maniera anche pratica dando vita a delle pratiche quotidiane come la lettura dei giornali, l'esposizione delle proprie opinioni, nella discussione, nell'Inghilterra del tardo Seicento e del Settecento). Se da una prima parte c'è questa idea molto laica dello Stato, il secondo filone che fonda l’illuminismo è quello del deismo. Si tratta della contestazione del concetto di religione rivelata e perciò impostata dall’alto, a favore dell’idea di una religione naturale in cui ci si affida ad una divinità che noi sappiamo essere presente ma che non è frutto di alcuna rivelazione profetica, è priva delle sue liturgie, misteri e transustanziazioni e che va scoperta e analizzata alla luce della ragione. Quindi è un sentire che riconosce il bisogno della religione che c'è all'interno dell'uomo ma non lo ingabbia all'interno di una fede precostituita con tutte le sue gabbie e dogmi. Tanto il mondo naturale quanto quello sociale cessano così di essere mere espressioni della volontà divina e divengono terreni autonomi di ricerca intellettuale. La verità, non più rivelata, va perciò faticosamente cercata con gli strumenti intellettuali di cui l’uomo via via si dota. LA CRISI DELLA COSCIENZA EUROPEA Mentre Inghilterra e Paesi Bassi professano queste idee, nel resto d’Europa si sviluppa quello che lo storico Paul Hazard chiama «crisi della coscienza europea». In un lasso di tempo relativamente breve, pochi decenni, a una società essenzialmente basata sul principio di autorità e sulla deferenza verso il potere politico e religioso si sarebbe sostituita una società fondata sul diritto, la tolleranza, l’indipendenza della morale dalla religione, la libera ricerca scientifica. Questo diverso atteggiamento verso il nuovo che si esprime nella curiosità per i viaggi e le popolazioni extraeuropee, nella diffusione delle cosiddette cineserie, cioè tutti quegli orpelli, soprammobili, stoffe che vengono dall'Oriente. Si diffonde un gusto per l'esotico, per il diverso, che diventa non più frutto della curiosità di un singolo (⇒ perchè per esempio nel Seicento abbiamo alcuni personaggi, spesso gesuiti, che fanno i cosiddetti gabinetti delle meraviglie, ovvero piccoli musei personali dove raccolgono cose strane che sono arrivate loro un po' da tutto il mondo) come in precedenza. Questo atteggiamento è ben riassunto dalla famosa discussione, iniziata in Francia e perciò chiamata la querelle des anciens et modernes, ovvero il dibattito fra i sostenitori della superiorità del mondo antico rispetto a quello moderno. Fin dall’Umanesimo e dal Rinascimento il mondo classico aveva rappresentato per la cultura europea una fonte di autorità preziosissima. Da allora, per altri due secoli, non era stata mai posta in discussione la superiorità del mondo antico, una sorta di età dell’oro in cui la cultura e le arti avevano raggiunto livelli di perfezione altissimi, rispetto ai quali tutta la successiva elaborazione intellettuale appariva impari. I moderni non demoliscono totalmente l'idea della superiorità del mondo antico, e non a caso nel corso del Settecento vedremo ancora una volta il neoclassico essere lo stile dominante dal punto di vista artistico e architettonico, però i moderni, con l’affermazione «noi siamo nani sulle spalle dei giganti» affermano che sicuramente non sarebbero mai arrivati alle vette di quella perfezione stilistica, ma avendo il vantaggio di conoscerne i testi e le opere e rimanendo quindi sulle loro spalle, come nani sulle spalle dei giganti, sarebbero arrivati a vedere più lontano e sarebbero stati quindi in grado di articolare delle politiche culturali, economiche e artistiche migliori di quelle degli antichi. Quindi grazie alla forza dei numeri e alla conoscenza del passato, la società moderna sarebbe stata in grado in tale maniera di superare i confini precedenti, oltrepassare le soglie del sapere sulle quali il mondo classico si era dovuto arrestare. Con questa visione verso il futuro cambia proprio l'idea della storia. Malgrado il cristianesimo abbia una visione lineare della storia (⇒ il cristianesimo ci dice che c'è stato Gesù, poi ci saranno delle cose ma noi pendiamo all'apocalisse) molti pensatori continuavano ad avere una visione circolare della storia (vd. Machiavelli: le cose nascono, arrivano al loro apice, poi decadono, muoiono e poi si ricomincia). Ora invece comincia a farsi strada una concezione evolutiva di tipo lineare e cumulativo della storia umana, attraversata da un processo quantitativo e qualitativo chiamato progresso (⇒ per molti versi il termine innovare che per noi è positivo, in antico regime fino al periodo che stiamo trattando oggi, era una parola pari ad una bestemmia). Tale visione progressiva identifica così una tendenza evolutiva indirizzata al miglioramento delle condizioni di vita, delle istituzioni politico-sociali e delle creazioni artistiche e letterarie. La discussione sulla superiorità degli antichi e dei moderni permette di capire come certi temi, ripresi dalla cultura classica, acquisiscano adesso una nuova e diversa autonomia. E’ il caso della questione della ricerca morale individuale, svincolata dalla religione tradizionale e che caratterizza il filone intellettuale noto come libertinismo. Quello che veniva vissuto con maggiore disagio dagli intellettuali europei che non potevano respirare l'aria di tolleranza inglese o olandese era il soffocamento religioso, l'idea di una religione estremamente dogmatica e estremamente coercitiva. La religione ancora nel settecento richiedeva molto più impegno paragonata alla religione attuale, c'erano obblighi che dovevano essere rispettati. Guardando alla classicità, dato che gli antichi romani e greci avevano una morale, anche molto severa, ma non c'era la religione di mezzo, ecco che si diffonde l'idea che si possa rispettare una morale anche severa, anche restrittiva, pur non credendo in niente. Il libertinismo sviluppatosi tra fine Seicento e inizio Settecento, costituisce la base del pensiero laico (⇒ il fatto che io possa avere una morale e non ammazzare non perchè c'è un comandamento, ma perchè io dentro di me sento che non è giusto). Questo che per noi è normale nel Settecento non lo è, perché la società aveva bisogno della religione in quanto a questa venivano demandate un sacco di responsabilità e un sacco di speranza. L’ILLUMINISMO FRANCESE La Francia è un luogo dove si perpetua l'assolutismo. Alla morte di Luigi XIV nel 1715, gli succede il nipote Luigi XV e poi lo sfortunatissimo Luigi XVI ma ambedue questi sovrani continuarono a perpetuare i modi di governo autoritari e assolutistici che erano di Luigi XIV, imprigionando così, in un certo senso, la società e il mondo francese. Gli intellettuali francesi invece, sono quelli invece che, forse per contrasto, forse perchè si ritrovano a vivere questa realtà così poliziesca con un controllo delle idee, dei pensieri e della parola così forte, quelli che con maggior entusiasmo esprimono la loro ammirazione per l'Inghilterra e descrivendola disegnano il mondo delle aspirazioni illuministe. Tra le maggiori figure di riferimento è significativo il successo di un libro, scritto da un olandese che si trasferisce in Inghilterra che si chiama Bernard de Mandeville dal titolo La favola delle api. E’ un poemetto che racconta di un alveare che prospera finchè i suoi membri mantengono costumi viziosi, mentre va in rovina nel momento in cui essi assumono comportamenti virtuosi. La morale del testo è chiara: atteggiamenti individuali come la ricerca del lusso, che dal punto di vista morale potrebbero essere criticabili, sono utili stimolatori del benessere lavoro di tutti. Lavoro di tutti genera ricchezza, è lavoro quello dell'imprenditore che prende i suoi capitali e decide di fare una fabbrica, è lavoro quello dell'operaio che offre la sua manodopera e così via. Egli dice questi due mondi si incontrano e una mano invisibile li mette d'accordo e farà sì che ci sia prosperità per tutti. Parliamo di due ultimi autori: Jean Jacques Rousseau e Cesare Beccaria. Rousseau, svizzero, è il sostenitore della democrazia diretta e crede che l'uomo allo stato di natura, diversamente da tutti quelli che l'hanno preceduto, sia buono, e che poi venga corrotto dalla civiltà e dall'introduzione della proprietà privata. Egli pensa quindi che per tentare di sanare queste strutture che la civiltà mette sulla vita dell'uomo è necessario che ogni uomo possa esercitare direttamente il proprio potere politico. Questo si può avere secondo lui, quasi esclusivamente, nella democrazia diretta, ma questa si può esercitare solo, perlomeno in tempi di Rousseau, in comunità molto piccole, mentre uno stato molto grande non può esercitare la democrazia diretta. Quindi ecco che egli pensa che bisognerebbe istituire, sul modello svizzero, delle assemblee dalle quali emergere quella che lui chiama volontà generale che è quella che fa sì che venga presa la migliore decisione per quella comunità politica. E' il primo in questa età che parla effettivamente di democrazia, tutti gli altri sono monarchici. L'altro teorizzatore è italiano ed è Cesare Beccaria, che scrive Dei delitti e delle pene, testo che è ancora alla base della nostra moderna capacità di pensare e strutturare la disciplina da attuare nei confronti di coloro che si sono macchiati di reati. Questo perchè Cesare Beccaria si dimostra contrario alla pena di morte in quanto pensa che la pena di morte non sia in nessun modo possibile da dare, per il fatto che, se si sbaglia si uccide un innocente, se la si da al colpevole in ogni caso non si da la possibilità al colpevole di emendarsi dal suo delitto. Cesare Beccaria è alla base del nostro pensare dei penitenziari perché egli crede che colui che ha sbagliato sia redimibile. Noi perlomeno teoricamente pensiamo che il carcere debba servire per coloro che hanno sbagliato per una forma di rieducazione. Per lo stesso motivo Cesare Beccaria è contrario alla tortura. Tortura e pena di morte che invece erano assolutamente esercitati in tutti gli Stati, anche in quelli più aperti come le Province Unite e l'Inghilterra. Cesare Beccaria è il primo che annulla queste forme ritenute normali nei confronti dei colpevoli di qualche delitto e attua una dottrina diversa che è quella che noi sostanzialmente seguiamo. CAP 24: IL DISPOTISMO RIFORMATORE Nella seconda metà del XVIII secolo si registra una tendenza dei sovrani a modificare gli assetti giuridici, economici e politici sociali dei loro regni. Questa tendenza dei sovrani settecenteschi si spiega con il bisogno di migliorare l’efficienza della macchina statale ai fini bellici. In un periodo in cui la guerra viene condotta essenzialmente per mezzo di truppe mercenarie, la potenza delle armi dipende dalla capacità dell’apparato fiscale di prelevare somme sempre maggiori di denaro dai sudditi. Non si tratta senza dubbio di un compito facile, in primo luogo per la resistenza delle popolazioni al prelievo, ma soprattutto perché, nelle società di antico regime, vigono limiti ben precisi alla possibilità di tassazione da parte del sovrano. In generale vale la regola che, per imporre nuove tasse, occorre ottenere l’assenso delle assemblee rappresentative. Convocare le assemblee rappresentative per chiedere donativi straordinari ha però evidenti inconvenienti. Spesso, per comprare i voti parlamentari occorre fare delle concessioni che, in termini monetari valgono altrettanto o più di quello che si riesce a ottenere. Si spiega anche così la propensione delle corone europee, a partire dalla metà del Seicento, a governare senza convocare i vari tipi di rappresentanze dei sudditi. Non resta dunque ai sovrani che sperimentare diversi sistemi per aggirare il divieto di imporre nuove tasse. Si tenta così di aumentare il prelievo mediante l’ampliamento di imposte legittime, o cercando di superare con la forza o con il convincimento la resistenza dei ceti e gruppi privilegiati, o rendendo profittevoli al massimo i beni privati della corona. Gia durante il XVII secolo si diffonde nei domini asburgici dell’impero una corrente di pensiero chiamata cameralismo specializzata nell’avanzare proposte teoriche e pratiche per il miglioramento dell’efficienza delle rendite imperiali. Economia, scienze delle finanze e scienze dell’amministrazione, denominate nel loro complesso scienze camerali, aspirano a fornire strumenti che connettano la politica economica e fiscale (es. misure protezionistiche) e la modificazione degli apparati statali. Anche nella Spagna degli Asburgo si era diffusa l’abitudine da parte di studiosi e intellettuali di fornire al sovrano proposte su come migliorare lo stato delle finanze pubbliche, progetti di modificazione delle norme e delle strutture esistenti chiamati arbitrios. IL RUOLO CRESCENTE DELLA SFERA PUBBLICA Le rivoluzioni di metà Seicento costituiscono un’intensa fase di dibattito sulle questioni fondamentali della vita pubblica, e in particolare sul ruolo che la Chiesa e la religione hanno in essa. In questo periodo, tale dibattito viene esteso a strati sociali che mai avevano preso parte alla vita politica. Si diffondono numerose gazzette, sorta di giornali che raccontano gli avvenimenti della politica europea: eventi diplomatici, fatti bellici, avvenimenti sociali ecc. Si tratta di descrizioni, relazioni e racconti che offrono spunti di riflessione sulle caratteristiche e difetti della vita collettiva. In questo clima, a discapito di quell’idea tradizionale secondo la quale la legittimità del sovrano era data da Dio, ora il sovrano si trova costretto a spiegare ai propri sudditi le proprie prerogative, perché, qualora non lo facesse, sarebbe percepito non più come un sovrano legittimo, ma come un tiranno. In questo senso si svilupparono delle figure professionali, quale quella del consigliere, il quale non è reclutato necessariamente tra le cerchie cortigiane, ma si arruola volontariamente al servizio del re provenendo dalle fila dell’opinione pubblica colta, scrivendo un memoriale, un discorso, un progetto. Tra i consiglieri, vi sono sacerdoti, funzionari, esponenti delle professioni liberali che si appassionano all’idea di poter cambiare la vita sociale, in un’ottica di miglioramento. LA GUERRA DEI SETTE ANNI (1756-63) La guerra dei Sette anni (1756-1763) rappresenta il primo vero conflitto bellico di dimensione planetaria e portò a un mutamento dei rapporti di forza tra le potenze europee. Negli ultimi due secoli la politica aveva ruotato intorno alla rivalità tra i due rami degli Asburgo (spagnolo e austriaco) e la Francia (prima con i Valois e poi con i Borbone). In questa guerra invece il quadro muta radicalmente. La Francia e l’Impero si trovano alleate contro la Gran Bretagna da un lato e la Prussia dall’altro. All’origine del conflitto stanno due diverse questioni politiche: 1. la rivalità tra Francia e Gran Bretagna per i possedimenti coloniali in America settentrionale e India; 2. i dissidi tra la Prussia e l’Impero per il possesso della Slesia, occupata dalla Prussia durante la guerra di successione austriaca. Nel 1756 si formano due schieramenti: da un lato Impero, Francia, Russia e Svezia e dall’altro Prussia e Gran Bretagna. E’ Federico II di Prussia a rompere gli indugi e a muovere guerra all’Impero ma gli avversari hanno la meglio e invadono la Prussia e Berlino. Quando però la Svezia e la Russia nel 1762 si ritirano dal conflitto, il re di Prussia riesce a cacciare l’esercito imperiale. La Pace di Parigi (1763) stabilisce che la Slesia rimane alla Prussia, mentre la Gran Bretagna ottiene a spese della Francia vantaggi territoriali in India e America settentrionale, dove acquista il Canada, la Florida e i territori ad est del Mississippi. Viene così sancita la nascita di due potenze militari e politiche: la Gran Bretagna, prima potenza navale e coloniale europea e la Prussia, prima potenza continentale grazie al suo esercito. SOVRANI ILLUMINATI? Federico II detto il Grande, sovrano di Prussia dal 1740 al 1786, rappresenta il modello del sovrano assoluto ma sensibile alla cultura illuministica e quindi propenso a intervenire nel proprio regno con piani di riforma. In conflitto con il padre Federico Guglielmo I, che sperava che il figlio Federico II seguisse le orme del padre, ovvero diventasse un sovrano desideroso di servire la patria ed entusiasta per la vita militare, infatti, aveva previsto per lui una rigida educazione luterana, invece Federico si mostra propenso per le lettere e per la musica, oltre che per avere attorno a sé una cerchia di intellettuali illuminati, infatti sarà amico di Voltaire. Divenuto sovrano, i suoi sforzi si concentrarono, innanzitutto, nel rafforzamento e miglioramento dell’esercito, che diverrà uno dei migliori d’Europa. A questo scopo, abilmente riesce a coinvolgere la piccola nobiltà rurale, assicurando il suo predominio sociale nelle campagne e inaugurando appositi istituti d’educazione alla vita militare: le accademie. Inoltre, Federico II si mostra un abile propagandista di sé stesso, costruendo la sua immagine come di un sovrano tollerante, protettore dei commerci e delle manifatture, permissivo nei confronti della stampa, attento a favorire la diffusione dell’istruzione e contrario alla tortura e alla pena di morte. Federico rafforzerà gli apparati statali, tentando di trasformarli come strumenti di trasmissione degli ordini centrali, al fine di ottimizzare il funzionamento del prelievo fiscale e proteggere la produzione agricola con misure protezionistiche. Nell’ambito della politica estere, egli intende allargare i confini del suo regno, specialmente allargandosi verso la Polonia. Infatti, nel 1764, alla morte del sovrano polacco, Federico, in accordo con la Russia, porrà al comando un nobile polacco, Stanislao Poniatowski. Ma dopo tre anni interverrà nuovamente per via della guerra civile originata dal tentativo del re polacco di modificare l’assetto istituzionale polacco e promuoverà una spartizione della Polonia con la Russia. Ma il vero motivo per cui Federico viene denominato anche il Grande è perché fu in grado di costruire un’identità proto-nazionale prussiana, cioè il senso di appartenenza a una comunità nazionale. Anche Caterina II, zarina di Russia dal 1762 al 1796 sarà detta, la Grande. Educata alla cultura illuministica anche Caterina guarda in Occidente ai paesi più sviluppati come un modello per le riforme economiche e sociali da attuare in Russia. Tra i suoi interventi più importanti, è da ricordare il tentativo di smantellare l’enorme potere e ricchezza della Chiesa ortodossa. Infatti, a causa delle spese sostenute per la guerra dei Sette anni, emanerà un decreto di confisca delle proprietà ecclesiastiche. Ma in realtà, alcune delle sue prerogative dimostrano una certa lontananza dalle teorie illuministiche, come dimostra il rafforzamento della presa nobiliare sulle popolazioni rurali e il conseguente divieto ai contadini di appellarsi alla giustizia regia contro le prepotenze dei signori. Rispetto a ciò, il malcontento esplode in una rivolta generalizzata nel 1773, guidata dal russo Pugacev, convinto di essere la reincarnazione dello zar Pietro III. La rivoluzione sarà sedata nel 1775 dalla zarina che farà uso dell’esercito contro i propri sudditi. Altre prerogative, al contrario, dimostrano una vicinanza totale alle idee illuminate, come l’introduzione dell’istruzione elementare statale gratuita (ma solo nelle città) o il garantire una qualche libertà di stampa. Però, nel 1785 Caterina decide di stabilire in una Carta della nobiltà lo statuto privilegiato del ceto nobiliare gratificandolo di ulteriori esenzioni fiscali e militari e garanzie in merito alla giustizia (no pene corporali x i nobili). CAP 25: LA NASCITA DEGLI STATI UNITI D’AMERICA Gli interessi coloniali dell’Inghilterra nascono in funzione dei traffici commerciali. La penetrazione coloniale inglese comporta la creazione di una serie di basi commerciali lungo la costa atlantica, dedite agli scambi con le popolazioni indigene e legate alla madrepatria per via marittima. La base sociale degli insediamenti inglesi era abitata da mercanti, artigiani e persone che in generale erano alla ricerca di migliori condizioni economiche. Insieme a questi vi erano poi gruppi di deportati o delinquenti indesiderati dal governo britannico. Il primo gruppo di colonie fu quello del New England (Massachusetts, Connecticut, Rhode Island e New Hempshire) localizzato a settentrione. A questo poi si affianca un altro gruppo di colonie (New York, New Jersey e Pennsylvania) legato a grandi centri portuali e commerciali, come quelli di New York e Philadelphia. Più a sud vi sono ancora altre colonie (Maryland, Virginia, North e South Carolina, Georgia) specializzate nell’attività agricola (condotta attraverso piantagioni che adoperano schiavi neri). Le terre del Nuovo Mondo sono il punto di approdo di molti protestanti che ritengono inadeguata la Chiesa Anglicana, troppo vicina nell’organizzazione a quella cattolica. Queste colonie godevano di ampi margini di autonomia e vedevano la presenza di assemblee rappresentative elettive. Il controllo inglese sull’amministrazione locale è infatti indiretto. I traffici con le colonie, regolati da atti di navigazione, vedono l’obbligo di commerciare solo con la madrepatria e sottostare alla tassazione sulle merci imposta da Londra. Per il resto vi era una notevole autonomia, i governatori della corona si limitano infatti solo a controllare che la vita associata si svolga normalmente. NIENTE TASSE SENZA RAPPRESENTANZA: LE RAGIONI DEL CONFLITTO All’origine dei dissidi fra colonie e Gran Bretagna vi sono interessi economici e fiscali. Il governo può decidere come tassare le merci provenienti o destinate alle colonie. Inoltre per tutelare gli interessi della madrepatria, esso pone molti vincoli allo sviluppo economico delle colonie. Cominciano a serpeggiare malcontenti a causa della disparità tra le imprese della madrepatria e quelle coloniali. La ragione del contrasto interessa però anche la politica. La tradizionale visione whig sostiene il diritto a partecipare al governo del paese da parte di coloro che pagano le tasse, attraverso l’elezione di propri rappresentanti in Parlamento. Al contrario, lo statuto vigente delle colonie esclude proprio questa possibilità, sottomettendo i sudditi americani alle decisioni del Parlamento britannico. È soprattutto l’esito vittorioso della Guerra dei Sette Anni a rappresentare un punto di svolta. Grazie alle favorevoli clausole del Trattato di Parigi del 1763, la Gran Bretagna si trova infatti a decidere sul modo di governare non più di un insieme di colonie disposte lungo la costa atlantica nordamericana, ma di un vero e proprio territorio imperiale. La guerra, inoltre, aveva accentuato la consapevolezza delle colonie nord-americane di avere interessi propri distinti da quelli britannici. Dal punto di vista britannico, poi, vi è il problema di ripartire gli enormi costi dello straordinario costo bellico. I provvedimenti varati a tale proposito interrompono la tradizionale politica di scarsa interferenza nella vita delle colonie su alcuni punti fondamentali. Viene stabilita l’organizzazione in quattro nuove province dei territori americani sottratti alla Francia e il controllo diretto della Corona di alcuni territori dell’Ovest. Viene aumentata la presenza militare britannica e istituito uno speciale tribunale, la Corte del Viceammiraglio, con giurisdizione sul commercio e la navigazione. Per quanto riguarda la tassazione, non solo viene aumentato il prelievo fiscale ma viene introdotta una nuova tassa: lo Stamp Act, tassa sui giornali e atti commerciali. Questa tassa appare imposta senza alcun consenso, una sorta di atto di dispotismo (non importa se è votata dal Parlamento poiché lì non siede alcun rappresentante americano). Da qui, per via del malcontento, nasce la famosa affermazione no taxation without representation. La mobilitazione delle colonie (sostenute anche dai Whig inglesi) produce l’abolizione dello Stamp Act. Tuttavia il Parlamento approva una legge che afferma il proprio legittimo potere di legiferare per le colonie in qualunque caso. Nel 1773 il governatore britannico Frederick North, per salvare la Compagnia delle Indie Orientali dal fallimento, le conferisce con una legge il monopolio del commercio del tè nelle colonie americane. Contro questa ennesima imposizione ha luogo un’azione di protesta, conosciuta con il nome di Boston Tea Party: un gruppo di coloni, travestiti da indiani, gettano in mare il carico di tè di una nave della Compagnia ancorata al porto di Boston. LA GUERRA D’INDIPENDENZA La reazione in Inghilterra è dispotica. Il porto di Boston viene chiuso e si rafforza ancora di più la presenza inglese con il Quebec Act, dove viene data libertà di culto ai cattolici. La risposta dei coloni è la convocazione a Philadelphia di un congresso continentale dei rappresentanti delle tredici colonie britanniche nel 1774. La linea che prevale dal congresso è moderata e di conciliazione, prevede azioni di boicottaggio delle norme commerciali e fiscali e l’invio al sovrano di una petizione per eliminare le leggi vessatorie e per ricercare un compromesso sulle principali questioni. Re Giorgio III decide però di reagire con la forza a quella che giudica una aperta ribellione e ordina all’esercito di ristabilire l’ordine nelle colonie americane. Nell’aprile 1775 si verificano i primi scontri armati tra l’esercito regio e le milizie del Massachussets: è l’inizio della guerra d’indipendenza. Il mese successivo si riunisce a Philadelphia il secondo congresso continentale, formato dai delegati delle assemblee delle tredici colonie, che stabilisce di organizzare un esercito comune, sotto il comando di George Washington. Inizialmente ebbe la meglio l’esercito britannico, il quale conquistò New York e Philadelphia, ma l’opinione pubblica favorì che a fianco degli insorti americani vi fossero numerosi volontari, venuti in America a difendere la libertà delle ex colonie. Nel 1777 l’esercitò otterrà la sua prima vittoria a Saratoga e dopo tre anni sconfissero definitivamente l’esercito britannico a Yorktown nel 1781, arrivando al trattato di Versailles del 1783 con il quale la Gran Bretagna riconosceva l’indipendenza delle sue ex colonie a cui cedeva la sovranità sui territori compresi fra i Grandi Laghi, la Florida e il Missisipi. LA COSTITUZIONE DEGLI STATI UNITI Nel marzo 1781, sotto la spinta delle esigenze belliche, viene deciso di dar vita a un’autorità confederale dei tredici Stati sorti dalle ex colonie britanniche. Gli Articoli della confederazione, costituiscono in pratica la prima costituzione degli Stati Uniti. Tale testo si configura come una sorta di trattato fra stati sovrani, ognuno dei quali è rappresentato da un proprio delegato all’assemblea confederale: il Congresso. Questa impostazione però, appare a molti insoddisfacente. Si sviluppa quindi un movimento chiamato federalista o nazionalista, che propugna la revisione degli Articoli di confederazione. Si va così affermando l’idea di dotare gli Stati Uniti di una vera e propria costituzione scritta. Nel maggio 1787 si riunisce a Philadelphia una convenzione appositamente convocata per redigere la costituzione. Essa è un testo breve ed efficace composto da soli sette articoli che delinea una repubblica di tipo federale con un forte potere federale dotato di una propria sovranità. Ne è espressione un Congresso formato da due Camere: Camera dei Deputati e Senato. Nella Camera dei Deputati siedono i deputati eletti in ciascuno stato in rapporto alla popolazione esistente (es. lo stato di New York che ha tantissimi abitanti dà più deputati del Maryland che è meno denso come popolazione); mentre ciascuno stato però elegge solo due Senatori. Quindi le due Camere bilanciano la differenza tra gli stati. Quello che detiene il potere esecutivo è il Presidente degli Stati Uniti, che ha una gamma estremamente ampia di poteri, ed è colui che coordina questo insieme. Il potere giudiziario è affidato ai giudici. A guardia della Costituzione vi è un’apposita Corte Suprema. A completamento della carta costituzionale entrata in vigore nel 1789, nel 1791 viene approvato un Bill of Rights, che ribadisce il rispetto dei diritti individuali da parte del potere federale. Occorre ricordare che gli indigeni, gli schiavi africani e le donne restano esclusi dai diritti di cittadinanza del nuovo Stato. Seppure modificata nel corso del tempo, la Costituzione del 1787 è ancora oggi quella in vigore. CAP 26: LA RIVOLUZIONE FRANCESE Il sistema politico creato da Luigi XIV basato sul non convocare più gli Stati Generali presenta due limiti principali: priva la monarchia di un canale di collegamento tra la corte e la società, e trova ulteriori ostacoli nel prelievo di denaro. Le speranze nobiliari di vedere diminuito l’autoritarismo monarchico si erano viste a seguito della morte di Luigi XIV, in cui il reggente Filippo d'Orléans aveva tentato di allargare la partecipazione politica delle élites aristocratiche, non riuscendoci. In quegli stessi anni si era anche esaurito il tentativo ideato dal finanziere scozzese John Law di risanare le finanze statali attraverso l’emissione di cartamoneta. Law introdusse delle idee innovative. Il vero problema della Francia, secondo la Francia, era la mancanza di denaro. Secondo Law si doveva istituire una banca nazionale per emettere moneta cartacea per aumentare il credito e la circolazione di denaro. Per cercare di risanare il debito pubblico John Law decide per prima cosa di creare una Banca privata che inizia a emettere azioni e su cui la Banca paga una grossa rendita. La gente, contenta, inizia a comprare sempre più azioni, le quali iniziano a circolare e aumentano di prezzo. A questo punto la Banca inizia ad emettere biglietti di Banca e non più azioni, che vengono ugualmente accettati dai cittadini francesi. Lo scopo di Law è quello di eliminare la moneta per utilizzare solo i biglietti di Banca. Questo però crea del malcontento tra la gente, così qualcuno inizia ad andare in Banca per farsi cambiare i biglietti in oro. Dopo qualche giorno folle di persone si recano in Banca per cambiare i biglietti in oro. I primi giorni la banca paga, ma dopo chiude, Law fugge dal paese e la Corona ritira dalla circolazione tutte le banconote e le azioni. In questo fallimento inizia il regno di Luigi XV. Il tentativo ricorrente del regime di Luigi XV è quello di risolvere la mancanza di risorse finanziarie con misure autoritarie assunte dal Consiglio del Re, dopo una consultazione limitata di Cortigiani e funzionari. Queste misure incontrano l’opposizione del Parlamento parigino, che si inserisce sui contrasti tra le fazioni cortigiane, le quali cercano di influenzare il sovrano sulla scelta dei ministri (⇒ in Francia non vi era un primo ministro, ma i ministri più importanti erano quelli degli esteri, della giustizia e del controllore delle finanze). A seguito di varie difficoltà nell’attuare iniziative di riforma, nel 1770 il nuovo Ministro della Giustizia di Luigi XV, René Nicolas de Maupeou tenta la riforma giudiziaria, che prevede la riduzione del ruolo dei Parlamenti, con la promessa di un ritorno alla convocazione degli Stati Generali. Questo tentativo definito all’epoca Coup, cioè colpo di mano, con cui il Ministro cerca di colpire una delle istituzioni portanti della Monarchia, rappresenta la volontà di applicare concretamente l’assolutezza sovrana. A complicare la situazione si aggiunse una carestia che colpì la Francia nel 1774-75 che portò a delle rivolte popolari. Queste rivolte popolari avevano però un capro espiatorio, ovvero il Ministro Turgot che ha cercato sulla base dei principi fisiocratici di liberalizzare il commercio del grano e che appare come il principale colpevole. In effetti non lo è perchè la colpevole di ciò è la congiuntura climatica che nel 1774-75 si fa sentire e influenza pesantemente il raccolto, ma è sempre comodo trovare un capro espiatorio. Turgot venne licenziato dal sovrano e nel 1776 divenne ministro delle finanze Necker. Necker si rese conto delle condizioni disastrose in cui era la Francia e, dato che nemmeno i due grandi proprietari terrieri dello Stato, ovvero clero e nobiltà, se ne preoccupano, fa un atto che è estremamente rivoluzionario: rende pubblico il bilancio dello stato in modo da rendere palese la situazione fallimentare. Questo atto avrebbe causato il suo licenziamento. In questa situazione tanto critica, dopo centocinquant’anni dalla loro ultima chiusura, vennero convocati gli Stati Generali che si riunirono il 5 maggio 1789. In questa occasione ogni comunità francese stese il proprio cahier des doléances, letteralmente il quaderno di doglianze, cioè un insieme di richieste, lamentele e disagi che i deputati eletti avrebbero dovuto portare agli Stati Generali. Questi sono per noi una fonte ineguagliabile perché attraverso la loro lettura ci possiamo fare un'idea di quelli che potevano CAP 27: NAPOLEONE BONAPARTE L'entrata in vigore nel 1795 della costituzione dell'anno III non risolve la situazione dell'ordine pubblico in Francia. La clausola per la quale i due terzi dei membri delle nuove camere devono essere eletti tra i membri della convenzione suscita infatti la rabbiosa protesta dei monarchici che danno vita a Parigi, il 4 ottobre, a un'insurrezione repressa dalle truppe di un generale, Napoleone Bonaparte. Alla fine dello stesso mese viene nominato il primo direttorio che deve affrontare una situazione assai difficile. La Francia, malgrado i successi militari che portano alla pace con la Prussia e la Spagna, resta in guerra con la Gran Bretagna, l'impero e il Regno di Sardegna. Questa doppia emergenza, bellica e interna, viene risolta dal direttorio affidandosi a una soluzione di tipo militare. Prevede un attacco contro l’Impero e il regno di Sardegna con due armate: una cui è affidato il compito di varcare il Reno per impegnare la maggior parte delle truppe imperiali, l’altra per valicare le Alpi e invadere il Piemonte. Mentre la prima armata, sopraffatta, si vide costretta alla ritirata, la seconda armata, guidata da Napoleone ottenne una serie di straordinari successi. Infatti, Napoleone conquista Milano e poi Mantova, minacciando di raggiungere Vienna da sud. Con la Pace di Campoformio (17 ottobre del 1797) l’impero riconosce la sovranità francese sui Paesi Bassi meridionali e sulla Lombardia, ottenendo in cambio i territori della repubblica di Venezia. Una volta sconfitto l’impero, solo la Gran Bretagna si opponeva alla Francia. Per minacciare i commerci britannici con l’India e l’estremo Oriente, il Direttorio decide di porre a capo Napoleone di una spedizione militare in Egitto. Napoleone riuscì a sconfiggere l’esercito egiziano nella battaglia delle Piramidi (1798), ma la flotta francese fu annientata da quella inglese. Dunque, il piano di ostacolare la Gran Bretagna fu abbandonato e Napoleone fece rientro in Francia. Sul piano interno il Direttorio cerca di risolvere militarmente i problemi politici. Il primo ostacolo è costituito dalla vittoria dei monarchici nel 1797, che viene annullata grazie ad un colpo di stato del Direttorio, con l’appoggio di un esercito. Non fu l’ultimo colpo di stato, poiché l’anno dopo, alla vittoria dei giacobini, seguì il colpo di stato del Direttorio con il quale annullò le elezioni. L’abate Emmanuel-Joseph Sieyès decise allora di organizzare in accordo con il generale Bonaparte un colpo di stato militare che viene detto del 18 brumaio (9 novembre) 1799. Il Direttorio viene sciolto, e con la nuova Costituzione detta dell’Anno VIII entrata in vigore il 25 dicembre 1799 il potere è assunto da tre uomini che si autoproclamano consoli della repubblica: Sieyès, Bonaparte che con la carica di primo console si assicura un sostanziale predominio e Roger Ducos. Arrivato all'apice del potere, arrivato al consolato ed essendosi fatto nominare Primo Console tramite colpi di stato, il passo successivo sarà diventare imperatore dei francesi. A coronamento di questo processo e con il fine di designare un successore di Napoleone, viene approvata il 18 maggio 1804 la Costituzione dell’Anno XII che trasforma la carica di Primo Console in quella, ereditaria, di imperatore dei francesi. La Francia non è più una repubblica ma un impero, una scelta benedetta dal Papa Pio VII che nel corso di una solenne cerimonia il 2 dicembre di quel medesimo anno nella Cattedrale di Notre Dame a Parigi consacra Napoleone imperatore porgendogli la corona che egli stesso si pone sul capo. Avrebbe articolato tutti i territori che erano caduti sotto il suo potere militarmente come regni, e ci avrebbe messo i suoi parenti e funzionari fedeli a controllo. Nel 1804 avrebbe promulgato la stesura del Codice civile, che riassumeva molte delle conquiste della rivoluzione (es. libertà individuale, liberà del lavoro, laicità dello Stato, uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge) e affermava con chiarezza il diritto di proprietà privata. A questo sarebbero seguiti il Codice di commercio nel 1807 e il Codice penale nel 1810. La donna in questi codici però era completamente svalutata. Inoltre procedette a rafforzare gli apparati di sicurezza, in particolare con una potente polizia che si sarebbe dedicata alla tutela dell'ordine pubblico per dare sicurezza alle attività economiche e commerciali ma anche alla repressione di ogni forma di dissenso, anche grazie a un'efficiente censura. Avrebbe riformato anche il settore dell’istruzione con la creazione di licei e di grandi scuole pubbliche d’eccellenza. Preoccupata per la forza del nuovo regime Napoleonico, la Gran Bretagna riprende la guerra contro la Francia, a partire dal 1803 andando a creare una nuova coalizione anti-francese nel 1805 con l’impero austriaco, la Russia, la Svezia e il regno di Napoli. La flotta britannica riesce ad avere la meglio su quella francese nelle acque di Trafalgar, ma l’esercito austro-russo viene sconfitto disastrosamente ad Austerlitz. L’unico nemico da affrontare è la Gran Bretagna, che Napoleone non attacca direttamente, ma tramite il blocco continentale, cioè cerca di isolarla economicamente in modo da togliere la fonte della ricchezza inglese, i commerci. Nel 1806 Napoleone decreta in Francia e in tutti i paesi occupati e satelliti il blocco continentale, con il quale si vieta qualunque traffico con la Gran Bretagna. Il blocco viene esteso agli altri paesi europei come Russia, Svezia, Prussia e successivamente a tutte le navi di paesi neutrali che portano merci britanniche. Tuttavia, il contrabbando britannico assume enormi proporzioni, mentre l’economia francese non si dimostra in grado di sostituire la produzione britannica, anche per via del fatto che in Gran Bretagna era in corso la rivoluzione industriale. Con l’accusa di aver violato il Blocco Continentale nel 1812 Napoleone decide di invadere la Russia con 700.000 uomini. I generali russi usarono la strategia della terra bruciata: non accettarono mai lo scontro, e indietreggiarono e aspettarono l'avanzata di Napoleone temporeggiando in modo che Napoleone rimanesse senza risorse, con questo fine Mosca venne addirittura data alle fiamme dai russi. Il problema si ingigantì quando arrivò la vera arma dei russi: l'inverno. Temendo l'imminente morsa del gelo, privo di rifornimenti, snervato dalla tattica attendista russa che attua una strategia basata sul logoramento dell'esercito nemico facendo terra bruciata devi tanto grandi battaglie in campo aperto, Napoleone ordina la ritirata. Stremata dal freddo e dalla fame, soggetta a diserzioni e colpita da epidemie, l'armata di Napoleone al suo ritorno in Francia conta meno di 50.000 uomini. Questa disfatta portò le potenze europee a organizzare una nuova coalizione, la sesta. In Spagna una guerriglia porterà alla cacciata dei francesi e al ritorno dei Borbone sul trono, mentre Napoleone viene sconfitto a Lipsia (ottobre 1813) nella cosiddetta Battaglia delle Nazioni, dalle forze alleate che invadono la Francia e occupano Parigi. L’imperatore è dunque costretto ad abdicare e viene esiliato nell’isola d’Elba. Viene proclamata la restaurazione della monarchia dei Borbone nella figura di Luigi XVIII, conte di Artois, e con il trattato di Parigi, la Francia torna ai confini del 1792. La restaurazione dei Borbone in Francia, unita alla crisi economica, provocò il malessere dei francesi, subito avvertito da Napoleone, il quale nel febbraio del 1815, fuggito dall’esilio, sbarcò in Francia venendo accolto trionfalmente dalla popolazione. Le potenze europee allora si ritroveranno costrette a formare la settima coalizione e le forze britanniche con l’appoggio dell’esercito prussiano riuscirono a sconfiggere le truppe napoleoniche aWaterloo (18 giugno 1815). La vittoria degli alleati porrà fine ai 100 giorni di Napoleone, il quale verrà esiliato nell’isola di Sant’Elena, nell’Oceano Atlantico, e, controllato a vista dagli inglesi, morirà il 5 maggio 1821.
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