Docsity
Docsity

Prepara i tuoi esami
Prepara i tuoi esami

Studia grazie alle numerose risorse presenti su Docsity


Ottieni i punti per scaricare
Ottieni i punti per scaricare

Guadagna punti aiutando altri studenti oppure acquistali con un piano Premium


Guide e consigli
Guide e consigli

Storia Moderna (Provero-Vallerani) - Parte 1 Capitolo 3, Sintesi del corso di Storia Medievale

CAPITOLO 3 – La simbiosi franca

Tipologia: Sintesi del corso

2018/2019

Caricato il 14/07/2019

dnbnic
dnbnic 🇮🇹

4.8

(139)

63 documenti

1 / 5

Toggle sidebar

Documenti correlati


Anteprima parziale del testo

Scarica Storia Moderna (Provero-Vallerani) - Parte 1 Capitolo 3 e più Sintesi del corso in PDF di Storia Medievale solo su Docsity! CAPITOLO 3 – La simbiosi franca (Pag. 44-56) – I Franchi furono quelli che svilupparono con la massima efficacia l'incontro con le popolazioni di tradizione romana, realizzando una simbiosi, un'unione a costituire un nuovo popolo, in grado di integrare e sviluppare diverse culture politiche. – Come diretta conseguenza di ciò, i Franchi nel giro di due secoli riuscirono ad affermarsi come il regno più potente d'Europa, ponendo le basi per l'espansione carolingia alla fine del VIII secolo. Ma prima bisogna tornare indietro a quella fase, tra III e V secolo, nella quale i Franchi prima entrarono in contatto con l'Impero, poi assunsero in controllo della Gallia. 1. Clodoveo Re che tra V e VI secolo affermò il proprio dominio su gran parte della Gallia. Fu una figura centrale nella memoria del regno franco e poi francese, tanto che Clodoveo fu il nome più utilizzato dai re di Francia, fino a Luigi XVIII. Il suo potere non nacque da un'improvvisa invasione della Gallia, ma fu l'esito di una lenta ascesa all'interno di territori in cui i Franchi erano stanziati da tempo: dobbiamo partire da questo e dalla Gallia tardoantica. La Gallia romana: aristocrazia e vescovi. Nel contesto del tardo Impero, la Gallia rappresentava prima un territorio di integrazione tra Romani e Celti, poi un ambito di affermazione patrimoniale e politica dell'aristocrazia senatoria provinciale, con famiglie che concentravano il patrimonio e azione all'interno della Gallia. Caratteristica specifica di questa regione, tra IV e V secolo, fu la crescente attenzione delle famiglie senatorie per le cariche ecclesiastiche, e la volontà di occupare le funzioni vescovili: questo è un aspetto che va al di là del piano ecclesiastico, poiché cultura, ricchezza e funzioni pastorali dei vescovi ne facevano detentori di un importante potere nei confronti della comunità cittadina. La convergenza di queste famiglie a ricoprire tali cariche fu causa ed effetto del potere vescovile: effetto perché tale cattedra era un obiettivo appetibile per le famiglie che volevano conservare ed aumentare la propria preminenza sociale; causa perché la forza delle sedi vescovili fu accresciuta propria dalla presenza di esponenti delle famiglie più potenti: quindi le sedi vescovili erano ricche e potenti, attirando l'attenzione delle famiglie senatorie, la cui occupazione ne aumentava ulteriormente il rilievo. I Franchi e l'Impero. I Franchi presero il controllo della Gallia lungo il V secolo. Nel tardoantico erano un popolo poco compatto, una confederazione di tribù che, pur non essendo nomadi, esprimevano un rapporto con il territorio diversi da quelli romani, poiché estranei alle idee di latifondo e di città (gli elementi fondanti dell'organizzazione sociale nell'Impero). Pure al punto di vista religioso erano poco compatti, pur con una prevalenza del paganesimo, integrato da elementi di Cristianesimo ariano. Il popolo franco, tra Iv e V secolo, subì un lento processo di romanizzazione, che si avviò prima della loro presa di potere in Gallia, che coinvolse sia le tribù che si stanziarono nei territori dell'Impero, che quelle che se ne tennero fuori. Alcuni gruppi, come i Franchi salii, si stanziarono nell'Impero a partire dalla metà del IV secolo, entrando a fare parte dell'esercito romano: al momento del crollo del limes del Reno (406-407) si batterono contro Vandali e Alani; nel 45, nella vittoria di Ezio contro gli Unni a Chalons-en-Champagne, i Franchi rappresentavano una delle componenti fondamentali dell'esercito romano. In un contesto di progressiva marginalizzazione del potere imperiale, che nei decenni centrali del secolo perdette il controllo della Gallia settentrionale, i Franchi si affermarono come uno dei principali attori politici della regione. Questo processo può essere evidente considerando due figure, padre e figlio, che si succedettero come re dei Franchi di Tournai e completarono l'unione dei Franchi in un solo regno e la sottomissione di gran parte della Gallia. Childerico e Clodoveo: il potere sulla Gallia. Childerico I, attivo nei decenni centrali del secolo, ci mostra la prima transizione dei Franchi dalla condizione di soldati al servizio dell'Impero a quella di autonomi attori politici. Combatté contro i Visigoti sotto il comando di Egidio (figlio di Ezio, al cui seguito i Franchi avevano combattuto nel 451 gli Unni): in questa campagna Childerico seppe costituire un proprio specifico ruolo politico, connotando l'azione militare del suo popolo in senso religioso, come lotta contro i Visigoti ariani. Questo valse per i Franchi (pagani) una nuova forza e una nuova legittimazione agli occhi dei Gallo-romani e dei vescovi. Clodoveo riuscì a completare il processo di consolidamento: succeduto al padre nel 481, attuò un'efficace politica militare che gli permise di affermare il proprio controllo su gran parte della Gallia, dove il declino dell'Impero d'Occidente e la lontananza di quello d'Oriente avevano lasciato spazio ad una pluralità di dominazioni, tra le quali i Burgundi (sud-est, Borgogna) e Visigoti (Meridione, dalla Provenza all'Aquitania). Clodoveo operò nei loro confronti un'efficace espansione militare, che permise di sottomettere i Burgundi e ridurre il dominio dei Visigoti in Gallia, grazie alla battaglia di Vouillé del 507, segnando l'affermazione del suo gruppo parentale, i Merovingi. La conversione. Al cristianesimo cattolico, fece seguito pochi anni dopo la presa del potere fu un fatto religioso con importanti implicazioni politiche, perché proprio la rapidità della conversione fece in modo che non si innescassero quei meccanismi di contrapposizione identitaria di base religiosa. L'impatto della conversione sugli equilibri interni andò oltre, come si coglie dagli scritti del vescovo Gregorio di Tours: il suo racconto prende le mosse dalle vittorie militari di Clodoveo, che rivelarono al re l'appoggio e la potenza del vero Dio; ma l'intervento determinante fu della moglie, che mise il re in contatto con Remigio, vescovo di Reims, uomo di una santità tale da essere paragonato a Silvestro, il papa che battezzò l'imperatore Costantino. Fu lui a completare la conversione del re, la cui scelta trascinò l'intero esercito, che si convertì e venne battezzato. La memoria di Costantino. I due elementi chiave di questo racconto sono la centralità dei vescovi, che trasmisero ai Franchi la religiosità e la cultura cristiana di tradizione romana, e l'assimilazione di Clodoveo a Costantino, primo imperatore cristiano. Questa assimilazione emerge da diversi passi del testo: la conversione legata all'aiuto di Dio nella battaglia (es. vittoria di Costantino a Ponte Milvio); l'analogia tra Remigio e papa Silvestro; il battesimo, quando Clodoveo “s'avvicinò al lavacro come un nuovo Costantino, per essere liberato dalla lebbra antica”, a richiamare la leggenda dell'imperatore miracolosamente guarito grazie al battesimo. Per questi elementi la narrazione di Gregorio è importante, perché il suo testo è l'espressione diretta dell'ideologia vescovile, quel sistema di potere che si era costruito a partire dalla conversione di Clodoveo, con la piena convergenza dei vescovi intorno al potere regio. È un'ideologia che diede al re franco una forte legittimazione ed è evidente come questo suo potere trovasse una base nel nesso strutturale con i vescovi. Nel corso della successiva storia france, prevalsero le fasi di solidarietà tra regno ed episcopato, in cui si affermò un'ideologia che attribuiva a re e vescovi un fine comune (pace sociale e salvezza del popolo cristiano), perseguito con mezzi diversi. Una nuova aristocrazia. L'integrazione tra i Franchi e i Gallo-romani fu l'unione di due aristocrazie, la creazione di un gruppo dominante unitario, con uno stile di vita che fuse modelli di comportamento provenienti dalla tradizione romana e quella germanica. Tra IV e V secolo l'aristocrazia senatoria gallo-romana era caratterizzata dall'attenzione per il latifondo, il radicamento in città e l'occupazione delle cariche ecclesiastiche; i gruppi dominanti franchi erano connotati dalle capacità militari, dalla vicinanza al re e dal sistema di legami clientelari. Lungo il VI secolo si creò un'aristocrazia che sapeva basare il proprio potere su tutte queste azioni: combatteva e accumulava terre, era vicina al re, attenta a radicarsi nelle città, tesseva reti clientelari e occupava cattedre vescovili. Un'aristocrazia mista, che seppe sfruttare modelli politici diversi e su questa base diede vita a una società e a istituzioni ibride, e perciò del tutto innovative. - 2. Le chiese franche e la diffusione del monachesimo in Occidente La funzione dei vescovi. La rapida conversione dei Franchi al Cattolicesimo e la convergenza dell'aristocrazia intorno alle sedi vescovili favorirono l'affermarsi di un modello di vescovo aristocratico, ricco e potente, e l'assommarsi nelle mani vescovili di una molteplicità di risorse e funzioni. Il vescovo era il vertice della diocesi, il centro della vita religiosa regionale: la città e il territorio circostante dovevano far riferimento al vescovo per l'insieme di azioni pastorali e sacramentali tese a garantire la salvezza dopo la morte (“cura delle anime”). Già questo faceva del vescovo una figura centrale, in un regno ove la prevalenza del Cristianesimo cattolico fu rapida e incontrastata. I vescovi erano portatori di cultura letteraria e politica, conoscenza diretta dei funzionamenti istituzionali romani. Come i vescovi del IV-V secolo avevano costituito in modo sempre più chiaro una delle articolazioni del potere romano, così i loro successori del VI secolo seppero trasmettere questa esperienza ai re franchi: nella loro azione locale e nel loro affiancare i re a corte, orientarono il sistema politico franco verso funzionamenti che ripresero modelli di tradizione romana. Infine i vescovi erano ricchi: personalmente perché esponenti della grande aristocrazia franca; ma anche perché lo erano le sedi vescovili, nel cui patrimonio andavano accumulandosi i beni donati da chi cercava benevolenza, protezione e preghiere. La ricchezza dei vescovi ne faceva dei grandi patroni, i vertici di ampie clientele, capaci di coordinare e orientare le azioni di settori importanti della società cittadina. Questi processi si accentuarono sia perché i re si appoggiarono politicamente alle capacità vescovili più di quanto facesse il potere imperiale, sia perché le cattedre vescovili erano occupate da un'aristocrazia che stava valorizzando sia la tradizione senatoria romana che quella militare franca. L'importanza dei vescovi in questi regni è indubbia, ma dobbiamo anche ricordare che la principale fonte che ci permette di conoscere la vita politica franca del VI secolo è rappresentata dalle Storie di Gregorio di Tours, importante vescovo: questa narrazione ci offre molte notizie sui re, sui loro poteri e sui loro comportamenti politici, ma che mette continuamente al centro i vescovi. Riflette tutti gli effettivi funzionamenti politici del V secolo, ma anche l'importanza che i vescovi franchi avevano assunto lungo il VI secolo. La narrazione di Gregorio ci ricorda poi come i vescovi non erano solo centri di potere e ricchezza, ma anche della cultura e della memoria del popolo franco. Il monachesimo in Occidente. Un peso di rilievo deve essere attribuito ai monasteri. Già nel Mediterraneo orientale, tra Egitto e Cappadocia, nel IV secolo si era sviluppato un articolato movimento monastico, iniziativa di singoli e gruppi alla ricerca di un più diretto rapporto con Dio, attraverso un percorso di ascesi e perfezionamento spirituale, basato sull'isolamento dal mondo circostante. Martino di Tours, monaco e vescovo. Lungo la seconda metà del IV secolo cogliamo in Occidente l'emergere di esperienze prima eremitiche, poi cenobitiche. La vicenda di Martino di Tours è significativa: figlio di un ufficiale dell'esercito imperiale, originario della Pannonia (Ungheria), fu anche lui soldato attivo in Gallia, prima di farsi monaco, per poi essere scelto come vescovo di Tours, dove morì nel 397. la vicenda è tramandata da Gregorio di Tours, ma la sua fama andò molto al di là di Tours e dei suoi vescovi: già da Clodoveo, i re franchi fecero di
Docsity logo


Copyright © 2024 Ladybird Srl - Via Leonardo da Vinci 16, 10126, Torino, Italy - VAT 10816460017 - All rights reserved