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Storia Moderna (Provero-Vallerani) - Parte 2 Capitolo 4, Sintesi del corso di Storia Medievale

CAPITOLO 4 – Il Mediterraneo bizantino e islamico

Tipologia: Sintesi del corso

2018/2019

Caricato il 14/07/2019

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Scarica Storia Moderna (Provero-Vallerani) - Parte 2 Capitolo 4 e più Sintesi del corso in PDF di Storia Medievale solo su Docsity! CAPITOLO 4 – Il Mediterraneo bizantino e islamico (Pag. 138-150) Nei decenni tra VII e VIII secolo si assistette a una trasformazione dei quadri di vita di gran parte del Mediterraneo meridionale e orientale: la nascita dell’Islam fu una trasformazione religiosa, ma si tradusse anche in una ridefinizione dei sistemi politici di ampi territori già appartenenti all’Impero romano/bizantino e ai regni romano germanici. Possiamo analizzare i primi secoli di storia islamica come un processo di mutamento su molti piani. In particolare, all'affermazione dell’Islam dobbiamo collegare i processi di ridefinizione dell’Impero bizantino: una riduzione degli orizzonti territoriali, non più proiettati sulle ambizioni universali della tradizione imperiale romana; una ridefinizione dei funzionamenti interni; una nuova centralità dell’esercito. Ma la storia bizantina dei secoli centrali del medioevo non fu solo di ricostruzione su nuove basi (militari, fiscali, ideologiche) di una potenza sovraregionale in grado di esercitare un’efficace egemonia su larghi settori dell’Europa orientale. - 1. Le origini dell’Islam Nomadi e città. La penisola araba nel tardoantico era strutturata attorno alla convivenza di due grandi gruppi: le popolazioni urbane di città come La Mecca e Yathrib (poi Medina), attive sul piano commerciale; le tribù nomadi di pastori, che rifiutavano la vita urbana e forme di coordinamento politico. Era riconoscibile la centralità della Mecca, per le sua funzioni commerciali e il prestigio connesso al culto della Ka’ba, una pietra nera di origine meteorica, meta di pellegrinaggi. Sul piano religioso, prevalevano forme di politeismo parzialmente corrette da alcune tendenze al monoteismo (o almeno alla gerarchizzazione delle divinità attorno ad un Dio superiore), in parte derivanti da influssi ebraici e cristiani. La predicazione di Muhammad. Nato alla Mecca intorno al 570 da una famiglia mercantile (un ramo minore della tribù dei Quraishiti), iniziò la sua opera religiosa nel 612, quando alcune visioni lo convinsero di essere un inviato di Dio, incaricato di declamare la parola divina, che invitata a una fede monoteista, organizzata attorno ad alcuni precetti fondamentali. Dall’idea di declamazione (qara’a) deriva al Qur’an, il Corano, il Libro sacro dell’Islam. è religione del Libro, come Ebraismo e Cristianesimo, ma - diversamente da Antico e Nuovo Testamento - non è solo parola ispirata da Dio, ma è direttamente parola di Dio, di cui Muhammad fu solo portavoce. La predicazione di Muhammad fu prima trasmessa oralmente, poi raccolta in una redazione scritta che completata nei decenni centrali del secolo. L’Egira. La predicazione di Muhammad costituiva una minaccia per il potere dei grandi clan quraishiti della Mecca, che trovavano forza e ricchezza nei pellegrinaggi alla Ka’ba, sostenuti da un forte sincretismo religioso di stampo politeistico. L’isolamento politico convinse Muhammad a fuggire (622) a Yathrib (che assumerà il nome di Città del Profeta). La fuga del Profeta (Egira) è considerata un momento fondativo, tanto da segnare l’inizio del calendario islamico: lo spostamento a Medina non mutò il messaggio religioso di Muhammad, ma ne cambiò le prospettive politiche, avviando l’organizzazione attorno al Profeta di una comunità politico-militare a base religiosa, senza limitazioni etniche, dato che la umma (la comunità) si basava solo sulla comune osservanza di precetti religiosi. Muhammad divenì fattore unificante delle tribù arabe, che avevano già espresso tendenze verso la convergenza culturale e politica: il monoteismo salvifico divenne il collante per un efficace coordinamento politico-militare, che garantì a Muhammad una forza tale da consentirgli nel 630 di rientrare alla Mecca, dove coinvolse i gruppi quraishiti più potenti e valorizzò il pellegrinaggio alla Ka’ba, purificato degli elementi politeisti e trasformato in senso islamico. L’Espansione territoriale. Alla morte di Muhammad nel 632, la religione islamica aveva assunto un ruolo guida alla Mecca e nell’intera penisola arabica: un fattore di coesione ideologica che permise di dare unità politica a forze prima disperse e avviare un’azione militare che nel giro di poche decenni sottomise agli Arabi territori di straordinaria ampiezza. Sotto la guida dei primi califfi (successori di Muhammad), negli anni ‘30 gli Arabi cancellarono l’Impero persiano e ottennero vittorie ai danni di Bisanzio, conquistando Siria e Palestina e avviandosi alla conquista del Nordafrica, a partire da Alessandria d’Egitto. L’azione rapidamente ridusse la capacità militare bizantina a uno spazio ristretto, tra Costantinopoli e l’Egeo: l’attacco diretto alla capitale, tra 674 e 678, non ebbe esisto, ma le armate arabe seppero la possibilità di compiere una rapida espansione a comprendere tutto il Nordafrica romano fino a conquistare, nei primi anni dell’VIII secolo, la Spagna visigota. L’espansione si arrestò nel 717-718: la conquista della Spagna e il fallimento di un nuovo attacco a Costantinopoli andarono a definire i limiti del dominio islamico sulle coste mediterranee. Ma non fu l’unico ambito di espansione militare, dato che negli stessi anni il dominio islamico si affermò anche in Oriente, fino all’Uzbekistan e alla valle dell’Indo. Si costituì un quadro territoriale amplissimo, dall’Atlantico ai confini dell’Impero cinese, che non aveva antecedenti in alcuna dominazione dei secoli precedenti. Le lotte per la successione. L’azione politico-militare dei califfi fu però segnata da fratture legate alla successione a Muhammad. Si contrapposero tre posizioni: - i sunniti, che si rifacevano alla sunna (tradizione), e ritenevano che il califfo dovesse essere eletto sulla base del consenso degli anziani, all’interno della tribù di Muhammad; - gli sciiti, seguaci di Alì (cugino e genero di Muhammad), che davano la massima importanza al carisma familiare e ritenevano che il califfo dovesse essere scelto all’interno della famiglia del Profeta; - i kharigiti, ritenevano che il califfo dovesse essere scelto per merito, indipendentemente dalla sua appartenenza tribale o familiare. La rottura si realizzò nel 661 con l’uccisione di Alì, quarto califfo: nella maggioranza del mondo islamico prevalse l’orientamento sunnita e la funzione califfa su assunta dalla dinastia degli Omayyadi, un clan della Mecca, della tribù quraishita. Ci fu tuttavia una spaccatura e in alcuni settori del mondo islamico si conservò una tradizione culturale-religiosa che si richiamava ad Alì ed al nucleo familiare di Muhammad, ritenuto detentore di uno speciale carisma ereditario. Qui ebbe origine l’opposizione tra Sunniti e Sciiti. I califfi omayyadi. Gli Omayyadi posero fine al califfato elettivo e conservarono il potere fino al 750, con quattordici successivi califfi: fu sotto di loro che si completò l’espansione territoriale dell'Islam e questo pose problemi di convivenza tra gli Arabi e le popolazioni sottomesse. Il califfato aveva una doppia natura: un carattere etnico, come dominio degli Arabi su altre popolazioni; un carattere religioso, come affermazione dei musulmani sui non credenti. Concettualmente i due piani sono distinti, ma nell’età omayyade erano intrecciati, dato che l’Islam era concepito dall’élite al potere come la religione degli Arabi, con un diretto legame tra identità etnica e identità religiosa. Gli Arabi e le altre popolazioni. All’interno del dominio islamico, esistevano due diseguaglianze: una regolata ed esplicita, tra islamici e non islamici; una meno esplicita, tra Arabi e islamici di origine non araba. La prima distinzione non si tradusse in persecuzione, dato che fu ampia la tolleranza verso altre fedi, in particolare verso Ebraismo e Cristianesimo, ma con il posizionamento dei sudditi ad una condizione di vita inferiore, con l’obbligo di pagare una tassa specifica. La divisione interna tra fedeli invece non era formalizzata in modo chiaro, ma concretamente il sistema di potere islamico era un sistema arabo e i nuovi fedeli potevano integrarsi solo legandosi come clienti ad una tribù araba. I decenni del dominio omayyade furono però di profonda trasformazione da questo punto di vista. Posero il centro a Damasco (Siria), e questo portò ad una marginalità politica della penisola arabica, riducendo La Mecca e Medina a centri di rilievo esclusivamente religioso. Inoltre questa fu la fase di sistemazione della fede islamica: il Corano fu oggetto di un’opera di interpretazione e commento, che costituì la base di riferimento per l’Islam dei secoli successivi. Ma questa riflessione si sviluppò in parallelo alla conquista e islamizzazione di nuovi territori, e fu quindi via via influenzata dalle tradizioni culturali delle popolazioni sottomesse. Tutto ciò non si tradusse in un libero sincretismo culturale, dato che gli anni tra VII e VIII furono segnati dalla piena affermazione dell’arabo come lingua ufficiale, sul piano religioso e anche amministrativo. Nel complesso, il secolo omayyade fu segnato dal processo di affermazione del carattere universale dell’Islam e di superamento della sovrapposizione tra identità religiosa islamica ed etnica araba. Questo processo troverà compimento con l’ascesa al potere, nel VIII secolo, degli Abbasidi e con lo spostamento del centro califfale a Baghdad. Una rottura economica. L’interdipendenza economica tra le diverse parti del Mediterraneo, che aveva caratterizzato l’Impero romano, si era rotta lungo il V secolo. Tuttavia, meccanismi di interdipendenza su base fiscale si erano conservati nell’ambito dell’Impero orientale: Bisanzio, la sua amministrazione ed eserciti traevano sostegno dalle province più produttive sul piano agrario, come Egitto, Tunisia, Sicilia. La perdita delle prime due fu un colpo per l’economia dell’Impero, che ridusse gli orizzonti politico-militari e diede nuova importanza alla Sicilia. Il mutamento economico fu meno radicale per le popolazioni che passarono sotto il dominio islamico: dal punto di vista amministrativo e fiscale il califfato fu erede delle strutture romane e conservò un sistema di prelievo coerente con i precedenti modelli imperiali, quale era invece scomparso nei regni romano-germanici che controllavano l’Europa occidentale. - 2. Bisanzio: crisi e riorganizzazione di un Impero La riduzione a orizzonti regionali. Dalla metà del VII alla fine dell’VIII secolo, l’Impero romano d’Oriente subì gli effetti dell’affermarsi di due nuove dominazioni, che lo intaccarono sul piano territoriale ed ideologico: l’espansione dell’Islam sottrasse ampi territori del Mediterraneo orientale e meridionale, riducendolo ad una potenza di rilievo regionale, priva del sostegno economico delle produzioni del Nordafrica; alla fine del secolo seguente, l’affermarsi in Europa del dominio carolingio, intaccò poco i territori imperiali, ma si pose in concorrenza sul piano ideologico, con l’attribuzione a Carlo Magno del titolo imperiale, richiamo a tradizione romana e a capacità di proteggere la Chiesa di Roma (connotati rivendicati da secoli dall’Impero di Costantinopoli). A partire da questa fase possiamo parlare di Impero “bizantino”: il richiamo alla romanità fu un dato costante di tutta la sua storia, fino alla caduta nel 1453, ma i mutamenti tra VII e VIII secolo gli tolsero una prospettiva universale, trasformandolo in una dominazione regionale, polarizzata sull’Egeo e attorno alla capitale, per la quale appare adatta la definizione.
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