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Storia Moderna (Provero-Vallerani) - Parte 3 Capitolo 3, Sintesi del corso di Storia Medievale

CAPITOLO 3 – Il dominio signorile

Tipologia: Sintesi del corso

2018/2019

Caricato il 14/07/2019

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Scarica Storia Moderna (Provero-Vallerani) - Parte 3 Capitolo 3 e più Sintesi del corso in PDF di Storia Medievale solo su Docsity! CAPITOLO 3 – Il dominio signorile (Pag. 231-250) Il rafforzarsi dell'identità sociale dell'aristocrazia militare si espresse in mutamento e accentuazione di pressione controllo politico sugli strati sociali inferiori. I secolo X e XI in Europa furono teatro di un mutamento delle forme di potere: si indebolì la capacità regia di controllo, si frammentarono i distretti affidati a conti e marchesi, chiese e dinastie aristocratiche costruirono poteri locali autonomi, signorie di piccole dimensioni. Non fu una rinuncia volontaria da parte del regno: le signorie non erano concesse per delega dai re ai fedeli, ma costruzioni politiche dal basso, attuate valorizzando le basi locali del potere (terra, castelli, clientele armate). Se il processo fu comune a tutta l'Europa carolingia, con principali linee di tendenza, va detto che ogni luogo fa stiria a se, con esiti diversi. I poteri signorili partivano dal grande possesso fondiario, quindi solo chi ne ve ne era ricco aveva le risorse per imporre il proprio dominio sui vicini più deboli. Ma i poteri signorili non erano solo sviluppo e approfondimento del rapporto tra padrone e contadini, un legami economico e sociali già efficace in età carolingia: vi è un salto di qualità, con il passaggio ad una vera forma di potere politico, una dominazione territoriale proiettata sia sui contadini che coltivavano la terra del signore che su tutti i vicini. Il salto di qualità fu connesso alla nuova capacità di azione armata dell'aristocrazia, di quei cavalieri la cui identità sociale si andava consolidando lungo l'XI secolo. - 1. un potere senza delega: terre castelli, clientele Dinastie e chiese. Con “signori” intendiamo entrambi, due facce dello stesso sistema di dominio aristocratico, che in questi secoli fu caratterizzato da efficacia locale e piena autonomia dal controllo regio. C'erano differenze tra chiese e dinastie, ma le analogie furono più importanti. Ogni signoria seguì una storia a sé, ma gli elementi in gioco furono circa gli stessi: terre, castelli e clientele rappresentarono le fondamentali basi dei nuovi poteri signorili. Le funzioni sociali delle terre. Nell'alto medioevo, fino allo sviluppo commerciale del XII secolo, essere ricchi significava avere terre: la circolazione monetaria era debole, le terre assunsero funzioni economiche e sociali. La terra manteneva uno stile di vita aristocratico, e legava sé una clientela di fedeli (i benefici dei vassalli erano concessioni fondiarie); i proprietari delle curtes usavano la terra per garantirsi i servizi di lavoro dei massari nel dominicum; con le donazioni di terrasi esprimeva la devozione verso le chiese. Le terre avevano quindi importanza economica, rilevanza sociale e efficacia simbolica più forte che oggi. Tutto ciò subisce una distorsione nelle fonti giunte però: le transazioni fondiarie erano le azioni più registrate per iscritto, e questi erano i documenti registrati con maggior cura, per garantirsi la stabilità del proprio patrimonio. La documentazione non conserva però traccia di altre azioni economiche di cui possiamo cogliere traccia per via archeologica o narrativa (es. fonti monastiche). La rilevanza sociale della terra era alta già in età carolingia: il potere regio coordinava l'autonomia aristocratica, ma si attuò anche una polarizzazione della società locale attorno ai grandi possessori, con i contadini che cercava vantaggi economici (terre da coltivare) e protezione, in un contesto ove la pace garantita dal re era incerta. Le curtes erano disperse in molti villaggi, e un singolo potente poteva incidere sulla società di diversi villaggi, e al contempo in un singolo villaggio erano presenti diversi grandi proprietari. L'azione armata. La terra assunse ulteriore rilevanza sul piano sociale quando venne meno il coordinamento regio, quando chiese e dinastie tradussero la propria eminenza economica in potere signorile. La giustizia regia era lontana, il conte concentrava la propria azione solo nei villaggi dove aveva patrimonio personale: i contadini cercarono protezione nell'unico potente con il quale avevano rapporto, il proprietario della terra che coltivavano. Era un rapporto economico, che si evolse in completa sottomissione. Questo avvenne quando l'eminenza economica si arricchì di nuova capacità di agire autonomamente sul piano militare: una dominazione ampia, a carattere politico, che emulava prerogative e compiti del potere regio (protezione, giustizia, fisco=. Questa capacità di azione militare aristocratica avviò la trasformazione dei contadini in sudditi del signore. I castelli. Spesso il potere signorile vi trovò la propria base, ma occorre capire i meccanismi sociali e politici che vi si attuarono attorno, capire perché nei secoli X e XI un'azione di contenuto militare come la costruzione del castello avesse forti implicazioni politiche. Una lettura tradizionale vedeva le incursioni ungare e saracene fattore scatenante dell'incastellamento; ma queste furono meno incisive di quanto si ritenesse e non esiste una corrispondenza cronologica e geografica tra le incursioni più minacciose e le fasi di incastellamento più intense. Inoltre non vi si può spiegare la persistenza dei castelli dopo la fine delle incursioni, nella seconda metà del X secolo: castelli semplici, fatti di terrapieni, sarebbero scomparsi se non vi fosse stato continua manutenzione, che rispondevano a esigenze permanenti nella società locali. La debolezza militare dei re. Occorre muoversi nella logica politica locale, e vedere nel castello un passaggio del processo che trasformò la superiorità economica dell'aristocrazia in una forma di dominio. Le incursioni saracene e ungare furono conseguenza della debolezza militare del re, rendendo evidente la crisi del potere regio, mostrando la sua incapacità di garantire sicurezza e pace sociale. Per la prima metà del secolo X si sono conservati diplomi regi che autorizzano chiese, signori o comunità a costruire castelli, per difendersi contro “pagani e cattivi cristiani”. Sono fonti che mettono in luce diversi meccanismi: presa d'atto regia della propria incapacità di proteggere tutto il territorio; riconoscimento di una legittima iniziativa militare di altri autori politici; presenza di una violenza diffusa, derivante anche dai comportamenti dei “cattivi cristiani”, membri della stessa aristocrazia. Non è però importante distinguere tra castelli legittimati o meno dal regno, conta la concreta dinamica sociale che vi si sviluppò attorno. Si va dall'azione al diritto: non è il castello autorizzato dal re che in quanto tale diventa centro di potere, ma è qualunque castello, nato per iniziative diverse, a divenire luogo di esercizio della giurisdizione, a essere legittimato dalla sua stessa efficacia. Dalla protezione al controllo. Se il regno non poteva proteggere i propri sudditi, questi dovevano cercare protezione ove la potevano trovare: nelle città ci si raccolse attorno ai vescovi, nelle campagne i grandi possessori fondiari costruirono un piccolo apparato militare, sistema di fortificazioni e uomini armati capace di proteggere i propri vicini. Per questo furono fondamentali i castelli: un meccanismo politico e mentale portava a riconoscere come potere legittimo chi era capace di proteggere. Nel secolo XI attorno ai castelli si sviluppò un processo di sottomissione della popolazione circostante, per cui la protezione garantita dal castello si poteva estendere a gruppi più ampi: prima di tutto il signore e la sua familia (familiari e famuli, servi di casa); i vassalli che affiancavano il signore nelle sue azioni armate, i contadini che coltivavano le sue terre; infine i vicini, che non avevano alcun rapporto formale con il signore, ma avevano bisogno della sua protezione. Il castello creò ed intensificò questi rapporti. La possibilità dei vicini di rifugiarsi nel castello fu la base per imporre loro alcuni servizi, come i turni di guardia e le corvées per la manutenzione del castello, contropartite specifiche, direttamente legate al castello e la sua efficacia. Questo diede vita ad un rapporto di scambio tra protezione e servizi: si affermò la capacità del signore di sostituire il potere regio nel difendere la pace, sostituzione meglio comprensibile inquadrando il castello nella più complessiva capacità armata dei signori locali, fondata sui cavalieri. Le clientele armate. Parliamo di cavalieri, perché proprio nel secolo XI si affermò la centralità della cavalleria, prima dal punto di vista militare, poi sociale. Sono questi gli armati di cui il signore aveva realmente bisogno: persone specializzate, capaci di combattere a cavallo, contrastando i signori concorrenti e prevalendo sui contadini appiedati. Due erano gli ambiti in cui i fedeli del signore dovevano esercitare la propria forza: combattere i signori vicini, minacciare gli stessi sudditi, ottenendo obbedienza ed il pagamento di quanto dovuto. Le stessa mani proteggevano e minacciavano le stesse persone. Il vassallaggio. Per coordinare queste bande armate i signori si servirono dei legami vassallatici. Era una realtà antica, formatasi alla fine del secolo VIII nel quadro del coordinamento dell'aristocrazia franca da parte della dinastia pipinide-carolingia; la natura fondamentale del rapporto non era mutata (giuramento di fedeltà a forte connotato militare, ricompensato con un beneficio di natura economica), ma si erano arricchite le funzioni sociali e politiche. L'evoluzione dei regni della prima età post-carolingia era stata segnata da un indebolimento della capacità regia di controllare i propri funzionari, che aveva lasciato spazio al coordinamento per via feudale: gli grandi aristocratici seguivano gli ordini del re sempre meno in quanto suoi delegati, ma più in quanto suoi fedeli, legati da un involo personale di fedeltà. Nei decenni tra X e XI secolo l'evoluzione dei rapporti vassallatici fu nel quadro del spostamento in sede locale dei funzionamenti politici. In questa fase vediamo nei rapporti vassallatici la principale forma di coesione gerarchizzata all'interno dell'aristocrazia militare. “Coesione” perché il legame andava al di là della pura funzionalità miliare, creava un sistema di solidarietà personale che vincolava vassallo nei confronti del signore, signore verso vassallo, vassalli di uno stesso signore tra di loro. “Gerarchizzata” perché le trasformazioni del vassallaggio non cancellarono mai l'idea della superiorità del signore, poiché vassallaggio fu sempre prima di tutto l'atto cerimoniale con cui il vassallo riconosceva di essere inferiore. Questo non significava che si definisse la cosiddetta “piramide feudale”, non c'era alcun ordine precostituito, e il re non aveva nessun capacità di imporre ordini ai vassalli dei suoi vassalli. L'idea di piramide porterebbe a pensare all'esistenza di ordinati strati sociali, ma non si era “vassalli” in assoluto, ma sempre vassalli di qualcuno: era una relazione, non una condizione sociale. Una rete di legami clientelari. Gli storici preferiscono l'immagine della rete. Anche questa ha dei difetti, perché tende a suggerire una realtà ordinata e paritaria, di legami eguali, mentre non fu mai offuscato il carattere gerarchizzante dei rapporti vassallatici. Pensiamo ad una rete discontinua, con nodi più importanti, a rappresentare le dinastie che raccoglievano attorno a sé clientele ampie a potenti. Ma l'immagine della rete resta la migliore, perché evidenzia sia la marginalità del re, sia la fondamentale funzione del vassallaggio come struttura di coesione sociale, verticale e orizzontale, non come rigido apparato politico-militare. Per le dinastie impegnate a costruire poteri signorili locali, i rapporti vassallatici rappresentarono un'integrazione in due direzioni: riunendo vassalli, i signori costruirono la propria forza armata, un'azione di cui i castelli costituivano premessa necessaria ma non sufficiente; al contempo, diventando vassalli di figure più potenti, i signori integravano la propria base fondiaria grazie ai benefici che potevano ottenere. Il vassallaggio non era fondamento necessario di ogni potere signorile, ma questi legami intervenivano a integrare due basi del loro potere: la ricchezza fondiaria e la loro capacità militare. Al contempo il sistema dei legami contribuiva a dar forma alla gerarchia interna al mondo signorile, mondo diversificato, di cui i rapporti vassallatici erano espressione, che andava dai grandi principi territoriali ai cavalieri insediati in singoli castelli. Il fondamento va ricercato nelle basi economiche dei poteri signorili. funzione dei monaci era quella di pregare, per compiere il loro percorso di ascesi e per la salvezza ultraterrena dei benefattori. Per un laico, fondare un monastero era un modo per ottenere benefici spirituali, vedersi garantito l'aiuto di veri “professionisti della preghiera”, uomini santi dediti a tempo pieno alle orazioni. La tutela del patrimonio dinastico. La fondazione aveva anche importanza materiale: il monastero privato poteva avere funzione di riserva patrimoniale sicura per sé ed i discendenti, un ente al quale affidare quote importanti delle proprie ricchezze, nella sicurezza che non avrebbe potuto alienarle. Con questi beni si poteva indurre l'abate a beneficiare i vassalli del signore, concedere terre ai suoi contadini, compiendo azioni fondamentali della politica signorile. Ma questa prospettiva ebbe raramente successo, perché molti monasteri, a partire dal secolo XI si svincolarono dal controllo dei laici ed usarono il patrimonio per le proprie specifiche politiche. Identità familiare. L'importanza dei monasteri privati dev'essere vista su un piano di natura simbolica ed elaborazione dell'identità familiare, che cogliamo ripartendo dal primo impegno dei monaci, pregare per l0anima dei proprio fondatore. Questo aiuto spirituale era destinato al fondatore ed al suo gruppo familiare. Gli atti di fondazione del monastero erano un modo per definire l'ampiezza ed i limiti del gruppo parentale, che poteva comprendere anche parenti lontani ed indiretti, fornendoci una mappa precisa delle solidarietà familiari su cui il singolo poteva contare. L'atto di fondare un monastero era un'azione tramite cui dare forma alle proprie solidarietà familiari, evidenziarne l'estensione e i limiti, con importanti inclusioni e altrettanto importanti silenzi. Questa manipolazioni delle strutture familiari emerge se si considerano diritti e doveri del patronato, i contenuti della protezione che la famiglia signorile garantiva al monastero: diritto a ricevere preghiere dei monaci, essere seppelliti all'interno del monastero, nominare nuovi abati; dovere a proteggere il monastero, membri, beni. Questo insieme di diritto e doveri passava ereditariamente all'insieme di discendenti del fondatore e il monastero diventava elemento costitutivo dell'identità familiare. Dopo varie generazioni, se il legami personali tra i membri della parentela si allentavano, restava il monastero privato a ricordare la comune origine, dato che i discendenti del fondatore si incontravano per nominare il nuovo abate, proteggere il monastero, farsi seppellire nella chiesa abbaziale. L'esistenza di un monastero privato poteva cambiare i funzionamenti interni al gruppo parentale che lo aveva fondato e proteggeva: i legami parentali erano più forti e definiti, era chiaro chi facesse parte del gruppo. Era un mondo di eredi: la posizione politica del singolo dipendeva da ciò che aveva ereditato, dal suo patrimonio fatto di terre, castelli, uomini, diritti giurisdizionali. Era importanti sapere di chi si fosse figlio ed erede, quali altre persone avessero diritto a condividere gli stessi beni e diritti. Il legami con un monastero faceva parte dei meccanismi ereditari, aiutava a chiarire e celebrare in modo evidente la comune ascendenza, e quindi la comune ereditarietà Le preghiere dei monaci. L'incidenza simbolica e politica dei monasteri si proiettava anche su legittimità e efficacia del potere signorile. Dai monaci si potevano ottenere preghiere per la propria salvezza spirituale, in cambio di donazioni, ma anche terre in concessione. Nel complesso, un monastero andava a costituire un punto di riferimento per la società locale, e e si trattava di un monastero privato questa sua centralità si rifletteva sulla famiglia signorile, permettendo ai signori di porsi al centro di molti meccanismi della società locale, dai circuiti economici alle forme di giustizia, dalla protezione militare alla salvezza spirituale. - 4. Produzione e prelievo in un'età di sviluppo Da contadini a sudditi dei signori. Signorie territoriali o fondiarie, prelievi di origine pubblica o signorile, frammentazione e sovrapposizione di diritti: ma al di là di queste varianti, il dato fondamentale è che nel secolo XI i contadini diventarono sudditi. I signori avevano un potere pienamente pubblico, che faceva, su piccola scala, quello che un tempo aveva fatto il re attraverso i suoi funzionari. Così erano in grado di controllare i propri sudditi e operare prelievo: in assenza di poteri di controllo (es. tribunali regi) i signori usavano la propria forza armata per togliere ai sudditi la quantità maggiore di prodotti e denaro, frenati solo da concorrenza di altri signori e resistenza contadina. L'economia signorile. Questa pressione signorile rispondeva ad una logica di un'economia di spesa. I grandi laici spendevano somme enormi per cavalli, armi, fortificazioni, stile di vita aristocratico, doni ai fedeli. Si usavano le ricchezze per costruire il proprio potere: erano spese destinate a consolidare la capacità politica del signore, forza politica, controllo sulla piccola aristocrazia. Donare era un dovere sociale, il comportamento che ci si aspettava da un aristocratico. E un analogo atteggiamento orientato sulla spesa si ritrova nelle grandi sede monastiche che, anche per via dell'influenza di Cluny, destinavano ricchezze crescenti a edifici monastici, chiese e liturgia, ovvero edifici, oggetti e azioni destinati a rafforzare agli occhi dei fedeli la peculiare funzione dei monaci, come garanti della mediazione tra il mondo e Dio, attraverso un ricco sistema liturgico. Sviluppo economico e aumento demografico. Per sostenere queste spese, i signori accentuarono la pressione economica sui sudditi, traendo vantaggio da una congiuntura di crescita demografica ed economica che caratterizzò l'Europa dall'XI all'XIII secolo. Tra i secoli VIII-IX e XII la popolazione europea aumentò in maniera costante, e nel secolo XII (e XIII) si fece evidente: cambiò la composizione delle famiglie contadine, che potevano fare più figli e mantenere una parentela più ampia; si moltiplicarono i flussi migratori e gli spostamenti di popolazione che alimentarono la creazione di nuovi centri rurali in funzione di colonizzazione; si spinsero in avanti i confini delle terre coltivate, con famiglie intende a disboscare e mettere in coltura nuove zone. Furono fenomeni paralleli, che sono un aumento della forza lavoro poteva sostenere con tali ritmi di crescita. “Sistemare” gli uomini divenne preoccupazione costante dei signori del secolo XII: farli insediare nei villaggi vicini al castello, costruire case vicino alle cinte murarie o fondare nuovi borghi furono scelte dovute a questa nuova pressione demografica che aumentò il numero dei soggetti da governare. Nuove tecniche per l'agricoltura. Si nota un maggior ricorso agli attrezzi in ferro, es. gli aratri a versoio che incidevano in profondità il terreno permettendo ai semi di superare i mesi freddi, e usato molto nelle zone umide strappate alla foresta: la sua diffusione era associata all'avanzata delle colture nelle zone incolte e alle sperimentazioni tecniche degli ordini monastici. I cistercensi erano famosi per la perizia con la quale lavoravano il ferro. Esisteva uno stretto legame tra il nuovo aratro in ferro, il numero di arature fattibili ed i tempi di lavorazione del terreno, con periodi alternati fra riposo e semine. L'aratro permetteva arature profonde aumentando la produttività dei semi; un'osservazione dei cicli produttivi favorì la diffusione del riposo periodico dei campi, con un terzo o metà lasciato a “maggese”. I concimi erano solo naturali e il loro uso estensivo rimase difficile, ma gli strati di rifiuti domestici sparsi sui terreni testimoniano una ricerca consapevole di una maggior fertilità dei terreni. Si lavorava con uno scopo economico più esplicito rispetto ai secoli precedenti, per vendere o scambiare le eccedenze. Gli investimenti tecnici e lavorativi sulla terra alzarono le rese rispetto all'età carolingia: la media del rapporto tra semente e raccolto è su una resa di cinque a uno, sufficiente a evitare la fame, ma in molti luoghi si attestano rese di sette a uno o di undici a uno. In ampie zone d'Europa, l'investimento sull'agricoltura divenne redditizio: era possibile accumulare eccedenze, alimentare mercati locali, sostenere insediamenti più popolosi. Una relativa penetrazione del denaro è attestata ovunque, ma quel denaro non restò a lungo nelle mani dei rustici. Sviluppo e prelievo. In sistema economico che aveva permesso il balzo in avanti era pur sempre inserito in un sistema politico di dominazione signorile. Forme di produzione e dominazione non possono essere separate, e nel mondo complesso delle signorie di castello erano collegate, anche se il legame era ambivalente. Da un lato la signoria bannale fu principale motore dello sviluppo, finanziando trasformazioni tecniche e incoraggiando l'estensione delle colture; ma questo sviluppo rese possibile l'aumento del prelievo signorile. Più uomini, più terre coltivate, più sudditi dai quali prelevare imposte, maggiori ricchezze in circolazione. Alcuni dei prelievi signorili erano di origine pubblica, come il fodro o l'albergaria; altre di natura signorile: la taglia era una tassa per il contributo alla difesa e gravava su tutti i residenti; il focatico gravava sui nuclei familiari. In più il signore richiedeva tasse per il mantenimento del territorio, dalle tasse sui pedaggi ( telonei) fino a quelle sull'uso di fiumi (ripatico), boschi (boscagio) e acqua (acquatico). Vantaggi per i signori. La crescita economica non andò a vantaggio dei contadini, ma a sostenere stile di vita e spese dell'aristocrazia. La pressione complessiva sulle risorse contadine cambiò forme: se i signori fondiari del X e XI secolo avevano operato un intenso prelievo sul lavoro contadino, con richieste di prestazioni d'opera, progressivamente il prelievo signorile si concentrò sui pagamenti in natura e denaro. Il lavoro dei contadini fu meno condizionato dalle specifiche richieste di prestazioni d'opera, ma in mano al signore confluiva una quota importante delle loro risorse. Si produceva di più per pagare di più. Ma il mondo contadino aveva una forza “politica” propria in grado di far fonte alla rapacità coercitiva dei signori. - 5. L'inquadramento delle popolazioni rurali e l'azione politica contadina La varietà del mondo contadino. La stragrande maggioranza della popolazione delle campagne era costituita da contadini, rustici, definizione che copre una realtà diversificata. Dobbiamo constatare un'ampia varietà di condizioni economiche, dal bracciante privo di patrimonio, capace di sopravvivere solo grazie al lavoro sui campi altrui, fino al medio proprietario terriero, che possedeva un patrimonio fondiario più ampio di quello che poteva coltivare, e sfruttava in parte tramite la manodopera salariale dei braccianti e dando terra in affitto ai contadini vicini. Tra questi due estremi, sfumature intermedie: affittuari, piccoli proprietari, contadini che univano terre in proprietà ed affitto, famiglie dotate di piccoli patrimoni ma costrette anche a lavorare come braccianti. Era tutte escluse dall'aristocrazia militare, accomunate della categoria dei rustici, ma dal punto di vista economico, sociale, politico bracciante e medio proprietario erano figure diverse, e quelle più deboli dipendevano dalle forti, per terre e lavoro. Clientele e funzioni. La diversificazione del mondo contadino assunse connotati più politici, grazie alla capacità degli strati superiori della società contadina di entrare nei sistemi di solidarietà clientelare. Es. i contadini più ricchi si legavano ai monasteri, cui donavano parte delle terre per ottenere preghiere e benefici spirituali. Al contempo, contadini fungevano specifiche funzioni per il signore: controllo quotidiano su contadini e loro produzione, conflitti, richiedeva piccoli incarichi, come riscuotere censi, controllare il rispetto dei confini dei campi, gestire le infrastrutture signorili. Questo era delegato a uomini del luogo, che quindi instauravano con il signore un rapporto che si traduceva in uno scambio di servizi, vantaggi e protezione: un legame clientelare, non semplice sottomissione. Vediamo all'interno della società contadina un gruppo con connotati peculiari: forza economica, capacità di redistribuire terre e lavoro ai vicini più poveri, assunzione di incarichi di fiducia per conto del signore, creazione di legami clientelari con famiglie aristocratiche e maggiori chiese locali. È un gruppo che manifesta una capacità di azione politica, nei confronti di vicini e potenti, ed è a loro che dobbiamo far riferimento per comprendere la forma più strutturata dell'azione politica contadina, ovvero i comuni rurali, che si diffusero lungo il XII secolo. Comuni rurali. Casi in cui la popolazione di un villaggio di organizzava, agiva collettivamente sul piano politico e si dava una strutta istituzionale. Dal punto di vista delle forme istituzionali e intitolazioni (comune, consules, consilium, ecc.) si trattava di imitazioni dei comuni cittadini; ma i comuni rurali sono interessanti perché permettono di cogliere la complessità della vita politica rurale, ci fanno vedere che il potere signorile non era assoluto e fondato sulla forza, ma era sempre contrattato, l'esito del confronto tra signore e sudditi. Franchigie. Atti in cui signori e sudditi mettevano per iscritto diritti e doveri, andando a ridefinire forme e contenuti del potere signorili. Talvolta, l'atto nacque da una debolezza del signore, costretto ad alleggerire la propria pressione sui sudditi, concedendo (es.) una parziale esenzione dalle imposte in cambio dell'impegno eccezionale dei contadini per la ricostruzione del castello. Esempio carta di franchigia a Pagina 248. Le garanzie economiche. Un dato importante è costituito dalle clausole iniziali, le garanzie relative alla giustizia signorile e al possesso delle terre. Un'esigenza fondamentale dei sudditi era quella di avere a che fare con un potere regolato e limitato, non esercitato secondo i liberi capricci del signore. Le forme di resistenza contadina non puntavano mai a un'irrealistica cancellazione del dominio signorile, ma ad ottenere il rispetto delle norme fondamentali, vedersi garantiti il regolare possesso delle terre, imposizione fiscale prevedibile e di peso tollerabile, giustizia efficace che desse loro un minimo di sicurezza nei normali conflitti tra vicini. Infine, la concessione dei beni comuni, selve, paludi e pascoli, che avevano grande peso nell'economia contadina, e di cui gli uomini di Nonantola ottennero pieni diritti d'uso. La gestione collettiva dei beni comuni è un aspetto poco documentato, perché non si sono conservati archivi delle comunità di villaggio, ma molti indizi fanno capire che i beni comuni avevano peso importante, sia sul piano economico che politico, come nodo della contrattazione con i signori e della cooperazione contadina. Nuovi insediamenti. La possibilità di creare nuovi centri abitati aumentarono nel secolo XII, per iniziativa di signori laici e grandi monasteri che favorirono l'insediamento di contadini in zone di frontiera. Esigenze di ripopolamento suggerirono ai grandi possessori di creare condizioni favorevole per attrarre abitanti, attenuando richieste fiscali e obblighi signorili. In moti insediamenti, i suoli furono concessi in proprietà agli abitanti subito. - Francia sudorientale: sauvetés (spazi salvaguardati), agglomerazioni abitate in funzione di colonizzazione agricola poste sotto la protezione della Chiesa. Gli abitanti erano protetti da un perimetro delimitato da croci, all'interno del quali erano liberi, e dovevano corrispondere ai signori un normale canone agrario ed una tassa per i casali che ricevevano. - Spagna: insediamenti agricoli che assicurarono il ripopolamento delle regioni contese ai califfati musulmani. I residenti erano garantiti nelle libertà e nel possesso dei suoi dietro corresponsione di un canone. - Italia: queste fondazioni in funzione dello sfruttamento agricolo furono più tarde e presero il nome di villenove o villefranche, villaggi in cui si attribuirono agli abitanti gli stessi diritti dei cittadini. Alla rivoluzione agricola si accompagnò una “rivoluzione” insediativa, una tendenza all'accentramento della popolazione di luoghi di convivenza collettiva. Fu in questo contesto che si svilupparono, negli stessi decenni, i centri urbani nell'Europa medievale. Città e signorie fanno parte del medesimo processo di ridefinizione delle strutture sociali e insediative del medioevo centrale. - BOX 1: “Convenzione tra l'abate di Nonantola e il popolo abbaziale (1058)” Pag. 250
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