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Storia moderna - RIASSUNTO "PAOLO PRODI", Sintesi del corso di Storia Moderna

vendo scrupoloso riassunto del saggio "p. prodi, la storia moderna, 2005" per la part orale dell'esame di storia moderna. l'esame in questione è stato personalmente sostenuto con valutazione eccellente.

Tipologia: Sintesi del corso

2019/2020

In vendita dal 22/01/2020

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Scarica Storia moderna - RIASSUNTO "PAOLO PRODI" e più Sintesi del corso in PDF di Storia Moderna solo su Docsity! 1 La Storia moderna - Paolo Prodi (1932-2016) – La storia come disciplina Il mestiere dello storico • Prima operazione: “distruggere il manuale: non esiste nulla di più antistorico”, poiché inteso come quadro confezionato od organico del passato umano. Deve essere visto come un contenitore di nozioni non altrimenti assimilabili (lo stesso Cantimori ritiene necessaria la storia come l’aria, per le sue nozioni); mattoni da utilizzare per la costruzione del nostro edificio personale à dobbiamo studiare il manuale con un senso di diffidenza, ponendo in discussione ogni sua affermazione, smontandolo in pezzi à “le parole acquistano vita soltanto nel loro frammentarsi molecolare”: lo sforzo è quello di estrarre problemi e nozioni, questioni e dati per costruire le nostre personali coordinate spazio-temporali, necessarie per ogni discorso storico, ma che non ci devono imprigionare. • Seconda operazione: interrogarsi sul significato della storia come disciplina à da una parte è definizione di una parte del conoscere, dall’altra è acquisizione faticosa dei metodi per un mestiere. Storia (dal greco istorìa= indagine, inchiesta, curiosità) “ci dice tutto e nulla”: tutto perché ci testimonia la nobile origine della storia come antenata di tutte le scienze dell’uomo; nulla perché proprio il moltiplicarsi delle scienze dell’uomo sembra averla privata, oggi, della sua specificità à la storia non è la disciplina che studia genericamente il passato (si chiamerebbe antiquario), ma il passato che è in noi, in funzione dell’oggi à Gustav Droysen afferma che <<il dato non sono le cose passate, giacché esse sono passate, bensì quanto di esse nelle hic et nunc non è ancora tramontato. Ogni punto del nostro presente è divenuto…>> Lo storico è lo scienziato della società, il politico è uno storico pratico, come un medico lo è per uno scienziato. Ogni stato ha la sua politica, poiché è l’immagine di se stessi; afferma Droysen, guardando allo stato prussiano. La storia non è una scienza che mira alla ricostruzione di un passato ormai tramontato, bensì una scienza che ci aiuta a comprendere il presente. Nell’Ottocento, la storia viene intesa come <<scienza dello sviluppo dell’uomo nella sua attività come essere sociale>>; nel Novecento, grazie agli studi della scuola francese Annales (March Bloch e Lucien Febvre), la storia viene intesa come <<studio della civiltà in cui viviamo>>, per <<comprendere il presente mediante il passato e comprendere il passato mediante il presente>>; <<nella pellicola che prende in esame, soltanto l’ultimo fotogramma è intatto>> (Bloch). Lo sforzo dello storico è proprio quello di recuperare l’elemento dinamico della storia (a differenza della staticità delle altre scienze sociali: sociologia, economia) => non importa la vicinanza dei fenomeni nel tempo, anzi, molto spesso la vicinanza stessa rende difficile la prospettiva 2 à <<non si cerca solo ciò che è affine al presente, ma anche ciò che è opposto ed estraneo. La comprensione storica nasce proprio da questo spaziare fra due poli molto distanti>>. (Huizinga) Oggi sembra ormai essersi perduta la distinzione fra storia come res gestae (fatti ed avvenimenti) e quella come historia rerum gestarum (racconto ed interpretazione dei fatti): Droysen afferma che gli storici non dispongono dell’esperimento come gli scienziati, pertanto indagano, ma anche l’indagine più approfondita rappresenta solo un’immagine frammentaria del passato, poiché la storia e la nostro conoscenza di essa differiscono totalmente à la storia non è un’immagine dell’accaduto, bensì della nostra concezione ed elaborazione intellettuale di esso; è il nostro surrogato. Lo storico si interroga sul presente, cercando risposte nel passato, non per mera curiosità di esso, ma come scienziato sociale. Oggi, quindi, ci chiediamo se la storia abbia mantenuto la sua identità nello sviluppo delle moderne scienze sociali, perdendo la sua egemonia e la sua autonomia di produrre riflessioni sull’uomo. La sociologia, l’economia e l’antropologia hanno sottratto ampi campi d’indagine alla storia, relegandola ai margini come scienza residua, che spesso scivola in romanzo, fiction o evasione. Prodi si ritiene convinto che la storia abbia ancora una funzione specifica à discorso sul metodo come riflessione concreta sul mestiere dello storico (da Apologia della storia o mestiere di storico di Bloch): la storia non è solo una disciplina accademica, poiché studio ed insegnamento svolgono una funzione vitale che cambia ad ogni generazione à Nietzsche: <<solo in quanto serva la vita, vogliamo servire la storia>>, denunciando la cultura storico-accademica; il passato opprime e sottomette la gioventù: Nietzsche ritiene che l’Occidente rischi di perire a causa delle cose straniere e passate a causa della storia; era uno strumento per educare le nuove generazioni all’obbedienza. Oggi corriamo il pericolo opposto: lo sbandamento è dovuto alla mancanza di identità collettive, ad uno sradicamento; viviamo in un oggi senza passato, ma per sopravvivere ne abbiamo bisogno: dobbiamo affondare le nostre radici => nuova funzione del mestiere di storico: Prodi si paragona ad uno psicanalista nelle sue lezioni, poiché fa emergere brandelli di ciò che noi siamo ma non sappiamo di essere à rinuncia alla funzione di historia magistra vitae, in favore di una funzione ancora più essenziale: lo storico ricerca la nostra storia collettiva. Lo sguardo dello storico: il tempo e lo spazio Lo storico si differenzia dagli altri scienziati perché vede una quarta dimensione: il tempo à non vede le cose come sono, ma come sono divenute (toponimo: sopravvivenza linguistica). Lo studente, quindi, secondo Prodi, deve leggere i manuali collocando ogni oggetto nel tempo (es.: identificare il periodo di un brano musicale), per provare la sensazione di comprendere il periodo e la cultura. Lo storico cerca proprio questi rapporti per fissare le coordinate spazio-temporali di un fenomeno: non si tratta di ricercare una causa o dell’unica causa, definendo gli eventi come ciò che è avvenuto dopo è causato da ciò che è avvenuto prima; bensì di cercare di mettere alla luce la rete che collega gli avvenimenti alla vita degli uomini, tenendo presente che nulla può essere influenzato da ciò che è avvenuto dopo e che nulla esiste in noi che non sia divenuto à necessaria la conoscenza cronologica. 5 Lo stesso deve essere fatto per l’autore di un libro: non possiamo leggere un romanzo senza sapere alcuni cenni biografici dell’autore, poiché il libro è un prodotto del tempo e dello spaio. Dopo aver maturato questo interesse, possiamo mettere a fuoco quanto ci interessa. Sino a non molto tempo fa, ci dice il Prodi, nei manuali di storia vi era una sezione dedicata alle scienze ausiliarie della storia. Oggi, però, queste discipline che si poneva al servizio dello storico, sono divenute autonome ed hanno acquistato il loro statuto scientifico, richiedendo allo storico una sempre maggiore specializzazione nelle scienze parallele => dal sistema tolemaico, in cui la storia era la Terra al centro dell’universo, si passa una rete di discipline coinvolte che interagiscono tra loro e variano i rapporti a seconda del problema da affrontare. Si crea, quindi, una costellazione di insegnamenti spesso astorici ed ad encefalogramma piatto delle scienze dell’uomo => cambia la funzione della “storia senza aggettivi”: 1. Studio del punto di intersezione delle storie particolari tra di loro, poiché solo dalla cooperazione possono avvicinarsi alla vita concreta degli uomini, dato che non esiste l’homo aeconomicus o religionis, ma solo l’homo nella sua complessità- 2. Studio di una linea di confine lungo che riguarda il potere, la libertà ed il dominio nella convivenza umana à “storia politico-costituzionale” (che non è da confondere con quella politicale vera e propria): definita “etico-politica” da Benedetto Croce, finalizzata ad analizzare un quadro di insieme dei rapporti che governano la vita degli uomini e che tendono a consolidarsi e modificarsi nella convivenza. Sino a poco tempo fa si disprezzava poiché intesa come elenco di gesta estraneo alla vita; ora è vista come l’insieme del rapporto degli uomini, singoli e nei gruppi. Lo storico generale, quindi, a differenza di quello specializzato, vedrà lo stesso problema in rapporto alle istituzioni sociali e all’organizzazione sociale, ai riflessi negli altri settori della vita, alle modificazioni dei rapporti di potere, dovute ad un particolare sviluppo à storia come la vita. Gli strumenti concettuali: tipi ideali La storia è da inserire nelle discipline letterarie o in quelle scientifiche? Nel lavoro quotidiano, gli storici partecipano un po’ alla natura dell’umanista e un po’ a quella dello scienziato. Umanista perché usa categorie concettuali astratte e non può replicare eventi in laboratorio (la ricostruzione è condizionata da strumenti concettuali e dalla presenza e dalla qualità delle testimonianze à confini della conoscenza storica). Scienziato perché effettua un pesante lavoro di esplorazione, classificazione ed interpretazione delle testimonianze del passato; anche il ritmo della fatica è molto più vicino a quello in laboratorio che a quello seduto di fronte ad una scrivania. I risultati a cui lo storico arriva sono validi hic et nunc, relativamente al fenomeno che indaga, senza alcuna pretesa eterna ed universale, differenziandosi dalla filosofia – il cui insegnamento venne abbinato a quello della storia nei licei dal ministro Gentile – e dalle scienze naturali à si riteneva che, per comprendere la storia e, di conseguenza la realtà, bisognasse avere una chiave di lettura = storicismo: movimento di 6 stampo idealista che ha dominato la cultura occidentale dal Romanticismo in poi, con la convinzione di poter cogliere la direzione della storia o una spiegazione della realtà nello studio di quest’ultima. Karl Popper si oppose a questo storicismo nel suo Miseria dello storicismo: per storicismo si intende un’interpretazione del metodo delle scienze sociali che aspiri alla previsione storica mediante la scoperta dei “ritmi” o dei “pattern” delle leggi, delle tendenze che sottostanno all’evoluzione storica; la storia, però è caratterizzata dal suo interesse per avvenimenti reali, piuttosto che per leggi o generalizzazioni => rinuncia a qualsiasi tentativo di formulazione di leggi scientifiche: la storia ha ritrovato la sua libertà rinunciando al tentativo di dare leggi esplicative allo sviluppo storico (l’uso strumentale della storia, però, sarà sempre portato avanti, ovunque si incontri il problema del potere). Lo storicismo fallì completamente nel XX secolo, dimostrando che la storia è compatibile con la filosofia e con la religione, poiché costituiscono il patrimonio per le interrogazioni sull’uomo, ma deve rimanere fedele al metodo d’indagine => l’unica cosa che interessa allo storico è l’uomo nella sua incarnazione sociale concreta. A questo punto, la storia, non dovendo formulare leggi universali o modelli, deve comunque darsi una propria strumentazione concettuale ed un metodo scientifico: il metodo storico procede all’inverso di quello scientifico, poiché non procede dai singoli casi alla formulazione di una legge generale, ma procede dai concetti storiografici alla ricerca del particolare per ampliare e modificare i concetti di partenza à per lo storico il particolare non sarà mai un “caso”, se non in senso analogico (il caso come malato concreto), poiché tratta la materia come avvenimento e non come organismo; alla storia non importa che “quadri” il tutto, si ha sempre una “serie di casi” avvenuti in un dato momento e che avrebbero potuto risolversi diversamente. Partiamo dall’osservazione della realtà, ossia dai concetti storiografici, per poi modificarli e costruirne dei nuovi per rendere più comprensibile quella realtà, come un continuo processo di revisione del punto di partenza à Max Weber teorizzò questo procedimento con dei “tipi ideali”: non valori o astrazioni, ma strumenti concettuali da verificare e modificare continuamente. Rinascimento, Barocco, Stato moderno sono strumenti provvisori validi nei limiti della definizione che diamo loro nel tempo e nello spazio in cui li applichiamo à una parola vale molto meno per la sua etimologia che per l’uso che se ne fa (Marc Bloch), riferendosi al termine “capitalismo” = tanti “atti di nascita” dello stesso termine. In questo quadro, non possiamo definire una micro o una macro storia, contrapponendo alla storia tradizionale una nuova come immensa ricerca della sua particolarità, perché nessun fenomeno può essere indagato senza partire da categorie o tipi ideali e nessuno di questi può rimanere indenne dai risultati ottenuti. Il laboratorio dello storico: le fasi della ricerca Tendenzialmente, tutti i manuali di metodo storico individuano quattro fasi, che scandiscono un procedimento artigianale dello storico, non basato sulla divisione del lavoro o sulla catena di montaggio à lo storico, che può essere una singola persona o un gruppo (<<lo storico non è solo, poiché nell’avvicinare il 7 passato, rappresenta tutto il suo gruppo>> Marrou), è un artigiano, che segue il suo prodotto dal progetto sino alla definitiva elaborazione nel suo “laboratorio”. Ogni fase è isolabile: 1. Fase progettuale: formulazione della domanda/ipotesi di ricerca basata sulla personalità dello storico à la storia è inseparabile dallo storico (Benedetto Croce), perché è colui che ridà vita alla storia à <<con la sua domanda solleva un vero problema, un’esigenza comune a tutti gli uomini del suo ambiente, della collettività alla quale appartiene>>. Da qui, Prodi identifica una serie di elementi che devono confluire tra di loro: sensibilità dello storico per un problema, lo stato degli studi sull’argomento, la presenza di testimonianza che permettano di mutare il quadro di conoscenze già acquisite à deve sempre esserci un riscontro nella letteratura precedente e nell’accertamento della presenza di testimonianze. Prodi sottolinea anche i limiti di un lavoro prendendo in esempio una tesi di laurea, che non può occupare troppo tempo e non può prendere in considerazione tematiche immense. 2. Fase del reperimento (“euristica” per i greci): scavo dei dati bibliografici (testimonianze e fonti – Quellen). Il passaggio dalla prima fase è costituito dalla persuasione, ossia dalla convinzione che l’ipotesi sia fattibile e che la ricerca possa portare a risultati innovativi (molte volte la pista di ricerca deve essere abbandonata, ma Prodi preferisce sorvolare su questa “dolorosa perdita di tempo e di fatica”). Prodi ci dà un “consiglio banale”, sostenendo che nelle letture storiche sia importante andare a ritroso, partendo dai saggi più vicini a noi, per dirigerci verso quelli più lontani, al fine di costruire un quadro completo degli studi esistenti (per gli studi storici, al contrario di quelli scientifico- sperimentali, una lettura antica può essere anche molto più utile di una di recente editoria). In questa fase si inseriscono i numerosi tentativi di classificazione e catalogazione delle fonti, ormai superate, poiché esse sono classificabili solo per la loro morfologia esterna, da cui dipendono anche le tecniche di interpretazione e di critica. Le fonti si trovano principalmente in musei, biblioteche, archivi: i primi due sono stati istituiti per uno scopo culturale, pertanto il materiale contenuto è stato selezionato secondo un determinato progetto culturale; negli archivi, le testimonianze si depositano e si accumulano nel tempo in base alla struttura ed alle motivazioni pratiche, alle esigenze delle istituzioni relative => non possiamo dire che nelle biblioteche si trovi la bibliografia del problema e negli archivi le fonti, poiché anche nelle prime possiamo trovare delle fonti. Dalla grande importanza della testimonianza scritta nell’età moderna, si dimostra fondamentale l’acquisizione delle tecniche per la relativa lettura: paleografia e latino. Possiamo, a questo punto, effettuare una tradizionale classificazione delle fonti: • Intenzionali: redatte con l’esplicito scopo di lasciare una memoria ai posteri • Preterintenzionali: lasciate dall’uomo nel corso della sua storia senza la volontà esplicita di tramandarle alle future generazioni. Questa classificazione, secondo Prodi, è utile per una fase preparatoria all’esercizio della critica, ma è bene anche tener presente che ogni fonte ha un aspetto intenzionale ed uno preterintenzionale, a seconda del punto di vista e del problema che vogliamo esplorare à una predica o una commedia sono 10 Voltaire: <<un serio studio della storia nel tempo in cui essa diviene veramente interessante per noi: mi sembra che questo avvenga alla fine del XV secolo. L’Europa cambia faccia. Ecco la storia che tutti devono conoscere…in essa tutto è vero, tutto ci riguarda, tutto è fatto per noi…>> à per lui la storia moderna si fonda sul progresso e riguarda direttamente l’uomo. Secondo Prodi questa definizione è ancora valida, perché il periodo di gestazione di questo periodo ci riguarda ancora da vicino, non perché partecipiamo alla sua “espansione vittoriosa”, ma perché stiamo assistendo alla sua crisi, al suo tramonto; per questo lo studio della sua genesi è ancora più importante, per sapere da dove veniamo, quale terra stiamo abbandonando, dice Prodi. Giovanni Bosco afferma <<abbraccia i tempi a noi più vicini, sia perché i fatti che ad essa si riferiscono non hanno più quell’aspetto feroce e brutale del Medio Evo. Qui è tutto progresso, tutto scienza ed incivilimento.>> Tutti, quindi, intendono la storia moderna come “progresso” ed “incivilimento” e le cause del suo declino possono essere viste nel “volto demoniaco del potere” come la ragione che minaccia l’individuo à <<la macchina ha gettato a terra il conducente e corre cieca nello spazio…la ragione è diventata irrazionale e stupida>> => interesse dello storico nelle problematiche dell’individuo occidentale: come siamo divenuti ciò che siamo? Possiamo analizzare il moderno procedendo per versanti e non per categorie, secondo Prodi, perché non possiamo definire un singolo cammino storiografico, poiché tutti i nostri approcci si avvicinano ad un unico nucleo, ossia la genesi della modernità, anche se non possiamo impadronircene nella sua globalità. Da qui, il problema della periodizzazione sulle date di inizio e di fine dell’età moderna à occorrerebbe fissare un comune orientamento: per la parte a quo, siamo tutti concordi con Voltaire nell’indicare la fine del XV secolo come inizio, nonostante persistano sopravvivenze del passato tutt’altro che marginali, che porteranno alla rivoluzione, non da intendere come qualcosa di nuovo ed improvviso, ma come la conseguenza di uno squilibrio tra strati sotterranei in movimento e strati in superficie rimasti immobili. Fissare la data di inizio con l’illuminismo (“pseudoilluministi”: il moderno nella ragione), infatti, implicherebbe una diagnosi completamente diversa del moderno, poiché si tradurrebbe come rovesciamento intellettuale e ripudio del cammino compiuto dall’Occidente nei secoli precedenti, anziché base di formazione proprio di quelle teorie illuministe e di ciò che siamo oggi. Convenzionalmente, invece, facciamo finire l’età moderna all’inizio dell’Ottocento, dove pare che il processo di modernizzazione abbia coinvolto tutti i settori della società, ma non possiamo fissare una cesura netta in senso stretto, bensì di un “frontiera mobile” (Paolo Pombeni), che permette una continuità di sviluppo. Il versante antropologico: individuo, famiglia, società • Nascita dell’individuo: prima grande manifestazione del mondo moderno, frutto del rinnovamento dell’umanesimo, che porta ad un consapevolezza personale e pone l’uomo al centro dell’universo (Rinascimento: preminenza della vita intellettuale su quella politica, economica e sociale) à passaggio dall’homo hierarchicus all’homo aequalis: da una visione dell’uomo come parte fissa del cosmo e 11 legato alla casta, come collocazione all’interno di una società immobile, si passa ad una visione di rapporto egualitario e mobile tra gli esseri umani à rivoluzione nei valori (Dumont) che diventa l’asse di ogni comparazione delle civiltà: visione di un mondo continuamente in trasformazione e modificabile per intervento dell’uomo à la democrazia sarà la fase finale del processo. La nascita dell’individuo porta alla crisi degli ordini medievali (preti, nobili, lavoratori), camminando verso una società di “caste” o di “stati” che superano la staticità di una società basata sul parametro economico, in cambio di un parametro di privilegi come forma di nuova legittimazione del potere => scontro e osmosi tra borghesia ed aristocrazia. Il mutamento antropologico si riflette immediatamente sulle istituzioni e sulla politica: individuo e società sono aspetti inseparabili tra di loro, anche se nell’Europa moderna si diffonde questo senso di “io separato” dalle strutture sociali. • Nascita della famiglia: mononucleare, basata sulla coppia ed i figli (non più allargata e patriarcale; patria potestas finisce in favore di un potere dello Stato), detentrice di un ruolo sociale intermedio, di cerniera tra individuo e potere politico. Centro di interessi economici, patrimoniali e di produzione. La famiglia verrà poi ridefinita come cellula di base della sfera privata ma svuotata di ogni significato politico. Il matrimonio assume la forma di un contratto pubblico e pubblicizzato, soggetto al riconoscimento dell’autorità politica e religiosa, sia nei paesi cattolici sia in quelli protestanti => rigoroso controllo sulla vita sessuale degli individui, per distinguere tra matrimonio, giuridicamente sancito, e rapporti extraconiugali => marginalizzazione dei figli illegittimi, che non hanno un nucleo famigliare • Società: separazione ed esclusione di coloro che non possono fare parte di un tutto, ossia della catena sociale e degli esseri; il fanciullo non è più visto solo come un piccolo uomo, ma come un individuo soltanto potenziale che necessita un’attenzione particolare ed uno status speciale per poter diventare adulto. La donna viene vista come un “individuo dimezzato”, che conquista a poso a poso un suo ruolo come soggetto giuridico nella sfera privata e patrimoniale; non è ancora parificazione con l’uomo, ma riconoscimento come soggetto, partecipe alla contrattazione ed al processo produttivo, in cui dimostra capacità di iniziativa. Il versante religioso: de-magificazione, riforma, confessualizzazione Nel mondo moderno si assiste ad un processo di perdita della visione preesistente di un mondo sacro, di un cosmo governato da un Dio supremo ma animato da entità sfuggenti alle stesse leggi divine e della natura; un universo immobile animato da potenze invisibili, spiriti diabolici o angelici, in cui l’uomo era prigioniero à Max Weber parla di de-magificazione del mondo o disincanto (Entzauberung), ma spesso la si confonde con la secolarizzazione: Prodi afferma che ci si sbaglia in questo caso, poiché con questo termine si intende il rifiuto di ogni concezione trascendente di Dio come creatore ed autore delle leggi della natura, ma non è questo Dio che viene escluso. Si rischia, pertanto, di proiettare una visione dell’epoca attuale e cadere in un’interpretazione astorica, che pone il mondo moderno in contrapposizione al Cristianesimo come religione dominante (illuminismo razionale contro “oscurantismo” irrazionale del secolo trascorso). In realtà, nella tesi di Weber, il mondo moderno nasce con un forte richiamo religioso in tutti i movimenti di riforma, sia nella creazione dei grandi ordini mendicanti, sia nella diffusione della devotio moderna, base dell’appello della Riforma. 12 In questa interpretazione di liberazione dell’uomo da un mondo magico, il culto dei santi trova il suo fondamento perché <<infranse l’animismo e pose la prima pietra di quella concezione naturalistica del mondo>> à solo proclamando i miracoli come eccezione rispetto alle leggi della natura, quindi confinandoli in territori riservati e custoditi dalla Chiesa, si è potuto eliminare un mondo irrazionale; solo restringendo il sacro nel sacramento si è aperta la strada al razionale ed all’autonomia dell’agire umano à la Chiesa non nega il soprannaturale dei fenomeni, ma lo classifica e lo comprime sotto il suo potere, relegandolo in un “recinto chiuso” => acculturazione forzata portata avanti anche dalla Riforma. La Chiesa occidentale si distingue dalle sette perché riconosce l’impossibilità di creare sulla terra un mondo di perfetti, distinguendo, così, il sacro dal temporale. Il centro della vita sociale, nel mondo moderno, è la comunità religiosa e di culto: se osservassimo il paesaggio europeo di quel tempo dal satellite, la chiesa parrocchiale sarebbe il punto di riferimento, intorno alla quale si è costituito il villaggio (spesso nominato in onore del relativo patrono) ed il cimitero (“un aldilà umanizzato e recintato”); verso l’orizzonte il cammino dei pellegrini. Alcuni di questi tratti saranno sensibilmente cancellati dalla Riforma e dallo scisma anglicano, specialmente con l’espropriazione dei grandi centri monastici. Solo ora sembra venire meno questo processo di acculturazione generale svolta dalle parrocchie e dalla chiese di ogni confessione. La Riforma protestante non deve essere vista come un’improvvisa frattura o come una reazione alla corruzione ed agli abusi della vita ecclesiastica, ma come la conclusione di un lungo periodo di crisi nella cristianità; quindi non il punto di partenza, bensì il punto d’arrivo di un processo di trasformazione del rapporto tra l’individuo e Dio, tra il sacro ed il potere. Le condizioni del Cristianesimo non si erano rivelate le migliori già con il grande scisma, che era stato aggravato dall’ultimo tentativo di riforma con il Concilio di Costanza e Basilea (conciliarismo), al fine di costruire una nuova unità della cristianità, che potesse sostituire i due poli universali del Medioevo. Il casus belli fu proprio la progressiva trasformazione del papato in principato rinascimentale, che portò all’apertura verso la nascita delle Chiese territoriali nazionali. Sembra essere tramontata l’idea che il Concilio di Trento fosse solo un processo di reazione e di conservazione di un sistema dogmatico, sociale e feudale in contrapposizione alla Riforma; ma sembrano ormai scemate anche quelle opposte che vedevano la Riforma cattolica un movimento parallelo e quasi indipendente dalla Riforma, movimento che ha solo combattuto le degenerazioni e gli abusi della Chiesa, conservando le sue strutture dogmatiche. In realtà, tutto è cambiato ovunque: si tratta di risposte diverse ad un unico problema comune, quello della modernità, che vede un nuovo rapporto tra la coscienza dell’individuo ed il sacro à problema generale della salvezza eterna: Lutero porta avanti il sacerdozio universale, svalutando le opere buone e la funzione mediatrice della Chiesa, che non ha alcun valore; la Chiesa cattolica, dal canto suo, risponde col 15 Stato => tassazione: nel Medioevo non esisteva una forma continua di riscossione, perché avveniva solo in base alle necessità delle circostanze (campagne militari, opere pubbliche); nel mondo moderno la tassazione diventa permanente ed alimenta la sete di denaro dei principati e delle monarchie. Il più importante fattore di deficit è la guerra e l’imposizione di un esercito stabile. o nascita degli eserciti permanenti: nella storia moderna la guerra non più uno stato di eccezione come nel Medioevo, dove avevano carattere episodico e non si distingueva troppo la violenza privata da quella pubblica; ora la guerra è un’opportunità per imporre il proprio monopolio à lo Stato è costruito in funzione della guerra => esigenza di tasse fisse e di uomini à leva forzata, esaltata dalle innovazioni tecniche (artiglieria ed armi da fuoco), che concentrano la forza nelle mani dei sovrani, poiché gli unici a poteri permettere investimenti massicci nella loro produzione ed organizzazione. o nascita della moderna diplomazia: necessità di mantenere l’equilibrio mediante un gioco di alleanza e controalleanze. Nel corso del Medioevo le relazioni diplomatiche avevano carattere temporaneo e disomogeneo (quando nascevano problemi, si mandavano rappresentanti per le trattative). Nel mondo moderno nasce la diplomazia stabile e le moderne ambasciate, al fine di garantire un ordine interstatale: i diplomatici risiedono stabilmente nei paesi stranieri rappresentando il proprio sovrano come organi di collegamento e sono attenti osservatori (da qui l’importanza dei loro dispacci come fonti della storia). Allo stesso tempo, si modifica il modo di concepire la politica: no contrapposizione sudditi- sovrano con imposizioni dall’alto, bensì una nuova dialettica che porta alla nascita dell’individuo moderno à lo Stato interviene nella vita privata con le sue norme giuridiche, polizia, sistemi culturali e religiosi, modelli di comportamento. Al centro è posto il concetto di fedeltà, non come semplice dovere di obbedienza, ma come conformità ed adesione ad un sistema di potere à “battesimo laico e tacito2 (secondo Prodi): chi nasce in un determinato territorio ha incorporato un legame di fedeltà al suo principe ed alla sua dinastia, ma non con lo Stato/nazione, poiché non esistono ancora i concetti di “patria” o di “nazione”, che rimangono ancora relegati ad un significato di mera appartenenza culturale o etnica, con limitato rilievo politico. Negli ultimi decenni vediamo entrare in crisi queste strutture istituzionali ed ideologiche, pertanto siamo interessati allo studio della loro genesi à ricerca collettiva europea in sette direttrici: 1. guerra e competizione tra i sistemi-Stati 2. Sistemi economici e finanze statali 3. Strumenti legali del potere 4. Potere, élite e costruzione dello Stato in Europa 5. Resistenza, rappresentazione e sentimento di appartenenza comunitario 6. L’individuo nella teoria politica e nella pratica 7. Iconografia, propaganda e legittimazione 16 Ciò che si vuole cogliere, non è solo la crescita del potere dello Stato nell’età moderna, ma la sua dialettica con l’individuo, il modo in cui è cambiata la vita politica. Possiamo identificare delle fasi intermedie: 1. Stato confessionale: primi due secoli della modernità e sintetizzabile nel cuius regio, eius religio. Lo Stato incorpora la Chiesa nel suo sistema amministrativo, creando una simbiosi priva di tensioni, particolarmente nei paesi cattolici, dove la Chiesa rivendica il suo ruolo di magistero delle coscienza. Le confessioni religiose servono come cemento dell’identità collettiva statale moderna, in cui si identifica il suddito-fedele: il papato, grazie alla sua funzione di comando (praeceptio), unita a quella di educatore e formatore dell’individuo, diventa il prototipo dello Stato moderno e della nuova politica che forma e controlla l’individuo à tiene i registri dell’anagrafe e detiene il controllo della cultura e del pensiero. 2. Assolutismo illuminato (XVIII secolo): le istituzioni statali si sono rafforzate e ricercano nello Stato l’ordine e la felicità pubblica, indipendenti dalla religione ed in lotta contro il mondo feudale e corporativo => perdita della sacralità del sovrano, che diviene primo servitore dello Stato, rimanendo pur sempre assoluto, vede mutare la giustificazione ideologica del suo potere à tolleranza religiosa (no libertà religiosa, perché gli atei sono comunque esclusi) 3. Stato-nazione, costituzionale o di diritto: si apre in modo rivoluzionario nella seconda metà del Settecento. Lo Stato passa da costruzione artificiale ad organismo, che riesce a centralizzare tutte le funzioni della società con l’idea di Nazione e di Patria come anima collettiva, in cui il cittadino è incorporato sin dalla nascita à pro patri mori. I nuovi principi fondamentali dello Stato si esprimono con le carte costituzionali, unico strumento in grado di garantire la coesione dell’organismo politico: formalizzano le norme fondamentali con garanzie per i diritti di libertà dei singoli nel quadro di una divisione dei poteri, all’interno dell’unico potere dello Stato, supportato oramai solo dall’ideologia della democrazia = il cittadino è considerato sovrano attraverso il voto. Il versante culturale e scientifico: università, stampa, istituzioni educative Nell’età moderna l’uomo diviene capace di manipolare la natura e mettere al servizio della sua attività la scienza, la conoscenza à progresso e dialettica tra scienza e tecnica: si innesca solo in quest’età e non è comprensibile come mai non si sia innescato prima, nemmeno nell’altissima civiltà greco-romana (organismi di altissimo livello di scienza si erano sviluppati nella civiltà arabo-islamica)à perché soltanto in Occidente? Perché il mondo antico pensava che si trattasse di cose di poca importanza; al contrario, il mondo moderno l’ha ritenuto la cosa più importante (Dal mondo del pressappoco all’universo della precisione) à perché? • Modi di produzione • Evoluzione dello spirito umano, ispirato al marxismo ed all’idealismo • Nascita dell’università e sviluppo del pensiero teologico, filosofico e giuridico (XII-XIII secolo): autonoma consistenza rispetto al potere politico e a quello religioso à regnum-sacerdotium-studium (potere politico, sacro, della scienza) sono strutture sempre in lotta tra di loro, ma nessuna delle tre riesce ad ottenere il predominio sull’altra => autogoverno interno che vede la scuola come un’associazione 17 giurata di studenti e docenti, in cui si afferma la figura del “dottore” come grande interprete del mutamento della società à prima classe dirigente europea (al Concilio di Costanza si stabilisce che i cardinali debbano possedere il grado di dottore) => sviluppo della filosofia scolastica, scienza del diritto canonico e civile, che porranno le basi della modernità, ma saranno superate con la successiva fuoriuscita di tutte le scienze dall’orbita della teologia e delle filosofia. La storia culturale non è separata da quella della società à la città, sede dei commerci e dei pellegrinaggi, è il terreno in cui cresce questa nuova cultura, grazie all’ascesa dei commercianti e della borghesia. La stampa, nata grazie a queste condizioni, diventa l’elemento moltiplicatore di queste conoscenze => l’Europa cambia volto à stampa come rivoluzione e frutto di una trasformazione secolare. La stampa porta ad una grandissima diffusione dell’alfabetizzazione e dell’istruzione, suddivisa per classe di età, che diventa uno strumento di mobilità e di ascesa sociale basato sul criterio della concorrenza e della competizione come elemento essenziale dell’uomo moderno. Purtroppo, occorreranno ancora diversi secoli prima che si diffonda universalmente la lettura e la scrittura, poiché solo dal secolo scorso è stata introdotta l’istruzione elementare obbligatoria, diretta direttamente dallo Stato (allora ancora sotto a comunità locali o appaltate dalle Chiese e dagli ordini religiosi). Ad ogni modo, i principati e le monarchie iniziano a creare nuovi stabilimenti di istruzione a tutti i livelli (città di San Giminiano 1338 assunse a spese pubbliche un insegnante perché <<sine magistro pueri stari non possit>>), poiché la scrittura inizia a penetrare nelle esigenze di tutti i settori della vita (economica, amministrativa e politica), non più dominabili con i sistemi dell’oralità à iniziano a fondarsi funzioni di rappresentazione simbolica e linguaggio matematico: per la prima volta si crede che la conoscenza del mondo fornisca anche gli strumenti per cambiarlo => nascono i concetti di rappresentazione e misura: la realtà inizia ad essere vista in modo quantitativo, numerico e matematico à il mondo della precisione inizia a sostituirsi al mondo del pressappoco = il mondo moderno è un mondo impregnato di matematica. Da qui, sottolineiamo l’importanza dell’orologio ed alla sua diffusione dal XIII secolo, che va a sostituire orologi dei grandi campanili delle chiese sino agli orologi da tasca del Sei-Settecento. à nasce il calendario, l’agenda e la programmazione dell’attività dell’uomo con i primi calendari a stampa, in cui il ritmo delle stagioni e delle fasi lunari viene inglobato all’interno di un tempo artificiale, in cui l’organizzazione del futuro prende il sopravvento. Umanesimo e Rinascimento, pertanto, non sono più semplici sviluppi intellettuali, quanto ideologie di una visione del mondo: l’uomo diventa il centro di un universo che appare regolato da leggi che coincidono con quelle della ragione => muta il concetto di Dio, i suoi attributi ed il modo di rapportarsi a lui: non è più colui che interviene continuamente nel destino dell’uomo, ma colui che ha creato un mondo dotato di leggi sue proprie, in cui si manifesta la sua onnipotenza (potestas absoluta e potesta ordinata), che tocca all’uomo scoprire à teologia e scienza fuse in un unico linguaggio à “teologia laica”: la religione è partecipazione a rituali collettivi, ma anche concezione di un dio creatore e legislatore dell’universo, quindi giudice supremo à si apre lo spazio per la coscienza individuale: nasce l’etica da una costola della 20 • Confronto di civiltà diverse: dalla lotta corpo a copro alle grandi esplorazioni oceaniche ed alla conquista dei nuovi continenti • Antichi vs. moderni: dall’Umanesimo all’affermazione della superiorità dell’uomo cristiano sulle altre civiltà delle terre di recente scoperta • Rivoluzione copernicana: rimpicciolisce la Terra nel sistema solare e inizia a rappresentare il pianeta cartograficamente • Nuovi mezzi di comunicazione e di trasporto La storia dell’età moderna, quindi, è la storia dell’Europa e della sua conquista del mondo à la storia moderna è per sua natura eurocentrica, che porta alla diffusione universale dei suoi elementi: mercato, liberalismo e democrazia. Quali le ragioni storiche di questo successo? L’uomo europeo possiede una capacità superiore di iniziativa e di organizzazione, che fa sì che le civiltà preesistenti nei neo continenti si sbricioliono di fronte alla sua vitalità. Già alla fine del XV secolo, l’Europa dispone di un potenziale economico, scientifico e tecnologico enormemente superiore a quello di ogni altra società americana, africana o asiatica à il moderno inizia bene prima della scoperta dell’America, afferma Prodi, perché le scoperte geografiche sono l’inizio ma anche la conclusione di un più lungo ciclo storico. Diverse forme di colonizzazione: • Portoghese: conquista militare di punti di appoggio e di difesa a tutela del commercio delle spezie e dello sfruttamento di materie prime locali, riservato alla Corona che assume funzione imprenditoriale attraverso concessioni o direttamente • Spagnola: conquista di veri e propri imperi con organizzazione politica ed economica sul modello della Madrepatria con sfruttamento delle risorse (metalli preziosi e materie prime) grazie alla manodopera africana(encomienda e repartimiento). Sarà il modello dell’ottocentesca colonizzazione africana ed asiatica. • Grandi Compagnie commerciali: colonie olandesi • Inglesi: colonie di “popolamento” o “insediamento” per emigrazione di minoranze politiche o religiose oppresse nella Madrepatria à colonie del Nord, ma non modello positivo, perché anche loro portarono allo sterminio degli indiani, forse il peggiore di tutti per la distruzione di una civiltà Problema delle missioni e dell’evangelizzazione: Prodi parla di “esplosione missionaria” come espressione della Chiesa cattolica che si rinnova à per l’America Latina si è parlato di “conquista spirituale”: gli indios sono visti come esseri umani, ma selvaggi ed inferiori, perpetui minorenni non ancora giunti alla maturità, pertanto da civilizzare e convertire al cristianesimo => fondazione di nuove diocesi => Chiesa europea con “vicariato” spagnolo nelle terre scoperte. Il papato, però, non rimane passivo, poiché con la Congregazione 21 de propaganda fidae controlla la missione, ma successivamente il controllo sarà pienamente esercitato dalle potenze coloniali. Molte iniziative verso gli indios furono intraprese non per scopi di sfruttamento o dominio, secondo Prodi, ma per civilizzazione e conversione, per portare il Vangelo a tutti i popoli. Uno dei fenomeni interessanti è il tentativo di penetrazione del Cristianesimo nelle società orientali di Giappone e Cina, adattando il messaggio evangelico alla cultura del tutto diversa da quella europea occidentale à Matteo Ricci diventa mandarsino e tenta di tradurre il cristianesimo nel confucianesimo; Roberto De Nobili, in India, assume l’abito ascetico dei bremini e accetta la cultura delle caste; Alessandro Valignano traduce in termini cristiani i costumi della società giapponese nel suo Cerimoniale per i missionari del Giappone. => acculturazione: insieme dei fenomeni che si verificano quando due culture, venute a contatto tra loro, portano alla formazione di una nuova cultura, come fusione delle due. Secondo Prodi è banale definire il colonialismo in meri termini di sottomissione politica e sfruttamento economico, poiché ogni cultura è un corpo vivente che, quando viene messa in discussione, anche con elementi positivi (alfabetizzazione), tende a sbriciolarsi => secondo Prodi, la distruzione elle società indigene è avvenuta per l’imposizione del modello antropologico dell’individuo europeo, che per lo sfruttamento economico o per le malattie importante.
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