Docsity
Docsity

Prepara i tuoi esami
Prepara i tuoi esami

Studia grazie alle numerose risorse presenti su Docsity


Ottieni i punti per scaricare
Ottieni i punti per scaricare

Guadagna punti aiutando altri studenti oppure acquistali con un piano Premium


Guide e consigli
Guide e consigli

Storia Moderna Savonarola, Appunti di Storia

Appunto di storia moderna lezione su Savonarola

Tipologia: Appunti

2019/2020

Caricato il 16/10/2020

miriam-staiano
miriam-staiano 🇮🇹

1 documento

1 / 16

Toggle sidebar

Documenti correlati


Anteprima parziale del testo

Scarica Storia Moderna Savonarola e più Appunti in PDF di Storia solo su Docsity! 1 1498 (ultimi mesi di vita di S.): il complotto. Doveva saltare in aria a Santa Maria del Fiore, il duomo di Firenze. I capi della cospirazione erano i compagnacci, una specie di fratellanza, una sorta di partito politico. Fu spesso oggetto di minacce di morte. Roma lo avrebbe voluto morto, e lo avrebbero voluto morto molti fiorentini. Si cominciò ad assistere a scene senza precedenti, né in quella città né in nessun'altra città italiana: un umile sacerdote, un frate domenicano, circondato da una scorta di uomini armati ogni volta che usciva dal convento per le strade della città. Era anche stato oggetto di gesti sacrileghi: nella notte fra il 3 e il 4 maggio 1497 i suoi nemici lordarono con escrementi il pulpito da cui faceva le sue prediche, lo ricoprirono con la carcassa putrida di un asino, e piantarono dei chiodi sul pulpito in modo da creargli delle ferite quando lo avesse colpito nell'ardore della declamazione. Non era fiorentino. Era di Ferrara. Suo nonno era un medico, professore di medicina a Padova, nonché medico alla corte degli Este, i signori della città. I Savonarola erano originari di Padova. Girolamo era nato nel 1452. Suo padre era stato imprenditore e cambiavalute. Ma il suo fallimento aveva provocato disagi alla famiglia di sette figli. Girolamo si forma studiando a Bologna: storia, filosofia morale, letteratura classica; per un periodo studiò anche medicina. Optò per la pace claustrale. In quel momento, Bologna era una delle più prestigiose sedi universitarie europee e attirava studenti da ogni dove, in particolare per lo studio del diritto civile e canonico. Dopo la laurea, presso la sua residenza nel convento di San Domenico, approfondisce gli studi teologici. Nel 1482 l'ordine dei domenicani lo invia a Firenze, presso San Marco. Sarebbe stato istruttore capo di teologia e lettore delle Scritture. Compì il viaggio a piedi da Bologna. 2 I domenicani avevano la missione di catechizzare e mescolarsi con la gente. Firenze era molto diversa di Ferrara, dove una corte importante – quella degli Este – e un governo autocratico avevano estraniato i cittadini dalla politica e dalla vita pubblica. Ufficialmente, Firenze era una Repubblica: ma di fatto non lo era più, o forse solo in parte. Fra il 1480 e il 1490 Lorenzo dei Medici era diventato il capo politico supremo, assai più di un primus inter pares. La città, abituata a parlare di politica e a parecipare al governo locale, era uno dei principali centri della finanza e del commercio internazionale; oltre ad essere uno dei principali centri italiani industriali per le sue manifatture tessili. I primi sermoni furono un disastro. Non aveva mai predicato e si trovava in un ambiente nuovo con cui non aveva confidenza. La voce esile, i gesti goffi, la scarsa abilità retorica. Così venne ritrasferito a Ferrara e poi girò a Brescia, Genova e in altre città italiane. Torna a Firenze nel 1490. Adesso aveva quasi 40 anni. Le città italiane erano contesti abbastanza unici in Europa: sotto il profilo economico e sotto quello culturale. E il Rinascimento italiano era il rinascimento delle città. Il risveglio culturale passava da lì, e Firenze si pose all'avanguardia. Aveva una popolazione di circa 40 mila abitanti, e aveva una classe di cittadini abituati a governare le proprie sorti politiche: per questo i fiorentini diventeranno un problema assai spinoso per quel grande banchiere che era Cosimo de' Medici. Gli oltre cinquant'anni di gestione indiretta dei Medici avevano portato a un governo in cui si mescolavano repubblica e tirannia. E la tirannia e il sistema clientelare dei Medici, avevano prodotto, da un lato, consenso, dall'altro un gran malcontento. I successi ottenuti con le prediche dell'Avvento, nel 1490, determinarono l'invito a predicare nel duomo per i sermoni quaresimali del 1491. Le prediche furono un assalto contro il clero permissivo e impreparato. Savonarola prese di mira l'immoralità dilagante: l'usura e le transazioni 5 contestualmente negò a Piero il mandato di trattare con Carlo. Intanto Pisa viene invasa. E quando si capì che Piero non era in grado di fermare l'invasione, molti alti funzionari, da tempo sostenitori dei Medici, passarono all'opposizione. La maggior parte dei cittadini stava assistendo a qualcosa di politicamente imprevedibile. Improvvisamente, a Firenze si cominciò a chiedere vendetta contro la tirannia della famiglia decaduta, peraltro accusata di aver sottratto denaro dalle casse pubbliche. Le case dei noti sostenitori dei Medici furono assalite. Ci si rese conto che l'ordine era estremamente fragile e che le numerose famiglie coinvolte nel governo della città al fianco dei Medici andavano protette. In questa circostanza Savonarola svolse un ruolo fondamentale nel dibattito se punire o graziare coloro che avevano avuto un ruolo nel governo mediceo della città. Era una vastissima rete clientelare. Nel frattempo Carlo stava per entrare in città e nessuno sapeva se da nemico o da amico. La città fu occupata da un esercito che era un quinto della popolazione fiorentina. La crisi politica aveva messo i fiorentini in faccia con il proprio destino e con il proprio passato. E la religione prometteva certezza assoluta, speranza, conforto. La Signoria cominciò a consultare i personaggi e gli intellettuali più in vista ma anche quelli meno conosciuti. Due giorni prima che Carlo entrasse (siamo a novembre) in città, la Signoria aveva convocato un larghissimo consiglio di 500 uomini costituito da cittadini che in precedenza avevano fatto parte dei tre più alti uffici della città. Lo scopo era quello di conoscere le loro opinioni. La città in ogni caso era sollevata dall'idea di essersi liberata dalla tirannia ma era preoccupata di come mantenere la pace e l'ordine. A questo punto, Savonarola poteva alzare il tiro e ci si rese conto che Carlo preferiva trattare con lui. D'altro canto, il frate disse a Carlo che lui era venuto in Italia come servo di Dio e quello che si apprestava a compiere era una sorta di liberazione voluta da Dio. Era di fatto una sorta 6 di castigo per come l'Italia era stata ridotta per mano dei potenti e per mano di una Chiesa corrotta. La città cominciò a tranquillizzarsi grazie al fatto che i soldati rimasti in città erano molti di meno. Carlo, infatti, stava continuando la sua passeggiata: era diretto a Napoli. Savonarola nelle sue prediche si rivolge a Firenze, ma si rivolge anche a tutta l'Italia, a Roma. Si mostra severo soprattutto con il clero e dice che è arrivato il momento in cui quelle nefandezze troveranno una severa punizione. Continua a proporsi come un profeta. E ricorda al suo pubblico di aver predetto tutto ciò che stava succedendo, almeno due anni prima. Cominciò ad alludere a una sorta di “rivoluzione” e sottolineò il fatto che il Signore misericordioso aveva fatto sì che quel cambio di regime fosse non cruento. Firenze, la città artistica, letteraria, creativa, in quel momento era tutta politica: o così sembrava. Il frate aveva intorno a sé gente del calibro di Sandro Botticelli e di Michelangelo. Ora che il re francese era partito, bisognava dare un assetto politico alla città. L'antica nobiltà era stata messa fuori gioco dalle guerre civili e dal commercio. Tuttavia, sembrava che la città avesse una classe di aristocratici della politica. Era una nobiltà mercantile e bancaria. Niente a che vedere con le tradizionali forme aristocratiche dei cavalieri e delle armi. Il problema era che questi notabili non avevano unità d'intenti. Non c'era una solidarietà in grado di tenerli insieme. Erano stati i medici a distruggere la coesione preesistente. Perciò, gli uomini delle casate più insigni si divisero almeno in quattro gruppi: i sostenitori più o meno segreti di Piero de' Medici; gli accaniti oppositori dei Medici; i sostenitori della nascente repubblica savonaroliana; e gli indecisi, che osservavano. Di fatto, stava iniziando una rivoluzione. La Signoria (9 uomini) e i loro due Consigli consultivi (Sedici e Dodici) avevano assunto le funzioni di governo supremo della città. Il 30 novembre vi fu un'importante consultazione, durata tutto il giorno: in quell'occasione si decise di convocare un parlamento nel giro di due giorni, una grande assemblea di almeno i due terzi di tutti i cittadini a pieno titolo, che si supponeva avrebbe proclamato la sua approvazione ai cambiamenti apportati alla 7 sfera politica della città. Così il 2 dicembre i cittadini affluirono nella piazza del governo per decidere. I quattro più importanti cambiamenti furono: 1) tutte le leggi esistenti contrarie ai cambiamenti previsti erano dichiarate nulle e invalide; 2) il consiglio legislativo e quello esecutivo istituiti dal regime dei Medici erano aboliti; 3) tutti gli esiliati politici e i loro discendenti, risalendo fino al 1434, erano richiamati in patria; 4) ci sarebbe stata una nuova commissione di elettori – i Venti – che sarebbe rimasta in carica un anno ma con mandato rinnovabile. Il compito di questa commissione consisteva nello scegliere o eleggere le Signorie durante l'anno successivo, avere voce in capitolo per l'elezione di altri funzionari di primo piano, e in senso più ampio contribuire a riplasmare l'autorità pubblica fiorentina. I fiorentini, sostenuti anche da Savonarola, erano decisi a istituire un Gran Consiglio di cui avrebbero fatto parte a vita tutti gli uomini con diritti politici. Sarebbe stato l'organo governativo fondamentale e in ultima analisi avrebbe detenuto tutto il potere sovrano. Il Consiglio avrebbe compreso anche uomini modesti, mercanti, piccoli possidenti, bottegai, artigiani abbienti, avvocati e persino un numero esiguo di poveri vergognosi, cioè gli uomini di famiglie un tempo ricche ma ormai cadute in bassa fortuna (dunque in condizioni umili). Di fatto, la caduta dei Medici aveva sprigionato le ambizioni politiche del popolo fiorentino. Il Gran Consiglio sarebbe stato la colonna portante del governo fiorentino per quasi 18 anni, fino al 1512 (quando un colpo di stato armato rovesciò la nuova repubblica, riportando al potere i Medici). Il Gran Consiglio avrebbe avuto il controllo sulle elezioni a tutte le cariche importanti, e da quel momento l'istituzione divenne l'unico vero governo di Firenze. Ma Savonarola guardava oltre. Il contesto fiorentino era solo una parte del tavolo da gioco su cui stava giocando la sua partita. Firenze doveva 10 Uno dei suoi espedienti retorici più utilizzati era il dialogo immaginario. Immaginava di parlare con Dio, ovviamente, con il papa, con Roma, con la sua Firenze, con l'intera Chiesa. Bisogna dire che il progetto, realizzato, di restituire la città al suo popolo in termini di governo politico conviveva con un'idea del mondo che era abbastanza conservativa. Le persone dovevano attenersi allo status sociale in cui erano nate. Quello era un ordine voluto da Dio e non andava stravolto. Quando lui parlava di popolo fiorentino alludeva alla vasta categoria di cittadini da tempo residenti in una capitale: e quella categoria era in larga parte costituita dalle classi possidenti medie e alte. Per semplificare Savonarola stava difendendo l'autogoverno che spettava legittimamente a una comunità politica e stava disprezzando e condannando sia la tirannia (che era stata dei Medici) sia i regimi oligarchici ristretti. Erano comunque opinioni inconsuete per il tempo: sia in Italia sia in Europa (fatta eccezione per Venezia e per le piccolissime Repubbliche di Lucca e Siena). Era fermamente convinto che ciò che stava succedendo a Firenze era opera di Dio e che Firenze sarebbe presto diventata l'esempio e il punto di partenza di un movimento di riforma molto più largo. Non bisogna dimenticare che gli anni in cui questa esperienza religiosa e politica si consuma sono anni segnati dalla presenza della peste che infuria in città dal '96 al '98. E sono anni segnati dalla fame causata dalla spaventosa penuria di grano. L'altro protagonista, il papa Alessandro VI. Sembra una lotta fra un gigante e un nano. Il papa non poteva non vincere ma quella partita si consuma all'interno di un movimento molto più vasto e incisivo che avrebbe spaccato la Cristianità occidentale con la diffusione delle idee di Lutero e Calvino. Il nome di Rodrigo Borgia è ed era anche allora sinonimo di simonia, nepotismo, corruzione. Nell'ultimo decennio del Quattrocento si diceva che c'erano più puttane a Roma che frati a Venezia. 11 Rodrigo era nato in Aragona all'inizio degli anni Trenta: a Valencia, per l'esattezza. Largamente dotato di qualità intellettuali, ebbe la fortuna di poter beneficiare del potere e dell'influenza di suo zio Alonso, fratello di sua madre, che proveniva da un altro ramo della famiglia Borgia. Era un esperto di diritto canonico. Era stato vescovo di Valencia, poi cardinale e poi anche papa con il nome di Callisto III (1455-58). Rodrigo segue lo zio in Italia che lo favorisce elargendogli cariche ecclesiastiche e per un certo numero di anni fece avanti e indietro da Bologna per studiare diritto canonico. Una volta diventato papa suo zio, per lui diventare cardinale fu una cosa quasi naturale: accadde appena dieci mesi dopo l'incoronazione di Alonso al papato. Rodrigo era una creatura di Callisto. Fu nominato vicecancelliere potendo gestire i 12 giudici del supremo tribunale papale, la Rota. Così Rodrigò accumulò potere che testò in occasione dell'elezione del nuovo papa e di quello successivo. Nel 1484 provò a farsi eleggere papa, ma gli andò male. Tutte le elezioni papali coinvolgevano la politica e spesso anche il denaro, con città-stato e principi italiani che cercavano di manovrare i cardinali: i partiti contendenti contrattavano, minacciavano, compravano o vendevano voti. Rodrigo ci riuscì nel 1492. Inizialmente, gli sembrano sopravvalutate le parole del fraticello fiorentino. La cosa però si fece seria quando in occasione della costituzione della Lega Santa per cacciare Carlo dall'Italia, siglata nel marzo 1495, Firenze decise di non aderire. Dopotutto, per Savonarola, Carlo era stato mandato da Dio per iniziare quel procedimento di purificazione. L'interdetto di cui si vociferava non giunse. Il frate, però, ricevette un invito dal papa, che gli suggeriva di recarsi a Roma. In realtà era un ordine e probabilmente si sarebbe rivelata una trappola. E infatti Savonarola declinò l'invito. Di fronte alla lettera di Savonarola, in cui si parlava di un precario stato di salute, di un clima assai pericoloso per la sua incolumità e della necessità 12 della sua presenza in una città ancora minacciata da uomini malvagi pronti a cospirare, la burocrazia papale decise di redigere un breve in cui si affrontava il problema degli scismi e delle eresie che potevano sorgere da una simulata semplicità. Il frate non si lasciò intimorire, sostenendo che di ciò che egli stava facendo pubblicamente c'erano almeno dieci mila testimoni a Firenze. Tradizionalmente, le eresie nascevano e circolavano nell'ombra, le sue parole erano sempre state pronunciate in pubblico; così come anche i suoi scritti erano stati pubblicati e veicolati secondo le consuete regole. La risposta del papa non si fece attendere e per certi versi dovette sorprendere anche Savonarola. Venne annullato l'ordine di recarsi a Roma, vennero sospese le censure, ma fu ripetuta l'intimazione a interrompere le prediche fino a quando il caso non fosse stato esaminato più a fondo. In altri termini doveva astenersi da qualunque predicazione, pubblica o privata. In questo modo il papa era riuscito a ridurre il frate al silenzio. Al contempo, il papa non fece nulla per impedirgli di pubblicare le sue opere. Così dall'ottobre '95 al febbraio '96 il frate rimase in silenzio. Fu la città a chiedere al papa di riconoscere al frate la libertà di ricominciare a predicare. Così a febbraio '96 Savonarola tornò sul pulpito. Poco dopo il papa riconobbe la necessità di dover fare dichiarare Savonarola eretico e scismatico. Savonarola, naturalmente, sapeva che con i suoi discorsi, in un mondo siffatto, si sarebbe fatto un sacco di nemici, dentro e fuori Firenze. Tra l'inverno del '95 e la primavera del '98 affluirono agli uffici del papato decine di lettere e rapporti che accusavano Savonarola di crimini di tutti i generi: dall'alto tradimento al furto, dalle perversioni sessuali alla diffusione di idee eretiche. In ogni caso, Firenze continuava ad essergli vicina: nel 1597, la Signoria è dominata dal partito vicino al frate. La scomunica arrivò quell'anno, maggio 1597. Il frate veniva posto fuori dalla Chiesa perché non aveva ubbidito agli ammonimenti del papa. 15 dipingendola come un grave passo falso dei domenicani. In ogni caso, l'ordalia fu fissata per il 6 aprile e poi spostata per il 7: il sabato prima della domenica delle palme. L'ordalia non si fece, benché fosse tutto pronto. I francescani non si presentarono e un forte temporale contribuì a disperdere la folla riunita per l'evento. Rimane il fatto che tutto ciò ricadde sulla testa dei savonaroliani. Da quel momento in poi, il frate cominciò ad essere percepito e raccontato come un traditore. Si cominciò a temere per la sua vita e per la vita dei suoi più stretti collaboratori. L'attacco a San Marco arrivò l'8 aprile, la domenica delle palme. Dopo un lungo assedio la Signoria diede un ultimatum agli assediati, ordinando che tutti i laici all'interno se ne andassero. La resistenza opposta dai frati e dai laici savonaroliani fu pressoché inutile. Savonarola fu condotto al palazzo del governo insieme con due dei suoi principali assistenti, scortati dalle guardie della Signoria. Fu preso a calci e pugni e aggredito con sputi. Ormai la città lo disprezzava. L'appoggio politico di Firenze ormai si era sgretolato. Anche Machiavelli si schierò con i nemici del frate. Ma in seguito – dopo il 1515 – riconsiderò quella vicenda, ammettendo che il frate era riuscito a conquistare il sostegno di quasi tutta la cittadinanza. Guicciardini, invece, vide nel frate la sostanza autentica: un uomo santo a virtuoso, ispirato da Dio, positivo per Firenze, che aveva ragione quanto alla necessità di un rinnovamento profondo e assolutamente fondamentale della Chiesa. Nelle sue Storie fiorentine ne parla come di un grande profeta. Sta di fatto che fu portato via come un criminale comune. Fu arrestato e interrogato; e con il suo arresto si diede avvio all'epurazione. Tutti i suoi simpatizzanti furono allontanati dagli uffici che ricoprivano. Cosa bisognava fare: giudicarlo a Firenze o mandarlo a Roma? In fondo, pur essendo di Ferrara, ormai era un fiorentino e non poteva che essere giudicato nella e dalla sua città. Il clima era ormai di vendetta e la città voleva vendicarsi. Venne sottoposto a tre processi, torturato, ma rimase a Firenze. Insieme con i suoi due amici e collaboratori venne giudicato colpevole di eresia e scisma. 16 Roma chiese che i tre prima di essere giustiziati fossero spretati, degradati e privati della consacrazione sacerdotale. Il 23 maggio si procedette prima con la cerimonia della degradazione; poi, con l'esecuzione. I tre vennero condotti al patibolo, impiccati e i loro corpi ridotti in cenere dal rogo. Tutto che io ho fatto – o disegnio di fare – come di sopra l'ho detto, per essere sempre famoso nel presente et nel futuro, et per havere tale credito nella città di Firenze, che tutte le cose di tale importanza non si facessi senza la mia voluntà. Et poi che io fussi stato stabilito in Firenze a questo modo, havemo animo di fare cose grandi in Italia e fuori d'Italia per forza de' signiori, co' quali harei contratto amicitia et trattato cose grandi, come questa del Concilio. Et secondo che le cose fussino passate, haremo pensato dell'altre, et maxime havendo intentione di excitare li principi cristiani et precipualmente quelli fuori d'Italia, doppo il Concilio, a subiugare li infedeli. Di farmi cardinale o papa non lo pensai mai, perché quando havessi condotto questa opera, mi parrebbe essere stato più che cardinale o papa perché, conducendo questa opera [di riforma religiosa e di conversione degli infedeli] senza essere papa, sarei stato d'autorità et reverentia, il primo huomo del mondo. Et quando fussi stato fatto papa non l'harei recusato.
Docsity logo


Copyright © 2024 Ladybird Srl - Via Leonardo da Vinci 16, 10126, Torino, Italy - VAT 10816460017 - All rights reserved