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Storia Moderna - Vittorio Criscuolo, Sintesi del corso di Storia Moderna

Riassunto completo, fatto per capitoli, del testo valido per l'esame di Storia Moderna

Tipologia: Sintesi del corso

2022/2023

In vendita dal 22/11/2022

EmanueleCellini
EmanueleCellini 🇮🇹

4.4

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223 documenti

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Scarica Storia Moderna - Vittorio Criscuolo e più Sintesi del corso in PDF di Storia Moderna solo su Docsity! Storia moderna Vittorio Criscuolo CAPITOLO 1 “L’ECLISSI DELLA MODERNITA” Periodizzazione Il concetto di storia moderna è impiegato diversamente dalla storiografia italiana, in particolare se quest'ultima viene confrontata con quella anglosassone, tedesca e francese. La maggioranza degli storici è concorde nell'indicare come inizio dell'età moderna gli anni intercorrenti tra il XV e XVI secolo, ma le interpretazioni sulla durata e sul termine di questo periodo differiscono notevolmente. Nelle storiografie anglosassone, tedesca e francese la conclusione dell'età moderna viene indicata o con la conclusione della prima, o della seconda guerra mondiale, o anche con il crollo dell'Unione Sovietica. Quest'ultima periodizzazione è frutto prevalentemente dell'intendimento dell'età contemporanea come dell'epoca delle generazioni viventi. Nella storiografia italiana invece, in particolare per cause politico-scolastiche, si indica tradizionalmente come inizio dell'età contemporanea o l'Unità d'Italia, o il periodo tra la fine del XVIII secolo e l'inizio del XIX. La storia moderna, così come intesa in Italia, trova quindi un corrispettivo in Europa con la cosiddetta prima età moderna o early modern age. Date ed interpretazioni Le precise date d'inizio e fine dell'epoca moderna variano a seconda delle diverse interpretazioni storiografiche. Alcune date comunemente utilizzate per indicare l'inizio dell'eta moderna sono:  1453, che coincide con la caduta di Costantinopoli in mano ai Turchi e la fine dell'Impero bizantino, nonché la fine della Guerra dei cent'anni tra Inghilterra e Francia.  1492, anno della caduta del Regno di Granada (ultimo baluardo musulmano in Spagna) e della conseguente unificazione delle corone spagnole, nonché della scoperta delle Americhe da parte di Cristoforo Colombo.  1517, anno d'inizio della diffusione della Riforma protestante. La conclusione dell'età moderna viene convenzionalmente fissata con la conclusione del Congresso di Vienna (1815), che seguì alla sconfitta di Napoleone e che definì il riassetto geopolitico europeo. Interpretazioni diverse indicano come termine dell'età moderna lo scoppio della Rivoluzione francese (1789) o della prima rivoluzione industriale in Inghilterra (ultimi tre decenni del Settecento). Un'altra data di cesura importante tra età moderna e contemporanea può esser considerata quella del 1848: in questo anno si verificarono importanti quanto fallimentari tentativi di rivoluzione politica, sfociati con la promulgazione di varie Carte Costituzionali, futuro preludio al costituirsi, nella maggior parte dell'Europa, di regimi liberali. In questa situazione si è fatta strada progressivamente la sensazione di vivere la fine di un'epoca e di essere entrati in una fase di transizione verso un futuro che appare ancora indecifrabile: di qui l'uso frequente del prefisso post per indicare i vari aspetti di questa realtà fluida e incerta. si è affermata la categoria della postmodernità, coscienza critica della società post-industriale. elementi centrali della postmodernità sono il rifiuto delle concezioni generali del mondo e della storia e la sfiducia nella possibilità di una interpretazione razionale e unitaria di una realtà complessa e mutevole. il post non ha un significato cronologico e nemmeno logico: il post moderno non è tale perché viene dopo il moderno o perché lo supera. è la stessa nozione di superamento essere negata: nell'età post moderna cade definitivamente il concetto di progresso che ha rappresentato il fondamento dell'idea di modernità. il consolidamento dei poteri politici e religiosi comportò un aumento della regolamentazione dei controlli, tanto che molti storici hanno considerato come elemento caratteristico di quest'età il disciplinamento delle azioni e delle convinzioni individuali sia nella realtà politica e sociale, sia nella sfera religiosa. Un’interpretazione dell’età moderna come epoca del progressivo sorgere e svilupparsi di istituzioni destinate a costruire una forteomologazione nei comportamenti di uomini e gruppi s ociali è da collegarsi, tra gli altri, all’opera di Michel Foucault CAPITOLO 2: “LA POPOLAZIONE” La demografia storica è una disciplina che studia le caratteristiche della popolazione in età pre statistica. La demografia storica studia anzitutto l’andamento della popolazione, al fine di conoscere, anche se con approssimazione (date le tipologie di fonti disponibili), il numero degli individui. si occupa inoltre di definire la natalità, la mortalità, gli andamenti dei matrimoni. la demografia storica ha un compito non semplice, poiché nasce dallo sviluppo degli studi di demografia, che però si basano sue laborazioni di tipo statistico, potendo contare su fonti seriali, leggibili e interpretabili con metodi matematico-statistici. La demografia storica, pur mutuando modelli e metodi dalla demografia, deve necessariamente utilizzare fonti che non sempre consentono, per l’età moderna, la completa applicazione di tali metodi. La disponibilità di fonti seriali per lo studio della popolazione ha un mutamento importante alla fine del Settecento, con la Rivoluzione Francese, che istituisce lo stato civile (registrazione per mezzo di pubblici ufficiali delle nascite, matrimoni, morti), prassi che si estende via via a tutta Europa. Si tratta di un momento importante di sviluppo delle rilevazioni di informazioni sullo stato della popolazione, che continuò poi a perfezionarsi nel corso dell’Ottocento. non si trattava però di una novità assoluta, in quanto forme di rilevazione della popolazione esistevano anche precedentemente, ma soprattutto a fini fiscali o ecclesiastici . per l’età precedente si può disporre di fonti suscettibili di essere interpretate in chiave demografica: Durante l’età moderna acquistano particolare rilevanza le registrazioni ecclesiastiche,che iniziano ad essere tenute, sebbene in modo frammentario, già dal XV secolo. Durante il Medioevo, la registrazione della popolazione era legata in particolare ad esigenze di carattere fiscale, come il Domesday Book (1083-1086) e, più tardi, estimi e catasti, tra i quali quello fiorentino del 1427. Per lo studio dell'andamento demografico risultano preziosi i registri di battesimo, matrimonio e sepoltura, da cui si ricavano la densità della popolazione, l'indice di natalità e mortalità e la speranza di vita. avendo a disposizione dati abbastanza completi, è possibile costruire una piramide della popolazione, che rappresenta graficamente l'evoluzione demografica di una comunità nel tempo . Nonostante la tendenza di lungo periodo alla crescita della popolazione, è necessario ricordare chele popolazioni di antico regime sono sottoposte alle conseguenze di crisi ricorrenti, legate alle guerre, alle carestie e alle epidemie. e guerre ebbero un’influenza più limitata rispetto alle epidemie, ma furono certamente, soprattutto se di lungo periodo (come la guerra dei Trent’Anni), causa di rialzo della mortalità, a causa di ripetuti saccheggi, distruzioni, sfruttamento delle risorse. n età moderna erano diffuse malattie che si presentavano con crisi epidemiche di ampia portata: lapeste, anzitutto, la sifilide, il tifo, il vaiolo (dal Settecento). Nelle società preindustriali facilmente si verificavano situazioni di carestie alimentari, a motivo della scarsa produttività dei terreni, dell’impossibilità a difendersi da situazioni metereologiche avverse e della scarsa capacità di conservazione degli alimenti . Il riproporsi, ciclicamente, di periodi di crisi ha inciso sull’andamento della popolazione europea in età moderna. All’inizio del Cinquecento la popolazione europea stava avvicinandosi, in seguito ad una lenta crescita (non fermata dal continuo riproporsi di epidemie), ai livelli precedenti la Peste Nera. Se il Cinquecento fu caratterizzato da una continua e anche vivace crescita, il Seicento fu invece caratterizzato da una stagnazione o addirittura da una diminuzione della popolazione (in particolare in corrispondenza delle crisi di peste). Il punto di svolta avvenne nel Settecento, con quella che è stata definita la “transazione demografica”, ossia un cambiamento profondo della mentalità, delle tendenze e dei comportamenti individuali caratteristici delle società preindustriali, che ha aperto una fase completamente nuova per il mondo intero. Un elemento di notevole interesse nelle riflessioni sulla popolazione di età moderna è legato al cosiddetto “tasso di urbanizzazione”, ossia al numero che indica la percentuale di individui che abita in un centro urbano. Lo sviluppo della popolazione urbana dei secoli XI-XIII avvenne in un periodo di forte crescita demografica, ma non significò necessariamente un aumento del tasso di urbanizzazione. Si registra, in età moderna, lo sviluppo di grandi città capitali (Madrid, Vienna, Berlino, San Pietroburgo), legata allo sviluppo dei grandi stati europei. La penisola italiana si distingueva per la numerosità della presenza di insediamenti urbani e anche per la dimensione di alcuni di essi; solo Parigi era paragonabile, come numero di abitanti, alle grandi città italiane (Milano, Venezia, Napoli). CAPITOLO 3: “LA SOCIETA’ PREINDUSTRIALE: L’AGRICOLTURA” La società di antico regime era fondata su un'economia prevalentemente agricola. si continuavano in generale ad adottare tecniche e strutture risalenti al lontano passato. il più significativo indice della modernizzazione è la riduzione del numero degli impiegati in agricoltura rispetto al totale degli occupati. Infatti quando l'agricoltura riuscì ad accrescere la sua produttività in modo consistente si crearono le condizioni per lo spostamento di uomini e risorse verso altri settori produttivi. questo processo si manifestò precocemente in Inghilterra. solo con molta lentezza e tra notevoli difficoltà si avviò, in tempi e modi diversi nelle varie zone del continente, un processo di superamento dell'agricoltura tradizionale che creò le premesse per una modernizzazione delle tecniche di coltivazione. nell'età moderna la condizione del mondo contadino si presentava sostanzialmente diversa nell'Europa centro-occidentale rispetto alla parte orientale del continente.si tratta di una differenziazione molto importante, che ebbe un peso decisivo sulla storia delle due parti del continente. Nell'età medievale le grandi proprietà erano divise in parte dominica, gestita dal proprietario attraverso la prestazione di giornate di lavoro gratuite, le corvées dei contadini dipendenti, e una pars massaricia affidate al lavoro di contadini liberi e servi che pagavano un canone. tra il IX e X secolo i proprietari assunsero sempre più una funzione di protezione di difesa delle popolazioni che vivevano sulle loro terre, affermando così la signoria Fondiaria, ossia la assunzione da parte del proprietario terriero di un'autorità che si estendeva non solo sui contadini da lui dipendenti ma su tutti gli abitanti delle terre di sua proprietà. Si tratta di un vero e proprio servaggio. lo sviluppo dell'agricoltura e la ripresa degli scambi commerciali crearono, a partire dal XI secolo, le condizioni per una progressiva erosione del potere signorile. i contadini potevano migliorare notevolmente la propria condizione, si batterono contro i signori per attenuare il peso della loro autorità e trovarono un sostegno decisivo nelle città, che proprio in quel periodo si affermarono come tanto di poteri autonomi. a questa evoluzione dei rapporti sociali si aggiunse poi la tendenza di principatie monarchie a richiamare nelle proprie mani quelle funzioni di ordine amministrativo e politico chenella disgregata ed inquieta società tardomedievale avevano delegato ai signori feudali. per l'età moderna è opportuno parlare di un potere signorile, sostanzialmente ridotto alla sola dimensione economica. agli inizi del Cinquecento il servaggio era di fatto scomparso: i contadini erano ormai quasi ovunque liberi di muoversi. anche le corvées erano limitate a qualche giornata di lavoro per provvedere alla manutenzione delle strade. Nel 500, in Occidente, vi erano i diritti signorili: le famiglie contadine che detenevano la “proprietà utile” sulle terre coltivate dovevano al signore un censo annuo, a motivo della “proprietà eminente” detenuta dal signore. Il signore aveva il monopolio del mulino, del frantoio, del forno sui quali esigeva dai contadini i diritti di banno. Il contadino poteva abbandonare la terra che coltivava, pagando al signore il diritto di laudemio. il Signore aveva anche il monopolio della caccia, della pesca e dell'uso dei corsi d'acqua e riscuoteva pedaggi per l'uso dei ponti e delle strade. questi diritti signorili potevano essere ereditati e venduti come qualunque altra proprietà. La condizione contadina in Europa Orientale conobbe un notevole peggioramento, dando luogo a gravi limitazioni della libertà personale. Il fenomeno è definito “secondo servaggio”. La diffusione nel servaggio coinvolge larga parte dell’Europa orientale, compresa la parte orientale della Germania e i Balcani. Si tratta di un regime assai pesante, spesso a torto paragonato a quello dei secoli centrali del Medioevo, quando, invece, si trattava di obblighi di ben altra gravità. Lo sfruttamento delle famiglie l'applicazione della scienza matematica al problema della posizione geografica di una nave in un dato istante. si crearono così le premesse per tentare la navigazione in mare aperto. questa capacità nel XVI secolo fece segnare una netta superiorità dell'Europa rispettoalle altre parti del mondo, il grande cartografo Mercator, nel 1569 pubblicò un grande mappamondo in 18 fogli ad usum navigantium. molte novità si ebbero anche nelle costruzioni navali. la galera o galea rimase a lungo attiva fino al XVII secolo. i perfezionamenti nella tecnica marinara portarono i paesi atlantici a sviluppare soprattutto le navi a vela. un'evoluzione di queste imbarcazioni fu la caravella, di origine portoghese, molto maneggevole e veloce. uno sviluppo del veliero atlantico fu l'imponente Galeone, simbolo del predominio acquisito dall'Europa nei mari di tutto il mondo. uno dei rischi ai quali era esposto il commercio marittimo era l'attacco da parte dei Pirati per impadronirsi del carico della nave e degli uomini, venduti poi come schiavi. va distinta la guerra di corsa, che viene esercitata con il consenso di un governo contro le navi dello Stato nemico, dalla pirateria atlantica, praticata ai danni dei galeoni spagnoli che trasportavano oro e argento dalle miniere del nuovo mondo, da predoni inglesi, olandesi e francesi. in realtà sul piano pratico è molto difficile distinguere pirateria e guerra di corsa. l'abolizione di questa guerra si ebbe al Congresso di Parigi del 1856. nel XVIII secolo la pirateria declinò sensibilmente e rimase attiva nell'oceano Pacifico, e soprattutto nell'estremo Oriente e nell'Oceano Indiano, dove sopravvive ancora oggi. il pericolo di naufragi, gli assalti della pirateria e i rischi di deterioramento della merce nella stiva indussero comunque ad utilizzare il commercio marittimo soprattutto per carichi ingombranti e di non grande valore, mentre per le merci di qualità e di prezzo elevato fu preferito il trasporto via terra. questo non era privo di pericoli, era ostacolata dalla cattiva condizione delle strade e aveva costi molto elevati, anche per gli innumerevoli dazi e pedaggi che bisognava pagare lungo il tragitto. Le grandi scoperte geografiche e i collegamenti con nuovi mondi rivoluzionarono le rotte commerciali. In relazione allo sviluppo e alla crisi delle rotte europee e atlantiche si definirono gli sviluppi economici dei più importanti stati europei.All'inizio dell'età moderna il bacino Mediterraneo rappresentava ancora un nodo centrale dei traffici commerciali tra l'Europa e l'Asia. i traffici più importanti ricalcavano ancora le linee che si erano consolidate nel Basso Medioevo. l'importanza del flusso commerciale dall'Oriente, nel quale erano impiegati i maggiori mercanti e banchieri, era dovuto soprattutto al valore molto elevato di questi prodotti. grande sviluppo ebbero in questo periodo i commerci nei mari del nord. nel Seicento i traffici in questi mari furono dominati dalle navi olandesi. la crescente intensità di questi traffici è documentata dai registri degli agenti danesi che riscuotevano dazi doganali da tutte le navi che transitavano dallo Stretto di Sund. Importante in queste rotte commerciali era la marineriainglese, che erose progressivamente il primato degli olandesi. l'età moderna fu caratterizzata soprattutto dallo sviluppo dei traffici oceanici. Venezia per tutto il Cinquecento mantenne un posto importante nel commercio Mediterraneo, ma il suo declino iniziò verso la fine del secolo con l'arrivo di navi olandesi e inglesi. In definitiva i commerci mediterranei rimasero vivaci ma sicuramente assunsero un posto sempre più marginale rispetto alle nuove direttrici di traffico che si affermarono nell'età moderna. Carlo Magno introdusse nell’VIII secolo nell’Impero il monometallismo argenteo. La moneta metallica si identificava in base al peso e alla lega. L'incremento degli scambi per effetto della crescita economica iniziata nel secolo XI rese sempre più inadeguato un sistema basato su una sola moneta. si provvide perciò alla coniazione di multipli del denaro, e poi all'emissione di monete d'oro. per prime furono Firenze e Genova a coniare nel 1252 rispettivamente il fiorino e il genovino d'oro, poi seguirono Venezia con il Ducato e la Francia con lo scudo Tornese. si passò così a un sistema di bimetallismo nel quale il valore della moneta era legato al valore dell'argento e dell'oro, sistema rimasto in vigore fino alla fine del XVIII secolo. Nell'Europa medievale si affermò un altro strumento che contribuì ad accrescere la circolazione monetaria: la moneta bancaria, le cui origini risalgono all’Italia del XII secolo. molto importante fu la diffusione della lettera di cambio, un atto notarile con il quale un mercante dava una somma di denaro a un altro mercante il quale gli consegnava una lettera di cambio nella quale si impegnava a restituire la somma ricevuta in un'altra località a un agente o corrispondente del datore. si otteneva in tal modo un trasferimento di denaro da una piazza all'altra evitando i rischi connessi al trasporto delle monete. L'età medievale fu caratterizzata da una ricorrente scarsità di metalli preziosi rispetto alle esigenze della circolazione monetaria. sul finire del XV secolo la situazione migliorò sensibilmente grazie ai progressi tecnici dell'industria estrattiva e alla scoperta di nuovi ricchi giacimenti di argento nell'Europa centrale. fu però soprattutto l'afflusso di metalli preziosi dalle colonie spagnole nel continente americano a determinare nel corso del XVI secolo un forte incremento della massa monetaria. tutto ciò provocò l'inflazione: si può affermare che all'origine del fenomeno vi fu fin dagli inizi del XVI secolo l'incremento demografico al quale l'agricoltura faceva molta fatica a far fronte. su questa situazione si innescò poi l'aumento della massa monetaria che sicuramente contribuì a sostenere e ad accrescere la spinta inflazionistica . Quando circolavano monete che contenevano metalli preziosi era forte la tentazione nei sudditi di tosarle. proprio per evitare la tosatura a partire dal Seicento le monete furono coniate con un orlo zigrinato. erano spesso i principi che realizzavano una frode nella coniazione. il risultato era l'aumento della moneta in circolazione, cioè l'inflazione. Un banchiere inglese, Gresham, elaborò una legge, secondo cui la moneta cattiva scaccia dalla circolazione quella buona. se circolano nello stesso paese due monete aventi lo stesso valore legale ma diverso contenuto di metallo prezioso, quella a minor valore intrinseco tende a sostituire nella circolazione l'altra, in quanto quest'ultima viene tesoreggiata o portato all'estero oppure fusa. l'equilibrio doveva necessariamente ristabilirsi attraverso un mutamento dei valori di cambio fra la moneta svalutata e le altre. Fin dal XIII secolo furono coniate monete d'oro utilizzate negli scambi internazionali, nelle transazioni finanziarie e nel commercio all'ingrosso, e le monete cosiddette piccole, che servivano invece per le compravendite quotidiane e per il pagamento dei salari. la tendenza alla svalutazione interessa in particolare queste ultime. esse finirono per contenere una quantità sempre minore di metallo prezioso, tanto che alla fine furono coniate solo in rame. le monete coniate in oro e argento, che ebbero sempre una maggiore stabilità del loro contenuto intrinseco, non recavano alcuna indicazione di valore In quanto quest'ultimo era fissato dall'autorità monetaria sulla base del valore di mercato dei due metalli. si stabilì una distinzione fra due sistemi monetari: le monete di conto, con le quali si fissavano i prezzi e si teneva la contabilità, e le monete effettivamente coniate che si utilizzavano per i pagamenti. la situazione era ulteriormente complicata dal fatto che circolavano liberamente non solo le monete coniate dall'autorità politica ma anche monete forestiere. le monete di conto servivano a uniformare questo caotico sistema monetario e differivano da paese a paese, ma rappresentavano un’unità di misura stabile nella quale tradurre e uniformare i valori delle diverse monete correnti. La complessità del sistema monetario è testimoniata dal testo di Cesare Beccaria che nel 1762 scriveva Del disordine e dei rimedi delle monete nello stato di Milano. In tale area (ma ugualmente avveniva altrove) circolavano tipi di monete diverse, provenienti da aree diverse: 22 tipi di monete d’oro e 29 d’argento, coniate in aree diverse d’Europa. Il cambio è il prezzo al quale una moneta viene cambiata con un'altra. nel caso di una diminuzione del valore di una moneta nei confronti delle altre si parla di svalutazione. il problema del cambio nell'età moderna si poneva quotidianamente a tutti a causa dell'esistenza anche all'interno dello stato di due diverse unità monetarie, la moneta di conto e le monete effettivamente circolanti .La rivoluzione francese introdusse diverse novità nel sistema monetario: Il franco d’argento fu suddiviso secondo un sistema decimale, ossia diviso in centesimi, facendo sparire le monete di conto in lire, soldi, denari; La Convenzione del 1795 stabilì che la nuova moneta sarebbe stato il franco d‘argento, con peso di 5 grammi e lega pari a 900/1000; Nel corso del XIX secolo si diffuse progressivamente un sistema monetario che vedeva la Banca centrale di ogni Stato stabilire una corrispondenza tra il totale d‘oro posseduto e la moneta cartacea in circolazione.Il sistema di rapporto tra la carta moneta e la disponibilità di oro da parte degli stati è stato in vigore sino a quando, nel XX secolo, è prevalso un sistema di tipo fiduciario, ossia non una necessaria corrispondenza con la disponibilità d’oro. CAPITOLO 5: “LA SOCIETA’ DI ORDINI: LA GERARCHIA SOCIALE La società di antico regime si autorappresentava come articolata in tre ordini, che corrispondevano alle funzioni fondamentali delle quali la società necessitava. I tre ordini erano quelli del clero (oratores), della nobiltà (bellatores), dei lavoratori (laboratores). All’interno di ciascun ceto esistevano profonde differenze di carattere economico. Tale rappresentazione derivava dalla tradizione medievale e rimase sostanzialmente invariata fino alla Rivoluzione Francese .La realtà era assai più complessa rispetto allo schema dei tre ordini, come dimostra la presenza già dal tardo medioevo di gruppi di mercanti, imprenditori, proprietari che non potevano dichiararsi appartenenti al ceto dei nobili (dato che non lo erano per nascita) ma che non si confondevano neppure con i laboratores. Questo gruppo viene definito come “borghesia”, anche se si tratta di una definizione imprecisa, che non identifica una “classe sociale”. Nella società di antico regime la nascita determinava lo status di una persona, collocandola all’interno di un ceto. La rete di rapporti all’interno di un medesimo ceto era poi garantita dall’appartenenza a “corpi”, o gruppi, ossia collegi, corporazioni, ordini religiosi, comunità . La Chiesa, pur con caratteristiche assai diverse tra aree dove prevaleva il cattolicesimo e aree dove si era diffusa la Riforma avi. dopo la distruzione del tempio di Gerusalemme nel 70 dopo Cristo ad opera dell'imperatore Tito, gli ebrei si dispersero nei paesi del Mediterraneo, nel Vicino Oriente e in varie zone dell'Europa. iniziava così il periodo della diaspora, dal greco esilio, dispersione. chiamati sefarditi da Sefarad, nome ebraico della Spagna, essi sotto la dominazione araba poterono vivere in condizioni accettabili, pur essendo soggetti a varie restrizioni e al pagamento della tassa prevista dal Corano per ebrei e cristiani. l'Islam non aveva particolari motivi di contrasto con l'ebraismo e condivideva la pratica della circoncisione e molte regole alimentari. la situazione degli ebrei peggiorava quando i territori in cui vivevano passavano sotto il controllo dei regni cristiani. a parte l’accusa di aver mandato a morte Gesù, pesava il fatto che entrambe le religioni si riferivano all'Antico Testamento come il libro ispirato da Dio, ma interpretato in modo diverso. nel 1205 Papa Innocenzo III affermò che la presenza degli ebrei in terra Cristiana poteva essere tollerata in quanto essi erano testimoni della verità della Fede di Cristo, ma solo a patto che fossero tenuti in una condizione di perpetua servitù. il clima di esaltazione che caratterizzò la prima crociata del 1096 fu occasione di violenze e uccisioni nei confronti degli ebrei che vivevano in Germania. nel 1215 il IV concilio Lateranense impose l'obbligo di portare un segno distintivo. cominciarono a circolare alcune leggende che avrebbero alimentato a lungo l'antisemitismo. in precedenza gli ebrei si erano inseriti nel tessuto economico delle società cristiane praticando l'agricoltura, l'allevamento del bestiame, l'artigianato, il commercio ed anche molte professioni. con il peggioramento del loro status giuridico non poterono più esercitare molte di queste attività e non potevano acquistare beni immobili. Inoltre fu vietato loro di sposare donne cristiane o di avere dei Cristiani alle loro dipendenze. gli ebrei si specializzarono nell'attività di cambiavalute del prestito su pegno e si dedicarono prevalentemente al commercio. L’espulsione degli ebrei dalla Spagna nel 1492 e dal Portogallo nel 1497 fu uno dei segnali di un peggioramento delle condizioni delle comunità ebraiche.A seguito delle espulsioni da diversi stati, la presenza ebraica divenne molto più consistente nei territori dell’Europa orientale e nell’Impero ottomano. Qui gli ebrei poterono esercitare diverse professioni ed attività economiche, ma in Europa andarono incontro ad un aggravamento delle loro condizioni. Tra Quattrocento e Cinquecento si svilupparono, nei territori nei quali gli ebrei continuavano a risiedere, dapprima a Venezia, forme di separazione dalla comunità cristiana, con l’introduzione dei ghetti. La segregazione nei ghetti si diffuse ampiamente in tutta Europa, anche se non totalmente (esempio di eccezione è Livorno). Le condizioni dei ghetti erano spesso assai difficili a motivo del sovraffollamento; nonostante ciò, la popolazione del ghetto era mediamente più istruita rispetto al resto della popolazione. Gli ebrei in Polonia si insediarono soprattutto nei villaggi, dedicandosi al commercio e all’artigianato; spesso ottennero in affitto dai grandi proprietari terrieri l’amministrazione delle loroterre. Anche in altre aree gli ebrei raggiunsero posizioni di prestigio, anche grazie ai finanziamenti forniti agli stati per esigenze militari. Proprio il fatto che alcuni ebrei ascesero a posizioni di grande responsabilità e prestigio attirò nei loro confronti l’odio di molta parte della popolazione.Nel 700 il clima culturale e politico progressivamente si modificò grazie all'influenza del pensiero illuministico. non tutti i pensatori illuministi però guardarono con favore all'emancipazione degli ebrei. fu favorevole ad essa Montesquieu, mentre Voltaire e Diderot considerarono negativamente l'attaccamento degli ebrei alle loro superstizioni e i loro riti, ritenendoli incapaci di inserirsi nella società moderna. emergeva qui un antisemitismo nuovo, non più legato a motivazioni religiose. agli inizi degli anni 80 l'imperatore d'Austria Giuseppe II per le varie province dell'impero adottò i primi provvedimenti favorevoli agli Ebrei, concedendo loro alcuni diritti civili. Si trattava però di misure parziali e limitate; fu la rivoluzione francese a decretare la completa emancipazione proclamando gli ebrei, sulla base dei principi del 1789, cittadini francesi a pieno titolo. Napoleone mantenne nella sostanza il principio affermato dalla rivoluzione. il clima cambiò nuovamente nell'età della restaurazione. l'emancipazione che si affermò nel corso del XIX secolo, in forme e modi diversi, in buona parte dell'Europa aprì nella storia dell'ebraismo una fase completamente nuova. gli ebrei erano liberi di spostarsi e di scegliere la loro residenza, potevano acquistare casa e terreni e avere accesso alle professioni e a tutte le attività economiche, ma questa integrazione nella società inevitabilmente allentava il vincolo che per secoli aveva tenuto unite le comunità. Paradossalmente il ghetto, simbolo dell'umiliazione imposta agli ebrei dalla società Cristiana, avevaavuto anche la funzione di proteggere dal mondo esterno il loro patrimonio religioso e culturale che ora rischiava di andare disperso. nacque così, alla fine del XIX secolo, di fronte al rinnovarsi di persecuzioni e discriminazioni, il movimento sionista, animato dall'idea di un ritorno nella terra degli avi, dove la fiamma dell'antica fede dei secolari valori culturali e religiosi dell'ebraismo avrebbe potuto ardere finalmente libera dai condizionamenti e dalle tentazioni del mondo esterno. Il problema della povertà divenne particolarmente grave tra tardo medioevo e prima età moderna, quando, a motivo delle trasformazioni economiche e sociali, la povertà divenne un fenomeno di massa. Molte città reagirono emanando norme che escludevano dalla città i poveri non conosciuti o li recludevano entro strutture coercitive. Di fronte all’ampliarsi del pauperismo (spesso collegato con il vagabondaggio) anche le autorità civili presero misure volte a contenere o a reprimere tale fenomeno. Spesso accadeva che in situazioni di particolare difficoltà (per epidemie, per carestie) lecittà dovessero sostenere anche il peso di tutti quei poveri che affluivano in città cercando aiuto. CAPITOLO 6: “LE FORME E LE STRUTTURE DEL POTERE Sebbene alcuni studiosi abbiano ravvisato in taluni caratteri degli stati dei secoli XV-XVIII una sorta di anticipazione dello stato moderno, non si può parlare per quei secoli di “stato moderno”, bensì solo a partire dal XIX secolo. Lo stato moderno è una forma di organizzazione della vita collettiva e dell’esercizio del potere che si è sviluppata in Europa all’inizio del XIX secolo. Lo stato moderno si caratterizza per il fatto di detenere il monopolio legittimo dell’uso della forza, sia all’interno, sia all’esterno del territorio dello stato. È uno stato di diritto fondato su norme astratte e generali e assume la forma di un ente che persegue i suoi scopi secondo la legge in modo neutrale e imparziale. Dal XIX secolo lo Stato ha assunto anche il carattere di Stato nazionale, ossia come strumento di organizzazione di una popolazione che si identifica per comune lingua e caratteri storico-culturali. Ancora nel Cinquecento era viva la concezione per cui l’autorità del sovrano si basava in larga parte sulla nozione privatistica di dominium. Dal momento che negli stati di età moderna (fino alla Rivoluzione francese) non erano ancora presenti tutti gli elementi che ci fanno parlare di “stato moderno”, è importante usare con prudenza il concetto di stato moderno. Verso la metà del XV secolo si fece strada in molti stati dell'Europa Occidentale un processo di rafforzamento del governo centrale volto a limitare le prerogative della nobiltà feudale, della chiesa e delle autorità periferiche e a formare un apparato amministrativo e finanziario più solido ed efficiente. La stessa parola “stato” cominciò ad affermarsi nel significato attuale: il termine indica insieme l'autorità e l'ambito territoriale umano sul quale essa si esercita. particolarmente importante fu, tra il XVI e XVII secolo, la definizione del concetto di sovranità nel quale si riflettono le contemporanee trasformazioni della struttura statale. nel Medioevo il potere sovrano non aveva il carattere di assolutezza che avrebbe acquisito nel corso dell'età moderna. principali caratteristiche della sovranità è il potere di dare leggi ai sudditi senza il loro consenso. la legge prevale sulle altre fonti del diritto, proprio in quanto espressione della volontà del sovrano. il sovrano era al di sopra di tutte le leggi delle quali lui stesso era l'artefice. il potere del monarca nonera illimitato. le sue decisioni dovevano essere giuste, rispettose dei precetti del diritto naturale e della legge divina. i confini tra gli stati si presentavano in modo tutt'altro che chiaro e definito: un territorio apparteneva ad un sovrano per diritto dinastico, per cui la linea di confine segnava il limite di tale diritto, acquisito per eredità o per cessione o attraverso un trattato o per Feudo: a questa linea si sovrapponevano poi i limiti delle circoscrizioni ecclesiastiche, di pedaggi, di concessioni e privilegi . solo nel XIX secolo il concetto di Stato si impose come punto di riferimento centrale della riflessione politica. decisiva fu l'elaborazione della nozione di società civile come entità autonoma, distinta rispetto al piano propriamente politico. l'espressione società civile era utilizzato in genere come sinonimo di società politica. fu Hegel che elaborò con chiarezza questo concetto. egli definì la società civile come la sfera dell'economia, nella quale ciascuno persegue il proprio particolare vantaggio per interesse. distinta da questo mondo, nel quale domina la concorrenza, è invece la sfera statale che Hegel pose al culmine della storia, come l'espressione più alta della razionalità e come la piena realizzazione della libertà. nella società civile gli individui concorrono al bene comune indirettamente, in quanto mossi solo dal proprio egoismo; lo stato invece si pone come supremo regolatore neutrale. Marx rovesciò questa tesi affermando che lo stato non può essere concepito astrattamente come un organo che persegue il bene comune componendo gli interessi particolari della società civile, al contrario sono i rapporti di forza che maturano nella sfera economicosociale a determinare la forma dello Stato, che rappresenta quindi l'espressione di questi rapporti di forza ovvero l'organizzazione giuridica del potere della classe dominante. Fondamentale era il carattere ereditario della monarchia, secondo un ordine definito dalla legge; la continuità dinastica assumeva un carattere quasi mistico. il carattere elettivo della corona rappresentava invece un elemento di debolezza. principali stati della penisola dopo la pace di Lodi del 1454. agli inizi del Cinquecento questo esempio fu seguito da tutti i principali paesi europei. Il mestiere di soldato, con mercenari professionisti, caratterizzò l’età moderna, non solo in relazione alle operazioni militari, ma più ampiamente come elemento protagonista della vita del tempo. Di grande rilevanza nei mutamenti tra medioevo ed età moderna sono gli sviluppi delle tecniche militari. La polvere da sparo, conosciuta in Europa sin dal XIV secolo, si diffuse più ampiamente in età moderna. Si sviluppò il cosiddetto esercito “interarmi”, ossia un esercito nel quale vi era la presenza, accanto alla cavalleria pesante, di balestrieri e arcieri a piedi o a cavallo, e di nuclei di fanteria. La fanteria si organizzava secondo uomini armati di picche, che si muovevano a quadrato (tipo falange), protetti ai lati da arcieri e balestrieri, oltre che da uomini armati di armi da fuoco. L’artiglieria pesante si sviluppò progressivamente a partire dalla seconda metà del Quattrocento, con cannoni più robusti (ma leggeri) e precisi. Si trasformarono anche le fortificazioni di difesa.Gli scontri navali furono a lungo legati allo schema tradizionale. La situazione cambiò con lo sviluppo delle barche a vela e dall’uso dell’artiglieria. CAPITOLO 7: “IL SISTEMA DEGLI STATI ALLE SOGLIE DELL’ETA’ MODERNA All’inizio dell’età moderna i due poteri universali, papato e impero, erano in profonda crisi. Il papato aveva conosciuto un periodo di crisi con il trasferimento della sede papale ad Avignone (1305-1378) e con lo scisma d’Occidente, ma il papa continuò a porsi come detentore di un potere universale. L’Impero non riusciva ad esercitare un potere superiore rispetto ad altri poteri (monarchie, principati, ecc.), avendo di fatto perso il suo carattere di autorità universale, ma non scomparve né la figura dell’imperatore né l’idea di potere universale .L’Impero comprendeva circa 350 stati che, pur appartenendo al Sacro romano impero, erano di fatto assai autonomi. Passaggio fondamentale nell’organizzazione istituzionale si era avuto con la Bolla d’oro promulgata da Carlo IV, che assegnava l’elezione alla corona imperiale a sette principi. L’organo centrale di governo era la Dieta, divisa al suo interno in tre ordini: i principi elettori, il collegio dei principi e dei signori territoriali, il collegio dei rappresentanti delle città libere. A partire dal 1438 il titolo di imperatore fu detenuto dalla casa d’Asburgo, sino al 1806 (con una breve interruzione tra il 1740 e il 1745). Sin dal XIV secolo la casa d’Asburgo aveva il centro del suo potere in Austria, Stiria, Carinzia, Tirolo e in aeree vicine. L’imperatore non poteva più far valere il potere universale che aveva caratterizzato la sua figura nei secoli precedenti, ma assunse, con la dinastia degli Asburgo, un ruolo centrale nelle vicende europee. Divenuto imperatore nel 1493 Massimiliano I riuscì a rafforzare la propria autorità nei domini ereditari, creando una solida amministrazione finanziaria, ma a livello imperiale dovette scontrarsi con le resistenze dei Principi territoriali. i risultati delle sue iniziative politiche furono nell'insieme deludenti. i maggiori successi vennero dalla sua politica matrimoniale. egli sposò Maria di Borgogna, e ciò gli consentì l’acquisizione dei Paesi Bassi. da questa unione sarebbe derivata, attraverso una fortunata combinazione di circostanze, la straordinaria eredità del nipote, Carlo. nel 1515 Massimiliano organizzò anche il matrimonio del nipote Ferdinando con una sorella del re di Boemia e d'Ungheria, ponendo le premesse perché anche questi due stati fossero acquisiti dagli Asburgo. La confederazione svizzera, tra Trecento e Quattrocento, perseguì con grande determinazione il progetto di emanciparsi dal dominio degli Asburgo, riuscendo ad ottenere la libertà dalla sovranità imperiale con la pace di Basilea (1499). Nel 1513 era formata la cosiddetta antica Confederazione, riconosciuta solo con la pace di Vestfalia nel 1648.Grazie alla sua potenza militare, la Confederazione perseguì un’ambiziosa politica di espansione. Alla frontiera fra impero e Francia si formò sotto i duchi di Borgogna uno stato che ebbe una decisiva importanza nella formazione degli equilibri politici all'inizio dell'età moderna. Il Ducato di Borgogna ebbe un'origine tipicamente feudale, in quanto appannaggio concesso al primo duca Filippo l'ardito, in quanto figlio minore del re di Francia. essi adottarono una politica volta a creare un ampio stato di fatto indipendente. I duchi acquisirono il controllo di un vasto territorio e rivaleggiavano in potenza e prestigio con i re francesi. il loro stato era eterogeneo, diviso in tre tronconi e composto da territori molto diversi per lingua e costumi. Per dare continuità territoriale l'ultimo duca, Carlo il temerario, tentò di conquistare la Lorena ma si scontrò con la potenza militare Svizzera e cadde in battaglia a Nancy, nel 1477. il re di Francia, Luigi XI si impadronì della Borgogna, mentre l'arciduca d'Austria Massimiliano D’Asburgo, sposando la figlia di Carlo il temerario, Maria di Borgogna, ottenne i Paesi Bassi. La monarchia francese all'alba dell'età moderna presentava ancora un carattere feudale. il re era il vertice di una gerarchia di vassalli legati a lui dei vincoli personali della fede e dell'omaggio. un primo passo verso l'unificazione del regno fu la vittoria sui re inglesi, i quali nel 1453 persero tutti i loro possedimenti sul suolo francese conservando solo Calais. crebbe l'autorità del Consiglio del re e si consolidò l'apparato amministrativo. la monarchia francese poté liberarsi dalla necessità di ricorrere ai tre ordini riuniti degli Stati Generali che, in seguito, furono una presenza assolutamente marginale nella storia francese. quando salì sul trono Francesco I, si conseguì subito un nuovo successo: con il concordato di Bologna del 1516 egli si vide riconosciuto il diritto di nominare tutte le principali cariche della chiesa. Francesco sancì formalmente il sistema della venalità delle cariche istituendo un ufficio per gestire le entrate provenienti da tali vendite. al vertice dell'amministrazione giudiziaria si poneva il Parlamento di Parigi, che aveva il compito di registrare gli editti del re e per questa sua prerogativa assunse più volte un ruolo politico, ponendosi come il principale ostacolo all’assolutismo monarchico. la struttura burocratica e l'amministrazione finanziaria non cancellarono i corpi, le magistrature e i poteri territoriali, ma si sovrapposero a essi nel tentativo di controllarli e di regolarli. La nascita della Spagna moderna prese avvio dal matrimonio celebrato nel 1469 fra Isabella e Ferdinando, eredi rispettivamente della corona di Castiglia e di Aragona. la successione di Isabella sul trono Castigliano fu contestata e provocò una guerra civile che durò fino al 1479, anno in cui si realizzò definitivamente l'unione dei due regni. nonostante l'unione, i due regni mantennero ciascuno le proprie leggi e le proprie istituzioni. il regno Aragonese era composto da tre province, l'Aragona, la Catalogna e Valencia, ma possedeva anche la Sicilia e la Sardegna e aveva installato un ramo della dinastia sul trono del Regno di Napoli. La Castiglia fondava la sua economia sull’allevamento di pecore e era fiorente la manifattura laniera, che alimentava un importante corrente di traffici con le Fiandre. La supremazia castigliana si manifestò fin dall'inizio. l’azione dei due sovrani realizzò un notevole rafforzamento dell'autorità della monarchia in Castiglia. la monarchia riorganizzò le milizie urbane riunendo compiti di polizia e le funzioni di una sorta di tribunale straordinario, represse con durezza le aggressioni e le violenze private. la monarchia mirò a sottomettere al suo servizio le grandi casate aristocratiche escludendole dalle cariche politiche. molto importante poi il controllo dei tre ordini religiosi militari di Santiago, Alcantara e Calatrava, che rappresentavano una sorta di Stato nello Stato. i sovrani spagnoli si garantirono che il papa nominasse le principali cariche ecclesiastiche le persone disegnate da loro. Evento significativo in Castiglia fu il ridimensionamento del potere delle Cortes, mentre nel regno di Aragona le Cortes difesero con successo le proprie prerogative e rappresentarono un costante freno alla politica della monarchia. nel 1492 Ferdinando e Isabella portarono a compimento la Reconquista, ossia la secolare lotta contro la presenza musulmana sul territorio spagnolo. l'unità della fede Cristiana era l'unico vero collante di quei territori così profondamente diversi dal punto di vista linguistico, sociale e istituzionale. Ferdinando e Isabella avevano ottenuto dal papa la creazione di un tribunale dell' Inquisizione, l'unica istituzione Comune ai vari domini della monarchia ed ebbe una funzione decisiva nel preservare la purezza della fede Cristiana e l'unità religiosa. di qui la costante ostilità e diffidenza nei confronti degli ebrei e dei Mori convertiti, chiamati moriscos. l'intolleranza religiosa rappresentò il marchio di origine della Spagna moderna. la morte della regina Isabella nel 1504 pose il problema di successione, che mise in pericolo l'unione fra i due regni. la figlia dei sovrani, Giovanna detta la pazza, aveva sposato il figlio dell'Imperatore Massimiliano d'Asburgo, Filippo il bello, che governava i Paesi Bassi. la morte di Filippo nel 1506 e la pazzia di Giovanna risolsero la crisi dinastica e consentirono a Ferdinando di continuare a governare anche il regno castigliano. nel1512 egli, occupando il regno di Navarra, portò a compimento l'unificazione della Spagna. Uscito vincitore dalla guerra delle due rose fra la famiglia di York e di Lancaster, Enrico VII Tudor si occupò di restaurare l'autorità della monarchia contro le congiure e le violenze della nobiltà feudale e si guadagnò così il consenso degli abitanti delle città e della piccola e media nobiltà. Enrico si servì per rafforzare la propria autorità della Corte della Camera Stellata, un tribunale che si occupava dei reati di natura politica e colpì con durezza rivolte e disordini. Enrico VII accrebbe il proprio patrimonio fondiario con le terre confiscate ai nobili e ai ribelli e incremento così le entrate finanziarie. A Enrico VII successe il figlio Enrico VIII. con lui avvenne il distacco della Chiesa inglese da Roma nel 1534, che rappresentò una svolta decisiva negli equilibri istituzionali del regno, ponendo le basi per l'affermazione del ruolo centrale del parlamento, formato da due camere, la camera dei Lord, nella quale sedevano i nobili titolati e i titolari delle alte cariche ecclesiastiche, e la camera dei comuni, formata dai rappresentanti eletti dalle contee e dai borghi. La federazione polacco-lituana costituiva, nel XV secolo, lo stato più esteso dell’Europa orientale, inquanto la Lituania comprendeva anche la Bielorussia e l’Ucraina. Inoltre la politica di espansione della muova dinastia (Q’ing) che regnò in Cina fino al 1912. Con i manciù la Cina si trovò per la seconda volta soggetta alla dominazione straniera. solo pochi diloro conoscevano sufficientemente il cinese e i cinesi consideravano i conquistatori dei barbari, perciò il controllo dell'impero non era facile. i manciù furono costretti a servirsi della classe dirigente cinese e a mantenere la precedente struttura burocratica, intendendo comunque preservare le proprie tradizioni: i cinesi maschi furono obbligati ad adottare la tipica acconciatura manciù. molto importante fu il regno di K’ang-tsi, che incentivò la cultura e rafforzò la struttura statale, e inoltre nel 1683 annesse all'Impero formosa, Taiwan. l'impero raggiunse la sua massima espansione sotto il regno di Qianlong. la storiografia ha molto discusso negli ultimi anni sul paradosso della storia cinese: perché un popolo che aveva acquisito molto prima dell'Occidente risorse e conoscenze tecniche fondamentali come la carta, la stampa, la polvere da sparo, la bussola, non intraprese la via della modernizzazione? anche sul piano della navigazione i cinesi non erano inferiori agli europei. causa di ciò potrebbe essere stata la necessità di concentrare gli sforzi nella difesa della frontiera terrestre. nel mancato sviluppo cinese agirono diversi fattori, come la disponibilità di manodopera a basso costo che non incentivava l’innovazione tecnologica, ma pesarono soprattutto la rigida struttura gerarchica della società e il tradizionalismo della cultura, ferma nel culto della propria superiorità. Nel corso del XVI secolo in Giappone vi furono importanti modificazioni dell’organizzazione politicoistituzionale. Dal XII secolo il Giappone era retto da un dualismo istituzionale: oltre al ruoloformale all’imperatore (che risiedeva a Kyoto) il governo effettivo del paese era nelle mani dello shogun (capo dell’esercito), che risiedeva a Edo (ossia Tokio)., Dopo la crisi dello shogunato (legato all’affermazione di signori fondiari, che avevano propri guerrieri di professione, i samurai), la carica tornò al prestigio precedente, quando Tokugawa Jeyasu, che nel 1603 si fece nominare shogun, dando l’avvio all’era Edo., La carica di shogun fu tenuta per secoli (fino al 1867) dalla famiglia Tokugawa (tanto che l’era fu detta anche era Tokugawa). Le due istituzioni (imperatore e shogun), con la stabilizzazione dello shogunato, trovarono un equilibro tra poteri, che riuscì anche a trovare un equilibrio con i 250 signori feudali presenti in Giappone. La religione nazionale era lo shintoismo, che considera tutti i fenomeni naturali espressione di forze divine; la partecipazione ai riti non preclude la possibilità di aderire ad altre religioni o dottrine filosofiche. Esso infatti ha fortemente subito l'influsso del buddismo, penetrato in Giappone fin dal VI secolo dopo Cristo, e anche alcuni aspetti del confucianesimo. tutta la storia religiosa del Giappone è incentrata sulle relazioni fra lo shintoismo e il buddismo. lo shintoismo ha fornito la legittimazione del potere dell'imperatore, ritenuto, fino al 1946, di natura divina in quanto discendente della suprema divinità shintoista, Amaterasi, la dea del sole. il cristianesimo era stato introdotto a partire dalla metà del Cinquecento dal gesuita Francesco Saverio, ma sul finire del secolo si sviluppò una violenta persecuzione nei confronti dei Cristiani. i missionari furono uccisi o espulsi e il cristianesimo fosse veramente proscritto come una pericolosa dottrina straniera. questa svolta si inseriva nella politica del paese chiuso adottato dal regime Tokugawa. Nel corso del XVII secolo, infatti, il Giappone si rinchiuse su se stesso: fu vietato ai giapponesi di uscire dal Giappone e ai residenti all’estero di tornare; furono inoltre cacciati gli stranieri (tranne gli olandesi presenti in un territorio ristretto). La società era fondata sulla divisione in quattro classi: guerrieri, agricoltori, artigiani e mercanti, ciascuno vincolato alla propria condizione. non mancò un notevole sviluppo economico, che modificò di fatto questa rigida struttura sociale. Grazie anche al miglioramento della rete dei trasporti, vi fu un aumento del commercio interno e si formò un mercato nazionale; furono incentivate colture non volte alla sussistenza della popolazione, come il cotone, la canapa, il gelso, il tabacco, il tè. si frantumò l'omogeneità del villaggio rurale. l'incremento delle attività manifatturiere creò le premesse per l'avvio del processo di industrializzazione e crebbe anche in misura notevole l'alfabetizzazione. prova di questa crescita furono l'aumento della popolazione e lo sviluppo delle città. il Giappone era una delle nazioni a maggiore urbanizzazione. la storiografia ha insistito sulla specificità del caso del Giappone, che avrebbe rappresentato il solo paese, nel mondo extraeuropeo, ad avviarsi autonomamente verso la forma di produzione capitalistica. la politica del paese chiuso favorì infatti lo sviluppo dell'economia e pose le premesse per il processo di industrializzazione che si sarebbe pienamente realizzato nella seconda metà dell'800 con l'abolizione della struttura feudale e l'apertura alle tecnologie straniere. Nel 1478, alla morte di Uzun Hasan, che aveva regnato su Armenia, Mesopotamia e Persia, si aprì un periodo di anarchia del quale approfitto Ismail I. Egli riuscì a sottoporre al suo dominio gran parte del territorio persiano e fondò la dinastia dei Safawidi, destinato a regnare fino al 1722. lo Stato persiano ebbe come suo principale nemico l'impero Ottomano, con il quale fu costantemente in lotta, in particolare per il possesso dell'Iraq e per il controllo dei numerosi principati musulmani e cristiani, formalmente autonomi, lungo la catena del Caucaso. si aggiunse poi una contrapposizione di natura religiosa. mentre l'impero ottomano si poneva come erede dell'islam sunnita, i Safawidi posero come religione nazionale l'Islam sciita, e riconosceva come solo successore legittimo di Maometto il quarto, il cugino e genero Alì e i suoi discendenti, negava il carattere elettivo del califfato, sostenuto invece dei sunniti. un contributo decisivo al rafforzamento della dinastia venne dallo shah Abbas I il grande il quale ottenne importanti vittorie sugli ottomani. Abbas si impegnò a sviluppare l'agricoltura, ma la popolazione rimase formata in maggioranza da gruppi nomadi dediti all'allevamento dei cavalli, cammelli e pecore. Abbas si sforzò anche di incentivare il commercio fondando un porto. con lui l'impero raggiunse il suo massimo splendore, testimoniato anche dalla grande fioritura letteraria e artistica. dopo la sua morte l'impero si avviò aun lento declino, segnato dalla lotta con l'impero Ottomano per il possesso della Mesopotamia. nel1722 l'impero fu travolto da un'invasione degli afghani . L’impero Moghul fu fondato in Asia Meridionale (e in particolare in India) nel 1526 da Babur e continuò con la stessa dinastia fino al 1707. L’impero Moghul fu caratterizzato da un sistema amministrativo ben organizzato, ma l’economia continuò ad essere un’economia di sussistenza. I sovrani, di religione musulmana, tollerarono la presenza delle altre religioni (come l’induismo). La società era divisa in quattro classi: i sacerdoti, i guerrieri o governanti, gli artigiani e mercanti, gli addetti ai lavori servili; al di sotto delle caste vi erano gli impuri o intoccabili ai quali erano riservati i compiti più umili e degradanti. Akbar cercò di superare le divisioni promuovendo una riforma religiosa e sociale che sancisse la parificazione di fronte allo stato di musulmani e indù. la riforma non sopravvisse alla sua morte. L’impero Moghul fu caratterizzato da una grande fioritura artistica e letteraria. la scomparsa di Aurangzeb segnò l'inizio della crisi dovuta anche alla crescente potenza dei maratti, una popolazione dell'India sud-occidentale che riuscì a ritagliarsi un dominio territoriale e ad ottenere un'autorità tale da sfidare i sovrani di Delhi. nel 1739 Nadir shah, che aveva preso il titolo di imperatore di Persia, invase l'India e occupò Delhi. Finì così l'impero Moghul . Agli inizi del XVI secolo, quando arrivarono gli spagnoli, in America esistevano civiltà millenarie che avevano sviluppato forme di organizzazione politica, economica e sociale di livello assai elevato. la base dell'economia era l'agricoltura, in particolare la coltivazione del mais. molto importanti per l'alimentazione erano i tuberi della manioca e la patata. nelle zone più sviluppate si coltivano anche i pomodori, fagioli, peperoni e zucchine, e si praticava un'agricoltura intensiva. queste civiltà, ferme all'età della pietra, non conoscevano il ferro e non utilizzavano la ruota, ma costruirono grandi opere pubbliche, come canali di irrigazioni e strade e splendide città con imponenti complessi monumentali dedicati alle cerimonie e al culto. Spicca fra tutte per la sua raffinatezza sul piano culturale, architettonico e artistico la civiltà dei Maya, fiorita fra il Guatemala e la penisola dello Yucatan. Questo popolo conosceva la scrittura e usava un sistema di numerazione che implicava il concetto dello zero. i Maya accumularono un gran numero di osservazioni astronomiche, calcolavano con grande precisione i cicli della luna e di Venere, e anche di altri pianeti, e predisposero tabelle che consentivano di prevedere le eclissi. quando giunsero gli spagnoli i Maya erano comunque in una fase di declino in quanto, frantumatasi l'unità politica, erano divisi in una molteplicità di stati minori. Si era formato l'impero dei Mexica, una popolazione originaria del Messico settentrionale, proveniente da una mitica sede chiamata Aztlan, nel quattordicesimo secolo. gli Aztechi si erano stabiliti sulla futura città di Messico, la grande capitale del loro impero. iniziò la loro rapida espansione che li portò a controllare tutto il Messico centromeridionale e a estendere il proprio territorio penetrando anche nel territorio dei Maya. l'impero non era uno stato unitario, bensì una sorta di federazione di popoli sottomessi; gli Aztechi infatti non annettevano i territori conquistati, ma lasciavano loro un'ampia autonomia. gli Aztechi usavano una scrittura pittografica. non conoscevano moneta, ma usavano delle merci. la società era articolata in classi, secondo una rigida gerarchia sociale. al vertice c'erano il sovrano e la nobiltà, che aveva vari privilegi. i mercanti di oggetti di lusso e gli artigiani, riuniti in corporazioni, avevano una condizione privilegiata; vi erano infine i contadini. nelle tenute dei nobili lavoravano i servi della gleba. vi erano schiavi che erano prigionieri di guerra o colpevoli di delitti. gli Aztechi avevano un gran numero di divinità, anche perché adottavano quelle dei popoli sottomessi. essi credevano in un ordine cosmico al quale gli stessi dei erano sottomessi. i loro dei erano personificazioni delle forze della natura. gli Aztechi vivevano nel terrore che anche l'età presente sarebbe stata annientata da un'imminente catastrofe naturale. i sacrifici umani. che ogni anno immolavano un gran numero di vittime, talora autorità, vale a dire nella volontà di non accreditare alcune affermazioni o alcun giudizio che non fossero comprovati in campo letterario dalla critica filologica e storica e, per quanto concerne il mondo della natura, dalla diretta osservazione dei fenomeni. Leonardo da Vinci rivendicava l'esigenza di verificare ogni teoria sulla base dell'esperienza, attraverso un'analisi diretta della realtà naturale. Leonardo concludeva che per distinguere il vero dal falso non ci si può affidare alle affermazioni degli autori o a ragionamenti astratti, ma occorre rapportarsi direttamente alla realtà. nella stessa direzione si mosse Machiavelli nel Principe, dove affermò di voler prescindere da considerazioni di natura morale o religiosa, ponendo così le basi della moderna scienza politica. l trapasso dal mondo medievale all'età moderna fu ricco di contraddizioni. la conquista di una nuova dimensione, se liberava l'uomo dai condizionamenti religiosi che lo avevano vincolato durante il medioevo, rendendolo padrone del proprio destino, lo consegnava nel contempo ha una insicurezza che l'età precedente non aveva conosciuto. la mentalità medievale assegnava ad ogni uomo nella società un posto e una funzione stabiliti, riconducibili alla volontà Divina; ora l'uomo rivendicava la propria dignità e la propria libertà di scelta nella vita terrena, ma questo lo caricava di una responsabilità prima sconosciuta, che portava inevitabilmente con sé il crollo di antiche, radicate certezze. cadeva la rassicurante immagine medioevale del cosmo: la terra non era che un punto nell'universo infinito. Sì crearono così le premesse per il superamento di alcuni principi indiscussi del pensiero medievale e si affermava un modo radicalmente nuovo di considerare i rapporti fra il mondo celeste e quello terreno, tra l'uomo e la natura, una prospettiva ancora inesplorata. l'età umanistico-rinascimentale fu attraversata da una crisi religiosa che, se diede vita, in modi diversi, a una fede più profonda, pose l'individuo solo, sgomento, di fronte al mistero della salvezza e all'infinita maestà di Dio. erano questi i prezzi della modernità. Un personaggio degno di attenzione è certamente Erasmo da Rotterdam. esperto filologo, egli applicò la sua conoscenza sia su testi classici che su testi sacri. Erasmo perseguì un ideale di umanesimo che intendeva coniugare il rinnovamento culturale a un rinnovamento religioso. Erasmo rivendicò la superiorità della critica filologica operata personalmente e scientificamente, anche mettendo in discussione i classici e i padri della Chiesa. La sua opera più importante è “Elogio della follia”.Il suo è un cristianesimo etico: non è importante ciò che si crede, cioè la dottrina e i dogmi, ma come si vive. Il Cristiano solo sforzandosi di seguire l'esempio di Cristo può risorgere a una nuova vita. si vede qui come l'idea della rinascita, centrale nella cultura umanistica, si è affermata attraverso il pensiero erasmiano anche nell'ambito del Cristianesimo come ritorno allo spirito delle origini. CAPITOLO 10: “LE SCOPERTE GEOGRAFICHE E GLI IMPERI PORTOGHESE E SPAGNOLO Alla radice delle grandi scoperte geografiche vi furono innanzitutto esigenze di carattere economico. I grandi viaggi di esplorazione non possono essere compresi se non si fa riferimento anche al clima affermatosi in Europa grazie alla fioritura della cultura umanistica e della civiltà rinascimentale. molto importante fu il ritorno in circolazione dei testi classici che concorsero a radicare negli uomini colti dell'Europa la convinzione della sfericità della terra e stimolarono la riflessione sulle grandi questioni geografiche astronomiche, ponendo le premesse per il superamento del pensiero medievale. Il Portogallo svolse un ruolo fondamentale nei viaggi di esplorazione. La politica di espansione portò allo sviluppo di un piccolo regno qual era il Portogallo, in realtà assai limitato territorialmente in Europa. I Portoghesi ottennero l’appoggio del papato, che concesse bolle pontificie che legittimarono le spedizioni, attribuendo loro anche il compito di diffusione della fede. La dinastia degli Aviz (che regnava in Portogallo dal 1385) diede un particolare impulso alle spedizioni che inizialmente si indirizzarono verso le coste dell’Africa (conquista di Ceuta, 1415), con l’obiettivo di controllare i terminali del commercio. Enrico il Navigatore favorì in modo particolare le spedizioni, per incentivare il commercio, anche verso l’interno dell’Africa; i Portoghesi cercavano anche metalli preziosi, oro in particolare. La scelta del re portoghese fu quella di circumnavigare l’Africa, piuttosto che andare alla scoperta di nuove terre, per ricercare una via di mare verso le Indie, a fini commerciali. tale impresa fu realizzata da Bartolomeu Dias, che nel 1487 doppiò il Capo di Buona Speranza. In quegli stessi anni si presentò al sovrano portoghese Cristoforo Colombo nella speranza di ottenere un finanziamento per l'impresa che da alcuni anni aveva concepito. Egli si appassionò all'idea di sfruttare la forma sferica della terra per raggiungere, navigando verso occidente, l'oriente, ovvero il Giappone e il Catai dei quali avevo parlato Marco Polo. l'impresa apparve praticabile a causa di un errore nel calcolo della circonferenza terrestre, ritenuta molto minore di quella reale. Il sovrano portoghese Giovanni II decise di non finanziare il suo progetto, in quanto aveva ormai deciso di concentrare i suoi sforzi sul tentativo di circumnavigazione dell'Africa. Colombo trovò invece un clima favorevole nella Spagna dei Re cattolici. Colombo fu nominato Ammiraglio del mare oceano, viceré e governatore delle terre scoperte e gli fu garantita una quota dei proventi dell'impresa. a bordo di due caravelle (Nina e Pinta) e di un veliero più grande (Santa Maria), presero il mare il 3 agosto 1492 dal porto di Palos 120 uomini. dopo un mese, quando secondo i calcoli si sarebbe già dovuto raggiungere il Giappone, l'equipaggio cominciò a dare segnali di nervosismo. era alle viste un ammutinamento quando il 12 ottobre, dopo 36 giorni di navigazione, fu raggiunta la terra, un'isola delle Bahamas che fu chiamata San Salvador. in seguito la spedizione toccò Cuba e Haiti. in Spagna Colombo ricevette un'accoglienza trionfale; recò con sé come trofei della scoperta 7 indiani piumati, che portavano pappagalli e oggetti d'oro. dopo la prima spedizione Colombo fece altri tre viaggi: egli scoprì molte isole caraibiche e giunse fino in Costa Rica, Honduras e Panama, ma solo nel terzo viaggio toccò il continente americano. Egli scambiò questi territori per le Isole del Giappone e rimase convinto di trovarsi nelle Indie. apparve ben presto evidente che dalle terre scoperte si potevano ricavare solo schiavi, non le ricchezze che si era sperato di trovare. Colombo accusato di malgoverno, fu arrestato e riportato in patria. al suo arrivo in Spagna fu liberato ma fu privato del titolo di viceré e governatore, e morì deluso e isolato nel 1506.Le scoperte di nuove terre generarono un problema di controllo da parte delle potenze che sostenevano le imprese. Furono Portogallo e Spagna a contendersi gli spazi che si andavano scoprendo. Papa Alessandro Vi con la bolla Inter coetera (1493) fissò un confine immaginario, che favoriva la Spagna. Il re portoghese, Giovanni II, riuscì a trattare con i sovrani spagnoli e, con il trattato di Tordesillas (1494), ottenne uno spostamento della linea immaginaria a proprio vantaggio. Con questa modifica entrò nell’orbita portoghese il Brasile, allora sconosciuto. La legittimità delle bolle papali e del trattato ispano-portoghese fu contestata dagli Stati che erano stati esclusi e che furono spinti a loro volta dall'impresa di Colombo a promuovere viaggi di esplorazione. nel 1497 l'italiano Giovanni Caboto, al servizio del re d'Inghilterra, tentò di raggiungere le Indie attraverso una rotta più settentrionale, ritenuta più breve di quella seguita da Colombo. egli raggiunse le coste dell'America del Nord convinto di aver raggiunto l'Asia, e rivendicò le terre alla sovranità della corona inglese. anche il re di Francia Francesco I si interessò ai viaggi di esplorazione e finanziò la spedizione dell'italiano Giovanni da Verrazzano che raggiunse nel 1524 la Costa dell'America Settentrionale. Al successo della Spagna si affrettò a rispondere la corona portoghese portando a compimento la circumnavigazione dell'Africa affidata a Vasco da Gama. la nuova via per le Indie fu aperta: il compito di consolidare questa rotta commerciale fu affidata a Pedro Alvares Cabral. la flotta compì una larga deviazione che la portò a toccare le coste di una terra sconosciuta. Cabral ne prese possesso a nome del Portogallo e la chiamò Brazil. lo sfruttamento economico della nuova terra sarebbe iniziato molto più tardi. la volontà dei portoghesi di imporre il proprio predominio nell'Oceano Indiano contrastò con gli interessi dei mercanti musulmani e dei sovrani indiani che controllavano tradizionalmente i traffici con i porti orientali del Mediterraneo. sulla costa dell'Africa Orientale i Portoghesi sconfissero con la forza la resistenza di Mombasa, che fu rasa al suolo: da allora l'egemonia portoghese si sostituì a quella musulmana. Il sovrano mamelucco d'Egitto e il sovrano di Calicut, sostenuti dall'Impero Ottomano, da Venezia e dalla Repubblica di Ragusa, allestirono una flotta ma furono sconfitti dai Portoghesi nella battaglia navale di Diu. il Portogallo a partire dal 1543 aprì qualche linea di commercio anche con il Giappone e nel 1557, grazie a un accordo con l'impero cinese, fondò una colonia commerciale a Macao. l'impero portoghese raggiunse la sua massima estensione. il Portogallo pose un controllo militare sul libero commercio nell'Oceano Indiano attraverso un sistema di lasciapassare. il commercio portoghese si aggiunse a quello veneziano, ma non lo soppiantò. lo Stato dell'India fu un impero commerciale, All’inizio del 500 il fiorentino Amerigo Vespucci prese parte a due spedizioni, la prima organizzata dalla Spagna e la seconda dal Portogallo, che esplorarono le coste atlantiche dell’America meridionale e comprese che non si trattava dell’Asia, ma di un nuovo continente. La lettera divulgata a suo nome, con il titolo Mundus Novus, rese esplicita questa intuizione. Il cartografo tedesco Waldseemuller chiamò le nuove terre America. Nel 1513 lo spagnolo de Balboa chiamò Mare del Sud l'immenso oceano che si estendeva al di là delle terre scoperte da Colombo. era un’ulteriore prova che ci si trovava in un continente sconosciuto. molti navigatori, ignari della reale estensione dei ghiacci polari, si dedicarono all'esplorazione dell'America Settentrionale nella speranza di trovare il celebre passaggio a nord-ovest, che poi sarebbe stato percorso per la prima volta solo nel ventesimo secolo. l'idea di aggirare il continente americano da sud fu concepita da un portoghese, Ferdinando Magellano. Egli si rivolse alla Spagna e convinse Carlo V a finanziare la sua più o meno consapevoli, dei testimoni europei. solo negli ultimi decenni la storiografia si è posta il difficile compito di ricostruire la storia della conquista a partire dalla visione dei vinti, cercando cioè di comprendere come quei popoli hanno interpretato l'arrivo degli spagnoli e hanno vissuto la sconfitta. questi studi hanno contribuito a correggere la prospettiva eurocentrica che ha a lungo condizionato la storiografia, rendendo protagonisti della storia anche coloro che i pregiudizi razzisti dell'Europa hanno considerato essere inferiori. il primo aspetto della sopraffazione fu proprio il nome di indiani o di indios che fu attribuito loro dagli Europei, sulla base dell’erronea convinzione che accompagnò Colombo fino alla tomba. CAPITOLO 11: “LA RIFORMA PROTESTANTE Fra Trecento e Quattrocento diversi sono i segni di crisi della Chiesa. La sede papale ritorna a Roma(1378) dopo il periodo avignonese, ma inizia il cosiddetto scisma d’Occidente, durante il quale si contrappongono anche tre pontifici. Con il concilio di Costanza (1414-1417) e con quello di Basilea (1431-1445) si aprì un conflitto tra posizioni diverse all’interno della Chiesa rispetto al rapporto tra concilio e papa, in merito alla superiorità dell’uno sull’altro. Il papato reagisce alla diffusione del conciliarismo mettendo in atto un processo di centralizzazione, che si concretizzò, tra l’altro, nel controllo da parte del papa della concessione dei benefici ecclesiastici.Da tempo era viva l'aspirazione a una riforma che ponesse fine alla corruzione della chiesa. La spregiudicata gestione del potere da parte di Roma provocò un diffuso malcontento fra i fedeli, in particolare in cui territori che, come la Germania, erano soggetti a un vero e proprio sfruttamento a causa della mancanza di un solido potere centrale che, come in Francia o in Spagna, facesse da argine rispetto alle pretese dei Papi. nel 1511 l'imperatore Massimiliano aveva promosso la redazione de I gravami della nazione tedesca, che denunciavano la rapacità della curia romana. le critiche al papato condannavano il lusso e la mondanità della Curia, invocandone una riforma morale. era vivo anche il desiderio di un rinnovamento spirituale, l'aspirazione a una religiosità ispirata al modello evangelico, il rifiuto della teologia scolastica e la volontà di una ripresa degli studi sulle Sacre Scritture. principale punto di riferimento fu Erasmo, che fu considerato un anticipatore di Lutero. Questi era stato preceduto da alcuni riformatori radicali. John Wyclif (1330-1384) suscitò in Inghilterra il movimento dei lollardi e fu difeso dalla Camera dei Comuni di fronte al tentativo della Chiesa di condannarlo come eretico. Jan Hus, teologo dell’Università di Praga (1369-1415), contestò il potere del papa, ritenendo solo Cristo il capo della Chiesa; fu bruciato come eretico. I seguaci di Hus furono chiamati anche “utraquisti” e proclamarono la legittimità anche per i laici (e non solo per gli ecclesiastici) di assumere l’eucarestia sotto le due specie, ossia oltre che del pane (offerto a tutti i fedeli) anche del vino (riservato agli ecclesiastici). Martin Lutero, nato nel 1483, entrò presto nel convento degli eremiti agostiniani, abbandonando l’università. Divenne sacerdote e si dedicò agli studi biblici all’Università di Wittemberg. Fin dall’inizio il suo percorso religioso fu condizionato da una vera e propria ossessione per la salvezza. Egli concepiva la vita come una lotta contro il demonio, sempre pronto a tentare l'uomo per trascinarlo nel baratro della perdizione eterna. avvertiva come incolmabile l'abisso fra la miseria dell'uomo e la santità di Dio. in un ciclo di lezioni sull'epistola ai romani di Paolo di Tarso, Lutero trovò la rivelazione della quale andava in cerca: il giusto vivrà in virtù della fede. si delineava così il punto fondamentale della dottrina luterana, la giustificazione per sola fede. la concezione pessimistica dell'uomo indusse Lutero a negargli qualsiasi ruolo: per la sua natura irrimediabilmente corrotta dal peccato originale, le opere dell'uomo apparentemente meritevoli, sono inquinate dall'orgoglio, dall'ipocrisia, dall'egoismo. egli non dà alcun valore ad opere compiute per timori di punizione o per desiderio di ricompensa. la salvezza è un dono di Dio. l'uomo ha in questo un ruolo assolutamente passivo: è la grazia divina che, infondendogli la fede, lo rende giusto e lo chiama alla vita eterna. non si può sapere chi né perché, ma qualcuno sarà chiamato. il dio dell'Ira si convertiva nel Dio di misericordia che aveva inviato suo figlio in terra a farsi uomo. era la teologia della Croce, che aprì a Lutero la porta del cielo. Lutero non pensava affatto di essersi posto al di fuori della tradizione ecclesiastica. fu un evento occasionale, lo scandalo delle indulgenze, a indurlo a una presa di posizione che sarebbe divenuta poi l'atto di inizio della riforma . Martin Lutero prese posizione con le cosiddette 95 tesi, che affisse alle porte della cattedrale di Wittemberg nel 1517. Alle origini della presa di posizione di Lutero vi è la concessione del papa al vescovo Alberto di Hohenzollern del diritto di servirsi delle indulgenze per raccogliere la somma necessaria per pagare una dispensa papale alla concessione di un ulteriore vescovado. La somma raccolta serviva ripagare in parte il prestito fatto a vescovo Alberto di Hohenzollern dai banchieri Fugger, in parte a contribuire alla costruzione della basilica di San Pietro. Lutero denunciava, con le 95 tesi, non solo gli abusi di coloro che predicavano per il vescovo Alberto di Hohenzollern (ad esempio promettendo non solo la remissione delle pene, ma anche il perdono dei peccati), ma più ampiamente la pratica delle indulgenze, poiché creavano nel cristianoun atteggiamento sbagliato, lo incitavano a intraprendere una scorciatoia per sfuggire alle sue colpe. Lutero, divulgando le sue tesi in latino, intendeva solo promuovere una disputa teologica fra dotti, non un atto di ribellione contro Roma. Ma, furono stampati opuscoli e manifesti, nei quali le immagini avevano un ruolo fondamentale per diffondere tra la popolazione l’immagine di Lutero come difensore della Germania e il papa come Satana, simbolo dell’oppressione di Roma. In una serie di scritti (pubblicati nel 1520) Lutero elabora i punti essenziali della sua dottrina. Ricordiamo, per esempio, il rifiuto dell’autorità del papa, l’eliminazione dell’intermediazione degli ecclesiastici tra il credente e Dio. La sola guida della Chiesa di Cristo era la Sacra Scrittura. Lutero ridusse i sacramenti, riconoscendo solo battesimo ed eucarestia, gli unici citati nelle sacre scritture. Cadde l’idea di un clero dotato di status diverso rispetto ai laici. Con la bolla Exsurge Domine il pontefice minacciava Lutero di scomunica (luglio 1520). Lutero bruciò in pubblico la bolla e anche il codice di diritto canonico. Nella Dieta di Worms (aprile 1521) l’imperatore Carlo V, su suggerimento di Federico, duca di Sassonia, ascoltò Lutero, che, alla presenza delle autorità laiche ed ecclesiastiche, confermò i principi della riforma, anziché sconfessare i suoi scritti, come gli era stato richiesto. Lutero era condannato come eretico; quindi Federico lo tenne nascosto. Lutero tradusse in questo periodo la Bibbia in tedesco, per consentirne la diffusione e la lettura a coloro che non conoscevano il latino. La protesta di Lutero, che era nata come critica a posizioni di governo della Chiesa, ebbe risvolti di ribellione sociale, peraltro condannati anche in modo forte da Lutero, che esortava i principi a combattere i ribelli con ogni mezzo. La cosiddetta “guerra dei contadini” coinvolse vaste aree della Germania e della Svizzera tra il 1524 e il 1525. I contadini rivendicavano condizioni di vita più sostenibili, come indicato negli articoli elaborati dai contadini di Svevia nel 1525, ossia canoni e prestazioni d’opera più giusti e meno oppressivi, sia da parte dei signori laici che ecclesiastici, riduzione della decima, recupero dei diritti comuni dei villaggi (caccia, pesca, ecc.), in nome della giustizia e dell’uguaglianza cristiana. ThomasMünster, discepolo di Lutero, elaborò dottrine sociali più radicali, teorizzando anche l’uso della forza per ottenere giustizia; gli insorti furono sconfitti e Münster giustiziato. Lutero prese le distanze dalle rivendicazioni dei contadini poiché la libertà del cristiano è solamente interiore, la realtà terrena non deve interessarlo più di tanto, perché egli vive nella speranza dell'attesa di essere accolto nel regno di Cristo. quindi il cristiano deve in ogni caso obbedienza al potere politico, qualunque esso sia, poiché è stabilito da Dio per mantenere l'ordine .rimase sempre ben ferma in Lutero la distinzione fra la chiesa invisibile, composta da quanti sono stati destinati da Dio la salvezza, e la chiesa visibile, ossia la comunità di coloro che aderiscono a una comune professione di fede. della prima nessuno poteva essere certo di far parte perché la sua composizione era nei disegni imperscrutabili di Dio; quanto alla seconda, Lutero non le diede grande importanza, dal momento che è impossibile distinguere in essa i veri dai falsi cristiani. la chiesa luterana divenne così una chiesa di Stato. Il luteranesimo diventa religione di Stato in molti principati tedeschi e dalla Germania si diffonde anche in Francia; soltanto la Baviera e le regioni occidentali rimangono fedeli al cattolicesimo. Nel 1523 anche la Svezia aderisce al luteranesimo, seguita qualche anno dopo da Norvegia, Danimarca,Finlandia e Islanda. Erasmo nel settembre 1524 si schierò apertamente contro Lutero pubblicando un opuscolo intitolato “de libero arbitrio”, al quale il riformatore tedesco rispose con il “de servo arbitrio”. egli attaccò Lutero sulla concezione dell'uomo. al pessimismo luterano Erasmo oppose la convinzione che la libertà di scelta dell'uomo non è stata distrutta. Egli riteneva che non sarebbe conveniente far giungere la verità che l'uomo nella propria salvezza ha un ruolo puramente passivo alle orecchie sprovvedute del popolo. egli giudicava utile la confessione, perché tratteneva molti dal commettere il male. Lutero si oppose affermando che la parola di Dio è per tutti, non si deve tacere la verità al popolo nel timore che possa abusarne. astenersi dal male solo per il timore di doversi confessare per paura dell'inferno non aveva ai suoi occhi alcun valore, serviva a fare degli ipocriti, non dei veri cristiani. l'ostinata volontà di Erasmo di non rompere con Roma non ebbe un esito felice: da un lato fu accusato dai protestanti di non aver saputo o voluto trarre le conseguenze del suo cristianesimo evangelico; dall'altro egli rimaste sempre per Roma un cripto-eretico, colui che aveva deposto le uova che poi aveva covato Lutero. tutta la sua opera sarebbe stata posta nell'indice dei libri proibiti. Ulrich Seicento esisteva un forte contrasto tra posizioni più concilianti (che intendevano riportare all’interno del cattolicesimo i protestanti) e posizioni di forte opposizione al protestantesimo, che intendevano perseguirlo con tutti i mezzi come eresia (=scelta, presa di posizione; un battezzato che si discosta dalla dottrina). Qualunque sia la lettura che si vuole dare di queste complesse dinamiche, la Chiesa cattolica si indirizzò, tra Cinquecento e Seicento, verso una decisa volontà di controllo di ogni forma della vita individuale e sociale (disciplinamento), e non solo di opposizione al protestantesimo. Nel concilio Lateranense V, convocato da Giulio II, Egidio da Viterbo affermò l’urgente necessità di una riforma della chiesa che avrebbe dovuto interessare non la struttura e l'apparato dogmatico ma gli uomini, vale a dire la formazione e la qualità morale degli ecclesiastici. su questa linea si collocò il libellus ad leonem decimum, indirizzato al nuovo papa Medici Leone X, da due patrizi veneziani, che dopo una crisi religiosa avevano abbracciato la vita monastica. All’interno della Chiesa, nacquero movimenti religiosi sostenuti da una religiosità che si esprimeva nella carità verso il prossimo, come tra la fine del XV e l’inizio del XVI secolo le confraternite del Divino Amore. Nuovi ordini si svilupparono in questo periodo: tra di essi i teatini, i barnabiti, le angeliche, i somaschi, le orsoline, i cappuccini. Particolare importanza ebbe nell’età della controriforma l’ordine dei Gesuiti, fondato nel 1534 da Ignazio di Loyola. Caratteristiche importanti di questo ordine fu l’obbedienza al Papa; inoltre coloro che entravano nell’ordine rinunciavano ad una volontà personale, accettando la volontà dei propri superiori. Particolarmente rilevante fu il loro ruolo nell’istruzione, con la creazione di collegi (500 in tutta Europa) per l’istruzione dei giovani dell’aristocrazia e delle famiglie facoltose. Ci furono ripetuti tentativi di Carlo V di indurre i papi a convocare un consiglio dal quale egli sperava una composizione dei conflitti religiosi che dilaniavano l'Europa. anche Lutero aveva dichiarato di essere pronto a discutere in un concilio, a patto che esso fosse libero, cioè non condizionato dal papa, cristiano, e in terra tedesca. Ma esso si riunì solo dopo 28 anni dalla protesta sollevata da Lutero. questo ritardo fu dovuto soprattutto alla riluttanza dei Papi. il clima cominciò a mutare con il papato di Paolo III Farnese, che nominò una commissione di cardinali e altri prelati per elaborare un progetto di riforma della chiesa. Nel frattempo le opere di Lutero e degli altri riformatori si diffondevano In Italia, spesso anonime. le dottrine riformate trovarono simpatie o adesioni in diverse città e in tutti gli strati della società. Si diffusero posizioni non ben definite, sensibili alle istanze della riforma ma non disposte a un'aperta rottura con Roma, e si manifestò la tendenza alla formazione di gruppi clandestini, inclinialla pratica del nicodemismo. importante fu l'opera di Juan de Valdés, che si stabilì a Napoli dove animò un cenacolo di formazione spirituale che influenzò molti dei protagonisti della riforma italiana. Aderirono apertamente alla riforma i seguaci dell’eresia valdese. Essi ebbero origine dalla predicazione di Valdo o Valdesio (1140-1218), di origine francese. Nel 1541 il cardinale Contarini cercò al colloquio di religione di Ratisbona di negoziare con Melantone una formula comune sul piano teologico. con il fallimento di questo tentativo si chiude di fatto il periodo transitorio nel quale la rottura della cristianità non sembrava ancora incolmabile e definitiva. l'anno seguente, di fronte alla crescente diffusione delle dottrine ereticali, Paolo III promosse la stretta repressiva reclamata dal Cardinale Carafa, il futuro Paolo IV. nacque così nel 1542 la congregazione cardinalizia Del Santo uffizio o dell'Inquisizione, presieduta dal papa, con il compito di riorganizzare e dirigere dal centro la rete dei Tribunali inquisitoriali. Si intensificò allora il fenomeno delle fughe dall'Italia dei seguaci delle dottrine protestanti per sottrarsi alla persecuzione inquisitoriale. Il Concilio di Trento rappresenta un momento importante nella storia della Chiesa Cattolica. Sin dalle prime sessioni, il concilio affrontò le questioni teologiche, condannando il principio della giustificazione per sola fede (gennaio 1547). Dopo un periodo a Bologna, il concilio riprese a Trento (1551). Le decisioni furono di fatto nelle mani di papa Paolo IV, eletto nel 1555, che rafforzò la figura del papa ai danni del concilio e portò avanti la repressione in difesa dell’ortodossia. Egli, nel 1559, promulgò anche il primo indice dei libri proibiti, il più severo della storia. Il nuovo papato del milanese Pio IV Medici fece segnare una svolta rispetto alle linee del predecessore. L’ultima fase del Concilio (1562-63) fu assai produttiva e riportò centralità alle decisioni conciliari, con la presenza di un maggior numero di prelati, non solo italiani, ma anche francesi e spagnoli. Già dalle prime sessioni i decreti tridentini condannarono le dottrine delle chiese protestanti come eretiche. Furono riconfermati i sette sacramenti e il culto dei santi e della Vergine, ribadendo anche l’esistenza del Purgatorio; furono istituiti seminari per la formazione del clero, aperti anche ai poveri. Per controllare il rispetto degli obblighi religiosi (battesimo, matrimonio) i parroci furono tenuti alla loro registrazione; ai vescovi fu fatto obbligo di risiedere nella propria diocesi e di compiere una visita pastorale ogni due anni; i preti ebbero l’obbligo del celibato, senza deroghe. Vi fu una decisa opposizione alla diffusione della Bibbia in volgare (la vulgata di Girolamo Savonarola), inserita nel 1596 tra i libri proibiti: ciò portò ad un ulteriore distacco di larga parte della popolazione da un rapporto diretto con i testi sacri (e quindi con una decisa opera di mediazione del clero). Fu creata la Congregazione del concilio, che si riservò ogni decisione riguardante l’interpretazione e l’attuazione dei decreti conciliari. Il gesuita Roberto Bellarmino affermò: “la Chiesa non è una democrazia o una aristocrazia, ma è una monarchia”. Tale frase rappresenta il ruolo assunto dal papa, che aveva un potere assoluto. La Chiesa si caratterizzava ancora di più per un’organizzazione verticistica e gerarchizzata. Il periodo post- tridentino fu denso di novità all’interno della Chiesa. Rilevanza importante fu data al sacramento della confessione, elemento centrale della riforma cattolica, non solo come elemento religioso, ma anche come strumento di controllo. Il papato acquisì un notevole prestigio, come dimostra la riforma del calendario giuliano, realizzata da papa Gregorio XIII: il calendario gregoriano. L’orbita d’azione della Chiesa rimase sempre più confinata entro l’ambito della penisola, per l’italianizzazione del personale di curia e del collegio cardinalizio. Di conseguenza, il peso internazionale del papato andò progressivamente declinando. Importante fu la rivitalizzazione del ruolo del vescovo, anche se il centralismo papale ne limitò spesso l’azione. L’Inquisizione fu un potente strumento di lotta all’eresia, ma anche di centralizzazione delle istituzioni della Chiesa. L’Inquisizione promosse iniziative di forte controllo contro le idee riformatrici, arrivando a processare anche vescovi che avevano dimostrato posizioni di attenzione alle posizioni riformiste. La finalità dei processi inquisitoriali era l’abiura delle posizioni individuate come eretiche. L’azione della Congregazione del Sant’Uffizio non si diresse solo contro gli eretici, ma anche contro i responsabili di comportamenti sociali ritenuti non consoni con la dottrina cattolica. La caccia alle streghe, fenomeno tipico dell’età moderna, non si sviluppò solo nel mondo cattolico, ma anche nel mondo protestante. Perseguendo la stregoneria, l’Inquisizione si trovò di fronte al persistere di elementi di paganesimo o di credenze superstiziose e magiche nella religiosità delle masse, soprattutto rurali. La difesa dell’apparato culturale e ideologico, oltre che dottrinale, della Chiesa portò al combattere anche posizioni di alcuni importanti uomini di scienza, quali Giordano Bruno e Galileo Galilei. Si sviluppò una pratica di controllo sulle opere a stampa, con la creazione dell’Indice dei libri proibiti. Il Concilio di Trento, nonostante la sua tormentata storia, fu l’ultimo grande concilio della storia della Chiesa prima del Vaticano secondo (1962-65). Il mondo cattolico ne fu segnato profondamente, tanto che si può parlare di una Chiesa posttridentina nettamente distinta dall’età precedente. CAPITOLO 15: “L’ETA’ DI FILIPPO II Gli stati europei reagirono in modo diverso di fronte alle politiche della Chiesa di Roma generate dal Concilio di Trento. Alcuni stati, infatti, ritennero di dover difendere le autonomie delle Chiese nazionali, di fronte ai poteri assoluti di controllo che il papa aveva rivendicato per sé. Alcuni stati si opposero anche alla pubblicazione della bolla papale che confermava le decisioni conciliari. Vicende particolari caratterizzarono il distacco della Chiesa inglese da Roma: Re Enrico VIII (1509-1547) entrò in conflitto con la Chiesa di Roma, inizialmente a motivo della sua richiesta al papa di annullamento del matrimonio con Caterina d’Aragona, per sposare Anna Bolena. Il papa aveva rifiutato soprattutto per non irritare Carlo V, nipote di Caterina. A seguito del rifiuto del pontefice, Enrico VIII fece votare provvedimenti contrari alle prerogative del papa sulla Chiesa inglese, emanando nel 1534 l’Atto di supremazia, con il quale il sovrano diveniva “capo supremo” della Chiesa anglicana. Fra coloro che si rifiutarono di accettare l’atto di supremazia vi fu il grande umanista Thomas More, mandato al patibolo nel 1535. Il sovrano fece condannare a morte, con l’accusa di tradimento, anche il cancelliere Thomas Cromwell e tre delle sue sei mogli, fra cui Anna Bolena. Il distacco della chiesa inglese da Roma fu uno scisma senza precedenti: sul piano dottrinale e liturgico non cambiò nulla, tant’è che Enrico VIII continuò a perseguitare i protestanti. In pratica i vescovi, con a capo l’arcivescovo di Canterbury, riconobbero come capo della chiesa il re e non il papa. Il fatto che il re fosse anche il capo della chiesa espose quest'ultima a repentini cambiamenti a ogni avvicendamento sul trono. a Enrico successe il figlio Edoardo VI, un fanciullo di 10 anni di salute cagionevole, nato dalla terza moglie Jane Seymour. i protettori che governarono in suo nome aprirono la chiesa anglicana all'influenza delle dottrine protestanti, in particolare con il Book of common Prayer. le cose mutarono con l'avvento al trono di Maria Tudor, la figlia nata dal matrimonio con Caterina d'Aragona. Maria, che sposò il figlio di Carlo V, Filippo, si impegnò in un mura urbane e quello pubblico fuori delle città con l'editto di Saint Germain. il provvedimento suscitò la violenta azione cattolica, culminata nella strage di una folla di ugonotti. questo massacro di Vassy del primo marzo 1562 fu l'atto di inizio delle guerre di religione che durarono 36 anni e si svolsero attraverso otto fasi. Caterina ispirò la situazione a un accordo pragmatismo politico, contemporaneamente al rafforzamento del partito ugonotto. a conferma del peso politico del partito ugonotto fu concordato il matrimonio fra la sorella del re Margherita e il calvinista Enrico di Borbone, divenuto re di Navarra. i Guisa decisero di farla finita con gli ugonotti e avviarono col tacito beneplacito di Caterina un massacro dei calvinisti presenti in massa a Parigi per la celebrazione delle nozze. furono uccisi più di 2000 ugonotti; Enrico di Borbone ebbe salva la vita convertendosi al cattolicesimo. alla strage della notte di San Bartolomeo, il 24 agosto 1572, seguirono massacri di ugonotti in varie città del regno. gli ugonotti si erano organizzati come uno stato nello stato. alla loro testa si pose nel 1576 Enrico di Navarra, fuggito dalla corte e ritornato alla fede calvinista. per contro i cattolici si unirono in una lega Santa capeggiata dal Duca di Guisa. Caterina, la fiorentina, era accusata di aver usato con l'intrigo e la doppiezza le arti diaboliche del suo concittadino Machiavelli. si sviluppò così il partito dei politiques, cattolici moderati che individuarono l'unica via d'uscita dalle guerre civili in un rafforzamento della monarchia. L’ultima fase delle guerre di religione in Francia è detta guerra dei tre Enrichi. Salito al trono Enrico III (1574) gli si opposero Enrico di Borbone (capo del partito calvinista) e Enrico di Guisa (cattolico).,Assassinato il duca di Guisa e lo stesso Enrico III, il potere passò a Enrico di Borbone, che avanzò alla conquista di Parigi. Pur di ottenere il regno, Enrico di Borbone si convertì al cattolicesimo, entrando in Parigi il 22 marzo 1594 come re di Francia con il nome di Enrico IV. Enrico poté così stipulare nel 1598 la pace di Vervins con la Spagna che ribadiva le clausole del trattato di Cateau-Cambrésis. nello stesso anno il re emanò l'Editto di Nantes, che pose fine alle guerre di religione: il cattolicesimo fu riconfermato religione dello Stato ma i calvinisti ottennero la libertà di coscienza, libertà di culto in tutta la Francia, a eccezione di Parigi e i diritti civili. L’Inghilterra fu retta per un lungo periodo (1559-1603) da Elisabetta I. Alla regina Elisabetta, nata da un matrimonio non riconosciuto dal papa, si contrapponeva la cugina, Maria Stuarda, cattolica, regina di Scozia, dichiarata dai calvinisti decaduta, e pertanto dovette rifugiarsi in Inghilterra presso la cugina Elisabetta, che la mandò a morte. Elisabetta si legò sempre più strettamente al mondo protestante, adottando per la Chiesa anglicana i Trentanove articoli di fede del 1571 principi della riforma protestante. La Chiesa Anglicana è definita “chiesa ibrida” perché mantiene alcune caratteristiche della Chiesa Cattolica (liturgia, vescovi), ma (dopo il 1570) è apertamente in dissenso con il cattolicesimo e accoglie i principi protestanti-calvinisti. Il sostegno dato da Elisabetta ai ribelli olandesi e agli ugonotti in Francia determinò una crescente tensione con Filippo II, che invano propose alla regina di rinnovare attraverso un loro matrimonio il legame dinastico fra i rispettivi regni. Elisabetta rifiutò tutti i pretendenti e si impegnò nel consolidamento interno dell’Inghilterra. Mentre il potere della sovrana aumentava, cresceva anch ela tensione con Filippo II. Diverse sono le ragioni delle tensioni tra Spagna e Inghilterra, oltre l’appoggio dato da Elisabetta agli olandesi e agli ugonotti, il tacito sostegno alla guerra di corsa di Francis Drake contro i possedimenti americani della Spagna, la condanna a morte di Maria Stuarda. Filippo II tentò un attacco all’Inghilterra con la flotta (invincible armada), ma l’attacco fallì: Filippo perse metà delle navi e un terzo degli uomini. La Spagna uscì in totale crisi dalla sconfitta contro l’Inghilterra, che si aggiungeva alle sconfitte nelle Province unite e alla salita al trono di Enrico IV; a ciò si univano i contrasti interni e le difficoltà economiche. I progetti politici di Filippo non furono raggiunti né all’estero, né all’interno del regno. Il destino della Spagna, alla morte di Filippo II (1598), era avviato verso una fase di forte declino, sia interno sia di prestigio internazionale . CAPITOLO 16: “LA GUERRA DEI TRENT’ANNI Due momenti erano stati fondamentali nel corso del Cinquecento per porre temporaneamente freno ai contrasti religiosi: la pace di Augusta (1555) che sancì la divisione religiosa della Germania (tra cattolici e protestanti) e l’editto di Nantes (1598) che riconosceva libertà di culto in Francia agli Ugonotti.Enrico IV riordinò le finanze, riducendo il peso dell'imposizione fiscale, e rafforzò la struttura amministrativa, servendosi di commissari straordinari per limitare i poteri dei governatori, cariche provenzali detenute dall'alto nobiltà. Inoltre incentivò all'agricoltura e lo sviluppo delle manifatture. egli regolò la venalità delle cariche, con un editto del 1604, in cui veniva riconosciuto l'ereditarietà degli uffici che si erano acquistati con il versamento di una tassa annuale, chiamata paulette. il provvedimento diede la sanzione formale alla formazione di una nobiltà di toga. in politica estera Enrico IV intendeva riprendere la tradizionale politica di alleanze in funzione antiasburgica ma la sua opera fu interrotta improvvisamente da un fanatico cattolico che lo assassinò il 14 maggio 1610. poiché il figlio Luigi XIII aveva solo 9 anni, la reggenza fu affidata alla moglie Maria dei Medici. i nobili, rafforzata la loro posizione, imposero alla reggente la convocazione degli Stati Generali che si riunirono nel 1614-15; fu questa l'ultima volta in cui si riunirono prima della 1789. Maria diede alla politica estera un indirizzo filospagnolo. Luigi XIII, dichiarato maggiorenne nel 1614, decise di prendere le redini del potere sottraendosi alla condizione di isolamento e di emarginazione nella quale lo avevano tenuto la madre e il suo favorito, il toscano Concino Concini. perciò fece assassinare il Concini e confinò Maria nel castello di Blois. in questa fase si impose sulla scena politica il duca di Richelieu che assunse il ruolo di mediatore nel dissidio fra il re e sua madre, guadagnandosi la fiducia di Luigi XIII. Maria nel 1630 fuggì nei Paesi Bassi spagnoli e morì in esilio nel 1642. Richelieu si guadagnò il sostegno delle città e dei ceti produttivi incentivando il commercio e continuando l'espansione coloniale della Francia. Fu il protettore di artisti e letterati, e proseguì l'opera di rafforzamento della monarchia già avviata da Enrico IV. Luigi XIII riconfermò la libertà di culto agli ugonotti, ma Richelieu promosse una nuova campagna militare contro di loro, che culminò nel 1628 nella presa della fortezza di La Rochelle. questo indebolì il gruppo calvinista, che utilizzava quella fortezza come una forza militare e politica.Richelieu si impegnò nel conflitto europeo per contrastare l'egemonia degli Asburgo e per sostenere i costi di questa aggressiva politica aumentò la pressione fiscale. questo inasprimento delle tasse provocò una serie di rivolte (dei croquants e dei nu-pieds) . In Spagna, all’inizio del Seicento, regnava Filippo III. Egli diede grande potere a un nobile, da lui favorito, il duca di Lerma. Furono stipulate una pace con l’Inghilterra (1604) e una tregua di dodici anni con le Province Unite,ma il governo non seppe attuare provvedimenti di riforma efficaci. La crisi economica continuava a dilaniare la popolazione, mentre la nobiltà si rafforzava sempre più. Dal 1609 furono espulsi i moriscos dal regno. Il figlio, Filippo IV, si affidò al conte di Olivares (noto come il conte duca), il quale governò di fatto la politica spagnola di questo periodo. Importanti i suoi tentativi di riforma, anche militare (progetto di Union de las Armas, 1626), indirizzato anche verso un ruolo egemone della Castiglia. La proposta di centralizzare il regno, ponendo al centro la Castiglia, trovò una forte opposizione in Aragona e in Catalogna, ma anche in Portogallo. I Paesi Bassi meridionali erano fedeli alla Spagna, ottenendo in cambio forme di autonomia, sotto l’arciduca d’Austria e la moglie, figlia di Filippo II. Di fatto la Spagna controllava le province meridionali, volendone fare un baluardo della Controriforma. È in questo periodo che Anversa, Bruges e Gand persero progressivamente l’antico splendore.Le Sette province settentrionali avevano proclamato la propria indipendenza dalla Spagna (1581), indipendenza che la Spagna non voleva riconoscere. Questi territori (corrispondenti all’Olanda e a regioni contermini) liberatisi di fatto dal controllo della Spagna, erano avviati verso uno sviluppo economico e sociale. Le Sette province si reggevano come una confederazione, in base a quanto definito nel 1579 (Unione di Utrecht). La maggior parte dei poteri era esercitata dai governi locali; esisteva però un organo di governo centrale (Stati Generali) e due figure importanti, lo Statolder (il governatore) e il Gran Pensionario. Nella complessità del sistema politico, si ebbe spesso un contrasto tra lo Statolder (ossia di fatto dalla casa di Orange) e il Gran Pensionario. Su una controversia teologica si innestò il conflitto politico fra il governatore Maurizio Di Nassau, fautore dei gomaristi, i calvinisti intransigenti, e il gran pensionario, favorevole agli arminiani, coloro che si distaccavano dalla predestinazione calvinista. ebbe la meglio Maurizio Di Nassau. Nel 1618 si riunì un sinodo di teologi calvinisti che condannarono formalmente la dottrina arminiana. La Polonia, dopo la sua unione con il granducato di Lituania, era uno stato importante, con oltre 10 milioni di abitanti. In Polonia convivevano etnie e lingue diverse, ma anche religioni diverse; la prevalenza di cattolici ebbe un rafforzamento sul finire del Cinquecento, con l’adesione alla Controriforma e alla Chiesa di Roma. La forma di governo era una sorta di repubblica nobiliare, nella quale l’aristocrazia deteneva di fatto tutte le cariche, civili ed ecclesiastiche, impedendo la formazione di un solido potere monarchico. Con la morte di Sigismondo Augusto, che non aveva eredi, si estinse la dinastia degli Jagelloni. nel 1573 fu eletto re Enrico di Valois, che restò in Polonia solo 5 mesi perché l'anno seguente, morto il fratello Carlo IX, ritornò in Francia per succedergli al trono. in seguito fu scelta la dinastia dei Vasa. La corona era attribuita per elezione da parte della nobiltà polacca, che privilegiava la scelta di sovrani stranieri, sui quali poteva esercitare un forte controllo. I Vasa appoggiarono il rafforzamento del cattolicesimo, che comportò una progressiva emarginazione dei protestanti e l’espulsione di sociniani e antitrinitari. In Svezia Il potere della monarchia, resa ereditaria da Gustavo Vasa, era alcuni riassetti territoriali, definendo anche questioni religiose (concessioni ai calvinisti) e relativi ai beni ecclesiastici (restituzioni).Il rifiuto del papa Innocenzo X di riconoscere i trattati di pace evidenziò la crisi del ruolo internazionale del Papato. La guerra dei trent’anni segnò anche il fallimento del tentativo di Ferdinando II di rafforzare la corona imperiale. I principi si videro riconosciuto il diritto di fare alleanze e di promuovere guerre, purché non rivolte contro l’imperatore. Questi non poteva fare guerra e stipulare paci, levare milizie e imporre tasse senza il consenso della Dieta. CAPITOLO 17: “LA PRIMA RIVOLUZIONE INGLESE Alla morte di Elisabetta I succede al trono il figlio di Mary Stuart, con il titolo di Giacomo I Stuart (1603-1625), che già regnava in Scozia con il titolo di Giacomo VI. Si realizzò così un’unione personale tra i due regni. Il parlamento sarebbe stato unito solo cent’anni dopo. Il regno di Elisabetta I era stato un periodo di grande sviluppo per l’Inghilterra. La popolazione inglese era cresciuta notevolmente e l’economia si era sviluppata, sia l’agricoltura, sia la manifattura. La destinazione a pascolo di molte terre aveva portato ad uno sviluppo della manifattura della lana, con un forte peso delle esportazioni. Elisabetta I, sostenendo lo sviluppo della flotta navale, aveva dato incremento anche al commercio (sviluppo di compagnie commerciali). Nel corso dell’età di Elisabetta la Camera dei Comuni (dove erano eletti rappresentanti delle conteee delle città) aveva progressivamente cercato di ampliare le proprie competenze ai danni della Camera alta. La Chiesa anglicana era fondata sulla riforma protestante ma con molti caratteri che la ricollegavano al cattolicesimo. Nel corso del Cinquecento si sviluppò il puritanesimo, movimento religioso che voleva rendere la Chiesa anglicana libera da ogni aspetto di cattolicesimo. Sebbene la politica della regina Elisabetta (capo della Chiesa anglicana) fosse tollerante, crebbe progressivamente un atteggiamento di ostilità verso i cattolici da parte dei protestanti. Nelle città era attivo un ricco ceto di mercanti e uomini d’affari; in particolare a Londra, nella City, erano presenti le principali attività finanziarie e commerciali. Si era sviluppato nel corso del Cinquecento un nuovo ceto, la nobiltà di campagna (gentry), che basava il suo prestigio sulla proprietà terriera. Una parte della gentry (circa un migliaio di famiglie) aveva raggiunto un potere notevole, basato su grandi patrimoni fondiari, oltre che sui titoli (cavaliere, signore, baronetto) che erano loro concessi dalla corona. Nei rapporti con il Parlamento Giacomo I non si discostò dai principi adottati da Elisabetta I. egli però, essendo scozzese, non godeva di grande popolarità. Primo motivo di contrasto fu la difficile situazione finanziaria provocata dalla guerra contro la Spagna, alla quale Giacomo pose fine con un trattato di pace nel 1604.Giacomo I era figlio di cattolici, ma sin dall’inizio del suo regno egli non si dimostrò favorevole ai cattolici “papisti”, ma neppure alle richieste dei puritani. Lo scontento di molti puritani portò esponenti del dissenso religioso ad abbandonare l’Inghilterra per raggiungere l’America (padri pellegrini). A Giacomo I fu attribuita la frase no bishops no king, che dimostra come egli volesse contare sul potere dei vescovi (soprattutto nelle campagne) per assicurare la fedeltà al sovrano della popolazione. Anche le scelte di politica estera non piacquero al Parlamento; inoltre non fu accolto favorevolmente il matrimonio tra il figlio di Giacomo, futuro Carlo I Stuart, con una principessa cattolica, sorella del re di Francia Luigi XIII.Carlo I ereditò dal padre l’impopolarità. Egli cercò di dissipare i sospetti su una sua inclinazione verso il cattolicesimo dichiarando guerra alla Spagna. Il Parlamento approvò una Petition of right (petizione di diritto), nella quale ribadì che nessuna imposta poteva essere riscossa senza il suo consenso e protestò contro i prestiti forzosi e gli arresti illegali. Carlo fu costretto ad accettare la petizione. Carlo, chiusa la sessione parlamentare del 1629, iniziò un lungo periodo di governo personale, nel quale non riconvocò più il Parlamento. Egli si impegnò a realizzare il programma assolutistico del padre. Perseguì il disegno di realizzare l’uniformità religiosa, adottando come dottrina della chiesa l’arminianesimo, che negava la tesi della predestinazione di Calvino, ed emarginò i puritani che non si piegarono a questo indirizzo. La crisi esplose quando Carlo volle imporre anche in Scozia le dottrine e l’organizzazione della chiesa anglicana. Gli scozzesi insorsero nel 1638 a difesa della chiesa presbiteriana, per cui Carlo fu costretto a riconvocare il Parlamento. Il Parlamento fu sciolto perché la camera dei comuni si rifiutò di pagare i sussidi richiesti per un esercito. Ciò passò alla storia come short parlament (breveparlamento).Carlo affrontò i ribelli scozzesi con forze inadeguate e subì una pesante sconfitta. Dovette perciò riconvocare il Parlamento, nel 1640. Questo fu chiamato lungo parlamento, in cui le camere si riunirono nel tentativo di impedire una svolta assolutistica al regno di Carlo I. Quando scoppiò una rivolta in Irlanda si pose il problema della guida dell’esercito per ristabilire l’ordine. Fu questa l’occasione per lo scoppio della guerra civile: Carlo I, avendo avuto l’opposizione dal Parlamento alla sua volontà di comandare le truppe armate contro la ribellione dell’Irlanda, entrò nel Parlamento per arrestare i capi dell’opposizione. Ma questi si erano rifugiati nella City: era l’inizio della rivoluzione. Il tentativo degli Stuart di dar vita a un regime di tipo assolutistico era votato al fallimento. mancavano infatti in Inghilterra i pilastri sui quali l'assolutismo si basava: un esercito permanente, una tassazione stabile, un solido apparato burocratico, un solido apparato finanziario. Proprio su questo si incentrò la lotta dei comuni, che bloccarono il tentativo assolutistico degli Stuart facendo valere il principio per cui non si riscuoteva in Inghilterra alcune Imposta senza il loro consenso. ridimensionata drasticamente l'importanza dei Lord, i comuni in quanto rappresentanti del popolo si ponevano come l'espressione della volontà del paese e quindi reclamano il diritto di esprimere l'indirizzo politico che il governo avrebbe dovuto attuare. La Grand Remonstrance (atto approvato il22 novembre 1641), è l’atto con cui il Parlamento ottiene dal re un controllo sulla nomina dei ministri. All'inizio della guerra civile il paese rimase in gran parte neutrale. Carlo ottenne qualche successo sulle forze parlamentari, tuttavia il parlamento poteva contare sull'aiuto finanziario della City, disponeva della flotta e strinse un'alleanza con gli scozzesi. il 2 luglio 1644 l'esercito parlamentare ottenne a Marston Moor una prima importante vittoria. si distinse nella battaglia Oliver Cromwell. egli organizzò l'esercito di un nuovo modello che dicise la guerra in favore del parlamento. risultò decisiva la fede calvinista che animava i soldati. a Carlo non rimase che prendere atto della sconfitta. egli decise di arrendersi agli scozzesi. si chiude così la prima fase della guerra civile. Poiché nessuno pensava che si potesse fare a meno della monarchia, si poneva il problema di un accordo con il re che stabilisse le rispettive prerogative della Corona e del parlamento. emersero intanto le profonde differenze esistenti nel movimento puritano. la maggioranza in Parlamento era detenuta dai presbiteriani, calvinisti austeri e intransigenti, che intendevano imporre una chiesa di strato strutturata sul modello scozzese. l'altra ala del movimento puritano, gli indipendenti, rivendicava invece l'autonomia delle congregazioni religiose ed era favorevole a un regime di tolleranza per le varie confessioni, salvo che per i cattolici. proliferarono sette e congregazioni. Inoltre si era formato, a partire dal 1646, un vero partito politico, i livellatori, radicati soprattutto nelle classi lavoratrici delle città. essi reclamavano misure per alleviare la miseria della popolazione, quali riduzione delle tasse, abolizione della decima, sussidi e così via. essi perseguirono soprattutto un programma politico di netta impronta democratica, fondato sulla affermazione della sovranità popolare come fonte di ogni diritto. sul piano religioso erano favorevoli a una completa libertà di coscienza, anche per i cattolici. essi chiesero anche l'abolizione della Camera dei Lord ed erano di orientamento repubblicano. si aprì così la seconda fase della rivoluzione, che vide contrapposti il Parlamento, controllato dai presbiteriani, di orientamento moderato e ostili alle sette religiose di dissidenti, e l'esercito, nel quale trovarono largo seguito sia il non conformismo religioso sia il radicalismo politico dei livellatori. Cromwell si mosse in questa fase con molta prudenza. Carlo riuscì a fuggire e si accordò con gli scozzesi, accettando il presbiterianesimo in cambio del loro sostegno. Cromwell resosi conto che ogni accordo con il re era impossibile, sconfisse realisti e scozzesi nella battaglia di Preston nell'agosto 1648. la spaccatura fra esercito e parlamento poteva essere risolta solo con un colpo di stato. il 6 dicembre 1648 il colonnello Pride arrestò 45 parlamentari e impedì l'accesso a Westminster di una novantina di deputati presbiteriani (purga di Pride). ciò che restava dopo questa epurazione, il cosiddetto Parlamento Troncone, istituì un’alta Corte di Giustizia che processò e condannò a morte Carlo I, decapitato il 30 gennaio 1649. subito dopo il Parlamento abolì la camera dei Lord e il 19 maggio proclamò la Repubblica di Inghilterra, Scozia e Irlanda. Dopo la morte di Carlo I, fu riconosciuto come re da scozzesi e irlandesi il figlio di Carlo I, con il nome di Carlo II. Anche molti inglesi parteggiavano, per ragioni diverse, per la corona. Si sviluppò, sotto la guida di Gerard Winstanley, un movimento (detto dei diggers, zappatori) che sostenne una sorta di forma di comunismo agrario. Cromwell, dopo aver raggiunto due obiettivi, ossia la soppressione della monarchia e della Camera dei Lord, era in difficoltà nel dare seguito alle riforme, anche per la presenza di elementi di forte contestazione alle sue posizioni. I movimenti di protesta sfociarono per la gran parte in nuovi movimenti religiosi, tra i quali i quaccheri, che emigrarono in America. Cromwell represse duramente rivolte in Irlanda (con migliaia di morti e di esiliati) e in Scozia, costringendo Carlo II, incoronato re ad Edimburgo, a fuggire in Francia. Cromwell elaborò il cosiddetto Strumento di governo, tramite il quale egli fu eletto Lord protettore del Commonwealth in Inghilterra, in Scozia e in Irlanda. Inoltre, con l’Atto di navigazione, promulgato nel 1651, stabilì che nei porti inglesi potessero attraccare solo navi inglesi: il provvedimento colpiva direttamente gli olandesi e diede inizio a forti tensioni tra Inghilterra e Province Unite. Rimaneva il problema di quale assetto costituzionale dare al regno. Il regime repubblicano non mise radici nel paese e fu di fatto una ricordiamo i casi di Siviglia nel 1781 e Poznan nel 1793. Il XVII secolo fu caratterizzato sul piano politico dalla affermazione dell'assolutismo. questa tendenza fu espressa da Robert Filmer, il quale ritenne il potere assoluto del monarca conforme alla natura in quanto simile all'autorità del padre sui figli, e Bossuet, il quale espose la teoria dell’origine divina della monarchia. Il contributo più importante del pensiero seicentesco è nell'affermazione del giusnaturalismo, che afferma che esiste un diritto naturale formato dall'insieme di norme di condotta che si ricavano dalla natura stessa dell'uomo. L'olandese Grozio pose le basi del diritto internazionale nel diritto naturale, il quale esprime norme riconosciute valide da tutti. il vero teorico del giusnaturalismo moderno è stato l'inglese Thomas Hobbes, autore del Leviatano. la visione pessimistica dell'uomo induceva Hobbes a ritenere che gli individui non sono naturalmente portati a vivere in società, anzi al contrario sono guidati dall'egoismo, dalla ricerca del proprio utile, anche a danno dei simili. Ecco perché nello stato di natura vige la guerra di tutti contro tutti. per questo motivo gli uomini rinunciano alla loro indipendenza e cedono tutti i loro diritti a un monarca assoluto che stabilisce lel eggi a garanzia della sicurezza di tutti e punisce coloro che li infrangono. il passaggio dallo stato di natura alla società presuppone un accordo fra gli individui, un contratto sociale, composto da due distinti patti: un patto della società con il quale gli uomini decidono di vivere in società, e un patto con il quale essi delegano i loro diritti a un potere che regge la società attraverso le leggi. Hobbes ritenne che l'assolutismo fosse la sola forma di governo in grado di garantire la sicurezza. il monarca ha un potere enorme, però non si fonda sulla tradizione e sull'investitura divina. nel pensiero di Hobbes è caduto ogni presupposto teologico. L'inglese John Locke ritenne che gli uomini nel contratto sociale non cedono tutti i loro diritti, ma laminore porzione possibile. essi rinunciano solo al diritto di farsi giustizia da sé. conservano nella società gli altri diritti di cui godevano nello stato di natura, il diritto alla vita, alla libertà e alla proprietà. il patto sociale prevede che lo Stato debba garantire questi diritti e in caso contrario i sudditi hanno il diritto di abbatterlo. Da qui deriva non un potere assoluto, ma uno stato liberale. lasfera dei diritti individuali nella quale lo stato non deve interferire è lo spazio nel quale si svolge l'attività economica e quindi nascono le disuguaglianze che formano la gerarchia sociale. Il termine “mercantilismo”, derivato dall’espressione “politica mercantile” di Adam Smith, indica la politica economica, propria degli stati di età moderna, nella quale il capitale commerciale dominava la vita economica e le attività produttive. La politica mercantilistica tendeva a imporre dazi doganali, per sviluppare le manifatture interne: si ricercava un rapporto diretto con le colonie, il commercio delle quali doveva svilupparsi esclusivamente con la madrepatria. Lo stretto rapporto che il mercantilismo individua tra lo Stato e la vita economica è ben testimoniato dalla concezione del ministro del re di Francia, Jean-Baptiste Colbert.La politica mercantilistica si basa sulla concezione che la moneta metallica sia la principale forma di ricchezza.Il mercantilismo si fondava su una concezione conflittuale dei rapporti economici. Era inevitabile che si sviluppasse fra gli stati una lotta con ogni mezzo. Le politiche mercantilistiche si sforzano di rimuovere gli ostacoli al libero commercio entro i confini nazionali, eliminando pedaggi, uniformando la moneta, i pesi e le misure e promuovendo il miglioramento della rete stradale, la costruzione di canali e lo sviluppo dei porti. Nel Seicento l'Europa, attraverso l'espansione, pose le premesse del predominio che avrebbe conquistato a livello mondiale nei secoli successivi. fu innanzitutto cercata una via per le Indie alternativa alla circumnavigazione dell'Africa. gli inglesi nel 1553 fondarono la compagnia dei Mercanti di Londra con l'intento di trovare il passaggio verso l'Asia a nord-est. molti tentativi furono fatti da navigatori inglesi e francesi per aggirare il continente americano alla ricerca del passaggio a Nord Ovest. Quando fu chiaro che i ghiacci rendevano impraticabili queste rotte, le spedizioni ripiegarono su obiettivi più limitati . Le Province Unite tentarono di inserirsi nel commercio delle spezie cercando di rompere il monopolio che il Portogallo tentava di imporre. Nacque nel 1602 la Compagnia delle Indie orientali, che ricevette il monopolio dei commerci aldilà del Capo di Buona Speranza, con il potere di fare guerra e di contrarre alleanze, di fondare colonie e di costruire piazzeforti. la compagnia olandese promosse azioni militari contro i possedimenti del Portogallo e riuscì a conquistare diversiterritori mirando solo ai profitti del commercio, non alla colonizzazione. l'unica colonia olandese fu quella del Capo di Buona Speranza. il centro amministrativo e commerciale della compagnia fu stabilito in una città fortificata fondata nell'isola di Giava. furono navigatori olandesi che casualmente nel corso dei loro viaggi toccarono per la prima volta l'Australia nel 1606 e scoprirono la Nuova Zelanda nel 1642. poiché non si preoccupavano di diffondere la fede Cristiana, gli olandesi riuscirono anche a sostituire nelle relazioni commerciali con il Giappone i portoghesi, invisi per l'opera di evangelizzazione svolta dai missionari. le Province Unite crearono la Compagnia delle Indie occidentali con l'obiettivo di fare guerra all'Impero spagnolo. questo aveva conquistato le isole Filippine e divenne un importante base commerciale grazie alla posizione strategica sulla rotta fra l'America spagnola e l'Asia. l'impero spagnolo riuscì a resistere agli attacchi dimostrando di avere acquisito un impianto solido. poiché dal 1580 il Portogallo era unito alla Spagna, anche il suo impero coloniale fu oggetto degli attacchi olandesi, che si proposero la conquista del Brasile. La compagnia riuscì a occupare tutta la regione a nord del Rio delle Amazzoni. il Portogallo riuscì comunque, dopo essersi reso indipendente dalla Spagna, a riprendersi gran parte dei suoi possedimenti e a scacciare gli olandesi dal Brasile. gli olandesi parteciparono anche all'espansione nell'America settentrionale dove crearono la colonia della nuova Olanda e fondarono la città di New Amsterdam. questo insediamento però dovette soccombere agli attacchi degli inglesi che nel 1664 presero la città ribattezzandola New York. gli scarsi risultati portarono perciò nel 1674 allo scioglimento della Compagnia delle Indie occidentali. La Compagnia inglese delle Indie orientali sorse durante il regno di Elisabetta I e si rafforzò con Cromwell. Gli inglesi misero in atto azioni per appropriarsi dei commerci delle spezie in mano ai portoghesi, trovando non solo la loro opposizione, ma anche quella degli olandesi. Non essendo in grado di competere con gli olandesi, gli inglesi si impegnarono nello stabilire relazioni commerciali con l’impero persiano e l’impero Moghul. La Compagnia stabilì anche molte basi in India.L’Inghilterra concentrò la propria opera di colonizzazione verso l’America settentrionale, già a partire dal regno di Elisabetta, che si rafforzò durante i regni di Giacomo I e di Carlo I, contrastando con la Spagna.Fin dall’inizio la colonizzazione inglese si differenziò da quella spagnola. Infatti i coloni aspiravano alpossesso di terra e crearono in Virginia grandi piantagioni di tabacco, lavorate dagli schiavi deportati dall’Africa. Essi non si mischiarono in genere con la popolazione locale, tant’è che il fenomeno del meticciato fu del tutto trascurabile. L’emigrazione fu favorita dai contratti di servitù. L’espansione della Francia verso l’America ebbe particolare rilevanza nell’area settentrionale, con la fondazione nel 1642 di Montréal, causando conflitti con gli inglesi. Luigi XIV organizzò un sistema di controllo diretto da parte del sovrano sui territori francesi dell’attuale Canada e sulle Antille. Tra le colonie francesi in America si ricordano anche quelle della Guadalupa, Martinica e Guyana francese .Nel 1682 i francesi fondarono una colonia chiamata, in onore di Luigi XIV, Luisiana. Nel 1644 la Francia creò anche la Compagnia delle Indie orientali, che creò diversi insediamenti nell’isola di Giava e in India. CAPITOLO 19: “L’ITALIA SOTTO IL PREDOMINIO SPAGNOLO La situazione della penisola italiana nel Seicento è caratterizzata (in particolare fra il 1620 e il 1660)da segnali di crisi. La manifattura, in particolare quella tessile (seta, lana) entra in crisi; la produzione della lana tra la fine del Cinquecento e la metà del Seicento si riduce, in alcune aree addirittura dell’80-90%.Le attività finanziarie e bancarie, che erano state all’avanguardia in Europa nei secoli precedenti, subiscono un tracollo, così come il commercio via mare. Diverse furono le cause della crisi: tra le altre lo sviluppo di manifatture in altre aree d’Europa, a costi più ridotti, e il sistema corporativo, che limitò le possibilità di innovazione. I ceti dominanti privilegiarono sempre più gli investimenti nelle proprietà fondiarie e nei titoli del debito pubblico; si faceva strada un progressivo abbandono di attività imprenditoriali e commerciali da parte delle famiglie del patriziato. La nobiltà rifiutò ogni rapporto con l’esercizio delle arti meccaniche.La cultura seicentesca abbandona le caratteristiche proprie dell’Umanesimo e del Rinascimento. Nelle espressioni artistiche del Seicento prevalgono la spettacolarità, l’esaltazione dei sentimenti e delle emozioni (barocco). Non mancarono eccellenze in campo artistico (es. per la pittura Caravaggio), ma si interruppe la feconda circolazione di idee con l’Europa. La Controriforma condizionò prepotentemente la cultura italiana, in tutte le sue manifestazioni. L’opera di disciplinamento della Chiesa permeò tutta la realtà della penisola italiana. Il rigoroso controllo della produzione e circolazione delle idee esercitato dalla censura si estese ben al di là delle questioni religiose e impose alla vita intellettuale una pesante cappa di conformismo. Il calabrese Tommaso Campanella, nella Città del sole, descrive una società ideale, andando contro le pratiche e le idee della Controriforma. Per questo fu condannato dall’Inquisizione e incarcerato, sfuggendo alla morte perché si finse pazzo. Nel periodo della dominazione spagnola l'aspetto politico della penisola fu sostanzialmente stabile. I soli cambiamenti furono l'acquisizione da parte dello Stato della Chiesa di Ferrara, per l'estinzione della discendenza legittima degli Este, e del Ducato di Urbino per l'estinzione della famiglia della Rovere. la Spagna possedeva quasi la metà del territorio della Veneziano l'interdetto, vale a dire una scomunica collettiva. Venezia respinse l'interdetto ed espulse i gesuiti, obbedienti al papa. lo scontro diede vita a un'aspra polemica. nella difesa delle posizioni veneziane si distinse Paolo Sarpi, che mostrò i danni per la cristianità del potere totale rivendicato sul mondo cattolico dal papato. la polemica ebbe un ampio risalto europeo. alla fine la vertenza fu risolta da una mediazione congiunta della Francia e della Spagna: l'interdetto fu cancellato e i due preti furono dati all'ambasciatore francese che li consegnò a Roma; gli ordini religiosi che avevano abbandonato il territorio Veneziano poterono rientrare, a eccezione dei Gesuiti. Venezia si impegnò poco dopo nella guerra di Gradisca, ma apparve evidente che il rilancio della grande politica era ormai impossibile. gli anni in cui Venezia era stata la regina del mare erano tramontati per sempre. fra il 1645 e il 1669 la Repubblica dovette affrontare una lunga guerra con l'impero Ottomano a difesa dell'isola di Candia, Creta. nonostante i suoi sforzi la Repubblica dovette alla fine abbandonare l'isola. La Spagna governò con moderazione, rispettando le tradizioni e gli assetti istituzionali dei vari territori a lei soggetti e cercò costantemente una mediazione fra i propri interessi e le esigenze delle élite locali. il sovrano era coadiuvato a Madrid dal Consiglio d'Italia. i rappresentanti del sovrano, il governatore a Milano e i Viceré nei tre regni, pur dotati di ampi poteri, dovevano tenere conto del parere degli organi che erano espressione delle classi dirigenti italiane. nel Ducato di Milano questo ruolo fu esercitato dal Senato. l'amministrazione spagnola lasciò ai patrizi il controllo delle istituzioni locali, ma intervenne a limitare il predominio esercitato dalle città sui contadi favorendo una più equa distribuzione del carico fiscale, che veniva ripartito tutelando principalmente gli interessi dei cittadini. nel Regno di Napoli il gruppo sociale più importante era la nobiltà, che si articolava in diverse componenti. la nobiltà feudale dominava nelle province ed esercitava su i suoi feudi la giurisdizione civile e criminale e disponeva di un incondizionato potere economico e sociale sui contadini, sottoposti a ogni sorta di abusi e vessazioni, e inoltre controllava il Parlamento. Vi era poi la nobiltà maggiore o di seggio, che controllava l'amministrazione della città di Napoli. Napoli aveva una tale importanza da condizionare tutte le scelte del governo spagnolo: la città era esentata da buona parte dell'imposizione diretta e si oppose a tutti i tentativi della Spagna di modificare privilegi e consuetudini di cui godeva. una rivolta nella capitale nel 1547 impedì che si stabilisse nel regno l'inquisizione spagnola. L'altro potere forte nel meridione era la chiesa, le cui proprietà erano superiori a quelle della stessa aristocrazia. una componente caratteristica della società napoletana era il ceto dei togati. a Napoli furono questi i principali collaboratori delle autorità spagnole: essi controllavano le più importanti magistrature e sedevano nel consiglio collaterale, organismo con il quale il Vice rè era tenuto a consultarsi nelle questioni più importanti. il governo spagnolo riuscì a spezzare il potere politico della nobiltà, ponendo fine al suo tradizionale spirito di ribellione nei confronti del potere regio, ma finì col riconoscere ai Baroni il completo predominio all'interno dei loro feudi. Anche in Sicilia e in Sardegna esistevano dei parlamenti. molto geloso della sua autonomia e dei suoi privilegi era il forte baronaggio siciliano, che considerava la Sicilia legata alla Spagna da un legame di tipo contrattuale. La storiografia ha superato il giudizio negativo sulla dominazione spagnola, considerata a lungo una delle cause principali della decadenza della penisola dopo la splendida stagione del Rinascimento. la Spagna non governò con la forza dell'esercito. ma la situazione cambiò nella prima metà del XVII secolo a causa delle guerre nelle quali il governo di Madrid si impegnò nel tentativo di conservare la propria supremazia mondiale. maturarono così le rivolte del 1647 1648, contro la pressione fiscale. A Palermo, nell’agosto 1647, esplode una rivolta contro il fiscalismo spagnolo. A Napoli, nel luglio 1647, iniziò la rivolta contro le i responsabili della riscossione delle imposte per la Spagna. Un pescatore, Tommaso Aniello (detto Masaniello), si mise a capo della protesta, ma morì assassinato su mandato del viceré. CAPITOLO 20: “L’ETA’ DI LUIGI XIV Il cardinale Giulio Mazzarino (1602-1661) ebbe un ruolo da protagonista nel far crescere il potere assoluto dei re di Francia. Giulio Mazzarino iniziò il suo rapporto di consigliere dei re di Francia con Luigi XIII, proseguendo dopo la sua morte nella sua opera, in sintonia con la vedova del sovrano, Anna d’Austria, madre di Luigi XIV. Mazzarino proseguì l’azione del cardinale Richelieu, che lo aveva preceduto; anch’egli dovette sostenere contrasti con la nobiltà. Mazzarino si inimicò anche coloro che avevano investito nel debito pubblico, non rispettando gli accordi che essi avevano sottoscritto con lo stato. Il Parlamento di Parigi prese un'iniziativa rivoluzionaria promuovendo una riunione comune con le altre corti sovrane. da questa assemblea fu approvato nel giugno-luglio 1648 un pacchetto di 27 articoli che limitavano i poteri della monarchia. Mazzarino fu identificato come il colpevole del malgoverno e contro di lui si scatenò un profluvio di scritti in prosa in versi, le mazarinades. il moto fu chiamato la Fronda parlamentare, dallo strumento della fionda di cui si servivano i ragazzi per lanciare sassi, e l'accostamento fra la fionda e la fronda dell'albero, che in francese sono indicate dallo stesso termine, e suggerì l'immagine del vento della rivolta. la reggente fu costretta ad accettare i 27 articoli elaborati dalle corti sovrane con una dichiarazione reale del 22 ottobre 1648. si giunse così alla pace di Saint Germain il primo aprile 1649 che pose fine alla Fronda parlamentare. permanevano però le ambizioni politiche dei nobili di spada Gaston d'Orléans e Luigi II di Borbone. i loro progetti prospettavano un governo d'alta nobiltà alleata con le corti sovrane. iniziò così la Fronda dei principi. scoppiò quindi la guerra civile che durò dal 1650 al 1653. bandito dal regno, Mazzarino fu costretto a rifugiarsi presso Colonia. la popolazione, provata dalla guerra civile e dalla carestia, vedeva ormai nella restaurazione dell'autorità monarchica la sola garanzia dell'ordine e della pace. il ritorno a Parigi del re e poi quello di Mazzarino sancirono la fine di questo periodo. nel 1654 ebbe luogo la cerimonia solenne della consacrazione di Luigi XIV a Reims. Mazzarino poté riprendere il processo di rafforzamento della monarchia e, grazie all'alleanza con l'Inghilterra di Cromwell, condurre al termine vittoriosamente la guerra contro la Spagna. la pace dei Pirenei del 1659 garantì alla Francia grandi possedimenti. Alla morte di Mazzarino (1661) Luigi XIV decise di governare senza appoggiarsi a personaggi come Richelieu e Mazzarino; egli limitò fortemente il potere della nobiltà, appoggiandosi a ministri che non provenivano dall’alta nobiltà, ma spesso (come Colbert) dalla cosiddetta “nobiltà di toga”. LuigiXIV si servì di funzionari, detti intendenti, ufficiali revocabili che rispondevano direttamente al re. L’assolutismo di Luigi XIV trovava comunque un limite nelle tradizioni di privilegi e immunità dei quali godevano persone e gruppi, sui quali il re non riusciva ad intervenire, nonostante i tentativi di centralizzazione. Egli mise in atto strategie (attraverso la pittura, la letteratura, il teatro, ecc.) che miravano a celebrare, anche in grandiose cerimonie pubbliche, la sua persona e il suo potere. Ad esempio, la grandiosa reggia di Versailles, costruita tra il 1661 e il 1689, dove il re si circondava di migliaia di cortigiani, che seguivano ogni momento della vita quotidiana del sovrano. La figura del sovrano è stata oggetto, fin dai decenni immediatamente successivi alla sua morte, di attenzione da parte di intellettuali e storici. Studi recenti hanno ridimensionato la sua figura. Durante il regno di Luigi XIV fu prestata particolare attenzione all’economia e alle finanze dello stato. Colbert fu nominato nel 1665 controllore generale delle finanze e cominciò a combattere gli sprechi e le speculazioni ai danni dello stato. La politica economica di Colbert (detta “colbertismo”)fu una politica mercantilista: protezionismo, creazione di manifatture a capitale pubblico, miglioramento delle reti di comunicazione, sostegno dello stato alle compagnie coloniali. La sua politica riuscì a risanare in parte le finanze, combattendo coloro che si sottraevano al pagamento delle tasse. Ma, alla riduzione delle imposte dirette, ha fatto riscontro un incremento di quelle indirette. La sua politica è stata criticata per la scarsa attenzione all’agricoltura.Il ventennio colbertiano non diede grandi risultati nell’immediato . Il primo problema con il quale Luigi XIV dovette confrontarsi fu la diffusione del giansenismo, una corrente spirituale e culturale del teologo Giansenio. egli affermava, sulla base del pensiero agostiniano, che per effetto del peccato originale l'uomo è per sua natura schiavo delle cose terrene e incapace di volgersi a Dio. solo la grazia può dare all'uomo la volontà e la forza di fare il bene, ma la grazia è concessa da Dio solo a coloro che egli vuole salvare. da questa dottrina deriva l'opposizione al sistema proposto dal gesuita Molina, il cosiddetto molinismo, che ridimensionava gli effetti del peccato originale riconoscendo comunque all'uomo una qualche capacità di fare il bene. da queste concezioni derivarono esperienze di profondo rinnovamento spirituale, che spesso portavano i cosiddetti solitaires al ritiro dal mondo per vivere nella solitudine, nella preghiera, nella penitenza e nello studio. il giansenismo fu considerato da Luigi XIV un pericoloso elemento di divisione del cattolicesimo. un primo tentativo di imporre ai giansenisti il rifiuto delle dottrine si concluse nel 1668 con una tregua, perché si profilava il conflitto con Roma a proposito della regalia, ovvero del diritto dello stato di ricevere le entrate delle diocesi rimaste vacanti. Luigi XIV estese questo diritto, già riconosciuto nelle diocesi settentrionali, anche a quelle meridionali, suscitando la protesta del Papa Innocenzo XI. la crisi fu risolta con un compromesso: i 4 articoli che esponevano i principali fondamenti del gallicanesimo rimasero validi come base del gallicanesimo, e il papa accettò le nomine dei vescovi di Luigi XIV. in questi anni il sovrano affrontò anche il problema della minoranza calvinista. il 17 ottobre 1685, con l'editto di Fontainebleau, Luigi XIV revocò l'Editto di Nantes in quanto la maggioranza dei calvinisti si era ormai convertita. gli ugonotti lasciarono la fatto vi fu tolleranza verso i dissidenti. questa linea fu condivisa da Carlo II. il Parlamento continuava a condizionare sul piano finanziario l'azione del nuovo sovrano. il Parlamento considerava con sospetto la propensione di Carlo per il cattolicesimo e si preoccupò perciò di stabilire con una serie di provvedimenti precisi limiti all'azione del monarca: nel 1673 approvo il Test Act, obbligando tutti i funzionari civili e gli ufficiali a giurare fedeltà alla chiesa anglicana, escludendo i cattolici. nel 1679 votò l’Habeus Corpus Act, che mirava a impedire arresti arbitrari da parte del re stabilendo regole precise a garanzia di coloro che erano accusati di un reato. la preoccupazione del Parlamento si rivolgeva anche alla successione al trono, in quanto Carlo non aveva figli e il fratello Giacomo era notoriamente cattolico. in questi anni che si diffusero i tories e whigs, i diversi orientamenti politici all'interno della Camera dei comuni. i primi consideravano la monarchia sacra e di origine divina ed erano legati alla tradizionale struttura della chiesa anglicana ,i secondi rivendicavano la centralità del parlamento. L'ascesa al trono di Giacomo II acuì il conflitto con il Parlamento. il re accrebbe l’esercito e vi immise molti ufficiali cattolici. nel 1687 sospese le sanzioni penali previste dal Test Act. il 10 giugno 1688 nacque a Giacomo un erede maschio, il futuro Giacomo III, allevato nella religione cattolica; lo spettro di una dinastia Cattolica spinse i capi dei due partiti a rompere gli indugi. Guglielmo d'Orange, marito della prima figlia di Giacomo, Maria, sbarcò in Inghilterra nel novembre mentre Giacomo fuggiva in Francia. Il Parlamento considerò questa fuga come una rinuncia alla corona, e dichiarando il trono vacante chiamò a regnare insieme Guglielmo III e Maria. il Parlamento approvò un Bill of Rights che i sovrani si impegnano a rispettare: il testo rendeva impossibile la ripresa di una politica assolutistica. il Triennal Act impose l'obbligo di eleggere il Parlamento almeno ogni tre anni e un Act of Settlement stabilì l'ordine di successione al trono escludendo la linea Cattolica. si compiva così la seconda rivoluzione inglese, definita Glorious Revolution perché priva di spargimento di sangue. Gli sviluppi della lotta politica nel corso del 700 avrebbero orientato i rapporti fra potere esecutivo e legislativo verso il modello del regime parlamentare. Locke diede la giustificazione teorica della monarchia costituzionale instaurata dalla gloriosa rivoluzione e pose nel contempo le basi del pensiero liberale . Luigi XIV aveva condotto una politica estera che lo aveva di fatto isolato nel contesto europeo. Contro di lui si mossero dunque le potenze europee, dando luogo alla cosiddetta guerra dei nove anni (1688-1697).Quando, durante il conflitto per le regalie, il papa nominò vescovo di Colonia il candidato imperiale e non quello indicato da Luigi XIV, questi ruppe gli indugi e invase con le truppe il territorio del vescovato e il Palatinato. si formò allora un'ampia coalizione comprendente, oltre ai membri della lega di Augusta, Guglielmo d'Orange re d'Inghilterra, vari principi tedeschi e Vittorio Amedeo II Duca di Savoia. la Francia era accerchiata e poteva essere attaccata su tutti i fronti. Luigi XIV subì una grave sconfitta dalla flotta inglese. Fallì anche il sostegno dato al tentativo di Giacomo II di recuperare la corona inglese. per alleggerire la pressione militare Luigi XIV decise di abbandonare il fronte italiano e Vittorio Amedeo II uscì dalla coalizione. alla fine si giunse alla pace di Ryswick nel 1697, con la quale Luigi XIV dovette restituire tutti i feudi e le città occupate con la politica delle camere di riunione e dovette riconoscere la legittimità dell'ascesa al trono inglese di Guglielmo III. La guerra dei Nove anni di fatto però non chiuse le ostilità tra gli stati europei che sarebbero riprese a breve. La pace di Ryswick fu avvertita da tutti come una tregua, ma già si poneva il problema della successione sul trono spagnolo. potevano accampare diritti sulla corona spagnola sia l'imperatore Leopoldo I sia Luigi XIV, i quali avevano entrambi sposato una sorella del re: nel primo caso si sarebbe ripristinata la situazione del tempo di Carlo V, la seconda ipotesi era contrastata da Olanda e Inghilterra. si raggiunse un accordo sul figlio dell'elettore di Baviera, che però morì poco dopo. a questo punto la corte di Madrid chiese a Carlo II una soluzione che salvasse l'unità dell'impero; così poco prima della morte, avvenuta il primo novembre 1700, il re nel suo testamento nominò erede il pronipote di Luigi XIV, il duca d'Angiò, con il nome di Filippo V, a condizione che si impegnasse a rinunciare a ogni pretesa sulla corona francese. l'Austria stipulò con Olanda e Inghilterra un’alleanza, alla quale si aggiunsero la Danimarca e molti principi tedeschi, tra cui l’elettore di Brandeburgo, che in cambio si vide riconosciuto dall’imperatore il titolo di re di Prussia. A fianco della Francia e della Spagna si schierarono l'elettore di Baviera, il duca di Mantova, il Portogallo e il Ducato di Savoia. La guerra fu dichiarata il 15 maggio 1702 e si combatté in Italia, nelle Fiandre, in Germania e nel Mediterraneo. la coalizione antifrancese fu rafforzata nel 1703 dall’adesione del Portogallo e del Duca di Savoia. Delle sconfitte delle forze franco-ispaniche approfittò la Catalogna, che ancora una volta insorse, permettendo alle truppe anglo-austriache di insediare a Barcellona come re di Spagna, con il nome di Carlo III, il secondo figlio di Leopoldo. La situazione cambiò per due eventi decisivi. In Inghilterra, dove alla morte di Guglielmo d'Orange era salita al trono all'altra figlia di Giacomo II, Anna Stuart, vinse le elezioni il partito Tory, incline a esaudire il desiderio di porre fine alle enormi spese che comportava la guerra. In Austria morì nel 1711 il primo figlio di Leopoldo, Giuseppe I, succeduto al padre, per cui il secondo figlio, re di Spagna, divenne anche imperatore con il nome di Carlo VI. Olanda e Inghilterra avviarono con la Francia le trattative che portarono alla pace di Utrecht. l'imperatore proseguì la guerra ma non poté superare da solo la forza militare francese per cui l'anno seguente firmò il trattato di pace di Rastadt. Con questi trattati fu confermato l'avvento dei Borbone al posto degli Asburgo sul trono di Madrid con Filippo V, ma fu ribadito l'impegno a tenere separate per sempre le due corone di Francia e Spagna. notevole fu l'ingrandimento dell'Austria, che ottenne i Paesi Bassi spagnoli, e in Italia lo stato di Milano, il Ducato di Mantova, la Sardegna, il Regno di Napoli e lo stato dei presidi. il duca diSavoia ebbe la Sicilia, che gli conferì il titolo regio. La pace sancì il trionfo dell'Inghilterra, che si garantì il possesso di Gibilterra e di Minorca e in America ebbe dalla Francia l'Isola di Terranova e la regione fra San Lorenzo e la Nuova Scozia. furono notevoli i vantaggi economici. Con le Paci di Utrecht e Rastadt si fece strada la comune convinzione che fosse necessario garantire in Europa una bilancia dei poteri che impedisse il ripetersi di aggressive politiche volte a stabilire l'egemonia di uno Stato. si affermò così il principio dell'equilibrio, che rappresentò fino alla rivoluzione francese la base delle relazioni internazionali e fu ripreso al Congresso di Vienna. Filippo V tentò immediatamente di dare una svolta alle condizioni del suo regno. L’Aragona e la Catalogna, che si erano schierate con il pretendente austriaco, furono private delle loro tradizionali autonomie. la politica di Filippo fu fortemente condizionata da Elisabetta Farnese, la quale spinse il marito a un’aggressiva politica antiaustriaca e portò alla carica di Primo Ministro il suo uomo di fiducia, il quale organizzò macchinosi piani diplomatici contro l'Austria e l'Inghilterra. la risposta all'iniziativa spagnola fu la formazione della quadruplice Alleanza fra Austria, Inghilterra, Olanda e Francia. con la pace dell'Aia del 1720 il duca di Savoia dovette scambiare la più ricca Sicilia, data all'Austria, con la Sardegna, che gli consentì di mantenere il titolo regio. Filippo V fu costretto a licenziare il primo ministro. La guerra dei 30 anni aveva posto fine al progetto degli Asburgo di creare nel Sacro Romano Impero un forte potere federale. la corona imperiale conservava ancora un notevole prestigio come punto di riferimento dell'identità tedesca. gli Asburgo possedevano all'interno dell'impero i domini ereditari della casata, e la corona, resa ereditaria nel 1627, del regno di Boemia. fuori dei confini del Sacro Romano Impero era invece il regno di Ungheria, anch'esso divenuto ereditario, ma dominato da un'aristocrazia gelosa custode dei propri privilegi e delle autonomie della corona di Santo Stefano. con la guerra di successione spagnola la monarchia austriaca ottenne i Paesi Bassi spagnoli e si sostituì alla Spagna come potenza egemone in Italia. l'impero d'Austria assunse agli inizi del Settecento le dimensioni di una grande potenza, della quale Vienna divenne una degna capitale. Tuttavia si trattava di territori generalmente ancora arretrati. Il principe Eugenio di Savoia suggerì a Carlo VI che, per accrescere le risorse finanziarie e la forza militare, sarebbe stato necessario fare della sua monarchia un tutto unico. si trattava però di un programma di difficile realizzazione, anche perché Carlo, non avendo ancora avuto figli, doveva affrontare il problema della successione. lo fece nel 1713 promulgando la Prammatica Sanzione, nella quale affermò la indivisibilità dei domini asburgici e stabilì l'ordine di successione al trono. Era questo un ulteriore motivo di indebolimento. Nel corso del Seicento la situazione in Polonia era particolarmente complessa, sia per le divisioni sociali interne, sia per le ingerenze straniere, che miravano a controllare e ad acquisire territori del regno e la stessa corona. Un elemento rilevante era il potere della nobiltà e le gravi condizioni della popolazione contadina, che portarono a rivolte e crisi economiche. Nel 1655 il re svedese Carlo X Gustavo invase il territorio polacco e costrinse il re Giovanni Casimiro, il quale aveva tentato di rafforzare l’autorità monarchica, suscitando una guerra civile (che poi lo costrinse ad abdicare nel 1688), a fuggire. Sull’orlo della disgregazione, la Polonia fu salvata dalla sollevazione della popolazione contro gli invasori e dall’intervento contro la Svezia della Danimarca, dell’imperatore Leopoldo e dell’elettore del Brandeburgo. Con la pace firmata a Danzica, la Polonia cedette alcuni territori e rinunciò alle sue prerogative feudali sul ducato di Prussia, riconoscendone la piena sovranità all’elettore del Brandeburgo. Tutto ciò avviò la Polonia verso un processo di progressivo decadimento. La Svezia, dopo la pace di Vestfalia (1648) ebbe un periodo di sviluppo territoriale, espandendosi sulle coste del mare del Nord. Figura importante fu Cristina di Svezia, figlia di Gustavo II Adolfo, che si interessò più di dogmatico. Gli illuministi concepivano la ragione come metodo di analisi. Da qui il carattere antisistematico della filosofia dei lumi. Il filosofo è un intellettuale militante, che non persegue un sapere fine a se stesso, ma cerca soluzioni ai mali del suo tempo, avendo di mira l'utilità e la felicità comuni. la filosofia deve porsi l'obiettivo di realizzare la maggiore felicità possibile per il maggior numero possibile. L'età dei lumi fu animata da una profonda fiducia nello sviluppo della civiltà: un'immagine centrale nel pensiero degli illuministi è la luce della ragione che avrebbe scacciato le tenebre dell'ignoranza e della superstizione, che avevano dominato fino ad allora la storia dell'umanità. maturò una decisiva evoluzione dell'idea di progresso, concepita dall'illuminismo come ritorno in auge dell'antichità classica. I filosofi si sentivano parte di una comunità universale di spiriti liberi, superiore alle distinzioni politiche e le identità nazionali. essi si impegnarono perciò a favorire una più ampia circolazione delle nuove idee. molto importante fu la diffusione della stampa periodica, che trovò in Inghilterra i suoi modelli migliori. Accanto alle gazzette letterarie comparvero giornali impegnati a divulgare in un pubblico più ampio la nuova cultura. Veicoli di diffusione dei principi illuministici furono le accademie, i salotti letterari, e anche la Massoneria, società segreta diffusasi dall'Inghilterra in tutto il continente nel corso del Settecento . Il pensiero dei lumi perseguì il progetto di ridurre la morale, ovvero l'insieme delle norme che regolano i comportamenti umani, a una scienza dimostrativa, nella fiducia che l'analisi della struttura biologica e psicologica dell'uomo consenta di individuare i meccanismi che determinano le sue scelte. a dirigere l'uomo sono soprattutto le sensazioni di piacere o di dolore che egli riceve dal contatto con la realtà, per cui egli tende naturalmente a cercare le prime e ad evitare le seconde. Gli illuministi rivendicarono l'autonomia della morale, dell'arte e della politica dalla religione, affermando che ogni aspetto della realtà doveva essere volto all'utilità e alla felicità degli individui e della società. questa prospettiva non comportava una negazione della sfera religiosa, ma solo una netta distinzione dei rispettivi ambiti di competenza. la cultura dei lumi espresse rispetto al problema della religione posizioni molto diverse. Dominò in generale il deismo, orientamento di pensiero che portava il riconoscimento dell'esistenza di Dio, come creatore e ordinatore del mondo, solo attraverso la ragione. Era una religione a base naturale e razionale, che criticava il dogmatismo delle religioni positive, la magia, le superstizioni, i riti e le cerimonie. netta era anche la condanna delle guerre di religione. La critica delle religioni rivelate fu sviluppato dai liberi pensatori inglesi come Anthony Collins e John Toland. In Italia a queste correnti di pensiero si ricollegarono Alberto Radicati di Passerano e Pietro Giannone. In Francia ambienti di orientamento ateo e materialista diffusero una letteratura clandestina che dipinse la religione come un'impostura dei preti. Un'aspra critica della religione fu promossa dal Barone d'Holbach. Più interessante è la concezione materialistica alla quale è approdato Diderot, il quale concepì la natura come dotata di una forza immanente, volta alla creazione di sempre nuove forme di vita, concetto che prefigurava la teoria dell'evoluzione biologica della specie, compresa quella umana, concepita intorno al 1800 da Lamarck. Importanti furono in età illuminista gli sviluppi nell’analisi delle dinamiche economiche. Nel corso del Settecento si svilupparono teorie in forte contrasto con il mercantilismo. Si sviluppò la fisiocrazia, il cui esponente di maggior rilievo fu Quesnay. Secondo i fisiocratici, perché il prodotto netto fornito ogni anno dall'agricoltura raggiunga il massimo livello occorre che la terra sia coltivata in aziende compatte, gestite da un fittavolo, che prende in affitto la terra dal proprietario e vi investe dei capitali; i lavoratori di questa azienda non hanno alcun legame con la terra ma sono dei salariati, il che evidenzia che siamo di fronte a un modello precapitalistico. i fisiocratici consideravano invece negativamente la piccola proprietà contadina. Quesnay elaborò un quadro economico che ricostruiva la rete di scambi fra i vari gruppi protagonisti dell'economia: la prima classe è costituita dai proprietari della terra; gli agricoltori formano una classe produttiva; alla classe sterile, le cui attività, pur essendo utili, non producono ricchezza, appartengono artigiani, manifatturieri e commercianti. Come avrebbe dimostrato poi Adam Smith, non è vero che la trasformazione delle materie prime non crea ricchezza. la vera misura del valore è la quantità di lavoro impiegato. i fisiocratici perseguivano un modello liberista. il liberismo mostrava l'errore implicito nella teoria del commercio estero adottata dalla politica mercantilistica: è impossibile infatti che la bilancia commerciale di un paese possa essere permanentemente attiva, in quanto l’afflusso di metalli preziosi dall'estero determina un aumento dei prezzi e rende meno competitivi i prodotti mentre, all'inverso, lo stato che ha ceduto parte dei suoi metalli preziosi per finanziare le proprie importazioni va incontro, a causa della diminuzione della circolazione monetaria, a un calo dei prezzi che rende più competitive le sue merci. L'opera più importante di Montesquieu è “Lo spirito delle leggi”, che rappresenta un vero manuale della politica settecentesca. Montesquieu assunse un atteggiamento relativistico di fronte alle forme di governo presenti nel suo tempo o realizzate nel corso della storia: non si tratta di valutare quale sia la migliore, ma solo di analizzare scientificamente le condizioni che ne hanno determinato la nascita, lo sviluppo e la fine. Montesquieu modifica la tradizionale teoria formulata da Polibio che distingueva le forme di governo in base al numero dei detentori del potere: uno (monarchia), i migliori (aristocrazia), il popolo (democrazia), e prevedeva anche le rispettive degenerazioni: tirannide, oligarchia e oclocrazia. Per Montesquieu, invece, i governi sono essenzialmente tre: repubblicano, monarchico e dispotico. Egli esamina ciascuna forma come un meccanismo, del quale occorre esaminare gli ingranaggi e le molle che lo fanno muovere e che, deteriorandosi, ne provocano la decadenza. I tre tipi di regime si differenziano anche per la dimensione territoriale: la repubblica è adatta a piccoli territori, la monarchia ai medi e il dispotismo alle grandi estensioni. Quanto al modello repubblicano, Montesquieu ne evidenzia la crisi: le poche repubbliche sopravvissute vivevano nel culto di un passato comunale ormai anacronistico. Il quadro politico settecentesco era incentrato sulla contrapposizione fra monarchia moderata e dispotismo. come modello di monarchia fondata sulle leggi Montesquieu poneva la costituzione dell'Inghilterra affermatasi con la gloriosa rivoluzione del 1688: in essa la libertà, intesa come sicurezza, ovvero come garanzia per ciascuno della propria vita e dei propri beni, era fondata sulla separazione dei tre poteri. Tuttavia Montesquieu non comprese appieno la realtà politica dell'Inghilterra. Il costituzionalismo di matrice lockiana era declinato da Montesquieu in chiave aristocratica. Montesquieu riteneva l'assolutismo del Re Sole esiziale per le sorti della Francia e dell'Europa, tanto da considerare positivo il fallimento dei suoi progetti espansionistici . Rousseau fu il principale esponente del filone democratico radicale. Egli non criticava il regime, ma esprime un radicale rifiuto della stessa società, la quale aveva irrimediabilmente corrotto l'uomo, rendendolo egoista e malvagio. alla civiltà dell'Europa settecentesca Rousseau contrapponeva i semplici costumi dell'uomo primitivo che, libero da ogni vincolo, anche familiare, non aveva che pochi bisogni ed era guidato solo dall'istinto. Rousseau negava quindi il valore positivo dello sviluppo delle conoscenze, delle scienze e delle arti: la vera filosofia era per lui la semplicità e la naturalezza dell'uomo primitivo, quella originaria virtù che aveva perduto unendosi ai suoi simili in una società fondata sulla proprietà, e quindi sulla disuguaglianza. egli era convinto che, dopo la nascita della società, fosse impossibile per l'uomo recuperare l'innocenza e la semplicità delle origini. era possibile tuttavia elaborare razionalmente un modello di società nel quale gli individui, pur sottomettendosi a una legge comune, conservassero la loro originaria libertà. egli riprese il modello contrattualistico in una prospettiva diversa rispetto a Locke. Rousseau giudicava negativamente questa sfera di autonomia e di libertà, nella quale si forma la disuguaglianza, fondata sul diritto di proprietà, principale responsabile dei mali del vivere civile. nel contratto sociale gli individui devono cedere tutti i loro diritti allo stato, perché solo questa condizione garantisce l'eguaglianza. in questa situazione, infatti, tutti gli individui si sottomettono interamente alla legge ma obbediscono alle regole che essi stessi si sono dati. Rousseau giudicò negativamente il regime dell'Inghilterra: gli inglesi solo nel momento delle elezioni godevano della libertà, della quale facevano un pessimo uso, subito dopo tornavano ad essere schiavi. Rousseau, nella sua grande opera pedagogica, l’Emile, delineò un modello educativo volto a preservare il fanciullo dall'influenza della società e a favorire lo sviluppo del sentimento e della fantasia, la formazione libera e spontanea della sua personalità, in accordo con i dettami della natura. l'importanza attribuita al sentimento religioso erano ulteriore motivo di distacco rispetto ai filosofi. Rousseau pensava a una religione civile, semplice e senza dogmi, senza templi e senza altari, a base razionale e naturale. Si è molto discusso sull'interpretazione del pensiero rousseauiano: egli, con il rifiuto della fede del progresso, l'esaltazione dell'amor di patria contro il cosmopolitismo illuministico, la rivalutazione delle passioni e del sentimento, dello stesso sentimento religioso non si pose fuori dalla cultura dei Lumi? Restava ben fermo nel suo pensiero lo schema di fondo della civiltà dei lumi però: la missione degli intellettuali di guidare i propri simili verso la felicità. La maggior parte degli illuministi, fra 1760 e 1785, considerò la monarchia assoluta come il solo regime che avrebbe potuto realizzare i progetti di riforma che essi avevano elaborato. ai fini del progresso della società i filosofi ritenevano essenziale innanzitutto colpire le due forze che non sta colavano lo sviluppo economico e la modernizzazione: i tiranni subalterni, i nobili e i signori feudali, proprio quei corpi intermedi che Montesquieu considerava invece il baluardo della libertà, e la potenza politica ed economico sociale della Chiesa. Per questo gli illuministi sostennero la monarchia assoluta. A partire dal 1780 la fiducia illuministica nel progresso della civiltà andò dalla rivoluzione industriale non si è più fermato, ed è proseguito a un ritmo accelerato, determinando un crescente squilibrio fra le aree che ne sono state investite e la restante parte della terra, definita per questo sottosviluppata. La rivoluzione industriale ha avuto quindi un carattere dirompente poiché ha determinato fra le diverse zone del pianeta uno squilibrio enorme nello sviluppo dell'Economia e nei livelli di reddito. un dislivello di tali proporzioni, che ancora caratterizza il mondo attuale, non è riscontrabile in nessuna dell'età precedenti del corso storico. La storiografia ha da tempo posto al centro delle ricerche le cause dello squilibrio a livello mondiale determinatosi a partire dalla rivoluzione industriale. Ci si è chiesti anche perché le innovazioni tecniche furono introdotte in Inghilterra mentre, ad esempio in Cina, in tanti aspetti molto più avanti dell'Occidente, si fermò e non proseguì nello sviluppo tecnologico. sicuramente pesarono la fragilità istituzionale, la struttura gerarchica della società e sul piano culturale la convinzione della propria superiorità, ma vi furono anche ragioni economiche. In Cina come in India non era conveniente investire nelle innovazioni, che erano invece assai proficue in un'economia dai salari alti come quella inglese. CAPITOLO 24: “LA SUPREMAZIA DELLA GRAN BRETAGNA L’Inghilterra fu nel Settecento uno dei protagonisti della politica internazionale. Il principio di equilibrio che aveva caratterizzato gli accordi seguiti alla guerra di successione spagnola aveva favorito gli interessi inglesi. Il controllo esercitato dall’Austria sui Paesi Bassi riduceva la concorrenza all’Inghilterra in ambito commerciale. Grazie all’alleanza con Danimarca e Portogallo l’Inghilterra poteva agire per consolidare la sua espansione marittima. Dopo il regno di Anna (1702- 1714), figlia di Giacomo II, con Giorgio I la casata di Hannover sale sul trono d’Inghilterra, grazie all’Act of Settlement. Nel 1707 si compì l’unione parlamentare e amministrativa tra Inghilterra e Scozia. Vi fu in Scozia una rivolta (1715) contro la corona inglese perché la Scozia rivendicava il diritto al trono degli Stuart, anche nella discendenza cattolica, poiché la Scozia era per la maggior parte calvinista, e quindi inquieta all’annessione con l’Inghilterra anglicana. Fautori della rivoluzione erano i giacobini, che appoggiavano il pretendente al trono James Francis Edward Stuart. La rivolta fu duramente repressa. Protagonista indiscusso di questo periodo fu Robert Walpole, un esponente della gentry. Egli diede uno sviluppo importante al sistema parlamentare. I tories erano prevalentemente proprietari fondiari e quindi legati agli interessi della nobiltà terriera; i whigs erano invece più vicini al mondo degli affari e del commercio .Il periodo in cui Walpole fu al governo fu caratterizzato da un forte sviluppo del commercio e delle manifatture. L’Inghilterra godeva di una situazione molto più avanzata rispetto alle altre monarchie, poiché faceva ampio ricorso al credito, soprattutto dopo l’istituzione nel 1694 della Banca d’Inghilterra, cui fece seguito l’anno dopo la creazione della Banca di Scozia. In politica estera Walpole cercò un’intesa con la Francia, con l’intento di tenere fuori dai conflitti la Gran Bretagna. Alla morte di Luigi XIV (1715), a causa della minore età del pronipote Luigi, che sarebbe divenuto re con il nome di Luigi XV, il Parlamento attribuì a Filippo d’Orléans la reggenza. Durante la reggenza di Filippo d’Orléans si assistette inizialmente a una ripresa del potere dell’aristocrazia e del Parlamento, così come ad un clima che tollerava anche la pubblicazione (spesso però clandestina) di opere che esprimevano libertà intellettuale e di costumi. Filippo d’Orléans decise di affidare il risanamento delle finanze dello stato, stremato dell’enorme debito pubblico creato da Luigi XIV, al finanziere scozzese John Law (1671-1729), nominato controllore generale delle finanze. John Law per il risanamento delle finanze contava su alcuni punti, tra cui far circolare carta moneta, creare una Compagnia (detta delle Indie) che doveva avere tra gli azionisti i detentori di titoli di debito pubblico, riformare il sistema fiscale introducendo un’unica imposta fondiaria. Il progetto di Law causò perdite ingenti per gli investitori, ma in fondo fu un guadagno per lo stato, che cancellò così molti dei suoi debiti. Nonostante ciò, il suo progetto fallì e Law dovette lasciare la Francia alla fine del 1720. Dopo il raggiungimento della maggiore età di Luigi XV (1723) e la morte di Filippo di Orléans, il sovrano si appoggiò al cardinale de Fleury, che ricercò la pace, dando spazio ad uno sviluppo economico e ad una particolare espansione del commercio coloniale. Fleury confermò la linea antigiansenista adottata da Luigi XIV: nel 1730 la bolla Unigenitus fu dichiarata legge dello Stato, nonostante l’opposizione del Parlamento. Tale periodo di pace durò pochi anni: si aprì infatti la guerra legata sul problema della successione sul trono di Polonia. La guerra di successione polacca riaprì un periodo di guerre, che si spostarono però dai territori polacchi verso altre aree, in particolare l’Italia. La Dieta elesse il suocero del re di Francia, Luigi XV, come nuovo sovrano, ma Austria, Russia e Prussia indicarono il figlio del re, Federico Augusto, quale erede al trono. La Francia intervenne per difendere Stanislaw Lecszcsynski, opponendosi all’esercito russo che aveva occupato Varsavia e Danzica. La guerra si concluse con la fuga di Lecszcsynski e la vittoria dell’esercito russo, che impose Federico Augusto con il nome di Augusto III. Risolta la situazione polacca, la guerra si spostò in Italia, trasformandosi in un conflitto franco-asburgico. La Francia reagì formando una coalizione contro l’Austria con il di Sardegna, Carlo Emanuele III, e con la Spagna di Filippo V .Carlo di Borbone conquistò i Regni di Napoli e di Sicilia, mentre Carlo Emanuele entrò a Milano. Fu la pace di Vienna (1738) a stabilire la situazione italiana: il duca di Lorena sarebbe succeduto ai Medici nel Granducato di Toscana dopo la morte dell’ultimo esponente della casata (1737); l’Austria acquisì i ducati di Parma e Piacenza; Emanuele III di Savoia ebbe alcuni territori del ducato di Milano (Tortona e Novara); fu riconosciuta la sovranità dei Borbone nei regni di Napoli e Sicilia. La pace fu di breve durata perché nel 1740 la morte dell'imperatore Carlo VI aprì la questione della successione sul trono austriaco. il re aveva negoziato con i principali stati europei la prammatica sanzione che garantiva l'indivisibilità dei suoi domini, ma il potere della sua giovane figlia Maria Teresa fu contestato da più parti. si poneva il problema della corona imperiale, alla quale Maria Teresa, esclusa in quanto donna, pensava di fare leggere il marito Francesco Stefano di Lorena; inoltre negli stessi domini ereditari vigevano norme diverse, che in alcuni casi escludevano la possibilità di una successione femminile. Pretese all'eredità austriaca furono avanzate dall’elettore di Baviera e dal re di Polonia. A prendere l'iniziativa fu il re di Prussia Federico II. egli, appena salito al trono decise di approfittare della difficile situazione per attaccare l'Austria senza dichiarazione formale di guerra. nel 1741 la Francia e la Baviera lanciarono l'offensiva; nel gennaio 1742 la dieta elettorale elesse come imperatore Carlo Alberto di Baviera: si interrompeva così la tradizione che dal 1434 aveva visto la corona imperiale costantemente assegnata agli Asburgo. anche la Spagna si schierò, poiché ambiva i possedimenti austriaci in Italia. Maria Teresa chiesa aiuta la nobiltà ungherese, in cambio del rinnovo dei suoi privilegi e della garanzia dell'autonomia amministrativa del regno. Maria Teresa poter contare anche sull'aiuto dell'Inghilterra, delle Province Unite e del Re di Sardegna. Nel 1745 la Francia ottenne nelle Fiandre una grande vittoria sull'esercito inglese. Nel contempo il governo di Londra dovette fronteggiare anche una rivolta stuardista in Scozia, dove era sbarcato, sostenuto dai francesi, Carlo Edoardo Stuart, detto il giovane pretendente. Egli riuscì a impadronirsi della Scozia, ma fu sconfitto nella battaglia di Culloden e dovette rifugiarsi in Francia. La morte di Carlo Alberto di Baviera nel 1745 e la conseguente elezione alla corona imperiale di Francesco Stefano crearono le premesse per la fine del conflitto, sancita dalla pace di Aquisgrana del 1748. Tra il 1756 e il 1763 si sviluppò un conflitto, noto come Guerra dei sette anni. Si tratta di una guerra che è stata definita il primo conflitto globale, in quanto la guerra dall’Europa si estese alle colonie. Il conflitto vide coinvolto Federico II, re di Prussia e una coalizione a lui avversa (Austria, Francia e la figlia di Pietro il grande, la zarina Elisabetta) e iniziò con l’invasione della Sassonia. L’Italia rimase estranea al conflitto e poté godere di un lungo periodo di pace. La guerra si intrecciò con la guerra coloniale fra Francia e Gran Bretagna, chiamata anche guerra franco-indiana, iniziata già nel 1754 e che ebbe uno svolgimento autonomo. In un primo momento Federico II riuscì a difendersi con straordinaria energia. Per la Gran Bretagna gli inizi del conflitto non furono favorevoli, ma la situazione cambiò con l'assunzione del ministero della guerra da parte di William Pitt. Grandi successi furono ottenuti con la conquista dell'intero Canada e con la sconfitta dei Francesi in India. La Francia perse anche nelle Antille e in Africa, con l'occupazione da parte della Gran Bretagna del Senegal. Anche la Spagna, entrata in guerra nel 1762 a sostegno della Francia, fu sconfitta. La situazione di Federico II si era fatta disperata. A salvarlo intervenne nel 1762 l'avvento al trono di Russia, dopo la morte della zarina Elisabetta, che gli era sempre stata ostile, di Pietro III, che uscì dal conflitto restituendogli i territori occupati. La defezione della Russia e l'uscita di scena di Pitt, costretto a dare le dimissioni, crearono le condizioni per i negoziati di pace, che portarono nel febbraio 1763 alla firma dei trattati di Hubertusburg fra Prussia e Austria e di Parigi fra Gran Bretagna e Francia. Il Trattato di Parigi determinò il passaggio dei domini francesi di Canada, Antille, Senegal, e delle sue basi coloniali in India all’Inghilterra. Passò inoltre all’Inghilterra anche il possedimento spagnolo della Florida. La Spagna, per compensare la perdita, ottenne dalla Francia, la Lousiana. L’affermazione di grandi potenze (quali Francia, Russa, Austria, Prussia, …) fu strettamente legata nel Settecento al rafforzamento degli apparati militari. Alcuni stati facevano ricorso a soldati stranieri. Si sviluppò la tendenza a nazionalizzare gli eserciti, sebbene rimangano ancora prevalenti(soprattutto nei ruoli di rilievo) i mercenari. Federico II il Grande introdusse innovazioni nella tattica militare dell’esercito II: egli promosse la libertà di culto a protestanti e ortodossi, così che anche essi potevano ricoprire impieghi pubblicie militari. Egli era mosso dal desiderio di servirsi di tutti i sudditi che potevano dare un utile contributo all’economia e all’amministrazione. Nel contempo egli avviò un drastico ridimensionamento del clero regolare, abolì monasteri e conventi, i cui beni furono destinati a sviluppare l’istruzione e l’assistenza. Egli intervenne anche a regolare aspetti del culto: il suo obiettivo era creare una chiesa nazionale ispirata a una religiosità semplice. Giuseppe II abolì la servitù personale dei contadini (1781) e promosse un catasto, per distribuire in modo più equo i carichi fiscali, non solo nel blocco austro-boemo, ma anche in Ungheria. Giuseppe II intervenne anche in merito all’amministrazione della giustizia, riformando nel 1787 il codice penale, abolendo la tortura, stabilendo pene uguali per tutti i sudditi, senza distinzione di rango o status.Il sovrano tentò anche di centralizzare il potere, volendo creare un corpo compatto e uniforme dei suoi domini, ma molte misure in questo ambito furono motivo di malcontento per un impero multinazionale. Alla sua morte l’Ungheria era agitata da venti di rivolta, i Paesi Bassi belgi erano insorti proclamando l’indipendenza da Vienna, in nome delle loro tradizioni calpestate dal centralismo austriaco. Il successore, Leopoldo II, fu costretto ad annullare molti dei provvedimenti presi dal fratello. In Russia, dopo la morte di Pietro il Grande e la successione di Elisabetta I e di Pietro III, salì al trono la moglie Caterina II. Caterina II, donna colta e in rapporti con molti illuministi, si ispirò al modello di sovrana illuminata, dando vita a progetti di riforma dell’istruzione e delle istituzioni culturali. Caterina II tentò una complessa riforma legislativa, ma la commissione che doveva provvedere alla sua redazione fu sciolta nel 1768. La zarina volle attuare una politica di risanamento delle finanze dello stato, iniziando con la confisca dei beni della Chiesa ortodossa. Un momento importante dell’età di Caterina II è legata alla rivolta di Pugačëv. La rivolta si estese la terra in cui si era originata, sino a coinvolgere un territorio assai ampio e molti contadini in fuga, operai delle fabbriche e delle miniere. Pugačëv fu catturato nel 1774, portato a Mosca, processato e giustiziato nel 1775.Caterina II dovette fare i conti con gli attacchi dell’impero ottomano. A tal fine promosse un’azione navale nel Mediterraneo, sconfiggendo le truppe ottomane (1770). Con la pace del 1774 ottenne il controllo di diversi territori, tra i quali (anche grazie a successive operazioni) la Crimea. Nel dicembre 1763, la Russia che aveva sottomesso la Polonia impose l'elezione di Stanislao II. il nuovo sovrano non intendeva essere uno strumento della politica russa e tentò di avviare un processo di modernizzazione. egli cercò anche di diffondere la cultura dei lumi, ma dovette scontrarsi con Caterina, ostile a ogni rafforzamento dello Stato polacco. la Russia impose con la forza delle armi la sua volontà e si accordò con Prussia e Austria per una spartizione del territorio polacco. Caterina ottenne gran parte della Bielorussia, Maria Teresa si annetté la Galizia e la Lodomiria, Federico II, occupando la Prussia occidentale poté finalmente congiungere la Prussia orientale al Brandeburgo. Danzica fu eretta in città libera. Dopo la spartizione, Stanislao Augusto proseguì coraggiosamente sulla via del rinnovamento, promuovendo una riforma del sistema educativo, una razionalizzazione del sistema fiscale, un rafforzamento dell'esercito, l'abolizione della tortura e della pena di morte per stregoneria. Caterina, decisa a fermare questo processo di ripresa della Polonia, intervenne militarmente e promosse con la Prussia una seconda spartizione, con cui Danzica divenne prussiana. i polacchi reagirono dando vita a una insurrezione nazionale. alla repressione dell'insurrezione seguì nel 1795la terza spartizione. la Polonia fa cancellata dalla carta geografica. Stanislao Augusto morì in esilio a Pietroburgo nel 1798. Anche la Danimarca aveva conosciuto un'evoluzione verso il regime assoluto. il Re Federico III trasformò la corona da elettiva in ereditaria. Federico poté promuovere importanti riforme, che limitarono le prerogative della nobiltà, rafforzarono l'amministrazione e creò un catasto delle proprietà, in base al quale fu stabilito un’imposta fondiaria. La Danimarca si tenne fuori dai conflitti europei. In questo periodo maturarono importanti novità nella struttura sociale. Le riforme furono attuate sotto il lungo regno di Cristiano VII, ma, essendo il sovrano demente, furono opera del principe ereditario Federico, poi re Federico VI. egli promosse una sorta di rivoluzione guidata dall'alto, che introdusse un'ampia tolleranza religiosa e la libertà di stampa, e modificò la struttura sociale del mondo rurale. A Carlo XII, morto senza eredi, successe la sorella Eleonora e poi, dopo l'abdicazione di questa, il marito tedesco Federico I di Assia-Kassel. gli stati obbligarono il nuovo re ad accettare una Costituzione che limitava il potere della monarchia e ripristinava le tradizionali prerogative della Dieta. ebbe inizio così l'era della libertà. Sotto il regno di Adolfo Federico la Svezia combatte nella guerra dei sette anni. la stanchezza per i ricorrenti contrasti fra le fazioni politiche favorì i disegni del successore, il figlio Gustavo III, di ripristinare il potere della monarchia. Egli impose una nuova Costituzione, che restituì al re la guida dello Stato; influenzato dalla cultura illuministica, Gustavo non ripristinò l'assolutismo e attuò importanti riforme. nella seconda parte del suo regno scontri con la Dieta lo indussero a dare una svolta in senso assolutistico al suo potere. l'odio profondo concepito dalla nobiltà fu la causa del suo assassinio. Il Portogallo conobbe una fase di ripresa sotto il regno di Giuseppe I grazie all'opera del Marchese di Pombal. egli era ostile alla filosofia dei lumi e adottò una politica autoritaria. un fallito attentato al re nel 1758 gli diede l'occasione di incolpare alcuni nobili, che furono giustiziati, e 12 Gesuiti, ritenuti gli istigatori della cospirazione. l'anno seguente la compagnia fu espulsa dal Regno. Pombalsi impegnò a riformare l'insegnamento, riorganizzò l'esercito e tentò di rilanciare la stagnante economia, promuovendo l'attività manifatturiera. ridimensionò il potere dell'Inquisizione, togliendole il diritto di emanare condanne capitali e limitando la persecuzione nei confronti degli ebrei convertiti. rilanciò la colonizzazione del Brasile. Alla morte di Giuseppe, Pombal uscì di scena. I tentativi di modernizzare la Spagna furono proseguiti da Carlo III che aveva conquistato i regni di Napoli e di Sicilia. alla morte del fratellastro, Carlo lasciò Napoli per assumere la corona di Madrid. Egli si circondò di collaboratori abili e in vario modo influenzati dal pensiero illuministico. la politica riformatrice dovette scontrarsi con l'opposizione della nobiltà e del clero. Il successo maggiore della politica ecclesiastica fu la cacciata dei Gesuiti, alla quale seguì una riforma dell'istruzione, ma per il resto si ebbero misure parziali e prudenti. Carlo III ridimensionò i poteri dell'Inquisizione, la quale rimase però forte. per migliorare l'agricoltura fu promossa la liberalizzazione del commercio dei grani e si stabilì la divisione delle terre comuni ai danni dei piccoli contadini. La Catalogna conobbe un notevole sviluppo. Per quanto riguarda l'impero coloniale, si tentò di razionalizzare l'amministrazione istituendo i due nuovi vice regni della Nuova Granada e del Rio della Plata. Crebbe l'importanza di Buenos Aires. nel 1790 ci fu la liberalizzazione del commercio coloniale. Sebbene estesasi a quasi tutta l’Europa, la stagione delle riforme dei sovrani illuminati lasciò gli stati in una situazione di estrema fragilità. A partire dal 1780 si resero evidenti molti limiti dei provvedimenti di riforma, in particolare per il persistere di privilegi e particolarismi. L’esempio della rivoluzione americana e il diffondersi di idee più radicali portò all’esaurirsi della stagione politica delle riforme . CAPITOLO 26: “L’ITALIA DEL SETTECENTO Con la firma della Pace di Aquisgrana, Carlo Emanuele III ottenne i territori che erano stati concordati nel precedente trattato di Worms: il Vigevanasco, l'alto Novarese e l'oltre Po pavese. Durante il lungo periodo di pace che seguì, il re si preoccupò di ridare impulso all'economia e di ridurre le imposte. Fece scavare canali di irrigazione, aprire strade, migliorare i porti di Nizza e di Villafranca. Fece inoltre completare il catasto, fondò a Torino una scuola di artiglieria e favorì lo sviluppo degli studi e delle arti liberali. Lo Stato Sabaudo manteneva una natura tipicamente signorile-feudale, ed era composto di quattro domini principali, ciascuno dei quali aveva istituzioni e tradizioni distinte. Quando salì al potere Vittorio Amedeo II dovette affrontare il problema dei rapporti con il suo potente vicino, la Francia. nel 1686 Luigi XIV gli impose di colpire la piccola comunità Valdese. l'attacco si trasformò in un massacro; due anni dopo, essendosi nel frattempo Vittorio Amedeo alleato con l'Inghilterra, i Valdesi poterono tornare nelle loro valli. Nella guerra di successione spagnola egli orientò le sue mire espansionistiche verso lo stato di Milano. Vittorio Amedeo stabilì nelle province dei rappresentanti del potere centrale con il compito di eseguire le visioni sovrane, di controllare e limitare i ceti privilegiati e poteri locali. egli creò una cassa unica delle Finanze e avviò un nuovo catasto delle proprietà fondiarie. furono istituiti il Consiglio di Stato, massimo organo di governo, e il consiglio generale delle Finanze. nel 1729 furono emanate le costituzioni, raccolta ordinata delle leggi vigenti per unificare la legislazione. Con dazi doganali e aiuti statali fu incentivato lo sviluppo delle manifatture. nei confronti della chiesa Vittorio Amedeo adottò un rigoroso giurisdizionalismo, rivendicando il diritto di nomina dei vescovi e intervenendo in attività come l'istruzione e l'assistenza, gestite in genere dal clero. egli promosse il rinnovamento dell'università di Torino e istituì la prima rete di scuole secondarie in Italia. il Regno di Sardegna fu il solo stato italiano ad avere un esercito in grado di competere con le grandi potenze europee. Nel corso del Settecento la Chiesa assunse un atteggiamento più moderato e stipulò diversi concordati con gli stati europei, tra i quali quelli con la Spagna nel 1737 e nel 1753.Prospero Lambertini, cardinale di Bologna, divenne papa con il nome di Benedetto XIV nel 1740 e ciò sembrò aprire una fase di apertura, seppur limitata, al pensiero europeo. Per condanna dei “riti malabarici e cinesi” da parte di Benedetto XIV si intende la condanna dei tentativi di conciliazione della dottrina cristiana con culture diverse (India, Cina). Molti stati intervennero per limitare il potere della Chiesa, ad esempio limitando le immunità del clero e riducendo le proprietà ampio programma di riforme e l'importanza dell'educazione nazionale. l'influenza del suo pensiero fu tale che si può parlare per tutto il movimento riformatore meridionale di scuola di Genovesi, anche se, gli illuministi degli ultimi decenni del secolo svilupparono in senso più radicale le sue idee. è questo il caso di Gaetano Filangieri. egli delineava uno stato riformatore impegnato a garantire l'uguaglianza di tutti davanti alla legge, a migliorare le condizioni delle classi produttive a favorire l'educazione della nazione attraverso l'istruzione gratuita e obbligatoria. Le aspettative legate all’ascesa al trono di Carlo III di Borbone erano molto alte, perché la situazione pareva poter consentire allo stato una propria autonomia e indipendenza. Carlo di Borbone realizzò inizialmente riforme importanti, come la redazione di un catasto e il concordato con la Santa Sede che consentiva di tassare gli ecclesiastici. Riemersero presto i privilegi locali, soprattutto quando Carlo lasciò Napoli per assumente la corona di Spagna come Carlo III, rendendo più stretti anche i legami con il regno. Con la maggiore età di Ferdinando IV la situazione progressivamente cambiò in quanto la regina Maria Carolina, figlia di Maria Teresa, esercitò tutta la sua influenza sul marito, pigro e ignorante, per rafforzare il legame della corte con l'impero d'Austria. Fu istituito un supremo consiglio delle Finanze. importanti risultati ottenne l'azione del vice rè Domenico Caracciolo in Sicilia, dove si giunse all'abolizione del tribunale dell'Inquisizione. con i beni confiscati agli enti ecclesiastici della Calabria si istituì una Cassa sacra nell'intento di favorire l'accesso alla proprietà dei contadini, ma la maggior parte della terra finì nelle mani di notabili locali e speculatori. Fra gli stati minori ricordiamo il Ducato di Modena, entrato nell'orbita di influenza dell'Austria. Un centro importante di iniziative riformatrice di diffusione del pensiero dei lumi fu il Ducato di Parma ,dove Filippo di Borbone chiamò al governo du Tillot, che espulse i gesuiti e abolì l'inquisizione, provvedimento che aprì un duro scontro con Roma. il successore Ferdinando cancellò tutte le riforme. Nell'Italia del Settecento esistevano ancora, ultimo residuo della civiltà comunale, alcuni stati repubblicani: le principali repubbliche sopravvissute erano Genova e Venezia, ben lontane ormai della ricchezza e della potenza di un tempo. consapevoli della loro fragilità questi stati adottarono un sostanziale immobilismo, volto a mantenere inalterati i delicati equilibri istituzionali sui quali si fondava il loro potere, nei rapporti internazionali scegliessero un atteggiamento di neutralità. Nel corso del Settecento apparvero sempre più evidenti i segni del declino della Repubblica di Venezia. Si delineò una tendenza alla concentrazione del potere nelle mani di una trentina di famiglie più ricche e influenti, le quali controllavano le magistrature che avevano un peso decisivo negli equilibri istituzionali: il consiglio dei dieci e i tre inquisitori di stato. il porto di Venezia risentì negativamente della concorrenza di Trieste, a cui gli Asburgo diedero lo status di Porto Franco. nel settore manifatturiero non mancò qualche importante novità. nel secolo della sua decadenza politica, Venezia, che era il primo centro editoriale della penisola, conobbe una stagione di straordinaria fioritura artistica e letteraria. La Repubblica di Genova restava esposta alle mire del suo principale nemico, il Regno di Sardegna. durante la guerra di successione austriaca la Repubblica decise di abbandonare il tradizionale atteggiamento di neutralità e, per difendere l'integrità territoriale dello stato, si schierò al fianco di Francia e Spagna. le truppe franco-spagnole furono sconfitte, per cui Genova si trovò completamente alla mercé dell'esercito imperiale. i patrizi si dimostrano incapaci di far fronte al pericolo e in pratica consegnarono la città al comandante austriaco. il popolo genovese insorse il 5 dicembre 1746 e dopo 5 giorni di combattimenti costrinse gli austriaci a lasciare Genova. l'insurrezione diede vita a un'Assemblea del popolo che però non riuscì a creare un potere alternativo al patriziato il quale, tornata la normalità, poté riprendere il controllo della situazione. nel 1768 Genova decise di cedere alla Francia con il Trattato di Versailles i suoi diritti sulla Corsica. A partire dal 1740 l’economia italiana superò la fase di depressione economica e si avviò ad un lento sviluppo. Si verificò un incremento demografico che si accompagnò ad un aumento della produzione agricola. Nonostante i miglioramenti in ambito agricolo, la società italiana rimase fortemente legata alle sue tradizioni; la proprietà fondiaria era per la gran parte in mano all’aristocrazia e alla Chiesa. Si accrebbe il processo di differenziazione tra Nord e Sud. Si diffuse uno stile di vita sempre meno condizionato dai precetti della religione, molto più libero e aperto. Attraverso i giornali, le accademie, i salotti, i teatri, le logge massoniche, si creò una rete di relazioni sociali che ridusse il distacco fra nobiltà e alta borghesia. Per contro, l’influenza del clero consolidò nella massa dei fedeli la religiosità tradizionale. Si creò così la distanza fra le classi alte e la massa della popolazione: un abisso culturale-sociale gravido di conseguenze per gli sviluppi futuri della storia nazionale. CAPITOLO 27: “LA RIVOLUZIONE AMERICANA Le 13 colonie inglesi si erano formate lungo un arco di tempo compreso fra gli inizi del XVII secolo eil 1732, anno di nascita dell'ultima di esse, la Georgia. le colonie avevano origini e caratteristiche molto diverse, anche perché l'Inghilterra non esercitò un controllo sulle varie ondate di emigrazione verso il nuovo mondo e lasciò spazio ai coloni nell'organizzazione dell'assetto interno degli insediamenti. la costituzione della compagnia della Virginia sulla base della concessione ricevuta da Giacomo I diede concreto avvio al primo stabile insediamento inglese in America. i padri pellegrini diedero vita nel 1620 al primo nucleo della colonia del Massachusetts, dove nel 1630 un gruppo di puritani fondò Boston. ebbe origine, nel 1621, la tradizione che ha portato all'istituzione del giorno del ringraziamento. dall'emigrazione puritana derivarono anche le colonie del New Hampshire e del Connecticut. queste colonie furono chiamate New England. la colonia di Maryland divenne all'inizio un rifugio di cattolici. New York, tolta agli olandesi nel 1664, divenne colonia regia nel 1682. Ci fu un grande incremento demografico dovuto alla crescita naturale e all’immigrazione dall'Europa. si trattava di una popolazione assai composita; l'eterogeneità della popolazione si accrebbe nel XVIII secolo quando dall'Europa arrivarono, oltre inglesi e scozzesi, anche irlandesi, olandesi e tedeschi. molti erano spinti a lasciare l'Europa dalla necessità di sottrarsi alle intolleranze religiose o alle persecuzioni politiche. Ma gli immigrati furono attirati soprattutto dalle opportunità di lavoro e dell’ampia disponibilità di terra che offriva il nuovo mondo. in gran parte provenivano dagli strati inferiori della società. L'incremento demografico si accompagnò a un notevole sviluppo economico. l'agricoltura era gestita da un ampio ceto di piccoli e medi proprietari terrieri e garantì il fabbisogno alimentare anche alle isole caraibiche. vi erano anche manifatture, soprattutto alimentari e cantieri navali. le città presentavano un articolato tessuto sociale comprendente lavoratori salariati, artigiani, professionisti, mercanti. le colonie centrali avevano una popolazione più composita e più intensa era l'attività commerciale e finanziaria, che rendeva queste colonie più ricche e urbanizzate. le 6 colonie meridionali coltivavano cereali, riso e indaco, ma vi erano soprattutto grandi piantagioni di tabacco, nelle quali lavoravano gli schiavi neri, i quali vivevano in condizioni molto dure. i proprietari di queste piantagioni formavano una sorta di aristocrazia simile alla gentry della madrepatria. la struttura della società era più gerarchica, ma anche qui non chiusa. La vita religiosa era largamente condizionata dalle origini delle 4 colonie. vi era quindi un panorama religioso variegato, poiché vigeva un'ampia libertà religiosa. molto importante fu tra il 1730 e il 1740 l'affermazione del grande risveglio, un movimento che valorizza, in ambito protestante, una religiosità interiore e personale. questa corrente religiosa si pose in conflitto con il rigido predestinazionismo della tradizione calvinista. il diffondersi di queste tensioni verso un risveglio spirituale conferì alla religiosità delle colonie un'impronta particolare, destinata a diventare una componente caratteristica dell'intensità americana. il risveglio non condannò la schiavitù, ma esortò il padrone a educare i loro schiavi e alleviò la condizione di abbrutimento nella quale vivevano i neri. sul piano culturale le colonie si distinguevano per l'alto tasso di alfabetizzazione, grazie alla notevole cura data all'istruzione primaria. Il Parlamento di Londra dettava con le sue leggi le regole del commercio in tutto l'impero e quindi anche alle colonie americane. l'atto di navigazione stabiliva che l'esportazione o l'importazione nelle colonie di qualsiasi merce dovesse avvenire su navi inglesi ed elencava i prodotti coloniali per i quali era lecito il commercio o lo scambio solo con la madrepatria o con altre colonie inglesi. l'autorità della madrepatria era rappresentata dal governatore, generalmente un inglese, nominato dal re. Questo era affiancato da un consiglio, di nomina regia. in tutte le colonie vi era un'assemblea rappresentativa nella quale sedevano i deputati eletti dalla popolazione. la monarchia perseguì l'obiettivo di rafforzare il proprio controllo sui possedimenti americani. Giacomo II perseguì un progetto di centralizzazione della direzione dell'impero cercando in particolari di eliminare i privilegi delle colonie statuarie, ma non poté portarlo a compimento. al successore Guglielmo III fu possibile solo imporre la presenza di un governatore di nomina regia. Tuttavia in Massachusetts, dopo un aspro conflitto che portò alla cacciata del procuratore del re, fu imposta una nuova carta che abrogò la norma in base alla quale avevano diritto al voto solo i membri della chiesa puritana. Guglielmo III creò il consiglio di commercio con il compito di coordinare le relazioni fra l'Inghilterra e le colonie. i governatori erano costretti a un'opera di contrattazione con le assemblee rappresentative che tendevano a estendere le proprie competenze rivendicando un potere legislativo, attribuendosi importanti competenze in campo finanziario e atteggiandosi a garante dei diritti della popolazione contro i pretesi abusi del potere. si determinò una situazione di endemica conflittualità. Ciò che soprattutto univa queste popolazioni alla madrepatria, a parte la lingua e la legislativo fu attribuito a un parlamento bicamerale, il Congresso, composto dal Senato e dalla Camera dei rappresentanti, composta di deputati eletti a suffragio censitario per due anni in misura proporzionale alla popolazione. il Senato era formato da due senatori per ciascuno stato, eletti per 6 anni dalle assemblee statali. al congresso furono attribuite estese competenze concernenti le finanze, il commercio, la difesa, la politica estera e la giustizia. Il potere esecutivo fu assegnato a un presidente, che univa in sé la figura di capo dello Stato e di capo del governo; egli era eletto per quattro anni ed era rieleggibile. Fu istituita una corte suprema che aveva il compito di verificare la legittimità costituzionale delle leggi federali e statali. La Costituzione entrò in vigore nel 1788 ed è tutt'ora la legge fondamentale degli Stati Uniti d'America. Oggi sono stati aggiunti in tutto 27 emendamenti al testo del 1787. i primi 10 rappresentano una dichiarazione dei diritti che elenca alcuni principi fondamentali. Come primo presidente fu eletto George Washington e a lui fu intitolata la capitale federale che si decise di erigere. Si era delineata una contrapposizione tra federalisti, favorevoli a un potere centrale, e antifederalisti, che privilegiavano l'autonomia dei singoli stati. Hamilton, il principale esponente del partito federalista, aveva una concezione elitaria della repubblica. anche se non è possibile ricollegare le posizioni dei federalisti a precisi interessi economico sociale, non c'è dubbio che essi ammiravano lo sviluppo dell'Inghilterra e prefigurano una società dinamica, grazie al potenziamento delle attività commerciali e finanziarie e dell'industria manifatturiera, protetta da dazi doganali. in politica estera i federalisti furono inclini a un riavvicinamento con l'Inghilterra e ostili alla Francia rivoluzionaria. l'opzione federale apparve a molti un tradimento dell'ispirazione originaria della rivoluzione e la struttura federale fu vista da molti come un potere dispotico. Questi orientamenti trovarono un'espressione nel 1791 nel partito antifederalista, che si chiamò repubblicano, per contrapporsi a un centralismo che sembrava riproporre i mali della monarchia. Principale esponente di questa corrente fu Thomas Jefferson, il quale sognava un'America rurale, semplice e virtuosa, fondata sulla libertà e sullo spirito di uguaglianza. era un ideale democratico radicato nei piccoli e medi proprietari. i repubblicani, fortemente critici nei confronti della società europea, e di quella inglese in particolare, erano portati a esaltare gli specifici valori della mentalità americana. Dopo la presidenza del federalista John Adams, i repubblicani riuscirono a far eleggere presidenti Thomas Jefferson e James Madison. Gli americani presero coscienza della profonda diversità dei loro valori e stili di vita rispetto al modello di relazioni sociali fondato su solide gerarchie precostituite. la società americana si presentava libera e aperta, caratterizzata da culture e religioni diverse. Non vanno però trascurati i limiti e le contraddizioni che hanno accompagnato fin dalle origini la lotta per l'indipendenza; bisogna osservare che termini come uguaglianza e democrazia vanno letti alla luce della particolare realtà della società americana: nonostante l'ispirazione egualitaria della loro ideologia, gli esponenti del partito repubblicano non si posero mai il problema di un allargamento del suffragio, né si può dimenticare che Jefferson era lui stesso un proprietario di schiavi. Colpiscono nella rivoluzione americana la totale rimozione del problema della schiavitù e la mancanza di ogni riferimento alla sorte delle popolazioni indigene. Ben poco fu fatto in concreto, perché la Costituzione limitò drasticamente la possibilità del Congresso di legiferare a riguardo. CAPITOLO 28: “LA RIVOLUZIONE FRANCESE: DALLA RIVOLUZIONE COSTITUENTE ALLA CADUTA DELLA MONARCHIA La causa immediata della rivoluzione francese fu una grave crisi finanziaria che obbligò la monarchia a convocare dopo 175 anni gli Stati Generali. il problema aveva radici antiche. molto pesanti per le classi popolari erano le imposte indirette. nel 1793 Luigi XVI nominò controllore generale delle finanze de Calonne, che nell'estate del 1786 elaborò un pacchetto di misure volte a risanare le finanze e rilanciare l'economia. non essendo possibile aggravare ulteriormente i contadini, occorreva far pagare almeno in parte le imposte a coloro che ne erano di fatto esenti. La personalità di Luigi XVI, influenzato dalla moglie Maria Antonietta e dagli ambienti reazionari di corte, non appoggiò mai con convinzione le riforme proposte dai suoi ministri. Il re, invece di comunicare alla nobiltà la propria volontà, la consultava nella speranza di ammorbidirne la prevedibile opposizione. Luigi XVI però fu costretto a licenziare Calonne e a nominare al suo posto Étienne Charles de Brienne, il quale non potè che riproporre la sovvenzione territoriale. Fu necessario presentare i decreti al parlamento di Parigi, il quale rifiutò di registrare la convenzione territoriale e si attribuì un ruolo costituzionale, ergendosi a custode delle leggi fondamentali del regno, che il re non poteva modificare. Luigi XVI decise di stroncare l'opposizione parlamentare facendo approvare una riforma della Giustizia che abolì il parlamento di Parigi. i provvedimenti suscitarono in provincia vivaci proteste, che degenerarono anche in tumulti. De Brienne si dimise dopo aver promesso la convocazione degli Stati Generali per il primo maggio dell'anno seguente. il re richiamo al governo Necker. Fu quindi l'aristocrazia che, paradossalmente, diede inizio alla crisi rivoluzionaria che avrebbe portato alla caduta dei suoi privilegi. i parlamenti richiamarono in vita gli Stati Generali come l'unico organo legittimato ad approvare nuove tasse. quando il Parlamento di Parigi affermò che gli Stati Generali avrebbero dovuto riunirsi sulla base della distinzione dei tre ordini, la sua popolarità crollò. il tradizionale conflitto fra monarchia e nobiltà perse rilievo e si impose invece il programma del terzo stato che, accantonate le polemiche contro l'assolutismo, mise sotto accusa l'egoismo dei privilegiati. Necker volle dare un riconoscimento al terzo stato, attribuendogli una rappresentanza doppia rispetto a quella degli altri due ordini. egli lasciò però aperta la questione decisiva della modalità del voto, se per testa o per ordine. Le elezioni dei deputati coinvolsero in profondità la società francese. le varie assemblee dovevano redigere dei cahiers de doléances, contenenti le lamentele e le richieste dei sudditi che i deputati avrebbero presentato al re. nel loro insieme queste richieste mettevano in discussione l'intero sistema istituzionale e sociale, esprimevano ostilità nei confronti dell'assolutismo, ma manifestavano anche una totale fedeltà alla figura del re. gli Stati Generali si riunirono il 5 maggio 1789 a Versailles. Il clero, esente in linea di principio della tassazione, contribuiva alle finanze statali con doni gratuiti, aveva il monopolio dell'assistenza e dell'istruzione e disponeva di propri tribunali. tuttavia le ingenti ricchezze dell'ordine era appannaggio soprattutto dell'alto clero (vescovi, abati, canonici). il regolamento elettorale favorì il basso clero. questi, di estrazione plebea, spesso condividevano la vita e la mentalità dei contadini ai quali amministrano i sacramenti. le divisioni interne del primo ordine ebbero un ruolo decisivo nella crisi del 1789. La nobiltà presentava al suo interno posizioni molto differenziate: la nobiltà di corte, la nobiltà di provincia, che spesso aveva difficoltà a mantenere i propri castelli e pretendeva di inasprire il prelievo signorine sui contadini, la nobiltà di toga. soprattutto nell'alta nobiltà era largamente penetrata la cultura dei lumi, che portava molti ad aprire la loro mentalità a un rinnovamento della vita istituzionale e sociale. Ma i cahiers dimostravano che i nobili erano in grande maggioranza decisi a mantenere il primato sociale i privilegi dei quali godevano. solo una minoranza di nobili liberali era propensa ad accettare l'eguaglianza giuridica e diventare semplici cittadini. prelievo signorine sui contadini, la nobiltà di toga. soprattutto nell'alta nobiltà era largamente penetrata la cultura dei lumi, che portava molti ad aprire la loro mentalità a un rinnovamento della vita istituzionale e sociale. Ma i cahiers dimostravano che i nobili erano in grande maggioranza decisi a mantenere il primato sociale i privilegi dei quali godevano. solo una minoranza di nobili liberali era propensa ad accettare l'eguaglianza giuridica e diventare semplici cittadini. Appartenevano al terzo stato tutti coloro che non erano né nobili né ecclesiastici, quindi la stragrande maggioranza dei Francesi. Tra i deputati prevalsero i rispondenti delle professioni liberali, in particolare gli uomini di legge, mentre minore fu la pattuglia proveniente dalle attività produttive. è significativo che il terzo stato fosse guidato nel 1789 da un nobile e da un ecclesiastico eletti al suo interno: il Conte di Mirabeau e l’abate Sieyès. fu proprio quest'ultimo a esprimere con efficacia il programma del terzo stato nell’opuscolo “Che cos'è il terzo stato?” .All'inizio dei lavori degli Stati Generali i contratti relativi alla procedura si protrassero per più di un mese fino a quando i deputati del terzo stato decisero di rompere gli indugi e il 17 giugno 1789 dichiararono di essere in grado di rappresentare da soli la Francia in quanto eletti dal 96% almeno della nazione. per questo essi adottarono il nome di assemblea nazionale, dichiarando che avrebbero accolto i rappresentanti degli altri due ordini che avessero deciso di riunirsi a loro. Fu questo il vero atto di inizio della rivoluzione. Il 20 Giugno avendo trovato chiusa la sala delle loro riunioni, i deputati si riunirono in una sala vicina, adibita al gioco della Pallacorda, e giurarono di non separarsi fino allo stabilimento della Costituzione. Il re decise di intervenire di autorità convocando il 23 giugno i tre ordini una seduta reale, nella quale dichiarò nulle le decisioni del terzo stato e invitò i rappresentanti a riprendere i lavori separatamente. ma dopo che il re fu uscito dalla sala, i deputati del terzo stato rimasero fermi ai loro posti e, quando il capo del cerimoniale li invitò a rispettare l'ordine reale, essi risposero: La Nazione riunita non accetta ordini. Luigi XVI il 27 giugno invitò i rimanenti deputati del clero nella nobiltà a riunirsi all'assemblea Nazionale, che il 9 giugno si diede il nome di Costituente. attraverso l'iniziativa rivoluzionaria del terzo stato nasceva il moderno concetto di rappresentanza. il re licenzio Necker e installò un nuovo Ministero di orientamento reazionario, che avrebbe dovuto svolgere l'assemblea e chiesa tutti i suoi beni, l'assemblea dovette incaricarsi di una sua completa riorganizzazione, che fu realizzata con la costituzione civile del clero. gli ecclesiastici divennero dei funzionari al servizio dello Stato: i vescovi erano eletti alla stessa stregua degli amministratori dei dipartimenti, mentre i curati erano designati dalle assemblee elettorali di distretto. il legame con Roma divenne quanto mai esile: il vescovo eletto doveva solo informare il papa. Nella notte fra il 20 e il 21 giugno 1791, Luigi XVI tentò di lasciare la Francia con la sua famiglia per rifugiarsi in Belgio, sotto la protezione dell'imperatore d'Austria Leopoldo II. riconosciuto poco prima della frontiera, a Varennes, Luigi XVI fu costretto a tornare alle Tuileries. il passaggio della carrozza reale per le strade di Parigi, fra due ali di folla silenziosa, segnò il funerale della monarchia, fino ad allora mai messa in discussione come istituzione del popolo francese. Luigi XVI non aveva alcuna intenzione di vestire i panni del monarca costituzionale. la fuga del re fu l'occasione per una nuova spaccatura del fronte rivoluzionario. il 16 luglio l'ala moderata rappresentata dal triumvirato e da La Fayette, uscì dal club dei Giacobini per fondare il club che fu detto dei foglianti. il giorno seguente una manifestazione organizzata nel Campo di Marte dal club dei cordiglieri per raccogliere le firme di una petizione repubblicana fu dispersa con la forza dalla guardia Nazionale, che fece fuoco sulla folla uccidendo una cinquantina di persone. Fu questo l'inizio del tramonto di La Fayette. l'assemblea approvò il 4 settembre 1791 il testo della Costituzione che Luigi XVI firmò il 13 settembre. il 30 settembre l'assemblea nazionale Costituente si sciolse. La Costituente diede vita a una monarchia costituzionale nella quale il sovrano conservava la titolarità del potere esecutivo, ma vedeva sensibilmente limitato il suo potere da un'assemblea depositaria del potere legislativo, eletta a suffragio universale. la rivoluzione paradossalmente negò i diritti politici a un gran numero di francesi. il carattere censitario della Costituzione era poi rafforzato dallo scrutinio a due turni per l'elezione dell'assemblea legislativa. per quanto concerne la politica estera i costituenti, non fidandosi Luigi XVI, subordinarono le decisioni del re concernenti trattati internazionali e dichiarazioni di guerra alla ratifica dell'assemblea. la Costituzione ripudiò il diritto di conquista e pose le basi di un nuovo diritto internazionale che si ispirava all’idea della nazione come espressione della libera volontà dei popoli. Avignone e il contado rifiutarono la sovranità del papa e si pronunciarono per l'annessione alla Francia, che fu sancita dall'assemblea nel settembre 1791. L'assemblea legislativa si insediò il primo ottobre. Maximilian Robespierre aveva deciso che nessuno dei membri della Costituente ne avrebbe fatto parte. gli iscritti al club dei foglianti erano fautori della monarchia costituzionale; a sinistra sedevano i deputati dei Giacobini, chiamati brissottini dal nome del personaggio più in vista del gruppo, Brissot. ne facevano parte anche alcuni oratori provenienti dal dipartimento della Gironda. per questo motivo gli aderenti a questo gruppo passarono alla storia con il nome di girondini. L'aristocrazia rimase in gran parte ferma nella sua opposizione al nuovo regime, come dimostrava il fenomeno dell'emigrazione, che assunse proporzioni notevoli. un altro motivo di instabilità e di debolezza era il problema religioso. giunse da parte del papa la condanna formale della costituzione civile del clero. quando l'assemblea nazionale impose agli ecclesiastici un giuramento di fedeltà alla costituzione, quasi tutti rifiutarono. si determinò così nel clero una frattura che fece naufragare l'unità religiosa della nazione; il clero refrattario divenne un potente fattore di agitazione controrivoluzionaria. Ulteriore fattore della crisi fu la guerra. fu lo stesso Luigi XVI a favorire lo scoppio delle ostilità, nella segreta speranza che le potenze coalizzate, sconfitta la Francia, avrebbero soffocato nel sangue la rivoluzione e ristabilito il suo potere assoluto. si sviluppò nel club dei Giacobini un duello oratorio fra Brissot e Robespierre. il primo riteneva la guerra necessaria per consolidare la rivoluzione e smascherare i suoi nemici, il secondo si oppose per le difficoltà finanziarie, l'impreparazione dell'esercito, l'inaffidabilità degli alti comandi, tutti aristocratici. Nel marzo 1792 Luigi XVI insediò un ministero composto di girondini. questi ultimi esprimevano con efficacia la portata universale della rivoluzione. L'opposizione di Robespierre rimase una voce isolata. il 20 aprile 1792 l'assemblea approvò a larga maggioranza la dichiarazione di guerra all'imperatore d'Austria Francesco II, da poco succeduto al padre Leopoldo II.I primi atti del conflitto sembrarono dar ragione ai timori di Robespierre. i primi successi militari provocarono una ripresa dell'iniziativa rivoluzionaria, che mise sotto accusa il tradimento del re. l'undici luglio fu proclamata la patria in pericolo. i cittadini si pronunciano a favore della deposizione del re. l'insurrezione scattò nella notte fra il 9 e il 10 agosto. i popolari si mossero all'assalto delle Tuileries, spalleggiati dei federati. il 10 agosto fu un'insurrezione nazionale. l'assemblea legislativa mantenne un atteggiamento attendista, ma quando si profilò la vittoria dell'insurrezione si decise la sospensione del re e la formazione di un consiglio provvisorio, in attesa che la Convenzione, una nuova assemblea eletta a suffragio universale, decidesse i destini della Francia. La borghesia, padrona dell'assemblea nazionale, stabilendo una monarchia costituzionale si propose di porre fine alla rivoluzione e alle agitazioni popolari. L'opposizione del re e delle forze controrivoluzionarie rese necessario il ricorso al popolo: fu sua la spallata decisiva che, abbattendo la monarchia, aprì la strada alla prima Repubblica. la rivoluzione precipitava così nella sua fase più intensa e drammatica. Una prestigiosa tradizione storiografica ha interpretato la battaglia ingaggiata dal terzo stato contro gli ordini privilegiati come le espressioni di una lotta di classe che avrebbe portato al trionfo della borghesia. Questa interpretazione è stata contestata nel secondo dopoguerra. la Francia era un paese rurale, nel quale prevaleva ancora un'agricoltura di sussistenza. era ancora lontana dal dinamismo che in quegli anni caratterizzava l'economia inglese. l'élite del terzo stato era molto eterogenea e priva di una coscienza di classe. pur eterogenei per mentalità e per caratterizzazione economica, i gruppi sociali che si collocavano alla testa del terzo stato furono uniti da una forte ostilità per il mondo del privilegio, avvertito come un ostacolo alla realizzazione delle loro aspirazioni. in tal senso l'élite del terzo stato aveva una coscienza di sé come gruppo sociale. CAPITOLO 29: “LA RIVOLUZIONE FRANCESE: LA CONVENZIONE E IL REGIME DEL DIRETTORIO Si creò un dualismo istituzionale fra il comune rivoluzionario e l'assemblea legislativa. un punto di raccordo fra questi due poteri in conflitto era nel consiglio esecutivo provvisorio. per fronteggiare l'emergenza furono adottati provvedimenti radicali, come il sequestro dei beni degli immigrati e il bando ai preti refrattari. Le notizie che annunciavano l'avanzata delle truppe prussiane crearono nella capitale un clima di eccitazione e di paura. temendo che l'attacco nemico trovasse sostegno nelle forze della controrivoluzione interna, i popolani assalirono le carceri cittadine e massacrarono i prigionieri, aristocratici, preti refrattari e molti detenuti. nel frattempo giunse la notizia della resa di Verdun. l'avanzata prussiana fu fermata. Nel frattempo si erano svolte a suffragio universale maschile le elezioni per la Convenzione. la partecipazione al voto fu molto bassa, una conseguenza della frattura religiosa del clima di violenza e di paura seguita alla caduta della monarchia. la convenzione il 20 settembre proclamò ufficialmente la repubblica. all'ala destra sedeva il gruppo dei brissottini e girondini. Alla Gironda si contrapponeva la Montagna, chiamata così perché seduta in alto a sinistra. il centro era occupato dalla Pianura o Palude, grosso raggruppamento di personaggi privi di precisa caratterizzazione politica. fin dall'inizio si sviluppò fra Montagna e Gironda un'aspra politica. Tra i principali esponenti della Montagna vi era Robespierre. Quando nelle assemblee di sezione era caduta la distinzione fra cittadini attivi e passivi, il movimento popolare impose la sua centralità nel processo rivoluzionario. i militanti del movimento popolare furono chiamati “sanculotti” perché portavano i pantaloni lunghi e non le culottes, calzoni attillati fino al ginocchio utilizzati dalle classi alte. il sanculotto divenne l'incarnazione del militante e dell'agitatore rivoluzionario, animato dall'odio per l'aristocrazia e da un istintivo sentimento di uguaglianza. Sul piano politico fu tipica dei sanculotti una gelosa difesa della sovranità popolare, che si traduceva nella predilezione per la democrazia diretta. La convenzione assunse il compito di guidare la rivoluzione e affrontò in modo più delicato, la sorte del re, detenuto con la sua famiglia nella prigione del Tempio. Robespierre tentò invano di convincere la convinzione che si trattava di una decisione politica, per la quale non occorreva un processo: Luigi doveva morire. la convenzione si pronunciò all'unanimità per la colpevolezza del re .i girondini, nell'intento di salvare il re, proposero appello al popolo, ma la proposta fu respinta. la condanna fu eseguita il 21 giugno 1793 con la ghigliottina. l'esecuzione del re segnò la simbolica cancellazione della monarchia di diritto divino. Le drammatiche scene di violenza popolare nelle strade di Parigi indussero molti già nel 1789 ad assumere un atteggiamento ostile. ad esempio Vittorio Alfieri. pochi furono coloro che, come Pietro Verri, giudicarono alcuni eccessi inevitabili quando un popolo lotta per stabilire un regime di libertà. la pubblicistica reazionaria individuò l'origine della rivoluzione nella filosofia illuminista, che fu messa sul banco degli accusati insieme alla massoneria; nacque così il mito del complotto massonico come origine degli eventi rivoluzionari. Gli stati europei e la stessa Austria, nonostante il coinvolgimento di Maria Antonietta, avevano mantenuto un atteggiamento prudente e si erano preoccupati di impedire la diffusione dei principi rivoluzionari. l'esecuzione di Luigi XVI determinò nel corso del 1793 la formazione della prima coalizione antifrancese comprendente Inghilterra, Austria, Russia, Prussia, Spagna, Olanda, Portogallo, i principi dell'impero e tutti gli stati italiani. I girondini avevano fatto approvare dalla convenzione un decreto che prometteva fratellanza e soccorso a tutti i popoli che vorranno riacquistare la loro
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