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La Prima Guerra Mondiale: Origini, Cause e Connessezze, Sintesi del corso di Storia

Storia InternazionaleStoria EconomicaStoria contemporaneaStoria militare

La prima guerra mondiale, dal primo sciopero nazionale in Italia al collasso dell'Impero Austro-Ungarico. Vengono trattate le cause economiche, militari e culturali, la politica estera di Giolitti, la crisi e il movimento nazionalista, la guerra balcanica e la sua ripercussione mondiale. Il testo illustra come la guerra fu una guerra civile europea, che segnò la fine della pace dei cento anni e lanciò l'età della catastrofe.

Cosa imparerai

  • Perché la crisi economica del 1907 fu risolta da Giolitti?
  • Che accordo fu firmato tra l'Italia e la Francia nel 1908?
  • Che evento segnò il primo sciopero nazionale in Italia?
  • Quali furono le mire espansionistiche italiane in Africa settentrionale?
  • Come la guerra balcanica influenzò la politica europea?

Tipologia: Sintesi del corso

2020/2021

Caricato il 31/01/2022

IAN_MARTONGELLI
IAN_MARTONGELLI 🇮🇹

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Scarica La Prima Guerra Mondiale: Origini, Cause e Connessezze e più Sintesi del corso in PDF di Storia solo su Docsity! ITALIA GIOLITTIANA A seguito dell’assassinio del Re Umberto I salì il re Vittorio Emanuele III, che decise di affidare il governo al leader della sinistra liberale Zanardelli, che nominò Giolitti ministro degli interni. Il governo assunse un atteggiamento liberale, in materia di conflitti di lavoro fra imprenditori e operai, ma anche nel varo di alcune leggi a favore del lavoro femminile e minorile. Fu inoltre creato un consiglio superiore del lavoro, al quale prendevano parte gli esponenti sindacali, e furono municipalizzati i servizi pubblici. La svolta liberale permise di intensificare l’urbanizzazione; il sistema bancario era stato riordinato secondo quello delle banche miste, e quindi poteva sostenere con grossi investimenti lo sviluppo industriale. Questo sviluppo economico portò un aumento del reddito pro capite, causando un complessivo aumento delle condizioni di vita. in questo stato positivo molti italiani vivevano ancora in abitazioni malsane e in pessime condizioni igienicosanitarie. L’industrializzazione si era concentrata principalmente al nord, in particolare nel triangolo industriale Genova Milano Torino. In tutto il meridione le industrie erano rimaste limitate ad alcuni settori e nelle campagne la presenza del latifondo impediva lo sviluppo delle tecniche di agricoltura e quindi di offrire lavoro. Alcuni intellettuali del sud noti come meridionalisti fecero più volte presente questo divario fra nord e sud, tuttavia i problemi non furono mai affrontati in maniera strutturale bensì solo con provvedimenti occasionali, tipo la creazione di aree industriali. Il terremoto di Messina mise alla luce tutta la disorganizzazione che c’era. Lo sviluppo ineguale ebbe numerose conseguenze come il divario nel reddito medio la differenza nel numero di disoccupati e il diverso tasso di analfabetismo. Il meridione divenne quindi il protagonista dell’emigrazione. La scelta governativa di condurre in modo pacifico il confronto sociale aprì maggiori spazi alle organizzazioni sindacali. Il numero degli scioperi aumentò in modo molto, a supporto delle vertenze sindacali che spingevano per un aumento dei salari. Nel 1904 il primo sciopero nazionale della storia italiana mostrò la forza della classe operaia, in seguito fu fondata la confederazione generale del lavoro, affiliata al partito socialista. Per tutta l’età giolittiana il partito fu dominato dalla lotta fra riformisti e rivoluzionari, quest’ultimi espulsero i riformisti che formarono un partito a parte, il partito socialista riformista italiano, nel quale emerse la figura di Mussolini, che dirigeva l’Avanti! Un giornale socialista, caratterizzandolo con toni di estrema violenza. Un altro partito che prese molto potere in questo periodo fu quello cattolico. SECONDO GOVERNO GIOLITTI Nominato primo ministro nel 1903 portò avanti un governo liberal progressita. Grazie alla sua capacità di reclutare ogni volta deputati diversi per assicurarsi la maggioranza e alle pressioni esercitate sugli elettori in certi momenti si assicurò un lungo controllo del parlamento. Quando voleva mettersi al riparo da qualche pericolo lasciava il governo a uomini fidati o ad avversari politicamente deboli così da poter riacquisire potere in maniera semplice. TERZO E QUARTO GOVERNO GILITTI Giolitti nel 1907 affrontò con successo una crisi economica grazie alla banca d’italia. Nel 1911 tornò al governo con un programma di riforme che rispondeva alle proteste del mondo del lavoro. Esso comprendeva un suffragio universale maschile e un sostegno economico alla scuola. Affidava in oltre il pagamento delle assicurazioni sulla vita unicamente allo stato, ciò serviva per creare dei fondi pensionistici per i lavoratori. Tutto ciò contro le opposizioni dei conservatori il cui peso era aumentato sull’onda del nazionalismo. POLITICA ESTERA GIOLITTIANA La nuova linea estera puntava a rendere l’Italia equidistante rispetto alle maggiori potenze europee, al fine di assicurarle maggiori margini di manovra nel continente e di soddisfare le sue mire espansionistiche in africa settentrionale. Fu firmato un accordo con la Francia nel quale l’Italia si assicurava la Libia e i francesi il Marocco. In seguito fu acquisito il consenso dei britannici. E durante le fasi diplomatiche della guerra gli accordi segreti di Racconigi la Russia riconobbe la legittimità delle aspirazioni coloniali italiane. LA CRISI E IL MOVIMENTO NAZIONALISTA Dopo una martellante campagna di stampa il re Vittorio Emanuele III, senza consultare il parlamento dichiarò guerra all’impero ottomano. A favore della guerra c’erano alcuni intellettuali, come D’Annunzio, la borghesia, il sindacato rivoluzionario e dalla maggioranza cattolica. L’opposizione alla guerra era incarnata dai socialisti, dalla cgdl e da alcune minoranze cattoliche. Il 1911 fu anche l’anno del Giubileo della patria, il cinquantesimo anniversario dell’unità nazionale e quello in cui il movimento antigiolittiano acquisì visibilità. Tra i maggiori oppositori di Giolitti c’erano i nazionalisti. D’altra parte le elezioni politiche del 1913 segnarono l’ingresso dei cattolici i quali, a seguito del patto Gentiloni, conquistarono una grande rappresentanza in parlamento. Giolitti aveva voluto l’accordo con i cattolici per coinvolgerli nelle responsabilità di governo e rafforzare il sostegno della sua linea, ma il successo dei clerico-moderati fu tale da scuotere gli equilibri politici. I radicali tolsero il loro appoggio a Giolitti per paura di perdere la laicità che aveva sempre caratterizzato i liberali. Giolitti vedendosi mancare gran parte della sua linea di appoggio decise di dimettersi. Il re affidò quindi l’incarico al conservatore Salandra. di quest’ultimo territorio era fondamentale poiché gli americani volevano costruire un canale che permettesse di passare dall’oceano atlantico a quello pacifico. Il canale di panama fu completato nel 1916. LA PRIMA GUERRA MONDIALE La prima guerra fu una guerra civile europea. questa guerra non si concluse con la fine ufficiale del conflitto, infatti molti critici definiscono la prima guerra mondiale l’inizio dell’età della catastrofe, che durò fino al 1945. Con lo scoppio delle ostilità dinì la pace dei cento anni, una lunga fase storica nella quale le potenze europee si erano combattute solo per periodi molto limitati poiché si erano impegnate soprattutto nelle spartizioni del mondo, d’altra parte però hanno avuto conflitti con le nuove potenze extraeuropee, gli Stati Uniti e il Giappone. GUERRA DI MASSA E FRONTE INTERNO In primo luogo la prima guerra mondiale fu una guerra di massa, e quindi coinvolgeva ogni aspetto della vita civile ma anche di quella privata. In oltre il coinvolgimento di un numero così alto di soldati comportava l’esigenza di tenere alto il morale delle truppe ma anche di tutta la popolazione. Dato che la guerra coinvolgeva tutti fu combattuta anche nel fronte interno ( nei confronti della comunità nazionale), nacque così una nuova forma di propaganda mirata a indirizzare l’opinione pubblica. Inoltre avvenne una militarizzazione della società, nella quale chi manifestava qualche dubbio si vedeva negato il diritto di parola. Nacquero governi di emergenza che in nome dei supremi interessi della patria videro collaborare conservatori liberali e socialisti. L’ECONOMIA DI GUERRA Fu pianificata e centralizzata in netto contrasto con l’ideologia liberale che aveva dominato nell’ottocento. Le attività industriali furono piegate alle esigenze belliche, portando molti profitti agli imprenditori. Le donne furono molto più coinvolte rispetto a prima, presero il posto degli uomini nelle campagne e nelle fabbriche. GUERRA E TECNOLOGIA La prima guerra mondiale vide l’influenza della seconda rivoluzione industriale. Gli scienziati lavoravano molto per migliorare e inventare nuove armi, molte delle invenzioni di guerra verranno poi adattate alla vita di tutti i giorni. le nuove armi resero inutile l’intervento della cavalleria, che fu sostituita dagli aerei, nonostante non furono decisivi come nelle altre guerre, si ricordano alcuni piloti con valore, fra cui il barone rosso. Un altro tipo di arma molto utilizzata, soprattutto dai tedeschi, furono le armi chimiche. GUERRA DI LOGORAMENTO La prima guerra mondiale fu una guerra di posizione, nonostante il piano tedesco prevedesse un’azione rapida e incalzante, cioè una guerra di movimento. Fu la resistenza dei belgi e dei francesi a cambiare i metodi. Lunghe linee di trincee si disegnarono su tutti i fronti. L’esperienza della vita in trincea fu un trauma per molti uomini, e le conseguenze psicologiche si fecero sentire a fondo nel dopoguerra. PROPAGANDA con il procedere del conflitto, che accompagnava la crescita dello sgomento e dell’insofferenza dei civili, i vari stati furono costretti a aumentare la propaganda, sfruttando mezzi nuovi come il cinema. La ricerca del consenso per la guerra faceva leva sullo spirito patriottico e l’orgoglio nazionale, sulla demonizzazione del nemicom e infine sulla speranza che la vittoria avrebbe aperto le porte a un epoca di prosperità e rinnovamento sociale. I governi fecero molte promesse che alla fine della guerra non potevano mantenere, si creò di conseguenza un clima di risentimento e violenza che minò la base della convivenza civile. LO SCOPPIO DEL CONFLITTO Il 28 giugno 1914 l’erede al trono d’Austria subì un attentato da parte di un giovane nazionalista serbo, questo gesto innescò la scintilla che fece deflagrare la guerra. I vincoli di alleanza tra le potenze europee allargarono subito il conflitto. Nel 28 luglio l’Austria dichiarò guerra alla Serbia. La Russia alleata del paese balcanico iniziò a mobilitare le truppe. In risposta la Germania dichiarò guerra alla Russia, e ciò spinse la Francia a proclamare una mobilitazione generale. La Germania invase il Belgio (paese neutrale), violando il diritto internazionale, ciò costrinse il Regno unito, legato dalla triplice alleanza alla Francia, a dichiarare a sua volta guerra alla Germania. L’ALLARGAMENTO DEL CONLITTO L’impero ottomano siglò un’alleanza con Austria e Germania per paura di una minaccia Russa, che arrivò poco dopo. Nei mesi successivi la guerra coinvolgeva tutti i paesi europei. Rimasero neutrali solo i paesi scandinavi e l’Italia. In oltre il Giappone aveva appena proclamato guerra agli avamposti tedeschi in Cina, e così la guerra assumeva già un carattere mondiale. L’ILLUSIONE DI UNA GUERRA BREVE Lo stato tedesco lanciò un offensiva attraverso il Belgio, a seguito di una serie di vittorie i tedeschi arrivarono a 40 km da Parigi (che era stata fatta evacuare) ma poi furono sconfitti e costretti a tornare sul fiume Aisne. Nel frattempo sul fronte orientale gli austriaci dopo alcune vittorie furono sconfitti a Leopoli. A nord invece le vittorie tedesche permisero alla Germania di conquistare la Prussia orientale. Nel complesso non c’era nessun’vincitore ma il costo in vite umane era già altissimo. L’ITALIA NEUTRALE L’Italia non entrò in guerra al fianco dell’Austria e della Germania perché la triplice alleanza era solo difensiva, ma anche per carenza delle forze armate. L’italia faceva parte della triplice alleanza da trent’anni ma una guerra a fianco dell’Austria, nemico storico, avrebbe destato malumori nella nazione. In oltre si era neutrali nella speranza di ottenere i territori irridenti (Trento trentino e Venezia giulia) senza combattere. Lo scoppio della guerra però fece crollare i fragili equilibri, si definirono due schieramenti uno interventista e l’altro neutralista. Gli interventisti sostenevano l’entrata in guerra da parte dell’Italia, ma contro l’Austria giustificandola come quarta guerra d’indipendenza. Il governo di Vienna peggiorò la situazione negando i territori irridenti a prescindere. I NEUTRALISTI Giolitti raccolse i parlamentari attorno a una posizione contraria all’intervento sulla base di tre considerazione realistiche. 1. Incompleta preparazione dell’esercito 2. Il timore che i costi della guerra avrebbero potuto scatenare delle guerre 3. La convinzione che l’Austria si sarebbe trovata costretta ad accondiscendere alle richieste italiane. Contro la guerra si schierò anche la maggior ‘parte del mondo cattolico; come anche il principale partito operaio italiano, il PSI, dichiarando questa guerra la guerra dei capitalisti. Il direttore dell’avanti Benito Mussolini appena sentite le parole abbasso la guerra prese una posizione interventista passando al “il popolo d’Italia”. INTERVENTISTI Anche il fronte interventista era assai composito. Posizioni simili a quelle di Mussolini erano gli interventisti rivoluzionari, provenienti dal socialismo e dal sindacalismo rivoluzionari, per i quali la guerra era un ottimo mezzo per farla finita con il vecchio mondo borghese. Vi fu anche un interventismo liberale, animato dal Corriere della Sera, per i quali erano in gioco questioni patriottiche, finalità politiche, frenare il socialismo, rafforzare i rapporti con il mondo occidentale, e infine la volontà di ostacolare Giolitti. Ci fu anche un interventismo nazionalista, che vedeva nella guerra un opportunità unica per rigenerare la società italiana, e fare dell’italia una potenza guerriera. Vi fu infine un interventismo democratico. In questo caso il senza però riuscire a sollevare il morale collettivo. In seguito il successo della rivoluzione d’ottobre portò al potere i bolscevichi che firmarono la pace di Brest- Litovsk con la Germania, cedendo a quest’ultima molti territori, questo avvenimento diede agli imperi centrali l’ultima chance per vincere la guerra. LA FINE DELLA GUERRA Sul fronte occidentale le trattative per raggiungere un armistizio non avevano raggiunto alcun risultato. La situazione alimentò la crisi politica della Germania, e nel 1918 un tentativo rivoluzionario costrinse l’imperatore alla fuga e alla nascita della repubblica tedesca. L’11 novembre 1918 il nuovo governo tedesco firmò l’armistizio. Così si concluse la guerra. incommensurabili risorse erano state sprecate per un conflitto che lasciò l’Europa in una gravissima crisi economica, disordine sociale e focolai di rivoluzione, sia nei vinti che nei vincitori. LE CONSEGUENZE DELLA GUERRA  Materiali: molti reduci dal fronte faticavano a trovare lavoro, la disoccupazione era diffusa e con essa la rabbia degli ex combattenti. L’inflazione rimase a lungo molto alta e mise in difficolta tutte le categorie a reddito fisso. Il sistema del commercio internazionale era stato distrutto dal blocco ed era tutto da rifondare.  Piscologiche: la guerra aveva assuefatto alla crudeltà e ala morte, al punto che gli avversari politici erano considerati alla stregua di nemici da annientare.  Sanitaria : nei primi anni del dopoguerra l’influenza spagnola causò da sola più morti della guerra, ne seguì una grave crisi demografica. LA NUOVA SINISTRA E DESTRA Negli anni successivi alla guerra la frustrazione fu il sentimento dominante. Molti ex combattenti vedevano che gli enormi sacrifici compiuti non erano ripagati. D’altra parte i contadini e gli operai, avendo lavorato per sostenere le spese di guerra, presero coscienza della loro importanza e quindi aspiravano ad avere un ruolo politico. Molti lavoratori si spostarono a sinistra, mentre sull’altro versante tanti ex combattenti, animati da sentimenti nazionalistici. La nascita dell’Unione Sovietica rafforzò la convinzione che la conquista del potere da parte del proletariato fosse una prospettiva concreta. In alcuni paesi, come l’Italia e la Germania, le forze della sinistra erano spaccate. Tale frattura si approfondì nel dopoguerra quando i termini socialisti e comunisti iniziarono ad avere significati differenti. Mentre i primi si battevano per la democrazia e le riforme sociali, i secondi cercarono di fare come in Russia, convinti che il capitalismo fosse agli sgoccioli e dell’imminente rivoluzione mondiale. LA CRISI DELLO STATO LIBERALE Le classi dirigenti che avevano portato l’Europa in guerra persero credibilità. Le vecchie strutture dello stato liberale erano diventate inadeguate. Lo stato aveva accresciuto il suo potere intervenendo su materie che in precedenza erano lasciate alle parti sociali; ma ciò non portò il consenso di vaste fasce sociali. Solo in pochi paesi il problema di come includere le masse nella vita politica fu risolto con il graduale passaggio a forme moderne di democrazia. Nella maggior parte dei casi la soluzione fu la nascita di regimi totalitari o autoritari. I 14 PUNTI DI WILSON Tra il 1919 e il 1920 a Versailles si incontrarono i delegati delle potenze vincitrici. Da questo incontro nacquero due visioni: 1. L’idea di una pace democratica portata avanti dal presidente Wilson, che puntava a portare i principi del liberalismo nelle relazioni internazionali 2. E l’idea di una pace punitiva nei confronti della germania. Il progetto statunitense includeva l’abolizione della diplomazia segreta, la liberazione dei commerci mondiali e della navigazione, la limitazione degli armamenti, e infine la proposta di fondare una società delle nazioni a garanzia della pace fra gli stati. Intendeva quindi ridisegnare l’Europa secondo i princìpi di nazionalità e autodeterminazione dei popoli. LA NASCITA DELLA SOCIETA’ DELLE NAZIONI La proposta di Wilson ebbe successo, la società delle nazioni doveva dirimere le controversie internazionali: poteva imporre sanzioni economiche e dirigere attacchi verso stati che ne avrebbero attaccati altri. tuttavia proprio gli stati uniti non entrarono a farne parte, e ciò tolse forza alla nuova organizzazione. LE CONSEGUENZE DI VERSAILLES PER LA GERMANIA La Germania e i suoi alleati furono fin dall’inizio indicati come i soli responsabili della guerra. ai negoziatori tedeschi fu imposto un vero e proprio diktat sotto la minaccia di un occupazione militare. Si arrivò così alla firma del trattati di Versailles. Con il quale la Germania cedette tutte le proprie colonie al regno unito, alla Francia e al Giappone, a limitare la consistenza del proprio esercito a 100000 uomini, ad abolire il servizio di leva. Al Reich tedesco fu imposto di risarcire i danni causati dalla guerra agli stati vincitori. L’intento di Francia e regno unito era impedire al nemico di risollevarsi e di tornare ad avere un ruolo di primo piano sulla scena europea. NUOVI STATI E NUOVI CONFINI La sconfitta ebbe pesanti conseguenze anche per le potenze alleate. L’impero austroungarico cessò di esistere, portando alla formazione della repubblica cecoslovacca e del regno di Jugoslavia; mentre l’Italia allargò i propri confini. La nuova carta geografica disegnata a Versailles rispondeva alla volontà di creare stati cuscinetto intorno all’unione sovietica al fine di tenere la minaccia comunista lontana dal cuore dell’Europa. PROBLEMI POST VERSAILLES Il trattato di Versailles diede all’Europa un assetto tutt’altro che stabile. Nelle potenze sconfitte nacquero movimenti nazionalisti ed estremisti, che approfittando della grave crisi per aumentare i loro consensi. I nuovi stati erano multietnici e quindi milioni di persone si trovavano a vivere con minoranze linguistiche. La guerra sancì anche la fine della centralità europea sulla scena mondiale, dal punto di vista economico e diplomatico. Tuttavia gli stati uniti scelsero l’isolazionismo, e così il disimpegno dell’unica potenza che avrebbe potuto imporre il rispetto degli accordi impedì la creazione di un equilibrio internazionale stabile. In oltre non furono dati alla società delle nazioni gli strumenti per esercitare il proprio ruolo. Conseguenzialmente alla fine degli anni trenta non restava in vigore quasi nulla di quanto vi era stato deciso.
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