Docsity
Docsity

Prepara i tuoi esami
Prepara i tuoi esami

Studia grazie alle numerose risorse presenti su Docsity


Ottieni i punti per scaricare
Ottieni i punti per scaricare

Guadagna punti aiutando altri studenti oppure acquistali con un piano Premium


Guide e consigli
Guide e consigli

Storia Romana A. Dalla fondazione della città alla caduta dell'impero romano., Appunti di Storia Romana

Dalla fondazione della città di Roma, passando per la fase repubblicana e imperiale, concludendosi con il dominato. Introduzione sulle principali leggi e riforme introdotto fino ad affrontare le varie dinastie imperiali.

Tipologia: Appunti

2022/2023

Caricato il 27/04/2024

luca-sandrone-1
luca-sandrone-1 🇮🇹

1 / 42

Toggle sidebar

Spesso scaricati insieme


Documenti correlati


Anteprima parziale del testo

Scarica Storia Romana A. Dalla fondazione della città alla caduta dell'impero romano. e più Appunti in PDF di Storia Romana solo su Docsity! STORIA ROMANA Si basa “Critica delle Fonti” PapirologicheStoriografiche Il carattere scien. non era concepito nell’opera storica = Forma + importante del contenuto. Gli storici attingono da fonti primarie, facendole proprie e non citandole nella loro opera. Superiorità delle “Esigenze artistiche e morali sull’esattezza storica.” Scopo celebrativo e orgoglio nazionale = alterazione dei fatti e utilizzo del verosimile Epigrafiche Le iscrizioni sono il complemento più prezioso per la storiogr. sistematica Materiale scrittorio più diffuso nel mondo classico. Conservate solo in luoghi dal clima caldo e arido (Egitto, Mesopotamia) La moneta (nomisma) ha valore solo con un’autorità statale. Importanza economico- finanziaria e politica. Rappresentano la parte più appariscente di ciò che l’antichità ci ha lasciato. Questa categoria di fonti può essere diretta (quando i monumenti furono concepiti già in antico come destinati a eternare nel ricordo. Es. Colonna Traiana) o indiretta (quando con la loro presenza testimoniano materialmente una civiltà.) Sono importanti anche le produzioni ceramiche. Importanti nel campo della documentazione, sono principalmente testi di carattere commerciale. Grazie ai papiri conosciamo la Constitutio Antoniniana del 212 d.C. (cittadinanza a tutti i liberi dell’impero) Valore tecnico (sistema di fusione, materiale, ecc...) e valore propagandistico (effigi e simboli imperiali) Le iscrizioni latine non sono facili da leggere e da interpr. specialmente per le frequenti abbreviazioni. Solo dalle iscrizioni conosciamo le titolature degli imperatori, dei senatori, dei cavalieri e dei militari. Le iscrizioni municipali ci parlano delle carriere locali; i militari ci parlano della rete stradale romana; i sarcofagi e i colombari pieni di dediche funebri, fonte preziosa per ricostruire l’età delle persone e i rapporti familiari e sociali. ArcheologicheNumismatiche Diverse tipologie di fonti Diversi criteri di classificazione delle Fonti “Fonti Primarie (Mon. archeologici, documenti...) o Secondarie (Opere degli storici successivi)” “Fonti con testimonianza spontanea o riflessa” “Fonti monumentali non scritte o fonti scritte” LE ORIGINI DI ROMA TRA STORIA E LEGGENDA Secondo Properzio Roma aveva avuto un’origine pastorale tra le genti che abitavano le colline vicino al Tevere. Unione cronologica comune (753 a.C.-Fondazione di Roma) La nascita di Roma è avvolta nel mistero perché, per nobilitarne l’origine, gli scrittori antichi elaborarono una serie di racconti usando i racconti omerici della distruzione di Troia e, secondo gli storici antichi, gli scampati dalla distruzione di Troia, sotto la guida di Enea giunsero nel Lazio dove si unirono con le genti latine. Qui, Ascanio, figlio di Enea, fondò la città di Albalonga, sui colli Albani e dopo alcune generazioni il re di Albalonga fu deposto dal fratello (Amulio) che per impedire la nascita di discendenti (che avrebbero potuto rivendicare il trono) costrinse la figlia a diventare vestaglia, cioè sacerdotessa della dea Vesta. Ella fu costretta alla castità. Subì però violenza da parte del dio Marte e partorì 2 gemelli: Romolo e Remo. Amulio per non essere ostacolato dai legittimi eredi ordinò di gettarli nel Tevere, ma i gemelli riuscirono a salvarsi e vennero allattati da una lupa finchè un pastore li trovò e li allevò. Una volta cresciuti uccisero Amulio, riportarono sul trono il nonno (Numitore) e fondarono una città dove furono allevati, Roma. Per decidere chi avrebbe dovuto dare il nome alla città, Romolo e Remo decisero di scrutare il volo degli uccelli e il responso fu favorevole a Romolo (Romolo-Palatino-12 uccelli e Remo-Aventino-6 uccelli). Romolo tracciò i confini della nuova città, il fratello oltrepassò tale limite e venne ucciso (Fratricidio).→ Romolo divenne il primo re della città e si occupò del popolamento introducendo l’Istituto dell’asilo, con cui la nuova città divenne un luogo di attrazione per tutti i fuggiaschi del territorio. Secondo la tradizione, per alcuni anni, Romolo fu affiancato da un collaboratore Sabino. Venne scelto questo posto perché non lontano dal mare, ma abbastanza da evitare la pirateria e il Tevere formava un’ansa con in mezzo l’isola tiberina che consentiva il passaggio agevole tra le due sponde, inoltre si trovava tra 2 vie importanti: la via Salaria e la via Campana. Non abbiamo fonti dirette scritte di quel periodo, per cui dobbiamo ricorrere all’archeologia per ricostruire la storia. Uno dei luoghi di più antica frequentazione era l’area del Foro Boario, dove sorgeva un altare dedicato a Ercole (Ara Maxima), frequentato da mercanti greci e fenici in età arcaica (unione via Salaria e Campana). Ritorna in auge l’idea della fondazione nel 753 anche se rimangono dubbi sulla veridicità delle fonti. L’ipotesi più sensata rimane quella dell’unione di più villaggi stanziati sui diversi colli romani (7 colli = Aventino, Campidoglio, Celio, Esquilino, Palatino, Quirinale e Viminale). Cicerone celebrò la scelta di Romolo poichè la posizione scelta portava numerosi vanataggi (scambi via mare- fiume-terra). Attorno all’VIII sec. i villaggi dei 7 colli si unirono e si diedero un unico capo, il Rex. Con la sua nomina si può finalmente parlare di Fondazione della città. A partire dagli anni ‘50 del ‘900 la critica ha negato un atto fondativo di Roma, pensando a un lento moto progressivo di unione (sinecismo) tra le varie comunità che abitavano i vari colli, che avrebbe raggiunto la forma cittadina alla metà del VII secolo. A partire dagli anni ’80 importanti scavi hanno rinvenuto testimonianze effettivamente databili a metà dell’VIII secolo (circa 753), trovando i resti di un muro, “il muro di Romolo” (muro della residenza del re), i primi focolai, reperti collegabili al tempio di Vesta e residui di una pavimentazione a ciottoli del Foro. Le fonti storiografiche che possono aiutarci a stabilire le origini della citta, sono molto più tarde e sono 2. Ad urbe condita di Tito Livio (I sec. a.C.-I sec. d.C.) Antichità romane di Dionigi di Alicarnasso (I sec. a.C.-I sec. d.C.) La leggenda è l’unione di 2 tradizioni indipendenti, una greca con Enea che scappa da Troia ed emigra nel Lazio e una locale con Romolo Il foedus Cassianum regolò i rapporti tra Roma e i Latini per oltre 150 anni: le due parti si impegnavano a mantenere la pace, a terminare le dispute commerciali, a prestarsi aiuto reciproco in caso di guerra e a riconoscersi reciprocamente i diritti soprascritti. 486 a.C.: Roma stringe accordi con gli Ernici. Gli accordi con Latini ed Ernici consentirono a Roma di fronteggiare la minaccia di Sabini, Equi e Volsci. Roma, da sola, combatte contro la città etrusca di Veio, sulla riva destra del Tevere, la sottomette dopo una lunga guerra e un assedio decennale grazie al dittatore Furio Camillo. In occasione della guerra, vennero introdotti uno stipendio per i soldati e un tributo straordinario sulle proprietà terriere. La caduta di Veio avviene in contemporanea ad altre sconfitte per gli etruschi, come l’occupazione sannita di Capua del 423 e l’occupazione celtica della valle del Po con conseguente distruzione di Bologna e fondazione di Milano. La ricerca di nuove zone coltivabili spinse verso sud numerose tribù di Celti (o Galli, come erano chiamati a Roma); dapprima furono singoli individui o piccoli gruppi che emigrarono nelle città della penisola, poi al loro seguito avvenne una vera e propria invasione. 1) Nel 390 a.C. i Celti (Galli) scesero nell’Italia centrale, sconfissero l’esercito della Lega latina e saccheggiarono Roma. 2) La discesa dei Galli avviene contestualmente all’affermazione degli interessi di Siracusa nel medio Tirreno e in Adriatico. 3) Il disastro gallico spinge gli alleati Latini a prendere le armi contro Roma. 4) Roma ristabilì la propria supremazia sconfiggendo i Volsci e occupando la pianura pontina (358 a.C.). Anche all’interno della Lega Latina era ormai l’egemone. 5) Firma secondo trattato romano-cartaginese (348 a.C.). Primi decenni del V secolo a.C. = grave crisi economica dovuta ai mutamenti del quadro politico internazionale Piccoli agricoltori furono i più colpiti e molti di loro finirono per indebitarsi, rischiando di diventare Nexum (condizione semiservile), di essere venduti come schiavi in terra straniera o essere condannati a morte. Ai tribuni della plebe vennero riconosciuti: Rifiuto delle richieste da parte dei patrizi e inizio del conflitto tra i 2 ordini nel 494 a.C. (plebei si ritirano dal fronte stanziato sull’Aventino). In seguito alla prima secessione, i plebei si organizzarono in un corpo civico e statale separato, con un’assemblea generale rinominata Concilium plebis, organizzata prima per curie e poi sulla base delle tribù territoriali, che votava le proprie delibere, ovviamente non vincolanti per il resto del corpo civico, ed eleggeva i propri magistrati: i tribuni e, in seguito, gli edili. Di fronte a questa crisi, aumentarono le richieste della plebe (più consapevole della loro necessità militare ed economica) che chiesero: LOTTE TRA PATRIZI E PLEBEI CONCILIUM PLEBIS TRIBUNI DELLA PLEBE E GLI EDILI Fine monarchia a Roma Diritto di aiuto Crisi dominio etrusco in Campania Diritto di veto Stato di guerra permanente tra Roma e Sabini Diritto di irrorare multe Disastri naturali (epidemie e carestie) Inviolabilità personale Diritto di convocare e presiedere l’assemblea plebea Custodi tempio di Cerere e collaborano con i Tribuni Alleggerimento della normativa sui debiti Equa distribuzione delle terre pubbliche Creazione di un codice di leggi scritte Nel 451-450 a.C. vengono sospese le magistrature ordinarie e attribuiti tutti i poteri a un decemvirato (commissione di 10 uomini), che emanò un codice di leggi scritte (XII Tavole). Le norme consuetudinarie sono semplicemente messe per iscritto, anche se ci furono limitazioni alla patria potestà e venne messa per iscritto anche la legge del taglione. Nel 449 a.C. vennero promulgate le leggi Valerie-Orazie, che ribadiscono: 1) l’inviolabilità dei tribuni della plebe e 2) il diritto di provocatio ad populum (“appello al popolo”) in caso di condanna capitale. Nel 445 a.C. venne abolito il divieto di matrimonio fra patrizi e plebei (lex Canuleia). Dal 444 al 368 i 2 supremi magistrati (patrizi) sono affiancati (o sostituiti) da tribuni militari in numero variabile (da 3 a 6). Dopo il 400 alcuni di essi sono di origine plebea e alla fine della propria carica avevano il diritto di sedere in Senato. Nel 367 a.C. vennero emanate le leggi Licinie-Sestie che prevedevano la possibilità che uno dei 2 consoli potesse essere plebeo (abolendo i tribuni militari), limitavano il possesso di terreno pubblico per ciascun cittadino e vennero presi provvedimenti per limitare il problema dei debiti. Nel 326 a.C. (o 313 a.C.) venne abolita la schiavitù per debiti, nel 302 a.C. i plebei vennero ammessi alle alte cariche sacerdotali e nel 287 a.C. i plebiscita hanno valore di legge per tutti i cittadini. Nacque così la nobilitas patrizio-plebea. erano I poteri del re vennero assunti da 2 consoli (consolato). I consoli erano eletti dai comizi centuriati e a loro era conferito il potere supremo di comando (imperium) che veniva applicato all’interno del confine cittadino e all’esterno in un comando militare. All’interno della città, ai consoli era concesso: L’imperium dei consoli, almeno in tempo di pace, era limitato dal diritto di provocatio ad populum contro le condanne capitali. In caso di morte o di abbandono della carica di uno di loro, si provvedeva all’elezione di un sostituto; se entrambi venivano meno al proprio compito c’era l’interregnum (il potere era esercitato a turno dai senatori). Oltre ai consoli vi erano i questori (questura), in origine 2, poi 4 alla fine del IV secolo, fino ad arrivare a 40 nell’età di Cesare, eletti dai comizi tributi presieduti da un console. In quanto originariamente collaboratori dei supremi magistrati, la loro carica all’inizio non era elettiva, ma discrezionale. In origine la loro funzione era quella di provvedere alla repressione criminale ma in seguito le loro competenze vennero estese all’amministrazione finanziaria e alla gestione delle casse pubbliche, sia a Roma (accanto ai censori e al senato) che nelle province (accanto ai governatori provinciali). Gli edili (ediltà) in origine erano esclusivamente plebei ma dopo il 367 a.C. vennero ammessi anche i patrizi. Da questo momento ai 2 edili plebei si affiancarono 2 edili curuli (patrizi), così chiamati per lo scranno su cui sedevano. I primi 2 erano eletti dal Concilium plebis, mentre i restanti 2 erano eletti dai comizi centuriati. Gli edili si occupavano: MAGISTRATURE REPUBBLICANE Gerarchizzate Specializzate Collegiali Annuali Elettive Il potere di convocare i comizi centuriati Chiedere un parere al Senato in condizioni di difficoltà Veniva concesso anche Il diritto di interrogare gli Dei (auspicia) Degli approvigionamenti e del controllo sui mercati (cura annonae) Della sovrintendenza e dell’organizzazione dei giochi pubblici (cura iudorum) Della sovrintendenza sulla vita quotidiana della città (cura urbis) I pretori (pretura) erano una carica introdotta nel 366 a.C. per compensare i patrizi per la perdita di monopolio sul consolato. In primis magistratura individuale, duplicata nel 242 a.C. In quella data al pretore urbano, che si occupava delle controversie fra cittadini romani, è affiancato il pretore straniero, che si occupava delle controversie fra cittadini romani e stranieri o fra stranieri e stranieri. I pretori sono dotati di imperium, possono all’occorrenza comandare gli eserciti, ma sono subordinati ai consoli e sottoposti al loro diritto di veto. Nel 180 a.C. viene emanata la Lex Villia Annalis che stabiliva la successione gerarchica tra le magistrature (questura-ediltà-pretura-consolato) e stabiliva l’età minima per ricoprire ciascuna carica (30 questori-36 edili-39 pretori-42 consoli). Rimasero fuori il tribunato della plebe, ritenuto non necessario per proseguire la carriera pubblica e la censura che era superiore a tutte le precedenti cariche e potevano accedervi solo ex consoli. Il Tribunato della plebe dopo la pacificazione perse i caratteri di magistratura rivoluzionaria. In origine vi erano 2 tribuni, ma il numero aumentò fino ad arrivare a 10 e mantennero le loro prerogative: La carica di censore (censura) venne introdotta nel 443 a.C., questi erano 2 ed erano eletti dai comizi centuriati ogni 5 anni e rimanevano in carica 18 mesi. Tra i loro compiti vi erano 1) le redazioni del censimento della popolazione, 2) la compilazione della lista dei senatori e il loro controllo e sanzionamento per quanto riguardava la condotta, 3) supervisionavano anche la condotta dei cittadini, 4) amministravano proprietà e beni pubblici e 5) controllavano appalti, entrate e spese pubbliche. La penultima carica è quella del Dictator (dittatura), magistratura straordinaria, non elettiva, di durata semestrale, al massimo. Nei momenti di maggior pericolo i consoli o altri magistrati delegavano i propri poteri a un dittatore. Egli poteva essere nominato da un console, da un pretore o da un interrex su istruzione del senato. Era assistito da un magistrato da lui nominato, gerarchicamente inferiore, chiamato magister equitum (“comandante della cavalleria”). Il dittatore era anche detto magister populi. Contro le decisioni del dittatore non valevano né la provocatio ad populum né l’intercessio. La più antica assemblea era il senato. Il senato fin da subito affiancava il re nella gestione del potere. Composto in origine dai soli patrizi, nel corso del IV secolo a.C. subì una profonda trasformazione in seguito all’inserimento di esponenti della classe plebea. Il diritto di esprimere opinioni spettava a tutti, ma diverso era il peso dei pareri espressi. Il senato non si autoconvocava, ma veniva convocato da un magistrato superiore, cioè un console o un pretore) Diversi compiti: Infine alcuni magistrati potevano svolgere funzioni religiose che erano prerogativa del rex sacrorum, dei 3 flamines maggiori (sacerdoti) e dei 12 flamines minori (sacerdoti addetti al culto di altre divinità). Vi erano 3 collegi sacerdotali: Esisteva un 4° collegio sacerdotale, quello dei feziali, che sovrintendevano alle preparazioni e alle dichiarzioni di guerra. Diritto di aiuto Diritto di veto Diritto di convocare e presiedere l’assemblea plebea Collegio degli àuguri che assistevano i magistrati che traevano gli auspicia. Il loro parere consentiva al senato o a un magistrato di bloccare ogni provvedimento. Collegio dei pontefici, guidato dal pontefice massimo (massima autorità religiosa). Redigevano il calendario, interpretavano le norme giuridiche e nominavano i flamines maggiori. Collegio dei decemviri che custodivano e interpretavano il libri sibillini. Inizialmente erano 10 ma alla fine della Repubblica aumenteranno a 15. ASSEMBLEE REPUBBLICANE Il casus belli della I guerra punica (264-241 a.C.) fu l’occupazione di Messina (alleata di Cartagine) da parte dei Mamertini che richiesero aiuto a Roma. La guerra ebbe fasi alterne di terra e mare. Sistemati i problemi interni e nell’area adriatica, Roma riprese la propria politica contro Cartagine, che in Spagna stava tornando a svolgere un ruolo di grande potenza con Annibale Barca. Il nuovo casus belli fu l’alleanza di Roma con Sagunto, città situata a sud della linea dell’Ebro, e quindi nell’area di influenza cartaginese. Iniziò così la II guerra punica: 218-202 a.C. I GUERRA PUNICA II GUERRA PUNICA Prime vittorie navali a Milazzo e a capo Ecnomo grazie all’accorgimento tecnico dei «corvi» di cui furono dotate le navi romane. Fallimento della spedizione in Africa di Atilio Regolo (romano). Vittoria romana definitiva presso le isole Egadi nel 241 a.C. Cartagine fu costretta a pagare una forte indennità di guerra e a cedere a Roma la Sicilia occidentale, che divenne la prima provincia romana. Seguirono a breve la Sardegna e la Corsica, che fino ad allora erano state sotto il controllo di Cartagine. La disfatta siciliana convinse Cartagine a rivolgersi alla conquista della Spagna, attuata da Amilcare Barca e dal genero Asdrubale. Asdrubale stipulò con Roma il cosiddetto «trattato dell’Ebro» (226 a.C.) che stabiliva presso questo fiume il limite delle reciproche sfere di influenza. 232 a.C.venne approvata una legge relativa alla distribuzione dell’agro gallico piceno, conquistato contro i Galli Senoni. 225-222 a.C.: dopo un’ultima invasione gallica nell’Italia centrale, i Romani sottomisero i Boi dell’Emilia e gli Insubri della Lombardia. 220 a.C. venne aperta la via Flaminia, da Roma a Rimini, da cui partirà negli anni successivi la romanizzazione della pianura padana. 218 a.C. vennero fondate le colonie latine di Piacenza e Cremona. Contemporaneamente all’espansione a sud e allo scoppio della I guerra punica, ripresero le minaccie da parte delle popolazioni celtiche e i romani in questo stesso periodo fondarono numerose colonie (Senigallia-Rimini- Fermo). Annibale portò la guerra in Italia attraversando le Alpi, con il proposito di sollevare contro i Romani le popolazioni celtiche e italiche da poco sottomesse. I romani vennero sconfitti al Ticino, presso il fiume Trebbia (218 a.C.), al Trasimeno (217 a.C.) e a Canne (216 a.C.). Ci furono numerose defezioni contro i romani, compresa quella di Siracusa, tradizionale alleata siciliana. Annibale si accordò in funzione antiromana anche con Filippo V re di Macedonia (I guerra macedonica). Roma, in difficoltà si affidò a Claudio Marcello e a Fabio Massimo «il Temporeggiatore» i quali rivestendo i panni o del consolato o della dittatura riuscirono a ricostruire intorno a Roma la tela dei rapporti con gli alleati. Nel momento in cui sembrava fortissimo, Annibile, fu costretto alla difensiva aspettando rinforzi. I rinforzi però non arrivarono perché nel frattempo Roma riuscì a creare un secondo fronte in Spagna. Annibale fu così costretto a chiudersi nel Bruzio. Al Metauro (207 a.C.) venne sconfitto il generale Asdrubale. La svolta della guerra avvenne nel 205 a.C., quando il nuovo console Cornelio Scipione, decise di stanare Annibale dal Bruzio portando la guerra in Africa. 202 a.C. ci fu la battaglia decisiva di Zama. Cartagine fu costretta alla pace, ma conservò il proprio territorio metropolitano. Annibale rimase per qualche tempo alla guida della città sconfitta, poi, in seguito all’apertura di un’inchiesta da parte del senato romano sul suo operato, si rifugiò in Asia presso Antioco III di Siria. Roma riacquistò il predominio assoluto in Italia. Vennero attuate sistematiche azione di riconquista dei territori cisalpini: guerre contro Insubri, Boi e Liguri. I territori riconquistati furono oggetto di stanziamenti coloniari, di distribuzioni di terre e di apertura di nuove strade (via Emilia, via Postumia). I territori spagnoli furono organizzati in due province: Spagna citeriore (a nord dell’Ebro) e Spagna ulteriore (a sud dell’Ebro). Dal 200-196 a.C. venne combattuta la II guerra macedonica. La I guerra macedonica fu un episodio minore (all’interno della II guerra punica) perchè Filippo V non aveva portato avanti il conflitto a causa del progressivo indebolimento della presenza annibalica in italia. La I guerra si concluse con la pace di fenice, una pace di compromesso che permise ai romani di dedicarsi senza rischi alla volta dell’Africa. Filippo V, nella II guerra macedonica, venne sconfitto a Cinoscefale (197, Tessaglia) dal console Quinzio Flaminino, che l’anno successivo proclamò a Corinto la «libertà» della Grecia. La Macedonia conservò tuttavia la propria indipendenza e Roma impose il proprio protettorato sulle poleis greche. La macedonia conservò la sua integrità. Roma intervenne più volte da padrone nelle contese tra le città greche, però, si disimpegnò da un’occupazione permanente di vasti territori (grazie al protettorato). La vittoria sulla Macedonia aprì la strada ad interventi più grandi e ripresero vigore alcune Leghe greche, come la lega etolica, che per scacciare i romani chiesero l’intervento di Antioco III di Siria. Dal 171-167 a.C. venne combattuta la III guerra macedonica. Il figlio di Filippo V, Perseo, venne sconfitto a Pidna (168) da Emilio Paolo, che portò a Roma un ingente bottino grazie al quale i Romani furono in seguito esentati dal pagamento del tributum (tassa sul patrimonio). La Macedonia venne smembrata in quattro distretti affidati a oligarchi vicini a Roma. Tra i mille ostaggi che arrivarono a Roma dalla Grecia ci fu anche Polibio, il futuro storico dell’imperialismo romano. La Macedonia divenne provincia 20 anni dopo la sua conquista. L’esito della II guerra macedonica rese chiara a tutti la forza incontrastata di Roma. In questi anni Roma realizzò la sua egemonia. Le ribellioni che minacciavano l’egemonia, portarono i romani alla consapevolezza di non poter governare ampi territori nel modo in cui avevano fatto fino ad allora. Nacque una politica estera diversa, dal 167 a.C. in poi. Nel 148, dopo la rivolta di Andrisco, la Macedonia venne ridotta a provincia. La rivolta si estese alla Grecia, dove la città di Corinto venne rasa al suolo nel 146. La Grecia venne annessa alla provincia macedone (Acaia). Nel 149 iniziò la III guerra punica (149-146 a.C.) e avvenne la repressione delle ribellioni dei Lusitani e Celtiberi in Spagna che culminò con la distruzione della loro capitale Numanzia (133 a.C.) Lo sforzo bellico prolungato e l'accrescimento territoriale che ne seguì comportarono una pressione considerevole sulle istituzioni dello stato. In questo periodo cruciale, la politica romana oscillò infatti tra orientamenti diversi, progressisti (Flaminino e gli Scipioni) e conservatori (Catone). Dal 191-188 a.C. venne combattuta la guerra siriaca. Antioco III entrato in Grecia con il suo esercito, venne sconfitto alle Termopili e poi a Magnesia da Cornelio Scipione, fratello dell’«Africano». Con la pace di Apamea (188) venne imposto alla Siria una forte indennità di guerra e l’obbligo di ritirarsi dall’Asia Minore. Anche nei confronti della Siria, Roma riconobbe l’autorità dello stato siriaco, perchè non voleva allargare eccessivamente le dimensioni di un territorio che si riteneva troppo grande da controllare direttamente. Roma preferiva controllare questi territori attraverso un sistema di alleanze con l’aristocrazia locale. Cartagine, viveva da decenni in una prosperosa tranquillità, interrotta ogni tanto dai contrasti con l’irrequieto regno di Numidia. I danni di guerra erano stati quasi del tutto pagati e l’economia era completamente riassestata. Si diffuse a Roma il timore che la città potesse riarmarsi e attaccarla. Portavoce di questo timore fu Catone che ad ogni suo intervento chiedeva che Cartagine fosse completamente distutta. Quando Cartagine dichiarò guerra contro Massinissa, re della Numidia, Roma a sua volta dichiarò guerra a Cartagine, poiché il trattato di pace stipulato alla fine della II guerra punica impediva a Cartagine di dichiarare guerra senza il consenso di Roma: III guerra punica, 149 a.C. La III guerra punica consistette nell’assedio di Cartagine, guidato da Scipione Emiliano. L’assedio di Cartagine durò dal 149 a.C. al 146 a.C., e fu durissimo perché i cartaginesi, rifiutato l’ordine di evacuare la città – che secondo i romani avrebbe dovuto essere abbandonata e ricostruita più lontano dalla costa – opposero una resistenza disperata. Nel corso del lungo assedio la città punica soffrì la fame e la pestilenza, infine Cartagine fu rasa al suolo, bruciata, le mura abbattute, il porto distrutto e 50 mila uomini e donne cartaginesi, catturati e ridotti in schiavitù. Il territorio di Cartagine fu incorporato come provincia d’Africa. III GUERRA PUNICA I progressisti, guidati dal partito dei filelleni, animati dalle forti personalità, sostenevano una politica aperta al mondo orientale ed ellenistico, consapevoli che in quest'area si sarebbe giocato il futuro della potenza romana. I conservatori, ovvero i ceti più tradizionalisti del senato, che pur non mettendo in discussione i successi della politica imperialistica, temevano gli effetti sulla vita romana dei rapporti troppo stretti col mondo greco, anche sul piano politico. Questi vennero osteggiati da Catone, che era “l’uomo nuovo”, membro di una famiglia che non aveva mai ricoperto nessuna magistratura. Egli divenne sia console che censore e fu ostile agli Scipioni, intentando contro di loro una serie di processi (187-184 a.C.), accusandoli di aver condotto le operazioni della guerra siriaca con una disinvolta politica personale. I processi si conclusero con la condanna di Lucio a una forte multa e con l'esilio volontario dell'Africano nella sua villa in Campania. Nonostante ciò, avvennero trasformazioni culturali e sociali in senso ellenistico. Ellenizzazione della cultura e dei costumi, con l’inizio della letteratura latina e della diffusione del greco come lingua culturale. Trasformazione dell’assetto economico e sociale, con l’affiancamento del commercio ad agricoltura e pastrizia. Affermazione dell’ordine equestre (400000 sesterzi) e adozione di alcuni status symbol come l’anello d’oro, ecc... Nascita di un gruppo consistente (commercianti e artigiani). La maggioranza era dedita all’agricoltura. Le guerre avevano portato una grande disponibilità di manodopera schiavile. Le condizioni degli schiavi erano diverse a seconda della loro occupazione. La condizione peggiore era quella degli schiavi impiegati nelle miniere o nei campi. Ciò spiega la frequenza delle ribellioni: in Sicilia (136 a.C.), Spartaco in Italia (72 a.C.). Di gran lunga migliore la condizione degli schiavi cittadini. Questi ultimi avevano, maggiori possibilità rispetto agli schiavi agricoli di raggiungere la condizione di "liberti". Quella del liberto era una condizione intermedia tra la schiavitù e la libertà, che riguardava però soltanto la persona dello schiavo liberato: i figli erano infatti considerati cittadini liberi a tutti gli effetti. I Gracchi appartenevano a quella minoranza «illuminata» dell’aristocrazia che si rendeva conto dell’impossibilità di conservare senza correzioni di alcun tipo un sistema di potere e di privilegi superato. Essi tentarono di risolvere in primo luogo il problema della crisi della piccola proprietà terriera successiva alle guerre di conquista, attraverso una più equa ripartizione dell’ager publicus. Mancò sempre, però, una volontà politica per una loro effettiva applicazione. Nel 133 a.C. il tribunato guidato da Tiberio Gracco promosse una nuova legge agraria. Questa stabiliva un limite all’occupazione privata dell’ager publicus: un privato poteva occuparne una porzione fino a 1000 iugeri (500+250 per ciascun figlio maschio, fino ad un massimo di 1000), se la parte occupata da una famiglia superava questo limite, il restante tornava allo stato che doveva redistribuirlo. I terreni eccedenti venivano redistribuiti in lotti di circa 30 iugeri. La nuova legge consentiva la distribuzione di molte terre e suscitò molte speranze nelle plebe. L’aristocrazia, però la osteggiò, vedendo minacciato il proprio sistema di potere. Il tesoro di Attalo III di Pergamo, morto in quell’anno lasciando erede del suo regno il popolo romano, venne utilizzato per aiutare economicamente i nuovi piccoli proprietari. Il tribuno Marco Ottavio si oppose alla riforma di Gracco e venne deposto da quest’ultimo. Tiberio chiese di essere nuovamente eletto al tribunato per portare avanti la sua opera, cosa mai avvenuta. Poiché mai avvenuta, venne accusato di aspirare al regno, alla tirannide e ucciso. RIFORME GRACCANE Nel 59 a.C. Cesare venne eletto console e realizzò il programma triumvirale, distribuendo nuove terre ai veterani di Pompeo, riconoscendo il nuovo assetto delle province orientali, introducendo nuove agevolazioni per gli amici di Crasso e approvando una nuova legge agraria con la quale vennero concesse nuove terre anche alla plebe cittadina povera. Cesare si fece assegnare per i 5 anni successivi il governo delle provincie galliche come base d’appoggio per la conquista della Gallia che era rimasta indipendente (Galli deboli politicamente e militarmente). Molti popoli della Gallia avevano già avuto rapporti amichevoli o avversi con i romani. Tra il 58-51 a.C. Cesare guidò una serie di campagne vittoriose, che miravano alla conquista effettiva dei territori. Queste conquiste permisero a Cesare di presentarsi all’opinione pubblica come un trionfatore e di richiedere il rinnovo dell’accordo triumvirale che si era indebolito. Infatti, metre Cesare combatteva in Gallia, alcuni suoi uomini cercano di comandare le istituzioni e gli altri due membri. Tra questi c’è Clodio, il quale da patrizio divennne plebeo in seguito ad uno scandalo. Egli da tribuno della plebe accusò e fece esiliare per un’anno Cicerone. Nel 56 a.C. i tribuni si incontarono a Lucca dove decisero la proroga di 5 anni per Cesare in Gallia e decisero di rinnovare il consolato per Pomeo e Crasso che ottennero anche il governo di Spagna e Siria. Pompeo non andò mai in Spagna delegando il governo ai suoi legali, mentre Crasso andò in Siria dove venne ucciso in battaglia dai Parti. Nel 52 a.C. in seguito ad uno scontro tra bande, Clodio morì, mentre Pompeo venne nominato console senza collega e si riavvicinò agli aristocratici, facendo crescere le divisoni con Cesare. Con il rifiuto della candidatura di Cesare in assentia (lontando ad Roma), scoppiò la guerra civile. Cesare nel frattempo nel 52 a.C. conquistò tutta la Gallia, sancita dall’assedio di Alesia. Nel 50 a.C. terminò l’accordo triumvirale e a Cesare venne rifiutata la proroga del comando in Gallia. Nel 49 a.C. Cesare varcò il Rubicone (limite del pomerio voluto da Silla) segnando l’inizio della guerra civile. Pompeo fuggì dall’Italia, rifugiandosi in Oriente, con lo scopo di riprendere l’esempio Sillano, di riconquistare l’Italia dall’Oriente. Cesare approfittò dell’assenza di Pompeo per rafforzare le proprie posizioni orchestrando un’abile propaganda per convincere i senatori della bontà delle sue scelte. Dal punto di vista militare, Cesare, preferì prima coprirsi le spalle in occidente, muovendosi prima contro i pompeiani di Spagna e contro Marsiglia (alleata di Pompeo) per poi passare alla Grecia dove Pompeo aveva radunato il suo esercito, sconfiggendolo a Farsalo nel 48 a.C. Pompeo cercò di rifugiarsi in Egitto dove però venne fatto uccidere da Tolemeo XIII per ingraziarsi i favori di Cesare, che però fedele alla clemenza del suo operato di governo non apprezzò il gesto e anzi arrivato ad Alessandria, onorò la memoria del defunto. Nella contesa dinastica che sorse tra Tolemeo e Cleopatra, Cesare si schierò con Cleopatra che divenne sovrana d’Egitto. Nel 47 Cesare sconfisse Fernace, re del Ponto, a Zela, passando poi in Africa dove sconfisse i pompeiani a Tapso e, nel 45 a.C., in Spagna dove sconfisse i figli di Pompeo. Cesare divenne così l’unico padrone dello stato. Negli anni della guerra civile Cesare ricoprì la carica di console, controllava l’esercito e assunse a vita il titolo di imperator, che divenne vitalizio sotto il suo comando. Grazie alla potestà censoria, attribuitagli dai comizi, intervenne sulla cittadinanza e sulla composizione dei vari ordini e ceti, compreso il senato (900 membri). Per il 48-47 gli viene attribuita una dittatura temporanea, che nel 46 gli viene conferita per dieci anni e nel 45 trasformata in un attributo permanente e vitalizio. Nel 44 a.C. Cesare venne nominato dittatore perpetuo. L’accentramento del potere decisionale rispondeva a esigenze di razionalizzazione politica e amministrativa. I magistrati erano di fatto designati da Cesare, che ne diminuiva il prestigio e il ruolo aumentandone i titolari. Il senato fu portato a 900 membri, con nuovi senatori scelti anche tra extraitalici all’interno dei ceti inferiori. Ad esso fu sottratto il controllo delle province, affidate a governatori nominati dal dittatore, e quello delle finanze dello stato, affidato a propretori. Inoltre favorì forti interventi sul piano sociale con la distribuzione di terre ai veterani, la creazione di colonie sui siti di Corinto e Cartagine, le costruzioni pubbliche a Roma, estese la cittadinanza romana ai cisalpini (49 a.C.) e riformò il calendario. Prima di partire per la campagna contro i Parti, Cesare venne assassinato in una congiura oligarchica (Idi di marzo [15 marzo], 44 a.C.). Un mese prima (15 febbraio), in occasione della festività dei Lupercali, Antonio gli pose sul capo un diadema, che Cesare rifiutò platealmente. La congiura può essere spiegata a causa dell’isolamento di Cesare negli ultimi mesi di vita. Il progetto politico dei congiurati era molto fragile e fondato sul generico richiamo alla libertà repubblicana e ai suoi valori. Il console del 44 era Marco Antonio (cesariano) che attuò una politica di compromesso: non perseguitò i cesaricidi, ma convalidò le decisioni del defunto dittatore e si fece attribuire un comando di 5 anni sulla Gallia Cisalpina e Transalpina. Inoltre diede a Cesare funerali di stato e celebrò Cesare come una divinità. Egli voleva presentarsi come il continuatore di Cesare ma contro di lui si schierò Cicerone, che appoggiò Gaio Ottavio, giovane pronipote di Cesare che questi aveva riconosciuto come erede. Gaio Ottavio a Roma rese omaggio a Cicerone perché ritenne, in quel momento, più saggio ridimensionare il potere di Antonio. I 2 capi della congiura, Marco Bruto e Cassio, erano in Oriente dove cercavano di organizzare la resistenza armata contro i cesariani. Inoltre, un altro congiurato, Cesare Brutio era al comando nella Gallia Cisalpina, ma Antonio gli chiese di lasciare il comando. Nel 43 a.C. il senato inserì Ottaviano fra i suoi membri e insieme a lui e ai consoli si scontrarono e sconfissero Antonio (guerra di Modena) Poichè entrambi i consoli morirono in battaglia, Ottaviano chiese al senato il consolato per se, ricompense per i suoi soldati e l’approvazione di una legge che istituisse delle corti giudicanti per gli assassini di Cesare ma al rifiuto del senato marciò su Roma. Nell’agosto del 43, Ottaviano venne eletto console eliminando ogni opposizione con le armi e assunse il nome di Gaio Giulio Cesare. Egli ambiva a presentarsi come effettivo erede di Cesare. A questo punto, sentendosi ormai forte, con un completo voltafaccia propose ad Antonio e a Lepido un alleanza che viene accettata, portando alla nascita del secondo triumvirato I comizi tributi votano la lex Titia, che riconosceva i triumviri come “triumviri con il compito di riformare la costituzione”, con amplissimi poteri militari e di governo. Nella scelta del titolo imitarono Silla e come lui pubblicarono nuove liste di proscrizione (centinaia di senatori e cavalieri vennero uccisi, tra cui Cicerone). Rimesse in sesto le finanze con i beni sequestrati agli avversari uccisi, i triumviri rivolsero le armi verso l’oriente dove Bruto e Cassio avevano creato un esercito consistente. In Italia però emerse un altro problema. Sesto Pompeo, figlio di Pompeo, iniziò a minacciare le comunicazioni tra l’Italia e le Province, grazie ad azioni di pirateria dalla Sicilia, ma le sue azioni vennero sottovalutate dai 3. In questo periodo Cesare viene divinizzato e Ottaviano venne riconosciuto “figlio del dio”. Nel 42 a.C. i cesaricidi vennero sconfitti a Filippi (Grecia settentrionale). Con questo scontro ne uscirono rafforzati il potere militare e Marco Antonio, che si riservò il comando sull’Oriente, per poi definire le sfere di competenza (Antonio: Oriente e Gallia Cisalpina - Ottaviano: Occidente - Lepido: Africa). Tra il 40-39 a.C. Ottaviano entrò in una fase di difficoltà a causa delle persistenti azioni di pirateria di Sesto Pompeo, che si opponeva al tentativo di redistribuzione delle terre ai veterani. Nel 40 a.C. i triumviri si incontrarono a Brindisi dove confermarono i precedenti accordi con qualche aggiustamento (M. Antonio: Oriente - Ottaviano - rafforzamento Italia e Occidente - Lepido: Africa). I triumviri nel 39 a.C. riconobbero con un accordo a Sesto Pompeo il controllo su Sicilia, Sardegna e Corsica, e quest’ultimo in cambio avrebbe cessato le sue azioni di pirateria. L’accordo durò poco. Nel 37 a.C. venne rinnovato l’accordo triumvirale per 5 anni e nel 36 a.C. Sesto Pompeo e la sua flotta vennero sconfitti a Milazzo e Nauloco, da un luogotenente di Ottaviano, Vispanio Agrippa. In seguito a questa vittoria, Lepido reclamò il controllo sulla Sicilia, ma il suo esercito si ribellò e passo con Ottaviano che lo fece decadere dalla sua carica, offrendogli invece il ruolo di pontefice massimo fino alla morte di Lepido (12 a.C.). Antonio in difficoltà cercò di imporre tributi alle popolazioni d’Oriente e di creare alleanze con i re della zona. Il paese più potente in oriente era l’Egitto, guidato da Cleopatra. I 2 si unirono in matrimonio ed ebbero 2 gemelli. Antonio sempre in questo periodo annesse ai sui territorio l’Armenia. Il suo legame con Cleopatra insinuò forti dubbi a Roma, dove molti iniziarono ad avere paura che potesse spostare il centro dell’impero e iniziare una dinastia. Ne approfittò Ottaviano che si pose come principale oppositore dell’orientalizzazione dell’impero, cercando di mettere in cattiva luce l’avversario. Nel 32 a.C. Ottaviano fece giurare fedeltà a Roma dalle Province e dall’Italia ed entrò in conflitto con Cleopatra e non con Antonio per evitare la guerra civile e presentare Antonio come traditore della patria. Nel settembre del 31 a.C. ad Azio, di fronte alla costa dell’Epiro, Ottaviano sconfisse le forze congiunte di Antonio e Cleopatra, che, tornati in Egitto, si suicidarono. L’Egitto divenne provincia romana e Ottaviano rimase unico padrone dell’impero, cercando di legittimare e giustificare l’inizio illegittimo del suo potere. 13 anni dopo la morte di Cesare, Ottaviano raccolse l’eredità politica del padre politico e si trovò a scegliere il modello a cui ispirare la sua futura azione. Il suo fu un capolavoro politico e istituzionale, in quanto si trattò di una presentazione propagandistica di una realtà che era all’opposto di ciò che era in sostanza, si è parlato di impero senza imperatore, in effetti Ottaviano tenne per se solo il titolo di restauratore della repubblica. In realtà sconvolse l’ordinamento tradizionale, svuotò le vecchie magistrature, non restaurò la repubblica, anzi portò avanti una rivoluzione che venne presentata come una restaurazione delle istituzioni repubblicane. Quando Ottaviano sconfisse Antonio si fece eleggere per diversi anni (fino al 23) al consolato, condividendo la carica con colleghi a lui fedeli, ma questo sistema non durò all’infinito perché incostituzinale e impopolare. Con il ritorno di Ottaviano in italia nel 29 vennero celebrati i suoi trionfi e in questa occasione gli fu assegnato il titolo di Imperator, che divenne permanente, entrò a far parte del nome stesso di colui che lo portava e divenne il titolo della sovranità. Nel 28 a.C. gli venne attribuito il titolo di principe del senato, primo del senato, individuato come senatore più saggio. La svolta definitiva si ebbe nel 27, quando iniziò il nuovo regime. Il senato attribuì ad Ottaviano numerosi onori, tra cui il titolo di Augusto (“colui che accresce”) e i poteri della tribunicia protestas (poteri dei tribuni della plebe). Il titolo di Augusto lo rendeva superiore a qualunque magistrato. Per 10 anni gli venne anche attribuito il controllo sulle province instabili, dove fece stanziare gli eserciti, mentre le province pacate e prive di eserciti vennero affidate al senato. Tra il 27-25 a.C. vennero combattute da Augusto campagne di conquista in Gallia e nella Spagna settentrionale dove si opposero le tribù che non riconobbero mai l’autorità di Roma. Nel 23 a.C. furono apportate correzioni all’equilibrio raggiunto nel 27. Augusto depose il consolato, rivestito ininterrottamente dal 31 a.C., e si fece attribuire a vita un potere proconsolare senza limiti geografici, che dopo di lui divenne prerogativa dell’imperatore. Questo era un potere che gli consentiva di agire su tutte le provincie, non solo quelle instabili. Il senato gli riconfermò anche la tribunicia potestas, vitalizia. Negli anni successivi si aggiunsero altre prerogative, infatti nel 22 a.C. in seguito a una carestia, Augusto rifiutò la dittatura offerta dal popolo e assunse la cura annonae (=incarico di provvedere all’approvvigionamento di Roma). Tra il 19-18 a.C. si fece attribuire i poteri dei censori, nel 12 a.C. in seguito alla morte di Lepido divenne Pontefice Massimo e nel 2 a.C. divenne padre della patria (pater patriae). I poteri dell’imperatore erano: POTERE POLITICO Convocava e controllava il senato - Convocava e approvava le leggi dei comizi - Godeva della potestà tribunicia - Nominava i magistrati - Governava le province. Controllava le finanze delle province e disponeva di un fondo per le spese personali. Ricopriva la carica di Pontefice Massimo. Era il giudice supremo sulle cause civili e penali. Persero a favore del senato le competenze giudiziarie ed elettive. Assumeva il comando dell’esercito imperiale. POTERE ECONOMICO POTERE RELIGIOSO POTERE GIURIDICO POTERE MILITARE ISTITUZIONI SENATO COMIZI alla conquista della Germania. Nelle aree orientali, la soluzione di conflitti venne lasciata alla diplomazia, attraverso la creazione di stati cuscinetto assegnati a re clienti. Accordi diplomatici vennero raggiunti anche con i Parti, dai quali vennero riottenute le insegne tolte a Crasso a Carre nel 53 a.C. Augusto rimise ordine nelle istituzioni religiose, restaurando o ricostruendo i templi abbandonati. Riorganizzò i sacerdozi vacanti, definendo lo statuto sociale dei sacerdoti pubblici e venne inserito in tutti i collegi sacerdotali. Ripristinò i riti caduti in disuso e arricchì il culto con un certo numero di nuove feste, alcune delle quali legate alla celebrazione di eventi della vita del principe e dei suoi familiari. Neutralizzò il sistema auspicale. Gli auspici persero così la funzione di arma politica. Elemento caratteristico della religione pubblica del principato fu la divinizzazione di alcuni imperatori defunti. Augusto in vita non ricevette culti, almeno in paesi di cultura latina. Le guerre civili e le proscrizioni modificarono la struttura della proprietà e dei ceti dirigenti. Il ricambio della classe dirigente fu favorito anche dal regime demografico, caratterizzato da un’altissima mortalità, che mise a rischio l’esistenza stessa di molte famiglie dell’élite. Per questo Augusto varò, a partire dal 18 a.C. (anno in cui ottenne la podestà censoria), precise disposizioni per regolamentare la vita matrimoniale e il diritto di famiglia: 1) 2 Leges Iuliae, contro l’adulterio e a favore della procreazione; 2) Lex Papia Poppaea, con penalizzazione per i celibi e i coniugi privi di figli. La ripresa economica diffuse in Italia e nelle province un discreto benessere, di cui si avvantaggiarono anche i ceti sociali medio-bassi. L’elemento più dinamico della società romana fu rappresentato dai liberti, al cui vertice vi erano i liberti imperiali, impiegati nell’amministrazione centrale del principe. Questa politica augustea venne sostenuta dai ceti intellettuali, anche se non mancavano voci discordanti. Augusto diede per scontata l’irreversibilità della nuova forma politica. Nonostante la restaurazione dell’ordine repubblicano, si iniziò a pensare alla successione, che in qualche modo avrebbe fatto si che il nuovo regime avesse un volto monarchico con le connesse logiche dinastiche. Augusto in qualche modo dovette inventare un successore anche perché non ebbe figli naturali di sesso maschile. Da una parte si basò sulle logiche ereditarie proprie della società romana, investendo l’erede prescelto in base alla rilevanza politica e sociale da lui acquisita. Anche il matrimonio con l’unica figlia di augusto (Giulia) divenne uno strumento di legittimazione politica. Infatti il primo che Augusto individuò come suo possibile successore fu Marco Claudio-Marcello, figlio della sorella di Augusto, che venne fatto sposare a Giulia. Lo stesso capitò con il suo più fidato generale Marco Agrippa, individuato dopo la morte di Marcello, come suo successore e fatto sposare a Giulia. Dopo la morte di Marcello e Agrippa, Augusto pensò alla successione dei nipoti, il problema però non si pose perché entrambi i bimbi morirono prima di lui. L’ultimo a cui Augusto pensò fu il figliastro Tiberio che venne fatto sposare alla figlia. Per l’investitura politica, valse lo stesso meccanismo che era stato utilizzato da Cesare e su cui Augusto aveva costruito la sua strada imperiale: l’adozione. Cosa fatta nei riguardi di Tiberio. L’adozione divenne la forma collaudata con cui si designeranno in seguito molti imperatori. Al successore designato vennero attribuiti l’imperium e la potestas che erano alla base del potere augusteo. Tiberio venne adottato da Augusto nel 4 d.C. e nel 13 insignito dell’imperium e della tribunicia potestas. Augusto morì nel 14 d.C. Il senato attribuì al suo successore l’insieme dei poteri di cui Augusto fu titolare. Seguiva poi la conferma del popolo nei comizi. TIBERIO (14 - 37 d.C.) RELIGIONE STRUTTURA SOCIALE SUCCESSIONE DI AUGUSTO DINASTIA GIULIO-CLAUDIA Tiberio fu un valoroso generale e uomo di governo. Proseguì positivamente il governo augusteo. Riconvertì in senso difensivo l’apparato militare, rispettò il senato a cui affidò il compito di eleggere i magistrati e cercò di coinvolgerlo nel governo dell’impero. Riteneva gli onori del principe eccessivi se rivolti alla sua persona. In politica estera Tiberio guidò l’impero in acque più calme, ad esempiò guidò il nipote Germanico, figlio del fratello, a sospendere la guerra in Germania. Germanico poteva essere, per Tiberio, un possibile successore e probabilmente voleva spostarlo in Oriente per fargli conoscere tutta la realtà dell’impero. Germanico accettò onori divini da parte dei re d’oriente, impose un re cliente in Armenia e osò sfidare il decreto di Augusto secondo cui i senatori non potessero entrare in Egitto. Tiberio decise di affiancargli il legato della Siria ma nacquero dissidi tra i 2 e alla morte oscura di Germanico (19 d.C.) il legato di siria, Gneo Pisone, venne ritenuto colpevole e si suicidò. Dopo la morte di Germanico (19) e del figlio di Tiberio, Druso Minore (23), il prefetto al pretorio Seiano assunse un ruolo sempre più importante nella guida del governo della capitale, tanto più dopo che Tiberio si ritirò definitivamente a Capri nel 27. Cominciarono i sospetti e i processi “di lesa maestà” e Seiano venne ucciso in uno di questi processi. Ci fu un periodo di terrore, tra processi e sucidi. Come possibili successori rimasero: Tiberio Gemello, figlio di Druso minore, e Gaio detto Caligola, unico sopravvissuto tra i figli di Germanico. Tiberio nominò entrambi eredi congiunti alla sua morte. Negli ultimi anni del regno di Tiberio, che continuava a rimanere a Capri, scoppiò una grave crisi finanziaria e si acuirono i contrasti con il senato. Fu proprio il senato a riconoscere Caligola come unico erede. Sotto di lui si acuirono gli aspetti autoritari di questa forma di governo. L’impero di Gaio, detto Caligola, figlio di Germanico, fu relativamente breve (37-41) e viene ricordato soprattutto per le stravaganze senza limiti, amplificate da una storiografia ostile. Si accentuarono gli aspetti orientalizzanti e dispotici del potere imperiale, perché in qualche modo seguì la politica che sarebbe stata quella del padre Germanico, che avrebbe accentuato i tratti monocratici e orientalizzanti del potere imperiale, allontanandosi dalla tradizione augustea. In ambito religioso Caligola volle, ad esempio, imitare i sovrani ellenistici facendosi costruire templi e statue, persino nel Tempio di Gerusalemme, e ciò lo pose in conflitto con gli Ebrei. Tentò poi di valorizzare la cultura e i riti egizi; La situazione precipitò quando Caligola partì per la regione del Reno e preparò con grande enfasi una spedizione in Britannia che non realizzò mai; in sua assenza il senato organizzò una congiura che l’imperatore represse con nuove condanne, ma nel 41 d.C. pretoriani e senatori si unirono in un’inedita alleanza uccidendolo. I pretoriani imposero come nuovo imperatore Claudio, fratello di Germanico, zio di Caligola, raffinato intellettuale e studioso dell’antichità. Le fonti senatorie ce lo presentano come un inetto, ma in realtà il suo regno contraddice questa malevola presentazione. A lui dobbiamo una significativa riforma, con cui l’amministrazione centrale fu divisa in quattro grandi uffici, un segretario generale, uno per le finanze, per le suppliche e per l’istruzione dei processi da tenersi davanti all’imperatore. Poiché a capo di questi dipartimenti furono posti dei liberti, l’impero di Claudio viene ricordato come il “regno dei liberti”. Questo fatto contribuì a limitare ulteriormente gli spazi del senato, giustificandone l’ostilità. Claudio si staccò un po’ dalle idee di Augusto e Tiberio ponendo la sua attenzione in particolare alle province, favorendone la romanizzazione e permettendo l’ingresso in senato anche a ricchi rappresentanti dell’aristocrazia fondiaria della Gallia Comata (sud-orientale). I senatori non apprezzarono questo gesto, temendo che potesse segnare la fine del loro monopolio di potere, senza contare la concorrenza economica che i latifondisti di alcune province iniziavano a fare rispetto ai possedimenti italici. Nella prima parte del suo principato Claudio dovette risolvere le questioni lasciate aperte da Caligola, in particolare l’invasione della Britannia, che fu in larga parte occupata e ridotta a provincia nel 44 d.C. In Oriente ricucì gli strappi con le comunità ebraiche in Palestina e cercò di ricostituire le condizioni di pacifica convivenza tra la comunità ebraica e i cittadini greci di Alessandria. La presenza a Roma di una considerevole comunità di Ebrei, all’interno della quale si iniziava a diffondere la nuova religione cristiana, costituiva una possibile occasione di tumulti. Conosciamo dalle fonti specifici provvedimenti di Claudio volti a limitare gli assembramenti, e addirittura CALIGOLA (37 - 41 d.C.) CLAUDIO (41 - 54 d.C.) azioni di espulsione da Roma degli Ebrei, la cui agitazione minacciava la pace in città. Il regno di Claudio fu un regno caratterizzato dagli intrighi di corte (terze nozze: Messalina, uccisa nel 48. Quarte nozze: Agrippina (fece adottare dall’imperatore il figlio Nerone avuto da un precedente matrimonio) per poi ucciderlo nel 54 d.C. Salito al trono a soli 17 anni, rappresentò una speranza per il senato, infatti venne affidato alle cure di Seneca, esponente della nobiltà provinciale (Spagna). Appena designato imperatore, Nerone ribadì la sua intenzione di tener divisi la famiglia dallo stato. Il primo periodo di governo fu un periodo di governo illuminato, si parla di quinquennio aureo, anni felici per lo stato, poi la svolta autoritaria (eliminazione della madre che si opponeva alle sue nozze con Poppea; allontanamento di Seneca) Nel 65 d.C. venne organizzata la congiura dei Pisoni volta ad eliminare Nerone che portò alla morte di Seneca. Nerone acquistò il favore del popolo con politiche monetarie favorevoli e con un vasto programma di ricostruzione edilizia dopo l’incendio di Roma del 64 (costruzione della Domus Aurea). Grande ammiratore dell’Oriente e della Grecia, attuò una politica di remissione fiscale in questi paesi. Viaggiò in Grecia nel 67, esibendosi negli eventi più importanti. Non si rese conto del malcontento che serpeggiava tra le truppe. Proprio mentre Nerone compiva il tour in Grecia scoppiò in Gallia una rivolta seguita da un’altra in Spagna guidate da un vecchio senatore provinciale. Nel 68 d.C. scoppiarono ribellioni tra gli eserciti provinciali. Il senato trattò con i ribelli, abbandonando Nerone. Abbandonato dai pretoriani, Nerone si uccise, portando alla fine della dinastia Giulio-Claudia. La mancanza di una soluzione preordinata di una successione fu la causa di una grave crisi. Il pericolo di una nuova guerra civile era nell’aria. Riuscì ad emergere Vespasiano, un uomo che non appartiene all’aristocrazia senatoria tradizionale. Tra il 68-69 d.C. venenro eletti 4 imperatori. In questi anni il senato rappresentava un formidabile e insostituibile strumento di continuita, ma da solo non poteva aspirare a creare un’imperatore (lo si vide nei pochi mesi in cui Galba fu imperatore). I pretoriani imposero in seguito a Galba un altro imperatore, Otone, marito di Poppea che Nerone aveva mandato in Lusitania per liberarsene. Nonostante questo Otone era rimasto neroniano: riabilitò la memoria del predecessore, diede soldi ai pretoriani e ottenne il riconoscimento del Senato. Otone fu però sconfitto vicino a Cremona dalle legioni renane che si erano date un altro imperatore, Vitellio. In Italia le sue truppe si comportarono più come truppe di occupazione che come eserciti romani, saccheggiando e commettendo ogni tipo di crudeltà. Fu a questo punto che le legioni orientali e quelle danubiane si ribellarono a Vitellio, proclamando imperatore Vespasiano. Questi, che si trovava a Gerusalemme a domare la rivolta ebraica, lasciò il figlio Tito ad assediare la città e marciò verso l’Italia. Vitellio cercò di negoziare, ma fu ucciso e gettato nel Tevere. Nel dicembre del 69 Vespasiano divenne così imperatore. Vespasiano fu il primo imperatore del tutto estraneo all’aristocrazia romana: il padre era un funzionario dell’ordine equestre che era entrato nel senato solo sotto Tiberio. Egli era dunque un esponente dei nuovi ceti incoraggiati dagli stessi imperatori e ora capaci di arrivare al trono. La rottura dinastica peraltro imponeva un nuovo genere di legittimazione per il nuovo princeps. Perciò Vespasiano fece votare dagli antichi comizi curiati una legge che precisava i suoi poteri (identici ai precedenti). L’elezione di Vespasiano simboleggiava l’ascesa al potere delle élites locali italiche, con i loro interessi, la loro operosità e le loro idealità. Vespasiano fece in modo che si potessero ammettere al senato e all’ordine dei cavalieri i migliori candidati italici e provinciali disponibili. In campo finanziario ed economico, Vespasiano si dimostrò un oculato amministratore, tornando dopo gli anni di Nerone a una politica di sfruttamento razionale delle risorse esistenti. Si ebbero cospicui inasprimenti fiscali e vennero imposte nuove e curiose tasse. Avviò a Roma importanti opere pubbliche sul sito delle fabbriche neroniane della Domus Aurea (Colosseo). Su un piano più generale, Vespasiano riprese la generosa politica di integrazione dei provinciali e soprattutto delle loro élites nella cittadinanza, che era stata una caratteristica degli anni di Claudio. NERONE (54 - 68 d.C.) VESPASIANO (68 - 79 d.C.) DINASTIA FLAVIA Di origine provinciale, come il predecessore. Fu educato a Roma. Il fatto che abbia rimandato fino all’ultimo l’adozione fece sorgere alcuni dubbi sulla convinzione di Traiano. Le circostanze poco chiare dell’ascesa al trono e il fatto che contemporaneamente a Roma venissero eliminati 4 senatori di rango consolare già fedelissimi di Traiano con accusa di aver complottato contro di lui, gli inimicarono il senato. La personalità di Adriano fu molto diversi da quella di Traiano: la sua politica estera fu una politica di contenimento, furono evacuate le conquiste oltre l’Eufrate per la loro indifendibilità e in Britannia fece costruire il Vallo di Adriano. Dedicò particolare attenzione all’organizzazione della difesa reclutando i legionari nelle stesse aree dove essi sono impiegati e introducendo corpi speciali permanenti (numeri) costituiti da popolazioni di confine che combattevano secondo le tecniche proprie del territorio. Adriano è noto come un imperatore colto che trascorso 12 anni del suo regno viaggiando, conoscendo quindi il funzionamento e i meccanismi delle provincie dell’impero. Represse la rivolta ebraica di Simone Bar Kochba. La sua politica estera fu una politica di contenimento però dovette affrontare il problema degli ebrei e di questa loro rivolta nel 132, causata dal progetto della creazione di una colonia romana a Gerusalemme e della costruzione di un tempio di giove sulle rovine del tempio di gerusalemme distrutto da Tito nel 70. Fu una repressione durissima, al cui termine agli ebrei fu vietato anche solo di avvicinarsi a Gerusalemme. Condonò i debiti dei cittadini (influenza positiva sulla sua fama). A lui va anche il merito della razionalizzazione dell’impero, continuò l’opera di Domiziano della sostituzione dei liberti imperiali con funzionari presi dall’ordine equestre. Sviluppò l’apparato di governo definendo carriere e retribuzioni dei vari funzionari e privilegiando al suo interno l’ordine equestre. Suddivise l’Italia in quattro distretti giudiziari affidati a persone di ambito consolare, suscitando l’opposizione del senato che vide una volontà di controllo amministrativo e un’inaccettabile comparazione dell’Italia al resto delle provincie. Ad Adriano successe Antonino Pio. Non fu la prima scelta di Adriano, dopo aver tentato altre strade, nel 136 adottò Lucio Commodo, genero di uno dei 4 consolari messi a morte all’inizio del suo regno. Questo morì prima di Adriano e quindi venne scelto un senatore, Antonino, a cui fu imposto di adottare i figli di Lucio Commodo. In questo modo Adriano organizzò non solo la sua successione diretta, ma anche quella futura. Anche Antonino era di origine provinciale, ricevette il titolo di Pio per la devozione dimostrata nei confronti di Adriano, per il quale ottenne la divinizzazione da parte di un senato ostile. Il nuovo imperatore si contrappose nello stile di governo rispetto al predecessore, Adriano fu un imperatore viaggiatore, Antonino invece non si spostò mai da Roma. Non si ricordano momenti particolari del suo regno perché fu un periodo molto sereno e felice. Dal punto di vista militare ricordiamo solo un avanzamento del confine britannico (dal vallo di adriano al vallo di antonino), una zona che però venne presto evacuata per tornare al più sicuro vallo di adriano. Fu conservatore in senso religioso e devoto agli antichi culti romani e laziali. Estese la cittadinanza romana e fu legislatore liberale, prese provvedimenti umanitari, condonò alcuni debiti. Per 9 anni, fino alla morte di Lucio Vero, i due hanno condiviseri il potere (1° caso di doppio principato). L’impero vastissimo iniziava a mostrare la necessità di una reggenza policentrica. Lucio era molto diverso da Marco, era violento e lussurioso, perciò gli venne affidato il comando di combattere il re dei parti (161-166). Vittoria romana incompleta a causa di nuovre problematiche in occidente. Spinti da movimenti di Goti che scendevano dalla Scandinavia per trovare terre, i Marcomanni e i Quadi invasero l’Italia e si spinsero fino ad Aquileia. Marco Aurelio ristabilì la difesa di Italia e Alpi e richiamò una parte degli eserciti stanziati in oriente. Le truppe spostate dall’oriente portarono con se la peste. L’epidemia durò molti anni e diminuì la popolazione. Dal 167 in poi Marco e Lucio furono quasi costantemente impegnati prima a contenere e poi contrattaccare gli invasori. Nel 169 Lucio morì lasciando Marco Aurelio da solo. Nel 175 Marco Aurelio stipulò una pace con i Marcomanni per fronteggiare una rivolta scoppiata in oriente. Questo imperatore passò alla storia come un imperatore filosofo, però non fu immune da atteggiamenti contradditori, uomo che teorizzava la razionalità, conservatore in materia religiosa, nel corso delle sue campagne riesumò dei riti arcaici e diede spazio a forme di superstizione. Negativo fu il suo atteggiamento contro i cristiani: nel 177 a Lione, i magistrati locali inflissero i giochi gladiatori ai cristiani. ANTONINO PIO (138 - 161 d.C.) MARCO AURELIO (161 - 180 d.C.) Contemporaneamente scoppiò nuovamente la guerra con i Marcomanni, interrotta dalla morte di Marco Aurelio. Con Marco Aurelio si chiuse la fase alta, felice dell’impero, perché la guerra contro i parti dissanguò l’esercito e portò la peste nell’impero che decimò la popolazione. Ruppe la catena delle adozioni, dato che aveva un figlio maschio, Commodo, unico sopravvissuto dei suoi 12 figli. Egli si affrettò a concludere la pace con i cristiani. Si ripropose con lui lo schema del principe autocrate e capriccioso (Caligola, Nerone, Domiziano). Commodo preferiva i piaceri della vita urbana a Roma invece della guerra e voleva essere un ercole romano, presentandosi come gladiatore. Fu un imperatore dispotico, stravagante, con pretese di cambiamenti senza senso come la volontà di rifondare Roma con il nome di Colia Commodale. Ciò portò a grandi dissidi con il senato. Riconobbe grandi poteri ai prefetti al pretorio (Tigidio Perenne, Cleandro). Nel 180 firmò una tregua con Quadi e Marcomanni. Nel 182 represse una congiura della nobilitas e della sorella Lucilla e nel 184-185 grazie al legato Ulpio Marcello respinse i Caledoni penetrati in Britannia. Diffuse a Roma e nell’impero culti orientali tra cui il cristianesimo, di cui era seguace Marcia, concubina dell’imperatore. Morì nel 192 in una congiura e venne acclamato imperatore il prefetto urbano Pertinace, espressione del senato. Dopo Commodo ci furono 2 secoli di benessere grazie alla grande fioritura della vita economica in tutto l’impero nel I-II secolo e grazie al grande sviluppo di agricoltura, commerci e produzione artigianale. Il capolavoro costituzionale e di pragmatismo politico realizzato da Augusto non diede segni di cedimento e creò condizioni di vita accettabili per la maggior parte dei cittadini dell’impero. Il sistema funzionò a lungo anche perché i Romani sostituirono una differenza fra popoli con una differenziazione sociale, grazie a: 1) Coinvolgimento delle aristocrazie locali nella gestione del potere centrale 2) Progressivo inserimento dei provinciali in senato 3) Progressiva estensione del diritto di cittadinanza 4) Affermazione delle autonomie cittadine 5) Condizioni di assoluta pace interna e assenza di minacce reali esterne. Non contava la differenziazione etnica (non esisteva il greco, l’africano, il gallo) ma c’era una differenza di carattere sociale che differenziava i cittadini all’interno dell’impero. Le guerre marcomanniche e partiche dell’età di Marco Aurelio (161-180) segnano il punto di svolta. Il trauma è fortissimo, soprattutto dal punto di vista psicologico perché non si era preparati ad una situazione di questo genere e si spezzano anche gli equilibri di potere in Oriente. Si diffuse in Occidente una terribile pestilenza portata dagli eserciti orientali. Epidemie e guerre provocarono crisi demografica e crollo della produzione agricola, con conseguente diminuzione delle entrate fiscali e necessità per lo stato di riequilibrare il gettito. Il crollo del confine e l’esplodere della crisi determinò un ripensamento della politica militare e del ruolo dell’esercito perché fino a quel momento l’esercito aveva rappresentato una realtà estranea alla vita sociale dell’impero. La situazione cambiò con la pressione dei barbari e con la guerra esterna contro i parti che provocò un aumento delle spese. Tornarono a salire le spese militari. Tra Marco Aurelio e la dinastia dei Severi si assiste a una crescita continua del potere dell’esercito, finchè nel III sec. vedremo imperatori di astrazione militare. La struttura della società romana rimase immutata rispetto all’età tardorepubblicana. A partire dal II secolo si affermò la distinzione tra honestiores (ricchi) e humiliores e la giustizia venne amministrata in base alla condizione delle persone. Avvenne anche una profonda trasformazione dell’ordine senatorio con l’immissione di nuovo personale provinciale. I liberti acquisirono maggiore mobilità sociale grazie a iniziative commerciali e imprenditoriali spesso di successo. I liberti della casa imperiale avevano funzioni burocratiche e amministrative che nel corso del II secolo vengono progressivamente assunte da personale appartenente all’ordo equestre. Diminuzione della schiavitù che rimase solo nei grandi latifondi. COMMODO (180 - 192 d.C.) FINE DINASTIA ANTONINI Dopo la morte di Commodo (192), venne acclamato imperatore il prefetto urbano Elvio Pertinace, uomo anziano e senza eredi (senza ambizioni dinastiche) che decretò che il futuro imperatore fosse scelto tra i membri del senato. Egli attuò una politica di pacificazione e di razionalizzazione amministrativa, dimostra un forte senso dello stato. Il 28 marzo 193 Pertinace venne assassinato dai pretoriani, che scelsero come successore il senatore Didio Giuliano; le legioni della Britannia acclamarono invece Clodio Albino e quelle della Siria Pescennio Nigro. Nel Norico, il 9 aprile le truppe danubiane scelsero invece Settimio Severo che entrò in Roma ai primi di giugno. Il 1 giugno 193 Didio Giuliano venne deposto e condannato a morte e Settimio Severo venne proclamato Augusto. DINASTIA DEI SEVERI (193 - 235 d.C.) Era un generale appartenente ad una famiglia africana, la sua scesa rappresentava l’esito dell’affermazione delle famiglie africane all’interno della realtà politica romana. Lui aveva forti contatti con la realtà orientale (sposato ad una donna di una illustre famiglia sacerdotale siriana). L’influenza di questa donna portò la casata severiana a presentarsi con tratti più siriaci che africani. Lui congedò le corte pretoriane e le sostituisce con dei soldati che arrivavano dai dispiegamenti danubiani, quelli a lui più fedeli. Ciò pose fine alla presenza quasi totale di italici all’interno delle corti. Successivamente Severio imporrà una legione sui colli albani con lo scopo di creare un controaltare rispetto alle corti pretorie, ponendo fine alla smilitarizzazione dell’Italia voluta da Augusto. Settimio dovette eliminare i suoi rivali: Nel 194-195: dopo la sconfitta di Pescennio Nigro, Severo giunse fino all’Adiabene; Istituì 2 province tra cui la Mesopotamia. Divise la Siria in due province, in modo tale che il governatore della Siria non potesse più avere la forza militare e il potere necessario per aspirare all’impero. Nel 197 si scontrò con Clodio Albino a Lione. Albino venne eliminato e Settimio Severo riconobbe a suo figlio Caracalla il titolo di Cesare e diede inizio alla sua politica anti-senatoria. Nel 198 prese Ctesifonte, capitale dei Parti e nominò Caracalla Augusto e Geta (il figlio minore) Cesare. Severo e Caracalla, con tutta la famiglia imperiale, dopo il 202-203 compiono un viaggio in Africa settentrionale per visitare quelle zone e concedette a Letismania (sua città natale) l’esonero dalla tassazione diretta e sottomissione alle sole tasse che spettano all’Italia. Dall’inizio della sua esperienza di potere, Settimio si affidò pienamente all’esercito e al ceto equestre. Attuò una politica filomilitare e filoequestre ai danni del senato, tesa al ridimensionamento del primato italico all’interno dell’impero. Le accresciute spese militari resero necessarie svalutazioni del denario d’argento, con conseguente crescita dell’inflazione. Venne imposta una nuova tassa fondiaria che gravava anche sui possedimenti italici. Con lui i pagamenti in denaro vennero progressivamente sostituiti con i pagamenti in natura (non era toccato dall’eventuale incremento dei prezzi e rappresentava un bene più sicuro). Il senato vide progressivamente diminuita la sua prerogativa di assemblea legislativa (poteva solo più approvare le proposte dell’imperatore). Con lui si ebbe anche la crescita del ruolo del prefetto al pretorio, la cui funzione civile venne affiancata a una funzione militare. Secondo i suoi piani, i figli, Caracalla e Geta, dovevano succedere al padre. I due però avevano una concordia fittizia, in realtà si odiavano. Settimio allora li portò con se sul confine scozzese. Dal 208-211: operazioni sul confine scozzese insieme ai figli. Geta venne proclamato Augusto alla fine del 208. Nel 211 Settimio Severo morì a York. I due fratelli si affrettano ad arrivare ad una pace in Scozia e tornano a Roma. Dal 211-212: impero congiunto di Caracalla e Geta. Il 27 febbraio 212 Geta venne assassinato dal fratello e il suo nome cancellato da tutti i monumenti pubblici. L’uccisione di Geta venne presentata come una vera vittoria militare, lo attestano anche i racconti degli storici e lo confermano le monete coniate in quegli anni. La spada con cui era stato ucciso viene offerta come dono votivo a Serapide, divinità egiziana, perché presentata come arma con cui Geta aveva tentato di uccidere Caracalla, ritorcendosi contro di lui. In questo anno venne promulgata la Constitutio Antoniniana, editto che concedeva a tutti i sudditi dell’impero la SETTIMIO SEVERO (193 - 211 d.C.) ANTONINO CARACALLA (211 - 217 d.C.) Egli voleva mantenere con questi territori rapporti pacifici. Cercò di limitare il potere del senato, estromettendo i senatori dai comandi delle legioni e affidandoli alle classi equestri (risolse cosi il conflitto che opponeva l’imperatore ai membri dell’aristocrazia senatoria). Gallieno sospese la persecuzione anticristiana e riformò l’esercito estromettendo i senatori dai comandi legionari. Nel 268 Gallieno venne eliminato da una congiura di alti ufficiali dell’esercito. Gli succedette Claudio II (il Gotico), il primo dei cosiddetti “imperatori illirici”. Dal 268-270: impero di Claudio II caratterizzato da ripetute sconfitte dei Goti. Nel 270 Claudio II muore di pestilenza. Le truppe acclamarono Aureliano, comandante di cavalleria di origine pannonica. Dal 270-275: impero di Aureliano. Egli attraverso una serie di campagne militari sia in oriente che in occidente, riuscì a riportare l’impero alla sua unità. In questo periodo ci furono invasioni dell’Italia da parte di Alamanni e Lutungi. In questo periodo vennero costruite le mura Aureliane a difesa di Roma. Sempre in questi anni vennero superati i separatismi regionali (272: Zenobia venne sconfitta e il regno di Palmira si arrese; nel 274 anche l’impero gallico rientrò nell’orbita romana). Vennero costruiti nuovi modelli istituzionali orientati in senso autoritario, soprattutto relativamente alla figura del principe. Solo un modello monarchico sembrava essere una soluzione alla situazione di profonda crisi. La trasformazione della figura e del ruolo del principe non fu semplice. Una volta convinta l’opinione pubblica di una necessità di un sistema autoritario rimaneva il problema di riacquistare la fiducia dell’esercito. Vennero riaggregate e ricomposte le forze armate sotto un comando unitario e riorganizzazione il sistema fiscale. La politica monetaria fu orientata al ritorno alla coniazione della moneta aurea e al superamento degli antoniniani. Egli fu il primo imperatore che si rese conto della necessità di intervenire. Per la soluzione di questi problemi cercò di ricorrere a motivazioni di tipo religioso: introducendo un nuovo culto, il mitraismo, culto particolarmente praticato tra i militari per il vitalismo e il senso di milizia ad esso connesso. Aureliano si appoggiò a questo culto proprio perché diffuso all’interno dell’esercito, acquistando un consenso di fondo utilizzabile nell’opera di ricostruzione dell’esercito. Il culto solare divenne culto ufficiale. Venne costruito il tempio del Sole in Campo Marzio. Gran parte dei risultati che ottenne dipesero dalla fedeltà con cui l’esercito lo seguì. Nel 275 Aureliano venne assassinato presso Bisanzio. Nel 275 venne acclamato imperatore Claudio Tacito. Con lui si ebbe l’ultima riaffermazione della tradizione senatoria di governo. Nel 276, alla sua morte, Tacito affidò il potere al fratello Floriano. Gli eserciti gli preferiscono però Aurelio Probo. Dal 276-282: impero di Probo. Combatte e patteggia con i barbari. Obbligò i soldati a pesanti corvée. Nel 282 Probo viene assassinato dai suoi soldati in Illirico. Gli succedette Aurelio Caro, che associò al potere i figli Carino e Numeriano. Caro fu il primo imperatore a non chiedere al senato il riconoscimento della propria acclamazione imperiale. Nel 284 alla morte di Numeriano, i soldati acclamano imperatore Gaio Valerio Diocle (Diocleziano). Infine nel 285 Carino venne sconfitto e ucciso in Mesia. Diocleziano rimase unico imperatore. Tra II e III secolo si diffusero pratiche magiche e credenze nei demoni. Si diffusero le religioni che promettono la salvezza ultraterrena, in particolare i culti misterici di matrice orientale ma anche il cristianesimo conobbe un certo sviluppo. Le masse popolari che recepirono queste fedi risultarono un territorio fertile anche da parte del potere, tutti gli imperatori riformatori, primo tra tutti Aureliano, utilizzarono la religione come strumento di potere. CLAUDIO IL GOTICO e AURELIANO (268 - 275 d.C.) DA TACITO A DIOCLEZIANO (275 - 284 d.C.) Nel 284 Gaio Valerio Diocle venne acclamato imperatore. Cambiò il proprio nome in Diocleziano e con lui iniziò una nuova epoca per l’impero. ASCESA AL TRONO DI DIOCLEZIANO E TETRARCHIA Nel 285 dopo l’eliminazione di Carino rimase unico imperatore. Egli proveniva dalla carriera militare e dopo dieci anni dalla morte di Aureliano, Diocleziano riprese l’opera di riforma secondo una prospettiva più complessa, perché regnò 20 anni e si basò su provvedimenti di tipo strutturale, soprattutto la struttura amministrativa e il sistema fiscale. Introdusse la tetrarchia (condivisone del potere tra più imperatori), cercando di dare all’impero una gestione policentrica. Un unico imperatore non era più in grado di fronteggiare le problematiche di un impero così vasto. Nel 286 nominò Augusto l’ufficiale pannonico Aurelio Massimiano, inviato subito in Gallia a reprimere la rivolta dei Bacaudi. Dal 286-293: diarchia Diocleziano-Massimiano. Nel 287 i due Augusti assunsero il titolo di Giovio (Diocleziano) e di Erculio (Massimiano). Ciò dimostra che la loro condizione non era paritaria, la titolatura di Diocleziano era più elevata (veniva protetto da Giove=dio), mentre Massimiano (protetto da Ercole=semidio). Alla fine del 286, ci fu una sollevazione in Britannia guidata della flotta di Carausio, che si autonominò Augusto e si annette anche le coste della Gallia settentrionale. Il 287 anno attività di Diocleziano in Oriente: riconquistò della Mesopotamia e il protettorato sull’Armenia. Tra il 288-289: campagne di Diocleziano in Rezia e contro i Sarmati. Nel 288 i due Augusti si incontrano a Magonza, sul Reno, dove decisero l’intervento contro Carausio. Infine nel 291 i due Augusti si incontrano a Milano, (residenza privilegiata di Massimiano) e di nuovo si accordarono per combattere Carausio. Nel 293 Costanzo (I), detto Cloro, venne nominato Cesare per l’Occidente a Milano, mentre il romano Galerio, Cesare per l’Oriente, a Nicomedia. Abbiamo un collegio di 4 detentori del potere, i più alti in grado Massimiano e Diocleziano sono chiamati Augusti, in subordine troviamo i due cesari: Costanzo Cloro cesare di Massimiano e Galerio cesare di Diocleziano. Le residenze dei principi: Milano (Massimiano), Treviri (Costanzo Cloro), Nicomedia (Diocleziano), Tessalonica (Galerio). Il meccanismo di successione prevedeva l’abdicazione degli Augusti dopo vent’anni di regno e la promozione all’Augustato dei loro Cesari; questi ultimi, divenuti Augusti, a loro volta avrebbero dovuto nominare due Cesari, perpetuando le investiture secondo lo stesso criterio. Il 1 maggio 305 per volere di Diocleziano i due Augusti abdicarono e a essi subentrano i due Cesari. Massimiano apparve tuttavia poco convinto della scelta del collega. Nel 293, Costanzo subentrò a Massimiano nel condurre la guerra contro Carausio, che nel fattempo era stato ucciso e sostituito da Alletto. Nel 296 Costanzo sconfisse Alletto in Britannia; Massimiano sedò una rivolta in Mauretania; Diocleziano era invece in Egitto per sedare una ribellione; il re persiano Narseh (Narsete) invase l’Armenia. Nel 297 Narseh invase il territorio romano e sconfisse Galerio a Raqqa (Siria), ma in seguito (298) venne sconfitto in Armenia da Galerio stesso. Diocleziano rioccupò la Mesopotamia e conquistò Nisibi. Sempre nello stesso anno finì la rivolta egiziana con la presa di Alessandria. Massimiano tornato dall’Africa, rientrando a Milano, sostò a Roma e avviò i cantieri delle Terme di Diocleziano. Fino al 305 venneero effettuate campagne di Galerio e Diocleziano contro i popoli transdanubiani. La figura imperiale venne sacralizzata, sacro diventò tutto ciò che riguarda l’imperatore: il suo consiglio, il suo palazzo, le sue stanze, le sue vesti, le sue effigi sulle monete e nei monumenti. Il cerimoniale accentuò la separatezza fisica del sovrano rispetto al resto dei mortali, tanto che i pochi ammessi alla sua presenza si prostravano e baciavano l’orlo della veste di porpora. Soprattutto in Oriente, venne recuperato il fasto e la sontuosità delle antiche monarchie ellenistiche. Tali caratteri autocratici spiegano il nome di “dominato” che gli storici attribuiscono all’ultima fase dell’Impero Romano, in opposizione al “principato” dei primi secoli. ANNI DIARCHIA (286 - 293 d.C.) TETRARCHIA (293 d.C.) GUERRE DEI TETRARCHI NUOVA IMMAGINE IMPERIALE La figura imperiale venne sacralizzata, sacro diventò tutto ciò che riguarda l’imperatore: il suo consiglio, il suo palazzo, le sue stanze, le sue vesti, le sue effigi sulle monete e nei monumenti. Il cerimoniale accentuò la separatezza fisica del sovrano rispetto al resto dei mortali, tanto che i pochi ammessi alla sua presenza si prostravano e baciavano l’orlo della veste di porpora. Soprattutto in Oriente, venne recuperato il fasto e la sontuosità delle antiche monarchie ellenistiche. Tali caratteri autocratici spiegano il nome di “dominato” che gli storici attribuiscono all’ultima fase dell’Impero Romano, in opposizione al “principato” dei primi secoli. In ciascuna delle grandi ripartizioni territoriali della tetrarchia venne istaurato un sistema amministrativo basato su una nuova struttura organizzativa, che comprendeva la frammentazione delle antiche provincie, il cui numero venne raddoppiato in modo che ciascuna di esse esercitasse un controllo più diretto su un territorio di dimensioni ridotte. Venne completata la provincializzazione dei territori dell’Italia e dell’Egitto che nei sec. precedenti avevano goduto di caratteristiche particolari. Le antiche province, vennero affidate a consoli, giudici, ecc..., con compiti esclusivamente civili mentre i comandi militari vennero affidati ai duces. Le province vennero raggruppate in dodici diocesi, con a capo un vicarius, delegato del prefetto al pretorio (sotto Diocleziano il prefetto conservava le sue responsabilità militari, ma era anche responsabile dell’apparato civile, perderà le funzioni militari a partire da Costantino) e coadiuvato da rationales e magistri, funzionari addetti alla riscossione delle imposte, che rappresentano in ciascuna diocesi il rationalis summae rei (responsabile della politica monetaria e della riscossione delle imposte) e il magister rei privatae (responsabile della gestione del patrimonio imperiale). Si posero le premesse della burocratizzazione tardo antica, un aumento esponenziale delle figure amministrative. Il prefetto al pretorio continuava ad essere il funzionario di grado più elevato, con funzioni ormai più civili che militari. Era coadiuvato da: - un rationalis summae rei (responsabile della politica monetaria e della riscossione delle imposte) - da un magister rei privatae (responsabile della gestione del patrimonio imperiale) - da un magister memoriae (responsabile della segreteria personale dell’imperatore) - dai segretari a libellis (l’ufficio esamina le suppliche rivolte al sorano), ab epistulis (l’ufficio che sbrigava la corrispondenza imperiale), acognitionibus (l’ufficio dove si preparavano le relazioni degli affari esaminati dal tribunale imperiale) - da un numero consistente di notarii (scrivani). Sotto i tetrarchi il numero degli effettivi dell’esercito aumentò e il reclutamento venne aperto anche a contingenti di barbari. Si stabilì anche l’ereditarietà della professione del soldato e l’obbligo per i proprietari dei fondi agricoli di fornire manodopera militare. Il numero dei senatori rimase stabile (circa 600 effettivi), ma le loro funzioni vennero progressivamente ridotte e limitate al rivestimento di alcune magistrature (proconsolato d’Asia e d’Africa, correttorato di province italiche e dell’Acaia) e di cariche onorarie (consolato). Conservarono grande prestigio sociale, ricchezza economica, privilegi (esenzioni dagli obblighi municipali) e un forte senso di appartenenza all’ordo. NUOVA IMMAGINE IMPERIALE RIFORMA AMMINISTRAZIONE CIVILE (PROVINCE E DIOCESI) AMMINISTRAZIONE CENTRALE ESERCITO SENATO RIFORMA FISCALE I rapporti tra Costantino e Licinio iniziarono ad incrinarsi. Nel 316 venne combattuta una breve guerra tra Costantino e Licinio che venne sconfitto nell’Illirico, che passò sotto il controllo di Costantino. Si arrivò ad un compromesso di breve durata tra i due, anche perché mentre Costantino continuava a prendere provvedimenti filocristiani e antipagani, Licinio in oriente dalla tolleranza iniziale stabilita con l’Editto di Milano, iniziò a manifestare dei provvedimenti sempre più anticristiani, per cui vennero allontanati i cristiani che vivevano alla sua corte, non concedendo loro luoghi di culto. Nel 317 vennero proclamati Cesari: Crispo, conosciuto come Costantino II (figli di Costantino) e Licinio iuniore (figlio di Licinio). Dal 319-321: provvedimenti costantiniani contro l’aruspicina, figura che prevedeva il futuro dalle viscere degli animali, definita superstizione. Nel 320 maturò lo scontro con Licinio che, nei territori di sua competenza, cominciò a perseguitare i cristiani. Nel 324 Costantino e il figlio Crispo sconfissero definitivamente Licinio a Crisopoli (od. Scutari). Costantino abrogò i provvedimenti anticristiani di Licinio e estese all’Oriente i privilegi di cui la Chiesa godeva già in Occidente. Seguendo l’orientamento che ne aveva già caratterizzato la politica negli anni dopo la vittoria su Massenzio, Costantino manifestò i suoi privilegi solo alla chiesa cristiana. L’intelligenza politica di Costantino rispetto a Diocleziano stava nella gestione della questione cristiana. In origine Costantino aveva fatto scelte analoghe a Diocleziano, parlando di culti del sole, muovendosi nella tradizione dei predecessori, ma in seguito si rende conto che, in termine di peso politico e sociale era più conveniente seguire la via della conciliazione con i cristiani che potevano creare un fondo di consenso dell’ordine da lui istaurato. Dopo aver eliminato tutti i suoi concorrenti, fece ancora una scelta nei confronti della chiesa: si rese conto che non esisteva soltanto l’orientamento cattolico, tra cui l’arianesimo: un orientamento religioso all’interno del cristianesimo che considerava diversamente le nature del figlio e del padre. Costantino convocò un concilio di vescovi per dibattere sulla questione degli ariani a Nicea nel 325. L’arianesimo venne condannato come eresia e venne approvata la professione di fede («simbolo niceno», o Credo): il Figlio è detto “della stessa sostanza del Padre”. L’esito del concilio aveva per il momento valore di compromesso, che non comportava affatto la scomparsa dell’arianesimo. Da questo momento Costantino divenne il braccio secolare della chiesa, ma questo non significò la vittoria definitiva del cattolicesimo, anzi aveva un valore di compromesso dato che l’arianesimo non scomparve. Vennero confiscate le ricchezze di molti templi pagani e chiusi alcuni di loro. Rimase tuttavia da parte del principe attenzione e rispetto verso le migliori tradizioni della cultura pagana, come il platonismo, da lui ritenuto propedeutico al cristianesimo. Nel 324 all’indomani della vittoria su Licinio, Costantino decise di fare dell’antica Bisanzio, dove aveva posto il proprio accampamento prima della battaglia, la propria capitale. L’11 maggio 330 venne inaugurata la nuova capitale, che venne dotata di un proprio Senato, onorata del titolo di «Nuova Roma» ed esclusa dal normale regime provinciale. Il “rescritto di Spello” consentiva agli abitanti della cittadina di elevare un tempio alla famiglia imperiale, dove Alla fine del 325 Costantino celebrò i Vicennalia (20 anni di regno) a Nicomedia e innalzò al cesarato il figlio Costanzo (II). Decise di festeggiarli anche a Roma per riprendere il dialogo con l’aristocrazia senatoria. In questi anni Costantino fece sopprimere il figlio Crispo e la moglie Fausta, probabilmente a causa della relazione tra il figlio e la moglie, dopo il consiglio di sua madre Elena. Zosimo fece una presentazione negativa di Costantino: raccontò che lui arrivò a Roma per festeggiare i ventennali del suo regno, ma vedendo il corteo militare diede in escandescenza attirandosi l’odio di senato e popolo. L’imperatore, in preda alla disperazione per i crimini da lui commessi, cercò di lavarsi le colpe, ma i culti pagani dicevano che non era possibile ed è per questo che lui si rivolse al cristianesimo. Secondo Zosimo, quindi, la conversione di Costantino non sarebbe avvenuta nel 312, ma nel 326. In quest’anno Costatino si attirò l’odio a Roma, dove non tornò più. CONCILIO DI NICEA (325) FONDAZIONE DI COSTANTINOPOLI RESCRITTO DI SPELLO dovevano celebrarsi tutti i sacrifici, come si era soliti nei templi pagani. Le manifestazioni del culto imperiale attirarono a Spello visitatori e turisti; ciò contribuì a una rivitalizzazione della città. Costantino fissò a 1/72 di libbra il piede ponderale del solidus d’oro, che sostituì la monetazione bronzea e argentea che ancora Diocleziano aveva cercato di rivitalizzare. L’oro monetato divenne la base del sistema monetario tardoantico. Lo stato cominciò a riscuotere in oro gran parte delle sue imposte: - (tassa sui latifondi), - (contribuzione prima volontaria, poi obbligata, da parte delle città) - (tassa quinquennale sulle compravendite). Il ritorno all’oro comportò costi sociali non indifferenti, che gravavano soprattutto sugli humiliores, cioè sulle classi più basse. Rimasto dopo il 324 unico detentore del potere, Costantino rafforzò e definì i compiti degli uffici centrali: I prefetti al pretorio si territorializzarono e vennero incardinati nelle grandi prefetture in cui venne suddiviso l’impero (Gallie, Africa, Italia, Illirico, Tracia, Oriente), assumendo così un ruolo decentrato e civile. Del comitato che seguiva l’imperatore facevano parte: 1) I magistri militum, detti praesentales, cioè presenti accanto all’imperatore. 2) Il magister officiorum, che controllava la burocrazia di corte, i corpi speciali a difesa della corte e gli ispettori dell’amministrazione centrale e periferica. 3) Il preposto al personale degli scribi (notarii) 4) Il comandante della guardia imperiale. 5) Il consulente dell’imperatore in materia giuridica. 6) Il “direttore degli appartamenti” dell’imperatore. 7) Il supervisore dei diversi introiti del fisco e di tutta la circolazione in metalli preziosi. 8) Il supervisore della gestione del patrimonio imperiale. Sotto Costantino abbiamo la fine dell’ordine equestre, che videro trasformate le importanti funzioni equestri in senatorie e i loro titolari assunsero il titolo di clarissimus. Il senato di Roma si ampliò rapidamente (da 600 a 2000 componenti), anche attraverso l’inserimento di notabili e di ufficiali ascesi per meriti burocratici. Se prima le distinzioni di carriera erano raggiunte secondo l’ordo di appartenenza, ora era la carica a conferire il rango. I Senatori erano clarissimi a Roma e clari (almeno fino alla metà del IV secolo) a Costantinopoli. Furono mantenute in vita le magistrature del cursus tradizionale: questura (organizzazione di giochi); pretura (organizzazione di giochi; competenze giurisdizionali); consolato (suffetto e ordinario). La frammentazione delle province e la riduzione degli organici legionari in esse stanziate impedì ai generali di usurpare con successo la porpora. La territorializzazione dei principi già con la Tetrarchia consentì una migliore difesa dei confini. La diminuzione degli organici significò tuttavia una moltiplicazione dei corpi (due legioni per ogni provincia di frontiera). Con Costantino, la condizione del soldato, come quella di altre professioni o ruoli, venne resa ereditaria. La fornitura di reclute da parte dei proprietari terrieri venne fiscalizzata, cioè non venivano inviate persone, ma veniva pagata una tassa allo stato per il mantenimento di altri soldati. Costantino nel 312 sciolse le coorti pretorie. Le coorti pretorie erano state il nucleo della rivolta del suo nemico Massenzio. L’esercito venne organizzato in limitanei (al confine) e comitatenses (al seguito dell’imperatore), una divisione non MONETA E FISCO NUOVA BUROCRAZIA ESERCITO TETRARCHICO-COSTANTINIANO ESERCITO COSTANTINIANO solo basata sulla dislocazione ma anche sul carattere ordinario o d’élite delle truppe (attorno all’imperatore vi stavano i corpi d’èlite, i corpi scelti). Si affermò il reclutamento, specie ai confini, di contingenti barbarici, che vennero anche insediati su terre abbandonate. Nel 333 ai tre Cesari, figli di Costantino e di Fausta, Costantino II, Costante e Costanzo II venne confermato il cesarato. Nel 335 Costantino aggiunse al collegio dei Cesari Dalmazio e Annibaliano, figli del fratellastro Dalmazio. Ogni Cesare venne assegnato a una prefettura: Costantino II alle Gallie, Costante all’Italia e all’Africa, Dalmazio all’Illirico, Costanzo II all’Oriente; ad Annibaliano venne affidato il comando dell’imminente spedizione antipersiana. Il progetto era forse quello di ripristinare una specie di tetrarchia dinastica. Il 22 maggio 337 Costantino morì presso Nicomedia. Venne sepolto ai SS. Apostoli di Costantinopoli con gli onori di “isoapostolo”. Il 9 settembre 337 dopo l’uccisione di tutti i maschi del ramo cadetto di Costantino, tra cui Dalmazio e Annibaliano, divennero Augusti Costantino II (Occidente), Costanzo II (Oriente), Costante (Illirico). Dal 337-340: Costantino II, Costante e Costanzo II Augusti Nel 340 Costante si ribellò, reclamando maggiore autonomia da Costantino II, che marciò contro di lui, ma fu sconfitto e ucciso ad Aquileia dalle avanguardie dell’esercito di Costante. Dal 340-350: Costante e Costanzo II Augusti (niceno l’uno, ariano il secondo), però i provvediementi di entrmabi furono contrari al culto pagano. Nel 346, infatti, Costante e Costanzo creano un Editto secondo cui tutti i templi pagani andavano chiusi e che nessuno faccesse più sacrifici. Iniziò a cambiare il vento dal punto di vista religioso, la scelta costantiniana parve quasi definitiva. Nel 350: Rivolta militare in Gallia: Costante si uccise e al suo posto venne acclamato imperatore l’usurpatore Magnenzio. Dal 350-361: Costanzo II Augusto. Tra il 351-354 Costanzo II Augusto si rivolse ai suoi parenti e nominò Gallo, Cesare. Nel 351 Magnenzio venne sconfitto a Mursa. La sua usurpazione cessò però soltanto nel 353 con la sua definitiva eliminazione. Nel 354 Costanzo fece uccidere il cugino Gallo, colui che lui stesso aveva elevato al cesarato affidandogli il controllo della parte orientale dell’impero, colpevole del malgoverno e dell’eccessiva crudeltà nella repressione delle rivolte scoppiate in Oriente. L’impero aveva bisogno di una gestione policentrica e quindi Costanzo II, impegnato tra Milano e Sirmio (perché frequente la minaccia dei barbari al di là del Danubio), affidò a Giuliano il controllo della Gallia. Nel 355: Campagne di Costanzo contro Franchi, Alamanni e Sassoni, con la collaborazione del cugino Giuliano, che venne nominato Cesare. Tra il 355-360: Costanzo II, Augusto; Giuliano, Cesare. Per questi 5 anni il potere venne condiviso da Costanzo e Giuliano. Giuliano si fece notare per le sue doti militari: Nel 356: Campagne di Giuliano in Gallia (fino al 361): sottomissione dei barbari, pacificazione del paese e stabilizzazione della frontiera renana. Nel 357 Costanzo II visitò Roma, dove fino ad allora non aveva mai messo piede, rimanendo fortemente impressionato dai monumenti dell’antica potenza della città, impressionando i romani con il suo corteo e la sua serietà. Nel 359 Shapur II fece irruzione in Mesopotamia, riprendendo la minaccia persiana. Questa frontiera era stata la più calda dell’impero nel corso del III secolo. Costanzo chiese a Giuliano le truppe migliori per la campagna orientale. Dal 360-363: Giuliano Augusto Nel 360 le truppe si rifiutano di lasciare la Gallia e a Parigi proclamano Augusto Giuliano. Nel 361 Costanzo si mosse contro Giuliano, che a sua volta gli andò incontro, fermandosi a Naissus, nell’Illirico. MORTE DI COSTANTINO E SUCCESSIONE DINASTIA DEI COSTANTINIDI Alarico, capo dei Goti, dopo la morte di Teodosio occupò le 2 diocesi di Macedonia e Tracia e ne fece la propria base di scorrerie costringendo Stilicone ad intervenire. Questi interventi vennero visti male da Arcadio che nominò Stilicone nemico pubblico. Stilicone ebbe ragione della rivolta africana che si era aperta e si era riavvicinato ad Alarico, perché a Costantinopoli si stava diffondendo un malcontento nei confronti dei barbari nelle linee dell’esercito. Nel 400, una reazione antibarbarica trucidò, a Costantinopoli, migliaia di Goti. Nel 402 Stilicone sconfisse i Goti a Pollenzo (6 aprile) e a Verona (estate). Trasferimento della capitale imperiale d’Occidente da Milano a Ravenna per renderla più sicura (ultima sede imperiale). Le invasioni barbariche erano sempre più frequenti: 405-406: il capo ostrogoto Radagaiso alla guida di un’orda di Ostrogoti, Alani, Vandali e Alamanni devastò la Rezia e il Norico e scese in Italia. Stilicone lo fermò a Fiesole. Approfittando del Reno ghiacciato, nell’inverno del 406, orde di Vandali, Burgundi, Svevi e Alani invasero le Gallie e la Spagna e vi si insediano. La Britannia venne abbandonata agli Angli e ai Sassoni. 407: venne sempre più malvista la politica filobarbarica di Stilicone, che cercò di recuperare l’appoggio della corte cristiana inasprendo le leggi antipagane. 408: A Costantinopoli morì Arcadio (1 maggio). Onorio divenne primo Augusto e tutore di Teodosio II, imperatore d’Oriente dal 408 al 450. Scoppiò a Pavia un ammutinamento dei reparti romani. Onorio abbandonò Stilicone, che venne fatto uccidere a Ravenna insieme alla moglie e al figlio (22 agosto). Stilicone fu il primo dei comandanti che nel corso del V sec. avevano poteri enormi, che spesso sostituivano imperatori giovani o inutili. Nessuno di questi fu mai imperatore ne pensò di dichiararsi tale. Personaggi con amplissimi poteri gestionali, ma non accedevano alla porpora a causa della sua posizione semibarbarica. 408: a fine anno Alarico invase l’Italia e cinse Roma d’assedio. 409: trattative tra Alarico, che si ritirò in Etruria, e il Senato: la corte di Ravenna respinse le proposte del capo visigoto. 410: Alarico assediò nuovamente Roma, che capitolò per fame il 24 agosto. La città fu saccheggiata per tre giorni. Alarico scese in Italia meridionale con il proposito di passare in Africa, ma morì a Cosenza. Portò con sé come ostaggio Galla Placidia, sorella di Onorio. Suo successore fu Ataulfo. Ataulfo giunse in Gallia alla guida dei Visigoti, portando ancora con sé come ostaggio Galla Placidia che poi sposerà rendendola regina dei Visigoti. Durò poco perché Ataulfo venne eliminato in una congiura e Flavio Costanzo (stesso ruolo di Stilicone), stabilì con Galla un patto→nascita del primo regno ROMANO- BARBARICO. Galla sposerà Flavio da cui avrà un figlio (Valentiniano III) Onorio associò al trono Flavio Costanzo, che però morì subito dopo. Iniziò un periodo di «anarchia» alla corte di Ravenna. 423: Galla Placidia con i figli fuggì a Costantinopoli. Morì Onorio. Teodosio II decise di riportare Placidia e i figli a Ravenna. 425: Valentiniano III venne acclamato Augusto. Galla Placidia assunse la reggenza insieme al nuovo “uomo forte” dell’impero: Aezio, uomo che conosceva molto bene la realtà barbarica. Nelle due parti dell’impero governavano ora Valentiniano III, in Occidente (fino al 455) e Teodosio II, in Oriente (fino al 450). Rinnovata concordia tra le due corti (Codice Tedosiano, 438). 429: Sotto la guida di Genserico i Vandali passarono dalla Spagna all’Africa, occupando in poco meno di dieci anni tutta l’Africa romana. I vandali erano attratti dall’Africa perché era un posto più sicuro rispetto alla Spagna ed era una regione ricca di risorse. L’Africa rimase perduta, non tornando mai più sotto il controllo romano. Con l’appoggio degli Unni Aezio riuscì a restaurare parzialmente le sorti romane in Gallia, ad esempio I Burgundi vennero sconfitti e confinati in Savoia. Le fortune di Aezio dipendevano dal suo rapporto con gli Unni. Dalle loro sedi in Pannonia, fino a quel momento, avevano rappresentato una minaccia solo per l’impero romano d’oriente, però nel 450 a Costantinopoli morì SACCO DI ROMA (AGOSTO 410) ULTIMI TEODOSIDI MINACCIA UNNA Teodosio II, portando sul trono un battagliero ufficiale di origine tracia di nome Maricano che si rifiutò di pagare agli unni i loro tributi. Attila allora girò il suo interesse sull’impero d’occidente, e Attila, re Unno, pretese in sposa la sorella di Valentiniano III. Aezio rifiutò e Attila si diresse in Gallia. 451: Attila dilagò in Gallia. I Visigoti si unirono ad Aezio in funzione anti-unna, sconfiggendo Attila ai Campi Catalaunici. L’anno successivo, Attila scese in Italia, distrusse Aquileia e saccheggiò la Valle Padana. Venne fermato sul Mincio da un’ambasceria romana di cui era parte anche papa Leone I, il quale convinse Attila a lasciare l’Italia. Questa scelta fu dettata dalla netta politica anti-unna del nuovo imperatore d’oriente e dalla povertà delle terre italiche sconvolte da peste e carestia. 453 Attila morì portando allo sfaldamento dell’impero unno. Dopo la scomparsa di Attila sembrava che l’occidente avesse riconquistato stabilità, ma fu proprio il potere ottenuto dal magister militum Aezio che lo spinse a voler inserire la sua dinastia nelle fila imperiali. Nel 454 Aezio venne ucciso a Roma. L’anno dopo Valentiniano III, con il quale si estinse la linea maschile dei discendenti di Teodosio, venne ucciso da due ufficiali barbari fedeli ad Aezio (16 marzo). Viene acclamato imperatore Petronio Massimo. I Vandali di Genserico sbarcano a Ostia (maggio). Massimo fu lapidato dalla folla mentre fuggiva. Genserico entrò in Roma (2 giugno). La città subì un saccheggio ancora più grave di quello del 410. La moglie e le figlie di Valentiniano III furono condotte in Africa come ostaggi. 455-456 fu imperatore Eparchio Avito. Intenzionato a portar guerra ai Vandali in Africa affidò il comando degli eserciti a un nuovo magister militum, Ricimero, anch’egli di stirpe barbarica. La ribellione di quest’ultimo portò alla fine il suo breve regno. 457: muorì a Costantinopoli Marciano. Gli succedette Leone I (457-474). 457-461: fu imperatore Maioriano. Il suo breve regno viene ricordato per alcuni provvedimenti miranti a rivitalizzare la condizione delle città e per l’allestimento – fallito – di una grande spedizione navale contro i Vandali. 461: Maioriano fu catturato e giustiziato da Ricimero. 467-472: Procopio Antemio fu proclamato imperatore. 468: Una nuova spedizione antivandalica congiunta tra Oriente e Occidente si risolse in un altro fallimento. 472: Antemio fu assediato a Roma da Ricimero, che gli contrappose Olibrio. Seguirono la presa, il saccheggio di Roma e l’uccisione di Olibrio. Nel giro di pochi mesi morirono sia Ricimero sia Olibrio. 473: Glicerio fu proclamato Augusto. 474: alla morte di Leone I, l’isaurico Zenone divenne imperatore d’Oriente (fino al 491). L’Oriente non riconobbe imperatore Glicerio e gli contrappose Giulio Nepote, magister militum della Dalmazia, che venne incoronato a Roma da un inviato di Zenone. 475: Il successore di Ricimero, il patricius e magister Oreste, si ribellò a Giulio Nepote e impose sul trono di Ravenna il proprio figlio Romolo («Augustolo»). 476: Le truppe mercenarie accampate tra Milano e Pavia reclamarono terre in Italia, a titolo di hospitalitas. Uccisione di Oreste e deposizione di Romolo Augustolo. Le insegne tolte all’Augusto deposto vennero inviate a Costantinopoli. Odoacre regnò come rex gentium. Negli ultimi anni i barbari erano diventati preponderanti. La preponderante presenza barbarica si misurò in Occidente con la presenza dell’aristocrazia dei grandi proprietari terrieri, della gerarchia ecclesiastica e dell’apparato di corte. L’impero non era in grado di sostenere sforzi continuativi su settori diversi né di reggere i conflitti tra gruppi di potere interni. Pur cristianizzata e sempre più privata di potere reale, l’aristocrazia senatoria manteneva le proprie tradizioni culturali e la propria base economica. L’ingresso nella gerarchia ecclesiastica di molti suoi membri è dovuto alla consapevolezza del ruolo di potere da questa rappresentato («Fammi vescovo, e diventerò cristiano!»). Aristocrazia senatoria e gerarchia ecclesiastica sopravvissero anche all’interno di una compagine statale diversa da quella dell’impero d’Occidente che aveva mostrato negli ultimi tempi tutta la sua fragilità. FINE IMPERO La data segna una cesura istituzionale significativa soltanto per la parte occidentale dell’impero (l’impero d’Oriente sopravviverà fino al 1453). L’Occidente cadde mentre l’Oriente no per 4 ragioni principali: 1) Presenza barbarica meno forte in Oriente rispetto all’Occidente (diversi gli esiti dell’antigermanesimo negli eventi rispettivamente del 400 a Costantinopoli e a Ravenna del 408). 2) Il primato politico e religioso (Concilio di Calcedonia, a. 451) della nuova capitale Costantinopoli e lo stretto legame tra il patriarcato e la corte imperiale. 3) L’Oriente disponeva di maggiori ricchezze che consentivano anche il pagamento di forti tributi ai foederati. La vita cittadina e i commerci non conobbero la crisi conosciuta dalla parte occidentale. 4) La frontiera persiana rimane tranquilla. SIMBOLISMO DEL 476
Docsity logo


Copyright © 2024 Ladybird Srl - Via Leonardo da Vinci 16, 10126, Torino, Italy - VAT 10816460017 - All rights reserved