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Storia di Roma: guerre, politica e società nel IV-I secolo a.C, Sintesi del corso di Storia Antica

Storia AnticaArcheologiaCultura Classica

La storia di Roma nel IV-I secolo a.C, con particolare attenzione alle guerre, alla politica interna e alla società. Vengono trattati argomenti come la cultura villanoviana, le colonie greche in Italia, la crisi economica di Roma nel V secolo a.C, la riforma dell'esercito e la lotta tra patrizi e plebei, la conquista di Veio e la politica estera di Roma nel IV secolo a.C, la guerra con i Sanniti, le guerre puniche e la crisi della Repubblica. una panoramica completa della storia romana di questo periodo.

Cosa imparerai

  • Come si sviluppò la politica interna di Roma nel V secolo a.C?
  • Come si svolsero le guerre puniche e quali furono le loro conseguenze?
  • Quali furono le cause e le conseguenze della crisi della Repubblica romana?
  • Qual è l'origine e la diffusione della cultura villanoviana?
  • Quali furono le conseguenze della conquista di Veio per Roma?

Tipologia: Sintesi del corso

2020/2021

Caricato il 13/08/2021

carmen93g
carmen93g 🇮🇹

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Scarica Storia di Roma: guerre, politica e società nel IV-I secolo a.C e più Sintesi del corso in PDF di Storia Antica solo su Docsity! L’ ITALIA PREROMANA 1 L’Italia dell’età del bronzo e del ferro Penisola Italiana: si assiste nell’arco di circa due millenni, dal III al I millennio a.C. ad uno sviluppo di notevoli proporzioni. Tra l’età del bronzo medio e la prima età del ferro si passa da una situazione caratterizzata dalla presenza di una miriade di gruppi umani di piccole dimensioni, al sorgere di forme complesse d’organizzazione proto-statale. L'Italia, nell’età del bronzo si contraddistingue per alcune caratteristiche: Uniformità: i siti risultano dislocati un po’ ovunque nella penisola, ma in numero prevalente mia la dorsale montuosa che la percorre da nord a sud > ecco perché tale cultura è denominata Incremento demografico Cultura terramaricola: tale cultura diede vita a numerosi insediamenti di capanne che poggiavano su una sorta di impalcatura di legno, che aveva lo scopo di creare una sorta di difesa naturale dagli attacchi di animali selvatici. Il nome terramare è il termine col quale si definiscono i grossi tumuli di terra grassa formati, nel corso dei secoli, dai depositi dei primi insediamenti (terramarne). Tali villaggi avevano una forma trapezoidale, erano circondati da un argine e da un fossato ed erano attraversati da due strade perpendicolari tra loro; Intensa circolazione di prodotti e persone: i rinvenimenti di merci provenienti dall’area micenea, sono attestati un po” ovunque nell’area meridionale dell’Italia. Tali contatti favorirono il formarsi di aggregazioni più consistenti, con differenziazioni al loro interno e poteri politici più forti. Con l’inizio dell’età del ferro l’Italia presenta un quadro differenziato di culture locali: Modalità di sepoltura: nell’età del ferro in Italia, esistono due gruppi di popolazioni che praticano riti diversi di sepoltura > la cremazione (praticata in area settentrionale, lungo la costa tirrenica sino alla Campania) e l’inumazione (praticata invece nelle restanti regioni); Culture differenti: tra le culture che assumono caratteri distintivi si segnalano “Golasecca” (sviluppatasi tra i laghi del Piemonte e la Lombardia); la “Cultura d’Este” (sviluppatasi nelle vicinanze di Padova); la “Villanoviana” (in Etruria e in Emilia). La cultura Villanoviana presenta caratteri vicini a quelli di altre culture sviluppatesi nello stesso periodo in diverse aree d’Europa. Gli uomini villanoviani erano in grado di fabbricare utensili e armi in ferro ed abitavano in insediamenti che avevano assunto ormai la forma di villaggi; le loro sepolture consistevano in ume destinate al raccoglimento delle ceneri; il fatto che l’irradiazione di tale cultura coincida con l’area di diffusione della civiltà etrusca ha indotto alcuni studiosi a considerare ii villanoviani come gli antenati degli Etruschi; Quadro linguistico variegato: 2 grandi famiglie - Lingue indoeuropee: gruppo umbro-sabino (entro Nord), gruppo osco (Centro sud), terzo gruppo comprendente Enotri e Siculi, celtico e messapico: - Lingue non indoeuropee: etrusco, ligure, retico e sardo Cultura colonie della Magna Grecia: fondate nell’Italia meridionale a partire dall’ VIII secolo a.C, da coloni greci di varia provenienza. Lungo la costa ionica, quella tirrenica e in Sicilia sorse 1 una serie di città importanti (Taranto, Crotone, Sibari, Locri, Reggio, Napoli, Siracusa e altre) che esercitarono un’influenza decisiva sulle popolazioni indigene. In Sicilia giocano un ruolo importante le colonie fenice (Mozia, Palermo, Solunto). e Civiltà dei Sardi: essa è nota con il nome di “civiltà nuragica” dalla costruzione tipica che la caratterizza: il “nuraghe”, vale a dire una torre a forma di tronco di cono. Queste costruzioni, poiché massicce, avevano originariamente una struttura difensiva. La civiltà nuragica fu fortemente influenzata, nella parte finale della sua evoluzione, dagli insediamenti fenici. I primi frequentatori dell’Italia meridionale Le fonti letterarie e storiografiche ci forniscono alcune notizie sulle origini dei popoli italici. Importante a questo proposito è lo storico Dionigi di Alicarnasso. Il racconto di Dionigi è strutturato secondo gli schemi tipici dell’etnografia antica. Dice lo storico che “Gli Arcadi, primi tra i Greci, si stanziarono in Italia condotti da Enotro, figlio di Licaone, nato 17 generazioni prima della guerra di Troia”. Le trasformazioni dell’Italia centrale Tra l'VIII e il V secolo a.C. si assiste ad un grande fenomeno espansivo delle popolazioni dell’ Appennino centro-meridionale. Questo movimento ha il suo apice tra il V e il IV secolo, con l’espansionismo dei Sanniti. Nel VII secolo a.C. anche nell’area picena comincia ad affermarsi una cultura simile a quella dell’Etruria, con una ristretta élite che si distingue dal resto della società per il lusso che persegue. GLI ETRUSCHI 2 Origine ed espansione degli etruschi Gli Etruschi sono la più importante popolazione dell’Italia preromana, ed erano noti ai Greci con il nome di Tirreni. Per Erodoto, che scriveva nel V secolo a.C. si trattò di un gruppo di Lidi che, provenienti dalla regione dell’Asia minore e guidati da Tirreno, navigarono alla volta dell’Italia. Dionigi di Alicarnasso, nel I secolo a.C. li riteneva genti autoctone, indigene della penisola italica. La ricerca archeologica e storica moderna propende per lo più a spiegare l’origine etnica degli Etruschi come il punto d’incontro di due tipi di processi: da un lato si pensa ad un’evoluzione della struttura interna della società; dall’altro si riconosce l’importanza che su questa esercitarono influenze esterne, in primo luogo i rapporti con le colonie greche presenti nell’Italia meridionale. L’origine della civiltà etrusca sembra essere riconducibile ad uno sviluppo autonomo realizzatosi nella regione compresa tra i corsi dell'Arno e del Tevere. Anche se nella fase della loro massima espansione (VII-VI secolo a.C.) gli Etruschi controllavano gran parte dell’Italia centro-occidentale e competevano con i Greci e Cartaginesi per il controllo delle principali rotte marittime, questo popolo non diede mai vita ad uno stato unitario. Gli Etruschi si organizzarono fin dalle origini in città indipendenti governate da sovrani, detti lucumoni che furono poi sostituiti da magistrati eletti annualmente, gli zilath (corrispondenti ai pretori romani). L’unica forma di aggregazione delle città etrusche che ci sia nota è quella rappresentata dalla “lega delle 12 città principali”, un’unione che aveva essenzialmente scopi religiosi. Il processo di espansione degli Etruschi subì una prima battuta d’arresto attorno al 530 a.C. a seguito di una battaglia navale ingaggiata con i Focei. Questi ultimi (provenienti dalla colonia greca di Focea) avevano fondato in Corsica la colonia dell’ Alalia, fatto che gli Etruschi avevano subito 2 I sette re di Roma . In questo periodo a Roma avrebbero regnato sette re: IAN 7. Romolo = creazione delle prime istituzioni politiche, tra cui un senato di cento membri; Numa Pompilio = istituzione dei primi istituti religiosi; Tullo Ostilio = campagne militari di conquista (tra cui la distruzione di Alba Longa); Anco Marcio = fondazione della colonia di Ostia alle foci del Tevere Tarquinio Prisco = il suo regno segna una seconda fase della monarchia romana, nella quale gioca un ruolo importante la componente etrusca: a lui sono attribuite importanti opere pubbliche; Servio Tullio = costruzione delle prime mura della città (mura serviane) e istituzione dei comizi centuriati (assemblea elettorale romana); Tarquinio il Superbo = tratti tipici del tiranno che infligge ai cittadini ogni tipo di vessazione. Il problema fondamentale che ci si pone rispetto ad un racconto di questo genere riguarda la sua attendibilità di fondo, dal momento che esso risale ad una fase molto successiva ed evoluta della storia di Roma e molti degli eventi hanno una coloritura leggendaria. Quali sono le fonti su cui si basano gli storici per i loro racconti? Opere storiche per noi perdute: Livio e Dionigi sono venuti alla fine di una lunga serie di storici, ciascuno dei quali ha trattato la storia di Roma a partire dalla sua fondazione. Questi storici sono noti più con il nome di “annalisti” perché hanno organizzato il materiale in ordine cronologico secondo una successione anno per anno. Il primo romano a trattare la storia di Roma fu Fabio Pittore (fine III secolo a.C.), il quale tuttavia scrive in greco, mentre il primo storico romano a scrivere in latino fu Catone detto il “censore” (234-148 a.C.). La tradizione familiare: la struttura della società romana in età repubblicana era dominata dalla competizione tra famiglie aristocratiche. Una delle forme con le quali la storia familiare veniva celebrata e diffusa è riconducibile all’uso di pronunciare elogi ai defunti in occasione di cerimonie funebri. La tradizione orale: tipo di fonte importante ma è anche quella più difficile da definire con precisione. Infatti, una tradizione orale è soggetta a forti distorsioni. Come canale possibile di trasmissione sono stati indicati i canti celebrativi delle imprese dei personaggi illustri, che si recitavano durante i banchetti, o anche le rozze rappresentazioni che avevano luogo durante le feste. Documenti d’archivio: tra queste possibili fonti troviamo gli “annali” dei pontefici, ovvero la registrazione sommaria degli avvenimenti fondamentali, tenuta anno per anno, dalla suprema autorità religiosa: il pontifex maximum. Gli eventi salienti erano riportati su una tavoletta di legno. Sabbiamo che attorno al 130 a.C. questi annali furono pubblicati in 80 libri, dal pontefice Muzio Scevola con il nome di Annales maximi. Il problema è che neppure questi Annales risalgono all’età regia. La storiografia moderna Il compito degli storici moderni è quello di sottoporre ad un esame critico i dati della tradizione. A questo scopo i dati della tradizione hanno fornito elementi preziosi. Sembra oggi accertato che nel racconto tradizionale devono essere state fuse due versioni di diverso tipo sulle origini di Roma: La fondazione di Roma I dati più problematici della tradizione riguardano proprio l’episodio leggendario della fondazione della città e la figura del fondatore. È difficile infatti immaginare che Roma sia sorta dall’oggi al domani per una scelta individuale. La nascita della città dovette essere piuttosto il risultato di un processo formativo lento e graduale per il quale si deve presupporre una sorta di federazione di comunità separate che già vivevano sparse sui singoli colli. Alcuni villaggi situati sullo stesso colle Palatino possono essere considerati come il nucleo originario della futura Roma, la cui storia in senso stretto iniziò attorno all’VIII secolo a.C. Il Palatino che raggiunse un’altitudine di poco più di 50 m sul livello del mare, ha la forma di un grosso dado, di pianta trapezoidale, con un grande pianoro sulla sua cima. In origine esso era articolato in tre parti separate tra loro da avvallamenti: 1. Palatium: ovvero la vetta principale 2. Germalo: che guarda il Foro e il Campidoglio 3. Velia: che guarda verso la valle del Colosseo. Roma sorgeva a ridosso del basso corso del Tevere, in una posizione di confine tra due aree etnicamente differenti: la zona etrusca e il Lazio antico (Latium vetus). Sembra improbabile che Roma abbia preso nome da un fondatore Romolo: se mai è più probabile il contrario, cioè che l’esistenza di una città chiamata Roma fece immaginare che fosse stata fondata da Romolo, l’eroe eponimo. In realtà non siamo in grado di stabilire con certezza quale sia l’origine del nome “Roma”. Tra le possibilità c’è quella che derivi dalla parola “ruma” (mammella, nel senso di collina), oppure da Rumon, il termine latino arcaico che designava il fiume Tevere. Il muro di Romolo Negli ultimi anni, gli scavi condotti sulle pendici meridionali del Palatino hanno portato alla luce (1988) i resti di una palizzata e di un muro databile all'VIII secolo a.C. Secondo la brillante ipotesi dello scopritore, l’archeologo Andrea Carandini, nella palizzata si deve vedere la linea dell’originario solco di confine, detto pomerio e nel muro arcaico in scaglie di tufo, il “muro di Romolo”. Il racconto tradizionale risulterebbe allora sostanzialmente confermato: verso la metà dell’VIII secolo a.C. un re-sacerdote eponimo (Romolo appunto) avrebbe celebrato un vero e proprio rito di fondazione tracciando con l’aratro i limiti della città. Il pomerio e i riti di fondazione Il rito di fondazione di una città italica è descritto da Marco Terenzio Varrone, un antiquario latino attivo nel I secolo a.C. Egli afferma che molti fondavano nel Lazio le città secondo il rito etrusco, aggiogando cioè insieme un toro e una vacca e segnando con l’aratro il solco interno. Si desume dal passo di Varrone che un’importanza fondamentale, nella fondazione di una città, era rivestita dal pomerio (dal latino postmoerium = che si trova al di là del muro). Il pomerio era in origine la linea sacra che ne delimitava il perimetro in corrispondenza con le mura. In un secondo tempo il nome servì a designare anche una zona di rispetto che separava le case dalle mura stesse, dove non era permesso fabbricare, né seppellire, né piantare alberi. L'area del pomerio era delimitata da cippi 6 infissi nel terreno a seguito di una cerimonia religiosa presieduta dal pontefice massimo. Per estendere il pomerio era necessario aumentare la superficie dello stato romano con un nuovo territorio tolto al nemico. In realtà il pomerio non fu accresciuto sino a Silla. Lo stato romano arcaico Organizzazione sociale dei latini = struttura in famiglie alla cui testa stava il pater, figura depositaria di un potere assoluto. Tutte le famiglie che riconoscevano di avere un antenato comune costituivano la GENS: componente fondamentale in età arcaica La popolazione dello stato romano arcaico era suddivisa in gruppi religiosi e militari detti: CURIE. Molto incerta risulta l’origine delle curie, si sa che rappresentarono il fondamento della più antica emblea politica cittadina, quella dei comizi centuriati. Non conosciamo la loro funzione in età arcaica e neppure sappiamo se fossero organizzate su base territoriale o su base gentilizia. Eguale incertezza rimane a proposito di un altro importante raggruppamento: le TRIBU”, la cui creazione fu attribuita, senza fondamento, allo stesso Romolo. Esse erano 3: 1. Tities 2. Ramnes 3. Luceres In un’epoca relativamente tarda, che dovette coincidere con il periodo del predominio etrusco, lo stato romano si organizzò secondo criteri più precisi: ogni tribù fu suddivisa in 10 curie e da ogni tribù furono scelti 100 senatori. Tale struttura di base è molto importante, poiché su questo modello si fondò anche l’organizzazione militare: ogni tribù era infatti tenuta a fornire un contingente di cavalleria e uno di fanteria rispettivamente di 100 e 1000 uomini. La monarchia romana La caratteristica principale della monarchia romana era quella di essere elettiva: l’elezione del re infatti era demandata dall’assemblea dei rappresentanti delle famiglie più in vista. Originariamente il re doveva essere affiancato nelle sue funzioni da un consiglio di anziani composto dai capi di quelle più nobili e più ricche; questi uomini rappresentavano il nucleo di quello che poi sarebbe tato il senato. Della realtà storica di una fase monarchica a Roma rimangono, in età successiva, 2 testimonianze fondamentali: la prima è data dall’esistenza di un sacerdote che portava il nome di “rex sacrorum” e che aveva il compito di dare realizzazione ai riti prima eseguiti dal re; la seconda è che col termine “interrex” veniva definito il magistrato che subentrava nel caso dell’indisponibilità di entrambi i consoli. Il potere del re doveva trovare una limitazione in quello detenuto dai capi delle gentes principali. Il re era anche il supremo capo religioso e nella celebrazione dei culti veniva affiancato dai collegi dei sacerdoti. Tra questi, particolarmente importante fu quello dei pontefici: costoro infatti erano i depositari e gli interpreti delle norme giuridiche, prima che si giungesse alla redazione di un corpus di leggi scritte. Il collegio degli auguri aveva invece il compito di interpretare la volontà divina allo scopo di propiziarsela, così da garantire il felice esito di un’impresa; vi erano poi le vestali, donne votate ad una castità trentennale, il cui compito era quello di custodire il fuoco sacro che ardeva nel tempio della dea Vesta. in altri ambiti. A Servio una tradizione unanime attribuisce una serie di misure relative all’assetto territoriale e amministrativo di Roma. La famiglia fondo della famiglia romana non era rappresentato dai legami contratti dal matrimonio bensì dal potere (potestas) esercitato dal pater. Di una stessa famiglia facevano parte non solo i figli generati dal matrimonio del capofamiglia, ma anche quelli che adottati, sceglievano di sottoporsi alla sua potestas. Nella sua forma più tipica, la famiglia presentava i caratteri tipici di una società prestatale = era infatti un’unità economica, politica e religiosa il cui fine principale era quello della perpetuazione. In età arcaica il primo diritto di un padre rispetto ai figli era quello di rifiutarli al momento della nascita. Il loro accoglimento o il loro rifiuto veniva palesato dal padre con dei gesti pubblici, come il prendere i figli maschi fra le braccia o il dare ordine alla moglie di allattare le femmine. Tra i vincoli fondamentali della famiglia romana c’era quello religioso. I riti familiari (sacra privata) si trasmettevano originariamente di padre in figlio e la loro osservanza era ritenuta olutamente doverosa. Gli antenati del ramo paterno furono i primi manes: le anime dei defunti, oggetto di culto della famiglia romana. Il capofamiglia si preoccupava che le cerimonie prescritte venissero eseguite puntualmente e in modo corretto. Ad un livello più evoluto un aspetto particolare del diritto romano prevedeva che un figlio rimanesse sotto l’autorità del padre sino a quando questi era in vita. Tra i diritti che competevano al padre c’era anche quello di diseredare i figli. La donna il ruolo della donna aristocratica, che riceveva un’educazione intellettuale, non si esauriva nella sola vita domestica, con la sorveglianza del lavoro delle schiave e lo svolgimento di lavori più fini, quali il ricamo o la tessitura. la moglie accompagnava il marito nella vita pubblica e condivideva con lui il compito dell’educazione dei figli. L’autorità nella casa e ancor più nella società, rimase però sempre e soltanto quella del marito > netta supremazia dell’uomo sulla donna. Il potere del marito sulla moglie, che non si chiama però “potestas” ma “manus”, non conosce limiti: la può punire se ha commesso qualche mancanza e addirittura ucciderla in caso di flagrante adulterio. La rigida tutela della castità femminile spiega anche la severità con la quale venivano giudicati i comportamenti poco consoni a quel costume di riservatezza e di sobrietà che una donna ben educata deve osservare. I Romani si sposavano presto. La legge proibiva comunque che le ragazze prendessero marito prima di aver raggiunto i 12 anni. Toccava al padre cercare uno sposo per le figlie che spesso venivano promesse in matrimonio ancora bambine: ciò avveniva con un’apposita cerimonia di fidanzamento, detta sponsalia. Il matrimonio almeno in età arcaica era fondamentalmente un'istituzione privata anche se aveva delle importanti conseguenze giuridiche. Il sistema più comune per sposarsi a Roma era chiamato usus = ininterrotta convivenza dei due coniugi per un anno. Il divorzio era un atto informale. Il ripudio invece era un atto semplicissimo e consisteva nella separazione di fatto dei coniugi; di norma, tuttavia avveniva a seguito di una decisione unilaterale dell’uomo. Al divorzio consensuale, per il quale l’iniziativa poteva essere presa anche dalla moglie, si arrivò solo nel corso del tempo. 10 Agricoltura e alimentazione La riorganizzazione dell’economia pastorale è uno dei caratteri fondamentali delle trasformazioni dell’Italia nella prima età del ferro. VII secolo = regime di seminomadismo (con transumanza disorganizzata) > regolare trasferimento del bestiame in altura in spazi meglio definiti. L'agricoltura di Roma arcaica era limitata dalle condizioni poco favorevoli cui si aggiungeva negativamente la bassa qualità delle tecniche agricole. La documentazione paleobotanica mostra come varie specie di cereali, soprattutto farro e orzo, fossero associate tra loro anche le leguminose come la veccia: quella che i latini chiamavano “farrago”. Lo scopo della farrago era quello di assicurare un minimo di sopravvivenza rispetto ad eventuali calamità atmosferiche che potevano colpire un raccolto. Il cereale maggiormente coltivato in età arcaica era il farro. Si deve tener presente che il farro si seminava in quantità superiore al grano ma che la sua resa era inferiore. Il farro veniva macinato solo dopo essere stato abbrustolito e battuto. La farina di farro non sembra essere stata impiegata per la panificazione, ma era alla base della puls per molti secoli il piatto tipico romano. Per Roma arcaica si può parlare di un contesto economico nel quale allevamento e agricoltura sono compresenti secondo caratteristiche specifiche dovute alle particolari condizioni del territorio. Le due attività comunque dovevano essere complementari: il bestiame serviva a produrre il concime indispensabile per i terreni, e gli animali da tiro servivano per aiutare l’uomo nel lavoro. Le difficoltà conosciute da Roma nel V secolo a.C., all’indomani dell’instaurazione della repubblica. La proprietà della terra in Roma arcaica Prima forma di proprietà: casa + orto circostante (“heredium” in latino significa orto); no terra arabile e da pascolo. La complementarità tra piccola proprietà individuale e forme di appropriazione collettiva della terra risale alle condizioni ambientali delle aree appenniniche e subappenniniche. I primi due secoli della Repubblica romana (V-IV secolo a.C.) conobbero un assestamento interno che fu progressivamente modificato quando a partire dal IV secolo a.C. iniziarono le assegnazioni dei terreni conquistati. La scoperta del lapis Niger Un grande stupore suscitò la scoperta, avvenuta nel 1899, nell’angolo settentrionale del Foro, di una pavimentazione in marmo nero distinta dalla restante pavimentazione in travertino. La scoperta fu subito associata ad una fonte letteraria che accennava all’esistenza di una pietra nera nel Comizio che contrassegnava un luogo funesto, forse la tomba di Romolo. AI di sotto del pavimento fu scoperto un complesso monumentale arcaico, comprendente una piattaforma sulla quale sorgeva un altare. Vicino ad esso era il tronco di una colonna, recante il testo mutilo di un’iscrizione scritta in latino molto arcaico. Si tratta di una dedica fatta ad un re e delle minacce di pene terribili a chiunque avesse violato questo luogo. La grande Roma dei Tarquini VII secolo a.C. = Tullo Ostilio, distrutta Alba Longa, la città che aveva preceduta la stessa Roma, avrebbe fatto passare sotto il diretto controllo romano tutta la fascia compresa tra Roma e il mare. Il secolo che intercorre tra l’accessione al regno di Tarquinio Prisco e la cacciata di Tarquinio il Superbo, ha un riscontro in un documento eccezionale, risalente addirittura al 508 a.C., che lo storico greco Polibio (II secolo a.C.) asserisce di aver visto nell’archivio pubblico di Roma dove esso era conservato. Da questo testo si deduce che la crescita della potenza romana nel secolo dei Tarquini sarebbe stata molto rilevante. Roma è senza dubbio già in questo periodo la città più estesa del Lazio. 11 LA NASCITA DELLA REPUBBLICA 1 La tradizione storiografica sulla nascita della Repubblica La storiografia antica sulla nascita della Repubblica, rappresentata essenzialmente per noi da Tito Livio e Dionigi di Alicarnasso, ci presenta un quadro chiaro: Sesto Tarquinio, figlio dell’ultimo re etrusco di Roma, respinto dall’aristocratica Lucrezia, violenta la giovane. Lucrezia, prima di arsi, narra il misfatto al padre, Spurio Lucrezio, al marito Lucio Tarquinio Collarino e ai loro amici Lucio Giunio Bruto e Valerio Publicola. Guidata perciò una rivolta da questi aristocratici, scoppia una rivolta che porta alla caduta della monarchia, evento canonicamente fissato al 510 a.C. Nell’anno successivo, il 509 a.C., i poteri del re passano a due magistrati eletti dal popolo, i consoli, uno dei quali è lo stesso Bruto. Il tentativo intrapreso da Porsenna, re della città etrusca di Chiusi, di restaurare il potere di Tarquinio viene frustrato dall’eroismo della neonata repubblica. L’attenzione degli studiosi si è soffermata su alcune questioni: ® Le ragioni della caduta della monarchia e i caratteri del passaggio al regime repubblicano; ® La datazione dell’evento; e La natura dei supremi magistrati della prima Repubblica. I fasti Fasti = liste di magistrati eponimi della Repubblica, di quei magistrati cioè che davano il nome all’anno in corso. I fasti ci sono giunti sia attraverso la tradizione letteraria, sia attraverso alcuni documenti epigrafici, i più importanti dei quali sono i cosiddetti “Fasti Capitolini”, così chiamati perché sono conservati nei musei capitolini. Nei Fasti Capitolini trova posto una cronologia elaborata negli ultimi anni della Repubblica, in particolare dall’erudito Marco Terenzio Varrone che fissava la fondazione di Roma al 753 a.C., e il primo anno della Repubblica al 509 a.C. nonostante alcune sfasature, le datazioni varroniane assunsero nell’antichità un valore quasi canonico. Le incongruenze tra le diverse versioni dei Fasti, l’inserimento di alcuni anni di anarchia in cui non vennero eletti magistrati, e soprattutto la comparsa fra i consoli eponimi della prima metà del V secolo a.C. di diversi personaggi con i nomi di gentes plebee, hanno suscitato diversi dubbi sull’attendibilità delle liste di magistrati, almeno per la fase più antica. Tuttavia, nessuno di questi elementi consente di rigettare in blocco la credibilità dei Fasti. La fine della monarchia e la creazione della repubblica: evento traumatico o passaggio graduale? L’odio feroce che l’aristocrazia romana dimostrò in tutto il corso dell’età repubblicana contro l’istituto monarchico sembra indicare che il mutamento di regime non sia avvenuto in modo graduale e indolore, ma sia stato il risultato di un evento traumatico, di una vera e propria rivoluzione. Questo non significa che, alla caduta dei Tarquini, si sia immediatamente stabilito un regime repubblicano. Alcuni elementi lasciano piuttosto pensare che alla cacciata di Tarquinio il Superbo, sia succeduto un breve ma confuso periodo in cui Roma appare in balìa di re e condottieri, come è Porsenna di Chiusi, o come Mastarna e i fratelli Vibenna. La sconfitta inflitta dai latini ad 12 magistrato di bloccare subito ogni procedimento. Per tale motivo le funzioni del collegio augurale avevano anche un’importanza valenza politica. 3. Duoviri sacris facundis: custodi dei Libri Sibillini, antichissima raccolta di oracoli, in greco che nella tradizione erano connessi alla sibilla cumana. Nel caso si verificassero prodigi nefasti, il senato poteva chiedere al collegio di consultare i libri. Non di rado la soluzione consisteva nell’introdurre a Roma un culto straniero Accanto ai tre collegi sacerdotali maggiori si possono ricordare: e Gli aruspici = al pari degli auguri, sono incaricati di chiarire la volontà divina in particolare mediante l’esame delle viscere delle vittime sacrificali. Tale disciplina aveva origine in Etruria: è dunque comprensibile che gli haruspices provenissero da questa regione. ® I feziali = la loro funzione è quella di dichiarare guerra, attenendosi al complesso cerimoniale previsto e assicurando così a Roma il favore degli dei nel conflitto che si stava aprendo. La nota espressione “bellum iustum” infatti ha il senso di “guerra dichiarata secondo le formalità “piuttosto che quello corrente negli studi moderni, di “guerra dichiarata per un giusto motivo”. I fetiales avevano comunque un ruolo importante, in particolare nel trasmettere una richiesta di riparazioni o un ultimatum e nella conclusione di un trattato. Il senato Il vecchio consiglio regio, formato dai capi delle famiglie nobili, sopravvisse alla caduta della monarchia, anzi divenne il nuovo perno della nuova Repubblica a guida patrizia. Nel corso dell’età repubblicana la composizione del consiglio era sostanzialmente decisa dai consoli prima, dai censori poi. Il principale strumento istituzionale in possesso del senato era costituito dall’auctoritas patrum, quel diritto di sanzione che i senatori avrebbero posseduto, secondo Livio, ià in età regia. Dal momento poi che il senato era composto da ex magistrati, questi non avevano alcun interesse ad agire in contrasto con l’assemblea di cui stavano per entrare a far parte. Nel senato comunque l’esperienza politica della Repubblica e trovò espressione continuativa e compiuta la leadership politica dell’élite sociale. La cittadinanza e le assemblee popolari Il terzo pilastro, oltre alle magistrature e al senato, sul quale si resse l’edificio istituzionale di Roma repubblicana è costituito dalle assemblee popolari. Non tutta la popolazione dello stato romano poteva far parte di questi organismi che erano riservati ai maschi adulti di libera condizione e in possesso del diritto di cittadinanza. Si diveniva cittadini romani essenzialmente per diritto di adri che possedevano la cittadinanza. L’accoglienza del corpo civico di elementi provenienti dalle città latine o da altre comunità dell’Italia centrale non doveva essere affatto eccezionale. Un caso eclatante in questo senso è rappresentato dalla migrazione dalla Sabina, del clan dei Claudi: in un anno variamente collocato dalle fonti tra il regno di Romolo e il 505 a.C, un notabile sabino, Appio Claudio, si sarebbe trasferito a Roma insieme a 5000 suoi familiari e clienti, venendo accolto nello s giorno nella cittadinanza romana e nelle file del patriziato. Significativo è anche il fatto che gli schiavi liberati, i cosiddetti liberti, già nei primi anni della Repubblica avrebbero ricevuto la pienezza dei diritti civici, mentre ad Atene gli ex-schiavi erano assimilati alla condizione degli stranieri residenti. Durante l’età Repubblicana i comitia curiata persero progressivamente significato. Nella prima età repubblicana l’assemblea più importante di Roma è costituita dai comizi centuriati fondati su di 15 una ripartizione della cittadinanza in classi di censo e all’interno di queste in centurie, che la tradizione faceva già risalire a Servio Tullio. Il meccanismo dei comizi centuriati prevede che le risoluzioni siano prese non a maggioranza dei voti individuali, ma a maggioranza delle unità di voto costituite dalle centurie, assicurando così un consistente vantaggio all’elemento più facoltoso e più anziano della cittadinanza. Le centurie infatti non avevano uguale numero di componenti, dal momento che le persone dotate del censo più alto e iscritte nelle cl: di età dai 46 ai 60 anni (i seniores) erano molte di meno rispetto ai cittadini meno ricchi e iscritti nelle classi di età tra i 17 e i 45 anni (gli iuniores). Ultimi per data di creazione sono i comizi tributi, ricordati per la prima volta nel 447 a.C quando venne affidata loro l’elezione dei questori. In questa assemblea il popolo votava per tribù territoriali che, secondo la tradizione, erano state già istituite da Servio Tullio. Anche nei comitia tributa si venne a creare una situazione di diseguaglianza: il numero delle tribù urbane rimane fissato al numero di 4, mentre il numero delle tribù rustiche si accrebbe dalle 16 di età regia fino a raggiungere le 31 nel 241 a.C. In tal modo la popolazione delle campagne si trovò ad avere nei comizi tributi un peso maggiore rispetto alla popolazione urbana. Anche l’assemblea tributa aveva funzione elettorale, scegliendo i magistrati minori, e soprattutto legislativa. I poteri delle assemblee popolari a Roma soggiacevano a diverse limitazioni. Da un latto esse non potevano autoconvocarsi né assumere alcuna iniziativa autonoma. Spettava ai magistrati che le presiedevano indire l’adunanza, stabilire l’ordine del giorno e sottoporre al voto le proposte di legge, che l’assemblea poteva accettare o respingere, ma non modificare. IL CONFLITTO TRA PATRIZI E PLEBEI 2 Nelle fonti il periodo che va dalla nascita della Repubblica al 287 a.C è dominato dai contrasti civili che opposero due parti della popolazione: il patriziato e la plebe. Il problema economico La caduta dei Tarquini e i mutamenti nel quadro internazionale della prima metà del V secolo a.C ebbero pesanti ripercussioni nella situazione economica di Roma. La sconfitta subita dagli Etruschi ad opera di Ierone di Siracusa nel 474 a.C portò al definitivo crollo del dominio etrusco in Campania, causando indirettamente un grave danno verso la stessa Roma. al mutato quadro esterno fanno riscontro crescenti difficoltà interne: in particolare le annate di cattivo raccolto si successero numerose nel corso del V secolo a.C provocando gravi carestie. La popolazione indebolita dalla fame venne ripetutamente colpita dalle epidemie. La crisi economica è dimostrata da prove archeologiche: in particolare il numero delle ceramiche greche di importazione sembra crollare nel corso della prima metà del V secolo a.C. Ma il problema economico è soprattutto evidente nella tradizione letteraria, nella quale la crisi provocata dal progressivo indebitamento di ampi strati della popolazione ha un ruolo centrale nella lotta tra patrizi e plebei. Gli effetti dei cattivi raccolti e delle malattie colpivano in particolar modo gli agricoltori, che avevano minori possibilità di fronteggiare le temporanee difficoltà, e spesso per sopravvivere si trovavano costretti ad indebitarsi nei confronti dei ricchi proprietari terrieri. Accadeva che il debitore, incapace di estinguere il proprio debito, fosse costretto a porsi al servizio del creditore per ripagarlo del prestito e dei forti interessi maturati: è l’istituto del nexum. Ma questa non era la sorte 16 peggiore nella quale il debitore rischiava di incorrere: egli infatti poteva anche essere venduto in terra straniera o addirittura messo a morte. Davanti alla crisi economica, le richieste della plebe concernevano una mitigazione sui debiti, e una più equa distribuzione dei terreni di proprietà dello stato: AGER PUBLICUS. Il problema politico Gli strati più ricchi della plebe erano meno interessati dalla crisi economica. Ciò che essi rivendicavano era una parificazione dei diritti politici fra i due ordini. In effetti se mai la massima magistratura era stata aperta alla plebe, progressivamente il patriziato ne aveva assunto il monopolio. Una seconds rivendicazione di ordine politico era quella di un codice scritto di leggi, che ponesse i cittadini al riparo dalle arbitrarie applicazioni delle norme da parte di coloro che, fino a quel momento, erano stati depositari del saper giuridico, i patrizi riuniti nel collegio dei pontefici. Le strutture militari e la coscienza della plebe I problemi politici ed economici non furono gli unici fattori che portarono ad un confronto tra i due ordini: dietro di esso vi è anche la presa di coscienza della propria importanza da parte della plebe. Nella città antica l’esercizio dei diritti civici da parte del singolo è direttamente connesso alle sue capacità di difendere lo stato con le armi. A Roma questa circostanza è dimostrata dall’ordinamento centuriato. Le centurie infatti non furono solamente unità di voto all’interno dell’assemblea popolare, ma rimasero anche unità di reclutamento dell’esercito. Ciascuna centuria infatti doveva fornire il medesimo numero di reclute per l’esercito. Le centurie delle prime classi di censo, che comprendevano un numero limitato di cittadini dovevano dunque sopportare il peso più consistente delle guerre. È ovvio dunque che anche la presa di coscienza da parte della plebe fosse il risultato di un mutamento nella struttura dell’esercito: proprio nel V secolo a.C si afferma definitivamente un nuovo modello tattico, secondo il quale fanti con armatura pesante, i cosiddetti opliti, combattono l’uno a fianco all’altro in una formazione chiusa: la falange. Il nerbo dell’esercito romano sarà ora costituito dalla fanteria pesante, reclutata dalle classi di censo in grado di sostenere i costi dell’armamento oplitico, che rimase a lungo a carico dei soldati e non dello stato. La prima secessione e il tribunato della plebe La plebe, esasperata la crisi economica, ricorse a quella che si rivelerà essere l’arma più efficace nel confronto tra i due ordini: una sorta di sciopero generale che lascia la città priva della sua forza lavoro e soprattutto indifesa contro le aggressioni esterne. Questa forma di protesta venne attuata dalla plebe ritirandosi sull’Aventino, colle di Roma maggiormente legato alle tradizioni plebee, prende il nome di SECESSIONE. La plebe si diede propri organismi: Un’assemblea generale, che dapprima votava per curie poi per tribù, ed è dunque nota col nome: concilia plebis tributa. L’assemblea poteva emanare dei provvedimenti che prendevano il nome di plebiscita = “decisioni della plebe”, che ovviamente non avevano valore vincolante per l’intero stato, ma solamente per la plebe stessa che li aveva votati. Istituzione dei tribuni della plebe = rappresentanti ed esecutori della volontà dell’assemblea. Ai propri tribuni, la plebe decise di riconoscere vari poteri: 17 Le proposte di Licinio e Sestio assunsero valore di legge. Le leggi Licinie Sestie stabilivano alcune regole: 1. gli interessi che i debitori avevano già pagato sulle somme avute in prestito potessero essere detratte dal totale del capitale dovuto e che il debito residuo fosse estinguibile in tre rate annuali. 2. Stabilivano la massima estensione di terreno di proprietà statale che poteva essere occupato da un privato 3. Abolizione del tribunato militare con potestà consolare 4. Reintegrazione dei due consoli, uno dei quali avrebbe dovuto essere sempre plebeo (sembra piuttosto che la legge consenti che uno dei due consoli fosse plebeo, ma non escludesse la possibilità che entrambi i magistrati fossero patrizi. 366 a.C = creazione di 2 nuove cariche, inizialmente riservate ai soli patrizi: 1. Il praetor urbanus: aveva il compito di amministrare la giustizia tra i cittadini romani; dotato di imperium, il pretore poteva, in caso di necessità, essere messo a capo di un esercito, anche se i suoi poteri erano subordinati a quelli dei consoli 2. Gli edili curili: così chiamati dalla “sella curulis”, lo scranno sul quale sedevano i magistrati patrizi. Ad essi venne inizialmente affidato il compito di organizzare i ludi maximi. Con le leggi Licinie Sestie consentendo ai plebei di rivestire la massima magistratura repubblicana, si era imboccata una strada che inevitabilmente andava percorsa fino in fondo. Nei decenni successivi i plebei ebbero progressivamente accesso a tutte le altre cariche dello Stato. La censura di Appio Claudio Cieco Un tentativo di imprimere una decisa accelerazione al processo di riforme venne dalla censura di Appio Claudio Cieco, del 312-311 a.C. Appio Claudio infatti, nel compilare la lista dei senatori, vi avrebbe incluso persone abbienti che tuttavia non avevano ancora rivestito alcuna magistratura. Una seconda misura riguardò la composizione delle tribù > scopo: favorire i membri della plebe urbana. Entrambe le riforme caddero nel vuoto. I consoli del 311 a.C infatti rifiutarono di riconoscere la nuova lista dei senatori stilata da Appio Claudio. Nel 304 a.C inoltre i nuovi censori confinarono ancora una volta la plebe di Roma nelle 4 tribù urbane. È opportuno ricordare un provvedimento di portata epocale che, pur non essendo attribuito ad Appio Claudio, si inquadra nel medesimo periodo e sulla stessa linea politica inaugurata dal censore. Il censo dei singoli cittadini, fino ad allora calcolato in base ai terreni e ai capi di bestiame posseduti, fu valutato a partire da questa età anche in base al capitale mobile, in metallo prezioso, consentendo anche a coloro che non erano impegnati nelle tradizionali attività agricole e dell’allevamento di vedere il proprio peso economico, e dunque politico, adeguatamente riconosciuto nell’ordine centuriato. Ad Appio Claudio è infine da attribuire la costruzione di due opere pubbliche di importanza epocale 20 La legge Ortensia 287 a.C = punto di arrivo della lunga lotta fra patrizi e plebei. In quell’anno una lex Ortensia stabilì che i plebisciti votati dall’assemblea della plebe avessero valore per tutta la cittadinanza di Roma. Provvedimenti del medesimo tenore sono noti per il 449 a.C e per il 339 a.C: gli studiosi sono tuttavia concordi nell’affermare che solo la “lex Hortensia” equiparò completamente i plebiscita alle leggi votate dai comizi centuriati e dai comizi tributi. A partire dal 287 i comizi della plebe e l’assemblea della plebe (concilia plebis tributa) erano accomunati da un uguale sistema di voti per tribù e da uguali poteri. Sostanzialmente identica era anche la loro composizione, sebbene ai comizi tributi prendessero parte anche i patrizi, che ovviamente erano esclusi da concilia plebis. La nobilitas patrizio-plebea Le leggi Licinie Sestie e le grandi conquiste della plebe tra fine IV e inizio III secolo a.C chiusero per sempre l’età del dominio esclusivo dei patrizi sullo stato. Al posto del patriziato si venne formando progressivamente una nuova aristocrazia, formata dalle famiglie plebee più ricche e influenti e dalle stirpi patrizie che meglio avevano saputo adattarsi a questa nuova situazione. > è la formazione della cosiddetta NOBILITAS > da “nobilis”, termine che aveva il significato di originario, noto, illustre e che venne a designare tutti coloro che avevano raggiunto il consolato. Si è conservato una sorta di manifesto degli ideali della nobilitas nell’elogio funebre di Lucio Cecilio Metello, grande uomo politico della metà del INI secolo a.C che venne pronunciato dal figlio nel 221 a.C e ci è stato tramandato da un autore del primo secolo d.C., Plinio il Vecchio: Metello era stato un buon soldato e aveva raggiunto le più alte cariche dello Stato, ed era stato eccellente oratore e aveva acquisito una grande ricchezza. La nobilitas patrizio-plebea si rivelò progressivamente non meno gelosa delle proprie prerogative del vecchio patriziato. In pratica l’accesso alle magistrature superiori era riservato ai membri di poche famiglie. Tanto esclusiva divenne la nobilitas che per i pochi personaggi che raggiunsero i ici della carriera politica, pur non avendo antenati nobili venne coniata una definizione homines novi (anche se appartenevano a famiglie ricche e di un certo prestigio). In effetti prima di intraprendere la carriera politica un giovane romano doveva servire per almeno 10 anni nella cavalleria, reclutata nelle 18 centurie, dette appunto dei cavalieri, che costituivano il vertice dell’ordinamento centuriato. Inizialmente il censo minimo per farne parte era pari a quello richiesto per la I classe, cioè 100.000 assi; in seguito tale limite venne elevato per gli equites a 1.000.000 di assi: . Ma il denaro da solo non era sufficiente: le assemblee elettorali erano controllate dai nobili attraverso i propri clienti: per avere successo nelle elezioni dunque era indispensabile ereditare la rete di clientele paterne, o nel caso degli homines novi, godere del patronato politico di qualche nobile influente. 21 LA CONQUISTA DELL’ ITALIA 3 La situazione del Lazio alla caduta della monarchia di Roma Alla caduta della monarchia etrusca Roma, secondo la tradizione letteraria, controllava nell’antico Lazio un territorio che si estendeva dal Tevere alla regione Pontina, grazie alle conquiste e grazie anche all’accorta politica matrimoniale condotta dai Re Etruschi. Il dato è confermato dal primo trattato romano-cartaginese, risalente secondo Polibio, al primo anno della Repubblica. In questo trattato i Cartaginesi si impegnavano a non attaccare Arde, Anzio, Circei e Terracina e ogni altra città del Lazio soggetta a Roma. Fine VI inizio V secolo a.C > le città latine, approfittarono delle difficoltà interne di Roma per affrancarsi dalla sua egemonia. Le città latine si strinsero in una lega, i cui membri condividevano alcuni diritti: - Ius connubi: diritto di contrarre matrimoni legittimi con cittadini di altre comunità latine; - Ius commercii: diritto di siglare contratti aventi valore legale fra cittadini appartenenti a comunità diverse; - Ius migrationis: diritto grazie al quale un latino poteva assumere i pieni diritti civici in una comunità diversa da quella in cui era nato semplicemente prendendovi residenza. La battaglia del lago Regillo e il foedus Cassianus Leg latina + Aristodemo di Cuma > sconfiggono il figlio dii Porsenna, Arrunte nella battaglia di Aridia. Attacco a Roma: guerra suscitata da Ottavio Mamilio di Tuscolo, con la speranza di ricollocare sul trono di Roma il proprio suocero: Tarquinio il Superbo. > sconfitta, nella leggendaria battaglia di Regillo, inflitta dai Romani alla lega. Esiti dello scontro: 1. Uscita di scena di Tarquinio, che finì i suoi giorni a Cuma; 2. Conclusione di unfrattato che avrebbe regolato i rapporti tra Roma e i Latini per i succ 150 anni. Siglato nel 493 a.C, dal console Spurio Cassio e dunque noto come foedus Cassianus. Prevedeva un accordo bilaterale tra Roma e la lega latina: le due parti si impegnavano non solo a mantenere tra di loro la pace ma anche a prestarsi aiuto nel caso una delle due parti venisse attaccata: l’eventuale bottino delle campagne di guerra comuni sarebbe stato poi equamente suddiviso. Tra gli strumenti più efficaci grazie ai quali gli alleati riuscirono a consolidare le proprie vittorie militari, è da ricordare la fondazione di colonie sul territorio strappato ai cittadini. 486 a.C: Roma completa il suo sistema di alleanze stringendo un accordo con gli Ernici. I conflitti con Sabini, Equi e Volsci L’alleanza stretta da Roma con la lega latina e gli Ernici si rivelò preziosa per fronteggiare la minaccia proveniente da tre popolazioni: i Sabini, gli Equi e i Volsci. Le loro sedi originarie nelle regioni più impervie dell’ Appennino centrale e meridionale non erano in grado di assicurare la sopravvivenza di una popolazione con un forte indice di crescita demografica: l’unica soluzione 22 Romano). Nel 358 a.C i Volsci furono costretti a cedere la piana Pontina, gli Ernici parte dei loro territori nella valle del fiume Sacco. Il primo confronto con i Sanniti La posizione di potere raggiunta da Roma nel Lazio meridionale trova espressione nel trattato che venne concluso con i Sanniti nel 354 a.C, nel quale il confine tra le zone di egemonia veniva fissato al fiume LIRI. SANNITI: occupavano un’area assai più vasta di quella controllata in quegli anni da Roma. Essa si estendeva lungo la catena appenninica centro-meridionale tra i fiumi Sangro e Ofanto: un’area prevalentemente montuosa che consentiva comunque lo sfruttamento agricolo ed assai favorevole alla pastorizia. Il territorio del Sannio era tuttavia relativamente povero e incapace di sostenere una forte crescita demografica: l’unico rimedio alle carestie era l'emigrazione verso le terre più fertili. Cartina 1. 1 Sanniti i loro vicini (350 circa) trrsr3 Il Sannio, dal punto di vista politico, era organizzato in pagi (cantoni), entro i quali si trovano uno o più vici (villaggi) ed erano governati da un magistrato elettivo chiamato meddis. Più pagi venivano a costituire una tribù, chiamata touto in osco, alla testa della quale si trovava un meddis toutiks. In tutto vi erano quattro tribù: Carricini — ] Pentri DD) formavano la cosiddetta LEGA SANNITICA Caudini Irpini pon V secolo a.C > alcune popolazioni staccatesi dai Sanniti avevano occupato alcune regioni costiere della Campania. Qui, sotto l’influenza di Etruschi e Greci, esse si allontanarono progressivamente, dal punto di vista culturale e politico, dai loro connazionali rimasti nel Sannio, adottando l’organizzazione politica delle città-stato. Alcune di esse erano riunite, nella prima metà del IV secolo a.C, in un LEGA CAMPANA, che aveva il suo centro principale nella città di Capua. Nonostante le affinità etniche, i contrasti tra Sanniti e Campani si vennero sempre più acuendo. 25 343 a.C = i Sanniti attaccano Teano, nella Campania Settentrionale, occupata da un’altra popolazione osco-sabellica, i Sidicini. Costoro chiesero aiuto alla lega Campana, la quale a sua volta, incapace di fronteggiare sola l’attacco dei Sanniti, chiese aiuto a Roma. La decisione di intervenire, secondo Livio, sarebbe venuta solamente quando i Campani, disperati, decisero di consegnarsi totalmente a Roma. 343-341 a.C = prima guerra Sannitica: si risolse con un parziale successo dei Romani, che già nel primo anno sconfissero il nemico a Capua. Roma però non fu in grado di proseguire energicamente l’offensiva a causa di una rivolta scoppiata all’interno dell’esercito impegnato in Campania > acconsentì perciò alle richieste di pace avanzate dai Sanniti nel 341 a.C; il trattato rinnovava l’alleanza del 354 a.C riconoscendo a Roma la Campania e ai Sanniti Teano. La grande guerra latina Accordo 341 a.C > porta ad un ribaltamento delle alleanze costringendo Roma, sostenuta dai Sanniti, a fronteggiare i suoi vecchi alleati latini, campani e Sidicini, cui si aggiunsero gli eterni nemici: i Volsci e gli Arunci (popolazione osco-sabellica). L’insoddisfazione di Campani e Sidicini per gli esiti della prima guerra sannitica si saldò alla volontà dei Latini di distaccarsi dall’alleanza con Roma. e al desiderio dei Volsci di prendersi una rivincita dopo le sconfitte subite. 341-338 a.C = grande guerra latina > successo dei Romani. Gli esiti della guerra si rivelarono decisivi per l’organizzazione di quella che si avviava a divenire l’Italia romana. - Lalega latina venne disciolta - Alcune delle città che facevano parte della lega vennero incorporate nello stato Romano in qualità di municipi, come era avvenuto qualche decennio prima con Tusculo - Altre città conservarono la propria indipendenza formale e i consueti diritti di connubium, commercium e migratio con Roma, ma non poterono più intrattenere alcuna relazione tra di loro - Formazione di nuove colonie latine su iniziativa di Roma, composte sia da cittadini Romani si da alleati: costoro una volta insediati nella nuova comunità, perdevano la propria precedente cittadinanza per acquistare quella della nuova colonia, e i diritti che avevano caratterizzato i rapporti fra Roma e le città latine. > lo status latino perdette quindi la sua connotazione etnica e venne semplicemente a designare una condizione giuridica in rapporto con i cittadini Romani. La nuova concezione dello status latino è chiaramente dimostrata dal caso di due tra le città che si erano ribellate a Roma, Tivoli e Preneste: nonostante gli abitanti fossero di etnia latina, essi vennero privati dei privilegi di connubium, commercio e migratio e divennero semplici alleati (socii) di Roma, una catena giuridica che si rivelò di particolare importanza per i secoli successivi. Il rapporto veniva creato da trattati che, pur lasciando alle comunità alleate una completa autonomia interna, le legavano strettamente alla potenza egemone per quanto concerneva la politica estera e le obbligavano a fornire un certo contingente di truppe in caso di guerra. Questi trattati consentirono a Roma di ampliare la propria egemonia e il proprio potere militare. AI di fuori dell’Antico Lazio, in particolare nelle città dei Volsci e dei Campani, Roma attuò la concessione di una forma parziale di cittadinanza romana: la civitas sine suffragio > i titolari erano tenuti agli stessi obblighi dei cittadini romani, in particolare a prestare il servizio di lega e a pagare il tributum, ma non avevano diritto di voto nelle assemblee popolari di Roma (potevano però conservare un’ampia autonomia interna). Ad Anzio invece venne creata una piccola colonia i cui abitanti conservavano la piena cittadinanza romana. 26 La seconda guerra sannitica La fondazione di colonie di diritto latino a Cales e a Fregelle, che i Sanniti consideravano di propria pertinenza, provocò una crisi nei rapporti fra le due potenze. FASI DELLA GUERRA: 2 3. causa concreta della seconda guerra sannitica (326-304 a.C): divisioni interne di Napoli, ultima città greca della Campania rimasta indipendente: masse popolari favorevoli ai sanniti VS classi più agiate di sentimenti filoromani. I Romani riuscirono abbastanza rapidamente a sconfiggere la guarnigione che i Sanniti avevano installato a Napoli e di conquistare la città, ma il tentativo di penetrare a fondo nel Sannio si risolse in un fallimento: Dopo il disastro delle forche Caudine, per qualche anno vi fu un’interruzione delle attività militari. I Romani approfittarono di questa pausa per compensare la perdita di Cales e Fregelle, avvenuta a seguito della sconfitta del 321 a.C, rinforzando le proprie posizioni in Campania, dove vennero create due nuove tribù. 316 a.C = si riaccendono le ostilità a causa dei Romani, che attaccarono la località di Saticula, ai confini tra la Campania e il Sannio: le prime operazioni furono nuovamente favorevoli ai sanniti, che nell’anno seguente conseguirono un’importante vittoria presso Lautulae, nei pressi di Terracina. Negli anni successivi, Roma tuttavia iniziò a recuperare il terreno perduto: Saticula fu conquistata nello stesso 315 a.C, Fregelle venne ripresa, le comunicazioni con la Campania ristabilite e migliorate grazie alla costruzione del primo tratto tra Roma e Capua, della via Appia 312 a.C = viene fondata una nuova colonia: Luceria, nell’ Apulia Settentrionale. Questa iniziò a cingere il Sannio in una sorta di assedio. In questi stessi anni Roma procedette a preparare il suo esercito al confronto finale con i Sanniti. Il compatto schieramento a falange, si era rivelato incapace di manovrare su di un terreno accidentale come quello del Sannio ed era incorso nel disastro delle forche caudine. La legione allora venne suddivisa in 30 reparti, detti manipoli, risultati dalla riunione di 2 centurie. Ogni centuria comprendeva circa 60 soldati, dunque ogni manipolo comprendeva attorno ai 120 uomini. La legione veniva schierata su 3 linee, ciascuna delle quali era composta da 10 manipoli: I principes: erano i primi ad affrontare il nemico; Gli asta lecondi ad affrontare il nemico; I triari: i terzi ad affrontare il nemico. Negli stessi anni cambiò anche l’equipaggiamento dei legionari che adottarono scudo rettangolare e il giavellotto in uso presso gli stessi Sanniti. Roma fu così in grado di affrontare una minaccia su due fronti: A sud contro i Sanniti, a nord contro una coalizione di stati Etruschi, tra i quali verosimilmente le maggiori città dell’Etruria interna. Scongiurato per il momento il pericolo etrusco, gli eserciti Romani poterono concentrare i loro sforzi contro il Sannio > conquista di Boviano, uno dei maggiori centri dei Sanniti, da parte dei Romani; 27 posizioni su posizioni. Rispondendo al disperato appello di Sanniti, Lucani e Bruzi, Pirro decise di lasciare incompleta la sua impresa siciliana e di ritornare in Italia. 275 a.C = SCONTRO DECISIVO: le forze romane, guidate dal console Manio Curio Dentato, sconfissero le truppe di Pirro a Maleventum che qualche anno più tardi venne ribattezzata col nome celebrativo di BENEVENTO. Il re dei Molossi capì che la partita era perduta. Lasciò comunque una guarnigione a Taranto ma decise di far ritorno in Epiro. 272 a.C = morte di Pirro. In questo stesso anno Taranto si arrese entrando nel novero dei socii di Roma. 30 LA CONQUISTA DEL MEDITERRANEO 3 La prima guerra punica 264 a.C = Roma controllava ormai tutta l’Italia, fino allo stretto di Messina. In questa area di fondamentale importanza economica e strategica gli interessi di Roma entrarono per la prima volta in collisione con quelli della vecchia alleata Cartagine. Lo scontro venne precipitato dalla questione dei Mamertini, mercenari di origine Italica perché si erano impadroniti con la forza di Messina, dedicandosi all’attività redditizia di saccheggiare le città vicine > reazione dei Siracusani, guidati dal generale IERONE, che inflisse ai Mamertini una severa sconfitta e avanzò verso Messina. I Mamertini accolsero dunque l’offerta di aiuto di una flotta Cartaginese che incrociava nelle acque di Messina e che ovviamente vedeva con preoccupazione la possibilità che i Siracusani si impadronissero della zona dello Stretto. Una guarnigione cartaginese si installò a Siracusa, dove venne proclamato re in seguito alle sue vittorie. I Mamertini fecero appello a Roma, dove iniziò un serrato dibattito a favore o contro l’intervento a Messina. Nessuno tuttavia poteva illudersi che l’intervento a Messina non avrebbe causato una collisione con Cartagine e probabilmente con Siracusa. Soprattutto la prima era avversaria da non sottovalutare: Cartagine, colonia fondata dai Fenici, era al centro di un vasto impero, formato da comunità alleate e da popolazioni soggette che si estendeva dalle Coste dell’Africa e quella della Spagna meridionale. Cartagine, guidata da un regime oligarchico, poteva introdurre grandi eserciti. Non siamo in grado di valutare se l’intervento in Sicilia abbia potuto costituire una palese violazione degli accordi che Roma aveva concluso con Cartagine: il dibattito ruota attorno all’autenticità di una clausola che includeva la Sicilia nella sfera dell’egemonia Cartaginese. Questa clausola era ricordata da Filino, ma l’unica testimonianza, è quella indiretta, di Polibio. Lasciare tuttavia cadere nel vuoto l’appello dei Mamertini significava lasciare ai Cartaginesi il controllo della zona strategica dello Stretto, e perdere la migliore delle occasioni per mettere piede nella Sicilia > secondo il racconto di Polibio fu proprio questa motivazione economica ad indurre l’assemblea popolare, cui il senato aveva domandato la questione, a votare l’invio di un esercito in soccorso ai Mamertini. Anche se formalmente Roma non aveva dichiarato guerra a Cartagine, di fatto questa decisione aprì a lunghissima li guerra pieno 264 0-24 A.C: FASI DELLA GUERRA e I primi ami della guerra furono decisi i Romani riuscirono a respingere da Messina Cartaginesi e Siracusani che avevano deciso di allearsi con i loro vecchi nemici contro la coalizione tra Roma e Mamertini; e 263 a.C=ilre Ierone comprese che l’alleanza con Cartagine era pericolosa per i Siracusani: decise quindi di concludere una pace e di schierarsi dalla parte di Roma; ® 262a.C= grazie al sostegno di Ierone la grande base cartaginese di Agrigento cadde nelle mani dei Romani; ® Grazie alla sua nota superiorità nelle forze navali, Cartagine conservava tuttavia un saldo controllo su molte località costiere della Sicilia: a Roma si decise quindi per la prima volta la creazione di una grande flotta navale di quinqueremi; 31 ® 260a.C = vittoria dei Romani guidati dal console Caio Duili, sulla flotta Cartaginese nelle acque di Milazzo; ® A questo punto Roma pensò di poter assestare un colpo mortale a Cartagine attaccandola direttamente nei suoi possedimenti africani: l’invasione iniziò nel 256 a.C sotto i migliori auspici: la flotta romana sconfisse quella cartaginese al largo di capo Ecnomo e fece sbarcare l’esercito nella penisola di Capo Bon, in Africa. Le prime operazioni furono favorevoli al console ATTILIO REGOLO, che tuttavia non seppe sfruttare i suoi successi: fece fallire infatti le condizioni di pace; allo stesso tempo non riuscì ad approfittare del malcontento che serpeggiava contro Cartagine tra i suoi alleati e i sudditi africani per portarli dalla propria parte. ® 255 a.C = Attilio Regolo viene battuto da un esercito cartaginese comandato dal mercenario Spartano SANTIPPO. Per completare il disastro, la flotta romana, che era riuscita a trarre in salvo i superstiti della sconfitta, incappò in una tempesta e perse buona parte delle sue navi; e 249a.C=in seguito alla sconfitta nella battaglia navale di Trapani Roma era ormai priva di forze. D'altro canto, i Cartaginesi non seppero sfruttare la loro superiorità sui mari, mentre sulla terra furono costretti a limitarsi ad azioni di disturbo degli eserciti romani che assediavano Trapani e Lilibeo, brillantemente condotte dal nuovo generale AMILCARE BARCA. ® Solo qualche anno dopo Roma fu in grado di costruire una nuova flotta, ricorrendo ad un prestito di guerra dai cittadini più facoltosi. Grazie a questo espediente, venne allestita una flotta di 200 quinqueremi, immediatamente inviata al comando del console Caio Lutatio Catulo a bloccare Trapani e Lilibeo. e 241 a.C=la flotta dei Cartaginesi fu sconfitta presso le isole Egadi. A Cartagine si comprese che non vi era più alcuna possibilità di resistere e si domandò la pace. La prima provincia romana A seguito della prima guerra punica Roma per la prima volta era venuta in possesso di un ampio territorio al di fuori della penisola italiana, costituito dalle regioni della Sicilia centro-occidentale, un tempo parte dal dominio cartaginese. Il sistema col quale Roma integrò questi nuovi possedimenti segnò una svolta nella sua storia istituzionale. Nella penisola, città e popolazioni erano state incorporate nello Stato Romano oppure legate da trattati che prevedevano l’invio di truppe in aiuto della potenza egemone ma non il pagamento di un’imposizione in denaro e lasciavano alle comunità sociale una grande autonomia interna. In Sicilia invece la strada intrapresa fu diversa: alle comunità un tempo soggette a Cartagine venne imposto il pagamento di un tributo annuale che consisteva nel versamento di un decimo della produzione. L’amministrazione della giustizia, il mantenimento dell’ordine interno e la difesa vennero affidati ad un magistrato romano inviato annualmente nell’isola. Tra le due guerre CARTAGINE > i primi anni della sconfitta furono drammatici. La città non era in grado di assicurare il pagamento delle numerose truppe mercenarie > ribellione dei mercenari insieme ad 32 sconfiggere gli eserciti congiunti dei consoli Marco Terenzio Varrone e Lucio Emilio Paolo, nella piana di CANNE, presso Canosa in Puglia. La guerra pareva ormai perduta per i Romani. Numerose comunità dell’Italia meridionale defezionarono. 215 a.C. = morte di Ierone di Siracusa, fedele alleato dei Romani. A lui successe il nipote Teronimo che decise di schierarsi dalla parte di Cartagine. Nello stesso anno i Romani vennero a conoscenza di un patto di alleanza tra Filippo V di Macedonia e Annibale. Gli alleati dell’Italia centrale tuttavia rimasero fedeli a Roma e il ritorno alla strategia attendista di Fabio Massimo consentì a Roma di guadagnare le posizioni perdute nel Mezzogiorno. 212 a.C. = Taranto si schierò dalla parte dei Cartaginesi. 211 a.C. = Capua viene riconquistata dai Romani. Nell’Adriatico una flotta di 50 quinqueremi si rivelò sufficiente per impedire ciò che i Romani temevano maggiormente: un’invasione dell’Italia da parte di Filippo V. Le operazioni contro Filippo in questa prima guerra macedonica coinvolsero in misura solo limitata gli eserciti romani. Roma ri a paralizzare le azioni del re macedone creando una coalizione di stati greci a lui ostili, tra i qu rimeggiava la Lega Etolica. 205 a.C = Roma stipula con Filippo la cosiddetta hace della Fenice (dal nome della località dell'Epiro nella quale il trattato fu siglato) che lasciava immutato il quadro territoriale. La svolta decisiva della guerra si ebbe tuttavia in Spagna. Dopo la sconfitta subita al fiume Trebbia, PUBLIO CORNELIO SCIPIONE aveva raggiunto nella penisola iberica, il fratello CNEO. I due Scipioni riuscirono ad impedire che Annibale ricevesse aiuti dalla Spagna. 211 a.C. = i due fratelli si trovarono ad affrontare divisi le superiori forze che i Cartaginesi avevano concentrato nella penisola iberica e vennero sconfitti e uccisi. Venne nominato dunque comandante delle truppe il figlio omonimo PUBLIO CORNELIO SCIPIONE, che sarà noto col cognomen di AFRICANO. Il giovane Scipione formalmente non aveva titolo per comandare un esercito ma venne scelto per condurre le operazioni in Spagna dall’assemblea popolare, in virtù delle sue qualità personali. 209 a.C. = Scipione riesce ad impadronirsi della principale base cartaginese nella penisola iberica: Nova Cartago. Scipione non riuscì tuttavia ad impedire che Asdrubale eludesse la sorveglianza romana e tentasse di riportare aiuti al fratello in Italia. La spedizione cartaginese fu tuttavia bloccata dagli eserciti congiunti dei due consoli Salinatore e Caio Claudio Nerone, e distrutta sul fiume Metauro nel 207 a.C. Asdrubale stesso cadde in battaglia. 206 a.C. = Annibale si ritira nel Bruzio. Scipione nel frattempo sconfigge gli eserciti cartaginesi di Spagna nella battaglia di Ilipa. 205 a.C = Scipione fa ritorno in Italia e viene rieletto console iniziando i preparativi per l’invasione dell’Africa. Importante è la sua alleanza con MASSINISSA, re della tribù numida dei Massili, in rivolta contro Cartagine. 204 a.C = sbarco in Africa. 203 a.C.= vittoria di Scipione e Massinissa nella battaglia dei Campi Magni. 35 e 202a.C.=si combatté la battaglia che pose fine al conflitto, nei pressi della città di Zama. La cavalleria numida di Ma; sa diede la vittoria ai Romani. Il trattato di pace viene siglato nel 201 a.C: prevedeva la consegna di tutta la flotta cartaginese tranne 10 navi e il pagamento di una fortissima indennità. Cartagine doveva rinunciare ai suoi possedimenti al di fuori dell’Africa. Ai Cartaginesi inoltre non era concesso di dichiarare guerra senza il permesso di Roma. La seconda guerra macedonica ROMA vs MACEDONIA (Filippo V) j) CAUSA CONFLITTO che lo portarono a scontrarsi con le due potenze maggiori: il regno di Pergamo e la Repubblica di Rodi. 201 a.C. = il conflitto sfocia in guerra aperta: Filippo fu battuto in una battaglia navale da Pergameni e Rodii al largo di Chio, ma poco dopo riuscì a infliggere una severa sconfitta alla flotta rodia a Lade. I coalizzati compresero che da soli non sarebbero riusciti ad allontanare la minaccia macedone. A Roma dopo un acceso dibattito, le voci contrarie ad una nuova guerra furono alla fine soverchiate da un complesso di fattori cui si mescolavano i timori di una nuova invasione dell’Italia. I comizi centuriati votarono dunque per la guerra. Contemporaneamente si decise di inviare un ultimatum a Filippo, in cui gli si intimava di rifondere i danni di guerra inflitti agli alleati di Roma e di astenersi dall’attaccare gli stati greci. Il re macedone ignora l’ultimatum, mentre la mossa diplomatica valse a Roma il sostegno di alcuni stati greci, tra i quali Atene. 198 a.C. = svolta grazie al nuovo comandante delle forze romane, il giovane console TITO QUINZIO FLAMINIO. Filippo dovette avviare trattative di pace e richiedere la liberazione della Tessaglia, una regione che era sotto il dominio della monarchia macedone dai tempi di Filippo II, padre di Alessandro. La richiesta venne respinta: uno ad uno gli stati della Grecia si schierarono dalla parte dei “Liberatori”, persino la lega Achea, il principale organismo politico del Peloponneso e alleata della Macedonia. Alla fine dello stesso anno Filippo V decise di intavolare serie trattative di pace, interrotte tuttavia da Flaminio. 197 a.C. = l’esercito di Filippo V venne annientato a Cinoscefale, in Tessaglia. Il re macedone fu dunque costretto ad accettare le condizioni di pace che prevedevano il ritiro delle guarnigioni macedoni, il pagamento di un’indennità e la consegna della flotta, tranne cinque navi. 196 a.C. = giochi Istmici > Flaminio proclamò l’autonomia e la libertà, anche dall’obbligo di versare tributi. Roma dunque non intendeva assumere una diretta responsabilità di governo in Grecia. 36 La guerra siriaca ANTIOCO II, re di Siria > stava estendendo progressivamente la sua egemonia sulle città greche della costa Occidentale ed aveva addirittura attraversato con un esercito l’Ellesponto, reclamando i possedimenti sulla costa della Tracia. Le proteste di Roma furono sostanzialmente respinte da Antioco III il quale da un lato assicurò di non nutrire alcuna intenzione ostile nei confronti di Roma, dall’altro riaffermò con decisione la fondatezza delle sue pretese in Asia minore e in Tracia. Nonostante Scipione Africano consigliasse di lasciare un presidio in Grecia, Flaminio riuscì ad imporre il rispetto dell’impegno preso ai Giochi Istmici. L'esercito romano si era trattenuto fin troppo in Grecia, alimentando così la propaganda ostile della Lega Etolica (gli Etoli infatti sostenevano che la Grecia aveva semplicemente cambiato padrone, dalla Macedonia a Roma. La guerra fredda tra Siria e Roma si trascinò sino al 192 a.C, quando la lega Etolica invitò espressamente Antioco III a liberare la Grecia dai suoi falsi liberatori. 191 a.C. = il re di Siria venne duramente battuto presso le Termopili dai Romani e dovette fuggire in Asia Minore. 190 a.C. = il console Lucio Cornelio Scipione si preparò ad invadere 1’ Asia minore per la lunga via terrestre attraverso la Grecia, la Macedonia e la Tracia, forte del leale sostegno di Filippo V di Macedonia. Nel frattempo, la flotta romana sconfiggeva ripetutamente i Siriaci nell’Egeo. Lo scontro decisivo si ebbe nei pressi di Magnesia > l’esercito di Antioco venne completamente disfatto. 188 a.C. = pace siglata nei pressi di Apamea. Antioco II dovette pagare un’enorme indennità di guerra, affondare tutta la sua flotta, tranne dieci navi, consegnare alcuni nemici, sgombrare tutti i territori ad ovest e a nord del massiccio montuoso del Tauro. I vasti territori dell'Asia minore non vennero tuttavia inglobati nello stato romano come provincia, ma spartiti tra i due più fedeli alleati di Roma: il re di Pergamo Eumene II e la repubblica di Rodi. Le trasformazioni politiche e sociali 1. “PROCESSO AGLI SCIPIONI”: nel 187 a.C alcuni tribuni della plebe accusarono L. Cornelio Scipione, il vincitore di Antioco II di essersi impadroniti di parte dell’indennità di guerra versata da Antioco III. nonostante l’intervento del fratello, il celebre Africano, solo il veto di uno dei tribuni della plebe impedì che Lucio Scipione, nel 184 a.C, fosse condannato a pagare una pesantissima multa. Nel medesimo anno l’attacco venne rinnovato, questa volta contro l’Africano stesso. Egli rifiutò sdegnosamente di rispondere alle accuse e si ritirò in una sorta di asilo politico nella sua proprietà di Literno. Il processo agli Scipioni, ispirato da Marcio Porcio Catone, era soprattutto un attacco contro una personalità eccezionale per le cariche che aveva rivestito e per il suo carisma personale, come quella di Scipione l’Africano. Colpendo l’Africano, Catone colpiva soprattutto una spinta verso l’individualismo che rischiava di mettere in pericolo la gestione collettiva della politica da parte della nobilitas. 2. 180 a.C. = promulgazione della legge Villia: introdusse un obbligo di età minima per rivestire tutte le magistrature e un intervallo di un biennio tra una carica e l’altra. 37 1. SPAGNA CITERIORE > nord 2. SPAGNA UTERIORE > sud La penetrazione verso l’interno si rivelò assai difficile, tanto che la sottomissione della penisola iberica venne completata con Augusto. Le sconfitte furono numerose, le vittorie mai decisive. 195 a.C. = Catone, il grande avversario degli Scipioni, venne mandato nella Spagna Citeriore in qualità di console. Egli procedette alla sistematica sottomissione delle tribù della valle dell’Ebro. Tuttavia, i suoi successi furono effimeri, poiché anche negli anni seguenti Roma fu costretta a impegnare numerose truppe nella provincia. 180-178 a.C.= T. Sempronio Gracco fu governatore della Spagna Citeriore; egli cercò di rimuovere le ragioni dell’ostilità verso Roma. Subito dopo la lotta contro i Lusitani, la battaglia si concentrò intorno alla città di Numanzia. 137 a.C. = sotto le mura di Numanzia si consumò un episodio emblematico delle difficoltà di Roma: il console CAIO OSTILIO MANCINO, sconfitto, fu addirittura costretto dai Numantini a firmare una pace umiliante per Roma. Tale accordo fu disconosciuto dal Senato e la guerra numantina fu infine affidata al più abile comandante romano del tempo, SCIPIONE EMILIANO, eletto per la seconda volta al consolato nel 134 a.C. 133 a.C. = Numanzia viene distrutta, tuttavia l’umiliazione subita da Roma nel 137 a.C non venne cancellata. Mappa 3 guerre puniche 40 DAI GRACCHI ALLA GUERRA SOCIALE 1 L’età dei Gracchi (133 a.C -121 a.C): una svolta epocale? La tradizione storiografica aristocratica ha identificato nell’Età dei Gracchi l’origine della degenerazione dello stato, e l’vizio del tempo delle guerre civili. In tale periodo sono venuti a maturare fenomeni e problemi tra loro connessi. Mutamento degli equilibri sociali La guerra annibalica aveva percorso l’Italia e inferto profonde ferite alla sua agricoltura. Tuttavia, le conquiste esterne avevano comportato anche un consistente afflusso di ricchezze in mani di pochi. Erano in pratica caduti in possesso di Roma, dei suoi generali, dei suoi soldati, bottini di guerra molto consistenti > Profondo mutamento della struttura sociale ed economica rimasta sino ad allora essenzialmente agricola. I Romani e gli Italici infatti si erano introdotti nel grande commercio (olio, vino, grano, schiavi): i negoziatores (uomini d’affari) avevano iniziato ad installarsi nelle province di recente acquisite. Questi Romaioi (come li chiamavano i Greci) esercitavano anche attività bancarie; tali attività avevano fatti fare fortuna a molti senatori e avevano favorito l’ascesa degli EQUITES, la cui ricchezza era ad un tempo fondiaria. I Organizzati sulla base di un censo di 400.000 sesterzi, essi comprendevano figli e fratelli di senatori. Esclusi dalle cariche pubbliche, essi erano comunque interessati a difendere i propri interessi e a far parte del tribunale permanente (quaestio perpetua) che, creato nel 149 a.C, perseguiva le estorsioni (de repetundis) che i magistrati delle province avessero perpetrato ai danni delle comunità o dei singoli. diffusione in Italia e a Roma dell'ELLENISMO. 1 rampolli dei Romani più ricchi erano cresciuti, educati ed istruiti abitualmente da nutrici e precettori di cultura greca, e sempre più di frequente schiavi greci colti amministravano con competenza case, proprietà e patrimoni dei loro padroni. Crisi della proprietà fondiaria e inurbamento SVILUPPO SCAMBI COMMERCIALI > modifica fisionomia dell’agricoltura italica. I piccoli proprietari infatti trattenuti a lungo lontani dai propri campi, a causa dei conflitti, si erano spesso trovati nella necessità di vendere le loro proprietà > ciò aveva provocato l’affermarsi di una 41 agricoltura fondiaria: agricoltura incentrata su prodotti destinati alla commercializzazione più che all’autoconsumo. Il modello di proprietà diveniva così la grande azienda agricola (villa rustica) basata sullo sfruttamento intensivo di personale schiavile e diretta da schiavi-manager (vilici) che facevano lavorare schiavi-operai e artigiani e schiavi agricoltori. Rivolte servili Il moltiplicarsi delle grandi tenute a personale schiavile creò il presupposto per il ripetuto esplodere di rivolte servili, laddove questo fenomeno si presentava in forma più intensa. Teatro di molti moti schiavili fu la Sicilia (dove più diffusi erano i latifondi), in cui masse servili si sollevarono nel 140- 132 a.C. e, di nuovo nel 104-100 a.C. La prima rivolta scoppiata ad Enna, nelle tenute di un ricco proprietario terriero locale di nome Damofilo, si estese rapidamente a tutta l’isola. A capo di essa fu posto uno schiavo siriaco: Euno. Roma fu costretta ad inviare tre consoli. Soltanto l’ultimo di essi PUBLIO RUPILIO riuscì nel 132 a.C a domare l’insurrezione. Due fazioni dell’aristocrazia: optimates e populares MUTAMENTI COMPAGINE SOCIALE > minarono alla stabilità della classe dirigente Romana. Cominciarono a delinearsi infatti due fazioni entrambe scaturite dalla nobilitas: 1. POPULARES: ugualmente scaturiti dai quadri dell’aristocrazia, si consideravano i difensori dei diritti del popolo, che gli optimates definivano come padrone del mondo, ma che in realtà conduceva un’esistenza miserevole, e propugnavano la necessità di ampie riforme in campo politico e sociale. Un esempio di questa tendenza può riscontrarsi nell’approvazione, in questo periodo, di ben 3 leggi tabellarie: cioè concernenti l’espressione scritta del voto (dal 139 a.C il voto divenne segreto): e Lex Gabinia Tabellaria (139 a.C): introduceva l’espressione scritta del voto nei comizi elettorali; e Lex Cassia Tabellaria (137 a.C): introduceva l’espressione scritta del voto nei giudizi popolari; e Lex Papiria Tabellaria (131 a.C): introduceva l’espressione scritta del voto nei comizi legislativi; 2. OPIMATES: si richiamavano alla tradizione degli avi, si autodefinivano boni, gente dabbene che cercava di ottenere per la propria politica l’approvazione dei benpensanti, ispirata dai buoni principi e sollecitata dal bene dello stato, sostenitrice delle autorità e delle prerogative del Senato. La questione dell’ Ager publicus e il tentativo di riforma agraria di Gaio Lelio Le guerre di conquista avevano fatto crescere l’Ager publicus. Parti di esso erano abitualmente concesse in uso a privati a titolo di occupatio: la proprietà restava sempre allo stato. L'utilizzo era 42 di Gracco che avessero osato resistere: Fulvio Flacco perì negli scontri, Caio Gracco si fece uccidere da uno schiavo. Province, espansionismo e nuovi mercati: Asia, Gallia, Baleari Prima del 133 a.C Roma aveva dedotto 6 province: Sicilia, Sardegna e Corsica, Spagna Citeriore, Spagna ulteriore, Macedonia e Africa. La deduzione di una provincia è da considerare come “atto non di annessione ma di guerra”. ASIA: 133 a.C = re di Pergamo Attalo IMI aveva lasciato il suo regno ai Romani, fatta eccezione per le città dichiarate libere e i loro territori. Aristonico, forse figlio naturale di Eumene II, assunto il nome di Eumene III, si pose a capo di una rivolta che tenne testa per tre anni alle rivendicazioni di Roma. Egli dapprima fece appello alle città greche, ma senza successo. Si rivolse allora alle popolazioni e alle comunità dell’interno, propugnando l’instaurazione di un governo utopico, una “città del sole” dove tutti sarebbero stati liberi e uguali. 129 a.C = la ribellione venne sedata e il console MANIO AQUILIO poté organizzare quanto rimaneva del territorio nella provincia romana dell’ Asia; compito che fu terminato nel 126 a.C. Il corpo della nuova provincia restò costituito dalle parti più importanti del precedente regno, a nord la Misia e la Troade, al centro la Lidia, a sud la Frigia (la zona più ricca ed ellenizzata). In questo modo Roma poneva piede nella penisola Anatolica. GALLIA MERIDIONALE: Questa parte attirò l’attenzione e l’impegno romano. Rispondendo ad una richiesta d’aiuto da parte dell’alleata Marsiglia contro tribù celtiche e galliche, fu inviato prima Fulvio Flacco, poi Caio Sestio Calvino che, nel 123 a.C fondò Aquae Sextiae, controllando così da nord l’entroterra di Marsiglia. 121 a.C = CNEO DOMIZIO ENOBARDO e QUINTO FABIO MASSIMO, con le loro vittorie contro gli Allobrogi, posero le basi per la nuova provincia Narbonese, che fu organizzata attorno alla colonia romana di Narbo Martius dedotta nel 118 a.C. 45 BALEARI: 123 a.C = conquista delle Baleari che erano divenute basi di attività piratiche che si facevano più intense e risultavano più dannose via via che cresceva il volume dei traffici marittimi. Nella maggiore di essa, Maiorca, furono fondate le colonie romane di Palma e Pollenzia. I commercianti italici e l’ Africa; Giugurta; Caio Mario Scipione Emiliano aveva regolato le questioni africane, dopo la terza guerra punica, costituendo una piccola ma ricca provincia: la provincia romana d’Africa, e rapporti di buon vicinato con le città libere e i figli di Massinissa, il re di Numidia tradizionalmente alleato dei Romani. 118 a.C = morte di MICIPSA > il regno numidico è conteso tra i suoi tre eredi principali: 1. GIUGURTA: suo nipote e figlio adottivo; TEMPSALE: assassinato dallo stesso Giugurta; 3. ARDEBALE: costretto a rifugiarsi a Roma nel 116 a.C a Roma, la quale opta per la divisione del regno della Numidia tra i due superstiti: ® Ad Ardebale la parte orientale (più ricca) ® A Giugurta la parte occidentale (più vasta) 112 a.C = Giugurta volle impadronirsi della porzione di regno che era stata affidata ad Ardebale e ne assediò la capitale Cirta. Giugurta, compiendo un errore fatale, fece trucidare non solo il rivale ma anche i Romani e gli italici che vi svolgevano le loro attività. 111 a.C = Roma scende in guerra contro Giugurta Le operazioni militari furono condotte molto fiaccamente fino al 109 a.C, tra gravi smacchi per le armi romane, accusate di incapacità e sospette di corruzione, quando al comando della guerra fu posto il console QUINTO CECILIO METELLO, del cui seguito faceva parte, come legato Caio Mario. Metello riprese le redini del conflitto, sconfisse ripetutamente Giugurta, ma non riuscì a concludere una campagna tutta fatta di agguati e imboscate. 107 a.C = CAIO MARIO è eletto console. A lui venne affidato il comando della guerra contro Giugurta. Mario era un homo novus, originario del territorio di Arpino, ed era il primo della sua famiglia ad arrivare ai sommi vertici dello Stato. Egli incarnava un nuovo tipo di politico, uscito dall’ambiente dei ricchi possidenti equestri e dalla carriera militare. 46 Ls Mario, bisognoso di truppe a lui fedeli e per far fronte ai gravi vuoti determinati dalla guerra contro Giugurta e dai massacri subiti dai Cimbri e dai Teutoni, aprì . Il metodo era stato utilizzato prima di Mario e su scala limitata e soltanto in casi di emergenza; solo dopo Mario divenne pratica regolare. Con il suo nuovo esercito Mario ritornò in Africa, ma gli occorsero tre anni per catturare Giugurta. Valsero le trattative diplomatiche, già impostate da Metello, per rompere l’alleanza tra Giuguta e il suocero Bocco, re di Mauritania. Grazie soprattutto a LUCIO CORNELIO SILLA, allora legato di Mario, Bocco tradì Giugurta e lo consegnò ai Romani nel 105 a.C. La Numidia orientale fu assegnata a un nipote di Massinissa, fedele a Roma, la parte rimanente allo stesso Bocco. Giugurta fu trascinato prigioniero a Roma. Mario venne rieletto console nel 104 a.C e celebrò il trionfo su Giugurta, che venne in seguito giustiziato. In tal modo Mario attua una riforma dell’esercito: innanzitutto egli aveva reso l’amuolamento volontario, permanente € retribuito e ciò significava che fare il soldato diveniva un professionisti. Inoltre, aveva aperto l’arruolamento ai proletari, romani e italici, che così potevano guadagnarsi da vivere. CONSEGUENZE: Un esercito di questo tipo poteva essere addestrato meglio e in modo uniforme. Ma vi furono anche conseguenze negative: i soldati reclutati, reclutati soprattutto tra i proletari, combattevano per denaro e per saccheggiare. I comandanti per assicurarsi la fedeltà delle truppe, ne assecondavano i desideri e ricompensavano con assegnazioni di terre i veterani. Questo creò un nuovo tipo di legame tra i soldati e il loro capo, che disponeva dell’esercito come se fosse soltanto ai suoi ordini, non a quelli dello Stato > nascono degli “eserciti personali”. 1. su proposta di Lucio Giulio Cesare una legge, la lex Iulia de Civitate che concedeva la cittadinanza agli alleati rimasti fedeli e alle comunità che avessero deposto o deponessero rapidamente le armi. 2. la lex Plautia Papiria che estendeva la cittadinanza a quanti degli Italici si fossero registrati presso il potere di Roma entro 60 giorni. 3. Nel medesimo anno (90 a.C) Gneo Pompeo Strabone con la lex Pompeia faceva attribuire il diritto latino agli abitanti dei centri urbani a nord del Po (Transpadana). I successi più importanti vennero conseguiti da Strabone che riuscì ad espugnare Ascoli, e da Silla che riconquistò la maggior parte del Sannio e della Campania. 88 a.C = SILLA, eletto console ne espugnò l’ultima roccaforte: NOLA. Con la concessione della cittadinanza a tutta l’Italia sino alla Transpadana si inaugurava un nuovo processo di unificazione politica dell’Italia. (*) 50 I PRIMI GRANDI SCONTRI TRA FAZIONI IN ARMI 2 Mitridate VI Eupatore ORIENTE: i Parti della dinastia degli Arsacidi, che provenivano dalle zone del Caucaso avevano sottratto possedimenti al regno Seleucide, fino ad occupare la Mesopotamia e Babilonia. Nella penisola anatolica era costantemente in atto un forte frazionamento politico e Roma vi aveva favorito la coesistenza di molti piccoli stati dinastici. 112 a.C = MITRIDATE VI EUPATORE diviene re del Ponto, estendendo il suo regno a sud, a est e a nord del Ponto Eusino. 104 a.C = il senato Romano era diventato molto attento alle sue mosse, e impossessatosi Mitridate della Cappadocia, Mario si era recato presso di lui in una missione diplomatica di osservazione. 92 a.C = Silla interviene per ripristinare sul trono di Cappadocia un re più gradito ai Romani. Approfittando della guerra sociale, Mitridate aveva ripreso la sua politica espansionistica, facendo invadere nuovamente la Cappadocia da Tigrane, re dell’ Armenia, divenuto suo genero, e spodestando dalla Bitinia il nuovo re NICOMEDE IV figlio del suo ex alleato Nicomede II. 90 a.C = Roma decise di inviare in Oriente una legazione > obiettivo: rimettere sui loro troni i sovrani di Bitinia e Cappadocia. Tuttavia, Nicomede IV si ritenne autorizzato a condurre scorrerie nel territorio del Ponto. Mitridate ne chiese la soddisfazione e non avendola ottenuta, si decise alla guerra contro i Romani. Da questo momento in poi attua una politica propagandistica nei confronti dei Greci, presentandosi come sovrano filelleno ed “evergete” (benefattore), sollecito al bene e alla libertà di tutti. Dilagato in Cappadocia, travolte le forze romane, fu presto padrone di tutta l’Asia. Più di 80.000 tra Romani e Italici, compresi donne e bambini, vennero massacrati. Anche l’isola di Delo (caposaldo del commercio romano in Oriente) e la stessa Atene, col suo importante porto del Pireo, fecero causa comune con il nuovo liberatore. La sola Rodi rimase fedele a Roma. ‘Regno del, Bosforo Sipope Rilisia PONTO | REGNO DELLA GRANDE ARMENIA sAncyra Galazia Cappadocia Licaonia REGNO Cilicia Ù DEI PARTI = Antiochia REGNO Sr, DEI SELEUCIDI . Migone). Ctesifonte Province romane n Stati alleati di Roma Domini di Mitridate VI Spedizione di Mitridate VI —+ Alleati di Mitridate VI 51 88 a.C = un esercito pontico, invadeva la Grecia centrale, ottenendo l’adesione della Beozia, di Sparta e del Peloponneso, mentre una flotta faceva vela verso l’Attica. Roma decise di reagire, affidando il comando della guerra a LUCIO CORNELIO SILLA, uno dei consoli dell’88 a.C che si trovava impegnato nell’assedio di Nola. (*) Il tribunato di Publio Sulspicio Rufo e il ritorno di Mario; Silla marcia su Roma Mentre Silla accelerava le operazioni intorno a Nola per poter marciare contro Mitridate, a Roma il tribuno della plebe Publio Sulspicio Rufo, che era stato amico di Druso, si adoperava per privarlo del comando della guerra e contemporaneamente riprendeva il problema dell’inserimento dei nuovi cittadini italici, nelle tribù romane. Tuttavia, il numero degli alleati era tale che se fossero stati ripartiti tra tutte le 35 tribù e si fossero recati in massa a Roma per votare, sarebbero stati in maggioranza in ciascuna tribù. Si era perciò ricorsi all’espediente di immetterli in un numero limitato di tribù. In questo modo i neocittadini avrebbero potuto influire soltanto sul voto di poche tribù. Ma la guerra sociale e le azioni di Mitridate avevano avuto come conseguenza immediata anche un impoverimento complessivo tanto dello stato Romano che dei singoli. Per far fronte a ciò Rufo propose una serie di provvedimenti: e Ilrichiamoall’esilio di quanti erano stati perseguiti per collusioni con gli alleati italici; e L’inserimento dei neocittadini in tutte le 35 tribù; e Iltrasferimento della guerra contro Mitridate da Silla a Mario Appresa tale notizia Silla marcia su Roma alla testa dei suoi soldati. Erano così divenuti palesi i primi esiti della riforma mariana dell’esercito: la truppa si sentiva ormai più legata al proprio comandante che ad uno stato che reputava dominato da una fazione ostile. Impadronitisi di Roma, Silla fece dichiarare i suoi avversari nemici pubblici: Sulspicio fu eliminato. Mario riuscì a stento a fuggire alla volta dell’ Africa. Silla invece fece approvare alcune norme. Silla e la prima fase della guerra mitridatica 87 a.C = Silla cinse d’assedio Atene, che venne presa e saccheggiata. Direttosi nuovamente verso la Grecia centrale, sconfisse nuovamente le truppe pontiche a Cheronea e successivamente ad Orcomeno (86 a.C) in Beozia. Era la fine del predominio delle armate di Mitridate in Grecia. Lucio Cornelio Cinna e l’ultimo consolato di Mario Uno dei due consoli dell’87 a.C, Lucio Cornelio Cinna, fautore di Mario, aveva ripreso la proposta di iscrivere i neocittadini italici in tutte le 35 tribù. Cacciato da Roma, si era rifugiato in Campania, dove venne raggiunto da Mario, ritornato dall’ Africa. Si ebbe così una nuova marcia su Roma. la città fu presa con la forza: Silla venne dichiarato nemico pubblico e ci furono stragi atroci, delle quali furono vittime molti tra i più autorevoli sostenitori di Silla. In questo clima Mario fu eletto console (per la settima volta) insieme a Cinna per l’anno 86 a.C; morì dopo essere entrato in carica. Cinna fu eletto console dio anno in anno fino all’84 a.C. Fu definitivamente risolta la questione della cittadinanza con l’immissione dei neocittadini in tutte le 35 tribù. 52 d’origine. Vagarono così per l’Italia spingendosi in Cisalpina. Il senato decise così di affidare un comando eccezionale e un considerevole esercito a MARCO LICINIO CRASSO, allora pretore. Crasso riuscì a isolare Spartaco e i suoi in Calabria. Essi tentarono di passare in Sicilia per fomentare la una rivolta, ma vennero traditi dai pirati che, ricevutone il prezzo, non li traghettarono. Crasso li raggiunse sconfiggendoli in Lucania. 71 a.C = lo stesso Spartaco cadde in battaglia. Migliaia di prigionieri furono fatti crocifiggere da Crasso lungo la via Appia, tra Roma e Capua. Una consistente schiera di superstiti tentò la fuga verso nord, ma fu intercettata in Etruria da Pompeo, che ritornava dalla Spagna, e annientata. Il consolato di Pompeo e Crasso e lo smantellamento dell’ordinamento sillano (70 a.C) 70 a.C = Pompeo presenta la sua candidatura al consolato al consolato, pur essendo molto al di sotto dell’età minima richiesta e non possedendo neppure i requisiti di carriera (non era mai passato attraverso la trafila ordinaria delle cariche: questura, edilità. Pretura. Anche Crasso si presentò alla candidatura: entrambi vennero eletti consoli. 75 a.C = venne portato a compimento lo smantellamento dell’ordine sillano; 73 a.C = i consoli avevano fatto approvare una legge frumentaria (la lex Terentia Cassia), che ripristinava le distribuzioni a prezzo politico del grano, che gli eventi bellici avevano reso scarso e costoso Pompeo e Crasso restaurarono i poteri dei tribuni della plebe: essi poterono di nuovo proporre leggi all’assemblea e opporre il veto alle iniziative dei magistrati. Furono eletti, dopo un intervallo di 15 anni, i censori, che epurarono il Senato di 64 membri giudicati indegni e condussero il censimento. Infine, il pretore LUCIO AURELIO COTTA, fece modificare la composizione delle giurie dei tribunali permanenti, togliendone l’esclusiva ai senatori. Pompeo in Oriente; operazioni contro i pirati; nuova guerra mitridatica Negli anni tra 1°80 e il 70 a.C in Oriente erano riemerse e si erano consolidate due gravi minacce: i pirati e Mitridate. La pirateria aveva ripreso forza per l’instabilimento delle strutture politiche locali e per l’importanza assunta dal commercio degli schiavi. I Romani avevano tollerato che essa continuasse ad Oriente perché trovavano un forte tornaconto. Le sue basi principali erano disseminate lungo la costa dell’ Asia minore. Attaccavano le lente navi commerciali depredandole e riuscivano a dileguarsi dinnanzi alle flotte di guerra più pesanti e molto meno veloci > il trasporto delle merci era divenuto sempre più difficile. 74 a.C = fu inviato contro i pirati un comando speciale guidato da Marco Antonio (padre del futuro omonimo triumviro) che preferì alla fine concentrare i suoi sforzi sull’isola di Creta, riportandovi un’umiliante sconfitta. Nel frattempo, era divenuta inevitabile una nuova guerra contro Mitridate. Dopo la pace di Dardano egli aveva continuato a covare propositi di rivincita e l’occasione si era ripresentata nel 74 a.C, 55 quando alla morte di Nicomede VI di Bitinia, risultò che questo re aveva lasciato il suo regno in eredità ai Romani. Mitridate decise pertanto di invaderla. Contro di lui furono mandati i due consoli del 74 a.C: Marco Aurelio Cotta e Lucio Licinio Lucullo. 67 a.C = Lucullo occupa il Ponto, costringendo Mitridate a rifugiarsi in Armenia, presso suo genero Tigrane > Lucullo invase quindi l’Armenia assediandone e conquistandone la nuova capitale, Tigranocerta. Di qui si spinse ancor più a est, all’inseguimento di Mitridate e Tigrane. Tuttavia, la sua invincibile marcia fu fermata da un malcontento. I suoi soldati, stanchi delle fatiche, della ferrea disciplina e dei disagi ambientali si rifiutarono di proseguire. I suoi comandi gli furono progressivamente revocati. Ne approfittarono Mitridate e Tigrane per riprendere le ostilità. Nello stesso anno un tribuno della plebe: AULO GABINIO propose che si assumessero misure drastiche contro i pirati che, per questo scopo, fosse attribuito per tre anni a Pompeo un “imperium infinitum” su tutto il Mediterraneo> Pompeo cacciò rapidamente i pirati dal Mediterraneo occidentale sconfiggendoli in Cilicia. 66 a.C = un altro tribuno, CAIO MANILIO propose che venisse estesa ancora a Pompeo l’autorità della guerra contro Mitridate. Pompeo riuscì a convincere il re dei Parti a tenere impegnato Tigrane, mentre egli marciava verso il Ponto. Mitridate fu sconfitto e fu costretto a rifugiarsi a nord, lungo la sponda orientale del Mar Nero. 63 a.C = Mitridate si fa uccidere per non cadere in mano ai Romani Confermato a Tigrane il trono dell’ Armenia, Pompeo lo privò della Siria. Poi passò in Palestina dove s’impadroni di Gerusalemme e del suo tempio, e dove costituì uno stato autonomo. La fu raggiunto dalla notizia della morte di Mitridate. 62 a.C = Pompeo rientra a Roma carico di bottino e gloria. Gli venne immediatamente decretato il trionfo. Il consolato di Cicerone e la congiura di Catilina Durante l’assenza di Pompeo a Roma si era verificata una grave crisi. Catilina tenta per tre volte di ottenere il consolato per vie legali: 1. LUCIO SERGIO CATILINA: discendente di una famiglia aristocratica decaduta; si era arricchito durante gli eccidi d’età sillana ma aveva dilapidato grosse somme di denaro per mantenere un elevato tenore di vita. La sua campagna per ottenere il consolato nel 65a.C gli era a una fortuna, ma all’ultimo momento la sua candidatura era stata respinta per indegnità. co! 2. Prosciolto dall’accusa di concussione tenta di ripresentarsi alle elezioni consolari dell’anno 63 aC, politicamente e finanziariamente sostenuto da Marco Licinio Crasso. Riuscì invece eletto console un homo novus di Arpino: MARCO TULLIO CICERONE, vittorioso accusatore di Verre e sostenitore di Pompeo, che nella campagna elettorale aveva accusato di corruzione lo stesso Catilina. 56 3. Catilina non demorse: mise a punto un programma elettorale che pensava lo avrebbe condotto ad ottenere il consolato nel 62 a.C. basato sulla cancellazione dei debiti e rivolto agli aristocratici rovinati dalle dissipazioni. Tuttavia, riuscì di nuovo battuto dalle elezioni Passa così alle vie illegali: attua un colpo di stato = ampia cospirazione che mirava a sopprimere i consoli, terrorizzare la città e impadronirsi del potere. Tuttavia, il piano fu scoperto e sventato da Cicerone che poté finalmente indurre il senato a emettere il senatus consultum ultimum e con un attacco durissimo (Prima Catilinaria = orazione contro Catilina) costrinse Catilina ad allontanarsi da Roma. Acquisite poi le prove scritte della congiura, tramite l’intercettazione di alcune lettere che recavano i nomi dei principali congiurati, Cicerone poté arrestare cinque fra i capi della cospirazione e consultare sul da farsi il Sento che, trascinato da un emergente MARCO PORCIO CATONE (l’Uticense) si pronunziò per la pena di morte. Cicerone provvide a far giustiziare i condannati. Catilina invece, affrontato di lì a poco da un esercito consolare presso Pistoia, cadde combattendo valorosamente alla testa dei suoi. DAL PRIMO TRIUMVIRATO ALLE IDI DI MARZO 3 Il ritorno di Pompeo e il primo triumvirato 62 a.C = Pompeo sbarca a Brindisi. In Senato però i suoi avversari politici lo ricambiarono umiliandolo. Profondamente deluso e amareggiato Pompeo si avvicina allora a Crasso e al suo emergente alleato Cesare: CESARE 60 a.C= » [f_- Pompeo CRASSO Tale definizione è impropriamente modellata sull’unico triumvirato che sia effettivamente esistito come magistratura della Repubblica Romana: quello ricoperto da Ottaviano, Antonio e Lepido. Caio Giulio Cesare console 59 a.C = Cesare è eletto console. Egli fece votare in successione due leggi agrarie che prevedevano una distribuzione ai veterani di Pompeo di tutto l’agro pubblico rimanente in Italia, ad eccezione della Campania e di altre terre acquistate dai privati. Successivamente venne incluso nelle 57 —» prima campagna contro ——> quarta e quinta campagna li Elvezi e gli Svevi (58 a.C.) contro i Germani e i siii Britanni (55-54 a.C.) —» seconda campagna contro > Sesta campagna contro i Belgi e i Nervi (57 a.C.) i Galli insorti agli ordini di Vercingetorige (53-52 a.C.) —» terza campagna contro i orini, i Menàpi e gli Aquitani (56 a.C.) Crasso e i Parti 54 a.C = Crasso giunge in Siria, cerca di inserirsi nella contesa dinastica allora in atto nel regno dei Parti. Alla morte del re Fraate III infatti era sorta una lotta per il trono dei Parti tra i 2 figli di lui: Orode e Mitridate. Divenuto re Orode II, Crasso aveva deciso di appoggiarne il fratello rivale, e si era spinto in Mesopotamia senza incontrare grandi resistenze. 53 a.C = si rimise in marcia attraverso le steppe della Mesopotamia. Venuti in contatto con i Parti in una vasta pianura nord-occidentale, i Romani furono travolti dalla cavalleria corazzata partica (catafratti) e massacrati dalle frecce scagliate dagli arcieri a cavallo: lo stesso figlio di Crasso cadde sul campo in battaglia. Mentre si ritirava Crasso fu preso e ucciso; l’accordo a tre perdeva così uno dei suoi protagonisti. Pompeo console unico; guerra civile tra Cesare e Pompeo 54-53 a.C = cominciano a venir meno i vincoli politici e familiari che univano Pompeo a Cesare. Nel 54 a.C era morta di parto Giulia, la giovane moglie, figlia di Cesare, e l’anno seguente era morto Crasso. A partire da questo momento, per ragioni difficili a cogliersi, Pompeo iniziò ad accostarsi alla fazione ottimate più accesamente anticesariana. 53 a.C = fu proposto, senza successo, di nominare Pompeo dittatore. 52 a.C = l’anarchia giunse al colmo: si affrontarono sulla via Appia le bande di Clodio, che aspirava alla pretura, e di Milone, candidato al consolato. Clodio rimase ucciso. Per evitare la disgregazione dell’ordine, Pompeo venne nominato console sine collega. Egli fece votare 60 immediatamente leggi repressive in maniera di violenza e di brogli elettorali che consentono la condanna di Milone e il ristabilimento di un equilibrio precario. Approfittando dell’occasione però i nemici di Cesare avevano rialzato la testa e non lasciarono intentato alcun mezzo per rimuoverlo in anticipo dalla sua carica e farlo tornare a Roma da privato cittadino. Cesare come proconsole era stato ininterrottamente assente da Roma dal 58 a.C e il suo mandato sarebbe scaduto, secondo Cesare alla fine del 49 a.C, secondo i suoi avversari al più tardi nel 50 a.C (che calcolavano 5 anni dal momento del rinnovo della carica fatto votare da Pompeo e Crasso nel 55 a.C). Per evitare ogni procedimento contro di se Cesare si trovava nella nece: nuovamente il consolato congiungendolo senza interruzioni al proconsolato: gli era dunque indispensabile poter presentare la candidatura restando assente da Roma e tale privilegio gli era stato attribuito “ad personam” grazie ad una legge che i 10 tribuni della plebe avevano fatto votare nel 52 a.C. Nello stesso anno però Pompeo aveva proposto un provvedimento che prescriveva che dovesse trascorrere un intervallo di 5 anni tra una magistratura e una promagistratura > minaccia per Cesare che, quand’anche fosse riuscito a diventare console, sarebbe divenuto privato cittadino, mentre Pompeo manteneva tutto il suo potere, consolidato dall’appoggio degli optimates. à di rivestire 49 a.C = Cesare invia una lettera al senato nella quale si dichiarava disposto a deporre il comando solo se anche Pompeo l’avesse fatto, ma i suoi avversari ottennero invece che si ingiungesse a Cesare di por fine unilateralmente ai suoi poteri. Minacciato dal veto di due tribuni (tra i quali Marco Antonio) dopo averli cacciati con la violenza, il senato votò il senatus consultum ultimum, affidando ai consoli e a Pompeo il compito di difendere lo stato. Vennero inoltre nominati i successori di Cesare al governo delle province assegnategli. Cesare varca in armi il torrente Rubicone che segnava il confine tra la Gallia Cisalpina e il territorio civico di Roma, dando così inizio alla GUERRA CIVILE. Pompeo abbandonò la città diretto a Brindisi per imbarcarsi verso l’Oriente. Cesare percorse rapidamente l’Italia, ma non riuscì ad arrivare in tempo per fermare il piano di Pompeo di trasferirsi in Grecia. Cesare cominciò ad affrontare la minaccia occidentale, rivolgendosi contro le forze pompeiane in Spagna con le sue truppe concentrate in Gallia. Cesare assediò e sconfisse i pompeiani presso Ierda. 48 a.C = Cesare è eletto console dai comizi Nel frattempo, Pompeo aveva posto il suo quartier generale a Tessalonica. Cesare però riuscì a traghettare sette legioni e porre l’assedio a Durazzo. Lo scontro decisivo ebbe luogo a FARSALO (agosto 48 a.C) e si tradusse in una disfatta pompeiana. Pompeo fuggi verso l’Egitto dove era in corso una contesa dinastica tra il giovane Tolomeo XIII e la sorella maggiore CLEOPATRA VII, e i consiglieri del re, giudicando compromettente l’accogliere Pompeo, lo fecero è sinare. Arrivato anch’egli ad Alessandria, Cesare si trattenne in Egitto per oltre un anno (48-47 a.C) allo scopo di dirimere le lotte tra i due fratelli e di assicurarsi l’appoggio di quel regno ricchissimo. Assediato dai partigiani di Tolomeo ad Alessandria, fu costretto a chiedere rinforzi prima di poter 61 affrontare in battaglia il re, il quale trovò la morte nel Nilo. Cleopatra VII fu confermata regina e, partito Cesare, diede alla luce un figlio di lui a cui impose il nome di Tolomeo Cesare. 47 a.C = Cesare sostò brevemente a Roma da dove ripartì per l’Africa dove si erano rifugiati e riorganizzati i pompeiani vinti, che si erano assicurati l’appoggio di Giuba, re di Numidia. Superate alcune difficoltà iniziali, Cesare conseguì una vittoria risolutiva a TAPSO. Suicidatosi Giuba il suo regno divenne provincia romana col nome di Africa Nova. Ritornato a Roma in luglio, Cesare celebrò i trionfi sulla Gallia, sull’Egitto e poi verso la fine dell’anno fu costretto a partire per la Spagna dove avevano ripreso fiato i suoi avversari sotto la guida dei figli di Pompeo, CNEO e SESTO 45 a.C = a MUNDA l’esercito nemico fu letteralmente sconfitto: solo Sesto Pompeo riusci a salvarsi. Cesare poteva tornare a Roma completare la sua opera di riorganizzazione politica. 1a guerra civiue — OCEANO ATLANTICO “ EDITERRANEO Cesare dittatore perpetuo 44 a.C = Cesare è eletto dittatore a vita (dictator perpetuus). Ad una tanto ampia concentrazione di magistrature supreme si era aggiunta via via una serie impressionante di poteri straordinari. Dopo Tapso era stato fatto per tre anni praefectus moribus, con l’incarico di vigilare sui costumi e di controllare le liste dei senatori. Gli fu riconosciuta inoltre la facoltà di sedere tra i tribuni della plebe. Gli venne poi assegnata la tribunicia potestas, che gli conferiva tutte le prerogative proprie dei tribuni. Gli fu attribuito il potere di fare trattati di pace o dichiarazioni di guerra senza appellare il Senato o il popolo. Gli vennero offerti gli onori del primo posto in Senato, del titolo di IMPERATOR a vita e quello di PATER PATRIAE. 62 Il triumvirato costituente (cosiddetto “secondo triumvirato”); le proscrizioni; Filippi Poiché entrambi i consoli erano morti, Ottavio chiese il consolato per sé. Al rifiuto, non esitò a marciare su Roma. Agosto 43 a.C = Ottavio è eletto console, insieme al cugino e coerede Pedio. I due consoli fecero revocare tutte le misure di amnistia e istituirono un tribunale speciale per perseguire gli assassini di Cesare. Ottavio fece anche ratificare la sua adozione dai comizi centuriati, fregiandosi da allora del nome Caio Giulio Cesare. Ottobre 43 a.C = Annullato il provvedimento che aveva dichiarato Antonio, nemico pubblico (in occasione della guerra di Modena), OTTAVIANO, ANTONIO e LEPIDO si incontrarono nei pressi di Bologna dove stipularono un accordo: SECONDO TRIUMVIRATO (rei publicae constituendae = per la riorganizzazione dello stato): diviene una magistratura ordinaria per la durata di 5 anni sino alla fine del 38 a.C. 1. Antonio = avrebbe conservato il governatorato della Gallia Cisalpina e della Gallia Comata; Lepido = avrebbe ottenuto la Narbonese e le due Spagne; 3. Ottaviano = avrebbe ottenuto l’Aftica, la Sicilia, la Sardegna e la Corsica. Ad esso era certamente toccata la parte peggiore: la Sicilia e la Sardegna erano infatti minacciate da Sesto Pompeo, il figlio di Pompeo, a cui il Senato aveva conferito il comando delle forze navali. Vennero inoltre resuscitate le liste di proscrizione, con i nomi degli assassini di Cesare e dei nemici dei triumviri. Centinaia di senatori e cavalieri furono uccisi e i loro beni confiscati: una delle vittime più note fu Cicerone. A questo punto i triumviri poterono rivolgere le loro armi verso Oriente, dove i cesaricidi Bruto e Cassio si erano costruiti una solida base di potere e avevano raccolto un col istente esercito. 42 a.C = prima di intraprendere la battaglia contro i cesaricidi, si provvide alla divinizzazione di Cesare e all’istituzione del suo culto: ne beneficiò soprattutto Ottaviano, che divenne così Divi Filius (figlio di un Dio). Antonio e Ottaviano partirono alla volta della Grecia. Lo scontro decisivo ebbe luogo a FILIPPI in Macedonia in due battaglie successive. Ottaviano si trovò subito in difficoltà. Cassio, battuto da Antonio e credendo (a torto) anche Bruto sconfitto, si tolse la vita. Bruto, vinto definitivamente e disperando di ogni possibilità di resistenza, decise di seguirlo sulla via del suicidio. Le proscrizioni, le guerre intestine e Filippi avevano decimato l’opposizione senatoria più conservatrice > venne a formarsi una nuova aristocrazia largamente composta da membri delle classi dirigenti municipali italiche. Consolidamento di Ottaviano in Occidente; la guerra di Perugia; Sesto Pompeo; gli accordi di Brindisi, di Miseno e di Taranto; Nauloco Dallo scontro con i cesaricidi usciva nettamente rafforzato il prestigio militare di Antonio. 65 e Antonio = a lui venne assegnato il comando sull’Oriente da cui intendeva intraprendere un piano di conquista contro i Parti come fedele continuatore dell’opera di Cesare. e Lepido=alui venne assegnata l’Aftica; e Ottaviano = a lui vennero assegnate le Spagne; ricevette il compito di sistemare in Italia i veterani delle legioni oltre a quello di vedersela con Sesto Pompe oche dominava la Sicilia. Per Ottaviano era una somma di impegni assai gravosa, ma tale che sarebbe stata in grado di assicurargli una base politica e militare non meno forte di quella di Antonio. L’incarico di procedere all’assegnazione delle terre ai veterani era il più difficile perché, non essendo rimasto più agro pubblico da assegnare > si trattava perciò di espropriare terreni nei territori del 18 unità d’Italia che erano state destinate allo scopo. Venivano colpiti soprattutto gli interessi dei piccoli e dei medi proprietari terrieri. 41 a.C = sfociano le prime rivolte. Ottaviano fu costretto ad affrontare gli insorti, che si chiusero a Perugia. Dopo un feroce assedio la città venne espugnata e abbandonata al saccheggio. Molti fuggirono ad infoltire le fila di Sesto Pompeo. Profilandosi la possibilità di un’alleanza tra Antonio e Sesto Pompeo, Ottaviano si avvicinò a quest’ultimo sposando Scribonia, sorella di Lucio Scribonio, suocero di Sesto Pompeo. Preoccupato, Antonio si mosse dall’Oriente verso l’Italia ma in un primo momento gli fu persino impedito di sbarcare. Ottobre 40 a.C = ACCORDO DI BRINDISI: Ottaviano e Antonio si incontrarono a Brindisi, dove venne sottoscritta un’intesa in forza della quale ad Antonio veniva assegnato l’Oriente, ad Ottaviano l’Occidente (esclusa l’Africa riservata a Lepido). Antonio inoltre, rimasto vedovo di Fulvia, sposava Ottavia, sorella di Ottaviano. La situazione venne però di nuovo complicata dalle rivendicazioni di Sesto Pompeo. Egli aveva già ripreso a bloccare le forniture di grano che venivano a Roma dalle regioni oltremare. 39 a.C = ACCORDO DI MISENO: Sesto Pompeo vedeva riconosciuto da Ottaviano il governo di Sicilia, Sardegna e Corsica a cui veniva aggiunto da parte di Antonio, il Peloponneso. L’equilibrio durò tuttavia assai poco. Sesto Pompeo riprese le azioni di scorreria contro l’Italia. Ottaviano allora ripudiò Scribonia e l’anno successivo passò a nuove nozze con Livia Drusilla, moglie di Tiberio Claudio Nerone. Nel frattempo, Sesto aveva perduto la Sardegna e la Corsica, che un suo luogotenente aveva consegnato ad Ottaviano. Divampò presto la lotta per il possesso della Sicilia. Ottaviano la iniziò con una sconfitta e fu costretto a chiedere nuovamente l’appoggio di Antonio e concludere con lui un accordo nel 37 a.C = ACCORDO DI TARANTO per ottenere rinforzi. Fu così rinnovato per altri cinque anni il triumvirato. Ottaviano inoltre avrebbe ricevuto da Antonio 120 navi per la guerra contro Sesto Pompeo. Nel frattempo, MARCO VIPSANIO AGRIPPA, console per il 37 a.C e amico d’infanzia di Ottaviano aveva fatto collegare i laghi Averno e Lucrino al mare, costruendo così un porto militare presso Pozzuoli dove aveva potuto riunire e addestrare una flotta consistente. 36 a.C = Sesto Pompeo viene sconfitto da Agrippa a MILAZZO e a NAULOCO. Sesto Pompeo fuggi in Oriente dove venne ucciso l’anno dopo. Al suo ritorno a Roma Ottaviano fu ricolmato di onoti; tra essi l’inviolabilità dei tribuni della plebe. Ad Ottaviano non mancò la gloria militare che si procacciò grazie all’aiuto del generale Agrippa, con due anni di dure campagne contro gli Illiri. 66 Antonio in Oriente Negli anni successivi alle battaglie di Filippi, Antonio aveva concentrato tutte le sue attenzioni sull’Oriente. Le sue prime necessità furono finanziarie: pesanti tributi furono imposte alle comunità dell’ Asia. Egli si preoccupò poi di procurarsi l’alleanza di re e di principi orientali. Il regno più potente era allora l'Egitto, che costituiva un’immensa riserva di risorse economiche sotto il regno congiunto di Cleopatra VII e del figlio natole da Cesare. 41 a.C = la regina indusse il triumviro a trascorrere l’inverno come suo ospite in Egitto. Dalla loro unione nacquero due gemelli. 40 a.C = i Parti invasero la Siria e dopo aver travolto i governatori antoniani, dilagarono in Asia minore e in Giudea. Antonio non poté reagire a questi primi rovesci, in quanto richiamato in Italia dalle conseguenze della guerra di Perugia. Vi si trattenne dopo aver stipulato gli accordi di Brindisi, e sposato Ottavia. Poi partì con lei alla volta di Atene. 36 a.C = Antonio diede inizio alla sua campagna partica. Attraverso 1’ Armenia egli invase il regno partico da nord, giungendo ad assediare Fraata. Tuttavia, non riuscì a prendere la città e dovette ritirarsi per il sopraggiungere dell’inverno. 35 a.C = si era intanto consumata la definitiva rottura tra Antonio e Ottaviano, in seguito alla beffa giocata da quest’ultimo. In luogo dei 20.000 legionari che si era impegnato a fornirgli con gli accordi di Taranto, egli restituì ad Antonio solo 70 delle navi da lui ricevute e gli inviò la sorella Ottavia con 2000 uomini. Antonio cadde nella provocazione e ingiunse ad Ottavia di ritornare indietro, dopo averla fatta fermare ad Atene. La trappola era scattata: Ottaviano era l’offeso, l’oltraggiata la sorella, una donna romana e moglie legittima s ta a causa di Cleopatra, donna orientale. 34 a.C = Ottaviano celebrò la conquista dell'Armenia con una fastosa cerimonia ad Alessandria confermando a Cleopatra e a Tolomeo Cesare il trono dell’Egitto, di Cipro e della Celesiria e attribuendo altri territori ai figli da lui avuti con Cleopatra. Ottaviano non poteva gradire di vedere così innalzato il figlio naturale del padre adottivo. Lo scontro finale; Azio Nel 32 a.C il triumvirato si avviava alla sua scadenza naturale. Rivelando ad arte un testamento in cui Antonio disponeva di essere sepolto ad Alessandria accanto a Cleopatra e attribuiva regni ai figli avuti con la regina (propaganda negativa). Ottaviano ottenne che il triumviro venisse privato di tutti i suoi poteri. Si presentò dunque come il difensore di Roma e dell’Italia contro una regina avida e infida, capace di corrompere l’animo di un valoroso generale romano. Ottenuto perciò un giuramento di concorde fedeltà da parte di tutta l’Italia poté intraprendere una sorta di guerra santa dell’Occidente contro l'Oriente. 31 a.C = Lo scontro determinante avvenne nel Mar Ionio dinnanzi ad AZIO con una battaglia vinta da Agrippa per Ottaviano. Antonio e Cleopatra si rifugiarono preparando un’ultima resistenza. Ma quando Ottaviano penetrò in Egitto con le sue truppe e prese Alessandria, prima Antonio e poi Cleopatra si suicidarono. L’Egitto fu dichiarato provincia romana. Nel frattempo, l’altro figlio di Cesare, Tolomeo Cesare, era stato opportunamente eliminato. 67 favorendo l’accesso delle élite provinciali più fortemente romanizzate, per esempio della Gallia meridionale e della Spagna. Le misure prese da Augusto furono adottate principalmente in due occasioni: nel 29/28 a.C e nel 18 a.C. Nella prima si fece conferire la potestà censoria e procedette alla lectio senatus, cioè alla revisione delle liste dei senatori, espellendo dall’assemblea le persone indegne. Nel 18 a.C grazie alla potestà censoria, riportò il numero di senatori ai 600 previsti da Silla. Augusto inoltre rese la dignità senatoria una prerogativa ereditaria. Durante la Repubblica chi possedeva un censo pari a 400.000 sesterzi apparteneva al ceto equestre. Quindi anche i figli dei senatori erano semplici cavalieri. I senatori si distinguevano dagli equites per aver intrapreso una carriera politica, e avevano la possibilità di mostrarlo esteriormente portando il laticlavio = larga striscia di color porpora sulla toga. Augusto proibì l’uso del laticlavio ai figli dei cavalieri, mentre lo consentì ai figli dei senatori, che rimanevano cavalieri, ma potevano segnalare cosi la loro condizione. Infine, innalzò il censo minimo per entrare in senato a 1 milione di sesterzi. In taluni casi però Augusto stesso poteva concedere il diritto ad entrare in Senato a chi non apparteneva a una famiglia senatoria. Naturalmente era necessario rivestire una magistratura. Augusto realizzò una distinzione netta tra ordo equester e senatorius, creando un vero e proprio ordo senatorius, non vincolato alla partecipazione effettiva del senato., ma formato dalle famiglie senatorie. Si definirono così in modo rigoroso i 2 raggruppamenti da cui veniva reclutata la classe dirigente dello stato, gli amministratori ufficiali e civili e i più importanti ufficiali dell’esercito. Roma, l’Italia, le province L’azione di Augusto si può valutare su due piani: 1. Quello monumentale Quello della razionalizzazione dei servizi. ® Sempre accanto alla sua casa sul Palatino fece costruire anche un tempio di Apollo, la sua divinità tutelare. Ma egli concentrò la sua attività edilizia soprattutto nel Foro Romano, dove completò i programmi edilizi di Cesare. Nel vecchio Foro repubblicano Augusto fece costruire un tempio per Cesare divinizzato, di fronte una tribuna per gli oratori, e accanto 1’ Arco Partico; ® Restauròla sede del Senato ed eresse in seguito una basilica in nome di Caio e Lucio Cesari, i figli di Agrippa e Giulia, scomparsi prematuramente; e Costruì un nuovo Foro, il Forum Augusti, con al centro il tempio di Marte Ultore; 70 e Trasformò poi l’assetto del Campo Marzio edificandovi tra l’altro il Pantheon e il suo mausoleo. Davanti al mausoleo erano incise su pilastri di bronzo le Res Gestae, l’autobiografia di Augusto. ® Durante il principato furono costruiti o restaurati numerosi edifici pubblici e ci preoccupò dell’organizzazione di servizi importanti per l’approvvigionamento alimentare e idrico ® 22a.C = la carestia che colpì Roma indusse Augusto ad assumere la cura annonae e con i propri mezzi riuscì a fronteggiare l’emergenza. In quell’occasione pare che sia stato assegnato ad alcuni senatori l’incarico di provvedere alle distribuzioni gratuite di grano. Solo diversi anni dopo, verso 1°8 d.C. Augusto istituì un servizio stabile, che doveva provvedere al rifornimento granario delle province, con a capo un prefetto di ordine equestre, il praefectus annonae, che disponeva di un grande potere. e Alla morte di Agrippa, la cura dell’approvvigionamento idrico, il mantenimento degli edifici sacri e pubblici passò a collegi di senatori. ® Perla prevenzione degli incendi Augusto creò un corpo di vigili del fuoco, organizzati in 7 coorti di 500 e 1000 uomini. Anche a capo dei vigili fu posto un prefetto di ordine equestre. e Ilgoverno di Roma fu invece attribuito a un praefectus Urbi appartenente all’ordine senatorio. Dopo la guerra sociale tutti gli abitanti dell’Italia erano diventati cittadini romani. Le 400 città italiche erano dotate di un proprio governo municipale. Augusto divide l’Italia in undici regioni, che servivano in primo luogo per il censimento delle persone e delle proprietà. I più importanti provvedimenti riguardarono l’organizzazione di un sistema di strade, affidato alla responsabilità dei magistrati municipali e organizzato da un praefectus vehiculorum equestre. Vi furono inoltre numerose iniziative di rinnovamento edilizio nelle città dell’Italia: porte, mura, strade e acquedotti. L’amministrazione delle province vide un cambiamento di natura soprattutto politica. Le province non pacificate che ricadevano sotto la proprietà di Augusto crebbero dalle iniziali 5 fino a raggiungere il numero di 13 alla fine del suo principato. Tali province venivano governate da appositi legati, i cosiddetti legati augusti pro praetore. Nelle altre province, quelle di competenza del popolo romano, che arrivarono a dieci all’inizio del I secolo d.C., i governatori erano sempre senatori, ma in questi casi erano scelti a sorte rea i magistrati. Restavano in carica solo un anno, comandavano le forze presenti nella loro provincia. Un’eccezione a questo ordinamento era rappresentata dall’Egitto che, subito dopo la vittoria su Antonio e Cleopatra, era stato assegnato ad un prefetto di rango equestre nominato da Augusto. L'esercito, la pacificazione, l’ espansione All’indomani di Azio, gli uomini impegnati superavano di gran lunga le necessità e i mezzi dell’impero. La paga dei soldati gravava sulla cassa dello stato, l’aerarium saturni, in cui confluivano le imposte regolari delle province, ma i costi della liquidazione dei veterani 71 rappresentavano un peso altissimo. In un primo tempo i veterani ricevettero soprattutto terre. Successivamente ottennero per lo più del denaro. Infatti, la creazione di una cassa speciale nel 6 d.C., l’erario militare, garanti al soldato che avesse ottenuto l’honesta missio (una sorta di certificato di servizio onorevole) un premio di congedo. Con Augusto il servizio militare nelle legioni fu riservato in linea di principio a volontari, che per lo più erano ancora italici. L'esercito dunque, era formato da professionisti, che restavano in servizio per 20 e più anni e che ricevevano un soldo di 225 denari l’anno. Si costitui quindi una forza permanente effettiva composta da 25 legioni. Un’altra innovazione importante fu l’istituzione di una guardia pretoriana permanente. Si trattava di un corpo militare d’élite composto da nove coorti reclutato tra cittadini romani residenti in Italia. Augusto costituì inoltre dei contingenti regolari di truppe ausiliarie di fanteria e cavalleria reclutate da popoli soggetti all’impero. La flotta stazionava in due porti: a Miseno e a Ravenna. Politica estera = molti furono i successi, ma le acquisizioni territoriali furono limitate. Augusto preferì affidare alla diplomazia piuttosto che alle armi la questione orientale. In Egitto furono estesi i confini meridionali, grazie all’azione del primo prefetto dell’Egitto. Il secondo prefetto dell’Egitto condusse anche una spedizione fino allo Yemen, per assicurare le vie commerciali con l'Oriente. Il vero teatro di scontri militari del principato di Augusto fu l’Occidente. Nei primi anni di regno infatti gli interventi militari si concentrarono nella penisola iberica che fu finalmente pacificata, e nell’area alpina occidentale, dove nel 25 a.C furono sottomessi Salassi e fu fondata la colonia di Augusta pretoria, l’attuale Aosta. La successione I particolari poteri che Augusto aveva via via ricevuto dal senato in diverse circostanze non costituivano tuttavia una vera e propria carica a cui dopo la sua morte qualcuno potesse succedere. Augusto che non aveva figli maschi, ma solo una figlia femmina Giulia, doveva trovare dunque il modo di far sì che la sua posizione di potere non andasse perduta con la sua morte, ma rimanesse nella sua famiglia. La prima preoccupazione di Augusto fu quella di integrare la propria famiglia nel nuovo sistema politico e nella propaganda ideologica, celebrandone l’ascendenza divina (i capostipiti sarebbero stati Venere ed Enea). Fu attraverso il matrimonio di Giulia con il nipote Marcello, figlio di sua sorella Ottavia, nel 23 a.C, che Augusto cercò per la prima volta di inserire un discendente maschio nella famiglia, dotandolo inoltre già da giovanissimo di prerogative quali l’ammissione al senato e il consolato prima dell’età prevista. Marcello però morì nello stesso 23 a.C. La seconda personalità a cui Augusto pensò fu Agrippa, il quale divorziò dalla prima moglie e sposò Giulia, vedova di Marcello. Nel 17 a.C Augusto adottò i 2 figli di Giulia e Agrippa, Caio e Lucio Cesari, preparandoli ad un’eventuale successione del padre, ma nel 12 a.C Agrippa morì. Considerato che i 2 ragazzi erano ancora minorenni, Augusto si rivolse ai figli della terza moglie Livia, nati dal primo matrimonio di questa con Tiberio Claudio Nerone, Tiberio e Druso. Tiberio che aveva sposato Vipsania dovette divorziare e sposare Giulia nell’11 a.C. Tiberio coprì due volte il consolato, ricevette nel 6 a.C la potestà tribunicia, ma poi si ritirò dalla vita politica e si autoesiliò 72 Certamente gli anni di Tiberio non furono felici: scoppiò una grave crisi finanziaria e si acuirono i contrasti col senato. Si aprì un periodo di terrore segnato da suicidi, processi e condanne per lesa maestà a carico di numerosi senatori. Agrippina si suicidò e i suoi due figli maggiori furono uccisi. Rimanevano come possibili successori Tiberio Gemello, figlio di Druso Minore, e Gaio, detto Caligola, unico sopravvissuto dei figli di Germanico. Tiberio nominò entrambi eredi congiunti, ma alla sua morte nel 37 d.C., il Senato riconobbe come suo unico erede il maggiorenne Caligola, che si impegnò a adottare Tiberio Gemello, ancora minorenne, il quale tuttavia venne eliminato nello stesso anno. Caligola (37-41 d.C.) L’impero di Caligola fu relativamente breve ed è ricordato per le sue stravaganze senza limiti. Egli fu accolto con grande entusiasmo dall’esercito e dalla plebe, tra i quali il ricordo di Germanico era ancora molto popolare. Molto più freddo era l’atteggiamento del senato, un fatto che trova riflesso nel ritratto che di Caligola, ci ha lasciato Svetonio: un folle tiranno, s: al governo dello Stato e preoccupato solamente del potere personale. Le fonti imputano la malattia mentale di Caligola la sua inclinazione verso forme di dispotismo orientale. Si colloca forse in questo suo contesto la decisione di far uccidere nel 40 d.C. il re Tolomeo di Mauritania, l’ultimo discendente di Antonio. L’episodio diede inizio ad una guerra che si concluse solo sotto Claudio, con l’annessione del regno a Roma. inare in Oriente un sistema di stati cuscinetto con i In politica estera Caligola si preoccupò di ripris cui sovrani aveva relazioni personali di amicizia: esemplare fu il caso della Commagene, che ridotta a provincia da Tiberio, venne restituita ad un sovrano cliente; all’amico Erode Agrippa concesse ampi territori della Galilea. Tuttavia, fu proprio con gli Ebrei che nacque uno dei conflitti meglio documentati dell’età di Caligola: l’imperatore, per affermare la propria divinità, volle porre una propria statua nel Tempio di Gerusalemme, suscitando le proteste della popolazione, che lo considerava un gesto sacrilego, e dello stesso governatore romano. 41 d.C. = Caligola cadde vittima di una congiura organizzata dai pretoriani. La sua morte evitò che scoppiasse il conflitto in Giudea e pose fine ai dissidi nelle città orientali. Conosciamo questi episodi grazie alla narrazione dello storico Flavio Giuseppe e del filosofo ebreo Filone. 75 Claudio (41-54 a.C) Neppure il successore di Caligola, suo zio Claudio, uomo di 50 anni, ebbe dalla sua il favore delle fonti antiche che ce lo presentano come uno sciocco e un inetto. L’amministrazione centrale fu divisa in 4 grandi uffici, un segretario generale e altri 3 rispettivamente per le finanze (a patrimonio), per le suppliche (ab epistulis) e per l’istruzione dei processi da tenersi dinnanzi all’imperatore (a libellis). Poiché a capo di questi dipartimenti vennero chiamati dei liberti, si capisce perché il regno di Claudio sia ricordato come “il regno dei liberti”. Egli cercò nuove soluzioni ai problemi di approvvigionamento idrico e granario, costruì il porto di Ostia per consentire l’attracco delle navi granarie > il sistema delle distribuzioni granarie vide un riammodernamento. Costruì un nuovo acquedotto e bonificò la piana del Fucino. L’orazione tenuta da Claudio per la concessione ai notabili della Gallia Comata del diritto di accesso al senato, che conosciamo attraverso un importante documento epigrafico, la Tabula di Lione, ci mostra il suo interesse per le province. Nella prima parte del suo principato Claudio dovette affrontare le questioni lasciate aperte da Caligola. Affrontò la guerra in Mauritania, a cui pose fine con l’organizzazione del regno in due province. I privilegi delle comunità ebraiche nelle città orientali furono ristabiliti, tutelando allo stesso tempo le istituzioni delle poleis greche. La preoccupazione di prevenire disordini e tumulti fu anche all’origine del provvedimento di espulsione degli Ebrei da Roma, adottato nel 49 d.C. L’impresa militare più rilevante di Claudio fu infine nel 43 d.C. = conquista della Britannia meridionale, che fu ridotta a provincia. Il regno di Claudio è caratterizzato dagli intrighi di corte. Egli aveva sposato in terze nozze la dissoluta Messalina, da cui ebbe un figlio chiamato Britannico. Accusata di intrigare contro il marito, Messalina fu messa a morte nel 48 d.C. Claudio sposò allora la nipote Agrippina (figlia di Germanico e Agrippina maggiore), la quale riuscì a far adottare all’imperatore il figlio avuto dal suo precedente matrimonio con Ceno Domizio Enobarbo, ovvero Lucio Domizio Enobarbo (Nerone). 54 a.C = Agrippina non esitò ad avvelenare Claudio pur di assicurare al figlio la successione al trono. Nerone (54-68 a.C) Il principato di Nerone fu impostato su premesse del tutto diverse da quelle augustee: il consolidamento dei poteri del princeps e l’istituzionalizzazione della sua figura avevano mostrato la debolezza dei residui della tradizione repubblicana nel governo dello stato. Il mutamento nella concezione del potere del princeps è evidente già De Clementia, un’opera composta nel 55 d.C. dal filosofo e precettore di Nerone, Lucio Anneo Seneca. Si tratta di un manifesto teorico e di un programma di governo per Nerone: l’ideologia augustea appare completamente superata; da Augusto in poi infatti, secondo Seneca, la Res Publica è nelle mani di una sola personalità, il potere e la ricchezza sono assoluti e dono dagli dei. In un primo tempo Nerone assecondò l’autorevole influenza che esercitavano su di lui Seneca e Afranio Burro (principato illuminato), creando una forma di collaborazione con il senato, ma se ne 76 distaccò progressivamente. La vena artistica e gli interessi culturali gli fornirono gli spunti che trasformarono in senso assolutistico e monarchico il potere imperiale. Nerone fu sempre considerato un imperatore vicino alla plebe che ne apprezzava l’istrionismo e la demagogia. Nerone si macchiò comunque di gravi delitti. 59 d.C. = fa uccidere Britannico e la madre Agrippina che ostacolava la relazione del figlio con Poppea Sabina e si opponeva soprattutto al divorzio di Nerone da Ottavia, figlia di Claudio. 62 d.C. = Nerone divorzia da Ottavia e sposò Poppea. Da quell’anno iniziarono i processi di lesa maestà a carico di alcuni senatori con cui Nerone cercava di annientare l’opposizione ed eliminare gli ultimi nobili che potevano vantare una qualche forma di parentela con Augusto. Il dispotismo di Nerone che culminò nell’incendio di Roma del 64 d.C., di cui furono incolpati i cristiani e che fece tante vittime anche tra i senatori. La situazione che egli dovette affrontare dopo l’incendio fu molto grave. Nerone cercò di rimediare alla crisi finanziaria con un’importante riforma monetale. Nel 64 d.C. emana un provvedimento di grande rilevanza, la riduzione di peso e di fino della moneta d’argento, il denario. Nelle province, in particolare in Britannia, già nel 60 a.C vi era stata una grande ribellione delle popolazioni locali che ebbe tra le varie cause anche il duro comportamento dei procuratori imperiali. Ù 65 d.C. = congiura dei Pisoni, dal nome di uno degli ispiratori: Calpurnio Pisone, ma che coinvolse vari strati dell’élite. Seneca e Fenio Rufio furono tra le principali vittime. In politica estera Nerone ottenne qualche successo significativo sul fronte orientale. Qui con un suo valoroso generale, Domizio Corbulone riuscì ad aver la meglio sui Parti e a riportare 1’ Armenia sotto l’influenza romana. Assicurata la situazione a Roma, Nerone partì per la Grecia, dove intendeva compiere una tournée artistica. In Giudea era scoppiata una rivolta, contro cui Nerone aveva mandato Muciano e Vespasiano; mentre Vespasiano riusciva a riportare la situazione sotto controllo in Palestina, nell’inverno del 67/68 d.C. giunse a Roma la notizia della ribellione del legato della Gallia Lugudunensis. La ribellione fu rapidamente sedata, ma era solo l’inizio di una catena di sollevazioni. Anche i pretoriani abbandonarono Nerone; il senato lo dichiarò nemico pubblico, riconoscendo come nuovo princeps Galba. A Nerone non restava altro che il suicidio. La sua fine segna anche la fine della dinastia giulio-claudia. 77 Dopo una campagna combattuta nell’83 d.C. in Germania, il territorio conquistato fu controllato attraverso l’impianto di accampamenti fortificati collegati tra loro da una rete di strade. 85 d.C. = si andò profilando il problema della Dacia. Una prima campagna non ebbe successo. La seconda, guidata da Domiziano in persona, non poté portare a risultati definitivi a causa della rivolta di L. Antonio Saturnino, governatore della Germania superiore, proclamato imperator dalle sue legioni. La rivolta di Saturnino fu domata dal legato della Germania inferiore ma Domiziano si recò in Germania per punire severamente i rivoltosi. Lo stile autocratico costò caro a Domiziano, che si era autoproclamato censore a vita e si faceva chiamare “signore e dio”. Dopo una serie di processi contro i senatori e contro presunti simpatizzanti della religione ebraica e cristiana, accusati di praticare culti contrari a quelli ufficiali. Il senato, dopo la sua morte, giunse a proclamarne la damnatio memoriae, cioè a decretare che fossero abbattute tutte le sue statue, cancellato il suo nome da ogni iscrizione e distrutto ogni suo ricordo. Il sorgere del cristianesimo I-II secolo d.C. = il cristianesimo si afferma come religione strutturata. Le prime comunità cristiane sorsero in seguito alla predicazione di Gesù, alla diffusione del suo messaggio. Bisogna ricordare che il cristianesimo primitivo iniziò come un movimento all’interno del giudaismo. Tra i diversi gruppi religiosi nei quali il giudaismo era articolato si distinguevano gli aristocratici e conservatori (i sadducei) e i più popolari e liberali (i farisei). A queste “sette” venne poi aggiungendosi la comunità degli esseni un gruppo che conduceva un'esistenza rigorosa. Il piccolo gruppo dei testimoni e seguaci di Gesù si dedicò alla predicazione della sua parola e all’annuncio della sua morte e resurrezione tra le comunità ebraiche in Palestina e tra quelle presenti nelle grandi città dell’impero: Antiochia, Efeso, Alessandria, Cartagine, Roma. Il secolo d.C. = la figura che si impone sulle altre è quella dell’apostolo PAOLO DI TARSO. Saulo (questo era il suo nome originario) era uno zelante fariseo molto impegnato nella persecuzione della primitiva ecclesia (=comunità di fedeli). Paolo si convertì alla fede cristiana proprio mentre stava intraprendendo una di queste missioni di persecuzione, divenendo quindi la figura-simbolo della necessità di diffondere il Vangelo tra i non Ebrei. Le comunità cristiane si organizzarono in un primo tempo in forme diverse nelle singole città. Dall’inizio del II secolo d.C. prevalse la struttura di comunità guidate da un singolo responsabile, detto episcopus. In diverse occasioni le comunità ebraiche furono avvertite come elemento estraneo. Sotto Tiberio gli Ebrei firono espulsi da Roma. Caligola, attraverso l'affermazione del culto dell’imperatore vivente, provocò una gravissima crisi nei rapporti con i Giudei; Claudio ristabilì la tolleranza inaugurata da Augusto, ma nel 49 d.C. espulse gli ebrei da Roma A partire da Nerone appare evidente il contrasto tra l’autorità imperiale e la nuova religione cristiana. Quest’ultima veniva considerata come sovversiva e pericolosa, in quanto non poteva 80 integrarsi in nessun modo con la religione tradizionale e con il culto imperiale. Gli imperatori temevano forse anche l’aspetto messianico e l’attesa del regno di Dio capace di minacciare i fondamenti della legittimità del loro potere. 64 d.C. = Nerone incolpa i cristiani dell’incendio di Roma e inizia contro di loro una cruenta persecuzione in cui trovano morte gli apostoli Pietro e Paolo. Gli ultimi anni di Nerone videro anche la rivolta degli Ebrei in Palestina. Dopo che Vespasiano e Tito ebbero stroncato la rivolta, distrutto il tempio di Gerusalemme, non furono poste limitazioni al culto che continuò sia in Palestina che nella Diaspora. Ebrei e Cristiani subirono invece l’ostilità di Domiziano. Egli forse utilizzò a fini politici l’accusa di ateismo, per fronteggiare a Roma l’opposizione che serpeggiava anche tra i membri della corte. Non sappiamo con certezza se vi fosse un fondamento giuridico nelle persecuzioni e se il fatto di praticare la religione cristiana fosse di per sé un reato. Il secolo d.C. = il cristianesimo mise salde radici in tutto l’impero diventando un fenomeno che non poteva essere ignorato dall’autorità. Nonostante l’atteggiamento moderato degli Antonini, le denunce, i processi, e le persecuzioni contro singoli o comunità continuarono talvolta in modo cruento, come nel caso dei “martiri di Lione”, condannati a morte sotto Marco Aurelio. Allo stesso tempo i cristiani iniziarono a far circolare le testimonianze del sacrificio delle vite dei martiri, contribuendo a diffondere e a consolidare la fede cristiana. Il II secolo vede inoltre la nascita di scritti in difesa del Cristianesimo, con cui gli intellettuali cristiani, come Tertulliano (apologetica) miravano a far conoscere e accettare la propria fede all’opinione pubblica e ai circoli culturali dell’impero. 81 IL II SECOLO 4 II secolo d.C. = età più prospera dell’Impero Romano > notevole sviluppo economico e culturale (sostanziale conferma nelle fonti). Nerva (96-98 d.C.) Il principato di Nerva, durato solo due anni, vide la restaurazione delle prerogative del Senato. e La sua prima preoccupazione fu quella di controllare le reazioni all’uccisione di Domiziano e di scongiurare il pericolo dell’anarchia. Fece in modo di ottenere ii giuramenti di fedeltà da parte delle truppe provinciali e si preoccupò di abolire le misure più impopolari di Domiziano., richiamando gli esiliati. L’accusa di lesa maestà fu sospesa e i delatori subirono la pena capitale. e Nerva si volse ad un’opera costruttiva di politica finanziaria e sociale a favore di Roma e dell’Italia: fu votata una legge agraria per assegnare lotti di terreno ai cittadini nullatenenti. e Probabilmente fu sotto lo stesso Nerva che venne varato il programma delle cosiddette “istituzioni alimentari”. Tale programma consisteva in prestiti concessi dallo Stato agli agricoltori che ne beneficiavano accettando di ipotecare i propri terreni. L’interesse dell’ipoteca veniva versato ai municipi locali e serviva per sostenere i bambini bisognosi. ® Nerva trasferì alla cassa imperiale il costo del cursus publicus, cioè del mantenimento delle strade e delle stazioni di cambio per i messaggeri imperiali. e Riorganizzazione del sistema di approvvigionamento idrico di Roma, affidata a Sesto Giulio Frontino 97 d.C. = crisi: si trattava di problemi sia economici che politico-militari. Gli sgravi fiscali e la politica sociale, non rimediavano, ma semmai accentuavano, le difficoltà economiche. Sul versante politico, i pretoriani chiesero la punizione degli as. ni di Domiziano. Nerva acconsentì, ma in questo modo puniva coloro che lo avevano portato al potere. L’unico sistema per impedire una nuova guerra civile era quello di designare un successore che fosse in grado di affermarsi militarmente contro i pretoriani. Fu così che Nerva adottò il senatore di origine spagnola MARCO ULPIO TRAIANO. 98 d.C. = morte di Nerva > gli succede Traiano. Il governo dell’Impero affidato al migliore: Traiano (98-117 d.C.) Traiano ricevette la notizia della sua adozione da parte di Nerva mentre svolgeva le sue funzioni di governatore in provincia nella Germania meridionale 99 d.C. = Traiano si reca a Roma. Egli unì nella sua persona le caratteristiche di esperienza militare e il senso di appartenenza al senato. Queste due prerogative resero agli occhi dell’opinione pubblica del tempo l’optimus princeps, il sovrano ideale rispettoso delle istituzioni, eminente per le proprie virtù. 82 La città rappresentava nel mondo antico il segno distintivo della civiltà rispetto alla rozzezza e alla barbarie. Dove non esisteva questa forma associativa della vita pubblica, i Romani crearono comunità civiche attraverso un’opera di colonizzazione. Nell’Impero Romano vi era quindi una grande varietà di tipologie cittadine e soprattutto una grande diversità di statuti > 3 tipologie fondamentali: 1. LE CITTA’ PEREGRINE = cioè quelle preesistenti alla conquista. All’interno di questo gruppo si distinguono: ® Lecittà stipendiarie che, sottomesse a Roma, pagano un tributo; ® Lecittà libere con diritti speciali concessi da Roma; e Lecittà federate: città libere che hanno concluso un trattato con Roma; 2. I MUNICIPI = città con cui Roma ha concesso di elevare il suo status precedente di città peregrina. 3. LE COLONIE = si tratta in origine di città di nuova fondazione con apporto di coloni che godono della cittadinanza romana su terre sottratte a città o a popoli vinti. Si realizzava così una gerarchia tra le città tale da favorire lo spirito di emulazione. Le città costituivano inoltre il punto di riferimento delle attività economiche e i nuclei della vita culturale. Roma, diffondendo la cultura urbana, si assicurava il controllo dell’ordine e della stabilità su tutto l’impero e sulle popolazioni comprese nel suo sistema di potere. Marco Aurelio (161-180 d.C.) Marco Aurelio succedette ad Antonino secondo quanto era stato preordinato. All’inizio del suo regno si riaprì la questione orientale con il potente vicino partico. La guerra, condotta da Vero, si concluse vittoriosamente nel 166 d.C. ma fu causa indiretta della crisi che travagliò l’impero. Infatti, l’esercito tornato dall'Oriente portò con sé la peste, che causò lutti e devastazioni in molte regioni. Inoltre, lo sguarnimento della frontiera settentrionale creò le condizioni perché i barbari del nord, soprattutto Marcomanni e Quadi, si facessero pericolosi. Superati il Danubio, essi invasero la Pannonia, la Rezia e il Norico e giunsero persino a minacciare l’Italia, arrivando ad assediare Aquileia. Marco Aurelio e Lucio Vero furono allora prevalentemente impegnati nella difesa della frontiera danubiana. Marco Aurelio riuscì a ristabilire la situazione preesistente e a respingere i Barbari a nord del Danubio solo nel 175 d.C. Un sintomo del malessere che lo Stato stava conoscendo è dato anche dalla rivolta del governatore di Siria Avidio Cassio, che nel 175 d.C. si autoproclamò imperatore, ma venne ucciso dalle sue stesse truppe. 177 d.C. = a Lione avvenne un episodio di cruenta persecuzione contro i Cristiani. In occasione dei giochi gladiatori, che prevedevano la lotta di condannati con belve feroci, inflissero questo supplizio ad alcuni cristiani (Martiri di Lione). 85 Commodo (180-192 d.C.) Commodo divenne imperatore a soli 19 anni e si dimostrò la perfetta antitesi del padre e un segno di come il potere imperiale fosse esposto al rischio di ogni sorta di degenerazione. Il suo primo atto fu quello di concludere definitivamente la pace con le popolazioni che premevano sul Danubio. Le sue inclinazioni dispotiche determinarono inevitabilmente la rottura con il senato dii cui egli perseguitò numerosi membri. Dal 182 al 185 d.C. il regno fu di fatto in mano del prefetto del pretorio Tigidio Perenne. Quando questi fu ucciso nel 185 d.C., il suo ruolo fu preso da un liberto Cleandro. Quest’ultimo rappresentava il nuovo potere del palazzo rispetto allo stato e conseguentemente approfittò del disinteresse di Commodo per vendere i titoli di console e altre magistrature. Una grave carestia che colpì Roma nel 190 d.C. fece cadere il potere di Cleandro. Tra il 190 e la sua morte avvenuta nel 192 d.C., l’imperatore lasciò il governo in mano ancora ad un cortigiano, Electo e al prefetto del pretorio Leto, che completarono il dissesto delle finanze e ordirono la congiura che mise fine al regime nel 192 d.C. Commodo non dimostrò cura assidua né per le province, né per i soldati degli eserciti stanziati nell’Impero. Tuttavia sotto il suo principato vi furono importanti fenomeni di integrazione della cultura provinciale, con l’accoglimento di molte divinità straniere che entrarono alla pari nel Pantheon romano: la Magna Mater nel 188 d.C., fu celebrata come protettrice dell’Impero; Serapide divenne protettore della flotta; Iuppiter Dolichenus, Mitra e altre divinità africane e provinciali furono invocati a proteggere il principe e ad assicurare il benessere dell’impero > elemento di dissenso del senato nei suoi confronti (era un atteggiamento contrario alla tradizione romana e augustea). La tradizione filo senatoria dipinse dunque Commodo come il peggiore dei tiranni, sprezzante nei confronti del Senato e di Roma, propugnatore di un regime depravato e sanguinario, tanto che alla sua morte la memoria fu condannata (damnatio memoriae). Economia di Roma in età imperiale e Principale fattore: eccezionale fabbisogno alimentare di Roma, che merita l’appellativo di Megalopoli. Quasi un 1/6 dell’intera penisola italiana si trovava a Roma; e La gestione del complesso dei servizi finalizzati al vettovagliamento di Roma era affidata ad una magistratura opposita, la prefettura dell’annona, riservata ad un personaggio di rango equestre. “Annona” significa propriamente il rifornimento e la conservazione di viveri necessari alla su: affluss e Il fabbisogno di vino per Roma in età imperiale è stato oggetto di varie stime e tentativi di calcolo. Nel I secolo d.C. esso sarebbe ammontato a circa un milione e mezzo di ettolitri per stenza della città. Il servizio annonario coinvolgeva province e comportava un regolare di merci dal mare; anno. ® Peril fabbisogno di grano di Roma stime accreditate e credibili ipotizzano un consumo di cereali l’anno pro capite di 200 kg e Ilgrado di sviluppo conosciuto dall’economia romana all’inizio dell’età imperiale appare di tali proporzioni da richiedere una categorizzazione a sé stante. Se essa non conosce un livello propriamente capitalistico, va quanto meno considerata come una “peculiare economia preindustriale”. 86
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