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Storia Romana (Editio Maior) - sintesi del manuale, Appunti di Storia Romana

Sintesi del manuale di storia romana di Arnaldo Marcone e Giovanni Geraci (Editio Maior). P.s. Nel riassunto non sono incluse le fonti storiche.

Tipologia: Appunti

2020/2021

Caricato il 22/09/2022

CamillaCasadio
CamillaCasadio 🇮🇹

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Scarica Storia Romana (Editio Maior) - sintesi del manuale e più Appunti in PDF di Storia Romana solo su Docsity! STORIA ROMANA – EDITIO MAIOR (G. Geraci, A. Marcone) Datazione e cronologia L’era “cristiana” fu introdotta da Dionigi Esiguo (V-VI sec. d.C.), monaco nativo della Scizia. Tale sistema passò nei documenti pubblici e privati dal VII sec. d.C. e dopo il X è conosciuto in tutta l’Europa occidentale. La consuetudine di contare gli anni prima di Cristo venne introdotta solo nel XVIII secolo. A Roma, dall’età repubblicana, ciascun anno fu indicato mediante i magistrati eponimi (“che davano il nome all’anno”), dunque tramite la menzione dei due consoli. L’uso di esprimere la data partendo dalla fondazione di Roma si sviluppò negli ambienti dotti antichi solo tra la fine dell’età repubblicana e l’inizio di quella imperiale. La stessa datazione della fondazione della città (754-753 a.C.) venne fissata solo in epoca cesariana da Varrone. Il calendario romano repubblicano, rimasto in vigore fino alla riforma di Cesare (46 a.C.) era basato su un anno di 355 giorni, 12 mesi e che cominciava il primo di marzo. Ad anni alterni venivano aggiunti da 22 a 23 giorni in febbraio dopo le feste Terminalia e i rimanenti 5 giorni di febbraio venivano uniti alla fine del periodo aggiuntivo. Scopo: uguagliare l’anno civile a quello solare e al ciclo delle stagioni. A = giorni di nundinae, ovvero di mercato (sul calendario) Onomastica romana Età arcaica: unico nome per i cittadini romani. Successivamente se ne aggiunse un secondo e poi un terzo. Alla fine = tria nomina. - Il primo era il praenomen, ovvero l’originario nome personale - Il secondo era il gentilizio (nomen) e designava il gruppo familiare (gens) di appartenenza dell’individuo e veniva trasmesso di padre in figlio - Il terzo era il cognomen, spesso derivato da un soprannome individuale, tratto talvolta da caratteristiche fisica (es. Rufus, rosso di capelli)  In caso di adozione l’adottato assumeva i tria nomina del padre adottivo a cui faceva seguire un secondo cognomen tratto dal gentilizio della sua famiglia di origine.  Le cittadine romane di nascita libera ricevevano come nome il solo gentilizio paterno al femminile e continuavano a portarlo anche da sposate. Di regola non avevano prenome.  Gli schiavi avevano un unico nome personale e i liberti assumevano il prenome e il gentilizio dall’ex padrone, portando come cognome il loro antico nome di schiavo. PARTE PRIMA – I POPOLI DELL’ITALIA ANTICA E LE ORIGINI DI ROMA Cap. I – L’Italia preromana 1.1 L’Italia dell’età del Bronzo e dell’età del Ferro Dal III al II millennio a.C. la penisola italiana si sviluppa enormemente, in particolare tra l’ultima età del Bronzo (1200-900 a.C.) e la prima età del Ferro (IX-VIII sec. a.C.). Da piccoli gruppi umani si passa a complesse forme di organizzazione proto statale. ETÀ DEL BRONZO - Cultura appenninica per via dell’omogeneità degli insediamenti - Consistente incremento demografico - Sfruttamento più intensivo delle risorse disponibili  cultura terramaricola a sud del Po tra XVIII e XII sec. a.C. Tale diede vita ad insediamenti di capanne - Villaggi a forma trapezoidale, circondati da un argine e da un fossato 1 - Commercio di merci provenienti dall’area micenea (greca) attestati lungo le coste dell’Italia meridionale e delle isole ETÀ DEL FERRO - Quadro diversificato di culture locali in Italia - Due gruppi di popolazioni che praticano riti di sepoltura diversi: Cremazione (costa tirrenica fino alla Campania, Italia settentrionale) Inumazione (restanti regioni) - Cultura Golasecca tra i laghi del Piemonte e della Lombardia - Cultura di Este nelle vicinanze di Padova - Cultura Villanoviana in Etruria ed Emilia – gli uomini villanoviani erano capaci di fabbricare utensili e armi in ferro e abitavano in villaggi - Cultura coloniale della Magna Grecia fondate nell’Italia meridionale: Taranto, Crotone, Sibari, Locri, Reggio, Napoli, Siracusa, Agrigento - Cultura nuragica (Sardi) fortemente influenzata dagli insediamenti fenici lungo le coste - Due grandi famiglie linguistiche Indoeuropee  Latino, falisco (Lazio settentrionale), Italico (umbro-sabino nel Centro-Nord, osco nel Centro-Sud, lingua di Enotri e Siculi, celtico in area padana, messapico in Puglia meridionale) Non indoeuropee  Etrusco, ligure, retico (alta valle dell’Adige), sardo. 1.2 Le prime forme di differenziazione A essere attratta nell’orbita del Mediterraneo orientale fu soprattutto la Sicilia. L’interesse per un insediamento in Italia era dovuto alla possibilità di utilizzazione delle risorse naturali, in particolare l’estrazione del rame in Sardegna. Con la tarda fase del Bronzo medio inizia a delinearsi un’integrazione delle attività economiche pur nell’assenza di forme centralizzate di potere politico. È l’epoca in cui l’Italia settentrionale e medio-adriatica si differenzia sempre di più da quella medio-tirrenica e meridionale. La ceramica micenea sembra aver raggiunto l’Italia centrale tra il XIII e il XII secolo. Inoltre, poco prima del 1000 c’è una novità: compaiono le urne per la cremazione dei cadaveri (cultura previllanoviana). L’età previllanoviana testimonia anche l’accumulo di riserve di metallo. Infatti i siti della costa laziale parteciparono nella distribuzione di metallo e di oggetti metallici finiti che arrivavano dall’Etruria e dall’Italia meridionale. 1.3 Il Lazio Com’è stato provato dagli scavi della chiesa di sant’Omobono, non è più possibile far iniziare l’archeologia di Roma nell’età del Bronzo. Il Lazio risulta già popolato in età paleolitica e a Roma c’era un insediamento già nel secondo millennio a.C. L’antichità dell’insediamento di Roma è stata provata per la prima volta in modo convincente dalla scoperta, fatta da Giacomo Boni, del cimitero risalente all’età del Ferro nel Foro romano. Le prime tracce della Roma dell’età del Ferro appartengono alla stessa cultura dei colli Albani e del Lazio centro- meridionale. Queste tombe rivelano pratiche funerarie definite con oggetti miniaturizzati che vengono inseriti nella tomba. Tali elementi sono tipici del Lazio. 1.4 I primi frequentatori dell’Italia meridionale Le fonti letterarie e storiografiche forniscono alcune notizie sulle origini dei popoli italici  soprattutto a storici greci che iniziano a parlare dell’Italia dal V sec. a.C. Ad esempio: 2 - La tegola di Capua che riporta un rituale funerario - La Tavola cortonense che riproduce un documento legale che indica i confini di due proprietà e ci fa scoprire 30 nuovi vocaboli - Le lamine di Pyrgi che contengono un testo in fenicio ed etrusco relativo alla dedica di un tempio alla dea Uni I linguisti sono concordi nell’affermare che l’etrusco è un esempio di isolamento linguistico quasi assoluto. 2.5 La questione delle origini Il dibattito è stato aperto da alcune scoperte recenti: l’isola egea di Lemno ci ha fornito un’iscrizione su una stele e diverse epigrafi frammentarie del VI sec. che risultano imparentate con l’etrusco. La civiltà etrusca si colloca tra quella appenninica dei pastori che inumavano i loro morti e quella incinerante dei Protovillanoviani della pianura del Po. La componente orientale della civiltà etrusca resta difficile da spiegare. Nel fare gli Etruschi degli autoctoni, Dionigi li privava di una nobile ascendenza e li situava nel mondo primitivo delle tribù barbare dell’Oriente non ellenizzato. Sembra però condivisibile la possibilità che ha visto nella sfera egea (Imbro, Lemno, la Calcidica) l’area di migrazione di gruppi umani mossi alla volta dell’Italia dalla ricerca di metalli. Conclusione  la civiltà etrusca si è formata in Italia alla fine dell’età del Ferro sotto l’effetto di influenze esterne fondamentalmente orientali. Gli Etruschi quindi sembrano essere gli eredi dei Villanoviani, popolazioni che praticavano la cremazione e la cui cultura si espanse in Toscana e nella zona di Capua in Campania. Verso l’VIII secolo le città etrusche subiscono una prima grande differenziazione sociale e nasce un’importante aristocrazia. L’arredo funebre si fa allora più lussuoso e bronzi sardi e vasi da vino di origine greca compaiono un secolo più tardi. I coloni greci provenienti dall’Eubea frequentano le coste etrusche. Questi avventurieri trasmisero la pratica del banchetto aristocratico, espressione di un’ideologia di classe. La base della fortuna degli Etruschi risiede nell’agricoltura e nell’eccezionale ricchezza mineraria della Toscana. Zona molto adatta per vino, olio e grano. Gli Etruschi avevano poi notevoli conoscenze tecniche: in campo idraulico si sono conservate tracce delle loro capacità di irrigare i campi. Ma il controllo delle risorse metallurgiche ci permette di parlare di “talassocrazia etrusca”. 2.6 Predominio etrusco sull’Italia Gli storici antichi parlano di un’Italia quasi interamente sottoposta alla signoria etrusca poiché avevano conservato il ricordo di 12 città etrusche federate in una lega e la tradizione voleva che il fondatore di essa fosse lo stesso re Tirreno che aveva guidato la migrazione dalla Lidia e avesse posto alla guida della lega Tarchonte, eroe eponimo di Tarquinia. - Secondo Livio le riunioni della lega si tenevano nei pressi del fanum Voltumnae, santuario del dio Voltumna (sorta di Giove etrusco). Le città erano rette da dei lucumoni, figure assimilabili a re ed espressione delle aristocrazie guerriere. - Secondo gli antichi esisteva anche una dodecapoli padana, che aveva alla sua testa Felsina (Bologna) e una campana con alla guida Capua. La lega campana fu travolta dai Sanniti nel V secolo e quella padana dall’invasione gallica del secolo successivo. [TARQUINIA] Nel VII secolo diventa uno dei centri artigianali del Mediterraneo. L’arrivo nella città etrusca di Demarato ha il valore di racconto esplicativo dell’influenza dell’arte greca e corinzia sull’arte etrusca. 5 2.7 Tecnica e arte I siti delle città etrusche hanno lasciato una traccia archeologica modesta se si fa eccezione per Marzabotto, Volterra, Vetulonia e Tarquinia. Le necropoli etrusche però sono tra le più estese del mondo antico e l’architettura funeraria è intesa ad avvicinare la casa dei morti a quella dei vivi. Esse sono organizzate come delle vere e proprie abitazioni sotterranee. Nell’VIII secolo, alle tombe a pozzo si sostituirono quelle a fossa destinate all’inumazione dei cadaveri, mentre le più evolute sepolture a camera avevano una struttura architettonica complessa. Dal punto di vista architettonico è notevole il grado di perfezionamento che gli Etruschi raggiunsero nell’uso della copertura a volta (nei tholoi di Vetulonia) e dell’arco. Nel periodo ellenistico le concezioni di tomba prevalenti sono 2: - Quella che riproduce la casa signorile - Quella che privilegia l’aspetto esterno del sepolcro Manifestazioni artistiche: sono legate all’edilizia sepolcrale, che ci ha lasciato statuaria, terracotte, pittura e oreficeria. Gli affreschi che decorano le tombe riproducono scene di vita quotidiana e nella fase più tarda scene dell’aldilà, con divinità ed eroi che mostrano una chiara dipendenza dai modelli greci. Tra le tecniche più diffuse di produzione ceramica, tipica è quella del vasellame di bucchero. Attività economiche: agricoltura, metallurgia, artigianato artistico. Gli oggetti in bronzo, l’oreficeria, i cereali e le anfore vinarie, raggiunsero ampie aree del Mediterraneo. Conoscevano tecniche relative alla coltura dei cereali, all’arboricoltura, alla viticoltura. La lavorazione dell’oro e dei metalli nobili si vede dalla ricchezza dei corredi funebri (spilloni, fibule). 2.8 Etruscologia Trattasi di una scienza storica di antica tradizione. La cultura romana si era consolidata in Etruria tanto che già nel I sec. d.C. il latino era dominante e l’etrusco divenne una materia di studio per i giovani romani abbienti. Il più famoso degli etruscologi antichi fu l’imperatore romano Claudio (41-54 d.C.) imparentato con alcuni rappresentanti dell’antica aristocrazia etrusca. Cap. III – Roma 3.1 La leggenda  La versione più nota e diffusa della leggenda delle origini di Roma inserisce la fondazione di Alba Longa e la dinastia dei re albani tra l’arrivo di Enea nel Lazio e il regno di Romolo. Nel primo libro dell’Eneide Virgilio si ispira a questa tradizione: Alba Longa è fondata dal figlio di Enea, Ascanio/Iulo, 30 dopo la fondazione di Lavinium (dalla moglie, Lavinia). Secondo la leggenda il fondatore e primo re della città di Roma, Romolo, è figlio di Marte e di Rea Silvia, che è a sua volta figlia di Numitore (ultimo re di Alba Longa).  Nella tradizione trovava posto anche l’antefatto del conflitto tra Cartagine e Roma: Enea, durante le sue peregrinazioni dopo la caduta di Troia, era giunto fino a Cartagine dove aveva conosciuto la regina Didone. Quando Enea aveva deciso di ripartire, Didone, non riuscendo a trattenerlo, giurò che un odio eterno avrebbe contrapposto Cartagine a quella città che Enea e i suoi discendenti stavano per fondare nel Lazio.  Il territorio di Alba Longa era dominato dall’alta vetta del monte Cavo su cui sorgeva il santuario di Iuppiter Latiaris, sede di una delle più antiche e famose leghe politico-religiose del Latium Vetus, quella dei Populi Albenses, riuniti sotto la guida di Alba Longa a cui si sostituisce Roman dopo la distruzione della città. 6 3.2 I sette re di Roma [IL PERIODO MONARCHICO SECONDO LA TRADIZIONE] La tradizione fissa il periodo monarchico dal 753, anno di fondazione della città secondo Varrone, al 509 a.C., anno dell’instaurazione della Repubblica. In questo periodo su Roma avrebbero regnato sette re: 1. Romolo  a lui viene attribuita la creazione delle prime istituzioni politiche, tra cui il Senato di 100 membri. 2. Numa Pompilio  a lui si assegnano i primi istituti religiosi. 3. Tullio Ostilio  fece alcune campagne militari di conquista, tra cui la distruzione di Alba Longa. 4. Anco Marcio  fonda la colonia di Ostia. 5. Tarquinio Prisco  il suo regno segna una seconda fase della monarchia nella quale gioca un ruolo importante la componente etrusca. A lui sono attribuite anche importanti opere pubbliche. 6. Servio Tullio  a lui si fa risalire la costruzione delle prime mura della città e l’istituzione dei comizi centuriati. 7. Tarquinio il Superbo  tiranno non molto amato dai cittadini. 3.3 Le fonti del racconto tradizionale 1. Di alcuni storici, gli annalisti, abbiamo solo conservato dei frammenti. Il primo romano a narrare la storia di Roma è stato Fabio Pittore (fine III sec. a.C.) che però scrisse in greco, mentre il primo storico romano a scrivere in latino fu Marco Porcio Catone, detto il Censore (234-148 a.C.); 2. La tradizione familiare. La struttura della società romana in età repubblicana era dominata dalla competizione tra le principali famiglie dell’aristocrazia. Una delle forme con le quali la storia familiare veniva diffusa è riconducibile all’uso di pronunciare elogi dei defunti in occasione di cerimonie funebri. 3. La tradizione orale. Il problema è che è soggetta a forti distorsioni. Come canale di trasmissione sono stati identificati i canti celebrativi delle imprese dei personaggi illustri. 4. Documenti d’archivio. I primi storici di Roma hanno in comune un metodo: menzionare per ogni anno i nomi dei magistrati principali e degli eventi ritenuti degni di nota. Tra queste fonti, quella che gode di maggior credito sono gli Annali dei pontefici tenuta, anno per anno, dalla suprema autorità religiosa di Roma, il pontefice massimo. Sappiamo che intorno al 130 a.C. questi Annali furono pubblicati in 80 libri dal pontefice Mucio Scevola. 5. Gli antiquari. Eruditi che dal II sec. a.C. si dedicarono a dotte ricerche su vari aspetti del passato romano. Ne è un buon esempio l’opera di Varrone, Sulla lingua latina. 3.4 Tradizione orale e storiografia Un buon numero di dati relativi a eventi storici deve essere stato trasmesso nell’ambito delle famiglie nobili (es. lista dei consoli). Il cuore del problema riguarda però il modo in cui è stata operata la selezione del materiale trasmesso. In sintesi: A Roma la letteratura, la storiografia e il dramma ebbero origine nella seconda metà del III sec. a.C. Solo a partire da allora ci furono testi scritti che poterono sopravvivere per essere consultati. Il fondatore della moderna storiografia di Roma, B.G. Niebuhr elaborò una nuova teoria secondo la quale le leggende e le tradizioni di Roma arcaica erano state create nei canti recitati ai banchetti (carmina convivalia). Ma la sua teoria fu respinta, forse troppo presto. Noi ora sappiamo che nel VII e nell’VIII sec. a.C. l’uso del symposion aristocratico era stato adottato dalle élite locali del Lazio e dell’Etruria. È quindi possibile che i canti, le storie in questi banchetti maschili possano aver creato la memoria comune del gruppo – la logica era che la valorizzazione del passato rafforzava la coesione del presente. 7 Nella fondazione di una città, un’importanza religiosa fondamentale aveva il pomerio, il quale era in origine la linea sacra che delimitava il perimetro in corrispondenza con le mura. In un secondo momento il nome servì a designare anche una zona di rispetto che separava le case dalle mura stesse. Tuttavia esso non sempre coincideva con le mura. L’area del pomerio era limitata da cippi infissi nel terreno a seguito di una cerimonia religiosa presieduta dal pontefice massimo. Un’antica disposizione prevedeva che, per estenderla, fosse necessario aumentare la superficie dello Stato romano con un nuovo territorio tolto al nemico. Il pomerio però non fu accresciuto sino a Silla e l’ultimo imperatore che lo ampliò fu Aureliano nella seconda metà del III sec. d.C. 3.11 Lo Stato romano arcaico [LA GENS] Alla base dell’organizzazione sociale dei Latini c’era un’articolazione per famiglie alla cui testa stava il pater. Tutte le famiglie che riconoscevano di avere un antenato comune costituivano la gens, un gruppo organizzato politicamente e religiosamente. La popolazione dello Stato romano arcaico era divisa in gruppi religiosi e militari, detti curie: esse comprendevano tutti gli abitanti del territorio, a esclusione degli schiavi. Praticavano propri riti religiosi e furono il fondamento della più antica assemblea politica cittadina, quella dei comizi curiati. In epoca più tarda ai comizi curiati rimasero attribuite funzioni inerenti il diritto civile, per esempio: - Adozioni e testamenti - Votare la lex de imperio che conferiva il potere al magistrato eletto [LE TRIBU’ E LE CURIE] per quanto riguarda le tribù regna l’incertezza. Esse originariamente erano 3: - Tities - Ramnes onomastica etrusca - Luceres Ogni tribù, in epoca tarda, fu suddivisa in 10 curie e da ogni tribù furono scelti 100 senatori. Su questo modello si fondò anche l’organizzazione militare: ogni tribù doveva fornire un contingente di cavalleria e uno di fanteria rispettivamente di 100 e di 1000 uomini. La componente fondamentale dell’esercito, la legione, era quindi composta da 3000 fanti e da 300 cavalieri (celeres). 3.12 La monarchia romana Era elettiva: - L’elezione del re era demandata all’assemblea dei rappresentanti delle famiglie più illustri; - Originariamente il re doveva essere affiancato da un consiglio di anziani composto dai capifamiglia più nobili e ricchi (patres)  nucleo del futuro Senato; - Esistenza di un sacerdote che si chiamava rex sacrorum + col termine interrex si definiva il magistrato che subentrava nel caso di indisponibilità di entrambi i consoli (testimonianze della fase monarchica di Roma); - Il potere del re era limitato da quello dei capi delle principali gentes anche se egli era il supremo capo religioso e nella celebrazione del culto veniva affiancato dai collegi dei sacerdoti. Tra questi: Molto importanti erano i pontefici: depositari e interpreti delle norme giuridiche. Il collegio degli auguri aveva invece il compito di interpretare la volontà divina. Quello delle vestali era composto da donne votate ad una castità trentennale il cui compito era di custodire il fuoco sacro che ardeva nel tempio della dea Vesta. 3.13 Patrizi e plebei 10 Le nostre ricostruzioni delle istituzioni romane del periodo regio sono il risultato di interpretazioni abbastanza controverse. La massima incertezza regna anche sull’origine della divisione sociale tra patrizi e plebei. A grandi linee: I patrizi sarebbero stati i grandi proprietari terrieri, mentre i plebei corrisponderebbero alle classi degli artigiani e dei ceti emergenti economicamente ma tenuti in una condizione di inferiorità rispetto alla rappresentanza politica. Tuttavia nessuna delle teorie avanzate appare pienamente soddisfacente. D’altra parte i nomi dei primi consoli sono plebei e di derivazione plebea è anche il nome di alcuni re, come quello di Anco Marcio. 3.14 L’influenza etrusca Roma si sviluppò molto nel VI sec. a.C. soprattutto relativamente all’ascesa di Tarquinio Prisco. Secondo la tradizione egli è figlio di un greco originario di Corinto che, arrivato a Tarquinia, sposa una giovane aristocratica locale. Alla morte del padre ne eredita le ricchezze ma la sua origine straniera gli impedisce di accedere al governo della città. Il giovane decide allora di trasferirsi a Roma, che aveva la fama di accogliere gli stranieri: una volta giuntovi, Tarquinio Prisco si guadagna il favore di Anco Marcio e cambia il suo nome diventando il successore di Anco Marcio. 3.15 Servio Tullio e Tarquinio il Superbo Nato da una schiava di nome Ocresia e da un Tullio signore di Cornicoli, Servio fu educato alla corte del re, del quale sposò una delle figlie. Quando Tarquinio fu assassinato dai figli di Anco Marcio, Servio assunse i poteri regi senza però che la sua successione fosse pienamente legittima in mancanza della nomina da parte dell’interrex. Tarquinio il Superbo fu promotore di grandi opere pubbliche e di una politica espansionistica, ma era inviso al popolo. Secondo la tradizione fu cacciato da una congiura capeggiata da Publio Valerio, il sostenitore del popolo che avrebbe instaurato il regime repubblicano. 3.16 Rafforzamento della monarchia [IL POTERE REGIO] Il predominio etrusco su Roma portò a un rafforzamento dell’istituto monarchico: lo provano le insegne del potere regio (corona, trono, manto, scettro, fasci). In questo periodo dovette essere costruito nei pressi del tempio di Vesta l’edificio sede ufficiale del re, detto regia. In particolare, l’archeologia ha accertato come, tra il VII e il VI sec. a.C., sia stato creato il comitium, il luogo dove il popolo si riuniva per deliberare. Di fronte ad esso fu costruito lo spazio per la curia Hostilia, la prima sede delle assemblee del senato. [LE CENTURIE] La tradizione attribuisce a Tarquinio Prisco l’aumento del numero dei senatori e a Servio Tullio l’introduzione dell’ordinamento centuriato che prevedeva l’organizzazione della popolazione in classi, a loro volta articolate in unità dette centurie secondo un criterio che teneva conto della capacità economica dei cittadini. Il censo fu anche il criterio con cui si arruolavano i componenti del nuovo esercito serviano, che prese il nome di classis, formato da cittadini in grado di procurarsi un armamento pesante. Con infra classem si designarono invece i soldati armati alla leggera. [TRIBU’ TERRITORIALI] anche l’istituzione, pure attribuita a Servio, di 4 tribù territoriali a base gentilizia, rispecchia l’evoluzione della società romana: le nuove ripartizioni corrispondono alle regioni nelle quali Servio Tullio suddivise la città. L’Esquilino e forse il Celio, entrarono a far parte della grande Roma che si dotò di una prima cerchia di mura, dette “serviane”. 3.17 Un esempio di elaborazione storiografica: Servio Tullio 11 Le origini di Servio Tullio sono incerte ma ricordiamo come, nella versione romana, fosse nato schiavo, figlio di una schiava e cresciuto al palazzo di Tarquinio Prisco. Un evento prodigioso lo segna come predestinato ad una sorte fuori dal comune: delle fiamme sprigionate dal nulla attorno alla sua testa mentre dormiva, lo lasciano illeso. Da allora gode di protezione a corte, soprattutto per l’intervento di Tanaquilla, moglie del re. Divenuto il più stretto collaboratore di Tarquinio, ne sposa la figlia. Tanaquilla annuncia la morte del marito a seguito dell’attentato da parte dei due figli di Anco Marcio e Servio inizia il suo periodo di regno presiedendo i funerali del suo predecessore. [MECCANISMO DI AMPLIFICAZIONE NELLA TRADIZIONE STORIOGRAFICA] L’organizzazione centuriata poneva Servio in stretto rapporto con la moneta, che di tale valutazione era alla base. Questa operazione è descritta nella storiografia molto bene perché era decisiva per introdurre quella diversità tra i cittadini distinguendoli secondo gli ordini. Essa segnava poi la fine della parità caratteristica dei comizi curiati voluta da Romolo. Questo meccanismo di amplificazione attribuisce ancora a Servio delle misure relative all’assetto territoriale e amministrativo di Roma. Secondo tale, egli creò le tribù territoriali in cui i cittadini venivano iscritti secondo il loro domicilio. Per questo gli si attribuiva anche la creazione di feste religiose. Così, per esempio, a Servio, con l’istituzione dei distretti territoriali, i pagi, si attribuiva anche quella delle loro feste, i Paganalia. 3.18 La grande Roma dei Tarquini Nella ricostruzione degli storici antichi il Lazio appare, al momento dell’avvento dei Tarquini, ormai condizionato dall’espansionismo romano. Già nel VII sec. a.C. secondo la tradizione Tullio Ostilio, distrutta Alba Longa, avrebbe fatto passare sotto diretto dominio romano tutta la fascia compresa tra Roma e il mare. Le località comprese in quest’area furono prese da Anco Marcio. Roma partecipa, dalla seconda metà del VII secolo, al generale sviluppo urbanistico dell’Italia centrale che diede origine alle prime vere organizzazioni politiche con caratteristiche di città. Il primo segnale è del 650 a.C. quando le capanne tra i colli furono abbattute e si realizzò una prima pavimentazione di battuto rudimentale (primo Foro). In questo periodo abbiamo anche le prime case permanenti in pietra e tetti di tegole. Furono anche costruiti i primi edifici pubblici (la Regia, risalente al VII sec. a.C. è probabilmente il più antico). Nel VI sec. nel Comizio fu costruito un santuario monumentale dedicato a Vulcano dove nel 1899 fu rinvenuto il Lapis Niger. Altro edificio molto importante fu il tempio di Giove sul Campidoglio. [PRIMO TRATTATO TRA ROMA E CARTAGINE] Il secolo tra l’accessione al regno di Tarquinio Prisco e la cacciata di Tarquinio il Superbo ha un riscontro in un documento risalente al 508 a.C. che Polibio afferma di aver visto nell’archivio pubblico di Roma. Qui vi è il testo del primo trattato tra Roma e Cartagine dal quale si deduce che la crescita della potenza romana nel secolo dei Tarquini sarebbe stata molto rilevante. Nel Lazio arcaico, in questo periodo, notiamo una certa omogeneità culturale, anche se il ruolo prevalente esercitato da Roma è indiscutibile. 3.19 Le origini di Roma secondo un imperatore romano [RICOSTRUZIONE STORICA DELL’IMPERATORE CLAUDIO] Nel 48 d.C. Claudio pronunciò un discorso in Senato a favore dell’ammissione nell’assemblea di alcuni illustri rappresentanti della provincia della Gallia Comata. Per dimostrare l’apertura di Roma nei confronti degli stranieri prende spunto dalle vicende sulle origini della città. Fornisce delle informazioni prese dalla tradizione antiquaria, romana ed etrusca. Il testo del discorso fu inciso su una tavola di bronzo collocata nel santuario dedicato al culto imperiale nei pressi di Lione. Anche Tacito ne parla nei suoi Annali. 3.20 La famiglia 12 La storiografia antica ci dice che Sesto Tarquinio, figlio dell’ultimo re etrusco di Roma, respinto da Lucrezia la violenta. Ella, prima di suicidarsi racconta tutto al padre Spurio Lucrezio, al marito Lucio Tarquinio Collatino e ai loro amici Bruto e Publicola. Guidata da questi aristocratici scoppia una rivolta che porta alla caduta della monarchia (510 a.C.). Tarquinio il Superbo non è in grado di rispondere con prontezza e nel 509 a.C. i poteri del re passano a due magistrati eletti dal popolo, i consoli. [INCOERENZE NELLA NARRAZIONE TRADIZIONALE]  Numerose incertezze ammesse dagli autori antichi ed il fatto che i loro racconti vennero scritti solo secoli dopo gli avvenimenti;  Critica storiografica: ragioni della caduta della monarchia e caratteri del passaggio al regime repubblicano, datazione dell’evento, natura dei supremi magistrati della prima Repubblica. 1.2 I Fasti Sono liste di magistrati eponimi della Repubblica (davano il nome all’anno in corso). Ci sono giunti attraverso la tradizione letteraria (Livio e Diodoro Siculo) sia attraverso alcuni documenti epigrafici (es. Fasti Capitolini, nei quali si trova una cronologia elaborata da Varrone negli ultimi anni della Repubblica – fondazione di Roma nel 753 a.C. e primo anno della Repubblica 509 a.C.). [INCONGRUENZE DEI FASTI]  La comparsa tra i consoli eponimi della prima metà del V sec. a.C. di diversi personaggi con nomi di gentes plebee (mentre sappiamo che la max magistratura repubblicana fino al 367 a.C. era riservata ai patrizi) hanno suscitato dubbi sull’attendibilità delle liste di magistrati.  Alcuni studiosi ipotizzano che nella prima fase del regime repubblicano i confini tra patriziato e plebe non fossero ancora delineati con nettezza.  Si è anche notato che le divergenze tra gli elenchi dei magistrati ricavabili da un lato dalle fonti letterarie e dall’altro dei Fasti Capitolini, non sono così rilevanti. 1.3 La fine della monarchia e la creazione della Repubblica: evento traumatico o passaggio graduale? La storia della violenza di Lucrezia non spiega i veri motivi della caduta della monarchia romana. Il ruolo che alcuni aristocratici ebbero nella cacciata dei Tarquini e il dominio che il patriziato sembra aver esercitato sulla prima Repubblica, inducono a pensare che la fine della monarchia sia da attribuire ad una rivolta del patriziato romano contro l’autocrazia espressa in quel momento dal regime monarchico. Pare poi che il cambio di regime sia avvenuto in maniera traumatica. [TRANSIZIONE VERSO LA REPUBBLICA] Alcuni elementi lasciano pensare che alla cacciata di Tarquinio il Superbo sia succeduto un breve ma confuso periodo in cui Roma appare in balìa di re e condottieri come Porsenna di Chiusi. La sconfitta inflitta dai Latini e dal loro alleato Aristodemo di Cuma ad Arrunte, figlio di Porsenna, presso Aricia assestò un duro colpo all’influenza politica degli etruschi sul Lazio. Fu probabilmente grazie a questo evento che si svilupparono nuove istituzioni repubblicane a Roma. 1.4 La data della creazione della Repubblica Gli antichi avevano fissato la nascita della Repubblica romana al 510 a.C. Anno che coincide con la cacciata sia dei Tarquini a Roma sia dei Pisistratidi ad Atene (tiranno Ippia). Da qui il sospetto che la cronologia romana sia stata adattata per creare un parallelismo con le vicende della polis greca. Per questo molti studiosi hanno proposto di collocare la nascita della Repubblica intorno al 470-450 a.C. poiché da questo momento la documentazione archeologica romana dimostra un’interruzione dei contatti con l’Etruria che 15 sarebbe da ricollegare con la cacciata dei Tarquini. Alcuni elementi però inducono a ritenere che la datazione tradizione non sia lontana dalla verità: - Cerimonia ricordata da Livio  secondo lui una legge prescriveva che il massimo magistrato della Repubblica infiggesse un chiodo nel tempio di Giove Capitolino, ogni anno alle idi di settembre allo scopo di scongiurare pestilenze e carestie. La notizia interessa perché il tempio era stato solennemente inaugurato nel primo anno della Repubblica. - Documentazione archeologica: l’edificio della Regia, nel Foro romano, presenta verso la fine del VI secolo a.C. una pianta caratteristica di un edificio templare e non di una residenza reale  in questo periodo la Regia sarebbe diventata la sede del rex sacrorum. 1.5 I supremi magistrati della Repubblica, i loro poteri e i loro limiti [PRIMI MAGISTRATI: CONSOLI O PRETORI?] La storiografia antica concorda nel dire che i poteri del re sarebbero passati a due consoli eletti dai comizi centuriati: - Comandavano l’esercito - Mantenevano l’ordine all’interno della città - Esercizio della giurisdizione civile e criminale - Potevano convocare il senato e le assemblee popolari - Curavano il censimento e la compilazione di liste di senatori - Controllo sugli auspici [LIMITI AI POTERI CONSOLARI] - La loro carica durava 1 anno - Ciascuno dei due consoli aveva uguali poteri e poteva opporsi all’azione del collega qualora la giudicasse dannosa per lo Stato (collegialità) - Erano votati dall’assemblea popolare, dunque vincolati al volere di quel populus - Ogni cittadino poteva appellarsi al giudizio dell’assemblea popolare contro le condanne capitali inflitte dal console (provocatio ad populum). Quest’ultima ritenuta dagli antichi il fondamento della libertà repubblicana. Tuttavia questo diritto non ebbe valore, fino all’età tardo-repubblicana, contro i poteri dei consoli al di fuori del limite della città costituito dal pomerio né contro l’autorità della dittatura (magistratura straordinaria). [DUBBI SUL CONSOLATO] la versione tradizionale sulla sua origine è stata messa in dubbio da alcuni studiosi, i quali ritengono che i poteri del re siano stati trasferiti ad un solo magistrato affiancato poi da alcuni assistenti; solo all’indomani del decemvirato del 450 a.C. o delle leggi Licinie Sestie del 367 a.C. sarebbe stata creata la magistratura collegiale del consolato. 1.6 Le altre magistrature [QUESTORI] risalgono al periodo regio o al primo anno della Repubblica. Originariamente erano in 2 ed assistevano i consoli nella sfera delle attività finanziarie. Inizialmente designati dai consoli, poi diventano carica elettiva. [CENSORI] secondo la tradizione nel 443 a.C. il compito di tenere il censimento sarebbe stato sottratto ai consoli e affidato ai censori, due nuovi magistrati. Eletti ogni 5 anni e la loro carica 18 mesi. Solo dopo un plebiscito Ovinio tra la fine del IV e gli inizi del III sec. a.C., affidò ai censori anche la redazione delle liste dei membri del senato. Da questa competenza ne derivò la cura morum, una supervisione generale sulla condotta morale dei cittadini. 1.7 La dittatura In caso di necessità i supremi poteri della Repubblica potevano essere affidati ad un dittatore: 16 - Nominato a propria discrezione da un console, da un pretore o da un interrex su istruzione del senato - Era assistito da un magister equitum da lui scelto e a lui subordinato - Contro il suo volere non valeva l’appello al popolo o l’opposizione del veto da parte dei tribuni della plebe - Durata: massimo 6 mesi - Nominato soprattutto per fronteggiare crisi militari 1.8 I sacerdozi e la sfera religiosa A Roma non si può tracciare una netta distinzione tra cariche pubbliche e cariche religiose: una persona poteva rivestire contemporaneamente una magistratura e un sacerdozio (uno dei tratti più caratteristici della Repubblica romana). I flamini  erano la personificazione terrena del Dio stesso. In particolare le 3 supreme divinità della prima Roma repubblicana: Giove – flamines Dialis, Marte – flamines Martialis e Quirino – flamines Quirinalis. C’erano poi 12 flamini minori per le restanti divinità. Al flaminato era connessa una serie di tabù religiosi che limitarono molto il diritto dei flamini a rivestire cariche politiche. Il collegio dei pontefici  era guidato da un pontefice massimo che costituiva la massima autorità dello Stato. Ai pontefici spettava la nomina dei 3 flamini maggiori e il collegio dei pontefices aveva anche il controllo sulla tradizione e l’interpretazione delle norme giuridiche, nonché sul calendario. Per tutta la prima e media età repubblicana si diveniva pontifex per cooptazione e a vita. Il collegio degli àuguri  assisteva i magistrati nel loro compito di trarre gli auspici e di interpretare la volontà degli dèi, affinché un atto pubblico potesse essere considerato valido. Ciò avveniva soprattutto attraverso l’osservazione del volo degli uccelli. Il loro parere consentiva ad un magistrato o al senato di bloccare immediatamente ogni procedimento. I duoviri sacris faciundis  incaricati di custodire i Libri Sibillini, un’antichissima raccolta di oracoli in greco che erano connessi con la Sibilla di Cuma. Nel caso si verificassero prodigi nefasti, segno che il rapporto tra la città e gli dèi si era incrinato, il senato poteva chiedere al collegio di consultare i Libri per trovarvi un rimedio. Non di rado la soluzione adottato consisteva nell’introdurre a Roma un culto straniero. Gli aruspici  incaricati di chiarire la volontà divina, in particolare mediante l’esame delle viscere delle vittime sacrificali. Disciplina di origine etrusca. I feziali  avevano una funzione rilevante in politica estera, anch’essi riuniti in un collegio. Potevano dichiarare guerra attenendosi ad un complesso cerimoniale e assicurando a Roma il favore degli dèi. Essi inoltre trasmettevano una richiesta di riparazioni o un ultimatum e concludevano trattati. 1.9 Il senato Era il vecchio consiglio regio formato dai capi delle famiglie nobili, sopravvissuto alla caduta della monarchia, divenne il perno della nuova Repubblica a guida patrizia. Il principale strumento istituzionale in possesso del Senato per influire sulla vita politica della Repubblica era l’auctoritas patrum, quel diritto di sanzione che vediamo applicarsi in particolare agli atti legislativi e ai risultati delle elezioni usciti dalle assemblee popolari a partire dalla metà del V sec. a.C. La loro carica era vitalizia e quindi avevano la possibilità di dare continuità alla loro azione politica. Inoltre il suo peso politico crebbe anche in ragione del fatto che i massimi magistrati della Repubblica erano chiamati lontano da Roma per una parte significativa della loro carica dal comando delle campagne militari. 1.10 La cittadinanza e le assemblee popolari 17 [I CONCILIA PLEBIS] In occasione della prima secessione la plebe si diede propri organismi politici: - Concilia plebis tributa: assemblea generale che all’inizio votava per curie, poi dal 471 a.C. per tribù. Questo meccanismo assicurava la prevalenza dei proprietari terrieri iscritti nelle più numerose circoscrizioni rustiche. L’assemblea poteva emanare provvedimenti – plebiscita – che inizialmente non avevano valore vincolante per lo Stato ma solamente per la plebe stessa. - Tribuni della plebe: durante la prima secessione furono scelti, in numero di 2, come rappresentanti ed esecutori della volontà dell’assemblea. In seguito divennero 10. 1. Diritto di venire in soccorso di un cittadino contro l’azione di un magistrato (ius auxilii). 2. Porre il veto ad un qualsiasi provvedimento di un magistrato che andava a scapito della plebe (ius intercessionis). 3. Inviolabilità dei tribuni (sacrosanctitas): chi osava commettere violenza contro i tribuni poteva essere messo a morte e le sue proprietà potevano essere confiscate a favore del tempio di Cerere, Libero e Libera sull’Aventino. Tuttavia questa forma di giustizia sommaria non venne mai praticata. 4. Potere di convocare e presiedere l’assemblea della plebe e di sottoporre ad essa le proprie proposte (ius agendi cum plebe). 5. Il singolo tribuno della plebe aveva potere di veto contro una risoluzione del suo collega. 6. Obblighi del tribuno nei confronti della plebe: non poteva trascorrere la notte fuori dalla città e la porta della sua casa doveva sempre essere lasciata aperta, in modo da assicurare assistenza continua ai plebei. - Edili plebei: 2 rappresentanti della plebe già in funzione nel 366 a.C. quando sul loro modello venne creata l’edilità curule. 1. Organizzavano i giochi 2. Sorvegliavano i mercati (approvvigionamento alimentare della città) 3. Controllo su strade, templi ed edifici pubblici 4. È probabile che originariamente fossero custodi del tempio di Cerere, Libero e Libera (aedes = tempio, casa in latino) [ESITI DELLA PRIMA SECESSIONE] Ci fu il riconoscimento da parte dello Stato patrizio dell’organizzazione interna della plebe, della sua assemblea e dei suoi rappresentanti. Tuttavia il problema dei debiti rimase insoluto. Della crisi economica cercò di approfittare il console del 486 a.C. Spurio Cassio, il quale propose una legge per la redistribuzione delle terre che sembra anticipare le proposte di riforma agraria dei Gracchi. Tuttavia Cassio venne accusato di aspirare alla tirannide ed eliminato con la collaborazione della plebe stessa. - La protesta, nata da motivazioni economiche, raggiunge un risultato politico. Quindi supponiamo che il disagio economico della plebe povera sia stato strumentalizzato dalle famiglie plebee più ricche per raggiungere le conquiste politiche alle quali erano più interessate. - Il fallimento di Cassio ci dimostra come la plebe non volesse rivoluzionare l’assetto economico e istituzionale, ma voleva una riforma dell’ordinamento che desse il giusto peso a tutte le componenti della cittadinanza. 2.5 Il Decemvirato e le Leggi delle XII Tavole [DECEMVIRATO] La plebe iniziò a premere affinché fosse redatto un codice di leggi scritto. Così nel 451 a.C. venne nominata una commissione composta da 10 uomini – decemvirato – scelti tra il patriziato ed incaricati di stendere in forma scritta un codice giuridico. Il nuovo collegio avrebbe assunto il controllo completo dello Stato: 20 le tradizionali magistrature repubblicane, in particolare consolato e tribunato della plebe, vennero sospese per impedire che, con i veti incrociati, potessero paralizzare l’azione dei decemviri e si decise che la commissione non sarebbe stata soggetta al diritto d’appello. [LEGGI DELLE XII TAVOLE] Nel primo anno di attività i decemviri compilarono un insieme di norme che vennero poi pubblicate su 10 tavole di legno esposte nel Foro. Rimanevano da trattare alcuni punti perciò venne eletta nel 450 a.C. una seconda commissione che compilò altre due tavole di leggi. Tra le disposizioni: - Divieto di contrarre matrimoni misti La commissione, tramite il patrizio Appio Claudio, cercò di prorogare i propri poteri assoluti ma il tentativo si scontrò con l’opposizione della plebe e degli elementi più moderati del patriziato guidati da Marco Orazio e Lucio Valerio. [LA SECONDA SECESSIONE E LA FINE DEL DECEMVIRATO] La violenza nei confronti di una giovane fa precipitare la situazione: le insidie portate da Appio Claudio a Virginia provocano una seconda secessione, dopo la quale i decemviri sono costretti a deporre i loro poteri. Il consolato è ripristinato e Marco Orazio e Lucio Valerio approvano un pacchetto di leggi: - Inviolabilità dei rappresentanti della plebe - Divieto di creare magistrature contro le quali non valesse il diritto di appello - Si rendono i plebisciti vincolanti per tutta la cittadinanza - Il divieto di contrarre matrimoni misti viene abrogato nel 445 a.C. Questo creò il presupposto per la nascita di un blocco di famiglie patrizio-plebee Per comprendere i caratteri dell’azione dei decemviri ci rimane soprattutto il contenuto delle leggi delle XII Tavole. I frammenti tramandati riguardano soprattutto la sfera delle relazioni tra individui. Qui è ravvisabile un’influenza del diritto greco, soprattutto nel principio della necessità di un codice di leggi scritte redatto da una commissione scelta per il compito – le fonti ci dicono che un’ambasceria si era recata nel 454 a.C. da Roma ad Atene per studiare la legislazione di Solone. 2.6 Tribuni militari con poteri consolari [PLEBISCITO CANULEIO] Fatto votare da Caio Canuleio, riconoscendo la legittimità dei matrimoni tra plebei e patrizi, ebbe come conseguenza di rimuovere la principale obiezione che il patriziato aveva opposto all’accesso dei plebei al consolato. Diventava quindi difficile escludere un plebeo dagli auspicia e, di conseguenza, dal consolato. Secondo la tradizione storiografica, il patriziato, visto minacciato il suo monopolio consolare: dal 444 a.C. ogni anno il senato decide se alla testa dello Stato ci debbano essere due consoli provenienti dal patriziato o un certo numero di tribuni militari con poteri consolari che possono anche essere plebei, ma non hanno il potere di trarre gli auspici. Ordinamento che rimane in vigore fino al 367 a.C. [TRIBUNATO CONSOLARE] Una delle spiegazioni migliori ritiene che nel 444-367 a.C., i consoli non siano stati sostituiti ma affiancati dai tribuni consolari: i due consoli patrizi sarebbero stati assistiti nei loro compiti da due tribuni militum, comandanti di legione, dotati per l’occasione di poteri equiparabili a quelli dei consoli. 2.7 Le leggi Licinie Sestie [DISTRIBUZIONE DI TERRE DEL 387 A.C.] La promulgazione del primo codice scritto e l’istituzione dei tribuni militari lasciano aperti due nodi, politico ed economico. Nel 387 a.C. per rispondere alla fame di terra della plebe, parte del territorio di Veio e di Capena viene suddiviso in piccoli appezzamenti e distribuito ai cittadini romani, con la creazione di 4 nuove tribù. I lotti individuali avevano un’estensione di 7 iugeri, 21 equivalenti a 1,75 ettari (Livio), decisamente insufficienti per l’autosussistenza di una sola famiglia. Probabilmente i contadini contavano anche sulla possibilità di coltivare porzioni di ager publicus. Il provvedimento del 387 a.C. non fu dunque sufficiente a risolvere la crisi economica: poco dopo il patrizio M. Manlio Capitolino propose una riduzione o la totale cancellazione dei debiti e una nuova legge agraria, sperando in tal modo, secondo le accuse dei suoi avversari, di inaugurare un regime personale. Ma ancora una volta, davanti alla minaccia della tirannide si rinsaldò un fronte patrizio-plebeo che portò alla liquidazione di Capitolino. [LE PROPOSTE DI RIFORMA DEI TRIBUNI LICINIO E SESTIO] L’iniziativa tornò ai riformisti, in particolare ai tribuni della plebe Caio Licinio Stolone e Lucio Sestio Laterano, esponenti di due ricche famiglie plebee. Essi presentarono un pacchetto di proposte sul problema dei debiti, la distribuzione delle terre statali e l’accesso dei plebei al consolato. Ma i patrizi resistettero, anche se Licinio e Sestio non mollarono e nel 367 a.C. Marco Furio Camillo venne chiamato alla dittatura per sciogliere la situazione. Le leges Liciniae Sextiae: La prima legge  Prevedeva che gli interessi che i debitori avevano già pagato sulle somme avute in prestito potessero essere detratti dal totale del capitale dovuto e che il debito residuo fosse estinguibile in 3 rate annuali. La seconda legge  Stabiliva un’estensione massima di terreno di proprietà demaniale che poteva essere occupato da un privato: le fonti ci dicono 500 iugeri (125 ettari) che a molti studiosi sono parsi inattendibili per il IV sec. a.C. quando l’ager publicus romano doveva essere ancora piuttosto limitato. La terza legge  Sanciva l’abolizione del tribunato militare con potestà consolare e la completa reintegrazione alla testa dello Stato dei consoli, uno dei quali avrebbe dovuto essere sempre plebeo. In realtà sembra piuttosto che questa legge consentisse che uno dei due consoli fosse plebeo, ma non escludesse la possibilità che entrambi fossero patrizi. Nel 366 a.C. vennero create 2 nuove cariche: Pretore  amministrava la giustizia tra i cittadini romani (nel 242 a.C. questo praetor urbanus venne affiancato da un praetor peregrinus), dotato di imperium poteva essere messo alla testa di un esercito anche era subordinato ai consoli. Edili curuli  così chiamati dalla sella curulis, lo scranno sul quale sedevano i magistrati patrizi. Venne inizialmente affidato il compito di organizzare i Ludi maximi, giochi connessi al culto di Giove Massimo che in precedenza erano stati gestiti dai consoli. Si occupavano inoltre dell’ordine pubblico, delle strade e degli edifici pubblici, dell’approvvigionamento e dei mercati. 2.8 Verso un nuovo equilibrio Le leggi Licinie Sestie segnarono la fine della fase più acuta della contrapposizione tra patrizi e plebei. Già nel 366 a.C. l’ex tribuno della plebe Sestio Laterano poté avvalersi della legge da lui proposta per divenire il primo console plebeo. L’obbligo di scegliere uno dei due magistrati tra la plebe risale probabilmente solo al plebiscito del 342 a.C. ma la prima coppia di consoli entrambi plebei compare nelle liste dei magistrati solo nel 172 a.C. Nei decenni successivi i plebei ebbero progressivamente accesso a tutte le altre cariche dello Stato. Già nel 366 a.C. si decise che gli edili curuli sarebbero stati scelti ad anni alterni tra patrizi e plebei. Nel 356 a.C. venne nominato il primo dittatore plebeo, Caio Marcio Rutilo. Nel 351 a.C. egli divenne il primo plebeo a rivestire la censura. Il diritto di accesso alle magistrature da parte dei plebei comportò anche il loro progressivo ingresso nel senato. Nel 326 a.C. secondo Livio una legge aboliva la schiavitù per debiti, imponendo di sostituire i nexi come forza lavoro. 22 3.3 I conflitti con Sabini, Equi, Volsci L’alleanza stretta da Roma con la Lega latina e gli Ernici si rivelò utile a fronteggiare le minacce di 3 popolazioni osco-sabelliche provenienti dagli Appennini: 1. Sabini  nei primi anni della Repubblica la tradizione storiografica registra una serie di campagne condotte dai Romani contro la Sabina, con conquiste territoriali tra i corsi del Tevere e dell’Aniene. Qui vennero create due nuove tribù: Claudia e Clustumina. Altro episodio importante fu il raid condotto su Roma, nel 460 a.C., dal sabino Appio Erdonio che riuscì ad impadronirsi della rocca del Campidoglio e che venne cacciato solo a seguito di un intervento degli alleati latini di Tusculo. 2. Equi  avanzarono dalla sponda occidentale del lago del Fucino, conquistando la regione dei monti Prenestini e due città latine, Tivoli e Preneste. Gli alleati Romani, Latini ed Ernici riuscirono a bloccare gli Equi nei colli Albani. Nel 431 a.C. al passo dell’Algido si ebbe una importante vittoria romana contro gli eserciti coalizzati di Equi e Volsci. 3. Volsci  da meridione. Discesi dagli Appennini verso la fine del VI sec. a.C., riuscirono ad occupare in poco tempo tutta la pianura Pontina e le città latine di Terracina, Circei, Anzio, Cora e Velletri, in pratica tutta la parte meridionale del Lazio. Migravano perché i loro luoghi d’origine erano impervi e non in grado di garantirne la sopravvivenza (il terreno era povero ed inadatto all’agricoltura). Le nostre fonti riportano per il V sec. a.C. molti conflitti tra Roma e queste popolazioni, in particolare con Equi e Volsci. Mai si giunse ad una svolta definitiva. 3.4 Il conflitto con Veio Veio era una città etrusca, situata a 15 km a nord di Roma, e sua rivale nel controllo delle vie di comunicazione lungo il basso corso del Tevere e delle saline che si trovavano alla foce del fiume. Il contrasto tra le due città durò per tutto il V sec. a.C. e sfociò in 3 guerre: Prima guerra (483 – 474 a.C.)  i Veienti riuscirono ad occupare un avamposto sulla riva sinistra del Tevere: Fidene. Roma tentò di reagire ma i suoi 300 soldati vennero annientati sul fiume Cremera (ultimo esempio di guerra aristocratica condotta per clan. Veio si vide riconoscere il possesso sul Fidene. Seconda guerra (437 – 426 a.C.)  il romano A.C. Cosso uccise in duello il “tiranno di Veio”, Lars Tolumnio. Fidene venne conquistata e distrutta dai Romani. Terza guerra (405-396 a.C.)  Il conflitto si sposta alle porte di Veio, la quale sarebbe stata assediata per 10 anni dai Romani. Livio ci dice che Camillo aveva privato i veienti della loro divinità protettrice, Giunone, promettendo alla dea un tempio ed un culto a Roma attraverso la procedura dell’evocatio. Alla fine dell’assedio la città venne presa e distrutta. Le città etrusche non prestarono alcun aiuto, solo da Falerii e Capena. La presa di Veio segnò una svolta importante per Roma. Il lungo assedio aveva tenuto i soldati lontani dai loro campi e per questo s’introdusse una tassa straordinaria (tributum) che gravava in misura proporzionale sulle diverse classi dell’ordinamento censitario, a seconda delle loro proprietà. Inoltre a maggiori poteri politici nell’assemblea centuriata finirono per corrispondere maggiori obblighi militari e fiscali. 3.5 L’invasione gallica [INVASIONE: 390 a.C.] Livio datava la prima invasione dei Galli ai tempi di Tarquinio Prisco e ne individua le ragioni nel sovrappopolamento della Gallia in quel periodo. Questa prima ondata celtica avrebbe dato vita alle tribù degli Insubri, e alla fondazione di Mediolanum (Milano). 25 Nei decenni seguenti si crearono nuove tribù che occuparono tutta la pianura Padana. L’ultima ad entrare in Italia sarebbe stata quella dei Senoni, che avrebbe occupato il territorio più meridionale corrispondente alla Romagna meridionale e alle Marche settentrionali. Polibio, invece, datava l’attacco dei Celti ai danni degli Etruschi tra la fine del V sec a.C. e i primi anni del IV quindi oltre un secolo dopo la data fornita da Livio, e diceva che la loro penetrazione era avvenuta in un’unica ondata. Gli studiosi oggi tendono a dare la precedenza alla cronologia alta di Livio anche sulla base di testimonianze archeologiche ed epigrafiche che sembrano attestare la presenza di Celti in Italia settentrionale già nel VI sec. a.C. Parlano però di lenta infiltrazione e non di invasione violenta (teoria del farsi della celticità). [INVASIONE DEI SENONI] Nel 390 a.C. i Senoni, guidati dal loro capo Brenno, invasero l’Italia centrale. Il loro primo obiettivo fu la città di Chiusi. Qui si trovavano 3 ambasciatori romani che aiutarono i Chiusini a opporsi agli invasori. Indignati dall’infrazione dello ius gentium, i Celti chiesero riparazione a Roma, richiesta respinta dal Senato. Solo a questo punto Brenno e i suoi avrebbero deciso di puntare su Roma per vendicarsi dell’offesa ricevuta. L’esercito romano, arruolato per fronteggiare i Galli, si dissolse subito e si rifugiò tra le rovine di Veio. Roma, rimasta priva di difese, venne presa e saccheggiata. Poi i Galli, paghi del bottino, scomparvero. Nel IV sec a.C. Aristotele e Teopompo, tra i primi storici greci a trattare della storia di Roma, parlano esplicitamente di una presa della città da parte dei Galli. 3.6 La ripresa [DISTRIBUZIONE DELLE TERRE E COSTRUZIONE DELLE MURA SERVIANE] Roma si riprese presto dal disastro gallico, soprattutto grazie alla sua politica estera e a partire dal 309 a.C. In questi anni iniziò anche la costruzione delle mura serviane sfruttando il tufo delle cave di Grotta Oscura (Veio). Proprio la provenienza del materiale ha indotto gli studiosi ad abbassare la cronologia di questa impresa dai tempi di Servio (metà del VI sec. a.C.). datazione confermata da Livio che parla di lavori di costruzione per l’anno 378 a.C. La cinta muraria era vastissima ma i costi per realizzarla ci sono ancora sconosciuti. [STRATEGIE OFFENSIVE DI ROMA] Nonostante la costruzione delle mura serviane, dopo il sacco gallico l’atteggiamento di Roma diventa offensivo e trova il suo esecutore in Camillo. Dopo alcuni anni dal sacco della città vengono consolidati i confini settentrionali. Qui i Romani avanzarono fino ai Monti Cimini e l’area fu presidiata dalle nuove colonie di Sutri e Nepi. Inoltre, il fronte settentrionale venne reso più sicuro grazie all’alleanza con Cere con concessione di civitas sine suffragio. Negli stessi anni sul fronte sud-orientale gli Equi vengono annientati. Più lunga e difficile fu invece la lotta contro i Volsci che trovarono appoggio negli Ernici (vecchi alleati di Roma). Nel 381 a.C. la città latina di Tusculo dopo essere stata conquistata dai romani venne annessa al territorio senza che però si eliminasse la sua identità: conservò le strutture di governo, l’autonomia interna, ma ai suoi abitanti vennero assegnati gli stessi diritti e doveri dei cittadini romani. Divenne il primo municipium. Nel 358 a.C. i Volsci dovettero cedere definitivamente anche la piana Pontina e gli Ernici parte dei loro territori nella valle del fiume Sacco. In più ci fu il rinnovo del foedus Cassianum. Nel 354 a.C. cessò anche la resistenza delle due più potenti, Tivoli e Preneste. [I MOTORI DELL’ESPANSIONE] 1. Imperialismo difensivo : visione dell’espansione di Roma che afferma che essa sia venuta senza nessun piano preordinato, ma spesso in risposta a casuali emergenze difensive. Idea condizionata dall’impostazione stessa delle fonti romane che presentavano ogni conflitto come bellum iustum (dichiarato in modo ineccepibile) secondo il diritto feziale. Il bellum non era iustum se il nemico: 26 a. Non avesse compiuto per primo atti oltraggiosi e aggressivi b. Non avesse avuto il tempo e le opportunità sufficienti per le azioni riparatorie c. In mancanza di esse, avesse ricevuta una formale dichiarazione di guerra A questa visione se n’è opposta un’altra secondo cui all’origine delle guerre che portarono all’espansione di Roma sarebbe stata una consapevole e meditata volontà espansionistica basata su due aspetti strutturali: a. Accentuato militarismo della società romana con perseguimento di benefici economici b. Fattori intrinseci a Roma (endemicità dello stato di guerra, nuovo ethos sociale dei romani) c. Fattori politici (alternanza al potere di gruppi politici – democratici e conservatori – più o meno espansionisti) d. Fattori economici (bottino, arricchimento, terre, schiavi) e demografici. 2. Anarchia interstatale multipolare Trattasi della teoria più recente. La premessa è che tutti gli stati antichi siano naturalmente bellicosi. Su questo sfondo di relazioni internazionali, la capacità di Roma sarebbe stata quella di costruire un sistema di relazioni a formula multipla rivelatosi vincente. Roma ebbe dunque successo per la sua superiorità nel creare e nel gestire un’ampia rete di alleati, di coinvolgere molti stranieri nella sua stessa politica. Il risultato di questa politica fu la cosiddetta confederazione romano-italica: rapporti bilaterali tra Roma e le singole comunità. Tutto il sistema faceva perno su Roma. 3.7 Il primo confronto con i Sanniti [TRATTATO DEL 354 a.C. TRA ROMA E I SANNITI] La posizione di potere raggiunta da Roma nel Lazio meridionale trova espressione nel trattato che venne concluso coi Sanniti, nel quale il confine tra le zone di egemonia delle due potenze veniva fissato al fiume Liri. I Sanniti occupavano un territorio molto vasto che si estendeva lungo la catena appenninica centro-meridionale, tra i fiumi Sangro e Ofanto, in un’area montuosa che consentiva comunque lo sfruttamento agricolo. Dal punto di vista politico il Sannio era organizzato in cantoni (pagi) entro i quali si trovavano uno o più villaggi (vici), governati da un magistrato elettivo (meddiss) appartenente al ceppo osco. Più pagi costituivano una tribù (touto) guidata da un meddiss toutiks. LEGA SANNITICA (tribù): - Carracini - Pentri - Caudini - Irpini La lega aveva un’assemblea federale e poteva nominare in caso di guerra un comandante supremo. Il centro della lega era il santuario di Pietrabbondante (Isernia). LEGA CAMPANA (IV sec. a.C.): popolazione staccatasi dai Sanniti che viveva nelle regioni costiere della Campania. Qui sotto l’influenza di Etruschi e Greci si allontanarono dal Sannio e fondarono città-Stato. La lega aveva il suo centro nella città di Capua. Erano spesso in conflitto con i Sanniti. Prima guerra sannitica (343-341 a.C.)  i Sanniti attaccarono la città di Teano, nella Campania settentrionale, occupata da un’altra popolazione osco-sabellica: i Sidicini. Essi chiesero aiuto a Capua, la quale a sua volta chiese aiuto a Roma. La decisione di intervenire contro i Sanniti, contravvenendo al trattato, sarebbe venuta secondo Livio solo quando i Capuani, disperati, decisero di consegnarsi totalmente a Roma con la procedura della deditio in fidem che generava l’obbligo, per Roma, di difenderli come cosa propria. Esito della guerra: 27 - Coalizione di Stati etruschi che nel 311 a.C. attaccarono la colonia latina di Sutrium. L’esercito etrusco fu bloccato e le città ostili a Roma costrette ad una tregua nel 308 a.C. Ma i vantaggi territoriali maggiori i Romani li ebbero negli Appennini centrali. Alcune comunità degli Ernici, accusate di ribellione, vennero inglobate nello Stato romano e ai loro abitanti venne assegnata la cittadinanza senza diritto di voto. Anagni fu punita con la privazione dello ius connubii. Gli Equi furono sterminati e nel loro territorio venne insediata una nuova tribù, l’Aniensis. Le popolazioni minori osco-sabelliche che abitavano nell’odierno Abruzzo furono presto costrette a concludere trattati di alleanza con Roma. La posizione di quest’ultima negli Appennini fu consolidata con una strada di penetrazione, la via Valeria, iniziata nel 307 a.C. come prosecuzione della via Tiburtina e dalla fondazione delle colonie latine di Sora, Alba Fucens e Carseoli. 3.10 La terza guerra sannitica La sconfitta del 304 a.C. era stata grave ma non aveva annichilito i Sanniti. Lo scontro decisivo con Roma si riaprì nel 298 a.C. quando i Sanniti attaccarono alcune comunità della Lucania. I Romani accorsero in difesa degli aggrediti ma non tutti parteggiavano per i Romani. Più a nord il comandante supremo dei Sanniti, Gellio Egnazio, era riuscito a mettere in piedi una potente coalizione antiromana che comprendeva anche gli Etruschi, i Galli e gli Umbri. 1. Lo scontro di Sentino (295 a.C.)  scontro tra Roma e i coalizzati al confine tra Umbria e Marche nella maggiore battaglia combattuta in Italia fino a quel momento. Gli eserciti dei due consoli romani riuscirono a prevalere su Sanniti e Galli, approfittando dell’assenza dal campo di battaglia dei reparti etruschi e umbri e potendo contare su contingenti di alleati superiori al numero dei legionari romani. I Sanniti tentarono di resistere con una leva di massa e la creazione di un’armata scelta (legio linteata) ma l’ultimo esercito sannita venne massacrato in un’altra battaglia campale ad Aquilonia nel 293 a.C. Tre anni dopo chiesero la pace. 2. La battaglia del lago Vadimone  ci fu un tentativo dei Galli di penetrare nuovamente nell’Italia centrale ma l’attacco fu bloccato nel 283 a.C. nella suddetta battaglia. Nel 264 a.C. tutte le comunità dell’Etruria e dell’Umbria erano nella coalizione di socii di Roma, eccetto Cere a cui fu concessa la civitas sine suffragio; l’area costiera del Tirreno fu presidiata dalla nuova colonia latina di Cosa. [NUOVE COLONIE] - Nella marcia verso l’Adriatico nel 290 a.C. vennero sconfitti i Sabini e i Pretuzzi e parte del loro territorio fu confiscato per creare la nuova colonia di Hadria (Atri) - Secondo Fabio Pittore la conquista della Sabina tiberina, terra molto fertile, diede a Roma grandi vantaggi economici. [AGER GALLICUS] Nell’Adriatico settentrionale venne annesso il territorio un tempo appartenuto ai Senoni. In questa regione, nota come ager gallicus, venne fondata la colonia romana di Sena Gallica (Senigallia) e nel 268 a.C. la colonia latina di Ariminum (Rimini) che portò Roma ad affacciarsi alla pianura Padana. [PICENI] Vistisi circondati da ogni parte questi abitanti delle Marche centro-meridionali, tentarono una guerra contro Roma nel 269 a.C. ma pochi anni dopo si dovettero arrendere: in parte vennero deportati a Salerno ed in parte ricevettero la civitas sine suffragio. Conservarono la propria autonomia Ascoli e la città greca di Ancona: la conquista del Piceno venne consolidata con la creazione di una colonia latina a Fermo nel 264 a.C. N.B. In 30 anni dalla battaglia di Sentino Roma era riuscita a portare i confini settentrionali del territorio sotto il suo controllo lungo la linea che andava dall’Arno a Rimini. 30 3.11 Il conflitto con Taranto [MEZZOGIORNO D’ITALIA E LEGA ITALIOTA] Nel Mezzogiorno d’Italia i Sanniti erano indeboliti ma non completamente domati e alcune popolazioni locali a loro affini conservavano la loro indipendenza, così come Taranto, la più ricca e potente città greca d’Italia. Un motivo di tensione era costituito dalla spinta espansionistica delle popolazioni italiche dell’interno verso le città greche della costa. Per fronteggiare questa minaccia, alcune delle vecchie colonie della Magna Grecia si erano strette in un’alleanza: la Lega italiota (italioti = greci dell’Italia meridionale) di cui Taranto aveva assunto da tempo la leadership. Tuttavia la Lega non era riuscita ad impedire l’avanzata né dei Lucani né dei Bruzi e dopo la morte di Archita, il filosofo pitagorico che aveva guidato Taranto e animato l’alleanza delle poleis greche del Mezzogiorno, nel 360 a.C. la Lega iniziò a disgregarsi costringendo le singole città ad intraprendere strade diverse per opporsi alla pressione degli italici. [TARANTO E LA MADREPATRIA GRECA] I Tarantini confidarono sull’aiuto della madrepatria. Infatti nel 342 a.C. si rivolsero a Sparta per essere aiutati contro i Lucani. Gli Spartani inviarono il loro re Archidamo III, che però perse la vita nel 338 a.C. sotto le mura di Manduria, città della Puglia. Nel 334 a.C. i Tarantini fecero appello ad Alessandro il Molosso (zio di Alessandro il Grande) affinché le liberasse della minaccia delle popolazioni italiche. Alessandro rispose alla richiesta d’aiuto. Tuttavia, i rapporti con Taranto si guastarono e il Molosso trovò la morte a Pandosia, nel territorio dei Bruzi. [LA MINACCIA ROMANA] Negli anni seguenti alla minaccia degli Italici si era aggiunta anche quella di Roma: preoccupata del suo successo nella seconda guerra sannitica, nel 303 a.C. - Taranto aveva chiesto ancora una volta l’assistenza di Sparta. Questa volta fu inviato il principe di sangue reale Cleonimo ma i tarantini si stancarono presto di lui ed egli fu costretto ad andarsene nell’Adriatico settentrionale: sbarcato a Venezia, venne ucciso dai suoi stessi abitanti. - In ultima istanza i tarantini si rivolsero ad Agatocle, tiranno e poi re di Siracusa, intervenuto tra 298 e 295 a.C. contro i Bruzi e gli Iapigi (Italia del sud). [TURI: LA SCINTILLA DELLA GUERRA] La morte di Agatocle (289 a.C.) aveva privato i Greci dell’Italia meridionale di un protettore. 4 anni dopo, Turi (città greca sul golfo di Taranto), minacciata dai Lucani, chiese aiuto a Roma. Contemporaneamente Roma aiutò altre poleis greche del Mezzogiorno, quali Crotone, Locri e Reggio inviando un presidio. Con questo atto Roma diventava la nuova patrona degli Italioti l’egemone dell’Italia meridionale. Di fronte alla minaccia rappresentata dall’occupazione romana di Turi e delle altre poleis magnogreche a Taranto prevalse la fazione democratica ostile a Roma. I tarantini attaccarono le navi romane, affondandone alcune, poi marciarono su Turi, espellendone la guarnigione romana. Scoppiò la guerra. 3.12 L’intervento di Pirro [LA CROCIATA DI PIRRO] Taranto decise di ricorrere al soccorso di Pirro, re dei Molossi e comandante in capo della Lega epirotica. L’Epiro, infatti, corrispondeva all’incirca alla Grecia nord-occidentale e all’Albania meridionale e si trovava proprio sulla costa adriatica antistante la Puglia. Con abile retorica, Pirro diede alla sua spedizione il carattere di una sorta di crociata in difesa dei Greci d’occidente, minacciati dai barbari romani e cartaginesi, procurandosi così l’appoggio di tutte le potenze ellenistiche. Ragioni che mossero Pirrro: 31 - Nella sua propaganda si richiamò alla sua discendenza da Achille, per giustificare l’attacco contro la “troiana” Roma. - Pirro era anche imparentato con Alessandro (sua madre apparteneva alla casata reale dei Molossi) e poteva rivendicare a ragione la ripresa dei progetti di conquista dell’Occidente. - Inoltre nel 295 a.C. aveva sposato Lanassa, figlia di Agatocle re di Siracusa. Questo vuoto di potere andava colmato. Lo scontro di Eraclea  nel 280 a.C. Pirro sbarcò in Italia con un grande esercito comprendente anche 20 elefanti da guerra, contando anche sulle truppe tarantine e italiche che sperava di portare dalla sua parte. Per affrontare questo schieramento Roma dovette arruolare i capite censi, ovvero i nullatenenti fino ad allora esentati dal servizio militare. Alla fine, nonostante la superiorità numerica, Roma venne sconfitta ad Eraclea (Lucania). [LE RICHIESTE DI PIRRO] La battaglia di Eraclea mise in serio pericolo le posizioni romane in Italia meridionale: - Lucani e Bruzi raggiunsero l’esercito di Pirro - Le città greche dell’Italia meridionale si liberarono dei presidi romani e si schierarono dalla parte dell’epirota - I Sanniti, per la quarta volta, presero le armi contro i romani Ma Pirro non seppe approfittare di questo successo perché il suo esercito era insufficiente per assediare Roma. Per questo motivo decise di avviare trattative di pace: - Pirro chiedeva libertà e autonomia per le città greche dell’Italia meridionale - Chiedeva la restituzione dei territori strappati a Lucani, Bruzi e Sanniti Richieste inizialmente prese in considerazione dal senato ma poi respinte. In risposta al fallimento delle trattative, Pirro: Lo scontro dell’Ofanto  Pirro mosse verso l’Apulia settentrionale, minacciando le colonie latine di Venosa e Luceria. Lo scontro sulle rive dell’Ofanto (279 a.C.) decretò per la seconda volta la vittoria del re dei Molossi ma con perdite gravissime. [PIRRO IN SOCCORSO DI SIRACUSA] Pirro aveva vinto due grandi battaglie ma non riusciva a concludere la guerra. Roma sembrava in grado di poter resistere all’infinito mentre i rapporti tra Pirro e i suoi alleati si deterioravano anche a causa delle pesanti richieste finanziarie che egli stesso aveva imposto per mantenere l’esercito. Inoltre Pirro accolse la domanda di aiuto proveniente da Siracusa: la città, a causa dei dissensi interni, non era più in grado di affrontare la lotta da sola con i Cartaginesi per il dominio della Sicilia. Pirro ritenne che il possesso di quell’isola avrebbe grandemente accresciuto la sua potenza, consentendogli di imprimere una svolta decisiva nella guerra contro Roma. Si recò allora in Sicilia con una parte del suo esercito e lasciando una guarnigione a Taranto. [ALLEANZA ROMANO-CARTAGINESE] nel 279 a.C. però Roma e Cartagine avevano stretto un’alleanza difensiva che prevedeva la mutua collaborazione militare contro il comune nemico. Le clausole di questo trattato ci sono state tramandate da Polibio: - Se una delle due potenze avesse concluso la pace con Pirro, avrebbe dovuto far includere nel trattato la possibilità di includere l’alleato nel caso di un attacco dell’epirota; - I Cartaginesi s’impegnavano ad assistere i Romani nelle operazioni navali. L’assedio di Lilibeo  in un primo momento in Sicilia Pirro vinse molte battaglie costringendo i Cartaginesi a chiudersi a Lilibeo. Ma l’assedio di questa fortezza si rivelò inefficace perché essa poteva essere costantemente rifornita dal mare. Pirro pensò di sbloccare la situazione rafforzando la sua flotta ed 32 - Roma pensò di poter assestare un colpo mortale a Cartagine attaccandola direttamente nei suoi possedimenti africani: l’invasione iniziò nel 256 a.C. In una grandissima battaglia, la flotta romana sconfisse quella cartaginese. Le prime operazioni furono favorevoli al console Marco Attilio Regolo che riuscì a conquistare anche Tunisi. Egli però non sfruttò a pieno questi successi e non riuscì ad approfittare del malcontento che serpeggiava tra gli alleati di Cartagine. - Nel 255 a.C. Regolo venne battuto da un esercito cartaginese comandato dal mercenario spartano Santippo. Inoltre la flotta romana incappò in una tempesta e perse buona parte delle navi e degli equipaggi pagando la sua inesperienza sul mare. [LA PERDITA DELLA FLOTTA ROMANA] La conclusione della guerra si allontanava e nel 249 a.C. la flotta romana al comando del console Publio Claudio Pulcro fu sconfitta nella battaglia navale di Trapani. Poco dopo una seconda flotta, guidata dall’altro console Lucio Giulio Pullo si espose ad una violenta tempesta nei pressi di Pachino e andò quasi completamente distrutta. Dopo questi due disastri Roma era ormai priva di forze navali e dei mezzi necessari per approntare una nuova flotta. D’altro canto anche i Cartaginesi, esausti, non seppero sfruttare al meglio la loro superiorità sui mari. Nonostante gli scarsi mezzi, Amilcare riuscì ad allentare la pressione romana sulle piazzaforti della Sicilia occidentale, occupando una posizione nei pressi di Trapani e fortificando una piazzaforte che minacciava la posizione dei Romani a Palermo. [LA SCONFITTA CARTAGINESE DELLE EGADI, 241 a.C.] Dopo qualche anno Roma riuscì a costruire una nuova flotta, ricorrendo a un prestito di guerra dei cittadini più facoltosi. La flotta era composta da 200 quinquiremi non più dotate di corvi. Questa armata venne inviata nel 242 a.C. al comando del console Caio Lutazio Catulo a bloccare Trapani e Lilibeo. La vittoria di Catulo fu schiacciante, buona parte della flotta punica venne affondata. Cartagine comprese che non aveva più possibilità di resistere e Amilcare venne incaricato di chiedere la pace. Clausole: - Sgombero dell’intera Sicilia e Italia - Restituzione dei prigionieri di guerra - Pagamento di un forte indennizzo 4.3 La prima provincia romana Dopo la prima guerra punica Roma, per la prima volta, era entrata in possesso di un ampio territorio al di fuori della penisola italiana costituito dalle regioni della Sicilia centro-occidentale. LA SICILIA Qui, alle comunità un tempo soggette a Cartagine, venne imposto il pagamento di un tributo annuale, consistente in una parte del raccolto di cereali (1/10 della produzione secondo le Verrine di Cicerone) di cui la Sicilia era grande produttrice. - Il grano fu uno dei presupposti per il decollo di Roma ma anche l’approvvigionamento dei suoi eserciti sempre più spesso impegnati nei teatri di guerra del Mediterraneo. L’AMMINISTRAZIONE DELLA SICILIA E DELLA SARDEGNA Amministrazione della giustizia, ordine interno e difesa dalle aggressioni esterne vennero affidati a un magistrato romano inviato annualmente nell’isola. Dal 227 a.C. vennero eletti due nuovi pretori, che affiancarono il pretore urbano e il pretore peregrino: uno inviato in Sicilia, uno in Sardegna.  Da questo momento il termine provincia assume progressivamente il significato più specifico di territorio soggetto all’autorità di un magistrato romano, col quale è meglio noto. L’ORGANIZZAZIONE PROVINCIALE - Governatore provinciale 35 - Questore: assisteva il governatore in materia di finanze - Legati: spesso giovani aristocratici che collaboravano con il governatore nell’amministrazione della giustizia - Funzionari e impiegati di livello inferiore (altra parte dello staff del governatore) Esazione fiscale  data la debolezza dell’apparato burocratico provinciale, Roma repubblicana dovette affidarsi a compagnie di privati cittadini (publicani) per la questione dell’esazione delle tasse. Ciò portò spesso a gravi abusi: spremevano oltre il lecito i contribuenti per ricavarne il massimo guadagno. Amministrazione della giustizia  solo i reati di maggior rilievo erano giudicati dal governatore provinciale, assistito dai suoi legati, in assise che si tenevano periodicamente nelle maggiori città della provincia dette conventus. I delitti meno gravi erano giudicati dai tribunali locali. L’ARTICOLAZIONE DELLA PROVINCIA SICILIANA La prima provincia romana di Sicilia non si estendeva sull’intera isola: c’erano ancora alcuni Stati formalmente indipendenti, tra i quali il regno siracusano di Ierone e la città alleata di Messina. Nel territorio provinciale esistevano poi comunità privilegiate (civitates liberae et immunes). Il privilegio di queste ultime consisteva nell’essere libere dal controllo amministrativo e giudiziario del governatore romano e immuni dal pagamento del tributo. Le restanti città della provincia di Sicilia, che erano la maggioranza, erano note come civitates stipendiariae poiché soggette al pagamento del tributo. L’elenco delle comunità che componevano il territorio soggetto all’amministrazione di un governatore, con i loro differenti statuti era contenuto in un documento descrittivo (formula provinciae). IL PROBLEMA DELLA LEX PROVINCIAE I principi dell’amministrazione di ciascun distretto soggetto a Roma dovevano essere enunciati nella lex provinciae. Questi statuti contenevano: prescrizioni sulle imposte e le forme della loro riscossione e i principi sui quali si sarebbe fondata l’attività giurisdizionale del governatore. Essa poteva essere dettata dallo stesso conquistatore della regione e dalla commissione senatoriale che lo assisteva. I governatori provinciali erano obbligati a sottoporre al senato un accurato rendiconto della propria amministrazione. 4.4 La rivolta dei mercenari e la conquista romana della Sardegna e della Corsica [CARTAGINE TRA IL 241 E IL 218 a.C.] Per Cartagine i primi anni dopo la sconfitta furono drammatici: la città non era in grado di assicurare il pagamento delle truppe mercenarie che avevano combattuto contro i Romani. Per questo i mercenari si ribellarono. Il compito di sedare la rivolta fu affidato ad Amilcare Barca che ebbe successo anche se a caro prezzo. [LA CESSIONE DI CORSICA E SARDEGNA] La ribellione dei mercenari dell’Africa settentrionale si era estesa anche alle guarnigioni della Sardegna, che avevano fatto appello a Roma. Quando i Cartaginesi allestirono una spedizione per recuperare la Sardegna, i mercenari rinnovarono le loro richieste di aiuto a Roma, che questa volta intervenne. Alla fine i Cartaginesi si piegarono accettando di pagare un ulteriore indennizzo e di cedere, oltre alla Sardegna, anche la Corsica  insieme, formarono la seconda provincia romana dopo la Sicilia. [I NUOVI POTERI DEI PRETORI PROVINCIALI] L’umiliazione subita suscitò un sentimento di rivalsa nei Cartaginesi e fu una delle ragioni dello scoppio della seconda guerra punica. Ma il possesso della Sardegna si rivelò un’impresa non semplice perché nei primi anni fu costretta ad inviare regolarmente eserciti per venire a capo della resistenza degli indigeni. Fu questa esigenza ad indurre nel 227 a.C. la creazione di due nuovi pretori (novità istituzionale) dotati di imperium, uno per Sardegna e Corsica e l’altro per la Sicilia. 36 4.5 Le campagne di Roma in Adriatico e in Italia settentrionale Le guerre illiriche  Qui, approfittando del declino dell’Epiro dopo la morte di Pirro, il regno di Illiria aveva esteso verso sud la sua influenza sulla costa dalmata. Le scorrerie dei pirati illiri arrecavano danni alle città greche della costa orientale dell’Adriatico e ai mercanti italici. In risposta alle loro richieste di aiuto e a tutela del suo interesse strategico il senato inviò proteste alla regina degli Illiri, Teuta, e davanti ad un suo rifiuto decise di dichiarare guerra (229 a.C.). La prima guerra illirica si risolse subito a favore di Roma: - Teuta cedette la reggenza - Agli Illiri fu proibito di navigare con più di due navi anche se disarmate e dovettero rinunciare ad ogni pretesa sulle città greche della costa adriatica che divennero una sorta di protettorato romano - Roma fece annunciare il suo successo sui pirati illirici anche in alcuni dei più importanti stati della Grecia: Corinto, Atene, leghe degli Achei e degli Etoli. Per questo motivo i cittadini romani vennero invitati a partecipare ai Giochi Istmici che si svolgevano ogni 4 anni a Corinto. L’ammissione di Roma equivaleva al conferimento di una patente di grecità. Qualche anno dopo Roma intervenne nuovamente in Illiria a seguito dell’ostilità dell’ex alleato Demetrio di Faro, di cui si temeva anche l’alleanza con il re di Macedonia Filippo V. Anche la seconda guerra illirica venne vinta da Roma: - Demetrio fuggì presso Filippo V - Faro entrò nel protettorato romano nel 219 a.C. - Si gettarono le premesse per un’ostilità tra Roma e la Macedonia. L’anno in cui finisce la prima guerra punica Roma distrugge il vecchio centro di Falerii e lo rifonda a poca distanza rafforzando così il suo controllo sull’Etruria meridionale. Nel 241 a.C. poi vennero create le ultime due tribù rustiche: Quirina (Rieti) e Velina (nel Piceno). [LA CONQUISTA DELL’ITALIA SETTENTRIONALE] Questa richiese maggiori sforzi e venne portata a conclusione solo nel II secolo a.C. L’attenzione di Roma a questa zona venne richiamata da un’incursione di Galli che si arrestò davanti a Rimini nel 236 a.C. Quattro anni dopo il tribuno della plebe Caio Flaminio propose di distribuire ai cittadini romani l’ager Gallicus ma il senato si oppose. Il massiccio insediamento di cittadini romani non accompagnato dalla fondazione di centri urbani rese anche necessario affrontare il problema dell’amministrazione: si organizzarono i cives Romani in centri “preurbani” chiamati fora o conciliabula, nei quali la giustizia era amministrata da prefetti che rispondevano al pretore di Roma. [IL DOMINIO ROMANO DELLA PIANURA PADANA] Nello scontro tra le due principali popolazioni della Gallia Cisalpina, i Boi e gli Insubri (Milano), ottennero l’appoggio di truppe provenienti dalla Transalpina, i Gesati, mentre i Galli Cenomani del territorio bresciano e veronese e i Veneti preferirono schierarsi dalla parte di Roma: - Dall’Emilia e dalla Toscana i Galli riuscirono a penetrare in Etruria e ad ottenere qualche successo ma nel 225 vennero circondati e annientati dagli eserciti dei due consoli. - I Romani si resero conto che per allontanare definitivamente la minaccia delle incursioni galliche bisognava conquistare la valle Padana. - La guerra venne condotta nel 223 dal console Flaminio e portò alla fondazione di due grandi colonie latine a Piacenza e a Cremona (218 a.C.). Ma questi risultati vennero messi in discussione dall’invasione annibalica. Dopo la vittoria nella seconda guerra punica, Roma iniziò a sottomettere l’Italia settentrionale: le tribù liguri dell’Appennino nord-occidentale e delle Alpi occidentali opposero una strenua resistenza. La loro 37 Nel 215 a.C. il vecchio Ierone di Siracusa, fedele alleato di Roma, morì: gli successe il nipote Ieronimo che decise di schierarsi dalla parte di Cartagine mettendo in pericolo il controllo romano sulla Sicilia. Nello stesso anno venne siglato un patto di alleanza tra Annibale e Filippo V di Macedonia. 4.8 La seconda guerra punica: la ripresa di Roma e la vittoria La guerra sembrava ormai perduta per Roma che però seppe resistere e risollevarsi. Decisivo per il proseguimento del conflitto fu il fatto che gli alleati dell’Italia centrale rimanessero fedeli a Roma, dimostrando che Annibale aveva sottovalutato la solidità dei vincoli politici, sociali ed economici che li legavano all’egemone. Così il perdurare delle divisioni interne e dell’opportunismo delle classi dirigenti locali nelle comunità dell’Italia meridionale lasciavano sempre aperta la via ad un nuovo ribaltamento della situazione, questa volta nel senso desiderato dai Romani. Allo stesso tempo, il ritorno alla strategia attendista di Fabio Massimo consentì a Roma di riguadagnare gradualmente le posizioni perdute nel Mezzogiorno. Nel 212 a.C. anche Taranto si schierò dalla parte dei Cartaginesi ma un piccolo presidio romano, appoggiato dagli aristocratici tarantini, continuò ad occupare la cittadella e a sorvegliare il porto, impedendo ad Annibale di ottenere via mare quei rinforzi di cui necessitava. Nel 211 a.C. Capua venne riconquistata dai Romani. L’anno dopo le forze romane riuscirono a conquistare e saccheggiare Siracusa. La prima guerra macedonica  Nell’Adriatico una flotta di 50 quinquiremi si rivelò sufficiente per impedire ciò che i Romani temevano di più: un’invasione dell’Italia da parte di Filippo V e un suo congiungimento con le forze di Annibale. Roma riuscì a paralizzare l’azione del re macedone creando una coalizione di Stati greci a lui ostili, tra i quali primeggiava la Lega etolica. La svolta decisiva della guerra si ebbe in Spagna: Publio Cornelio Scipione aveva raggiunto il fratello Cneo nella penisola iberica  i due riuscirono ad evitare che Annibale ricevesse aiuti dalla Spagna per diversi anni. Nel 211 a.C. però i due fratelli vennero sconfitti e uccisi. I romani riuscirono a difendere la Spagna settentrionale finché non nominato comandante Scipione l’Africano (figlio di Publio Cornelio Scipione). Egli venne scelto per condurre le operazioni in Spagna dall’assemblea popolare, con un procedimento che non aveva precedenti: per le sue qualità personali. 209 a.C.  L’Africano riesce ad impadronirsi della base punica di Nuova Cartagine e l’anno dopo sconfigge Asdrubale, fratello di Annibale. [LA BATTAGLIA DEL METAURO] L’Africano affrontò nuovamente l’esercito di Asdrubale mentre stava andando a prestare soccorso al fratello in Italia. L’esercito congiunto dei due consoli distrusse la spedizione cartaginese sul fiume Metauro (Marche settentrionali) nel 207 a.C. e Asdrubale morì. Annibale fu così costretto a ritirarsi nel Bruzio mentre l’Africano nel frattempo sconfiggeva in modo decisivo gli eserciti cartaginesi di Spagna nel 206 a.C. [L’ALLEANZA CON MASSINISSA] Tornato in Italia Scipione fu eletto console per il 205 a.C. ed iniziò a prepararsi per l’invasione in Africa. La sua strategia non era condivisa da tutti: Fabio Massimo avrebbe preferito concentrare le forze per annientare Annibale ma prevalse l’opinione dell’Africano. Quest’ultimo riuscì a rafforzare le truppe anche grazie al massiccio arruolamento di volontari. In questo ultimo periodo della seconda guerra punica, combattuta in Africa, fu molto importante per Roma l’alleanza con Massinissa, re della tribù numida dei Massili, in rivolta contro Cartagine. Nel 203 a.C. Scipione e Massinissa vinsero insieme nella battaglia dei Campi Magni. 40 [LA BATTAGLIA DI ZAMA] Le trattative di pace fallirono a causa delle dure condizioni volute da Scipione, il quale voleva eliminare per sempre la minaccia punica. La battaglia che pose fine al conflitto si svolse nel 202 a.C. nei pressi della città di Zama: vittoria delle truppe numido-romane. [IL TRATTATO DI PACE DEL 201 a.C.] Prevedeva: - Consegna di tutta la flotta cartaginese tranne 10 navi - Pagamento di una forte indennità - Consegna di tutti i prigionieri di guerra - Cartagine cedeva tutti i suoi possedimenti al di fuori dell’Africa, in particolare in Spagna, dove Roma creò due nuove province: a nord la Spagna Citeriore e a sud la Spagna Ulteriore - Cartagine dovette riconoscere ai suoi confini il regno di Numibia, governato da Massinissa (sorta di gendarme di Roma in Africa). Così Roma poteva controllare il suo impero anche con i “re clienti” (reges socii et amici populi Romani) - I cartaginesi non potevano dichiarare guerra senza il permesso di Roma 4.9 L’eredità di Annibale Titolo che prende il nome da una teoria avanzata dallo storico Arnold J. Toynbee che mostrava come l’impresa di Annibale, sebbene fosse uscito sconfitto sul piano militare, provocò una profonda trasformazione a Roma e su molteplici piani. [LA SVOLTA AUTORITARIA DI ROMA] Questo nuovo indirizzo della politica di Roma divenne evidente già dalla seconda guerra annibalica, nei provvedimenti presi contro gli italici che durante l’invasione cartaginese avevano cambiato casacca. 12 colonie latine nel 209 a.C. avevano dichiarato la propria impossibilità di corrispondere alle richieste di uomini previste dai trattati con Roma. Nel 204 a.C. Roma punì severamente queste comunità latine imponendo loro di mettere a disposizione contingenti ancora più alti di quelli concordati e il versamento di un tributo speciale. Inoltre si ordinò che i censimenti locali fossero condotti secondo le regole vigenti a Roma cercando così di evitare la sottostima ad arte del potenziale demografico di queste colonie. [LA PUNIZIONE DI CAPUA] Questa comunità fu privata dei suoi organi di autogoverno e la giustizia venne amministrata da prefetti inviati da Roma: larghi tratti di ager Campanus vennero sequestrati ed entrarono a far parte del demanio pubblico. Confische colpirono anche le comunità dell’Apulia, del Sannio, della Lucania e del Bruzio che avevano defezionato a favore di Annibale. [L’UTILIZZO DELLE TERRE CONFISCATE] - Installati a titolo individuale cittadini romani, in particolare veterani dell’esercito - Altre videro la fondazione di colonie (197 – 192 a.C.): 8 colonie di diritto romano, con il contingente di soli 300 capifamiglia: In Campania Volturnum (Castel Volturno), Liternum e Puteoli (Pozzuoli) Nella Puglia settentrionale, Sipontum (vicino a Manfredonia) Nel territorio confiscato ai Picentini Salernum (Salerno) Nel Bruzio Crotone e Tempsa Deduzione di due colonie in Calabria: Copia e Valentia Lo scopo di questo progetto di colonizzazione era quello di creare, in una prospettiva di lungo periodo, capisaldi per il controllo delle ancora infide popolazioni italiche locali. Il programma ebbe esiti diversi: - Puteoli divenne il più importante scalo commerciale marittimo dell’Italia romana - Successo ebbe anche la colonizzazione romana di Copia e Valentia 41 - Poco dopo la seconda metà del II sec. a.C. risale la grande arteria di comunicazione del Mezzogiorno, la via che si saldava a Capua con la Appia e raggiungeva lo Stretto a Reggio [LA CRISI DEI MEDI E DEI PICCOLI PROPRIETARI TERRIERI] Sul piano economico e sociale il dato più importante è la crisi dei piccoli e medi proprietari terrieri, che erano la classe sociale più importante d’Italia sia quantitativamente che qualitativamente. Questa crisi ebbe diverse motivazioni: - Migliaia di caduti nell’esercito romano: la maggior parte delle reclute proveniva dal ceto dei piccoli e medi contadini – CRISI DEMOGRAFICA - Peso delle distruzioni materiali causate dalla guerra - Campi in condizioni disastrose a causa dei lunghi anni di incuria Gli sviluppi che si ebbero nel II sec. a.C. acuirono la crisi della piccola e media proprietà contadina e portarono anche ad un consistente fenomeno di inurbamento dei contadini che cercavano in città qualche forma di sostentamento. Gli inizi della grande crescita demografica di Roma si datano infatti al II sec. a.C. [IL LATIFONDO SENATORIO] L’aristocrazia romana, che aveva la sua roccaforte nel Senato, estese sempre di più le sue proprietà investendo nell’acquisto di terre i bottini conquistati dai suoi membri che erano stati comandanti militari, ma anche usurpando terreni che erano di proprietà dello Stato o di qualche piccolo proprietario. [RESTRIZIONI NEL COMMERCIO MARITTIMO PER I SENATORI] Un plebiscito proposto dal tribuno della plebe Quinto Claudio del 218 a.C. vietava ai senatori di possedere navi di capacitò superiore a 300 anfore (> 24 tonnellate). Sappiamo che queste clausole furono spesso aggirate con il ricorso a prestanome, questa disposizione contribuì a un concentramento di investimenti nell’agricoltura e nell’allevamento da parte dell’ordine senatorio. [IL MODELLO SCHIAVILE] Nelle tenute delle élites lavorava una massa crescente di schiavi: essi non erano soggetti al servizio militare, potevano essere sfruttati continuamente al solo prezzo di quel cibo che gli consentiva di sopravvivere. Quando uno schiavo moriva poteva essere facilmente rimpiazzato con un altro ad un prezzo modesto. I figli nati dalle unioni informali fra schiavi andavano poi ad alimentare ulteriormente questa riserva di forza-lavoro. Nelle proprietà terriere coltivavano: cereali, ulivi, vite. [IL MODELLO ECONOMICO DELLA VILLA] Reso paradigmatico dal trattato De agri cultura redatto da Catone probabilmente nel 160 a.C., era in media di 25 ettari e quella coltivata ad ulivi sui 60 ettari. Nelle regioni pianeggianti del Tirreno centrale si passò da un’agricoltura di autosostentamento ad una “capitalista”. Nelle zone collinari e montuose dell’Appennino centro-meridionale si affermò invece lo sfruttamento estensivo delle terre per il pascolo, in particolare degli ovini. Gli sviluppi tuttavia non furono uniformi perché in alcune regioni l’economia della villa trovò il suo compimento solo nel I sec. a.C. e non in tutta Italia la crisi della media e piccola proprietà contadina fu ugualmente profonda – le regioni maggiormente colpite sembrano essere state quelle dell’Italia centro- meridionale. 4.10 La seconda guerra macedonica [CAUSE] - L’attivismo di Filippo V nell’area dell’Egeo e delle coste dell’Asia Minore. Attaccò alcune delle città alleate della Lega etolica e a scontrarsi con il regno di Pergamo e la repubblica di Rodi. - Le tensioni sfociarono nel 201 a.C.  i coalizzati compresero che da soli non sarebbero riusciti ad allontanare la minaccia macedone e non potevano nemmeno rivolgersi alle altre grandi potenze ellenistiche. Perciò divenne logico rivolgersi a Roma; - Timore di una nuova invasione dell’Italia da parte delle falangi macedoni; 42 un’organizzazione interna che potesse configurarsi come una sorta di Stato all’interno dello Stato romano, o meglio, contro lo Stato romano. 4.13 La terza guerra macedonica [LA MACEDONIA DOPO LA PACE DI APAMEA] La pace aveva espulso il regno di Siria dall’Egeo ma nell’area c’era ancora uno stato abbastanza potente: la Macedonia di Filippo V. Un’ombra tra Roma e la Macedonia si era addensata all’indomani di Apamea, quando le ambizioni di Filippo sulle città della costa tracia vennero frustrate da Roma anche su impulso del re di Pergamo Eumene II. [IL RUOLO DI ROMA NELLA CONTROVERSIA TRA LE CITTA’ GRECHE] Negli stessi anni la posizione di Roma in Grecia si fece delicata: spesso giungevano in senato ambascerie a sostenere le rispettive ragioni. Anche su suggerimento del politico acheo Callicrate, Roma adottò nella soluzione di questi contrasti una linea che privilegiava i ceti aristocratici, alienandosi così definitivamente le simpatie delle masse popolari. [IL NUOVO RE MACEDONE: PERSEO] Nel 179 a.C. era morto Filippo V e gli era succeduto il figlio maggiore Perseo che aveva ucciso il fratellastro Demetrio (che godeva dell’appoggio di Roma). L’elemento democratico e nazionalista all’interno di molte città greche cominciò a volgersi con favore verso Perseo. Agli occhi Roma bastò per fare del re una minaccia per la sua egemonia sul mondo greco. In un crescendo polemico, ogni sua azione militare e ogni suo tentativo di rafforzare le strutture interne vennero interpretati come gesti di sfida. Sospetti alimentati da Eumene di Pergamo che nel 172 a.C. si presentò a Roma con un lungo elenco di accuse contro Perseo. [L’INIZIO DELLA TERZA GUERRA MACEDONICA] Le prime operazioni si ebbero nel 171 a.C. dopo che le trattative per raggiungere un accordo fallirono. Nei primi anni ebbero la meglio i comandanti romani con qualche modesto successo militare di Perseo. Il re macedone ottenne un aiuto concreto solo dalla popolazione epirota dei Molossi e dal re d’Illiria Genzio. Nel 168 a.C. Genzio venne sconfitto in una campagna mentre Perseo fu costretto dal comandante e console Lucio Emilio Paolo ad accettare la battaglia campale nella località di Pidna, dove il suo esercito fu distrutto. [CONSEGUENZE DELLA SCONFITTA MACEDONE A PIDNA] - Perseo fu fatto prigioniero in Italia e la monarchia macedone venne abolita - La regione venne suddivisa in 4 repubbliche che non potevano intrattenere alcun rapporto tra di loro - I 4 Stati dovevano versare un tributo a Roma - L’Illiria venne divisa in 3 Stati, anch’essi tributari di Roma [LA LINEA DURA VERSO GLI ALTRI STATI] Negli altri Stati greci: - Le fazioni aristocratiche filoromane ovunque vennero riportate al potere - La Lega achea fu costretta a consegnare 1000 persone di lealtà sospetta che furono portate in Italia per essere processate. Tra di loro si trovava anche lo storico Polibio - I Molossi furono puniti con la totale devastazione del loro territorio e la riduzione in schiavitù di decine di migliaia di abitanti - Rodi, per il solo fatto di aver tentato una mediazione tra Roma e Perseo, fu privata della Caria e della Licia [IL REGNO DI SIRIA E L’EGITTO] Qualche anno dopo la sconfitta di Perseo si ebbe la conferma che la politica estera di Roma era dominata da un’ossessione verso minacce più immaginate che reali. Una delegazione romana raggiunse ad Alessandria Antioco IV, ingiungendogli in toni bruschi di ritirarsi immediatamente dall’Egitto: Antioco accondiscese. Anche Eumene di Pergamo cadde in disgrazia agli occhi dei Romani i quali pensavano avesse macchinato qualche intesa con Perseo. 45 [ABOLIZIONE DEL TRIBUTUM] La terza guerra macedonica ebbe anche un’altra importante conseguenza: i proventi tratti dal bottino furono tali che nel 167 a.C. venne abolito il tributum, imposta sulla proprietà dei cittadini romani creata nel IV sec. a.C. Venne reintrodotto in età repubblicana solo in circostanze eccezionali. 4.14 La quarta guerra macedonica e la guerra acaica [ANDRISCO] In 20 anni divenne evidente che la sistemazione data da Roma all’area greca (controllo indiretto) era inadeguata. I governi filoromani spesso avevano esercitato il loro potere in forme tiranniche suscitando tensioni sociali e politiche. Molto tesi erano i rapporti con la Lega achea e la morte di Callicrate, alleato di Roma, e i tentativi di secessione di Sparta dalla Lega coincisero con una rivolta in Macedonia: qui un tale Andrisco, facendosi passare per figlio di Perseo, riuscì a raccogliere forze in Tracia e a prevalere sulle milizie repubblicane. Tuttavia, dopo qualche successo, venne eliminato nel 148 a.C. dal pretore Quinto Cecilio Metello. [LA RIBELLIONE DELLA LEGA ACHEA E IL SACCO DI CORINTO] Scongiurata la minaccia di Andrisco, il senato si occupò delle questioni concernenti gli Achei, ordinando che fosse staccata dalla Lega non solo Sparta ma anche altre importanti città tra le quali Argo e Corinto. L’assemblea della Lega decise dunque la guerra, che fu brevissima. Gli achei non poterono impedire l’invasione del Peloponneso da parte di Metello. Corinto venne saccheggiata e distrutta nel 146 a.C. A Roma si convenne che ormai un impegno diretto nell’area greca era inevitabile. La Macedonia venne dunque ridotta a provincia, tutte le leghe vennero sciolte e ovunque furono imposti regimi aristocratici fedeli a Roma. 4.15 La terza guerra punica Nello stesso anno in cui Corinto bruciava, venne distrutta anche Cartagine. Per comprendere come sia avvenuto dobbiamo fare un passo indietro. [LA RINASCITA DI CARTAGINE DOPO LA SECONDA GUERRA PUNICA] Dopo la guerra la città si era subito ripresa economicamente, riuscendo in poco tempo ad estinguere i debiti di guerra e rifornendo costantemente gli eserciti romani con i suoi cereali. Anche politicamente i cartaginesi avevano rispettato le clausole della pace: nel 196 a.C. Annibale fu eletto massimo magistrato e intraprese una strada di riforme democratiche con l’appoggio dei ceti popolari. Tuttavia i suoi oppositori politici lo denunciarono a Roma, accusandolo di macchinare un’alleanza con Antioco III. Quando giunse un’ambasceria romana con il compito di incriminare formalmente Annibale, egli, abbandonato da tutti, fuggì in oriente alla corte di Antioco mentre il nuovo governo cartaginese si preoccupò subito di riaffermare la sua fedeltà a Roma. [IL CONFLITTO CON MASSINISSA] Un elemento che poteva turbare la situazione dell’Africa settentrionale era costituito dalle dispute di confine tra la Numidia di Massinissa e Cartagine. Il re numida, approfittando del fatto che i limiti del suo stato non erano stati definiti con precisione, o fingendo che non lo fossero, nella prima metà del II sec. a.C. avanzò pretese sempre più ambiziose su territori appartenenti al vicino. Cartagine si rivolse a Roma, rimanendo però il più delle volte delusa. Nel 151 a.C., dopo che Massinissa aveva poco a poco inglobato la regione dei cosiddetti Empori, a Cartagine prevalse il partito della guerra e un esercito al comando di Asdrubale fu inviato contro Massinissa. La mossa fu disastrosa e i cartaginesi vennero fatti a pezzi. Inoltre, la violazione della clausola del 201 a.C. diede voce a coloro che già da tempo a Roma volevano la distruzione di Cartagine. [L’ASSEDIO DI CARTAGINE E LA SUA DISTRUZIONE] Nel 149 a.C. un imponente esercito sbarcò in Africa, potendo contare anche sulla base di Utica. Quando i consoli che comandavano l’esercito romano chiesero 46 loro di abbandonare la città e di trasferirsi ad una distanza di almeno 10 miglia dalla costa, i cartaginesi decisero di resistere ad oltranza. Asdrubale vide revocata la sua condanna e affidato il comando dell’esercito cittadino e dispose la città ad affrontare l’attacco dei Romani. Tutto ciò si trasformò in un lungo e difficile assedio. La situazione si sbloccò solo nel 146 a.C., sotto il comando di Publio Cornelio Scipione Emiliano, figlio del vincitore di Pidna. Dopo la sua presa, la città fu saccheggiata, il suo territorio trasformato nella nuova provincia d’Africa, con capitale Utica: territorio particolarmente vocato alla coltura dei cereali. Insieme alla Sicilia e alla Sardegna, l’Africa formò quelli che Cicerone chiamò i tria frumentaria subsidia di Roma. [LA FINE DEL METUS PUNICUS] Nella riflessione della storiografia romana posteriore, in particolare in Sallustio, la distruzione di Cartagine segnò la fine del metus Punicus. Scomparsa la minaccia della grande rivale, le ambizioni delle fazioni e dei singoli non avrebbero avuto più freni e la Repubblica sarebbe ripiombata nelle contese interne. Questo motivo storiografico si ritrova già nella riflessione greca, a proposito del ruolo aggregante che l’invasione persiana ebbe nel creare un’unità di intenti ad Atene e venne richiamato anche a proposito del dibattito precedente lo scoppio della terza guerra punica: il principale oppositore della linea di inflessibilità catoniana, Publio Cornelio Scipione Nasica, consigliava di conservare Cartagine proprio per preservare Roma stessa dalla corruzione. 4.16 La Spagna Roma, nello stesso tempo in cui aveva annientato le due potenti monarchie di Siria e Macedonia, ridotto all’obbedienza tutti gli Stati dell’Oriente e distrutto Cartagine, non era riuscita a risolvere la situazione in Spagna. Nel 197 a.C. la Spagna venne divisa in Citeriore a nord e Ulteriore a sud. Il confine tra le due provincie correva all’altezza della città di origine punica Nova Carthago. Le comunità spagnole soggette a Roma dovevano pagare un tributo (stipendium) e fornire truppe ausiliarie. Inoltre i romani sfruttavano le importanti risorse minerarie della regione. [LA GUERRIGLIA] Inizialmente le due province comprendevano solamente le regioni costiere della Spagna meridionale e del Levante. La sottomissione della penisola iberica fu lenta e difficile e si concluse solo con Augusto. La guerriglia su un territorio molto vasto, soprattutto ad opera dei Lusitani, costrinse Roma a lasciare quasi costantemente in Spagna forti eserciti. La durezza mostrata dai magistrati romani per districarsi dalla situazione in cui si trovavano costrinse nel 149 a.C. a creare un tribunale speciale e permanente, incaricato di giudicare il reato di concussione, che tuttavia estese le sue competenze su tutti i casi di abuso di potere da parte dei governatori provinciali. [MARCO PORCIO CATONE] Grande avversario degli Scipioni, venne inviato nella Spagna Citeriore nel 195 a.C. in qualità di console. Egli riuscì a sottomettere le tribù della valle dell’Ebro, ma si trattò di successi effimeri. [TIBERIO SEMPRONIO GRACCO] Fu governatore della Spagna Citeriore dal 180 al 178 a.C. e dopo aver ottenuto molti successi militari, con il suo atteggiamento conciliante cercò di rimuovere le ragioni dell’ostilità verso Roma. La sua strategia fu coronata dalla conclusione di trattati di pace con alcune tribù celtibere che assicurarono a Roma qualche anno di tranquillità. [LA GUERRA NUMANTINA] I conflitti si riaccesero alla metà del II sec. a.C. Dopo la conclusione della lunga e difficile guerra contro i Lusitani, la lotta si concentrò attorno alla città di Numanzia (Spagna settentrionale). Nel 137 a.C. sotto le mura della suddetta città il console Mantino, sconfitto, per evitare la distruzione del suo esercito, fu costretto dai Numantini a firmare una pace umiliante per Roma. Il trattato fu disconosciuto dal senato e la guerra fu affidata a Scipione Emiliano, eletto per la seconda volta al consolato nel 134 a.C. Egli riuscì a conquistare e distruggere Numanzia l’anno seguente. 47 [LE LEGGI TABELLARIE] Erano leggi concernenti l’espressione scritta del voto: 1. Lex Gabinia tabellaria (139 a.C.) la introduceva nei comizi elettorali 2. Lex Cassia tabellaria (137 a.C.) la introduceva nei giudizi popolari 3. Lex Papiria tabellaria (131 a.C.) la introduceva nei comizi legislativi 1.6 La questione dell’ager publicus e il tentativo di riforma agraria di Caio Lelio Le guerre di conquista avevano fatto crescere a dismisura l’ager publicus. Parti di esso erano abitualmente concesse in uso a privati a titolo di occupatio: la proprietà restava sempre dello Stato che poteva revocare il possesso a sua discrezione. L’utilizzo era garantito ai detentori dietro il pagamento di un canone (vectigal). La crisi progressiva della proprietà fondiaria tendeva a favorire la concentrazione della maggior parte dell’agro pubblico nelle mani dei proprietari terrieri più ricchi. Di qui una serie di norme che mirassero a restringere l’estensione dell’agro pubblico che poteva essere legittimamente occupata da ciascuno. L’ultima di tali leggi era stata proposta da Caio Lelio: il suo progetto aveva però attirato contro di lui l’opposizione dei senatori tanto che egli vi rinunciò. 1.7 Tiberio Gracco Membro della nobilitas e figlio maggiore dell’omonimo Tiberio Sempronio Gracco e di Cornelia, figlia di Scipione Africano. Egli volle prendere, nell’anno del suo tribunato della plebe (133 a.C.) il tentativo di operare una riforma agraria. Pare che l’idea gli sia nata attraversando l’Etruria, nel constatare che quella terra di liberi coltivatori, si era trasformata in un insieme di latifondi coltivati da schiavi. Mentre i piccoli contadini, costretti ad abbandonare le loro terre, erano ridotti a miseria. Nella sua sensibilità per le istanze sociali non si può escludere un influsso dei suoi precettori greci: Diofane di Mitilene e Blossio di Cuma. [LA PROPOSTA DI LEGGE AGRARIA] - Fissava all’occupazione di agro pubblico un limite di 500 iugeri (125 ettari) con l’aggiunta di 250 iugeri per ogni figlio fino ad un massimo di 1000 iugeri (250 ettari) per famiglia; - Un collegio di triumviri eletto dal popolo e composto da Tiberio stesso, dal fratello Caio e dal suocero Appio Claudio Pulcro; - I lotti e i terreni in eccesso sarebbero stati distribuiti ai cittadini più poveri in piccoli lotti di 30 iugeri a persona ed inalienabili; - I fondi necessari all’applicazione della riforma sarebbero stati ricavati utilizzando il tesoro del re di Pergamo Attalo III che lo aveva lasciato ai romani. Lo scopo era quello di ricostruire e conservare un ceto di piccoli proprietari anche per garantire una base stabile al reclutamento dell’esercito. [RAGIONI DELL’OPPOSIZIONE DELL’OLIGARCHIA ROMANA] Sotto il profilo del diritto il progetto di legge era legittimo, ma alcuni aspetti di esso – come la destinazione del tesoro di Attalo III – toccavano prerogative che erano normalmente del Senato. I grandi proprietari terrieri si considerarono espropriati di risorse che, sia pur abusivamente ritenevano proprie, perciò l’oligarchia dominante ritenne di opporsi. [FALLIMENTO DELLA RIFORMA E UCCISIONE DI TIBERIO GRACCO] Il giorno in cui il progetto doveva essere votato dai comizi tributi, un altro tribuno della plebe, Marco Ottavio, pose ripetutamente il suo veto. Per contrasto Tiberio Gracco propose all’assemblea di destituirlo perché, essendo stato eletto per difendere gli interessi popolari, con il veto egli era venuto meno al mandato del popolo escludendosi dalla carica. Dichiarato caduto Ottavio, la legge Sempronia agraria fu approvata. Ma l’opposizione conservatrice non si placò e Tiberio pensò di presentare la sua candidatura al tribunato anche per l’anno successivo. Fu allora 50 facile per gli avversari insinuare che egli avesse ambizioni personali: durante i comizi elettorali un gruppo di senatori e avversari lo assalì e lo uccise insieme a molti dei suoi sostenitori. 1.8 Da Tiberio a Caio Gracco: la commissione agraria, Scipione Emiliano e gli alleati latini e italici [LA COMMISSIONE AGRARIA] La morte di Tiberio Gracco non pose fine all’attività della commissione triumvirale, continuamente rinnovata e integrata a più riprese, come può desumersi dai cippi graccani che scandivano i confini e le nuove attribuzioni di campi, i quali consentono di seguire la progressione delle rassegnazioni nel Piceno, in Campania e in Lucania. [IL MALCONTENTO DEGLI ALLEATI] Presto fu chiaro il malcontento degli alleati latini e italici, le cui aristocrazie di ricchi proprietari avevano seguito la prassi dei maggiorenti romani di occupare larghe porzioni di agro pubblico e si trovavano ora a doverne restituire le parti in eccesso a beneficio dei soli nullatenenti romani. Interprete delle loro lamentele si fece Scipione Emiliano. Morto l’Emiliano, Fulvio Flacco, membro del triumvirato agrario divenuto console nel 125 a.C. propose che tutti gli alleati che ne avessero fatto richiesta potessero ottenere la cittadinanza romana o, se avessero preferito conservare il loro status, almeno il diritto di appellarsi al popolo (provocatio) contro eventuali abusi di magistrati romani. L’opposizione alla proposta fu vastissima tanto che non venne neanche discussa. Probabile sintomo dell’irritazione degli alleati furono le rivolte (125 a.C.) di Asculum e della colonia latina di Fregellae, nella valle del Liri, fino ad allora leale e fedele alleata. La repressione fu spietata. Fregellae fu rasa al suolo e sul suo territorio fu fondata la colonia di cittadini romani Fabrateria Nova. 1.9 Caio Gracco [AMPLIAMENTO DELLA LEGGE AGRARIA] Fu eletto tribuno della plebe nel 123 a.C. Egli era il fratello di Tiberio e componente della commissione agraria fin dalla sua costituzione. Nel corso di due mandati egli riprese ed ampliò l’opera riformatrice del fratello: - Furono aumentati i poteri della commissione triumvirale - Caio propose l’istituzione di nuove colonie di cittadini romani, sia in Italia sia nel territorio della distrutta Cartagine [LA LEGGE FRUMENTARIA] Mirava a calmierare il mercato ed evitare fenomeni speculativi da parte dei detentori di frumento. Inoltre, assicurò ad ogni cittadino residente a Roma una quota mensile di grano a prezzo agevolato. Grandi granai pubblici (horrea Sempronia) custodivano le grandi quantità di cereali destinate alla distribuzione (frumentationes). Così lo Stato romano si trovò direttamente coinvolto anche nel servizio dell’annona. [ANNONA] A Roma designava il rifornimento e la conservazione di viveri essenziali necessari alla sussistenza alimentare della città (soprattutto grano, olio e vino). Fino al III sec. d.C. il coinvolgimento dello Stato nella politica di approvvigionamento era stato limitato al grano. [IL RIFORNIMENTO DEL MERCATO] Precedentemente l’annona toccava i compiti degli edili, cui spettava però soprattutto la sorveglianza dei mercati di Roma. Un buon esempio di questa situazione si può trovare in un’iscrizione di Larissa del 129 a.C. (Tessaglia) che conserva il testo di un decreto del koinon (assemblea federale) dei Tessali per l’invio di un notevole quantitativo di grano a Roma deliberato su richieste dell’edile romano Quinto Cecilio Metello. Questa epigrafe documenta una grande crisi annonaria e risulta che prima della legislazione frumentaria di Caio Gracco, nelle emergenze alimentari l’approvvigionamento dell’Urbe avveniva in maniera caotica. Le sovvenzioni esterne dipendevano dai rapporti personali dei funzionari preposti al mercato di Roma con le comunità. 51 [LA NUOVA LEGGE GIUDIZIARIA] Con questa legge Caio volle limitare il potere del senato in questo campo, integrando un cospicuo numero di cavalieri nel corpo dai cui attingere per la formazione degli albi dei giudici e riservando in esclusiva ai cavalieri il controllo dei tribunali permanenti cui erano affidati i processi di concussione, perseguendo anche le malversazioni dei magistrati ai danni dei provinciali. In questo modo i senatori-governatori non sarebbero più stati esclusivamente giudicati da giudici- senatori. Allo stesso monopolio dei cavalieri furono affidati anche gli appalti della riscossione delle tasse nella nuova provincia d’Asia. [LA DESIGNAZIONE DELLE PROVINCIE CONSOLARI] Provvedimento in vigore per tutta l’età repubblicana che prevedeva che il senato dovesse decidere prima delle elezioni consolari, quali tra le provincie dovessero essere classificate consolari allo scopo di impedire che una scelta a posteriori fosse influenzata da ragioni personali o politiche. Al problema degli alleati Caio rispose proponendo di concedere ai Latini la cittadinanza romana e la cittadinanza di diritto latino agli Italici, ma anche questo provvedimento suscitò ostilità e non venne approvato. [L’OPPOSIZIONE SENATORIA] L’oligarchia senatoria per contrastare i progetti di Caio si servì di un altro tribuno, Marco Livio Druso. Approfittando dell’assenza di Caio, Druso fece proposte di inusuale larghezza (come la fondazione di 12 colonie). Al suo ritorno a Roma (122 a.C.), Caio si rese conto che la situazione politica era profondamente mutata e la sua popolarità pure. L’anno seguente si ricandidò al tribunato ma non venne eletto. [IL DECLINO DI CAIO GRACCO] Alla fondazione della colonia cartaginese furono collegati presagi funesti e si propose che la deduzione dovesse essere revocata. Caio Gracco e Fulvio Flacco tentarono di opporsi ma il senato fece ricorso per la prima volta al senatus consultum ultimum. Forte di tale provvedimento il console Lucio Opimio ordinò il massacro dei sostenitori di Gracco che avessero resistito: Flacco morì negli scontri mentre Caio si fece uccidere da un suo schiavo. 1.10 Progressivo smantellamento della riforma agraria I sostenitori dei Gracchi vennero sistematicamente perseguiti. Nel 120 a.C. però riuscirono a porre in stato d’accusa Lucio Opimio e la legittimità stessa della procedura del senatus consultum ultimum con le sue conseguenze. Opimio fu assolto ma le riforme dei Gracchi non vennero abolite, semmai mitigate nel tempo. - Nel 121 a.C. fu infatti sancito per legge che i lotti attribuiti fossero alienabili, così riprese la loro migrazione nelle mani dei più abbienti. - Nel 119 a.C. venne posta fine alle operazioni di recupero e riassegnazione delle terre e fu abolita la commissione agraria. - Nel 111 a.C. fu soppresso il tributo e le terre fino ad allora assegnate e quelle legalmente occupato furono trasformate in proprietà privata. 1.11 Provincie, espansionismo e nuovi mercati: Asia, Gallia, Baleari, Dalmazia danubiana [LE PROVINCIE ANTE 133 a.C.] Prima del 133 a.C. Roma aveva costituito 6 province: - Sicilia (241 a.C.) - Sardegna e Corsica (237 a.C. e 227 a.C.) - Spagna Citeriore (197 a.C.) - Spagna Ulteriore (197 a.C.) - Macedonia (148 a.C.) - Africa (146 a.C.) [LA CREAZIONE DELLE PROVINCIE] La creazione di una provincia è da considerare come atto non di annessione ma di guerra. In un lasso di tempo ragionevole il magistrato coadiuvato da una commissione 52 Queste avevano iniziato a migrare verso sud e, oltrepassato il Danubio, furono fermati dagli Scordisci vicino a Belgrado. Perciò virarono a ovest dove si scontrarono con i Taurisci del Norico (filoromani). Furono affrontati al di là delle Alpi dal console Cneo Papirio Carbone: i Romani vennero sconfitti a Noreia e i Cimbri e i Teutoni continuarono ad avanzare verso Occidente (110 a.C.) raggiungendo la Gallia e così minacciando la provincia narbonese. I tentativi di respingerli non andarono a buon fine e culminarono nella disfatta di Arausio (Orange). [MARIO ELETTO CONSOLE] Mentre a Roma cresceva la polemica verso l’incapacità dei generali di origine nobiliare e aumentava il timore che Cimbri e Teutoni potessero invadere l’Italia, Mario venne rieletto console nel 104 a.C. e gli fu affidato il comando della guerra. [RIORGANIZZAZIONE DELL’ESERCITO] Mario riorganizzò l’esercito: - Ogni legione era composta da 10 coorti di circa 600 uomini; - Riorganizzò ogni aspetto dell’attività militare: addestramento, equipaggiamento, armamento, insegne della legione; - Venne realizzata la Fossa Marianna, navigabile per un lungo tratto, che costituì il braccio orientale del Rodano fino a tutto il Medio Evo. [LA VITTORIA CONTRO TEUTONI E CIMBRI] I Teutoni avanzavano verso la Gallia meridionale, i Cimbri stavano per valicare i passi delle Alpi centrali. Mario affrontò prima i Teutoni nel 102 a.C., sterminandoli a Aix-en-Provence. L’anno dopo mosse contro i Cimbri che vennero annientati a Campi Raudii, presso Vercellae. La cittadinanza romana venne conferita sul campo da Caio Mario, a mille soldati Umbri da Camerino che avevano combattuto ai suoi ordini a Campi Raudii. 1.15 Eclissi politica di Mario, Saturnino e Glaucia [LUCIO APPULEIO SATURNINO] Mentre era impegnato sul fronte militare, Mario si era appoggiato a Lucio Appuleio Saturnino, nobile che era stato aiutato da Mario a venire eletto tribuno della plebe nel 103 a.C. - In cambio Saturnino aveva fatto approvare una distribuzione di terre in Africa ai veterani delle campagne di Mario. - Aveva poi proposto una legge frumentaria che riduceva il prezzo politico del grano fissato da Caio Gracco. - Approvò una lex de maiestate che puniva il reato di lesione dell’autorità del popolo romano, compiuto dai magistrati: il collegio giudicante era composto solo da cavalieri. [LA LEGGE AGRARIA DI SATURNINO] Nel 100 a.C. Mario venne eletto al suo sesto consolato, mentre Saturnino venne eletto tribuno della plebe per la seconda volta e Glaucia divenne pretore. Contando sull’appoggio di Mario, Saturnino presentò una legge agraria che prevedeva assegnazioni di terre nella Gallia meridionale e la fondazione di colonie in Sicilia, Acaia e Macedonia. Inoltre fece approvare una clausola che di fatto obbligava i senatori a giurare di osservare la legge. [LA FINE DI SATURNINO E GLAUCIA] Saturnino venne eletto tribuno anche l’anno successivo mentre Glaucia si candidò al consolato. Ma durante le votazioni ci furono tensioni ed un competitore di Glaucia fu assassinato. Il senato ne approfittò per proclamare il senatus consultum ultimum e Mario, console, si trovò nella situazione imbarazzante di doverlo applicare contro suoi alleati politici. Saturnino e Glaucia furono eliminati ma il prestigio di Mario ne uscì minato per sempre. 1.16 Pirati, schiavi, Cirenaica [PIRATERIA E BRIGANTAGGIO] L’installarsi di Roma in Anatolia aveva scoperchiato il problema della pirateria. Nell’Asia Minore meridionale si succedevano le due Cilicie: 55 - Cilicia Tracheia ad Occidente: brigantaggio interno e pirateria costiera - Cilicia Pedìas ad Oriente La pirateria in Tracheia minacciava pesantemente l’asse marittimo che dall’Egeo conduceva a Cipro e alla Siria-Fenicia. Sui mari i Rodii avevano svolto funzioni di contenimento mentre Seleucidi e Attalidi avevano controllato le zone interne. Tuttavia Rodi e l’Egitto usarono spesso i pirati in funzione antiseleucide. Roma se ne disinteressò, anzi, con la creazione di un porto franco a Delo incentivò le loro opere di razzia e commercio degli schiavi. [L’INTERVENTO ROMANO E LA LEX PIRATICA] Le scorrerie dei pirati minacciavano il commercio nell’Egeo orientale, perciò nel 102 a.C. si decise di intervenire inviando il pretore Marco Antonio con il compito di distruggere le principali basi anatoliche dei pirati e di impadronirsene. L’azione andò avanti due anni e vide anche la creazione della provincia costiera di Cilicia con la funzione di proteggere il commercio marittimo d’Asia. Inoltre nel 101 a.C. venne promulgata la lex de provinciis praetoris che prendeva misure antipiratiche. [LE NUOVE RIVOLTE SERVILI] Il grande impegno militare richiesto dalle guerre cimbriche indusse Mario a domandare contingenti di soldati agli alleati italici e a quelli d’oltremare. Tra essi Nicomede III di Bitinia declinò l’invito, sostenendo che una parte degli uomini del suo regno era stata presa dai pirati o ridotta in schiavitù per debiti contratti con i prestatori. A Roma si volle porre rimedio con un provvedimento che ordinava ai governatori provinciali di condurre inchieste rigorose in merito, decretando che nessun alleato di condizione libera potesse essere reso schiavo e ordinando che venisse restituita la libertà a chi l’avesse persa in questo modo. Ma la crescente opposizione degli schiavisti bloccò la legge. Ne scaturirono diverse rivolte servili come: ribellione degli schiavi delle miniere del Lauron in Attica (103 a.C.), il sommovimento siciliano. I comandanti mandati a domare la ribellione ottennero scarsi risultati. Alla fine, però, Manio Aquilio riuscì a domarla. [LA CIRENAICA] Nel 96 a.C. venne lasciata a Roma una parte cospicua del territorio tolemaico, la Cirenaica. Essa nel 74-75 a.C. venne trasformata in provincia. 1.17 Marco Livio Druso e la concessione della cittadinanza agli italici [OSTILITA’ E NUOVE REGOLE PER LA VOTAZIONE DELLE LEGGI] Il decennio dopo il 100 a.C. si aprì tra forti tensioni politiche e sociali che riguardavano anche le contese derivanti dalle guerre giugurtina e germanica. - Per porre ordine nelle procedure di presentazione delle leggi, un provvedimento del 98 a.C. rese obbligatorio un intervallo di tre nundinae (giorni di mercato a cadenza settimanale) tra l’affissione di una proposta di legge e la sua votazione. - Veniva vietata la formulazione di una lex satura, cioè di una disposizione che includesse più argomenti non connessi tra loro. [SENATORI VS CAVALIERI PER I REATI DI CONCUSSIONE] Intanto continuava il conflitto tra senatori e cavalieri per impadronirsi in esclusiva dei tribunali permanenti per i processi di concussione. Nel 95 a.C. una legge Licinia Mucia aveva istituito una commissione per verificare le richieste di cittadinanza romana che venivano avanzate e per espellere da Roma ogni residente italico o latino che fosse risultato illegalmente inserito nelle liste del censo. [L’ELEZIONE DI MARCO LIVIO DRUSO E LE SUE PROPOSTE DI RIFORMA] In questa atmosfera fu eletto tribuno della plebe (91 a.C.) Marco Livio Druso, figlio di Livio Druso (oppositore di Caio Gracco). Egli promulgò provvedimenti popolari come: 56 - Legge agraria per distribuire nuovi appezzamenti e dedurre nuove colonie - Legge frumentaria che abbassava ulteriormente il prezzo politico delle distribuzioni granarie Inoltre: - Restituì ai senatori i tribunali per le cause di concussione proponendo però l’ammissione dei cavalieri in senato che passava a 600 membri (prima erano 300) - Propose la concessione della cittadinanza romana agli alleati italici Ancora una volta l’opposizione fu enorme e fu trovato il modo di dichiarare nulle tutte le leggi. Quando però Druso venne assassinato, il sentimento di ribellione degli Italici aveva raggiunto un punto di non ritorno. 1.18 La guerra sociale [CAUSE DELLA GUERRA SOCIALE] - La differenza di status giuridico e sociale tra cittadini romani e Italici e Latini aveva perso via via significato man mano che l’Italia era penetrata in uno spazio mediterraneo che le conquiste e gli scambi commerciali avevano sempre più unificato, nel quale le aristocrazie sia romane sia italiche tendevano a perdere molte delle loro ancestrali particolarità. - Ed era ancora meno accettabile quando serviva per giustificare una disparità di trattamento in molti aspetti della vita civica. Infatti la condizione di cittadino romano era diventata sempre più vantaggiosa a discapito degli alleati Italici. - Delle distribuzioni agrarie e frumentarie beneficiavano solo i cittadini romani. Gli Italici ne erano esclusi e vedevano riassegnati ai romani, terreni a lungo utilizzati da loro. Gli italici non prendevano parte alle decisioni politiche, economiche e militari. [LA TESTIMONIANZA DI VELLEIO PATERCOLO] Patercolo ci parla delle recriminazioni degli Italici nella sua Storia di Roma. Egli si considera ben informato date le sue origini italiche. Infatti la sua famiglia aveva preso parte alla guerra sociale. [LO SCOPPIO DELLA GUERRA SOCIALE] L’assassinio di Druso fu per gli Italici il segnale che non vi era altra possibilità di difendere le proprie rivendicazioni che la rivolta armata contro Roma. I romani non capirono la situazione, anzi la acuirono approvando un provvedimento che perseguiva i capi della cospirazione italica. Le ostilità partirono da Ascoli dove i residenti romani e un pretore vennero massacrati. L’insurrezione si estese poi velocemente sul versante adriatico, nell’Appennino centrale e in quello meridionale. Apuli e Campani si aggiunsero dopo, mentre non aderirono Etruschi, Umbri, le città latine e quelle della Magna Grecia. La guerra fu lenta e sanguinosa. Gli insorti si erano nel frattempo dati istituzioni federali comuni, una capitale (Corfinium), nel Sannio e una monetazione propria. Ma non erano uniti: alcuni volevano la cittadinanza, altri solo la rivalsa contro Roma. [LA SPARTIZIONE DEI FRONTI DI GUERRA TRA I DUE CONSOLI] - SETTENTRIONE  il console Publio Rutilio Lupo aveva come propri legati Cneo Pompeo Strabone e Caio Mario VS Quinto Poppedio Silone a capo dell’intera federazione italica; - MERIDIONE  Il console Lucio Giulio Cesare aveva tra i suoi luogotenenti Lucio Cornelio Silla. [LA SOLUZIONE POLITICA] L’incerto andamento delle operazioni fece maturare a Roma una soluzione politica del conflitto (90 a.C.), con lo scopo di limitarne l’estensione. 57 [LA NUOVA MARCIA SU ROMA] Uno dei due consoli, Cinna, aveva riproposto di iscrivere gli italici nelle 35 tribù. Cacciato da Roma, si rifugiò in Campania insieme a Mario, di ritorno dall’Africa. Ci fu quindi una nuova marcia su Roma dove la città venne presa con la forza e Silla venne dichiarato nemico pubblico. Mario fu eletto console insieme a Cinna nell’86 a.C. Nel frattempo venne inviato un nuovo corpo di spedizione contro Mitridate in Oriente. [CINNA] Fu rieletto console fino all’84 a.C. e promosse un’ampia opera legislativa: - Fu risolta la questione della cittadinanza con l’ammissione dei neocittadini in tutte le 35 tribù - Venne ridotto di ¾ l’ammontare dei debiti - Fissato un nuovo rapporto tra la moneta di bronzo e quella d’argento Nell’84 a.C. alla notizia del ritorno di Silla, Cinna cercò di anticiparlo ma venne ucciso da una rivolta ordita dai suoi stessi soldati. 2.5 Conclusione della prima guerra mitridatica [LE DUE ARMATE ROMANE CONTRO MITRIDATE] Nell’86 a.C. due armate romane di fazioni opposte, una di Silla e una di Cinna, si trovarono in Grecia. Esse agirono di concerto ricacciando Mitridate in Asia mentre Flacco riprese la Macedonia e la Tracia fino al Bosforo. Poi passò in Asia dove i suoi soldati lo assassinarono sostituendogli al comando Fimbria. Quest’ultimo riprese Pergamo, da cui ricacciò Mitridate mentre Silla inviava Lucullo nelle zone alleate per radunare una flotta. [LA PACE DI DARDANO] Qui nell’85 a.C. venne stipulata la pace con condizioni miti: - Mitridate conservava il suo regno ma doveva evacuare il resto dell’Asia - “ doveva versare una forte indennità di guerra e consegnare la sua flotta - Nicomede IV recuperava il regno di Bitinia e Ariobarzane quello di Cappadocia [LA SECONDA GUERRA MITRIDATICA] La pace di Dardano non pose però fine alle ostilità in Anatolia, dove Murena – governatore d’Asia lasciato da Silla a capo dell’esercito – non cessò di effettuare escursioni in territorio pontico accusando Mitridate di voler muovere nuovamente guerra. Mitridate reagì sconfiggendo Murena e dilagando nuovamente in Cappadocia finché entrambi i contendenti non furono fermati da un intervento di Silla. Nel frattempo nell’83 a.C. la Siria era in preda ad una crisi dinastica e Tigrane ne stava per approfittare. 2.6 Le proscrizioni; Silla dittatore per la riforma dello Stato [SILLA SCONFIGGE MARIO IL GIOVANE A PRENESTE] A Brindisi Silla venne raggiunto da Cneo Pompeo. Silla ci mise due anni per trionfare sui suoi avversari. Nel primo anno si riprese l’Apulia, Campania e Piceno e l’anno dopo sconfisse Caio Mario il Giovane impadronendosi di Roma e grazie all’aiuto di Crasso distrusse le ultime resistenze avversarie nella battaglia di Porta Collina (82 a.C.).  La guerra civile aveva provocato 100.000 morti e la distruzione totale dei Sanniti e della loro cultura. [LE LISTE DI PROSCRIZIONE] Pe rendere definitiva la sua vittoria, Silla introdusse le liste di proscrizione, ovvero elenchi di avversari politici i cui nomi venivano notificati al pubblico: chiunque poteva ucciderli impunemente e i loro beni sarebbero stati confiscati e venduti all’asta. Ciò ebbe conseguenze importanti perché contribuì a modificare la composizione dell’aristocrazia romana. Le proscrizioni continuarono fino a tutto l’81 a.C. 60 [SILLA OTTIENE LA DITTATURA] Poiché entrambi i consoli dell’82 a.C. erano morti nel conflitto, il senato nominò un interrex – Lucio Valerio Flacco – il quale presentò ai comizi una proposta che nominava Silla dittatore con l’incarico di redigere leggi e organizzare lo Stato. Tale dittatura era a tempo illimitato. [LE RIFORME SILLANE] 1. Ogni proposta di legge avrebbe dovuto ottenere il consenso del senato prima di essere sottoposta al voto popolare 2. I comizi centuriati dovevano divenire la sola assemblea legislativa legittima 3. Il senato fu portato a 600 membri, la sua integrazione annuale venne sottratta ai censori e ogni anno ne entrarono a far parte 20 questori 4. I pretori diventarono 8 5. Le competenze dei tribunali permanenti furono divise: estorsione e concussione, alto tradimento, appropriazione di beni pubblici, broglio e corruzione elettorale, assassinio e avvelenamento, frode, lesioni alle persone 6. Silla rinnovò la legislazione suntuaria che limitava le spese per banchetti e funerali soprattutto per quelli dell’aristocrazia 7. Regolamentanti l’ordine di successione alle magistrature e le età minime per accedervi: questura (30 anni), edilità (36), pretura (39), consolato (42). Inoltre dall’anno successivo alla magistratura pretori e consoli accedevano in genere alle promagistrature, col titolo di propretori o proconsoli 8. Totalmente ridimensionati i poteri dei tribuni della plebe, limitato il loro diritto di veto e annullato quello di proporre leggi 9. Vennero soppresse le distribuzioni frumentarie 10. Il pomerium fu esteso lungo una linea virtuale tra Arno e Rubicone e nello stesso tempo venne creata la provincia della Gallia Cisalpina Compiuta la riorganizzazione Silla abdicò e si ritirò a vita privata. 2.7 Il tentativo di reazione antisillana di Marco Emilio Lepido [LA PROPOSTA DI RICHIAMO DEI PROSCRITTI] Nel 78 a.C. uno dei consoli, Marco Emilio Lepido, tentò di ridimensionare l’ordinamento sillano proponendo il richiamo dei proscritti in esilio, il ripristino delle distribuzioni frumentarie a prezzo politico. [LA RIVOLTA IN ETRURIA] L’opposizione ai suoi progetti scatenò una rivolta in Etruria dove le espropriazioni erano state più pesanti. Lepido fece causa comune contro i ribelli e marciò su Roma, reclamando un secondo consolato e la restaurazione dei poteri dei tribuni della plebe. Il senato utilizzò contro di lui il senatus consultum ultimum, ordinando di difendere lo Stato con qualsiasi mezzo. Poiché non si erano ancora tenute le elezioni consolari, venne conferito eccezionalmente a Pompeo l’imperium senza che egli avesse ancora rivestito alcuna magistratura superiore, in spregio alle norme sillane. Alla fine la rivolta venne stroncata e Lepido fuggì in Sardegna. 2.8 L’ultima resistenza mariana; Sertorio [QUINTO SERTORIO E IL SUO STATO MARIANO IN SPAGNA] Egli si era distinto contro i Cimbri e i Teutoni e nella guerra sociale. Nell’82 a.C., dopo le prime vittorie di Silla, era diventato governatore della Spagna Citeriore. Qui creò una sorta di stato mariano in esilio radunando altri esuli della sua fazione, Romani e Italici residenti in Spagna. Tutti i tentativi di abbatterlo si erano rivelati vani, anche grazie alla sua perfetta conoscenza del Paese la cui conformazione gli aveva permesso di mettere in atto una guerriglia contro il governatore sillano della Spagna Ulteriore. 61 Nel 77 a.C. si erano congiunte a Sertorio anche le truppe superstiti di Lepido al comando di Veientone. Questa consistente presenza di profughi gli consentì di istituire a Osca un senato di 300 membri e una scuola dove i capi delle tribù spagnole potevano inviare i loro figli perché vi fossero educati alla romana. Corsero a Roma voci di sue alleanze con i pirati e con Mitridate. [IMPERIUM STRAORDINARIO A POMPEO] A questo punto il senato ricorse nuovamente a Pompeo affidandogli, in deroga alle norme sillane, la Spagna Citeriore con attribuzione di imperium straordinario. Arrivato in Spagna nel 76 a.C. Pompeo si trovò in una posizione difficile, subendo da Sertorio alcune sconfitte tanto che fu costretto a scrivere al senato una lettera minacciosa sollecitando l’invio di rifornimenti e rinforzi. Tuttavia la popolarità di Sertorio stava rapidamente calando e furono orditi complotti contro di lui finché Peperna lo assassinò a tradimento nel 72 a.C. 2.9 La rivolta servile di Spartaco [LA RIVOLTA SERVILE PARTE DA CAPUA] Nel 73 a.C. scoppiò la terza grande rivolta di schiavi. Partita da Capua in una scuola per gladiatori, essi si asserragliarono sul Vesuvio. Là furono raggiunti da altri gladiatori e schiavi confluiti da ogni parte d’Italia. Se ne posero a capo tre gladiatori: Spartaco, Crisso e Enomao. La rivolta si estese rapidamente in tutto il sud Italia ma mancava tra i ribelli un piano unitario: Spartaco intendeva condurli al di là delle Alpi, ciascuno a raggiungere il proprio paese d’origine, mentre altri preferivano razziare e saccheggiare. [CRASSO E POMPEO STRONCANO LA RIVOLTA] Il senato decise di affidare un comando eccezionale e un esercito a Crasso, allora pretore. Quest’ultimo riuscì ad isolare Spartaco e i suoi in Calabria. Essi tentarono di passare in Sicilia per fomentare una nuova rivolta ma, traditi dai pirati, furono costretti a spezzare il blocco di Crasso che li sconfisse in Lucania. In migliaia furono fatti crocifiggere da Crasso sulla via Appia. 2.10 Il consolato di Pompeo e Crasso e lo smantellamento dell’ordinamento sillano (70 a.C.) [POMPEO E CRASSO CONSOLI] Pompeo presentò la propria candidatura al consolato nel 70 a.C. pur essendo al di sotto dell’età minima richiesta per accedervi. Anche Crasso si presentò ed entrambi furono eletti. [IL RIPRISTINO DEI POTERI DEL TRIBUNATO DELLA PLEBE] Con Crasso e Pompeo si smantellò l’ordinamento sillano: - Nel 75 a.C. era stato abolito il divieto a chi era stato tribuno della plebe di ricoprire cariche successive - Nel 73 a.C. venne fatta approvare una legge frumentaria che ripristinava il prezzo politico del grano - I poteri dei tribuni della plebe vennero completamente restaurati - Furono eletti, dopo 15 anni, i censori che epurarono il senato di 64 membri giudicati indegni e condussero il censimento - Il pretore Lucio Aurelio Cotta fece modificare la composizione delle giurie dei tribunali permanenti ripartendole in porzioni uguali tra senatori, cavalieri e tribuni aerarii 2.11 Pompeo in Oriente; operazioni contro i pirati; nuova guerra mitridatica [LA LOTTA ALLA PIRATERIA E LA CONQUISTA DI CRETA] Tra il 70 e l’80 a.C. in Oriente riemersero due minacce: i pirati e Mitridate. I Romani non erano riusciti ad estirpare la pirateria dai mari dell’Italia e avevano tollerato che essa continuasse ad Oriente. Le sue basi principali erano sparse lungo le coste dell’Asia Minore, di Creta e del litorale africano e attaccavano le lente navi commerciali depredandole dei 62 [CESARE IN SPAGNA ULTERIORE] Nello stesso anno Cesare aveva ricoperto la pretura e nel 61 a.C. era stato governatore della Spagna Ulteriore, dove aveva potuto recarsi anche grazie a Crasso. Qui aveva dato prova di notevoli capacità amministrative e aveva condotto alcune brillanti campagne verso Occidente che gli erano valse l’acclamazione ad imperator. [CESARE TORNA A ROMA] Nel 59 a.C. si candidò alle elezioni consolari vincendo ma ebbe come collega Marco Calpurnio Bibulo, genero di Catone, che lo ostacolò con ogni mezzo nell’esercizio della carica. Il senato poi si era preoccupato di prevenire un eventuale suo successo, decretando che a fine mandato i consoli del 59 a.C. avrebbero ottenuto l’incarico di amministrare i pascoli e le foreste statali in Italia. [IL PRIMO TRIUMVIRATO] Allora Pompeo, Crasso e Cesare si riavvicinarono, stringendo nel 60 a.C. un accordo di sostegno reciproco, il “primo triumvirato”. L’accordo era privato e segreto e la sua esistenza venne alla luce solo dopo, quando Cesare, eletto console per il 59 a.C., avrebbe goduto degli appoggi necessari per esercitare pienamente il suo mandato e varare una legge agraria che sistemasse i veterani di Pompeo; Crasso avrebbe ottenuto vantaggi per i cavalieri e le compagnie di appaltatori mentre Pompeo si sposò con la giovane figlia di Cesare, Giulia. 3.2 Caio Giulio Cesare console [IL CONSOLATO DI CESARE] L’accordo diede i suoi frutti durante il consolato di Cesare, mentre Bibulo venne messo a tacere. Cesare: - Fece votare due leggi agrarie che prevedevano una distribuzione ai veterani di Pompeo di tutto l’agro pubblico rimanente in Italia, tranne la Campania - Per i fondi necessari sarebbero stati utilizzati i bottini di guerra di Pompeo - In un secondo luogo venne incluso nelle assegnazioni anche l’agro campano - Infine, come chiese Crasso, fu ridotto di 1/3 il canone d’appalto delle imposte della provincia d’Asia [LA LEX IULIA DE REPETUNDIS] Questa legge fu approvata per i procedimenti di concussione, ampliando e migliorando la precedente legislazione sillana. Inoltre, un altro provvedimento prevedeva la pubblicazione dei verbali delle sedute senatorie e delle assemblee popolari. 3.3 Il tribunato di Publio Clodio Pulcro [PUBLIO CLODIO PULCRO] Cesare volle, con Pompeo e Crasso, lasciare una spina nel fianco a quanti in senato gli erano stati ostili. Essi appoggiarono la candidatura al tribunato della plebe di Publio Clodio Pulcro, un ex patrizio. Coinvolto in uno scandalo nel 62 a.C. (era stato scoperto travestito da donna nella casa di Cesare) e perciò senza speranze di poter proseguire la carriera politica riservata al suo rango, l’anno prima si era fatto adottare da una famiglia plebea per potersi presentare al tribunato della plebe. [I PROVVEDIMENTI DI CLODIO] Eletto tribuno, fece approvare una serie di leggi: 1. Ai censori era vietato procedere nei confronti di chiunque senza un giudizio formale che consentisse agli interessati di difendersi e senza che si fosse raggiunta una concorde sentenza di condanna da parte di entrambi i censori; 2. Nessun magistrato avrebbe più potuto interrompere le assemblee pubbliche adducendo l’osservazione di auspici sfavorevoli; 3. Vennero di nuovo legalizzati i collegia, che Clodio sfruttò per farne dei gruppi di pressione, poi delle bande armate organizzate al suo servizio; 4. Le distribuzioni frumentarie ai cittadini romani residenti a Roma dovevano divenire completamente gratuite; 5. Si comminava l’esilio a chiunque condannasse o avesse condannato a morte un cittadino romano senza concedergli di appellarsi al popolo. Cicerone era il bersaglio di questo provvedimento. 65 3.4 Cesare in Gallia [CESARE SCONFIGGE GLI ELVEZI] Quando Cesare arrivò nelle sue provincie era in atto nella Narbonese, una migrazione di Elvezi verso Occidente che minacciava le terre degli Edui e la stessa provincia romana. Cesare, quindi, attaccò e sconfisse gli Elvezi a Bibracte (capitale degli Edui) costringendoli a ritornare nelle loro sedi. Cominciava così la conquista cesariana della Gallia. [CESARE CONTRO GLI SVEVI] Nel frattempo un gruppo di Svevi era passato sulla sinistra del fiume, chiamato in aiuto dai Sequani, confinanti e rivali degli Edui. Battuti gli Edui, Ariovisto aveva lasciato che parte dei suoi uomini si stanziassero in una porzione del territorio dei Sequani. Su richiesta degli Edui, Roma era intervenuta e aveva indotto il capo germanico a ritirare le sue genti al di là del Reno. Come compenso era stato riconosciuto ad Ariovisto il titolo di re amico e alleato del popolo romano. Ma poiché le migrazioni verso l’Alsazia erano riprese, Cesare procedette verso la capitale dei Sequani e affrontò Ariovisto in battaglia sconfiggendolo e costringendolo a ripassare il Reno (58 a.C.). [I BELGI] La presenza romana nella Gallia centrale suscitò però a nord le reazioni delle tribù dei Belgi (che occupavano le regioni attorno a Senna e Mosella), allarmate dalla vicinanza delle legioni. Cesare riuscì ad impadronirsi delle loro piazzeforti, riducendo alla resa prima i cantoni meridionali poi le tribù settentrionali. Nel frattempo Publio Licinio Crasso, legato di Cesare, si spingeva verso la Normandia sottomettendola insieme alla Bretagna nel 57 a.C. [LA PACIFICAZIONE DELLA GALLIA] I successi di Cesare erano dovuti alla disunione delle tribù galliche ma anche grazie alla sua grande capacità di adattare la tattica al tipo di combattimento, nonché alla sua abitudine di condividere tutte le fatiche e i pericoli militari con i suoi soldati, cosa che lo rendeva molto popolare tra le truppe. Alla fine del 57 a.C. la Gallia poteva ritenersi pacificata anche se la metà del paese non era mai stata attraversata dalle armi romane. 3.5 Gli accordi di Lucca e la prosecuzione della conquista della Gallia [OPPOSIZIONE TRA CLODIO, POMPEO E ALTRI] Dopo il suo tribunato, Clodio era tornato privato cittadino ma non aveva smesso di utilizzare le sue bande come strumento di pressione. I suoi avversari incoraggiarono il ritorno di Cicerone e si intesero con il tribuno della plebe Milone che non si faceva scrupolo ad usare i suoi stessi metodi. Uno dei bersagli di Clodio divenne Pompeo che, preoccupato per i recenti successi di Cesare in Gallia, aveva appoggiato i fautori del richiamo. Nel 57 a.C. così Cicerone era potuto rientrare a Roma. Pompeo si trovò allora in una situazione di grave stallo politico. [LA CURA ANNONAE DI ROMA AFFIDATA A POMPEO] Pompeo accettò l’incarico affidatogli su proposta dei consoli e caldamente sostenuto da Cicerone, che gli conferiva poteri straordinaria della durata di 5 anni, per provvedere all’approvvigionamento della città. Infatti la popolazione di Roma era raddoppiata nell’ultimo mezzo secolo. Contro Cesare, d’altro canto, veniva chiesto che si revocasse la legge sull’agro campano, e uno dei candidati alle elezioni consolari per il 55 a.C. lasciò intendere che, se eletto, avrebbe proposto la revoca del proconsolato di Cesare in Gallia. [GLI ACCORDI DI LUCCA] Cesare, dopo aver incontrato Crasso a Ravenna, si riunì con lui e Pompeo a Lucca dove i 3 si accordarono: - Cesare avrebbe mantenuto il comando della Gallia per altri 5 anni con 10 legioni in più - Tutti e tre si sarebbero impegnati a far eleggere Pompeo e Crasso consoli per il 55 a.C. - Dopo il consolato Pompeo e Crasso avrebbero ricevuto per 5 anni le province, rispettivamente, di Spagna (tutte e due) e di Siria 66 [CESARE IN BRETAGNA] Tornato in Gallia, Cesare trovò la Bretagna in rivolta perciò fece subito costruire sulla Loira un’armata di piccoli e leggeri battelli ed ebbe la meglio sui poderosi vascelli avversari, permettendo così alle legioni di dominare sulla terraferma. [CESARE AL RENO] Sul fronte del Reno due tribù germaniche, Usipeti e Tencteri, avevano attraversato il fiume. Cesare li annientò alla confluenza tra la Mosella e il Reno. Nel 55 a.C. fu compiuta anche un’incursione esplorativa in Britannia. [IN BRITANNIA] Nel 54 a.C. ebbe luogo una vera e propria campagna militare contro un contingente di 5 legioni, che consentì di raggiungere il Tamigi e portò alla sottomissione di molte tribù della costa. Il 53 a.C. si concluse con un secondo passaggio del Reno. [LA RIVOLTA GALLICA DEL 52 a.C.] La grande crisi si verificò nel 52 a.C. nella Gallia centro-occidentale sotto la guida di Vercingetorige, re degli Arverni. Cominciata con lo sterminio di Romani e Italici residenti a Orléans, la sollevazione si estese in fretta in tutto il territorio compreso tra la Loira e la Garonna. Cesare, che si trovava nella Gallia Cisalpina, si precipitò in Arvernia dove pose l’assedio al centro fortificato di Gergovia. Tentò di espugnare la città ma fu respinto. [ALESIA] Cesare fece cingere dai suoi uomini la città con due poderose linee di fortificazione. Alla fine Vercingetorige si arrese e fu inviato prigioniero a Roma dove 6 anni dopo fu fatto sfilare dinanzi al carro trionfale di Cesare e poi decapitare ai piedi del Campidoglio. 3.6 Crasso e i Parti [LA LOTTA DI SUCCESSIONE PARTICA] Giunto in Siria nel 54 a.C. Crasso aveva cercato di inserirsi nella contesa dinastica in atto nel regno dei Parti. Alla morte del re Fraate III tra i due figli – Orode e Mitridate – si era scatenata una lotta per il trono. Divenuto re Orode II, Crasso aveva deciso di appoggiarne il fratello rivale e si era spinto in Mesopotamia con l’intento di riprendere il piano di Lucullo. [LA BATTAGLIA DI CARRE] Nel 53 a.C., accompagnato dal figlio Publio, si rimise in marcia verso le steppe della Mesopotamia. Venuti in contatto con i Parti, nei pressi della città di Carre, i Romani furono travolti dalla cavalleria corazzata partica (catafratti) e massacrati dalle frecce degli arcieri a cavallo che venivano riforniti in continuazione tramite un corpo speciale di 1000 cammelli arabi. Lo stesso figlio di Crasso morì in battaglia e questa fu una delle sconfitte più gravi subite da Roma. Mentre si ritirava, Crasso fu preso e ucciso: il triumvirato perdeva così uno dei suoi protagonisti. 3.7 Pompeo console unico; guerra civile tra Cesare e Pompeo [ALLONTANAMENTO DI POMPEO DA CESARE] Trascorso l’anno del loro consolato comune, Pompeo era rimasto nei dintorni di Roma. Nel 54 a.C. cominciarono a venir meno i vincoli politici e familiari che univano Pompeo a Cesare: nel 54 a.C. era morta di parto Giulia, moglie di Pompeo e figlia di Cesare. L’anno seguente era scomparso Crasso. Da questo momento Pompeo iniziò ad accostarsi gradualmente alla fazione ottimate più accesamente anticesariana. [ANARCHIA A ROMA] Violenza e caos dilagavano a Roma. Nel 53 a.C. non si era riusciti ad eleggere in tempo i consoli e fu proposto (senza successo) di nominare Pompeo dittatore. [POMPEO NOMINATO CONSOLE SENZA COLLEGA] Nel 52 a.C. l’anarchia giunse al colmo: si affrontarono sulla via Appia le bande di Clodio, che aspirava alla pretura, e quelle di Milone candidato al consolato. Clodio rimase ucciso. Per evitare la distruzione dell’ordine costituito, Pompeo venne nominato console senza collega e fece votare subito leggi repressive in materia di violenza e di broglio elettorale. 67 - Gli fu riconosciuta prima la facoltà di sedere tra i tribuni della plebe, poi assegnata la potestà tribunizia; - Gli fu attribuito il potere di fare trattati di pace o dichiarazioni di guerra senza consultare il senato e il popolo, di presiedere l’attribuzione delle magistrature e di designare i suoi candidati alle elezioni, di assegnare a propri legati le provincie pretorie; - Infine gli venne offerto il titolo di imperator a vita o di quello di padre della patria. [LE RIFORME] Già nel 49 a.C. erano stati concessi il perdono e il richiamo in patria a tutti gli esuli e i condannati politici. Vennero accordate facilitazioni ai debitori e il diritto di ottenere la cittadinanza romana venne esteso agli abitanti della Transpadana, abbracciando ormai tutta l’Italia fino alle Alpi. - Tra il 46 a il 44 a.C. il senato fu portato da 600 a 900 membri con l’immissione di un grande numero di seguaci di Cesare; - Fu aumentato da 20 a 40 il numero dei questori, da 4 a 6 quello degli edili, da 8 a 16 quello dei pretori; - Furono ulteriormente abbassate le qualifiche censitarie necessarie per l’ammissione all’ordine equestre; - Fu rivisto il sistema tributario provinciale; - Fu regolamentata la durata dei governatorati, limitandola ad un anno per i propretori e a due per i proconsoli; - Promulgata una legge suntuaria per porre fine agli sperperi di ricchezza; [PROGRAMMA DI COLONIZZAZIONE E ALTRE RIFORME] - Disciolte le associazioni popolari, riportati i collegia alle loro funzioni originarie di corporazioni religiose o di mestiere; - Confermate le distribuzioni gratuite di grano; - Per decongestionare Roma e l’Italia fu realizzato un vasto programma di colonizzazione e distribuzione di terre per i veterani di Cesare e per più di 80.000 tra i cittadini meno abbienti; - Venne avviata una ristrutturazione urbanistica ed edilizia, di lavori pubblici; - Per combattere la disoccupazione in Italia i proprietari vennero obbligati ad impiegare anche nei pascoli non meno di 1/3 di uomini liberi. [LA RIFORMA DEL CALENDARIO CIVILE] Compiuta da Cesare con l’assistenza dell’astronomo alessandrino Sosigene (46 a.C.) e promulgata quale pontefice massimo. Essa regola ancora oggi l’alternarsi di anni ordinari ed anni bisestili. Anche se la riforma ebbe regolare e corretta applicazione soltanto ad opera di Augusto nell’8 a.C., il primo anno bisestile in cui il nuovo calendario entrò in vigore fu il 45 a.C. Si rese anche necessario introdurre non meno di 80 giorni verso la fine del 46 a.C. anche mediante l’aggiunta di due mesi ulteriori tra novembre e dicembre, così il 46 a.C. finì per durare 445 giorni. 3.9 Le idi di marzo Nei primi mesi del 44 a.C. Cesare aveva preparato una grande campagna militare contro i Parti con l’intenzione di ristabilire l’egemonia romana in Asia, compromessa dal disastro di Crasso. A Roma, poi, venne messo in giro ad arte un oracolo secondo il quale il regno dei Parti avrebbe potuto essere sconfitto solo da un re, ciò che andò ad aumentare le voci sulle aspirazioni monarchiche di Cesare. Fu quindi ordita una congiura con l’intento di abbatterlo prima della sua partenza per l’impresa partica. Alle idi di marzo (15 marzo) del 44 a.C. egli cadde trafitto dai pugnali dei cospiratori della curia di Pompeo dove doveva presiedere una seduta del senato. 70 Cap. IV – Agonia della Repubblica 4.1 L’eredità di Cesare; La guerra di Modena [ANTONIO E LEPIDO] Abbattuto cesare, i cesaricidi non si erano preoccupati di eliminare anche i suoi principali collaboratori, in particolare Marco Emilio Lepido e Marco Antonio. Dopo un po’ questi ricominciarono ad organizzarsi e i cesaricidi, in compenso, dimostrarono la totale mancanza di un programma che andasse al di là dell’assassinio di Cesare e forse convinti che la sua eliminazione bastasse a riaprire tutti i giochi politici, i congiurati trovarono a Roma un’accoglienza così fredda che preferirono ritirarsi sul Campidoglio. [IL NUOVO ASSETTO POLITICO] Prevalse la linea di Antonio che, da una parte, non voleva cedere a Lepido un ruolo tanto rilevante e dall’altra voleva che fosse riconosciuta la legittimità degli ultimi provvedimenti di Cesare. Egli alla fine riuscì ad imporre una politica di compromesso che venne poi ratificata dal senato, convocato da Antonio il 17 marzo nel tempio della dea Tellus: - Amnistia per i congiurati - Convalida degli atti del defunto dittatore Cesare e consenso ai suoi funerali di Stato - Publio Cornelio Dolabella sarebbe stato console insieme ad Antonio - Fu stabilito che dopo il consolato, ad Antonio sarebbe toccata la Macedonia, dove si stavano concentrando le truppe per l’impresa partica, e a Dolabella la Siria - Fu abolita la dittatura dalle cariche dello Stato - Antonio approfittò del possesso delle carte private di Cesare per far passare tutta una serie di progetti di legge [L’EREDE DI CESARE: CAIO OTTAVIO] Alla lettura del testamento di Cesare si scoprì che il dittatore aveva nominato suo erede effettivo e suo figlio adottivo Caio Ottavio, suo pronipote. Il resto del patrimonio andava ad altri due parenti di Cesare. Al popolo di Roma venivano legati i giardini di Trastevere e ad ogni cittadino romano la somma di 300 sesterzi. Appena saputo del testamento Ottavio si diresse verso l’Italia insieme a pochi amici fidati, tra cui Agrippa, e sbarcato a Roma accompagnato da manifestazioni di simpatia da parte dei veterani del padre adottivo stanziati in Campania. Qui reclamò ufficialmente l’eredità, onorò i lasciti di denaro previsti dal testamento, ponendo come principale caposaldo del suo impegno politico la tutela e la celebrazione della memoria del padre adottivo e la vendetta ad ogni costo della sua uccisione. In tal modo una parte del senato cominciò a scorgere in lui un mezzo per arginare lo strapotere di Antonio. [LA GUERRA DI MODENA] Antonio, per poter controllare più da vicino l’Italia allo scadere del suo consolato, si era fatto assegnare dai comizi al posto della Macedonia le due provincie della Gallia Cisalpina e della Gallia Comata per 5 anni, conservando anche il diritto di trasferire in Gallia le legioni macedoni. Bruto e Cassio avevano deciso di lasciare l’Italia e di dirigersi verso la Macedonia e la Siria. Quando Antonio mosse verso la Cisalpina, il governatore originariamente designato rifiutò di cedergliela e si richiuse a Modena, assediato da Antonio che diede avvio alla cosiddetta “guerra di Modena”. Mentre Cicerone attaccava pubblicamente Antonio, il senato ordinò ai due consoli del 43 a.C. di muovere in soccorso di Albino. Ad essi venne associato con un imperium propretorio anche Ottavio, che aveva reclutato un’armata privata in Campania e a cui erano passate due delle legioni che Antonio aveva fatto venire dalla Macedonia. Vicino a Modena Antonio fu battuto e costretto a ritirarsi verso la Narbonese dove contava di unire le sue forze a quelle di Lepido. 4.2 Il triumvirato costituente (secondo triumvirato); Le proscrizioni; Filippi 71 [OTTAVIO DIVENTA CONSOLE] Poiché entrambi i consoli erano scomparsi, Ottavio chiese al senato il consolato per sé e le ricompense per i suoi soldati. Al rifiuto, marciò su Roma. Nel 43 a.C. venne eletto console, in spregio ad ogni regola, insieme al cugino e coerede. I due fecero revocare tutte le misure di amnistia e istituirono un tribunale speciale per perseguire gli assassini di Cesare. In Gallia Antonio si era congiunto a Lepido, attirando dalla propria parte altri governatori della Gallia e della Spagna. Albino, isolato e abbandonato dai suoi soldati, fu ucciso mentre cercava di passare le Alpi orientali per congiungersi agli altri cesaricidi. [LEX TITIA: IL TRIUMVIRATO TRA OTTAVIANO, ANTONIO E LEPIDO] Annullato il provvedimento senatorio che aveva dichiarato Antonio nemico pubblico, nel 43 a.C. Ottaviano, Antonio e Lepido si incontrarono nei pressi di Bologna dove stipularono un accordo poi fatto sancire da una legge votata dai comizi tributi ( lex Titia): - Veniva istituito un triumvirato rei publicae constituendae che diveniva una magistratura ordinaria per 5 anni: conferiva il diritto di convocare il senato e il popolo, di promulgare editti e di designare candidati alle magistrature; - Antonio avrebbe conservato il governatorato della Gallia Cisalpina e della Gallia Comata; - Lepido avrebbe la Gallia Narbonese e le due Spagne; - Ad Ottaviano andavano la Sicilia, la Sardegna, l’Africa e la Corsica. Sicilia e Sardegna erano minacciate da Sesto Pompeo, il figlio di Pompeo sopravvissuto alla guerra civile in Spagna, a cui il senato aveva conferito il comando delle forze navali. [LE LISTE DI PROSCRIZIONE] Vennero resuscitate le liste di proscrizione con i nomi degli assassini di Cesare e dei nemici dei triumviri. Centinaia di senatori e cavalieri furono uccisi e i loro beni confiscati; una delle vittime più note fu Cicerone. La battaglia di Filippi  rimesse in sesto le loro finanze, i triumviri rivolsero le armi verso Oriente, dove i cesaricidi Bruto e Cassio si erano costituiti una solida base di potere, procacciandosi molto denaro e raccogliendo un consistente esercito. Ma nel 42 a.C. si provvide alla divinizzazione di Cesare e all’istituzione del suo culto: ne beneficiò soprattutto Ottaviano che divenne Divi filius (figlio di un dio). Antonio e Ottaviano partirono per la Grecia. Lo scontro decisivo avvenne a Filippi (Macedonia). Cassio, battuto da Antonio, si suicidò e Bruto fece la sua stessa fine. [LA NUOVA ARISTOCRAZIA] Le proscrizioni, le guerre intestine e Filippi avevano decimato l’opposizione senatoria conservatrice. Il loro posto fu preso da una nuova aristocrazia, composta da membri delle classi dirigenti municipali italiche e da persone di fiducia dei triumviri. Ci fu così un mutamento radicale nella composizione e nelle mentalità delle élite di governo, più inclini a rapporti di dipendenza politica e personale, premessa essenziale per l’evoluzione verso il regime imperiale che si sarebbe attuata successivamente. 4.3 Consolidamento di Ottaviano in Occidente; la guerra di Perugia; Sesto Pompeo; gli accordi di Brindisi, di Miseno e di Taranto; Nauloco [LA DIVISIONE DEL POTERE TRA ANTONIO, LEPIDO E OTTAVIANO] Dallo scontro con i cesaricidi usciva rafforzato il prestigio militare di Antonio che trattò con gli altri triumviri da una posizione di forza. ANTONIO: comando su tutto l’Oriente, da cui intendeva intraprendere la conquista del regno partico continuando l’opera di Cesare. LEPIDO: fu assegnata l’Africa. 72 [LA GUERRA CONTRO CLEOPATRA E ANTONIO] Ottaviano ottenne che Antonio venisse privato di tutti i suoi poteri, anche del consolato del 31 a.C. Si presentò dunque come il difensore di Roma e dell’Italia contro una regina avida e infida, capace di corrompere e snaturare l’animo di un grande e valoroso generale romano fino a portarlo ad agire contro l’interesse della sua stessa patria. Fu così in grado di intraprendere una sorta di guerra santa dell’Occidente contro l’Oriente. La dichiarazione di guerra però venne formalizzata contro la sola Cleopatra. La battaglia di Azio  lo scontro determinante fu nel Mar Ionio dinanzi ad Azio e venne vinta da Agrippa per conto di Ottaviano. [L’EGITTO PROVINCIA ROMANA] Antonio e Cleopatra si suicidarono e l’Egitto fu dichiarato provincia romana. Nel frattempo anche Tolemeo Cesare era stato eliminato come anche Antillo, figlio maggiore di Antonio e Fulvia. I figli di Antonio e Cleopatra vennero invece risparmiati, portati a Roma e allevati da Ottavia. PARTE QUARTA – L’IMPERO DA AUGUSTO ALLA CRISI DEL III SECOLO Cap. I – Augusto 1.1 Impero romano e Impero dei Cesari: Azio e la cesura tra storia repubblicana e storia del Principato Con il 31 a.C. si suole far iniziare il Principato, ovvero il regime istituzionale incentrato sulla figura di un reggitore unico, il princeps. Tuttavia, com’è stato sottolineato, la storia dell’impero romano è cronologicamente molto più ampia e comporta l’intero studio dell’espansione del dominio dell’Urbe, già a partire dall’età repubblicana. [LA POSIZIONE DI OTTAVIANO] Nel 31 a.C. grazie alla vittoria di Azio su Antonio e Cleopatra, Ottaviano diventò padrone assoluto dello Stato romano. Tuttavia l’insistenza e la violenza della polemica contro le attitudini monarchiche di Antonio e della regina d’Egitto impedivano una deriva analoga. L’opposizione stessa non era stata del tutto sconfitta. [I PROBLEMI DEL NUOVO GOVERNO] La vittoria di Azio non aveva risolto i problemi di Ottaviano: - Nel 32 a.C. si erano schierati con Antonio più di 300 senatori; - Molte truppe erano confluite nei ranghi di quelle di Antonio; - Agrippa dovette essere rimandato a Roma, con pieni poteri, per affiancare Mecenate nel compito che gli era stato demandato di far fronte alle questioni che potessero sorgere nell’Urbe e in Italia; - Era stato scoperto e represso da Mecenate un movimento insurrezionale di cui faceva parte Marco Emilio Lepido che fu ucciso per la sua opposizione; - Per sedare i tumulti militari dovuti a ritardi nella distribuzione delle terre promesse Ottaviano aveva dovuto indebitare molto se stesso e i suoi più fedeli sostenitori, mentre continuava a suscitare malumore la repressione contro i maggiorenti che avevano preso le parti di Antonio. Ancora nel 29 a.C. Ottaviano rilevava in molti dei senatori un atteggiamento a lui ostile per cui girava armato e talvolta li faceva perquisire.  La conclusione delle guerre civili lasciava aperta la questione della veste legale da dare al potere personale del vincitore. L’ipotesi di un regime palesemente monarchico era forse stata progettata da Cesare, ma il suo assassinio in senato aveva decretato il fallimento di questo disegno. [IL PROGRESSIVO FORMARSI DELL’IMPERO] Le soluzioni adottate via via da Ottaviano furono complessivamente restauratrici nella forma e finirono per segnare una cesura fondamentale nella storia romana. Con l’approfondirsi dell’analisi storica è apparso evidente che le forme che scaturirono dalla 75 duratura presenza del primo imperatore sulla scena politica siano state frutto di continui ripensamenti e aggiustamenti seppur connessi ad una logica di fondo.  Ciò che noi chiamiamo “impero” non è stato fondato e concepito in un unico momento, ma si è definito e consolidato per tappe: - Vi trovò compimento un processo di personalizzazione della politica; - Il problema di una nuova sistemazione dei rapporti tra Roma, l’Italia e il Mediterraneo aveva costantemente segnato l’ultimo secolo della Repubblica e spesso l’amministrazione dei territori conquistati aveva costituito la principale fonte di risorse per finanziare la carriera politica dei magistrati del ceto dirigente; - La razionalizzazione dell’amministrazione attuata da Augusto e dai suoi successori, l’integrazione nel senato delle élite delle diverse regioni dell’Impero e il ruolo politico e sociale degli eserciti dislocati nelle province, fanno si che la storia romana, da Augusto, sia diventata sempre più la storia dell’impero. 1.2 Il triennio 30-27 a.C. Questi anni furono dedicati all’impostazione del progetto ottavianeo. [INTERPRETAZIONE DEGLI STORICI] Cassio Dione  scrive nel II sec. a.C. e propone una lettura ricorrendo all’artificio di porre in bocca ad Agrippa e Mecenate due lunghi discorsi sulla formula di governo da adottare (Libro LII). In essi Agrippa pone in evidenza le insidie della monarchia e i vantaggi di un ripristino della democrazia e dei valori di libertà. Mecenate, al contrario, si sarebbe fatto consigliere di una forma monarchica. Prevalse, secondo Dione, quest’ultima posizione. Tacito  (inizio II sec. d.C.) nel delineare un bilancio delle modalità di ascesa al potere di Ottaviano Augusto, insiste sull’importanza rappresentata in successione dal consolato e dalla tribunicia potestas. Velleio Patercolo  scrive all’inizio dell’età tiberiana e insiste sul ripristino degli ordinamenti aviti, dilaniati dai conflitti intestini. Le Res Gestae  o anche Le imprese del divino Augusto, ultimate da Augusto qualche mese prima di morire quale autorappresentazione del suo operato e fatte affiggere in copia in varie città dell’impero. [CAIO CORNELIO GALLO E LA PROVINCIA D’EGITTO] Il primo atto compiuto da Ottaviano nel 30 a.C. fu quello di nominare Gallo governatore di rango equestre della neocostituita provincia d’Egitto, col titolo di prefetto e con poteri assimilabili a quelli dei proconsoli. Per garantirsi un controllo esclusivo sul paese ai senatori e ai cavalieri di più alto rango venne interdetto l’ingresso nella regione senza esplicita autorizzazione del princeps (= Cesare). [LIMITAZIONI ALLA LIBERTA’ DI SPOSTAMENTO DEI SENATORI] Nel 29 a.C. ai senatori venne proibito di uscire dall’Italia senza permesso. [LA RIDUZIONE DELL’ESERCITO] Motivo di grande imbarazzo restava sempre l’esercito che era arrivato a 70 legioni. Un simile numero non era necessario per le esigenze dell’impero, era troppo costoso da mantenere e rischiava di costituire una seria minaccia di instabilità. Ottaviano, perciò, lo ridusse a 26 legioni. Il resto fu dissolto o disperso in Italia e nelle province. [I CONSOLATI CONSECUTIVI] Dal 31 al 23 a.C. Ottaviano Augusto venne ininterrottamente eletto console e condividendo sempre la carica con membri fidati della sua fazione. Si trovò quindi a ricoprire per molti anni la più alta carica dello Stato in quanto ad imperium. 76 L’intervento di Silla aveva avuto il semplice scopo di aumentare il numero degli eleggibili a cariche che andavano via via moltiplicandosi, senza alcuna ripercussione sui poteri delle magistrature esistenti e tradizionali. I consolati del 31 e del 30 a.C. videro: Nel 31 Marco Antonio e Ottaviano Nel 30 Ottaviano e Marco Licinio Crasso [LE SPOGLIE NEGATE A CRASSO] Tuttavia si presentò ben presto un problema di convivenza istituzionale. Marco Licinio Crasso, nipote dell’omonimo triumviro, si era distinto come proconsole di Macedonia nel 29 e nel 28 a.C. vincendo le popolazioni che minacciavano i confini nord-orientali della provincia. Per questa campagna egli rivendicava non solo il trionfo, ma anche il diritto di deporre la spolia opima nel tempio di Giove Feretrio a Roma. Il prestigio militare di Ottaviano ne sarebbe stato certamente scalfito. Dopo questo episodio non si sa più niente di lui. [IL 29 a.C. E I TRIONFI] In questo anno, mentre era sempre assente dall’Italia, Ottaviano fu eletto console per la quinta volta insieme a Sesto Appuleio. Le donazioni antoniane furono abrogate mentre buona parte dei titoli detenuti dagli altri maggiori principi vassalli vennero invece confermati. Quattro re ebbero così il controllo di reami che contribuivano a presidiare le frontiere orientali: - Polemone nel Ponto - Aminta in Galazia - Archelao in Cappadocia - Erode in Giudea Le province romane in Asia restavano ridotte a tre: Asia, Bitinia-Ponto, Siria. La presenza di Ottaviano a Roma durante la bella stagione fu coronata dalla celebrazione di tre trionfi: campagne dalmatiche del 33-35 a.C., vittoria di Azio del 31 a.C. e vittoria sull’Egitto del 30 a.C. [IL 28 a.C.] In questi anni il consolato fu interamente condiviso con il fedele Agrippa, con una identica ripartizione tra loro dei fasci consolari, che prima Ottaviano aveva detenuto in maniera esclusiva per tutto l’anno e a scapito dei colleghi. Nello stesso anno Ottaviano ed Agrippa, come consoli con anche poteri censori, procedettero alla lectio senatus (190 senatori vennero indotti a dimettersi, per la maggior parte antoniani, e ne furono cooptati di nuovi) che fu epurato dai membri ritenuti indegni, e indissero un censimento. Ottaviano fu fatto princeps senatus e fu emessa la moneta aurea. 1.3 Il rapporto tra organismi repubblicani e potere del principe: la translatio dello Stato al volere decisionale del senato e del popolo romano nel 27 a.C. [IL GOVERNO DELLE PROVINCE PACIFICATE E NON] All’inizio dell’anno Ottaviano entrò nel suo settimo consolato, avendo sempre come collega Agrippa ed in una famosa seduta del senato rinunciò formalmente a tutti i suoi poteri straordinari, accettando solo un comando decennale sulle province non pacificate e sulle rispettive guarnigioni legionarie: Gallie, Siria, Cilicia, Cipro ed Egitto. Alla sua competenza furono assegnati anche i regni clienti, i principati e le tetrarchie. Fu ridato al popolo il potere decisionale sul governo delle pacificate nelle quali si doveva tornare al sistema tradizionale di assegnazione tramite sorteggio: l’Africa, l’Asia, l’Acaia con l’Epiro, la Macedonia, l’Illirico, la Sicilia, la Sardegna e la Corsica, Creta e la Cirenaica, la Bitinia con la Betica. [IL DOMINIO DI OTTAVIANO SULLE LEGIONI] Tale ripartizione dava ad Ottaviano competenza sulla maggior parte delle forze legionarie disponibili e tendeva ad evitare che altri generali potessero conquistare gloria e seguito militare riportando vittorie su fronti importanti. [L’APPELLATIVO E I FONDAMENTI DEL POTERE AUGUSTEO] Qualche giorno dopo il senato lo proclamò “Augusto” per proiettarlo in una dimensione sacrale. Si aggiunsero la concessione della corona civica fatta 77 [RECUPERO DELLE INSEGNE DI CRASSO] Tra il 22 e il 19 a.C. Augusto si portò sul confine orientale, dove era necessario sistemare la questione partica e armena. Attraverso una trattativa diplomatica riuscì a recuperare le insegne delle legioni di Crasso e Marco Antonio. Gli emblemi recuperati furono trasferiti a Roma nel tempio di Marte Ultore. Intanto Agrippa, tornato a Roma, sposava la figlia di Augusto, Giulia, vedova di Marcello. [ADOZIONE DEI FIGLI DI AGRIPPA] Nel 18 a.C. scadevano il mandato di 10 anni sulle province non pacificate attribuite ad Augusto nel 27 a.C. e quello concesso ad Agrippa nel 23 a.C. Entrambi si videro rinnovare per altri 5 anni l’imperium proconsolare. Agrippa ricevette anche la tribunicia potestas, avvicinandosi sempre più alla posizione del princeps. Inoltre, aveva avuto nel 20 a.C. un figlio da Giulia, Lucio Cesare e nel 18 a.C. un secondo, Caio. Nel 17 a.C. Augusto li adottò entrambi, facendone i suoi successori designati. [AUGUSTO DIVENTA PONTEFICE MASSIMO] Dopo questo momento non vi furono più variazioni nei poteri di Augusto, ma nel 12 a.C. alla morì Lepido che aveva, tra le altre cose, rivestito la carica di pontefice massimo. Fu allora che ad Augusto fu conferita anche questa carica che lo poneva alla guida della vita religiosa romana. Inoltre gli fu conferito il titolo di pater patriae che il senato, i cavalieri e il popolo gli attribuirono nel 2 a.C. 1.7 I ceti dirigenti (senatori ed equites) [I POTERI TRADIZIONALI E QUELLI DEL PRINCEPS] Imperium proconsolare e potere tribunizio crearono, a fianco dell’ordinamento repubblicano, un potere personale. Sia nell’iniziativa politica a Roma, sia nel governo dell’Impero si ebbe una duplice sfera di competenza: - Tradizionale repubblicana - Specifica del princeps [LA TRASFORMAZIONE DEL SENATO] Il senato negli ultimi anni della Repubblica aveva visto una profonda trasformazione nella sua composizione, con un notevole aumento dei suoi membri (da 600 a più di 1000). Augusto agì attraverso diversi provvedimenti che miravano a ripristinare dignità e prestigio dell’assemblea senatoria, favorendo l’accesso delle élite provinciali più romanizzate (es. Gallia meridionale e Spagna). Queste misure vennero prese da Augusto ricorrendo prima alla potestà censoria e poi alla lectio senatus, la quale gli permetteva di espellere dal senato coloro che avesse ritenuto indegni. Nel 18 a.C. riportò il numero dei senatori a 600 come sotto Silla. Cursus honorum senatorio in età imperiale  in età imperiale la successione delle cariche pubbliche riservate al massimo ordine dello Stato, si sviluppa secondo le seguenti tappe: 1. VIGINTIVIRATO (denominazione collettiva di diversi collegi magistratuali): DECEMVIRO PER IL GIUDIZIO DELLE CONTROVERSIE : magistrato che doveva giudicare le cause civili dei cittadini; TRIUMVIRO PER LA PENA CAPITALE : ausiliare del magistrato che amministrava la giustizia, incaricato della pena capitale; TRIUMVIRO MONETALE : magistrato responsabile della coniazione della moneta in bronzo senatoria; QUATTUORVIRO PER LA CURA DELLE VIE : sotto la supervisione degli edili, aveva funzione di sovrintendenza sulle vie di Roma. 2. Un anno di servizio militare come TRIBUNO MILITARE, due tipi di tribuni: SENATORIO : aveva una toga con una banda purpurea larga EQUESTRE : aveva una toga con una banda stretta 3. QUESTORE, diversi tipi: urbano, provinciale, principis, consulis 80 4. TRIBUNO DELLA PLEBE/EDILE  le due magistrature erano considerate sullo stesso piano. L’edile poteva essere plebeo o patrizio. 5. PRETORE, diversi tipi: urbano, peregrino, erariale (sovrintendeva la cassa statale). Gli ex pretori erano chiamati a rivestire alcune funzioni proprie del loro rango ed erano scelti una volta all’anno. Tra le funzioni di rango pretorio ricordiamo: comandante in capo della legione, governatore di una delle province minori, governatore di una delle province del popolo romano di minore importanza. 6. CONSOLE, in età imperiale potevano essere: - Ordinari : magistrati che entravano in carica il 1 gennaio e avevano funzione eponima - Suffetti : consoli che entravano in carica durante l’anno, sostituendo i consoli ordinari Anche gli ex consoli dovevano rivestire funzioni proprie del loro rango, come: curatore delle opere pubbliche, governatore di una delle più importanti province imperiali, proconsole (governatore di Africa o Asia), prefetto dell’Urbe. CENSORE  in età imperiale la censura viene rivestita solo dagli imperatori. La carica scompare con Domiziano. N.B. L’ordine cronologico del cursus honorum non è mai rispettato nella menzione delle funzioni sacerdotali, le quali erano detenute da senatori in età imperiale. Esse sono: AUGURE, FLAMINIO, FRATER ARVALIS E PONTEFICE MASSIMO. [DISTINZIONE DI CENSO TRA SENATORI E CAVALIERI] Durante la Repubblica chi aveva un censo pari a 400.000 sesterzi e rispondeva ad alcune caratteristiche (libero) apparteneva al ceto equestre. I senatori si distinguevano dagli equites solo per aver intrapreso una carriera politica (senato) e lo mostravano portando il laticlavio (striscia porpora sulla toga). Siccome si abusava di quest’ultimo, Augusto proibì l’uso del laticlavio ai figli dei cavalieri, mentre lo consentì ai figli dei senatori. Inoltre, innalzò il censo minimo per entrare in senato ad un milione di sesterzi. L’adlectio  In alcuni casi Augusto poteva concedere il diritto di entrare in senato a chi non apparteneva ad una famiglia senatoria. Poteva direttamente cooptare le persone inserendole in senato tra le file di chi aveva rivestito una certa magistratura attraverso la procedura dell’adlectio. [CREAZIONE DELL’ORDO SENATORIUS] In questo modo Augusto realizzò una distinzione netta tra ordo equester e senatus, creando un vero e proprio ordo senatorius, non vincolato alla partecipazione effettiva al senato, ma formato dalle famiglie senatorie. D’altra parte anche l’appartenenza all’ordo equester fu codificata attraverso principi generali e senatoconsulti. Si definirono così in modo rigoroso i due raggruppamenti da cui veniva reclutata la classe dirigente dello Stato romano, gli amministratori militari e civili e gli ufficiali dell’esercito. I senatori detenevano tutte le più importanti magistrature a Roma e le maggiori posizioni di comando civile e militare in provincia ma poiché il loro numero era insufficiente, vennero impiegati anche dei membri dell’ordine equestre. La carriera equestre in età imperiale  Una carriera equestre nei primi due secoli dell’Impero si svolgeva attraverso le seguenti tappe: COMANDI MILITARI, in genere tre: - Comando di un reparto della fanteria ausiliaria - Comando di un reparto legionario 81 - Comando di un reparto della cavalleria ausiliaria LE PROCURATELE FINANZIARIE, con l’amministrazione dei grandi uffici finanziari centrali. LE PROCURATELE-GOVERNATORATI di alcune province. Questi due tipi di procuratele non venivano ricoperte secondo un ordine prefissato. Dall’età degli Antonini le procuratele possono piuttosto essere classificate in base alla loro retribuzione annua, indipendentemente dal carattere specifico dell’incarico. Talvolta il comando di una delle due flotte imperiali di Miseno e di Classe, in qualità di PRAEFECTUS CLASSIS. LE GRANDI PREFETTURE, in particolare: - Prefetto d’Egitto (vertice della carriera equestre) - Prefetto del pretorio (comando della guardia pretoriana, nonché cavaliere più importante dell’Impero) - Prefetto dell’annona - Prefetto vigilum (comandante delle squadre di vigiles addetti alla vigilanza notturna e allo spegnimento degli incendi) 1.8 Roma, l’Italia e le province Roma contava già circa un milione di abitanti, con un assetto urbano caotico. L’azione di Augusto si può valutare su due piani: monumentale, razionalizzazione dei servizi. Livia, la moglie di Augusto, divenne sacerdotessa del focolare di Vesta. Sempre accanto alla sua casa sul Palatino fece costruire anche un tempio ad Apollo, la sua divinità tutelare. Ma egli concentrò la sua attività edilizia soprattutto nel Foro romano, dove completò i programmi edilizi di Cesare. [IL PIANO MONUMENTALE RIGUARDANTE ROMA] Nel Foro repubblicano Augusto fece costruire un tempio per Cesare divinizzato, di fronte una tribuna per gli oratori, ornata con i rostri delle navi battute ad Azio, e accanto da un lato l’arco partico, su cui erano raffigurate le insegne di Crasso e Antonio. - Nell’arco partico furono esposte le lastre sia dei Fasti Consolari sia dei Fasti Trionfali - Restaurò la sede del senato ed eresse una basilica in nome di Caio e Lucio Cesari, i figli di Agrippa e Giulia, e il suo Mausoleo - Davanti al Mausoleo furono incise su pilastri di bronzo le Res Gestae - Ara pacis [IL RESTAURO DEGLI EDIFICI PUBBLICI] Durante il principato di Augusto, soprattutto grazie ad Agrippa, furono costruiti e restaurati molti edifici pubblici e ci si preoccupò dell’organizzazione di servizi importanti per l’approvvigionamento alimentare e idrico e per la protezione dagli incendi e dalle inondazioni. L’Urbe fu ripartita in 14 regiones (circoscrizioni), a loro volta suddivise in vici (quartieri) che servirono anche ad articolare e organizzare il sistema di gestione della città. Più vici riuniti insieme eleggevano i propri magistri. [ISTITUZIONE DELLA CARICA DI PRAEFECTUS ANNONAE] La carestia che colpì Roma nel 22 a.C. indusse Augusto ad assumere la cura annonae, e con i propri mezzi finanziari riuscì a fronteggiare l’emergenza. Nell’8 d.C., dopo un’altra crisi, Augusto istituì un servizio stabile che doveva provvedere al rifornimento granario dalle province, con a capo un prefetto di ordine equestre, il praefectus annonae. Alla morte di Agrippa la cura dell’approvvigionamento idrico, il mantenimento degli edifici pubblici e sacri, la cura delle strade e delle rive del Tevere passò ai colleghi senatori. Per la prevenzione degli incendi 82 [ARCO ALPINO OCCIDENTALE E FONDAZIONE DI AUGUSTA PRAETORIA] Fronte di scontri prolungati e sanguinosi. I luoghi erano difficili da difendere e le comunicazioni verso la Narbonese e le Gallie erano precarie. - Nell’area alpina occidentale, le operazioni si protrassero dal 25 al 9 a.C. - Nel 25 a.C. furono sottomessi i Salassi della Val d’Aosta e fu fondata la colonia di Augusta Praetoria, l’attuale Aosta - A meridione il re Cozio mantenne il proprio regno ricevendo il titolo di prefetto [L. CORNELIO BALBO TRIONFA IN AFRICA] Nel 21-20 a.C. Balbo, un proconsole originario di Cadice, estese il controllo romano nell’Africa meridionale e sud-occidentale contro le tribù dei Garamanti. Inoltre nel 25 a.C. la Mauritania era stata attribuita col titolo di re a Giuba II che aveva sposato Cleopatra Selene, figlia di Antonio e Cleopatra. [LEGIONI IN GALLIA E NEL RENO] Si trattava di un vasto progetto che coinvolgeva l’intera catena alpina nord-orientale con due direttrici di espansione, verso nord e verso est. Uno degli obiettivi era il controllo del corso superiore del fiume sino alla sua foce e del territorio compreso tra il Reno e l’Elba. [CONQUISTA DELLE ALPI SETTENTRIONALI] Fu molto più rapida di quella delle Alpi occidentali. Dopo la sottomissione delle valli da Como al Lago di Garda e dell’Alto Adige (Val Camonica, Val Trompia e Valtellina), nel 16-15 a.C. l’avanzata verso il Danubio fu affidata da Augusto ai suoi due figliastri Tiberio e Druso. Il primo sconfisse i Vindelici presso il lago di Costanza. Druso conquistò la Rezia, la Vindelica e il Norico. [PANNONIA E MESIA] Nel 13 a.C. Agrippa aveva avuto il comando dell’Illirico. Morto lui, l’anno successivo fu sostituito da Tiberio. Tra il 14 e il 9 a.C. fu occupata la Pannonia e la successiva acquisizione della Mesia segnò il definitivo consolidamento della frontiera danubiana. [IL FALLIMENTO DELLE CAMPAGNE MILITARI IN GERMANIA] Sul fronte renano la direzione delle operazioni era rimasta in mano al solo Druso, il quale morì di ritorno da una campagna militare nei pressi del fiume Elba. Il suo posto venne preso da Tiberio, il quale ritornò sul fronte germanico solo nel 4 d.C. Rimanevano da sottomettere i Marcomanni, diventati una forte potenza in Boemia sotto la guida del loro re Maroboduo. Con quest’ultimo si raggiunse un accordo che gli valse il riconoscimento di re socio ed amico del popolo romano. Nel 9 d.C. Varo, ex governatore della Siria che aveva ottenuto nel 7 d.C. il mandato di legato di Augusto sulla Germania, suscitò una grande ribellione guidata da Arminio, principe dei Cherusci. Varo si lasciò sorprendere nella selva di Teutoburgo: 3 legioni, 3 squadroni di cavalleria e 6 unità di fanteria ausiliaria furono annientati. Varo si uccise insieme a molti altri ufficiali per non cadere in mano nemica. Lo stupore di Roma fu enorme e l’espansione ad Oriente del Reno fu compromessa nonostante gli sforzi di Tiberio.  Fu Tiberio (divenuto imperatore) a decidere che la frontiera doveva arrestarsi al Reno. Ad Oriente, alla morte di Tigrane II, mentre i romani tentarono di porre sul trono il fratello, i Parti ne sostenevano la discendenza diretta, costituita da Tigrane III e da sua sorella Eratò. La situazione precipitò a tal punto da richiedere l’intervento di Tiberio: nonostante i successi ottenuti, quali il raggiungimento di un nuovo accordo con Fraate V e la conferma sul trono d’Armenia di un re grato ai romani, scoppiò una nuova rivolta nel 2 d.C. 1.10 Le leggi augustee [LE NUOVE LEGES IULIAE] Dal 19-18 a.C. nel quadro dei poteri censori e avvalendosi della tribunicia potestas, Augusto fece votare una serie di nuove leggi, le leges Iuliae: 85 1) LEX IULIA DE MARITANDIS ORDINIBUS (18 a.C.)  mirava ad incentivare le unioni matrimoniali, inducendo i romani a procreare un certo numero di figli. I celibi tra i 25 e i 60 anni e le nubili tra i 20 e i 50 anni che non si fossero sposati entro 100 giorni dal momento in cui avrebbero potuto acquisire eventuali lasciti testamentari, sarebbero stati esclusi dall’asse ereditario e i beni sarebbero andati ad altri eredi o all’erario pubblico. Pare che questa legge si riferisse alle classi abbienti. A favore degli sposati degli sposati e di chi aveva prole venivano previste numerose agevolazioni per l’accesso alle cariche ed esenzioni dai doveri pubblici e, per le donne che avessero generato almeno 3 figli, il diritto di non essere sottoposte a tutela; il che implicava anche la piena capacità di disporre dei propri beni. Inoltre i liberi potevano sposare le liberte, mentre i senatori non potevano sposare le liberte. I celibi non potevano poi prendere parte a spettacoli e festeggiamenti pubblici; le vedove dovevano fidanzarsi o risposarsi dopo un anno dalla morte del marito e le divorziate dopo 6 mesi dallo scioglimento del matrimonio. 2) LEX IULIA DE ADULTERIIS COERCENDIS (17-16 a.C.)  i reati sessuali erano tramutati in crimini pubblici e perseguiti dinanzi ad un’apposita quaestio de adulteriis. Essa perseguiva qualsiasi rapporto sessuale al di fuori del matrimonio e del concubinato, in particolare l’adulterium e lo struprum. Il pater familias che avesse colto in flagrante l’adulterio con la propria figlia poteva uccidere entrambi, in casa propria o del genero. Il marito poteva uccidere solo l’adultero sorpreso in casa propria, oppure trattenerlo per procurarsi la prova del delitto, ma non poteva uccidere la moglie, da cui era obbligato a divorziare. 3) LEX IULIA IUDICIORUM PUBLICORUM  riordinò il sistema delle quaestiones perpetuae. 4) LEX IULIA DE AMBITU  mitigò le pene per i reati di corruzione, fissandole in una multa oltre all’interdizione per 5 anni dai pubblici uffici. 5) LEX IULIA DE ANNONA  colpiva l’incetta e la speculazione sul grano. 6) LEX IULIA DE VI  distingueva vis publica, sanzionata con l’esilio, da vis privata, per la quale era prevista la confisca di un terzo del patrimonio. 7) LEX IULIA THEATRALIS  assegnava i posti a teatro e interdiceva i senatori e i cavalieri di esibirsi come attori. 8) LEX IULIA FUFIA CANINIA e LEX IULIA AELIA SENTIA  restringevano il diritto di manomettere gli schiavi da parte dei padroni. 9) LEX IULIA MAIESTATIS (8 a.C.)  comminava a quanti avessero attentato alla maiestas dello stato romano la confisca dell’intero patrimonio. 1.11 Prove dinastiche e strategie di successione. L’opposizione. [PROBLEMA DELLA SUCCESSIONE] I particolari poteri che Augusto aveva ricevuto, che ne avevano decretato l’auctoritas, non erano una vera e propria carica nella quale qualcuno potesse subentrare dopo la sua scomparsa né tali poteri potevano essere trasmessi con un singolo atto ad una persona della sua famiglia o del suo entourage. Augusto, che non aveva avuto figli maschi, ma solo la figlia Giulia, doveva trovare il modo di far sì che il suo ruolo non andasse perduto con la sua morte, ma che in esso egli potesse essere sostituito da qualcuno della sua famiglia, senza però imporre una svolta apertamente monarchica alle istituzioni. [STRATEGIA DINASTICA] La prima preoccupazione di Augusto fu quella di integrare la propria famiglia come tale nel nuovo sistema politico e nella propaganda, celebrandone l’ascendenza divina e riprendendo così la consuetudine di nobilitazione degli antenati già propria degli aristocratici romani. 86 Nella sua veste di pater familias sottolineava il carattere romano tradizionale della propria gens, ampliandola con i matrimoni della figlia Giulia. Il ruolo di primo piano assunto dalla domus principis gli consentiva di trasferire al proprio erede anche le clientele e il prestigio. La posizione del princeps nello Stato veniva d’altra parte rafforzata dai meriti e dalle distinzioni via via acquisiti dai suoi figli adottivi e dalle persone della sua cerchia, come Agrippa. L’erede scelto avrebbe acquisito il patrimonio privato della famiglia e un prestigio che gli garantiva un accesso privilegiato alla carriera politico-militare. Tramite una carriera magistratuale abbreviata e all’attribuzione di poteri straordinari, la potestà tribunizia e l’imperium proconsolare egli sarebbe stato considerato di fatto consegnatario delle funzioni pubbliche proprie del princeps. [MARCELLO] Nel 23 a.C. attraverso il matrimonio di Giulia con il nipote Marcello, figlio di sua sorella Ottavia, Augusto cercò per la prima volta di inserire un discendente maschio nella famiglia dotandolo già dell’ammissione al senato e al consolato prima dell’età prevista. Tuttavia Marcello morì lo stesso anno. [AGRIPPA] Egli fu la seconda persona a cui Augusto fece trasmettere via via i poteri da lui accumulati. Egli era sempre stato suo strettissimo amico e collaboratore. Nel 23 a.C. Agrippa aveva ricevuto un imperium proconsolare di 5 anni per potersi recare in Oriente a risolvere dei problemi. Tornato a Roma, nel 21 a.C. fu indotto a divorziare da Marcella e a sposare Giulia, vedova di Marcello. Dal matrimonio nacquero: Caio e Giulio Cesari, Agrippa Postumo, Giulia minore e Agrippina maggiore. Nel 18 a.C. l’imperium di Agrippa fu confermato per altri 5 anni e gli venne attribuita la tribunicia potestas, entrambi rinnovati nel 13 a.C. [TIBERIO E DRUSO] Nel 17 a.C. Augusto aveva adottato i due figli di Giulia e Agrippa ma considerata la giovane età dei ragazzi, la strategia di Augusto si concentrò sui figli della terza moglie Livia, nati dal primo matrimonio di questa con Tiberio Claudio Nerone: Tiberio e Druso. TIBERIO : aveva sposato Vipsania Agrippina dalla quale dovette divorziare per sposare Giulia. Il matrimonio non fu felice. Tiberio ricoprì per due volte il consolato (13 e 7 a.C.) e nell’11 a.C. gli fu conferito l’imperium proconsolare a cui fu aggiunta la potestà tribunizia per 5 anni, ma poi si ritirò dalla vita politica auto esiliandosi nell’isola di Rodi. DRUSO : aveva ottenuto l’imperium proconsolare nel 10 a.C. da esercitare in Germania, dove vi condusse due brillanti campagne militari salvo poi morirvi nel 9 a.C. [CAIO E LUCIO CESARI] Dal 6 a.C. Caio e Lucio Cesari erano stati gradualmente avviati alle alte cariche. Rispettivamente nel 5 e nel 12 a.C. furono designati consoli e ottennero il titolo onorifico di principes iuventutis. Ad ogni modo non poterono diventare avversari di Tiberio perché morirono giovani: nel 2 d.C. Lucio e nel 4 d.C. Caio. [IL RITORNO DI TIBERIO A ROMA] Nell’1 a.C. Tiberio aveva richiesto il permesso di tornare a Roma. Permesso che gli fu negato. Tuttavia, nel 2 d.C. gli era stato consentito di tornare nell’Urbe e aveva sciolto il matrimonio con Giulia. [TIBERIO E GERMANICO] Augusto pretese da Tiberio che adottasse Germanico, il figlio di suo fratello Druso e di Antonia, figlia di Marco Antonio e Ottavia (sorella di Augusto) anche se Tiberio a sua volta aveva un figlio di nome Druso (minore). Tiberio adottò Germanico nel 4 d.C. e Augusto adottò contemporaneamente Tiberio e Agrippa Postumo. Successivamente a Tiberio furono attribuiti la potestà tribunizia e l’imperium proconsolare sulla Germania e le Gallie. Presto Agrippa Postumo cadde in disgrazia e venne confinato nell’isola di Pianosa. Nel 13 d.C. Tiberio celebrò il trionfo sui Germani e gli vennero rinnovati la potestà tribunizia e l’imperium proconsolare. 87 Gli studi recenti, fondandosi anche su altre fonti come Velleio Patercolo, hanno messo in luce il valore di Tiberio sia come militare sia come uomo di governo, nonché la sua attenta gestione dello Stato. [LA MODIFICA DEL SISTEMA DI NOMINA DEI MAGISTRATI] Durante il suo principato ebbe ulteriore sviluppo la modifica del sistema elettorale per la nomina dei magistrati superiori, introdotto da Augusto con la procedura della destinatio. Nel 19-20 d.C. le 100 centurie vennero integrate con altre 5 in onore di Germanico e nel 23 d.C. con altre 5 dedicate al defunto Druso. Tuttavia, ad un certo punto il ruolo dell’assemblea centuriata divenne puramente formale e limitato a sanzionare una lista unica di candidati designati dall’imperatore e dal senato. Parallelamente si assistette alla decadenza dei comizi tributi. [OPPOSOZIONE SENATORIA] Ad una collaborazione istituzionale tra principe e senato non corrispose una comunanza di intendi politici. Durante tutto il suo governo Tiberio si trovò a fronteggiare un’opposizione che rivendicava una più ampia autonomia decisionale e la libertas del senato. [ELIMINAZIONE DI AGRIPPA POSTUMO] L’inizio del principato di Tiberio fu segnato dall’eliminazione di Agrippa Postumo, a quanto pare su ordine di Augusto morente, ma attribuita a Tiberio dalle fonti ostili: scompariva così l’ultimo rampollo maschio dei figli di Agrippa e Giulia. Rimaneva Agrippina maggiore, sposata a Germanico. Nello stesso anno Giulia morì e fu eliminato Tiberio Sempronio Gracco. [GERMANICO SUL FRONTE RENANO] Nonostante l’ampio supporto navale, gli scontri contro i Cherusci di Arminio e altre popolazioni germaniche non condussero ad esiti decisivi. A questo punto Tiberio, che conosceva bene il fronte germanico e i costi delle sue guerre, preferì richiamare Germanico per decretargli il trionfo nel 17 d.C. A Germanico fu assegnato anche l’imperium proconsolare maius su tutte le province orientali e il consolato con Tiberio nel 18 d.C. L’imperatore aveva deciso che la frontiera germanica dovesse considerarsi stabilizzata definitivamente sulla linea del Reno ma che ci si dovesse accontentare dei successi ottenuti nel 16 d.C. [RISOLUZIONE DEL CONFLITTO] La situazione nel quadrante compreso tra Reno, Elba e Alto Danubio alla fine si risolse da sé, grazie anche all’ostilità innata tra Cherusci, Catti e Marcomanni e all’attività diplomatica condotta da Druso minore. Arminio e Maroboduo, re dei Marcomanni (Boemia), entrarono in conflitto tra loro: Maroboduo fu sconfitto e costretto ad abbandonare il regno e chiese e ottenne l’esilio a Ravenna. Arminio fu ucciso a tradimento. [IL SUICIDIO DI MARCO SCRIBONIO DRUSO LIBONE] Nel 16 d.C. un episodio in particolare mise in luce le tensioni congenitamente latenti nel principato tiberiano, nella famiglia e nella corte: - Marco Scribonio Druso Libone, nipote di Scribonia (madre di Giulia maggiore), fu accusato di cospirazione contro l’imperatore e la sua famiglia. Nel corso del processo si suicidò. [ORIENTE] L’assetto augusteo in Oriente aveva lasciati irrisolti non pochi problemi e la dominazione romana in Anatolia si spingeva fino al regno di Cappadocia. Ad est e a nord si estendevano la Tracia e i territori intorno al Mar Nero, ancora molto instabili. Più ad oriente le due Armenie, la Commagene e la Mesopotamia. A meridione la Siria, che aveva ereditato dallo stato seleucide l’aggressività partica. [CAPPADOCIA DIVENTA PROVINCIA ROMANA] Archelao di Cappadocia fu convocato a Roma perché sospettato di atteggiamento infedele e qui vi morì nel 17 d.C.: la Cappadocia divenne allora provincia romana. Stessa sorte toccò alla Commagene alla morte del re Antioco III. [ARMENIA] Qui il re partico aveva destituito il sovrano filoromano che vi regnava. Di qui l’incarico affidato a Germanico su tutte le province transmarine. Intanto l’allora legato di Siria era stato sostituito con Pisone, fedelissimo di Tiberio, con l’incarico di assistere Germanico in ogni evenienza. 90 [GERMANICO IN ARMENIA ED EGITTO] Una volta giunto in Oriente Germanico risolse rapidamente la questione armena, incoronandovi nel 18 d.C. Zenone con il nome di Artaxias III. Organizzate le due nuove province di Cappadocia e Commagene, nel 19 d.C. Germanico si recò in Egitto, suscitando un grave incidente istituzionale e diplomatico. Ciò contravveniva alle disposizioni imperiali che consentivano l’ingresso nel paese solo previo permesso dell’imperatore. Tiberio infatti disapprovò l’atto. [LA MORTE DI GERMANICO] La sua morte improvvisa nel 19 d.C. assunse presto le dimensioni di un delitto politico. Si sospettò che fosse stato avvelenato su istigazione di Pisone e che Tiberio fosse il regista occulto. Come fonte noi disponiamo di un documento epigrafico molto importante: il Senatoconsulto su Cneo Pisone padre. [TACITO E IL SENATOCONSULTO SU CNEO PISONE PADRE] La morte di Germanico rese ancora più aspri a Roma i contrasti politici tra Tiberio e Agrippina maggiore, che riuscì a riunire attorno a sé un gruppo di sostenitori. Era in ballo la futura successione, alla quale potevano essere candidati il figlio di Tiberio, Druso minore ma anche uno dei 3 figli di Germanico e della stessa Agrippina. [DRUSO MINORE] Nel 19 d.C. Livilla, sorella di Germanico e moglie di Druso minore, aveva dato alla luce due gemelli – Tiberio Gemello e Germanico. Nel 21 d.C. Druso minore ricoprì il secondo consolato e l’anno seguente ottenne la tribunicia potestas. [SEIANO] Nel 23 a.C. si ebbe una svolta nel principato di Tiberio: il prefetto del pretorio Seiano iniziò a crearsi un forte potere personale. Discendente da una famiglia di cavalieri da Volsinii, era stato da Tiberio stesso affiancato al padre come prefetto del pretorio. Egli accrebbe la sua influenza anche concentrando tra il 21 e il 23 d.C. le truppe pretoriane a Roma, in un unico accampamento sul Viminale e guadagnandosi la stima e la fiducia di Tiberio. [MORTE DI DRUSO MINORE] Nel 23 d.C. Druso minore morì improvvisamente a 37 anni. Si creava intorno a Tiberio un grande vuoto familiare: rimanevano i figli di Germanico (Nerone, Druso, Caio) e il gemello sopravvissuto di Druso minore. Pareva ripetersi il destino di Augusto. I maggiori erano Nerone e Druso (III). Nel 25 d.C. il primo rivestì la questura. [INFLUENZA DELLA LEX MAIESTATIS] Nel frattempo si erano moltiplicati i processi e le condanne di molti personaggi influenti degli ambienti politici romani. Due elementi: - Il ruolo della lex maiestatis : utilizzata come mezzo per annientare oppositori e avversari; - Il diritto dell’assemblea senatoria di inquisire e giudicare i propri membri. S’intensificò anche l’attività dei delatores, spesso opportunisti pronti a muovere accuse di ogni genere contro uomini di alto rango. [CONDANNA DI AULO CREMUZIO CORDO] Era un senatore anziano e uno storico. Processato e condannato a morte per tradimento (si disse per aver elogiato Bruto e Cassio) mentre la sua opera sulle guerre civili venne pubblicamente bruciata nel 25 d.C. [ASCESA DI SEIANO] La sua azione mirò da un lato a rendere sempre più stretti i suoi legami con l’imperatore, dall’altro ad eliminare da ogni possibile prospettiva di successione il maggior numero di coloro su cui avrebbe potuto fondare le proprie speranze Tiberio. Aspirò anche ad entrare nella famiglia del principe: nel 25 d.C. chiese infatti il consenso di sposare Livilla. Tiberio però glielo negò. [TIBERIO VA IN CAMPANIA E A CAPRI] Nel 26 d.C. Tiberio decise di lasciare definitivamente Roma per trasferirsi dapprima in Campania e poi rifugiarsi a Capri. Errore che contribuì ad isolarlo ancora di più politicamente dall’Urbe e consentì a Seiano una più ampia libertà d’azione. [REPRESSIONE CONTRO AGRIPPINA MAGGIORE, NERONE E DRUSO III] Dopo la morte di Livia, si scatenò la repressione contro Agrippina maggiore, i suoi due figli maggiori, Nerone e Druso III, e i loro fautori. Nel 29 91 d.C. furono incriminati e relegati Agrippina e Nerone. In seguito Caio, diventato imperatore alla morte di Tiberio nel 37 d.C., volle acquisire gli atti dei processi e preferì distruggerli per evitare ritorsioni. Anche Druso III fu rinchiuso nelle segrete del palazzo imperiale dove morì di stenti nel 33 d.C. [SEIANO CONSOLE] Nel 31 d.C. Seiano giunse a ricoprire il consolato insieme a Tiberio. Tibero però si dimise dalla carica a maggio facendo subentrare i consoli suffetti. Dopodiché nel 31 d.C. Seiano, presentandosi ad una seduta del senato, fu colto di sorpresa dalla lettura di un dispaccio di accusa di Tiberio e fu immediatamente arrestato da Macrone, il nuovo prefetto del pretorio. Seiano fu subito processato, condannato e giustiziato. [ULTIMI ANNI DEL PRINCIPATO DI TIBERIO] Non furono anni felici: - Grave crisi finanziaria - Si acuirono i contrasti col senato - Si aprì un periodo di terrore segnato da processi, suicidi e condanne per lesa maestà a carico di molti senatori, sostenitori di Seiano e oppositori del regime - Come possibili successori rimanevano: Tiberio Gemello (ancora troppo giovane) e Caio detto Caligola, unico sopravvissuto dei figli di Germanico. Nel suo testamento del 35 d.C. Tiberio nominò entrambi suoi eredi congiunti. 1. [INTERVENTO SULLA CRISI CREDITIZIA] Tuttavia, di questi ultimi anni si possono dire anche cose positive. Infatti, egli intervenne tempestivamente nella crisi creditizia del 33 d.C. risolvendola con un anticipo di 100 milioni di sesterzi per mutui triennali senza interessi, a fronte di un’ipoteca di fondi di valore doppio rispetto alle somme prese in prestito. 2. Si occupò anche delle città della provincia d’Asia colpite da terremoti. Qui vi costruì anche molte strade ed opere pubbliche. [TRACIA] Qui il regno degli Odrisi era stato suddiviso da Augusto tra due membri della casata reale: - Rescuporis (fratello del re morto) - Cotys (figlio del re morto) Rescuporis aveva eliminato il nipote perciò il legato intervenne deponendo il sovrano superstite con la forza, inviandolo a Roma. Qui egli fu condannato e ucciso. Il regno fu di nuovo suddiviso tra suo figlio Remetalce II e i figli minorenni di Cotys. In Tracia Tiberio fondò una città di nome Tiberia. [GALLIA] Qui scoppiò la prima vera rivolta dal tempo di Vercingetorige, guidata da due notabili gallici romanizzati, Giulio Floro e Giulio Sacroviro. Essa venne repressa senza alcuna difficoltà dalle legioni del legato della Germania Superiore, Largo. Egli alla fine fu accusato di malversazione e si suicidò. [I CONFLITTI IN AFRICA] Nel 17 d.C. in Africa settentrionale c’erano state tensioni tra le popolazioni dei Musulmani e dei Mauri. Dopo alterne vicende in cui i comandanti romani dimostrarono di non saper fronteggiare la situazione, nel 19 d.C. furono inviati dalla Pannonia la IX legione Hispana e la legione VIII Augusta agli ordini di Quinto Giunio Bleso, zio materno di Seiano. Solo nel 24 d.C. il numida Tacfarinate fu definitivamente sconfitto dalle forze romane al comando di Publio Cornelio Dolabella e, per evitare la cattura, si suicidò. [LA GIUDEA E PONZIO PILATO] Qui nel 36 d.C. fu rimosso il prefetto Ponzio Pilato, accusato di incapacità e numerose malefatte. Il legato di Siria ricevette l’ordine di destituirlo, arrestarlo e spedirlo a Roma per essere processato. Un altro evento che avrebbe avuto molta importanza fu la predicazione in Palestina, la condanna e la crocefissione a Gerusalemme di Gesù di Nazareth. 92 autore di opere e scritti, i quali gli avevano conferito una notevole competenza e una profonda capacità di valutazione e di visione politica. [ACCLAMAZIONE AD IMPERATORE] Fratello di Germanico, era rimasto sempre un Claudio senza mai essere adottato dai Giulii. Mentre in senato si dibatteva su quale soluzione adottare, i pretoriani lo acclamarono imperatore. Il senato fu indotto anche dal sostegno militare e popolare ad accettare la scelta. [REVOCA DEI PROVVEDIMENTI DI CALIGOLA] Dopo la condanna a morte dei congiurati, Claudio revocò molti provvedimenti assunti da Caligola e abolì l’accusa di lesa maestà. Furono richiamati anche gli esuli. Ripristinò i buoni rapporti con il senato e ne rivitalizzò l’efficienza e la credibilità, rendendo obbligatoria la partecipazione alle sedute e frequentandole lui stesso. [RIFORMA DELL’AMMINISTRAZIONE] Lo stato romano non aveva mai posseduto un vero e proprio apparato burocratico né era dotato di una struttura amministrativa centralizzata. Una simile frammentarietà d’azione rendeva quasi impossibile ogni coordinamento. Perciò Claudio applicò a questo campo schemi del personale di servizio nell’amministrazione delle grandi domus private, fondato sull’esperienza dei liberti. Col tempo si sarebbe costituito un apparato di funzionari appositi formatosi all’interno dell’ordine equestre (procuratori e prefetti). [NUOVI UFFICI AMMINISTRATIVI] L’amministrazione centrale fu divisa in 4 grandi uffici: - segretariato generale; - segretariato per le finanze; - “ per le suppliche e la corrispondenza di carattere istituzionale; - “ per l’istruzione dei procedimenti da tenersi davanti all’imperatore. Importante anche l’a studiis, sorta di bibliotecario ed archivista diretto del principe. Poiché a capo di questi dipartimenti furono chiamati dei liberti, il principato di Claudi è ricordato come “l’impero dei liberti”. [CRESCENTE RUOLO GIUDIZIARIO DELL’IMPERATORE] Claudio presenziava assiduamente ai procedimenti discussi dinanzi al senato ed avocava solo a sé alcune cause secondo la procedura detta intra cubiculum principis. [IL PORTO DI OSTIA] Costruì questo porto per consentire l’attracco e il deposito del cereale in appositi magazzini. Anche il sistema delle distribuzioni granarie vide un ammodernamento: l’organizzazione del servizio fu probabilmente tolta alla responsabilità del senato e assegnata al prefetto dell’annona. [LE OPERE PUBBLICHE] - Finì di costruire due nuovi acquedotti (entrambi già iniziati da Caligola): Aqua Claudia, Anio Novus - Bonificò la piana del Fucino (Abruzzo), per aumentare la superficie coltivabile in Italia [LA POLITICA D’INTEGRAZIONE] Tenne un’orazione per la concessione del diritto di accesso al senato ai notabili della Gallia Comata (tavola di bronzo che si trova a Lione). La sua politica d’integrazione è attestata da altri provvedimenti: - Fondazione di colonie in Britannia, Germania e Mauretania; - Concessione della cittadinanza ad alcune popolazioni alpine (Tabula Clesiana); - Grande numero di diplomi militari che certificano la prassi d’inserimento nella cittadinanza romana dei soldati che avevano prestato servizio nelle coorti ausiliarie. [POLITICA ESTERA] Claudio dovette risolvere le questioni lasciate aperte da Caligola. Affrontò la guerra in Mauretania, a cui pose fine nel 42 d.C. con l’organizzazione del regno in due province, affidate a procuratori equestri: la Mauretania Cesariense a est e la Mauretania Tingitana a ovest. 95 [CNEO DOMIZIO CORBULONE IN GERMANIA] Nel 47 d.C. furono compiute da questo legato sporadiche operazioni in Germania al di là del Reno, nelle quali egli si distinse combattendo contro i Frisii e i Cauci. Dopodiché Claudio gli intimò di ritirarsi. [RIORGANIZZAZIONE DELL’ORIENTE] - Nel 43 d.C. la Licia fu annessa e riunita alla Panfilia a formare una nuova provincia imperiale di rango pretorio; - Nel 46 d.C. il regno di Tracia fu sottoposto ad un procuratore; - La Giudea fu ritrasformata in regno e attribuita a Giulio Agrippa I e alla sua morta nel 44 d.C. essa ridivenne provincia; - Antioco IV di Commagene riebbe il suo regno e lo detenne fino al 72 d.C. quando fu incorporato da Vespasiano e annesso alla provincia di Siria. [ESPULSIONE DEGLI EBREI DA ROMA] I privilegi delle comunità ebraiche nelle città orientali furono ristabiliti, tutelando allo stesso tempo le istituzioni delle poleis greche, in modo da evitare i conflitti tra i due gruppi come in precedenza. Questa preoccupazione di evitare tensioni portò al provvedimento di espulsione degli Ebrei da Roma nel 49 d.C. [ARMENIA] Qui il re Mitridate era stato costretto a rinunciare al suo regno durante il principato di Caligola. Nel 51 d.C. un nuovo re Volgese si installò saldamente in Partia e tra il 52 e il 54 d.C. riuscì ad imporre in Armenia il proprio fratello Tiridate: a questo problema dovette far fronte il successore di Claudio, Nerone. [TRACIA] La morte del re Remetalce III fece transitare sotto il dominio di Roma anche parte del territorio trace su cui egli regnava. Una porzione di esso fu unita alla provincia di Mesia, l’altra divenne provincia procuratoria. Così su quel fronte di difesa della penisola balcanica poté essere portata sulla linea del Danubio, il che consentì a Claudio di restituire al governo del popolo la provincia d’Acaia, rimasta fino a quel momento imperiale. [CONQUISTA DELLA BRITANNIA MERIDIONALE] Questa fu, nel 43 d.C., l’impresa più rilevante di Claudio. La Britannia fu ridotta a provincia e furono impegnate nelle operazioni ben 4 legioni. La completa sottomissione avrebbe comunque richiesto ancora alcuni anni. [L’INFLUENZA DEI LIBERTI E DELLE MOGLI] La lotta politica all’interno del senato, delle famiglie dell’antica e nuova nobiltà e della corte imperiale fu ben presente durante tutto il principato di Claudio. Grande rilievo vi assunse l’influenza dei potenti liberti (Callisto, Pallante, Narcisso, Polibio) e delle mogli di Claudio. [VALERIA MESSALINA] Durante l’impero di Caligola, Claudio aveva sposato in terze nozze Valeria Messalina, la cui ascendenza la connetteva per parte di madre ad Antonia maggiore e sul versante paterno con Ottavia e con il suo primo marito Caio Claudio Marcello. Valendosi di una vasta rete di appoggi importanti Messalina si liberò di possibili rivali all’interno della casa imperiale. Da Messalina Claudio ebbe due figli, Ottavia (40 d.C.) e Tiberio Claudio Cesare meglio conosciuto come Britannico. Nel 48 d.C. Messalina commise l’errore fatale di legarsi in modo aperto e plateale al giovane console designato Caio Silio, anche approfittando di un’assenza da Roma di Claudio. Questo consentì al liberto Narcisso di ottenere la sua condanna e la sua eliminazione. [IL MATRIMONIO DI AGRIPPINA MINORE] All’indomani della morte di Messalina iniziò una gara per affiancare a Claudio una nuova moglie. Alla fine egli finì per sposare (49 d.C.) la nipote Agrippina minore. Ella si adoperò in ogni modo per far adottare dall’imperatore il figlio, il che avvenne nel 50 d.C. Domizio divenne così Nerone Claudio Cesare Druso Germanico. Con il richiamo nel 49 d.C. di Seneca, a cui venne affidata l’educazione del giovane Domizio e la nomina del fedele Burro, nel 51 d.C. come unico prefetto del pretorio. 96 Lo screditamento di Britannico e il sostegno dato a Nerone lo portò all’assunzione della toga virile un anno prima dell’età minima usuale, nel 51 d.C. e alla sua designazione a console per il 58 d.C. Nel 53 d.C. Nerone sposò Ottavia. Nel 54 d.C. però Claudio raccomandò come eredi entrambi i maschi e fece indossare anche a Britannico la toga virile. Tuttavia, nello stesso anno Claudio morì e si insinuò che Agrippina minore l’avesse avvelenato. 2.5 La società imperiale [SCHIAVITU’] Divenuta un fenomeno caratteristico della società e dell’economia a partire dalla tarda Repubblica. I calcoli moderni hanno stimato circa il 40 % di schiavi in Italia. Molti erano impiegati nell’agricoltura ma vi era anche una notevole presenza di schiavi domestici e di coloro che erano impiegati nei servizi (istruttori, medici, segretari, amministratori). [LA FAMILIA CAESARIS] Molto importanti erano gli schiavi imperiali, la familia Caesaris, impiegati nella gestione finanziaria e amministrativa del patrimonio imperiale ed organizzati secondo gerarchie. Gli schiavi a capo dei dipartimenti finanziari potevano raggiungere livelli di ricchezza e potere personale anche superiori a quelli della nobiltà senatoria. Non bisogna però confondere la ricchezza con lo status giuridico. Nella concezione i due aspetti erano indipendenti. [LIBERTI] Lo schiavo che riusciva ad acquistare la libertà con il patrimonio personale che il padrone gli lasciava acquisire nell’esercizio della sua attività (peculium) o grazie a disposizioni testamentarie, rimaneva legato al proprio ex padrone da un rapporto di clientela e aveva delle limitazioni nella vita pubblica e nell’accesso alle magistrature sia a Roma sia nei municipi. I liberti rappresentavano, soprattutto nel I sec. d.C., il ceto economicamente più attivo in vari settori dell’economia: commercio, artigianato, servizi. Nella casa imperiale lo spirito di iniziativa dei liberti si espresse ai massimi livelli, dato che le possibilità di avanzamento a corte, nella gestione pubblica e privata erano molte. Nella riorganizzazione degli uffici i liberti di Claudio – Callisto, Pallante, Polibio e Narcisso – avevano ottenuto addirittura la direzione dei nuovi servizi amministrativi. [PROVINCIALI LIBERI] Categoria molto articolata, che comprendeva gli abitanti delle poleis greche così come quelli dei villaggi dei Britanni o nomadi del deserto. L’imperatore poteva intervenire nelle questioni interne relative allo status e ai privilegi di diversi gruppi cittadini. Inoltre, poteva promuovere i ceti dirigenti cittadini o intere città concedendo la cittadinanza romana a singoli individui per meriti particolari, a città o a categorie di persone. In questo modo alcuni gruppi godevano di uno status giuridico privilegiato.  I cittadini romani godevano di particolari garanzie personali e dell’immunità da tasse e obblighi che gravavano sui provinciali. [ACCESSO DEI PROVINCIALI AL CURSUS HONORUM EQUESTRE O SENATORIO] Una volta ottenuta la cittadinanza il passo successivo era l’accesso ai due ceti dirigenti: ordo senatorius e ceto equestre. L’intervento dell’imperatore era indispensabile per dare avvio all’integrazione nel senato e nella carriera equestre. I cittadini romani delle province potevano infatti raggiungere posizioni importanti nella carriera equestre grazie al patronato e alle raccomandazioni di ufficiali superiori che segnalavano all’imperatore i meriti e i talenti dei loro sottoposti. [L’ESERCITO E LA PROMOZIONE SOCIALE] L’esercito e il denaro erano i due fattori più importanti di promozione sociale durante l’età imperiale. I veterani delle legioni, una volta tornati nelle loro città d’origine, entravano a far parte delle élite municipali e donavano prestigio alla propria famiglia. 2.6 Nerone (54-68 d.C.) 97
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