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Crisi Repubblica Romana: decadenza Gracchi alle guerre civili (pt. 3), Sintesi del corso di Storia Romana

La crisi politica e militare che affliggeva la Repubblica Romana durante il periodo dei Gracchi, con una particolare attenzione agli sforzi di riforma di Tiberio e Gaio Gracco, alle guerre in Sicilia, Spagna, Macedonia e Africa, alla Guerra giugurtina e alla seconda guerra mitridatica, fino alla dittatura di Silla. Il testo illustra come le crisi politiche e le guerre civili fossero legate alla gestione di territori esteri e alle dispute per il potere interno.

Tipologia: Sintesi del corso

2017/2018

Caricato il 31/10/2022

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Scarica Crisi Repubblica Romana: decadenza Gracchi alle guerre civili (pt. 3) e più Sintesi del corso in PDF di Storia Romana solo su Docsity! La crisi della Repubblica e le guerre civili (dai Gracchi ad Azio) – parte 3 1 1. Dai Gracchi alla guerra sociale La tradizione storiografica aristocratica ha identificato nell’età dei Gracchi l’origine della degenerazione dello Stato Romano e l’inizio delle guerre civili. Non è indubbio che proprio in questo periodo lo Stato romano subì vari cambiamenti dettati dalla nuova economia, e quindi da una diversa struttura sociale, in seguito alle guerre tenutesi fino a quel momento, le quali portarono un enorme afflusso di ricchezze, con conseguente ampliamento delle occasioni di mercato e una consistente massa di schiavi. I Romani e gli Italici si erano così introdotti nel grande commercio. Avevano fatto fortuna tanti Senatori grazie ai prestanome, favorendo l’ascesa degli Equites (cavalieri). Tutti questi scambi hanno contribuito alla diffusione dell'ellenismo in Italia e a Roma: le famiglie più ricche infatti affidavano le loro case e l'educazione dei loro figli a uomini di cultura greca. [Plutarco, Vita di Catone il Vecchio] Giunsero da Atene due filosofi che chiedevano il condono di un’ammenda ingiusta, e grazie alla loro eloquenza, i giovani romani colti ne furono rapiti, applicandosi da quel momento alla cultura greca. [Cicerone] Tiberio Gracco fin da piccolo fu istruito nelle lettere greche Lo sviluppo di scambi commerciali aveva modificato progressivamente la fisionomia dell’agricoltura italica. Il ricorso sempre più massiccio agli schiavi e l’importazione di grandi quantità di grano costituirono una concorrenza sempre più rovinosa per l’agricoltura di sussistenza; il modello di proprietà tendeva a diventare la grande azienda agricola (villa rustica), basata sullo sfruttamento del personale schiavile, e l’unica possibilità per i piccoli proprietari era la riconversione delle colture, ma ciò necessitava di un ingente somma di denaro, così i piccoli proprietari terrieri si ritrovarono spesso a dover vendere la loro proprietà. [Plutarco, Vite di Tiberio e Caio Gracco] I territori assoggettati dai romani con le guerre, in parte erano destinate ai cittadini privi di proprietà, i quali coltivavano le terre in cambio di un piccolo canone; ma in seguito i ricchi offrirono contributi più elevati, tagliando fuori i poveri. Fu quindi emanata una legge che non consentiva di possedere più di 500 iugeri di terra, e per un breve periodo la situazione si stabilizzò; ma attraverso dei prestanome, i ricchi possedevano la massima parte delle terre. A causa di ciò si evitò anche di procreare, e l’Italia si riempì di barbari. [Varrone, L’agricoltura] I mezzi col quale si coltivavano le terre erano due: uomini e attrezzi; altri invece li dividevano in tre tipi: strumenti parlanti (servi), semivocali (buoi) e muti (carri). Coloro che sovraintendono gli schiavi devono saper leggere, scrivere e avere una buona cultura affinché vengano obbediti; inoltre non devono solo dare ordini, ma darne l’esempio lavorando a loro volta. Si possono ottenere gli stessi risultati parlando anziché con la forza, e bisogna parlare dei lavori da fare, affinché i servi si sentano presi in considerazione. [Strabone, Geografia] La tratta degli schiavi divenne remunerata; ciò causò l’implemento di azioni scellerate da parte dei Cilici, i quali organizzarono bande di pirati; i pirati, vedendo il facile profitto derivante da Roma per gli schiavi ottenuti, continuavano incessantemente la tratta degli schiavi. Si ebbe quindi un’Accelerazione della tendenza ad un’agricoltura incentrata sul commercio e non sull’autoconsumo. Molti dei piccoli coltivatori si trovarono costretti ad andare in città in cerca di un’occupazione, favorendo l’aumento della massa urbana che condusse alla trasformazione di Roma in Metropoli. Negli anni 140‐132 a.C. e 104-100 a.C. scoppiarono le rivolte servili in Sicilia, in quanto aveva il terreno più favorevole al pascolo, sviluppatosi in seguito alle nuove disposizioni di Roma. La prima rivolta, scoppiata ad Enna, si estese a tutta l’isola. Roma fu costretta ad inviare tre consoli, e solo l’ultimo, Publio Rupilio, riuscì a domarne l’insurrezione nel 132 a.C. [Diodoro Siculo, Biblioteca storica] La guerra degli schiavi scoppiò in Sicilia dopo 60 anni di prosperità in seguito alla sconfitta dei cartaginesi. L’isola cadde in mano degli schiavi, i quali si ribellavano contro La crisi della Repubblica e le guerre civili (dai Gracchi ad Azio) – parte 3 2 coloro che si erano arricchiti e ostentavano il lusso raggiunto, adottando atteggiamenti violenti e arroganti contro gli schiavi. Ciascuno dei latifondisti acquistava una gran quantità di schivi, che venivano segnati e marchiati, ma nessuno si occupava della loro sussistenza e del loro vestiario; così ben presto si formarono delle bande di briganti che saccheggiavano e uccidevano per vivere. La Sicilia divenne impraticabile di notte soprattutto nelle campagne. I governatori però non osavano agire davanti a questi atti orrendi i loro padroni godevano di prestigio ed erano cavalieri romani, con la facoltà di intentare cause delle provincie contro i governatori. Gli scavi si riunivano, fin quando non misero in atto il loro progetto. La rivolta partì da Enna dove un siriaco di nome Euno, ciarlatano che affermava di essere mago e taumaturgo, guidò la rivolta contro tutti i padroni, per porre fine alla schiavitù. Vedendo tutte le sciagure che si stavano abbattendo su quelli che erano i privilegiati, la massa del popolo se ne compiaceva, in quanto la sorte era cambiata. Tutto questo durò fin quando il console Rupilio, nel 132 a.C., strinse in una morsa i rivoltosi nella città nel quale si erano rifugiati, e per la fame finirono per mangiare i loro figli, le donne, e infine loro stessi; quando uno di essi consegnò la città, tradendo i compagni, gli schiavi vennero catturati, mentre Euno riuscì a scappare, ma fu catturato e imprigionato dopo il tradimento di uno schiavo. Infine Rupilio, con pochi uomini scelti, battè in lungo e largo la Sicilia fino a quando la ripulì presto dal brigantaggio. In questo periodo i mutamenti sociali portarono al delinearsi di due fazioni, entrambe scaturite dalla nobilitas:  Optimates: si richiamavano alla tradizione degli avi, e cercavano di ottenere per la propria politica l’approvazione dei benpensanti. Erano sostenitori dell’autorità del senato.  Populares: si consideravano difensori dei diritti del popolo, e propugnavano la necessità di ampieriforme in campo politico e sociale. Le guerre di conquista avevano fatto crescere a dismisura l’ager publicus, terreno di proprietà dello Stato che esso concedeva in uso a privati dietro pagamento di un canone irrisorio. La crisi progressiva della piccola proprietà fondiaria favorì la concentrazione dell’agro pubblico in mano ai proprietari terrieri ricchi e potenti. Da qui venne la necessità di una serie di norme che mirassero a restringere l’estensione dell’ager che poteva essere occupata da ciascuno. Nel 140 a.C. un primo tentativo di riforma del console Caio Leio venne però ritirato per l’opposizione dei senatori. Nel 133 a.C. Tiberio Gracco diviene tribuno della plebe e tentò subito di operare una riforma che limitasse la quantità di agro pubblico posseduto: questa proposta di legge fissava un limite di 500 iugeri + 250 per ogni figlio fino a un massimo di 1000 iugeri per famiglia. Un collegio di tribuni (Tiberio, il fratello Caio e Appio Claudio Pulcro) avrebbe poi avuto il compito di recuperare i terreni in eccesso, che sarebbero stati distribuiti ai cittadini più poveri divisi in piccoli lotti. Scopo della legge era quello di ricostituire un ceto di piccoli proprietari, anche per stabilire una base sicura per il reclutamento dell’esercito. L’oligarchia dominante si oppose però al decreto, il giorno del suo voto nei comizi tributi, un altro tribuno, Marco Ottavio, pose il suo veto impedendone l’approvazione; così Tiberio Gracco propose all’assemblea di destituirlo, poiché egli era venuto meno al compito che il popolo gli aveva affidato. Dichiarato decaduto Ottavio la legge agraria venne approvata, ma l’opposizione conservatrice non si placò. Tiberio pensò di candidarsi al tribunato anche l’anno successivo, ma nel corso dei comizi elettorali venne ucciso da un gruppo di senatori. Dopo una serie di proposte riformatrici formulate da diverse personalità (Scipione l’Emiliano, Fulvio Flacco), ma mai andate in porto, nel 123 a.C. fu eletto tribuno della plebe il fratello di Tiberio, Caio Gracco il quale, nel corso di due mandati consecutivi, riprese e ampliò l’opera riformatrice del fratello: La crisi della Repubblica e le guerre civili (dai Gracchi ad Azio) – parte 3 5  Aumentò il senato da 300 a 600 membri, proponendo l’ammissione dei cavalieri  Concessione della cittadinanza romana agli alleati Italici Ancora una volta però l’opposizione fu vastissima e trovò il modo di dichiarare nulle tutte le sue leggi, e in seguito Druso venne assassinato. Gli anni dal 90 all’ 88 a.C. videro una nuova guerra sociale: la condizione di cittadino romano era sempre più vantaggiosa e ciò aumentava la rivendicazione e l’irritazione degli Italici. Delle distribuzioni agrarie infatti beneficiarono solo i cittadini romani, mentre gli alleati italici erano sempre in una condizione di subalternità, e non avevano parte alcuna nelle decisioni politiche, economiche e militari. L’assassinio di Druso fu il segnale per gli Italici che non vi era altra possibilità per difendere le proprie rivendicazioni che la rivolta armata. [Appiano, Le guerre civili] Fulvio Flacco, Gracco il minore e lo stesso Druso si erano fatti portavoce dell’approvazione della cittadinanza romana agli alleati italici, sempre più desiderosi di uscire dallo status di sudditi per divenire signori dell’impero. Ma vedendo che i romani continuavano ad ostacolare tale legge, si rivoltarono duramente in quella che fu la guerra sociale. L’insurrezione partì da Ascoli, estendendosi dapprima verso l’Adriatico poi verso l’Appennino centrale e meridionale. Non aderirono alla rivolta Etruschi, Umbri, le città latine e quelle della Magna Grecia. La lotta fu lunga e sanguinosa, poiché i romani si trovarono a fronteggiare gente armata e addestrata come loro. Nel 90 a.C. i principali settori d’operazione vennero spartiti tra i due consoli: il settentrione a Publio Rutilio Lupo (sostituito da Mario dopo la sua morte) e il meridione a Lucio Giulio Cesare. L’incerto andamento delle operazioni fece maturare a Roma una soluzione politica del conflitto: si erano già autorizzati i comandanti militari ad accordare la cittadinanza agli alleati che combattevano per loro. Così nell’89 a.C. venne promulgata la Lex Plantia Papiria, che concedeva la cittadinanza agli Italici che si fossero registrati presso il pretore di Roma entro 60 giorni. Tali misure circoscrissero la rivolta, e nell’88 a.C. Silla, eletto console, assediò e sconfisse l’ultima roccaforte degli insorti, Nola. Iniziò così il processo di unificazione politica dell’Italia, con la concessione della cittadinanza a tutta l’Italia fino alla Transpadania. 2. I primi grandi scontri tra fazioni in armi Durante la guerra sociale, una situazione allarmante per Roma si era venuta a creare in Oriente: i Parti, provenienti dalle zone del Caucaso, si erano spinti ad occupare la Mesopotamia e la Babilonia, fino alle porte della Siria. Fino a quel momento Roma aveva favorito in quella zona la coesistenza di molti piccoli Stati, limitandosi a vegliare che nessuno ne realizzasse l’Unità. Nel 112 a.C. Mitridate VI Eupatore divenne re del Ponto, ed estese il suo regno a nord, est e ovest. Quando si impossessò della Cappadocia venne inviato Silla (92 a.C.), per ripristinare sul trono di Cappadocia un sovrano più gradito a Roma. Approfittando della guerra sociale Mitridate riprese però la sua politica espansionistica. Verso la fine del 90 a.C. Roma inviò in oriente una delegazione con l’incarico di rimettere sui troni i legittimi sovrani di Bitinia e Cappadocia. Mitridate sfruttò il malcontento che serpeggiava in Oriente verso Roma e le dichiarò guerra. Dilagò in Cappadocia e travolse le forze romane, divenendo presto padrone di tutta l’Asia; anche l’isola di Delo, caposaldo del commercio romano in Oriente, e Atene, si allearono. Con Mitridate la guerra acquistava una vera e propria sollevazione del mondo greco contro Roma. [Cicerone, Discorso al popolo sulla legge Manilia ovvero sul comando di Cneo Pompeo] Tutte le comunità autonome si lamentano per le avidità e i soprusi di coloro che Roma ha inviato nei loro territori, investiti del supremo comando militare. ormai si è giunti ad attaccare città ricche per poterle saccheggiare e impadronirsi delle loro ricchezze. Non esiste un soldato, o un generale, o un tribuno che sia in grado di La crisi della Repubblica e le guerre civili (dai Gracchi ad Azio) – parte 3 6 non mettere gli occhi sulle ricchezze, sui santuari, sulle donne degli alleati, e quindi non ci sono uomini in grado di combattere una guerra in Asia contro il re. Nell’88 a.C., quando un esercito pontico invase la Grecia centrale, Roma decise di reagire inviando Silla. Mentre Silla cercava di accelerare i tempi contro Mitridate, a Roma venne eletto tribuno della plebe Publio Sulpicio Rufo, che si trovò ad affrontare un popolo impoverito e in crisi per via dei debiti che non venivano saldati a causa delle continue richieste di fondi per le guerre, la richiesta di cittadinanza degli alleati italici (rappresentavano un pericolo perché durante le votazioni raggiungevano da soli la maggioranza in ogni tribù; per questo si era pensato di farne iscrivere un numero limitato per ogni tribù). Così ricorse a dei provvedimenti:  I debiti non dovevano superare i 2000 denarii  Gli alleati italici ottennero la possibilità di iscriversi in tutte le tribù  Il comando della guerra mitridatica da Silla passò a Mario [Appiano, Le guerre civili] A Silla era stato affidato il comando della guerra contro Mitridate; mentre si trovava ancora a Roma, Mario convinse Sulpicio Rufo a far approvare una legge che permettesse agli Italici di iscriversi in tutte le tribù senza limite, in modo tale che i vecchi cittadini perdessero la maggioranza di decisione; ma i vecchi cittadini si opposero e si finì con una serie di rivolte che i consoli placarono solo con un istitutium (sospensione dell’attività giudiziaria). Sulpicio, senza aspettare la fine dell’istitutium, comandò ai suoi rivoltosi di recarsi al Foro con pugnali nascosti e fare il necessario, anche uccidendo i consoli. Silla all’oscuro di ciò lascia la città e Sulpicio, facendo approvare la legge, fece attribuire il comando contro Mitridate a Mario, attraverso una votazione. Appresa la notizia della sua destituzione Silla marciò su Roma col suo esercito fedele e, conquistata la città, fece nominare i suoi avversari nemici pubblici: Sulpicio fu subito eliminato, mentre Mario riuscì a stento a scappare in Africa. Prima di tornare in Oriente fece approvare alcune leggi, tra le quali quella che le leggi prima di essere approvate dal popolo dovevano avere il consenso del senato, ma non riuscì ad impedire che per l’87 a.C. venissero eletti consoli a lui non graditi. Sbarcato in Epiro nell’87 a.C., Silla conquistò Atene e si diresse verso la Grecia centrale, dove sconfisse le truppe di Mitridate ottenendo così nell’86 a.C. l’abbattimento del predominio delle armate di Mitridate in Grecia. Nell’87 a.C., Lucio Cornelio Cinna (uno dei consoli) venne cacciato da Roma, per aver proposto l’iscrizione alle 35 tribù dei neocittadini, e si rifugiò in Campania dove venne raggiunto da Mario. Si ebbe una nuova marcia su Roma: la città venne presa, Silla fu nominato nemico pubblico, e molti dei suoi sostenitori morirono. Mario viene eletto console dall’86 a.C. fino all’84 a.C, anni in cui riuscì a colmare tutti i problemi economici e sociali, e un nuovo corpo d spedizione venne mandato in Oriente in sostituzione di quello Sillano. Verso la fine dell’84 a.C., alla notizia dell’imminente ritorno di Silla, Cinna cercò di anticiparlo ammassando le forze ad Ancona, ma fu ucciso da una rivolta dei suoi stessi soldati. Nell’86 a.C. due armate romane di opposte fazioni erano presenti in Grecia: quella di Silla e quella inviata da Cinna agli ordini di Flacco. Esse non si scontrarono mai, ma agirono parallelamente ricacciando Mitridate in Asia. Nell’85 a.C. venne firmata la pace a Dardano chiudendo la I guerra mitridatica: Mitridate conservava il suo regno, ma dovette evacuare il resto dell’Asia ed era obbligato a versare una forte indennità di guerra. Ma la pace non arrestò Mitriade, che continuò a rivoltarsi contro Roma, ma fu fermata da un intervento personali di Silla, fermando quella che viene definita II guerra mitridatica (83-81 a.C.). Silla tornò in Italia nell’83 a.C., sbarcando a Brindisi carico di bottino, dove fu raggiunto dal giovane Cneo Pompeo con tre legioni. Silla impiegò due anni a sconfiggere i suoi avversari, vittoria possibile grazie al futuro triumviro Marco Licinio Crasso nell’82 a.C. a Porta Collina. La crisi della Repubblica e le guerre civili (dai Gracchi ad Azio) – parte 3 7 In seguito mandò Cneo Pompeo a eliminare gli oppositori rifugiatisi in Africa e in Sicilia, e fu gratificato con l’epiteto di Magnus. Per rendere definitiva la sua vittoria, Silla introdusse le liste di proscrizione, elenchi in cui vi erano i nomi di avversari politici che chiunque poteva uccidere impunemente, i beni confiscati e i loro figli non potevano ricoprire alcuna carica politica. Le proscrizioni continuarono fino all’81 a.C., un certo numero di famiglie scomparve, altre si arricchì a loro spese. [Appiano, Le guerre civili] Considerando che i due consoli erano morti nel conflitto nell’82 a.C., Silla consigliò al senato di nominare l’interrex; la scelta cadde su Lucio Valerio Flacco il quale, invece di attenersi alla tradizione tenendo i comizi consolari nominando due consoli, presentò ai comizi la Lex Valeria: in seguito alla ricezione di una lettera da parte di Silla) nominò Silla “dittatore, con l’incarico di redigere leggi e organizzare lo Stato”; una dittatura a tempo illimitato. Carica che non andava contro il consolato che egli stesso ricoprì nell’80 a.C. Silla fece approvare diverse norme riformatrici:  Ogni proposta di legge avrebbe dovuto ottenere il consenso del senato prima di essere sottoposta al voto popolare  Il senato fu portato a 600 membri, tra cui suoi numerosi partigiani  Fu innalzato a otto il numero di pretori  Limitò con leggi apposite le eccessive ostentazioni di ricchezza da parte dell’aristocrazia  Furono totalmente ridimensionati i poteri dei tribuni della plebe, limitato il loro diritto di veto e annullato quello di fare leggi [Appiano, Le guerre civili] Nel 79 a.C. Silla, completata la riorganizzazione dello Stato, abdicò dalla dittatura spontaneamente, senza alcuna costrizione. Si dice che abbia dichiarato nel Foro, rinunciando al potere, di essere pronto a render conto dei propri atti se fosse stato richiesto. In seguito passeggiò con qualche amico per le vie della città, dove il popolo lo guardava ancora impaurito, nonostante fosse tornato ad essere un comune cittadino. Ritiratosi a vita privata morì l’anno dopo. Nel 78 a.C. Marco Emilio Lepido tentò subito di ridimensionare l’ordine sillano marciando su Roma con un contingente di ribelli Etruschi. La rivolta fu stroncata in poco tempo da Pompeo e Lepido fuggì in Sardegna. Nel 77 a.C. Sertonio, un generale Mariano che si era distinto nelle lotte contro Cimbri, Teutoni e nelle guerre civili, e divenuto governatore della Spagna Citeriore, aveva là creato una specie di stato mariano in esilio, controllava ormai praticamente tutta la penisola iberica, e fu raggiunto anche dalle truppe superstite di Lepido. Corsero voci a Roma di loro alleanze sia coi pirati che con Mitridate. Il senato decise a questo punto di inviare Pompeo in Spagna. Appena arrivato (76 a.C.) subì diverse sconfitte, ma ottenuti rinforzi nell’74 a.C. la situazione andò lentamente migliorando, mentre la popolarità di Sertonio andava rapidamente calando a causa delle dure condotte che imponeva. Furono orditi diversi complotti verso di lui, finché un suo generale, Peperna, lo uccise a tradimento nel 72 a.C.; l’anno successivo Pompeo giustiziò a sua volta Peperna, e nel 71 a.C. vinse le ultime sacche di resistenza. Nel 73 a.C. si ebbe la Terza rivolta servile scoppiata a Capua, in una scuola di gladiatori. I ribelli si erano asserragliati sul Vesuvio, dove furono raggiunti da altri gladiatori e schiavi confluiti dall’Italia meridionale. A capo della rivolta si posero due gladiatori: Spartaco, un trace, e Crisso, un gallo. La rivolta si estese ben presto a tutto il sud Italia, ma mancava tra i ribelli un piano preciso e unitario. Vagarono così per l’Italia spingendosi fino in Cisalpina per poi riscendere verso sud. Il senato affidò un considerevole esercito a Marco Licinio Crasso per sedare la rivolta. Crasso riuscì ad isolare Spartaco e i suoi in Calabria, dove li sconfisse pesantemente nel 71 a.C. e migliaia di prigionieri furono fatti crocifiggere da Crasso sulla via Appia, tra Roma e Capua. La crisi della Repubblica e le guerre civili (dai Gracchi ad Azio) – parte 3 1 0 Divenuto re Orode, Crasso decise di appoggiarne il fratello rivale, spingendosi in Mesopotamia senza incontrare resistenze; ma nel 53 a.C. Crasso fu ucciso durante uno scontro in Mesopotamia nord-occidentale, e l’accordo del primo triumvirato perde uno dei suoi componenti. Dal 54 a.C. cominciarono a venir meno i vincoli politici e familiari che legavano Cesare e Pompeo. La violenza e il caos politico dilagarono a Roma. Nel 53 a.C. venne proposto di nominare Pompeo dittatore. All’inizio del 52 a.C. l’anarchia giunse al culmine, vedendo le bande di Clodio e di Milone affrontarsi sulla via Appia, dove Clodio rimase ucciso. Pompeo venne nominato console senza collega; egli fece votare immediatamente leggi repressive contro la violenza e i brogli elettorali, che consentirono la condanna di Milone e il ristabilimento di un equilibrio precario. Cesare era stato ininterrottamente assente da Roma dal 58 a.C. e il suo mandato sarebbe scaduto secondo lo stesso Cesare alla fine del 49 a.C., mentre per i suoi avversari nel 50 a.C. A partire dal 51 a.C. cominciarono le discussioni sul termine dei poteri di Cesare. Nel 50 a.C. un tribuno della plebe, Caio Scribonio Curione, propose che per uscire dalla crisi si dovessero abolire sia i poteri di Cesare, che quelli di Pompeo. Nel dicembre di quell’anno i due proconsoli dovettero deporre le loro cariche e nel 49 a.C. Cesare fu intimato di deporre unilateralmente le sue cariche. Il senato votò il enatums consultum ultimum, affidando ai consoli e a Pompeo il compito di difendere lo Stato. Appresa questa decisione Cesare varcò in armi il Rubicone, dando così inizio alla guerra civile. Pompeo scappò a Brindisi per imbarcarsi verso Oriente. Cesare non riuscì a fermare Pompeo, e cominciò quindi ad affrontare la minaccia occidentale, rappresentata dalle forze pompeiani stanziate in Spagna; sconfisse i pompeiani spagnoli presso Ilerda con le sue truppe concentrate in Gallia, e tornato a Roma nel 49 a.C. si fece eleggere console per il successivo 48 a.C. Nel frattempo Pompeo aveva posto il suo quartiere a Tessalonica. Lo scontro tra i due avvenne a Farsalo, nell’agosto del 48 a.C. e si tradusse in una disfatta pompeiana. Pompeo fuggì verso l’Egitto dove morì appena sbarcato, ucciso per volere dei consiglieri del re, mentre era in corso una lotta dinastica tra Tolomeo XIII e la sorella Cleopatra VII. Anche Cesare sbarcò ad Alessandria, trattenendosi per un anno per aiutare Cleopatra VII ad ottenere il regno d’Egitto. Partito Cesare diede alla luce suo figlio, Tolomeo Cesare. Nell’autunno 47 a.C. Cesare sostò brevemente a Roma, e subito ripartì per l’Africa dove si erano rifugiati i pompeiani vinti, che si erano assicurati l’appoggio di Giuba, re di Numidia; dopo la vittoria ottenuta la Numidia divenne provincia romana. Nel 45 a.C. fu costretto a partire di nuovo per la Spagna per combattere i figli di Pompeo, Cneo e Sesto, che videro i loro eserciti distrutti. Nell’Ottobre del 48 a.C., mentre si trovava in Egitto, Cesare fu nominato dittatore per un anno. A metà del 46 a.C. gli fu conferita la dittatura per 10 anni. Nel 44 a.C. ricoprì il quinto consolato e fu nominato dittatore a vita. Già nel 49 a.C. aveva messo insieme un numero vastissimo di riforme: [Svetonio, Vita di Cesare]  Riformò il calendario che, a causa dei pontefici e dell’inserimento dei giorni intercalari, non prevedeva più la mietitura in estate e la vendemmia in autunno; inserì un giorno in più ogni 4 anni; aggiunse due mesi creando l’anno di 15 mesi.  Il senato fu portato a 900 membri.  Decretò che i debitori soddisfacessero i creditori attraverso una giusta valutazione dei possedimenti.  Per coloro che praticavano a Roma la medicina e le arti liberali accordò la cittadinanza.  Ridusse il numero di coloro che ricevevano il frumento in sovvenzione dallo stato, e per evitare futuri affollamenti, ogni anno i deceduti sarebbero stati sostituiti da cittadini che non erano rientrati nella lista dell’anno precedente.  Venne realizzato un vasto programma di colonizzazione e di distribuzione di terre ai veterani di Cesare per decongestionare l’Italia. La crisi della Repubblica e le guerre civili (dai Gracchi ad Azio) – parte 3 1 1  Inasprì le pene dei reati, e siccome i ricchi in caso di reato venivano esiliati mantenendo i loro patrimoni, fu stabilito che vi fosse attuata la confisca dei beni, totale per i parricidi e metà per i reati minori.  Inoltre fu proclamato il censimento obbligatorio per tutta la popolazione, entro 60 giorni dall’avviso; avrebbe avuto luogo in tutte le colonie, provincie, città ecc. L’eccessiva concentrazione di poteri e il fatto che ogni carriera politica potesse svolgersi solo con il suo appoggio, finirono con creare allarme, oltre che nei pompeiani superstiti, anche negli stessi sostenitori di Cesare. Venne allora ordinata una congiura nei suoi confronti prima della sua partenza per una campagna nel regno dei Parti (guidata da Marco Giunio Bruto, Caio Cassio Longino e Decimo Bruto). [Svetonio, Vita di Cesare] Visto tutto il potere che possedeva con le cariche che ricopriva, e proclamando egli stesso i ruoli che avrebbero ricoperto gli uomini da lui scelti, molti iniziarono a preoccuparsi. Inoltre ben presto sarebbe stato proclamato re in quanto i libri sacri affermavano che solo un re avrebbe potuto sconfiggere i Parti. Nel momento in cui il senato stava per affidargli la corona, egli fu ucciso, trafitto da 23 colpi, e solo al primo gemette; cerco di cadere nel modo più dignitoso possibile e dopo qualche tempo passato a giacere li, fu portato a casa. Alle idi di marzo del 44 a.C. Cesare venne ucciso. 4. Agonia della Repubblica Abbattuto Cesare, i congiurati non si erano però preoccupati di eliminare i suoi principali collaboratori: Marco Emilio Lepido e Marco Antonio i quali, dopo un primo sbandamento, cominciarono a riorganizzarsi. Antonio riuscì ad imporre una politica di compromesso, che venne ratificata dal senato e fu eletto console insieme a Publio Cornelio Dolabella. Fu stabilito che dopo il consolato ad Antonio sarebbe toccata la Macedonia, a Dolabella la Siria, e la dittatura venne abolita dalle cariche dello stato. Antonio si fece consegnare il testamento di Cesare, e per un anno attuò una serie di leggi che affermava di aver trovato nel testamento, che gli diedero molta approvazione. [Svetonio, Vita di Cesare] Per quanto riguarda la successione, Cesare aveva sempre affermato, anche davanti ai soldati, che il suo erede sarebbe stato Cneo Pompeo, ma nel suo ultimo testamento, morto senza figli legittimi (fatta eccezione del figlio avuto con Cleopatra), nominò come suo erede e figlio adottivo il pronipote Caio Ottavio, per i tre quarti dei beni. Inoltre il testamento prevedeva il lascito di 300 sesterzi a persona. Alle idi di Marzo Ottavio si trovava ad Apollonia (al confine con la Macedonia), per attendere il prozio e partire con lui verso il regno dei Parti. Appena saputo del testamento si diresse a Roma dove reclamò ufficialmente l’eredità. Entratone in possesso onorò i lasciti previsti dal testamento, ponendo come caposaldo del suo impegno politico la vendetta per l’uccisione di Cesare. Il senato vide in lui un mezzo per contrastare il potere crescente di Antonio. Questi nel frattempo, per poter controllare più da vicino l’Italia allo scadere del suo consolato, si era fatto assegnare le due provincie della Gallia Cisalpina e della Gallia Comata. [Plutarco, Vita di Antonio] appena il nuovo Cesare si recò da Antonio, amico del padre, per avere il denaro per il popolo, Antonio lo lasciò perdere per un po’ pensando che ancora era troppo giovane per un posto importante, e lo contrastò con ogni mezzo anche quando volle candidarsi come tribuno della plebe. Così il giovane Cesare iniziò a stringere amicizia con Cicerone e con coloro che odiavano Antonio, ottenendo anche l’amicizia del senato. Si sparse la voce che Cesare stesse complottando contro Antonio così egli si rifugiò sul Campidoglio radunando i soldati delle colonie; nonostante Cesare cercò di dissuaderlo e discolparsi, Antonio non gli credette, e Cicerone, molto influente, convinse il senato ad inviare i due consoli a sconfiggere Antonio. Durante la guerra di Modena, alla quale La crisi della Repubblica e le guerre civili (dai Gracchi ad Azio) – parte 3 1 2 partecipò anche Cesare, i nemici furono sconfitti ma contemporaneamente morirono anche i consoli. Antonio riuscì a scappare, ma incontrò molte difficoltà durante il percorso, soprattutto la fame. Quando Antonio mosse verso la Gallia Cisalpina, il governatore originariamente designato, Decimo Bruto, rifiutò di cedergliela e si rifugiò a Modena dove nel 43 a.C. scoppiò appunto la Guerra di Modena: Il senato ordinò ai due consoli Aulo Irzio e Caio Vibio Pansa di muovere in soccorso di Bruto; ad essi venne associato Ottavio. Vicino a Modena Antonio fu battuto e fu costretto a ritirarsi verso la Narbonese. Poiché entrambi i consoli erano morti, Ottavio chiese al senato il consolato per sé e ricompense verso i suoi soldati. Al rifiuto, non esitò a marciare su Roma. Nell’Agosto del 43 a.C., Ottavio venne eletto console insieme al cugino Quinto Pedio. I due consoli istituirono immediatamente un tribunale speciale per perseguire gli assassini di Cesare. Nel frattempo in Gallia Antonio si era ricongiunto con Lepido. Nell’Ottobre del 43 a.C. Ottavio (Ottaviano), Antonio e Lepido si incontrarono nei pressi di Modena dove stipularono il secondo Triumvirato, valido fino alla fine del 38 a.C. [Appiano, Le guerre civili] Cesare prese posto per primo al centro vista la sua carica di console; l’incontro durò due giorni, dall’alba al tramonto:  Cesare doveva deporre il consolato  Doveva essere istituita una nuova magistratura che sarebbe stata sostituita alla denominazione di “dittatura”, ma che aveva quasi gli stessi poteri  Antonio conservava il governatorato di tutta la Gallia, ad esclusione della Gallia Antica  Lepido ottenne la Gallia Antica e la Spagna  Ottaviano (o Cesare) ebbe l’Africa, la Sicilia, la Sardegna e la Corsica [Appiano, Le guerre civili] Vennero resuscitate le liste di proscrizione, con i nomi degli assassini di Cesare e dei nemici dei Triumviri; in seguito furono aggiunti anche nomi di persone che rappresentavano semplicemente un ostacolo, o nomi di amici di nemici, o anche solo nomi di persone ricche, per poterne confiscare i beni e dare un po’ di sollievo all’Italia, ormai stanca di guerre ed esanzioni. Centinaia di senatori e cavalieri furono uccisi e i loro beni confiscati (tra essi Cicerone). I triumviri poterono rivolgere ora le armi verso Oriente, dove i cesaricidi Bruto e Cassio si erano costituiti una solida base di potere. Nel 42 a.C., dopo aver divinizzato Cesare, Antonio e Ottaviano partirono alla volta della Grecia. Lo scontro decisivo ebbe luogo a Filippi, nell’ottobre del 42 a.C.: Ottaviano si trovò subito in difficoltà, ma Cassio, battuto da Antonio e credendo che anche Bruto fosse stato ucciso, si tolse la vita. Bruto, sconfitto definitivamente, si suicidò a sua volta. Le proscrizioni, le guerre intestine e Filippi avevano decimato spaventosamente l’opposizione senatoria più conservatrice: il loro posto venne preso da una nuova aristocrazia, formata da persone di fiducia dei triumviri. Dallo scontro coi cesaricidi usciva nettamente rafforzato Antonio; egli infatti:  si riservò il comando su tutto l’Oriente  A Lepido fu assegnata l’Africa  A Ottaviano la Spagna, insieme al compito di sistemare in Italia i veterani delle legioni; questo compito fu particolarmente arduo, perché l’agro pubblico sulla penisola era pressoché terminato, così si dovette procedere con l’espropriazione dei terreni nei territori delle 18 città che erano state destinate allo scopo. Tale decisione però portò, nel 41 a.C., a delle rivolte dei proprietari terrieri. Ottaviano fu costretto ad affrontare gli insorti, che si chiusero a Perugia (inverno 41-40 a.C.); dopo un feroce assedio la città fu espugnata. [Cassio Dione, Storia romana] Gli abitanti di Norcia vennero ad un accordo per non subire danni, ma quando dovettero seppellire i defunti, scrissero sulle loro tombe che essi erano coloro che avevano lottato per la libertà contro Ottaviano; così furono condannati al pagamento di una penale così alta che furono costretti ad abbandonare la loro città e il territorio circostante.
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