Docsity
Docsity

Prepara i tuoi esami
Prepara i tuoi esami

Studia grazie alle numerose risorse presenti su Docsity


Ottieni i punti per scaricare
Ottieni i punti per scaricare

Guadagna punti aiutando altri studenti oppure acquistali con un piano Premium


Guide e consigli
Guide e consigli

Storia Romana riassunto manuale Geraci Marcone, Appunti di Storia Romana

Riassunto manuale di Storia Romana Giovanni Geraci e Arnaldo Marcone. 1- I popoli dell’Italia antica e le origini di Roma; 2- La Repubblica di Roma dalle origini ai Gracchi; 3- La crisi della Repubblica e le guerre civili (dai Gracchi ad Azio); 4- L’impero da Augusto alla crisi del III secolo; 5- Crisi e rinnovamento (III-IV secolo d.C.)

Tipologia: Appunti

2019/2020

Caricato il 10/09/2020

Esummaries
Esummaries 🇮🇹

4.6

(25)

9 documenti

1 / 144

Toggle sidebar

Spesso scaricati insieme


Documenti correlati


Anteprima parziale del testo

Scarica Storia Romana riassunto manuale Geraci Marcone e più Appunti in PDF di Storia Romana solo su Docsity! Storia Romana Parte prima: I popoli dell’Italia antica e le origini di Roma  Capitolo 1: L’Italia preromana Tra il III e I millennio a.C. nella penisola italiana si assiste a uno sviluppo di notevoli proporzioni. Dall’età del bronzo medio (XVII-XIV a.C.) e l’età del ferro (IX a.C) si passa da una miriade di gruppi umani di piccole dimensioni a forme complesse di organizzazione protostatale : avvicinamento al modello della cultura del Vicino Oriente e dell’Egitto. L’Italia nell’età del bronzo si caratterizza per la sua uniformità. I siti risultano dislocati ovunque nella penisola, ma prevalentemente lungo la dorsale montuosa (tale cultura è detta «appenninica») . Incremento demografico: il numero degli insediamenti si riduce e quelli che sopravvivono si estendono; conseguenza: sfruttamento intensivo delle risorse disponibili. (Es.: la cultura «terramaicola»). Età del Bronzo: circolazione prodotti e persone; tali contatti favorirono il formarsi di aggregazioni più consistenti, con differenziazioni al loro interno e poteri politici più forti. Con l’età del Ferro: l’Italia presenta un quadro differenziato di culture locali circa le modalità di sepoltura: cremazione (Italia Settentrionale e costa Tirrenica sino alla Campania); inumazione. Culture con caratteri distintivi: «Golasecca» fra Piemonte e Lombardia; «cultura d’Este» vicino a Padova; «Villanoviana» (dal nome di una necropoli rivenuta nell’omonima località nei pressi di Bologna) in Etruria ed Emilia; erano capaci di fabbricare utensili e armi in ferro, insediati in villaggi; sepolture con raccolta di ceneri in urne e tombe a pozzo. Quadro linguistico variegato a causa dell’arrivo nella penisola di gruppi etnici di varia provenienza: lingue riconducibili alla famiglia indoeuropea(latino e falisco,celtico ,messapico) e non indoeuropea (etrusco, ligure , sardo). “Indoeuropeo” è una denominazione convenzionale di una popolazione vissuta in un’epoca molto remota ,in genere nella pianura russa. Gli indoeuropei si spostarono dalle loro sedi in varie direzioni,imponendo la loro lingua ai popoli conquistati. Tra le culture dell’Italia preromana: le colonie della Magna Grecia,in Italia Meridionale : Taranto, Crotone, Sibari, Locri, Reggio, Napoli, Siracusa, Agrigento che influenzarono le popolazioni indigene. In Sicilia le colonie fenicie (Mozia, Palermo, Solunto). Un posto a parte la Civiltà dei Sardi (civiltà nuragica) nota per i “nuraghi” (=accumulo di ruderi di pietre) : torre a forma di tronco di cono , nata con scopo difensivo e successivamente di controllo sulle attività economiche). Fu influenzata da alcuni insediamenti fenici: Tharros, Sulcis e Nora. Le origini dei popoli italici ci vengono documentate da fonti letterarie e storiografiche, es. storico greco Dionigi di Alicarnasso (I a.C.). Momento di svolta attribuito all’opera esclusiva di un unico personaggio dai tratti mitici (popolo dell’Arcadia guidato da Enotro). Ma non è molto plausibile: i dati archeologici lasciano presupporre l’arrivo di una cultura dai tratti indigeni. Tuttavia nel racconto c’è un residuo di verità storica: inizia la frequentazione commerciale delle coste del meridione italico e accertabile è la descrizione dell’insediamento: sulle creste delle valli scavate dai corsi d’acqua per favorire difesa e controllo del territorio agricolo. VII-V a.C.: grande fenomeno espansivo delle popolazioni dell’Appenino centro-meridionale. Versante tirrenico: i Sabini entrano nella Roma dei Latini e Equi, Ernici e Volsci in Lazio. V-IV a.C.: apice, espansionismo dei Sanniti. Sul versante Adriatico: civiltà picena dove si sviluppa l’artigianato locale e nove forme artistiche. La versione più nota della leggenda delle origini di Roma inserisce la fondazione di Alba Longa e la dinastia dei re albani tra l’arrivo di Enea nel Lazio e il regno di Romolo. Secondo la leggenda fondatore e primo re di Roma è Romolo,figlio di Marte e di Rea Silvia (figlia dell’ultimo re di Alba Longa). I sette re di Roma:  Monarchia Romana = 754-509 a.C. 1. Romolo: è il fondatore; creazione prime istituzioni politiche (tra cui un senato di cento membri). 2. Numa Pompilio: primi istituti religiosi. 3. Tullo Ostilio: campagne militari di conquista (tra cui la distruzione di Alba Longa). 4. Anco Marcio: fonda la colonia di Ostia. 5. Tarquino Prisco: con lui seconda fase della Monarchia romana; Opere pubbliche. 6. Servio Tullio: costruzione prime mura della città (dette serviane); istituzione comizi centuriati (la più importante assemblea elettorale romana). 7. Tarquino il Superbo: ultimo sovrano che assume tratti tipici del tiranno. La fondazione di Roma: Roma sorge a ridosso del basso corso del Tevere,in una posizione di confine tra la zona etrusca e il Lazio antico; la nascita delle città dovette essere piuttosto il risultato di un processo lento e graduale. Alcuni villaggi situati sul colle Palatino possono essere considerati il nucleo originario della futura Roma (la cui storia iniziò in senso stretto attorno al VIII secolo a.C.). Il Palatino, in origine, articolato in 3 alture separate : il Palatium; il Germanico che guarda il Foro e il Campidoglio; e infine la Velia. Non siamo in grado di stabilire con sicurezza quale sia l’origine del nome “Roma”, tra le possibilità,quella che derivi dalla parola ruma (‘mammella’,nel senso di collina), oppure da Rumon (‘fiume Tevere’). Muro di Romolo: verso la metà del VIII secolo a.C. un re sacerdote eponimo avrebbe celebrato un rito di fondazione tracciando con l’aratro i limiti della città. Nella fondazione di una città,dal punto di vista religioso, fondamentale è il pomerio (‘che si trova al di là del muro’). Era una linea sacra che ne delimitava il perimetro in corrispondenza con le mura. In un secondo momento separava le case dalle mura stesse,dove non era permesso fabbricare, seppellire e piantare alberi. Non sempre coincideva con le mura: era tracciato secondo gli auspici che avevano preso gli àuguri. Le mura invece rispondevano a esigenze di difesa. Poteva così capitare che fra le due linee ci fosse una notevole distanza. L’area del pomerio era delimitata da cippi infissi nel terreno; in caso di ampliamento (l’ultimo avvenne con l’imperatore Aureliano),i vecchi cippi venivano conservati,in quanto oggetti sacri. Lo Stato Romano arcaico: A capo della famiglia c’era il pater,con potere assoluto su tutti i suoi componenti (anche schiavi e clienti). Tutte le famiglie con un antenato comune appartenevano alla stessa gens,un gruppo organizzato politicamente e religiosamente. La popolazione divisa in gruppi religiosi e militari, detti «curie», a esclusione degli schiavi.Sono il fondamento della più antica assemblea politica cittadina: i comizi curiati (votavano la lex de imperio). Le tribù (fondate da Romolo) erano 3: Tities, Ramnes, Luceres. Successivamente ogni tribù fu divisa in dieci curie, e da ogni tribù furono scelti cento senatori (in totale 300= assemblea degli anziani). Ogni tribù prestava un contingente di cavalleria e uno di fanteria, rispettivamente di cento e mille uomini; la legione risultava composta di tremila fanti e trecento cavalieri. La Monarchia Romana era elettiva : l’elezione del re era demandata all’assemblea dei rappresentanti delle famiglie più in vista. Il re affiancato da un consiglio di anziani (composto dai patres),quello che sarebbe poi stato il senato. Era anche capo religioso , affiancato, nella celebrazione del culto, dai collegi sacerdotali :  Pontefici = interpreti delle norme giuridiche;  Auguri = interpretare la volontà divina;  Vestali = custodire il fuoco sacro che ardeva ne tempio di Vesta. Rex sacrorum: il sacerdote aveva il compito di dare realizzazione ai riti prima eseguiti dal re. Interrex: magistrato che subentrava nel caso di indisponibilità di entrambi i consoli. Divisione sociale tra : Patrizi (discendenti dei primi senatori) e plebei. I nomi dei primi consoli sono plebei e anche di alcuni re (Anco Marcio). Roma subisce l’influenza etrusca , infatti nel VI secolo a.C. fu sotto il controllo etrusco. Anche Tarquinio Prisco fu etrusco. Servio Tullio (Mastarna), era,invece, nato da una schiava e da un Tullio signore di Cornicoli . Fu molto caro alla moglie di Tarquinio e fu educato alla cortedel re,del quale sposò una delle figlie. Tarquinio fu assassinato dai figli di Anco Marcio e Servio assunse i poteri regi, senza la nomina da parte dell’interrex (successione illegittima). Quanto a Tarquinio il Superbo: connotati del tiranno greco. Secondo la tradizione fu cacciato da una congiura capeggiata da Publio Valerio. Di influenza etrusca sono:  Le insegne del potere regio : corona,trono,manto,scettro,fasci. In questo periodo dovette essere costruita la sed ufficiale del re: la regia. Viene definita la sede della vita politica : il comitium; e di fronte ad essa la prima sede per le assemblee del senato: la curia Hostilia. La tradizione attribuisce a Tarquinio Prisco l’aumento del numero dei senatori e a Servio Tullio l’ordinamento centuriato che prevedeva l’organizzazione della popolazione in classi , a loro volta articolate in Roma al tempo dei Tarquini: grande espansionismo e conquiste che aprirono la via al possesso delle saline. Passa da un raggio di 20 km ai 90. Roma è già la città più estesa del Lazio. Parte seconda: La Repubblica di Roma dalle origini ai Gracchi  Capitolo 1: La nascita della Repubblica Secondo la storiografia antica,Sesto Tarquinio,figlio dell’ultimo re etrusco di Roma, respinto dall’aristocratica Lucrezia, violenta la giovane. Questa prima di suicidarsi,narra il misfatto al padre,al marito e ai loro amici. Guidati da questi aristocratici scoppia una rivolta che porta alla caduta della monarchia nel 510 a.C. In quel momento Tarquinio il Superbo,impegnato in operazioni militari,non è in grado di rispondere con prontezza. Nel 509 a.C., primo anno della Repubblica, i poteri del re passano a due magistrati eletti dal popolo : i consoli. Uno dei quali è Bruto. Numerose incertezze sulla narrazione, la quale è ricca di elementi di drammatizzazione. In ogni caso non spiega i motivi profondi. Si può pensare piuttosto a una rivolta del patriziato contro un regime che aveva accentuato i suoi caratteri autocratici. La repubblica fu quindi il risultato di un evento traumatico. Il passaggio non fu sicuramente immediato; molti ritengono che dopo la cacciata dei Tarquini ci fu un breve periodo in cui Roma appare in balìa di re e condottieri I Fasti sono liste di magistrati eponimi (danno il nome all’anno in corso) della Repubblica. I più importanti sono quelli Capitolini, qui troviamo una cronologia elaborata da Varrone, che fissa la fondazione di Roma nel 753 a.C. e il primo anno della Repubblica nel 509 a.C. Tuttavia, questa riporta alcune sfasature con altre cronologie. Queste incongruenze hanno suscitato dubbi sull’attendibilità delle liste di magistrati; in particolare per la presenza di presunti plebei fra i consoli del V sec a.C. (tra le ipotesi: gentes omonime; confini tra patrizi e plebei non ancora ben delineati nella prima fase repubblicana). Curiosa coincidenza cronologica tra la storia di Roma e quella di Atene (nel 510 il tiranno Ippia era stato cacciato da Atene); sospetto che la cronologia della caduta di Tarquinio sia stata adattata per creare un parallelismo con le vicende della polis greca. Poteri nella Repubblica: I poteri del re passano a 2 consules, o meglio praetores. Eletti dai comizi centuriati, ai CONSOLI spettava:  Il comando dell’esercito;  Mantenimento ordine della città;  Esercitazione della giurisdizione civile e criminale;  Convocare il senato e le assemblee popolari;  Censimento;  Compilazione liste dei senatori;  Funzione eponima. Alcune competenze religiose (dei monarchi) non vengono estese ai consoli, ma a un sacerdote di nuova istituzione: il rex sacrorum, il quale non poteva rivestire cariche di natura politica. A lui si affiancano pontefici e àuguri. Ai consoli spettava: il controllo sugli auspici (interpretare la volontà degli dèi). Limiti dei consoli:  Annualità: durata della carica 1 anno;  Collegialità: ciascuno dei magistrati aveva eguale potere e poteva opporsi all’azione del collega qualora la ritenesse dannosa;  Provocatio ad populum: possibilità per ogni cittadino di appellarsi al giudizio dell’assemblea popolare contro le condanne inflitte dal console. Il diritto di appello al popolo era ritenuto, dagli antichi, fondamento della libertà repubblicana.  Età minima: 42 anni Dubbio: inizialmente un solo magistrato, eventualmente affiancato da alcuni assistenti e solo all’indomani del Decemvirato del 450 a.C (o nel 367 a.C con le leggi Licine Sestie) sarebbe stata creata la magistratura collegiale del consolato, con due magistrati dotati di pari poteri. Le altre magistrature: si caratterizzano anch’esse per annualità e collegialità. Le magistrature si dividevano in: ♦ Ordinarie-permanenti (consolato, pretura, edilità, questura) venivano eletti ogni anno e stavano in carica un anno; ♦ Ordinarie non permanenti (censura) il censimento veniva fatto ogni 5 anni stava in carica per 18 mesi; ♦ Magistratura straordinaria (dittatura). Stava in carica 6 mesi.  Questori:  Numero: 2, il loro numero aumenta nel corso del tempo;  Età minima: 30 anni;  Durata carica: 1 anno;  Elezione: in origine forse dai consoli, poi eletti dai comizi tributi;  Poteri: assistevano i consoli nella sfera delle attività finanziarie (questori finanziari); Quaestores parricidii: istruire i processi per i delitti di sangue che coinvolgessero i parenti. Il reato di alto tradimento spettava al collegio dei duoviri perduellionis.  Pretura: Si distingue in : Urbana (giustizia tra Roma e i suoi cittadini); Peregrina (giustizia tra stranieri e romani e tra stranieri entrambi residenti a Roma) ;Provinciale (per le province).  Numero: 1 urbano + 1 peregrino + 4 provinciali;  Età minima: 39 anni;  Durata carica: 1 anno; Nel caso in cui si verificassero prodigi nefasti (rapporto tra città e dèi incrinato) il senato poteva decidere di consultare i Libri per trovare rimedio alla soluzione.  Aruspici: interpretano la volontà divina mediante l’esame delle viscere delle vittime sacrificali (disciplina che trova le sue origini in Etruria);  Feziali: funzione in politica estera; avevano il compito di dichiarare guerra, assicurando così a Roma il favore degli dèi nel conflitto che si stava aprendo (Bellum iustum= ‘guerra dichiarata secondo le corrette formalità’). Ma anche il compito di : richiesta di riparazioni; ultimatum; conclusione di un trattato. Il Senato: il vecchio consiglio regio formato dai capi delle famiglie nobili (patres) ,sopravvisse alla caduta della monarchia ,anzi divenne il perno della nuova Repubblica a guida patrizia (patricii). Era composto da ex magistrati e la carica era vitalizia. Era in possesso della auctoritas patrum = diritto di sanzione. Oltre alle magistrature e al senato, pilastro della Repubblica sono anche le assemblee popolari. Non tutta la popolazione poteva farne parte, erano riservati a maschi adulti di libera condizione e in possesso della cittadinanza. La cittadinanza romana si acquisiva per diritto di nascita. Tuttavia, Roma manifesta una grande apertura con le città greche, latine e comunità dell’Italia centrale. Interessante anche il fatto che i liberti (schiavi liberati) avevano pieni diritti civici.  Comizi curiati: la più antica assemblea di Roma.  Compito: conferire i poteri ai nuovi magistrati (lex curiata de impero --> divenne solo una formalità).  Comizi centuriati: l’assemblea più importante di Roma nella prima età repubblicana Fondati su una ripartizione della cittadinanza in classi di censo e a loro volta in centurie. Le risoluzioni sono prese a maggioranza delle unità di voto costituite dalle centurie (così vantaggio all’elemento più anziano della cittadinanza). Le centurie non avevano eguale numero di componenti: le persone dotate di censo più alto, seniores (46-60 anni), erano molte meno rispetto ai cittadini meno ricchi, iuniores (17-45 anni).  Funzione comizi centuriati: elettorale; eleggevano consoli e magistrati superiori.  Comizi tributi: ultimi per data di creazione.  Funzione: elezione questori e magistrati minori; funzione legislativa;  Il popolo votava per tribù (a seconda dell’iscrizione in una di quelle tribù territoriali, già istituite da Servio Tullio). Il meccanismo di voto è più democratico rispetto ai comizi centuriati, ma anche qui forma disuguaglianza: il numero delle tribù urbane fu sempre 4, rispetto al numero delle tribù rustiche che passò da 16 a 31. In tal modo la popolazione delle campagne si trovò ad avere nei comizi tributi un peso maggiore rispetto alla popolazione urbana. Limiti assemblee popolari:  Non potevano autoconvocarsi e assumere iniziative autonome. Spettava ai magistrati che le presiedevano indire l’adunanza, stabilire l’ordine del giorno, sottoporre al voto le proposte di legge, che l’assemblea poteva accettare o respingere ma non modificare.  Capitolo 2: Il conflitto tra patrizi e plebei Il periodo che va dalla Repubblica al 287 a.C è dominato da numerose guerre e contrasti civili,che opposero patriziato e plebe (i “non patrizi”). Il problema economico: la caduta dei Tarquini ebbe pesanti ripercussioni nella situazione economica di Roma. La sconfitta subita dagli Etruschi (a opera di Ierone di Siracusa) nel 474 a.C. portò al crollo del dominio etrusco in Campania,causando un grave danno per Roma, che era prosperata dalla sua funzione di punto di passaggio sul Tevere lungo la via che conduceva dall’Etruria alle città etrusche della Campania. La vendita del sale (saline di Ostia) soffrì per le ostilità con i Sabini che controllavano la via Salaria. Lo stato di guerra tra Roma e i suoi vicini provocò continue razzie e devastazioni dei campi. Le vicende esterne conseguono pesanti ripercussioni interne: le annate di cattivo raccolto provocarono gravi carestie; la popolazione, indebolita dalla fame, venne colpita ripetutamente da epidemie. I soggetti più a rischio erano i piccoli agricoltori che avevano minori possibilità di fronteggiare le difficoltà, e spesso per sopravvivere erano costretti a indebitarsi con i ricchi proprietari terrieri. Il debitore incapace di estinguere il proprio debito era costretto a porsi al servizio del creditore; era l’istituto del nexum che riduceva il debitore ad una condizione non dissimile da quella di uno schiavo. Addirittura, egli poteva essere venduto in terra straniera , o essere messo a morte. Davanti alla crisi economica, le richieste della plebe si facevano sempre più forti: misure più tollerabili sui debiti e equa distribuzione dei terreni di proprietà dello Stato. Dal punto di vista politico: parificazione dei diritti politici tra i due ordini; codice scritto di leggi. La seconda secessione: è la violenza nei confronti d una giovane a far precipitare la situazione; le insidie portate da Appio Claudio a Virginia,figlia di un valoroso centurione, provocano una seconda secessione, a seguito della quale i decemviri sono costretti a deporre i loro poteri. Il consolato è ripristinato e i massimi magistrati del 449 a.C. , M.Orazio e L.Valerio, fanno approvare delle leggi in cui si riconosce l’apporto della plebe nella lotta contro il tentativo rivoluzionario dei decemviri: inviolabilità tribuni della plebe; proibita la creazione di magistrature contro le quali non valesse il diritto di appello; plebisciti votati dall’assemblea della plebe vincolanti per l’intera cittadinanza. La norma che proibiva i matrimoni tra patrizi e plebei venne abrogata nel 445 a.C. ,plebiscito Canuleio, fatto votare da M.Canuleio. Conseguenza: il sangue della plebe poteva mescolarsi con quello del patriziato : difficile escludere un plebeo dagli auspicia e dal consolato. Il patriziato, visto minacciato il suo monopolio sul consolato, ricorre a un espediente: a partire dal 444 a.C. , di anno in anno, il senato decide se alla testa dello Stato vi debbano essere due consoli, con il diritto di prendere gli auspici e provenienti dal patriziato, oppure un certo numero di tribuni militari con poteri consolari,che possono anche essere plebei,ma non hanno il potere di trarre gli auspici. Il nuovo ordinamento rimane in vigore fino ale 367 a.C. Creando il tribunato consolare accessibile alla plebe, i patrizi perdevano il controllo sulla massima magistratura repubblicana. Il primo venne eletto,però,solo nel 400 a.C. (probabilmente perchè tra il 444-367 a.C. , i consoli non siano stati sostituiti,ma affiancati dai tribuni consolari). Il patriziato,fino al 401 a.C. riuscì a riservare i poteri consolari unicamente ai tribuni militum provenienti dal loro ordine. Spurio Melio,ricco plebeo, nel 440 a.C. intervenne per rimediare agli effetti di una carestia distribuendo a proprie spese un forte quantitativo di grano ai poveri. Questa venne vista come una mossa per assumere la tirannide: giustiziato. Le leggi Licinie Sestie: Il problema economico e politico permaneva. Nel 387 a.C. , per rispondere alla fame di terra della plebe, il territorio di Veio e di Capena,conquistato pochi anni prima viene suddiviso in piccoli appezzamenti e distribuito ai cittadini romani, con la creazione di 4 nuove tribù territoriali. Non fu tuttavia sufficiente. Pochi anni dopo il patrizio M.Manlio Capitolino propose una riduzione o la totale cancellazione dei debiti e una nuova legge agraria. Anche questo venne liquidato, poiché accusato di aspirare alla tirannide. Qualche anno dopo l’iniziativa tornò ai riformisti, ai tribuni della plebe Caio Licinio Stolone e Lucio Sestio Laterano. Presentarono proposte concernenti il problema dei debiti, la distribuzione delle terre e l’accesso dei plebei al consolato. I patrizi resistettero ,riuscendo a guadagnarsi l’appoggio di qualche tribuno della plebe. D’altra parte Licinio e Sestio vennero rieletti per diversi anni consecutivi al tribunato. Nel 367 a.C. Marco Furio Camillo venne chiamato alla dittatura per sciogliere una situazione divenuta ormai insostenibile. Le proposte di Licinio e Sestio assunsero valore di legge; Le leggi Licinie Sestie prevedevano:  che gli interessi che i debitori avevano già pagato sulle somme avute in prestito potessero essere detratti dal totale del capitale dovuto e che il debito residuo fosse estinguibile in 3 rate annuali.  Stabilivano inoltre la massima estensione di terreno di proprietà statale che poteva essere occupato da un privato.  Infine sancivano l’abolizione del tribunato militare con potestà consolare e la reintegrazione alla testa dello stato dei consoli, uno dei quali doveva essere plebeo (ma non si escludeva che entrambi i magistrati potessero essere patrizi). Nel 366 a.C. vennero create 2 nuove cariche (inizialmente riservate ai patrizi; una sorta di compenso alla perdita del monopolio sul consolato):  Pretore: amministra la giustizia; dotato di imperium.  2 edili curuli: organizzare il Ludi maximi. Queste leggi segnano un nuovo equilibrio tra patrizi e plebei. Nel 366 a.C, Sestio si avvale della legge da lui stesso creata e diviene il primo console plebeo. Tuttavia, la prima coppia di consoli plebei fu solo nel 172 a.C. Nei decenni successivi i plebei ebbero accesso a tutte le altre cariche dello Stato. Nel 366a.C si decise che gli edili curuli sarebbero stati scelti ad anni alterni tra patrizi e plebei; 356 a.C primo dittatore plebeo: Caio Marcio Rutilio e nel 351 a.C divenne il primo plebeo a rivestire la censura. Nel 399 a.C il dittatore plebeo Quinto Publilio Filone fece passare una legge che toglieva al senato il diritto di veto. Divenne poi primo pretore plebeo. Nel 300 a.C. un plebiscito Ogulnio consentì ai plebei l’ingresso ai collegi sacerdotali dei pontefici e degli àuguri. Fino all’ingresso in senato. Nel 326 a.C legge Petalia abolisce la servitù per debiti. Ma la vera risposta ai problemi economici della plebe venne dalle conquiste,che misero a disposizione vaste estensioni di terre,divise e assegnate individualmente, o sfruttate per la creazione di colonie. La censura di Appio Claudio Cieco: nel compilare la lista dei senatori vi avrebbe incluso persone abbienti che non avevano ancora rivestito alcuna magistratura. Scopo: favorire i membri della plebe urbana, che costituivano la maggioranza dei votanti,consentendo loro di iscriversi in una qualsiasi delle unità esistenti (prima erano obbligati a registrarsi nelle sole 4 tribù urbane). Entrambe le riforme caddero. I consoli del 311 a.C. rifiutarono di riconoscere la nuova lista di senatori stilata da Appio Claudio e continuarono a convocare il senato sulla basse dei vecchi elenchi.  Lo ius commercii: il diritto di siglare contratti fra cittadini appartenenti a comunità diverse;  Ius migrationis: un latino poteva assumere pieni diritti civici in una comunità diversa da quella in cui era nato, semplicemente prendendovi residenza. La lega latina diede buona prova sul campo di battaglia sconfiggendo Arrunte (figlio di Porsenna) nella battaglia di Aricia. Qualche anno più tardi la Lega tentò di attaccare Roma: secondo la tradizione la guerra sarebbe stata suscitata da Ottavo Mamilio di Tuscolo,con la speranza di collocare su trono di Roma il proprio suocero, Tarquinio il Superbo. In una leggendaria battaglia nel 496 a.C. sul lago Regilio i Romani sconfissero le forze della Lega. Venne stipulato un trattato nel 493 a.C., il Trattato Cassiano,in quanto venne emanato dal console di quel’anno Sp. Cassio e che avrebbe regolato i rapporti tra Roma e il Latini per i successivi 150 anni. Prevdeva un accordo bilaterale tra Roma e Lega Latina :  Mantenere tra loro la pace;  Comporre amichevolmente eventuali dispute commerciali;  Prestarsi aiuto nel caso una delle due fosse stata attaccata;  Bottino delle campagne suddiviso equamente; Tra gli strumenti più efficaci è la fondazione di colonie sul territorio strappato ai nemici. I cittadini dei nuovi centri provenivano sia da Roma che da altre comunità latine. Si deve parlare di colonie latine dal momento che le nuove città entravano a far parte della Lega latina e godevano dei diritti corrispondenti. Nel 486 a.C. Roma completa il suo sistema di alleanze stringendo un accordo con gli Ernici; i terini dell’alleanza sarebbero stati gli stessi del trattato Cassiano (foedus Cassianum). I conflitti con Sabini,Equi e Volsci: L’alleanza tra Roma e la Lega si rivelò preziosa per fronteggiare la minaccia proveniente da tre popolazioni che dagli Appennini premevano verso Occidente, verso il Lazio: Sabini,Equi e Volsci. Le loro sedi non erano in grado di assicurare la sopravvivenza, unica soluzione migrare verso terre più fertili (prima vera sacra). V secolo, una serie di conflitti tra Roma e queste popolazioni, spesso a favore di Roma e dei suoi alleati, ma mai giunse a una svolta definitiva. Il primo popolo che si incontra è quello dei Volsci,che riuscì ad occupare la pianura Pontina e alcune città latine. In partica, in pochi anni, tutta a parte meridionale del Lazio. Gli Equi conquistarono la regione dei monti Prenestini e due importanti città latine: Tivoli e Preneste, e minacciando Tuscolo. Gli alleati Romani,Latini e Ernici riuscirono a bloccare gli Equi ai colli Albani. Più a nord, i Sabini, minacciano direttamente Roma. Il conflitto con Veio: Intanto Roma,si trovava sola ad affrontare un’altra minaccia: la potente città di Veio,sua rivale nel controllo delle vie di comunicazione lungo il basso corso del Tevere e delle saline. Durò per l’intero V secolo, per concludersi solo all’inizio del secolo seguente, e sfociò in 3 guerre: 1. 483-474 a.C : i Veienti occupano un avamposto sulla riva sinistra, la riva latina,del Tevere: Fidene. L’esercito romano venne annientato sul fiume Cremara. 2. 437-426 a.C. : i Romani riuscirono a rivendicare la sconfitta: il romano Aulo Cornelio Cosso uccise il tiranno di Veio. Fidene venne conquistata e distrutta dai Romani. 3. 405-394 a.C : il teatro delle operazioni si spostò lungo le mura stesse della città di Veio, assediata per 10 anni di Romani,poi presa e distrutta. Il conquistatore di Veio è riconosciuto in Marco Furio Camillo. La presa di Veio segna una svolta importante per Roma: il lungo assedio aveva tenuto per molto tempo i soldati romani lontani dai loro campi. Per questo venne introdotta una paga,detta stipendium. Per far fronte alle spese militare venne introdotta una tassa straordinaria: il tributum, che gravava sulle diverse classi dell’ordinamento censitario,a seconda delle loro proprietà. Ogni centuria doveva versare la medesima somma: la tassazione quindi colpiva più pesantemente le classi di censo più facoltose (che erano la maggioranza delle centurie), che ebbero quindi maggiori obblighi militari e politici. L’invasione gallica: Evento improvviso e drammatico: la calata dei Galli sulla città. Nei decenni precedenti diverse tribù galliche si erano insediate nell’Italia Settentrionale; l’ultima quella dei Senoni. Nel 390 a.C. i Senoni invasero l’Italia centrale e attaccarono Roma. Il loro primo obiettivo fu la città etrusca di Chiusi; da qui si diressero a Roma. L’esercito romano frettolosamente arruolato si dissolse letteralmente sull’Alia e si rifugiò nelle rovine di Veio. Roma venne presa e saccheggiata. Poi i Galli scomparvero,alla ricerca di nuove imprese. Fu un evento traumatico,ma con conseguenze meno gravi di quelle che le fonti lasciano intendere. Roma infatti si riprese rapidamente. Nel 387 Roma organizza il territorio di Veio in 4 nuove tribù. Negli stessi anni iniziò la costruzione delle mura serviane,con lo scopo di proteggere la città da possibili nuove incursioni. Pochi anni dopo il sacco gallico, gli Equi sono annientati. Più lunga e difficile la lotta contro i Volsci,che trovano appoggio nei vecchi alleati di Roma: gli Ernici e alcune città latine, forse stanchi del ruolo egemone di Roma. Nel 381 a.C Tuscolo viene annessa al territorio romano. La città conservò le sue strutture di governo e la sua autonomia interna, ma ai suoi abitanti vennero assegnati i diritti e doveri dei cittadini romani. Tuscolo diviene il primo municipium: comunità indipendente incorporata allo Stato romano. Ad Anzio,infine,venne creata una piccola colonia i cui abitanti conservarono la piena cittadinanza romana. Alla conclusione della guerra latina Roma aveva legato a sé un territorio non tanto ampio quanto quello controllato da Sanniti ,ma certamente più ricco e popolato. La seconda guerra Sannitica (326-3024 a.C.): La fondazione di colonie romane a Cales che i Sanniti consideravano di loro proprietà,provocò una nuova crisi. La causa concreta è da ricercare nelle divisioni interne di Napoli ,l’ultima città greca della Campania rimasta indipendente. I Romani riuscirono abbastanza in fretta a sconfiggere la guarnigione dei Sanniti,installata a Napoli, e a conquistare la città,ma il tentativo di penetrare a fondo nel Sannio si risolse in un fallimento: nel 321 a.C. gli eserciti romani vennero circondati al passo delle Forche Caudine e costretti alla rese. Roma perde i possedimenti di Cales e Fregelle. Per qualche anno vi fu un’interruzione nelle operazioni militari,anche se non è chiaro se fosse stata siglata una vera e propria pace o una tregua momentanea. I romani approfittarono di questo intervallo e fondano in Campania due nuove tribù e allacciando una serie di rapporti con le comunità di Apulia e Lucania, con la speranza di circondare la Lega Sannitica. Le ostilità si riaccesero nel 316 a.C. : i Romani attaccano Saticula: le prime operazioni furono favorevoli ai Sanniti che nell’anno seguente ebbero un’importante vittoria a Lautulae , interrompendo le comunicazioni tra Lazio e Campania. Negli anni successivi Roma riesce a recuperare e Saticula viene conquistata nel 315 a.C. ; Fregelle viene ripresa; le comunicazioni con la Campania ristabilite grazie alla costruzione del primo tratto,tra Roma e Capua,della via Appia; una serie di colonie latine,tra cui Luceria,iniziò a cingere il Sannio in una sorta di assedio. In questi stessi anni Roma prepara il suo esercito per il confronto finale con i Sanniti. Lo schieramento a falange viene sostituito: La legione viene suddivisa in 30 reparti, detti manipoli (unone di 2 centurie); ogni manipolo comprendeva circa 120 uomini. La legione veniva schierata su 3 linee,ciascuna composta da 10 manipoli: i primi ad affrontare il nemico erano i principes,poi gli hastati e infine i triarii. Negli stessi anni cambiò anche l’equipaggiamento dei legionari che adottarono lo scudo rettangolare e il giavellotto. Roma fu così in grado di frontegiare una minaccia su due fronti : a sud i Sanniti e a nord una coalizione di Stati etruschi, tra cui le maggiori città del’Etruria interna, costrette a firmare una tregua nel 308 a.C. Scongiurato il pericolo etrusco,gli eserciti romani concentrarono il loro sforzo contro il Sannio,riuscendo a conquistare Boviano (uno dei maggiori centri dei Sanniti) e la pace del 304 a.C. Il trattato di alleanza tra Roma e Sanniti del 354 a.C. venne rinnovato e Roma tornò in possesso di Fregelle e Cales. Gli Ernici accusati di ribellione vennero inglobati nello Stato romano come cittadini senza diritto di voto. Gli Equi furono sterminati; nel loro territorio insediata una nuova tribù di cittadini romani. Le popolazioni minori osco-sabelliche (Abruzzo) costretta a trattati di alleanza con Roma. La terza guerra Sannitica (298-290 a.C.): La sconfitta de 304 a.C. era stata grave, ma non aveva indebolito tropo i Sanniti. Lo scontro decisivo con Roma si aprì nel 298 a.C. quando i Sanniti attaccarono i Lucani. I romani accorsero prontamente in aiuto. Il comandante supremo dei Sanniti Gellio Egnazio,era riuscito a mettere in piedi una potente coalizione antiromana che comprendeva anche Etruschi,Galli e Umbri. Lo scontro decisivo avviene del 295 a.C. a Sentino (ai confini tra Umbria e Marche). Gli eserciti uniti dei due consoli romani, Quinto Fabio Rulliano e Publio Decio Mure,riuscirono a prevalere su Sanniti e Galli. I Sanniti,battuti in un’altra battaglia campale ad Aquilonia nel 293a.C. ,incapaci di reagire alla fondazione della grande colonia latina di Venosa e costretti ad assistere ,impotenti,alla devastazione del Sannio, si videro obbligati a chiedere la pace nel 290 a.C. L’attacco dei Galli e degli Etruschi fu bloccato nel 283 a.C. nella battaglia del lago Vadimonte. Nella marcia verso l’Adriatico,nel 290 a.C., vennero sconfitti i Sabini e i Petruzzi. Parte del loro territorio fu confiscato per dedurvi la colonia latina di Hadria; agl altri abitanti dell’ager Praetuttorium venne concessa la cittadinanza senza diritto di voto,come ai Sabini. Nell’Adriatico settentrionale venne annesso il territorio un tempo appartenuto alla tribù dei Senoni. Nella parte settentrionale di questa regione (ager Gallicus) venne fondata nel 268a.C. la colonia latina di Rimini. Circondati da ogni parte i Piceni,tentarono una disperata guerra contro Roma nel 269 a.C. Pochi anni dopo furono costretti alla resa: in parte deportati nella regione di Salerno, in parte ricevettero la civitas sine suffragio. Conservarono la propria autonomia Ascoli e Ancona; la conquista del Piceno venne consolidata con la creazione di una colonia latina a Fermo nel 264 a.C. Roma era riuscita a portare i confini settentrionali del suo territorio lungo la linea che andava dall’Arno a Rimini. La guerra contro Taranto e Pirro: Nel 282 a.C. una città greca che sorgeva sulle rive calabresi del golfo, Turi, minacciata dai Lucani,richiese l’aiuto di Roma. Nelle operazioni di difesa i Romani insediarono una guarnigione nella città e inviarono una flotta davanti alla acque di Taranto. I Tarantini,ostili a Roma,attaccarono le loro navi, poi marciarono su Turi,espellendone la guarnigione romana. La guerra divenne inevitabile. Taranto ricorre al soccorso di un condottiero di madrepatria greca: Pirro,re dei Molossi (re dell’Epiro) e generale di eccezionali qualità. Diede alla sua spedizione un carattere di crociata. Pirro si richiamò alla sua discendenza con Achille per giustificare l’attacco contro Roma. dai Fenici, era al centro di un vasto Impero e in grado di mettere in campo vasti eserciti e potenti flotte. Tuttavia, non accogliere l’appello dei Mamertini significava lasciare ai Cataginesi il controllo dello Stretto e perdere la Sicilia. Alla fine, l’assemblea popolare vota l’invio di un esercito in soccorso dei Mamertini. Anche se formalmente Roma non aveva dichiarato guerra a Cartagine, questa decisione aprì la lunghissima prima guerra punica: I primi anni furono decisivi, Roma respinge da Messina Cartaginesi e Siracusani; Nel 263 a.C. Ierone comprende che l’alleanza con Cartagine era pericolosa; firma una pace e si schiera dalla parte di Roma. Il sostegno di Ierone si rivelò indispensabile per superare le difficoltà di rifornimento degli eserciti romani impegnati in Sicilia. Tuttavia, Cartagine era superiore a Roma per le sue forze navali. Roma decise quindi di creare una grande flotta, con l’aiuto dei socii navales. Nel 260 a.C. La flotta cartaginese venne abbattuta, sulle acque di Milazzo, dal console Caio Duilio. A questo punto Roma attacca Cartagine,direttamente nei suoi possedimenti africani: l’invasione inizia nel 256 a.C.: la flotta romana sconfigge quella cartaginese a largo di capo Ecnomo. Le prime operazioni furono favorevoli al console Marco Attilio Regolo,che tuttavia non seppe sfruttare i successi: imponendo condizioni durissime fece cadere trattative di pace,aumentando la determinazione cartaginese. Nel 255 a.C. Regolo venne battuto da un esercito cartaginese; come se non bastasse la flotta romana incappò in una tempesta e perse buona parte delle sue navi. Sarebbe stata impossibile una rapida conclusione della guerra: l’imperizia dei comandanti romani provocò la perdita delle flotte; nel 249 a.C. i romani subirono una sconfitta presso la battaglia navale di Trapani. D'altro canto i Cartaginesi,esausti,non seppero sfruttare la loro superiorità sui mari; sulla terra si limitarono ad azioni di disturo degli eserciti romani che assediavano Trapani e Lilibeo, condotte dal generale Amilcare Barca. Dopo qualche anno,grazie a un prestito di guerra dai cittadini più facoltosi, Roma ricostruisce una nuova flotta di 200 quinquiremi,al comando del console Caio Lutazio Catulo, a bloccare Trapani e Lilibeo. La flotta,velocemente allestita dai Cartaginesi,viene sconfitta alle isole Egadi nel 241 a.C. Cartagine domandò la pace: prevedeva lo sgombero della Sicilia e delle isole Lipari e Egadi; e il pagamento di un indennizzo di guerra. Conseguenze: Roma ottiene la Sicilia; qui viene imposto il pagamento di un tributo annuale (una parte del raccolto di cereali), detto tributo siciliano,che consisteva nel versamento di un decimo della produzione. L’amministrazione della giustizia,nei nuovi possedimenti siciliani, venne affidata a un magistrato romano,inviato annualmente nell’isola. Dal 227 a.C. eletti 2 nuovi pretori,che andarono ad affiancarsi a quello urbano e a quello peregrino: uno inviato in Sicilia, l’altro in Sardegna, da poco caduta in potere di Roma. Da questo momento il termine provincia (non indica più la sfera di competenza di un magistrato) indica il territorio soggetto all’autorità di un magistrato romano. La Sicilia diventa prima provincia romana, ma non si estendeva sull’intera isola: esistevano alcuni regni indipendenti, tra cui il regno siracusano di Ierone e la città alleata di Messina. Tra la I e la II guerra punica, per Cartagine furono anni drammatici: la città spossata dal punto di vista finanziario, non era in grado di pagare le truppe mercenarie che avevano combattuto contro i Romani. Questi si ribellarono; la rivolta venne soffocata da Amilcare. Roma si disse pronta a dichiarare guerra, nel momento in cui i Cartaginesi tentarono una spedizione per recuperare la Sardegna. I Cartaginesi non avevano alcuna possibilità; si piegarono,accettando di pagare un indennizzo supplementare e cedere la Sardegna,che insieme alla Corsica andò a formare la seconda provincia romana. Le guerre Illiriche: 1 guerra illirica: Pochi anni dopo,Roma intervenne nell’Adriatico: dopo la morte di Pirro, il regno d’Illiria aveva esteso verso sud la sua influenza sulla costa dalmata. I pirati illiri arrecavano danni alle città greche; in aiuto il Senato inviò proteste alla regina degli Illiri, Teuta, rifiutate. Venne dichiarata guerra nel 229 a.C. La prima guerra illirica si risolse favore di Roma; conseguenze: agli illiri proibito di navigare con più di due navi a sud della località di Lissus. Demetrio,collaboratore della regina,passa da parte Romana e viene ricompensato con l’isola dalmata di Faro. 2 guerra illirica: scoppia nel 220 a.C.,a causa degli atti ostili di Demetrio su Faro. Roma interviene, comportando la fuga di Demetrio presso Filippo V e Faro entra a far parte del protettorato romano (219 a.C.). La conquista dell’Italia settentrionale si rivelò più difficoltosa. A conclusione solo nel II secolo a.C. Il tribuno della plebe Caio Flaminio propose di distribuire a singoli cittadini romani l’ager Gallicus: il provvedimento consentiva di sorvegliare meglio il corridoio adriatico attraverso il quale i Galli potevano penetrare nell’Italia centrale. La lex Flaminia fu una delle cause della Guerra gallica: Nello scontro le due popolazione della Gallia Cisalpina (Boi e Insubri), ottennero l’appoggio dei Gesati (truppe della Transalpina); mentre i Galli Cenomani dalla parte di Roma. I Galli penetrarono in Etruria e ottennero qualche successo,ma nel 225 a.C. annientati. A Roma ci si rese conto che la conquista della Pianura Padana era necessaria per allontanare la minaccia gallica. Vittoria sugli Insubri nel 222 a.C. e conquista del loro centro principale: Mediolanum (Milano) e fondazione di due colonie latine: Piacenza e Cremona. Nel 220 a.C. costruzione di una rete stradale: la via Flaminia da Roma a Rimini; successivamente la via Emilia (Rimini-Piacenza); via Postumia (Genova-Aquileia). Cartagine ripresasi,cercava di costruire una nuova base per la sua potenza in Spagna. La conquista della Spagna appare quasi un affare privato della famiglia Barca; l’avanzata dei Barca destò l’allarme della La svolta decisiva si ebbe in Spagna con Publio Cornelio Scipione e il fratello Cneo. I due impedirono che Annibale ricevesse aiuti dalla Spagna. Nel 211 a.C.,vennero sconfitti e uccisi. I Romani riuscirono a ritirarsi e a difendere la Spagna settentrionale,fino a quando venne nominato comandante delle truppe in Spagna il figlio Publio Cornelio Scipione, noto come Africano. Formalmente non aveva il titolo per comandare un esercito,ma venne scelto appositamente per condurre le operazioni in Spagna dall’assemblea popolare, in virtù delle sue qualità personali. La spedizione cartaginese venne affrontata dagli eserciti congiunti dei due consoli Marco Livio Salinatore e Caio Claudio Nerone e distrutta sul Fiume Metauro,nel 207 a.C.; Asdrubale cadde in battaglia. Annibale ridotto all’impotenza,costretto a ritirarsi nel Bruzio. Scipione intanto sconfiggeva gli eserciti cartaginesi di Spagna nella battaglia di Ilipa nel 206 a.C. Tornato in Sicilia,viene nominato console per il 205 a.C. e si prepara per l’invasione dell’Africa, con il supporto dell’alleato Massinissa (re Numidia),con la vittoria nella battaglia dei Campi Magni nel 204 a.C. La battaglia si concluse nel 202 a.C. a Zama, la cavalleria di Numidia diede la vittoria ai Romani. Il trattato di pace venne siglato nel 201 a.C. e prevedeva:  la consegna di tutta la flotta cartaginese,tranne 10 navi, e il pagamento di una indennità di guerra.  Cartagine doveva anche rinunciare ai suoi possedimenti al di fuori dell’Africa e riconoscere ai suoi confini un potente regno di Numidia;  non era inoltre concesso dichiarare guerra senza il permesso di Roma. La Seconda guerra Macedonica (200-197 a.C.): Dopo la conclusione della 2 guerra punica, Roma si impegna in un altro conflitto,contro Filippo V. Causa della guerra : l’attivismo di Filippo V nell’area dell’Egeo e sulle coste dell’Asia Minore,che lo portarono a scontrarsi con il regno di Pergamo e la Repubblica di Rodi: 201 a.C. sfocia la guerra aperta. Filippo venne battuto in una battaglia navale da Pergameni e Rodi, ma dopo poco riuscì a infliggere una sconfitta alla flotta rodia a Lade. Chiesero aiuto a Roma,con la quale il re di pergamo, Attalo I, aveva un’amicizia. Roma manda un ultimatum a Filippo,in cui gli si intimava di rifondere i danni di guerra inflitti agli alleati romani e di astenersi dall’attaccare i greci (Roma si vuole mostrare come protettrice della Grecia). Questo ultimatum viene ignorato, ma Roma ottiene l’appoggio di alcuni stati,tra cui Atene. Fine del 200 a.C. Roma sbarca nella città amica Apollonia. I primi due anni nessuna azione decisiva. Svolta nel 198 a.C.,con il nuovo comandante, il console Tito Quinzio Flaminio,che avvia trattative di pace: chiede la liberazione della Tessaglia; ma la richiesta viene respinta. Uno ad uno gli Stati greci si schierarono da parte romana. Fine del 198 a.C. Filippo decise di intavolare trattative di pace; Flaminio le respinge e annienta l’esercito di Filippo in Tessaglia. Il re macedone fu costretto a accettare le condizioni di pace:  Ritiro delle guarnigioni macedoni in Grecia;  Pagamento di una indennità;  Consegna della flotta,tranne 5 navi. Poté conservare il suo regno di Macedonia. Quanto alla Grecia,liberata dall’egemonia macedone. Non intendeva assumere una responsabilità diretta di governo sulla Grecia. La guerra siriaca (192-188 a.C.): Il re di Siria,approfittando della debolezza dell’Egitto e delle difficoltà in cui versava il regno di Macedonia,stava estendendo la sua egemonia sulle città greche della costa occidentale dell’Asia Minore. Le proteste di Roma,che chiedeva la cessazione degli attacchi contro le città autonome dell’Asia Minore,furono respinte da Antioco III. Gli Etoli scontenti di quanto ottenuto,andavano sostenendo che la Grecia aveva solo cambiato padrone,dalla Macedonia a Roma. La guerra fredda tra Roma e Siria (con la lega etolica) si trascinò fino al 192 a.C.,quando la Lega Etolica chiese espressamente,ad Antioco, di liberare la Grecia dai suoi falsi liberatori. In grave inferiorità numerica,il re di Siria, venne battuto alle Termopili dai Romani e dovette fuggire in Asia Minore. Non finì così; nel 190 a.C. Lucio Cornelio Scipione, accompagnato dal fratello Africano,si preparò a invadere l’Asia Minore, forte del sostegno di Filippo V. Nel frattempo la flotta romana,sostenuta da Pergamo e Rodi,sconfiggeva i Siriaci nell’Egeo,proteggendo la traversata dell’esercito sull’Ellesponto. Scontro decisivo al Sipilo,nei pressi della città di Magnesia: l’esercito di Antioco viene disfatto. Viene siglata la pace nel 188 a.C. (Roma non aveva intenzione di impegnarsi direttamente nel Mediterraneo). Antioco dovette pagare una forte indennità di guerra e sgomberare i territori a ovest e a nord del massiccio montuoso del Tauro (Asia minore). I vasti territori strappati ad Antioco vennero spartiti tra Pergamo (re Eumene II) e la Repubblica di Rodi. Le città greche, schieratesi dalla parte di Roma ottennero l’autonomia. Conseguenze: Nel 178 a.C. alcuni tribuni della plebe accusarono L.Cornelio Scipione,vincitore di Antioco,di essersi impadronito di parte dell’indennità di guerra; evento noto col termine “processo degli Scipioni”. Solo il veto di uno dei tribuni impedì che venisse condannato a pagare una pesante multa. L’attacco,tuttavia,venne rinnovato contro Scipione l’Africano,il quale rifiutò di rispondere alle accuse e a ritirarsi in una sorta di esilio politico,in Campania,dove morì l’anno successivo. Il processo era stato sostenuto da Marco Porcio Catone (intimorito forse dall’individualismo che rischiava di mettere in pericolo una gestione collettiva della politica da parte della nobilitas). Trova spiegazione la Legge Villia(180 a.C.): obbligo di età minima per le diverse magistrature e un intervallo di un bienno tra una carica e l’altra. Nonostante Roma aveva annientato le due potenti monarchie di Macedonia e di Siria, ridotto all’obbedienza gli Stati dell’Oriente ellenistico e distrutto Cartagine, non era riuscita a venire a capo della situazione in Spagna. All’indomani della seconda guerra punica i Romani si erano stabiliti in 2 zone della penisola iberica: Cadice (meridione) e a Settentrione nella zona costiera a nord dell’Ebro. Nel 197 a.C le due aree,vennero organizzate nelle nuove province di Spagna Citeriore (nord) e Spagna Ulteriore (sud), governate da due nuovi pretori. Dovevano pagare un tributo,stipendium, e fornire truppe ausiliarie. Le due province comprendevano solo le regioni costiere; la penetrazione verso l’interno fu lenta e difficile, tanto che la sottomissione della penisola iberica venne completata solo con Augusto. Le sconfitte furono molte, le vittorie mai decisive. Tra i legionari romani e le truppe degli alleati italici serpeggiava il malcontento per una guerra ’sporca’, senza gloria, senza bottino, senza fine; nel 149 a.C. si creò un tribunale speciale e permanente, incaricato di giudicare il reato di concussione. Due grandi figure di governatori delle province spagnole: M.Porcio Catone e Ti.Sempronio Gracco. Catone venne inviato nella Spagna Citeriore nel 195 a.C.,in qualità di console e si occupò della sottomissione delle tribù della valle dell’Ebro. Ti.Sempronio Gracco,governatore della Spagna Citeriore, tra il 180- 178 a.C, cercò di rimuovere le ragioni dell’ostilità verso Roma, concludendo trattati di pace con alcune tribù celtibere. Dopo la guerra con i Lusitani,la lotta si concentrò intorno alla città celtibera di Numanzia. Nel 137 a.C.,nelle mura di Numanzia, il console Caio Ostilio Mancino,sconfitto,fu costretto a firmare una pace umiliante per Roma; trattato disconosciuto da senato,che affidò la guerra all’abile comandante romano Scipione Emiliano,eletto per la seconda volta al consolato nel 134 a.C. Scipione assedia la Numanzia, la conquistò e la distrusse nel 133 a.C. Parte terza: La crisi della Repubblica e le guerre civili (dai Gracchi ad Azio):  Capitolo 1: dai Gracchi alla guerra sociale La tradizione storiografica ha individuato nell’età dei Gracchi (133- 121 a.C), l’origine della degenerazione dello Stato romano e l’inizio delle guerre civili. La guerra annibalica aveva inferto profonde ferite all’agricoltura; le continue campagne belliche avevano tenuto i Romani lontani dalle loro case e terre; le conquiste esterne avevano comportato ricchezze nelle mani di pochi. I bottini di guerra,gli indennizi imposti ai vinti,le tasse, avevano fatto affluire ingenti capitali e modificato la struttura economica e sociale. Romani e Italici entrano a far parte del grande commercio: i negotiatiores (uomini d’affari) iniziano ad installarsi nelle province. Molti erano banchieri. Tali attività erano state favorite dallo sviluppo di strade e porti, e avevano favorito la discesa degli equites: comprendevano figli e fratelli di senatori,ricchi proprietari terrieri, pubblicani, uomini d’affari. Erano esclusi dalle cariche pubbliche; ma comunque interessati a entrare a far parte del tribunale permanente (quaestio perpetua),che perseguiva le estorsioni che i magistrati delle province avessero perpetrato ai danni di comunità o singoli. Tutti questi fattori comportano la diffusione in Italia e a Roma dell’ellenismo. I rampolli dei Romani più ricchi venivano educati e istruiti da nutrici e precettori di cultura greca; schiavi greci colti amministravano case,proprietà,patrimoni dei loro padroni, o ne curavano la mensa e il servizio domestico,l’aspetto,la salute fisica. Cambia l’agricoltura: ricorso alla mano d’opera servile; importazione di grandi quantità di grano e materie prime; colture più speculative; I piccoli proprietari,già impoveriti,furono costretti a vendere le loro proprietà: tendenza a un’agricoltura incentrata più sulla commercializzazione che all’autoconsumo. L’unica soluzione per sopravvivere era la riconversione delle colture, ma ciò esigeva forti spese. Molti vendevano le proprietà e affluivano a Roma,in cerca di un’occupazione; la quale crebbe di dimensioni,fino a diventare una grande metropoli. Il moltiplicarsi delle tenute a personale schiavile, crearono i presupposti per l’esplodersi di rivolte servili. Tra le più gravi, quelle in Sicilia: 140-32 a.C., e di nuovo nel 104-100 a.C. La prima scoppia a Enna,nelle tenute di un ricco proprietario locale e si estese a tutta l’isola. A capo di essa uno schiavo siriaco. Roma fu costretta a inviare nell’isola tre consoli,dei quali soltanto l’ultimo,Publio Rupilio, riuscì a domare l’insurrezione. Due fazioni dell’aristocrazia: Optimates e Populares Cominciano a delinearsi due fazioni,entrambe scaturite dalla nobilitas:  Gli optimates si richiamavano alla tradizione degli avi; sostenitori dell’autorità e delle prerogative del Senato.  I populares sono i difensori dei diritti del popolo; propugnavano la necessità di riforme in campo politico-sociale. Importante,a tal proposito,ricordare le 3 leggi tabellarie, concernenti l’espressione scritta del voto: 1. Lex Gabinia Tabellaria (139 a.C.): nei comizi elettorali; 2. Lex Cassia Tabellaria (137 a.C.): nei giudizi popolari; 3. Lex Papiria Tabellaria (131 a.C.): nei comizi legislativi; La questione dell’ager publicus: le guerre di conquista avevano fatto crescere l’ager publicus,il terreno di proprietà collettiva dello Stato romano. Parti di esso concessi in uso a privati,a titolo di occupatio, che dovevano pagare un canone (vectigal). Vennero successivamente imposte una serie di norme che mirassero a restringere l’estensione di agro pubblico che poteva essere occupata da ciascuno. L’ultima di tali leggi era stata proposta da un amico di Altro provvedimento: il senato doveva decidere prima delle elezioni consolari,quali tra le province dovessero essere classificate consolari, per impedire che una scelta a posteriori fosse influenzata da ragioni personali o politiche . Al problema degli alleati,Caio rispose con una legge che concedesse ai Latini la cittadinanza romana e la cittadinanza di diritto latino agli Italici. Ma non venne approvato. L’oligarchia senatoria si servì di un altro tribuno,Marco Livio Druso. Approfittando dell’assenza di Caio (fondazione colonia Cartaginese) ,Druso fece proposte di inusitata larghezza. Al ritorno di Caio, a situazione politica era mutata e la sua popolarità in declino. Al tribunato per il 121 non venne rieletto. Per sanare la situazione alla fondazione della colonia cartaginese furono collegati presagi funesti e si propose che la deduzione dovesse essere revocata. Caio e Fulvio Flacco si opposero al provvedimento, ma scoppiarono gravi disordini; Il senato fece ricorso al senatus consultum ultimum con cui veniva affidato ai consoli il compito di tutelare la sicurezza dello Stato. A tal proposito,il console Lucio Opimio ordinò il massacro dei sostenitori di Gracco che avessero osato resistere; Flavio perì negli scontri e Caio Gracco si fece uccidere da un suo schiavo. Poiché le riforme dei Gracchi corrispondevano a problemi reali,gli ottimati non le abolirono,ma ne ridussero gli effetti. I lotti che erano stati attribuiti vennero dichiarati alienabili,sicchè riprese la loro migrazione nelle mani dei più ricchi. Fu abolita la commissione agraria. Province,espansionismo e nuovi mercati: Asia,Gallia,Baleari,Dalmazia danubiana: Prima del 133 a.C. Roma aveva 6 province: Sicilia,Sardegna e Corsica, Spagna Citeriore,Spagna Ulteriore,Macedonia e Africa. La deduzione di una provincia, per Roma,consisteva nell’assumere la gestione diretta di un territorio talora solo in piccola parte assoggettato. Il magistrato fissava le linee generali di riferimento: questioni territoriali,statuto delle single città e comunità,determinazione dell’ager publicus,condizioni fiscali,ecc. L’insieme di tali deliberazioni è detto lex provinciae. Una delle leggi più note: lex Rupilia (132 a.C.),relativa alla Sicilia. L’espressione che indicava l’atto,redactio in formam provinciae, faceva riferimento alla formula provinciae,che descriveva gli ambiti geografici,gli statuti e gli obblighi delle singole comunità all’interno della provincia,nonché la condizione giuridica e fiscale di ognuna di esse. Alla morte del re di Pergamo,il suo regno andò ai romani. Aristonico, forse figlio naturale del padre di Attalo,si pose a capo di una rivolta contro le rivendicazioni di Roma. Nel 129 la ribellione fu piegata e il console Manio Aquilio organizza quanto restava del nuovo territorio della provincia romana d’Asia. La Gallia meridionale attirò poi l’attenzione e impegno romano. Rispondendo ad una richiesta d’aiuto dell’alleata Marsiglia contro tribù celto-liguri e galliche,fu inviato prima Fulvio Flacco,poi Caio sestio Calvino che,ristabilito l’ordine,fondò il centro di Aquae Sextiae,controllando così l’entroterra di Marsiglia. Nel 122-121 a.C. Cneo Domizio Enobarbo e Quinto Fabio Massimo posero le basi per la nuova provincia narbonese. Nel 123 a.C. conquistate anche le Baleari. A Maiorca fondate le due colonie romande di Palma e Pollenzia. Nel contempo ripetute campagne militari contro le tribù illiriche della Dalmazia avevano portato le armi e i mercanti romani,a contatto con i paesi danubiani,a nord-ovest dei confini della Macedonia. La guerra contro Giugurta: Roma era in buoni rapporti con i figli di Massinissa,re di Numidia, alleato romano. Tra essi si era imposto Micipsa che, morti i fratelli,era divenuto l’unico re di Numidia. Alla sua morte si contesero il regno i suoi tre eredi principali. Il più spregiudicato fra i tre era Giugurta ,suo nipote e figlio adottivo,il quale assassinò Iempsale. L’altro fu costretto a rifugiarsi a Roma; il senato divise la Numidia tra i due superstiti:  Parte orientale a Aderbale;  Parte occidentale a Giugurta; Ma Giugurta assedia la capitale della parte del regno di Aderbale, Cirta. Compie però un errore fatale: oltre a far trucidare il rivale, fa trucidare anche Romani e Italici. Roma fu costretta a scendere in guerra nel 111 a.C. Solo nel 109 a.C. , sotto il comando di Quinto Cecilio Metello, Giugurta venne sconfitto ripetutamente, ma non riuscì a concludere la campagna. In questo clima di polemica venne eletto console nel 107a.C. Caio Mario,con un plebiscito votato dai comizi, gli venne affidato il comando della guerra contro Giugurta. Mario era un homo novus,primo della sua famiglia ad arrivare ai sommi vertici dello Stato. Mario bisognoso di nuove truppe a lui fedeli, aprì l’arruolamento volontario dei capite censi. Divenne pratica regolare. Con il nuovo esercito Mario torna in Africa e dopo ben 3 anni pose fine al conflitto,catturando Giugurta. Grazie a Lucio Cornelio Silla, Bocco,suocero di Giugurta,tradì questo e lo consegnò ai romani,dal qule venne fatto prigioniero e poi giustiziato. Conseguenze: la Numidia assegnata a un nipote di Massinissa; la parte rimanente a Bocco. Mario fu rieletto console nel 104 a.C. Cimbri e Teutoni: nel frattempo due popolazioni germaniche avevano iniziato un movimento migratorio verso sud, spinti da problemi di sovrappopolamento o da maree rovinose. Scesi fin nel Nordico,furono affrontati al di là delle Alpi dal console Cneo Papirio Carbone,inviato a proteggere i confini d’Italia e tutelare una zona commerciale ricca di miniere d’oro e ferro. Presso Noreia,nel 113 a.C. i Romani subirono una disastrosa sconfitta; Intorno al 100 a.C. Cimbri e Teutoni apparvero in Gallia,minacciando la nuova provincia narbonese. I tentativi di respingerli si risolsero di altrettante catastrofi,che culminarono nella disfatta di Arusio nel 105 a.C. , una delle più vergognose catastrofi per l’esercito romano. parti con una politica di reciproca compensazione. Da un lato provvedimenti di contenuto popolare: distribuzione di nuovi appezzamenti e deduzione di nuove colonie; abbasso del prezzo delle distribuzioni di grano. Dall’altro restituiva ai senatori i tribunali per la cause di concussione, proponendo però l’ammissione dei cavalieri in senato (aumentato da 300 a 600). Infine, cittadinanza romana agli alleati italici. Opposizione vastissima, tutte le sue leggi nulle; fu assassinato. La guerra sociale: Cause: la differenza di stato giuridico e sociale tra cittadini di Roma e alleati latini e italici. La condizione di cittadino romano era sempre più vantaggiosa e ciò aumentava l’irritazione e le rivendicazioni degli Italici,consci di aver contribuito ai successi di Roma. Delle distribuzioni agrarie beneficiavano solo i cittadini romani: gli Italici ne erano esclusi. Non avevano parte alcuna nelle decisioni politiche,economiche,militari, che pur vedevano coinvolti anche i loro interessi. Nell’esercito continuavano a pagare l’imposta destinata al soldo delle loro reclute,mentre i cittadini ne erano dispensati. Ricevevan inoltre punizioni più gravi. L’assassinio di Druso fu per gli alleati il segnale che non vi era altra possibilità di difendere le proprie rivendicazioni che la rivolta armata contro Roma. Il segnale delle ostilità partì da Ascoli dove un pretore e tutti i Romani residenti vennero massacrati (90 a.C). L’insurrezione si estese sul versante adriatico, nell’Appennino centrale e in quello meridionale. La guerra fu lunga e sanguinosa. I romani si trovarono a combattere contro gente armata e addestrata al loro stesso modo. Gli insorti si erano intanto dati istituzioni federali comuni, una capitale nel Sannio (Corfinuim), ribatezzata “Italica” e una monetazione propria. I loro scopi non erano unitari: alcuni volevano la cittadinanza romana; altri erano assetati dal desiderio d’una rivalsa contro Roma. A Settentrione venne inviato il console Publio Rutilio Lupo, con i suoi legati Cneo Pompeo Strabone e Caio Mario; a combattere contro il capo della federazione italica: Quinto Poppedio Silone. A Meridione il console Lucio Giulio Cesare; tra i suoi luogotenenti: Lucio Cornelio Silla. Il primo console cadde in combattimento e la direzione passò a Mario. Roma decise di ricorrere a provvedimenti: 1. Autorizzati i comandanti ad accordare la cittadinanza agli alleati che combattevano ai loro ordini. 2. Lex Iulia de civitate: cittadinanza romana agli alleati rimasti fedeli e alle comunità che avessero deposto o deponessero rapidamente le armi. 3. Lex Plautia Papiria: cittadinanza agli Italici registrati presso il pretore di Roma entro 60 giorni. Tali misure aiutarono a allentare la rivolta,anche se questa si trascinò ancora. I maggiori successi furono conseguiti da Strabone e Silla. Con la concessione della cittadinanza a tutta l’Italia fino alla Transpadana si inaugurava un processo di unificazione politica dell’Italia sia una nuova fase nella storia delle istituzioni di Roma,con ripercussioni nella costituzione del corpo civico e nella vita stessa della città. Per esercitare i loro diritti, i neocittadini,dovevano recarsi a Roma per partecipare personalmente alle assemblee. Roma si avviò ad assumere sempre di più,i caratteri di una metropoli cosmopolita.  Capitolo 2: I primi grandi scontri tra fazioni in armi Mitridate VI: Durante la guerra sociale, i Parti che provenivano dalle zone del Cucaso,e che si erano via via insediati nell’altopiano iranico,avevano sottratto possedimenti orientali al regno seleucide,fino a occupare la Mesopotamia e la Babilonia e facendo dell’Eufrate la frontiera tra essi e Siria. Imponendo come re d’Armenia Tigrane. Nella penisola Anatolica era in atto un frazionamento politico e Roma, sul territorio degli Attalidi,con la costruzione della provincia d’Asia,aveva favorito la coesistenza di molti piccoli Stati dinastici,gelosi gli uni degli altri. Ma divenuto re del Ponto (112 a.C.), Mitridate VI, stabilisce accordi con la Bitinia per dividersi Paflagonia e Galazia, e aveva esteso il suo regno a sud,a est e a nord del Ponte Eusino (Mar Nero). Impossessatosi anche della Cappadocia,Mario si era recato presso di lui in una missione diplomatica di osservazione; il senato era molto attento alle mosse di Mitridate. A Silla,nel 92 a.C., venne affidato il compito di ripristinare il trono di Cappadocia. Approfittando della guerra sociale,Mitridate aveva ripreso la sua politica espansionistica,facendo invadere nuovamente la Cappadocia da Tigrane (re d’Armenia) e spodestando dalla Bitinia il re Nicomede IV. Alla fine del 90 a.C. Roma decise di inviare in Oriente una legazione con l’incarico di rimettere sui troni i sovrani di Bitinia e Cappadocia. Nicomede IV condusse scorrerie nel Ponto; Mitridate si decise alla guerra contro Roma. Mitridate operò una sorta di propaganda, presentandosi come sovrano benefattore, sollecito al bene e alla libertà di tutti. Dilagato in Cappadocia e travolte le forze romane, fu presto padrone di tutta l’Asia. Fece massacrare più di 80.000 Romani e Italici. Anche Delo e Atene fecero causa comune con il nuovo liberatore. La guerra acquistava il carattere di una sollevazione del mondo greco contro quello romano. Solo Rodi rimase fedele a Roma. Nell’88 a.C. un esercito pontico invadeva la Grecia centrale,ottenendo l’adesione della Beozia, Sparta e Peloponneso. Roma decise allora di reagire, affidando il comando della guerra a Lucio Cornelio Silla. Intanto il tribuno della plebe Publio Suplicio Rufo,si adoperava per privarlo del comando della guerra e riprendeva il problema dell’inserimento dei nuovi cittadini italici nelle tribù romane. Ma il fatto che essi,al pari di tutti gli altri cittadini,dovessero venir iscritti nelle tribù poteva produrre mutamenti radicali. Il loro numero era tale che, se fossero stati ripartiti tra tutte e 35 le tribù,sarebbero stati in maggioranza in ciascuna tribù. Perciò li si dovette immettere in un numero limitato di tribù. Ma la guerra sociale e le azioni di Mitridate avevano avuto come conseguenza anche un impoverimento dello Stato Romano,sia dei singoli. Massacri,razzie,devastazioni. Molti debitori nell’impossibilità avversarie nella battaglia di Porta Collina (82 a.C.), cui fece seguito il massacro di tutti i prigionieri. Per rendere definitiva la sua vittoria, Silla introdusse le liste di proscrizione,elenchi di avversari politici,i cui nomi venivano fatti pubblici: chiunque poteva ucciderli; i loro figli esclusi da ogni carica. Una sorta di caccia all’uomo. Poiché entrambi i consoli dell’82 erano morti nel conflitto, il senato nominò un interrex, il princeps senatus Lucio Valerio Flacco, il quale presentò ai comizi la Lex Valeria, che nominava Silla dittatore con l’incarico di redigere leggi e organizzare lo Stato. Era una dittatura a tempo illimitato. Le riforme Sillane:  Ogni proposta di legge doveva ottenere prima il consenso del senato,poi sottoposta al voto popolare;  I comizi centuriati dovevano diventare l’unica assemblea legislativa legittima;  Il senato fu portato a 600 membri,con l’immissione di 300 cavalieri;  I questori aumentati a 20;  I pretori aumentati a 8;  Tribunali permanenti moltiplicati e riservati al senato; le loro competenze suddivise in modo che a ciascuno spettasse uno solo dei principali reati: estorsione e concussione; alto tradimento; appropriazione di beni pubblici;broglio e corruzione elettorale; assassinio e avvelenamento; frode testamentaria e monetale; lesioni alle persone.  Rinnovazione legislazione santuaria: limitava le spese per banchetti e funerali;  Regolamentato l’ordine di successione alle magistrature e le età minime per accedervi: 1. Questura (30 anni); 2. Edilità (36 anni); 3. Pretura (39 anni); 4. Consolato (42 anni)  Nessuna carica avrebbe potuto essere ripetuta prima di un intervallo di 10 anni;  Nell’anno successivo alla magistratura, pretori e consoli accedevano alle promagistrature: propretore e proconsole; ad amministrare le province;  Ridimensionati i poteri dei tribuni della plebe: limitato il loro diritto di veto e annullato quello di proporre leggi; divieto di accedere a qualunque altra carica  Abolite le distribuzioni frumentarie;  Pomerium esteso Silla abdicò dalla dittatura. Nel 79 a.C. si ritira in vita privata in Campania, dove morì l’anno dopo. Il tentativo di reazione antisillana: Nel 78 a.C. uno dei consoli, Marco Emilio Lepido, tentò di ripristinare l’ordinamento Sillano, proponendo il richiamo dei proscritti in esilio e ripristinando le distribuzioni frumentarie e la restituzione agli antichi proprietari delle terre confiscate. Le sue decisioni incontrano opposizione e scatenano una rivolta in Etruria. Lepido partito come proconsole per il governo della provincia narbonese (77 a.C.), si fermò in Etruria dove fece causa comune con i ribelli e marciò verso Roma, reclamando un secondo consolato e la restaurazione dei poteri dei tribuni della plebe. Il senato convoca contro di lui il senatus consultum ultimum. Per garantire la difesa dello Stato venne conferito eccezionalmente a Pompeo l’imperium, senza che avesse mai rivestito alcuna magistratura superiore. La rivolta venne stroncata. Lepido fuggì in Sardegna, dove morì; il suo luogotenente Marco Perperna si trasferì coi resti del suo esercito in Spagna. Nell’82 il governatore della Spagna Citeriore era Quinto Sertorio,che aveva creato una sorta di Stato mariano in esilio. Tutti i tentativi di abbatterlo si erano rivelati vani. Verso la fine del 77 si erano aggiunti a Sertorio, le truppe superstiti di Lepido ; gli consentì di costituire ad Osca (sua capitale) un senato di 300 membri,a imitazione di quello romano, e una scuola dove i capi delle tribù spagnole potevano inviare i loro figli perché fossero educati alla romana. Il senato decide, ancora una volta, di ricorrere a Pompeo,affidandogli la Spagna Citeriore con un imperium straordinario. Arrivato in Spagna nel 76 a.C., Pompeo si trovò in una posizione difficile: subì da Sertorio alcune sconfitte, tanto che fu costretto a scrivere una lettera al senato, sollecitando l’invio di rifornimenti e rinforzi. Ottenuti, la situazione andò migliorando; Perperna,convinto di trarre vantaggio,assassinò Sertorio a tradimento nel 72 a.C. Venne invece sconfitto e giustiziato da Pompeo. La rivolta servile di Spartaco: Nel 73 a.C. Era scoppiata la terza grande rivolta di schiavi, a Capua in una scuola per gladiatori, i quali si erano ribellati e asserragliati sul Vesuvio. Là furono raggiunti da altri gladiatori e schiavi confluiti da ogni parte dell’Italia Meridionale. A differenza delle altre rivolte fu significante l’adesione di uomini di condizione libera ridotti in miseria, sbandati,espropriati e scontenti. Se ne posero a capo 2 gladiatori: Spartaco, un trace, e Crisso, un gallo, che ebbero un importante esercito. La rivolta si estese rapidamente a tutto il sud Italia, dove gli insorti riuscirono a tenere in scacco alcuni pretori e i due consoli del 72 a.C. Mancava,tra i ribelli un piano preciso: vagarono per l’italia spingendosi fino in Cisalpina e poi di nuovo verso sud. Il senato decise allora di affidare un comando eccezionale e un esercito a Marco Licinio Crasso (pretore). Egli riuscì a isolare Spartaco e i suoi in Calabria; tentarono di passare in Sicilia,ma traditi dai pirati che non li traghettarono,furono raggiunti da Crasso che li sconfisse in Lucania: Spartaco cadde in battaglia (71 a.C.). Migliaia di prigionieri furono crocifissi lungo la via Appia e i superstiti tentarono di fuggire verso nord ma vennero intercettati e annientati. Il consolato di Pompeo e Crasso: Pompeo e Crasso vennero eletti consoli per il 70 a.C, nonostante il primo fosse ben al di sotto l’età minima richiesta per accedervi. Fu allora portato a smantellamento l’ordinamento sillano. Già nel 75 a.C. abolito il divieto a chi era stato tribuno della plebe di ricoprire cariche Ma Catilina mise a punto un programma elettorale che pensava lo avrebbe condotto a ottenere il consolato nel 62 a.C., basato sulla cencellazione dei debiti e rivolto sia alle classi sociali più basse,che agli aristocratici rovinati,agli indebitati, ai coloni sillani,ai figli dei proscritti. Abbandonato dai suoi vecchi sostenitori,fu di nuovo battuto alle elezioni. Mise allora in atto una cospirazione,che mirava a sopprimere i consoli e impadronirsi del potere; venne concentrato in Etruria un esercito composto per lo più da veterani sillani. Ma il piano scoperto fu scoperto e sventato da Cicerone che poté indurre il senato ad emettere il senatus consultum ultimum e con un attacco durissimo costrinse Catilina ad allontanarsi da Roma. Cicerone poté arrestare 5 fra i capi della cospirazione e consultare sul da farsi il senato che si pronunziò per la pena di morte. Cesare era più per la condanna al carcere a vita. Catilina venne affrontato da un esercito consolare a Pistoia e cadde combattendo. Egitto,Cipro,Cirenaica: La distanza e i buoni rapporti avevano tenuto il regno tolemaico d’Egitto lontano dalle mira dirette di Roma. I 3 nuclei principali del regno, Egitto,Cirenaica,Cipro,avevano avuto fasi in cui si erano trovati sotto un unico sovrano e altre in cui erano stati diretti da differenti monarchi. Alla morte di Tolomeo VIII Evergete II le contese tra i successori fecero sì che ci si rivolgesse ripetutamente ai Romani,come garanti del trono. Di questa politica fanno probabilmente parte i testamenti,che legavano il regno al popolo romano. Nel 96 a.C. sarebbe stata lasciata così a Roma la Cirenaica. Anche Tolomeo X Alessandro I,in circostanze belliche e finanziarie difficili,legò per testamento l’Egitto ai Romani. Gli unici Tolomei rimasti nell’80 a.C. erano due figli di Tolomeo IX ,il maggiore dei quali fu proclamato re d’Egitto, il minore re di Cipro. Il primo cercò di farsi riconoscere da Roma,che rifiutava di farlo; tra i re amici e alleati del popolo romano;ci mise più di 20 anni per riuscirvi. Il problema egiziano ridivenne davvero attuale per Roma solo nel 64- 63 a.C., quando Pompeo ebbe ridotto la Siria a provincia romana. Nel 63 a.C. una legge agraria parve includere anche l’Egitto in un vasto progetto di assegnazioni fondiarie; fu combattuta da Cicerone che riuscì a farla bloccare. Nel 58 a.C. seguì la rivendicazione di Roma su Cipro e la conseguente annessione. Tolomeo XII, cacciato dall’Egitto si rifugiò a Roma, ponendosi sotto la protezione di Pompeo. Nel 55 a.C. Aulo Gabinio,governatore di Siria, lo riportò ad Alessandria con la forza.  Capitolo 3: Dal Primo Triumvirato alle idi di marzo. Nel 62 a.C. Pompeo sbarcava a Brindisi; in senato i suoi avversari politici (sostenuti da Lucullo e Catone) lo umiliarono,rimandando di giorno in giorno i riconoscimenti dovuti. Deluso e amareggiato,Pompeo si riavvicinò a Crasso e al suo alleato Cesare ,con i quali strinse un accordo di sostegno reciproco chiamato <<Primo Triumvirato>> , nel 60 a.C. Fu un accordo privato e segreto. Cesare avrebbe dovuto essere eletto console per il 59 a.C. e avrebbe dovuto varare una legge agraria che sistemasse i veterani di Pompeo. Anche Crasso avrebbe ottenuto vantaggi per i cavalieri e le compagnie di appaltatori a lui legati. L’accordo fu cementato con il matrimonio tra Pompeo e la giovanissima figlia di Cesare,Giulia. L’accordo diede i suoi frutti: Cesare,eletto console nel 59, fece votare due leggi agrarie,che prevedevano una distribuzione ai veterani di Pompeo di tutto l’agro pubblico rimanente in Italia (esclusa la Campania,successivamente inclusa); per i fondi necessari sarebbero stati utilizzati i bottini di guerra di Pompeo. Vennero approvate tutte le decisioni assunte da Pompeo in Oriente. Infine,come desiderava Crasso,fu ridotto di un terzo il canone d’appalto delle imposte della provincia d’Asia. Fu approvata una Lex Iulia de repetundis ,per i processi di concussione. Altro provvedimento: pubblicazione dei verbali delle sedute senatorie e delle assemblee popolari. Il tribuno della plebe, Publio Vatinio, fece votare un provvedimento che attribuiva a Cesare per 5 anni il proconsolato della Gallia Cisalpina e dell’Illirico,con il diritto di nominare i propri legati e fondare colonie. Su proposta di Pompeo: aggiungere alle competenze di Cesare l’assegnazione della provincia della Gallia Narbonese, con una quarta legione. Partendo per le province,Cesare volle,con Pompeo e Crasso,lasciare una spina nel fianco di quanti in senato gli erano stati ostili. Essi appoggiarono la candidatura al tribunato della plebe di Publio Clodio Pulcro; il quale fece approvare una serie di leggi:  Limitato il potere dei censori di espellere membri dal senato;  Divieto di procedere nei confronti di chiunque senza un giudizio formale che consentisse agli interessati di difendersi.  Nessun magistrato avrebbe più potuto interrompere le assemblee pubbliche adducendo l’osservazione di auspici sfavorevoli;  Legalizzati i collegia: associazioni private con fini religiosi e di mutuo soccorso. Fu Clodio stesso a sfruttare queste associazioni,per farne prima dei gruppi di pressione,poi bande armate organizzate al suo servizio.  Distribuzioni frumentarie,ai cittadini romani, dovevano diventare gratuite;  Esilio per chiunque condannasse o avesse condannato un cittadino romano senza concedergli di appellarsi al popolo. Cicerone,ne era bersaglio: prima che la legge fosse votata si era già allontanato da Roma. Anche Catone fatto allontanare da Roma con l’incarico di rivendicare il possesso dell’isola di Cipro dal Tolomeo che vi regnava; questo si suicida e l’isola fu aggregata alla provincia di Cilicia. Crasso e i Parti: Giunto in Siria, Crasso, aveva cercato di inserirsi nella contesa dinastica nel regno dei Parti, per riuscire a godere della stessa fama dei suoi colleghi. Alla morte del re Fraate III era sorta una lotta per il trono dei Parti tra i due figli di lui, Orode e Mitridate. Divenuto re Orode II, Crasso aveva deciso di appoggiare il fratello rivale. L’anno successivo (53 a.C.), si rimise in marcia verso le steppe della Mesopotamia. Venuti in contatto con i Parti,i Romani furono travolti dalla cavalleria corazzata partica e massacrati dalle frecce. Il figlio di Crasso perde la vita. Fu una delle sconfitte più gravi patite da Roma. Mentre si ritirava, Crasso fu preso e ucciso; l’accordo fra i tre perdeva uno dei suoi protagonisti. Guerra civile tra Cesare e Pompeo: Dal 54-53 a.C. cominciarono a venire meno i vincoli politici e familiari che univano Pompeo a Cesare: Giulia muore di parto; l’anno seguente muore Crasso. Pompeo iniziò ad accostarsi alla fazione ottimate,anticesariana. Intanto la violenza e il caos politico dilagavano a Roma. Nel 53 a.C. non si era riusciti a eleggere per tempo i consoli e fu proposto (senza successo) di nominare Pompeo dittatore. Nel 52 a.C. l’anarchia giunse al colmo: Clodio,che aspirava alla pretura, e Milone al consolato, si affrontarono sulla via Appia. Il primo perse la vita. Pompeo viene allora nominato console senza collega. Fece subito votare delle leggi repressive in materia di violenza e broglio elettorale, e Milone venne condannato. Approfittando della situazione,i nemici di Cesare tentarono di rimuoverlo anticipatamente dalla sua carica e farlo tornare a Roma da privato cittadino. Per evitare ogni procedimento contro sé,Cesare aveva la necessità di ricoprire il consolato,senza interruzioni al proconsolato. Nello stesso 52 a.C. Pompe però aveva imposto un provvedimento che prescriveva che dovesse trascorrere un intervallo di cinque anni tra una magistratura e una promagistratura. A partire dal 51 a.C. iniziano le discussioni sul termine dei poter di Cesare e cominciò una lotta tra Cesare e i suoi avversari, tesa a raggiungere,da parte di Cesare,l’estensione del suo comando fino al 49 a.C. per potersi candidare console nel 48 a.C. ‘in assenza’. Nel 50 a.C. un tribuno della plebe, Caio Scribonio Curione, propose che per uscire dalla crisi si dovessero abolire tutti i comandi straordinari,sia di Cesare che di Pompeo. Cesare inoltrò al senato una lettera nella quale si dichiarava disposto a deporre il comando solo se anche Pompeo avesse fatto altrettanto; ma i suoi avversari ottennero che si ingiungesse solo a Cesare di porre fine alle sue cariche. Il senato votò il senatus consultum ultimum e affida ai consoli e a Pompeo il compito di difendere lo Stato. Nominati i successori di Cesare nelle province. Appresa questa notizia, Cesare varca il Rubicone in armi, confine tra la Gallia Cisalpina e Roma,dando inizio alla guerra civile. Cesare percorse rapidamente l’Italia ma non riuscì ad arrivare in tempo per fermare il piano di Pompeo di trasferirsi in Grecia,bloccare i rifornimenti e affamare l’Italia per poi tentare la rivalsa. Ritornato per breve tempo a Roma,Cesare cominciò ad affrontare la minaccia occidentale contro le forze pompeiane in Spagna. Cesare assalì e sconfisse i pompeiani spagnoli presso Ilerda (a nord dell’Ebro). Tornato a Roma,Cesare rivestì la carica di dittatore al solo scopo di convocare i comizi elettorali, i quali lo elessero console per il 48 a.C. Nel frattempo Pompeo posto il suo quartier generale a Tessalonica, Cesare compiva la traversata in pieno inverno,ponendo assedio a Durazzo. Cesare fu costretto ad attaccare a fondo la città,ma fu respinto. Avanzò allora verso la Tessaglia,sempre inseguito da Pompeo. Scontro decisivo: Tessaglia, a Farsalo nell’agosto del 48 a.C. e terminò con una disfatta pompeiana. Pompeo fuggì in Egitto,dove era in corso una contesa dinastica; i consiglieri del re ritennero sconveniente accogliere Pompeo e lo fecero assassinare. Anche Cesare giunge in Egitto,dove si intrattiene per oltre un anno,allo scopo di rimediare alle lotte dinastiche tra i due fratelli e assicurarsi l’appoggio di quel ricchissimo regno. Cleopatra fu confermata regina d’Egitto insieme al fratello minore Tolomeo XIV, ed ebbe un figlio con Cesare: Tolomeo Cesare. Frattanto Farnace,figlio di Mitridate, approfitta della situazione per recuperare i territori paterni. Cesare marciò allora contro di lui,sconfiggendolo a Zela,nel Ponto. Nel 47 a.C. Cesare ripartì per l’Africa,dove si erano rifiugiati i pompeiani vinti,che si erano assicurati l’appoggio di Giuba re di Numidia. Cesare conseguì una vittoria a Tapso. Suicidatosi a Giuba,il suo regno divenne provincia romana con nome Africa Nova. Ritornato a Roma,Cesare celebrò i tronfi su Gallia,Egitto,Farna e Giuba, poi verso la fine dell’anno partì in Spagna dove avevano ripreso fiato i suoi avversari sotto la guida dei figli di Pompeo,Cneo e Sesto. A Munda l’esercito nemico fu distrutto: solo Sesto Pompeo riuscì a salvarsi con la fuga. Cesare era ormai padrone della situazione. Mentre si trovava in Egitto Cesare fu dittatore per 1 anno; poi terzo consolato nel 46 a.C. A metà dello stesso anno dittatura per 10 anni. Fu console poi di nuovo nel 45 e 44 a.C. , a cui cumulò anche il titolo di dittatore a vita. A così tante magistrature supreme si devono aggiungere i poteri straordinari. Dopo Tapso venne fatto per tre anni praefectus moribus, con competenze analoghe a quelle dei censori. Gli fu riconosciuta la facoltà di sedere tra i tribuni della plebe, poi gli venne assegnata la potestà tribunizia (tutte le prerogative dei tribuni senza ricoprire la carica); gli fu attribuito il potere di fare trattati di pace o dichiarazioni di guerra senza consultare il senato e il popolo; designare i suoi candidati alle elezioni; assegnare ai propri legati le province pretorie; offerti gli onori del primo posto in senato ,del titolo imperator e padre della patria. Dal 49 a.C. aveva messo mano a un insieme vastissimo di riforme. Publio Cornelio Dolabella,destinato a sostituire Cesare al consolato, sarebbe stato console insieme ad Antonio. Fu stabilito che, dopo il consolato, ad Antonio sarebbe toccata la Macedonia e a Dolabella la Siria. Fu abolita la dittatura dalle cariche dello Stato. Antonio approfittò del possesso delle carte private di Cesare per far passare una serie di progetti di legge che egli sostenne di avervi trovato e che gli assicurarono una grande popolarità,facendone l’interprete della politica di Cesare e il suo continuatore spirituale. Alla lettura del testamento di Cesare si scoprì che il suo erede sarebbe stato suo figlio adottivo,un giovane di 19 anni, Caio Ottaviano, nonché suo pronipote. Il resto del patrimonio ad altri due parenti. Appena saputo del testamento,Ottavio si diresse a Roma e pose come caposaldo del suo impegno politico la tutela e la celebrazione della memoria del padre e la vendetta della sua uccisione. Per poter controllare più da vicino l’Italia,allo scadere del suo consolato,Antonio si era fatto assegnare al posto della Macedonia la Gallia Cisalpina e la Gallia Comata. Quando però Antonio mosse verso la Cisalpina, il governatore Decimo Bruto,rifiutò di cedergliela e si rinchiuse a Modena. Ebbe inizio la guerra di Modena nel 43 a.C.; il senato ordinò ai due consoli del 43 a.C., Aulo Irzo e Caio Vibio Pansa, di muovere in soccorso di Decimo Bruto;ad essi venne associato anche Ottavio. Antonio fu battuto e costretto a ritirarsi verso la Narbonese dove contava di unire le sue forze con quelle di Lepido. Irzo e Pansa morirono per le ferite. Il secondo Triumvirato: Poiché i consoli erano scomparsi,Ottavio chiese al senato il consolato per sé e ricompense per i suoi soldati. Al rifiuto: marcia su Roma. Nel 43 a.C. venne eletto console insieme al cugino Quinto Pedio. I due istituirono un tribunale speciale per perseguire gli assassini di Cesare. Ottavio si fece chiamare da allora: Caio Giulio Cesare. In Gallia,Antonio, si era congiunto con Lepido. Annullato il provvedimento che aveva dichiarato Antonio nemico pubblico, Ottaviano, Antonio e Lepido si incontrarono a Bologna, dove stipularono un accordo,poi fatto sancire da una legge votata dai comizi tributi: Lex Titia. Istituirono un triumvirato rei publicae constituendae (per la riorganizzazione dello stato), che diveniva una magistratura ordinaria. Essa conferiva il diritto di convocare senato e popolo; promulgare editti; designare i candidati alle magistrature. Antonio avrebbe conservato il governatorato della Gallia Cisalpina e Comata ; Lepido la Gallia Narbonese e le due Spagne; Ottaviano l’Africa,la Sicilia,la Sardegna e la Corsica. A Ottaviano era spettato il compito più difficile: Sicilia e Sardegna erano minacciate da Sesto Pompeo,figlio di Pompeo,che dominava il mare con le sue flotte,arrecando intralci ai commerci romani. Vennero resuscitate le liste di proscrizione; centinaia di senatori e cavalieri uccisi e i loro beni confiscati. Rimesse in sesto le loro finanze, i triumviri poterono rivolgere le armi in Oriente, ma prima divinizzazione di Cesare e istituzione del suo culto: Ottaviano divenne così Divi Filius. Lasciati Lepido e Munazio consoli a Roma, Antonio e Ottaviano partirono in Grecia. Scontro decisivo:a Filippi in Macedonia,nel 42 a.C. in due battaglie successive. Ottaviano subito in difficoltà. Cassio, battuto da Antonio e credendo anche Bruto sconfitto si uccise. Bruto allora si suicidò. Le proscrizioni avevano decimato molte famiglie e il loro posto fu occupato da una nuova aristocrazia composta da membri delle classi dirigenti municipali italiche e da persone di fiducia dei triumviri. Si realizzò un mutamento nella composizione delle élite di governo. Ne uscì rafforzato Antonio, che si trovò a trattare con gli altri triumviri da una posizione di forza. Egli si riservò il comando su tutto l’Oriente,da cui intendeva intraprendere un piano di conquista del regno partico come continuatore dell’opera di Cesare. A Lepido fu assegnata l’Africa; Ottaviano ebbe le Spagne,il compito di sistemare in Italia i veterani e vedersela con Sesto Pompeo che dominava la Sicilia. L’assegnazione di terre ai veterani fu uno dei compiti più complessi,in quanto non era rimasto agro pubblico,bisognava espropriare terreni nei territori delle 18 città d’Italia destinate allo scopo. Colpiti soprattutto gli interessi dei piccoli e medi proprietari. Sfociano proteste a partire dal 41 a.C. che si tramutano in aperta rivolta: Guerra di Perugia. Ottaviano fu costretto ad affrontare gli insorti che si chiusero a Perugia; questa fu assediata e poi espugnata e saccheggiata. Ottaviano intanto aveva provveduto ad appropriarsi delle Gallie. Profilandosi la possibilità di un’alleanza tra Antonio e Sesto Pompeo, Ottaviano si avvicinò a quest’ultimo sposando Scribonia,la figlia del suocero di Sesto. Preoccupato Antonio si mosse in Italia. Qui i due triumviri si incontrarono a Brindisi,dove venne sottoscritta un’intesa: accordo di Brindisi, 40 a.C.: Ad Antonio assegnato l’Oriente; A Ottaviano l’Occidente (esclusa l’Africa per Lepido). Antonio inoltre sposa la sorella di Ottaviano,Ottavia. Sesto Pompeo deluso di non essere stato preso in considerazione a Brindisi, blocca le forniture di grano che venivano a Roma,creando malcontento. Antonio stringe con Sesto l’accordo di Miseno, 39 a.C.: Sesto Pompeo avrebbe avuto il governo della Sicilia,Sardegna e Corsica e Peloponnesso aggiunto da Antonio. L’equilibrio durò poco. Sesto Pompeo riprese le azioni di scorreria contro l’Italia. Ottaviano allora ripudiò Scribonia e sposò Livia Drusilla,moglie divorziata di T. Claudio Nerone. Intanto Sesto aveva perduto la Sardegna e la Corsica che passarono a Ottaviano. Divampò la lotta per la Sicilia: Ottaviano inizialmente sconfitto,chiese l’aiuto di Antonio, e concluse un accordo con lui a Taranto (37 a.C.) per ottenere rinforzi. Fu rinnovato così per altri 5 anni il triumvirato. Ottaviano avrebbe ricevuto da Antonio 120 navi per la guerra contro Sesto. Nel frattempo Marco Vipsanio Agrippa,console per il 37 a.C., e amico di Ottaviano, aveva fatto collegare i laghi Averno e Lucrino al mare,costruendo un porto militare a Pozzuoli dove aveva potuto Parte quarta: L’impero da Augusto alla crisi del III secolo  Capitolo 1: Augusto Nel 31 a.C. Ottaviano, grazie alla vittoria ad Azio su Antonio e Cleopatra, divenne il padrone assoluto dello Stato Romano. Si delinea il governo di Ottaviano... Ciò che noi chiamiamo “impero” non è stato fondato e concepito unitariamente in un solo momento,ma si è consolidato per tappe successive. Con il 31 a.C. si vuole far iniziare il Principato: regime istituzionale incentrato sulla figura di un reggitore unico del potere, il princeps. Il problema di una nuova sistemazione dei rapporti tra Roma, l’Italia e il Mediterraneo aveva segnato l’ultimo secolo della Repubblica. Il ritorno in Italia di Ottaviano, nell’agosto del 29 a.C., fu segnato dalla celebrazione di tre trionfi: per le campagne dalmatiche, per la vittoria di Azio e per la vittoria sull’Egitto. Dal 31-23 a.C. Ottaviano-Augusto venne ininterrottamente eletto console, e condividendo sempre la carica con membri fidati della sua fazione. Il processo di riconoscimento giuridico della nuova forma istituzionale iniziò solo nel 27 a.C. All’inizio dell’anno Ottaviano entrò nel suo settimo consolato, avendo come collega Agrippa. Ottaviano rinunciò a tutti i suoi poteri straordinari, accettando solo un imperium proconsolare per 10 anni sulle province non pacificate: Spagna, Gallia, Siria, Cilicia, Cipro, Egitto. Qualche giorno dopo il senato lo proclamò «Augusto», un epiteto che lo proiettava in una dimensione sacrale, religiosa (il termine deriva da “augere” cioè “innalzare”). Si aggiunsero la concessione della corona civica fatta di foglie di quercia e l’onore di uno scudo d’oro, appeso nell’aula del senato sul quale erano elencate le virtù di Augusto: virtù, clemenza, giustizia pietà verso gli dèi e verso la patria. Documento di eccezionale interesse: Res Gestae (‘le imprese’), testamento politico redatto da Ottaviano-Augusto verso la fine della sua esistenza e che fece affiggere in varie città dell’Impero. La nuova organizzazione dello Stato rappresentava il superamento delle istituzioni della città-stato. Il principe, nonché primo uomo dello Stato, si poneva come punto di riferimento e di equilibrio fra le diverse componenti della nuova realtà «imperiale»: l’esercito, le province, il senato, la plebe urbana. Il benessere materiale di Roma dipendeva anche dalla prosperità delle province. La crisi del 23 a.C.: Dal 26-23 a.C. Augusto continuò a essere eletto console. Dal 27-25 a.C. egli si recò in Gallia e poi nella Spagna settentrionale dove combatté contro gli Austri e i Cantabri che non si erano sottomessi al dominio romano. Dimostrava di provvedere alla pacificazione dei territori provinciali assegnati e rafforzava il contatto con l’esercito e con i veterani insediati nelle province. Negli anni successi Augusto alternerà dei periodi di permanenza a Roma,in modo che l’assestamento del nuovo ordine potesse compiersi gradualmente. Nel 23 a.C grave crisi. In Spagna Augusto si era ammalato. Uno degli aspetti più delicati: la successione del principe. In teoria il problema non esisteva, in quanto i poteri conferiti ad Augusto erano individuali e non trasmissibili. Con la sua morte la gestione della cosa pubblica sarebbe tornata agli organi istituzionali dello stato. Questo implicava il pericolo di un vuoto del potere. Nel 23 a.C. la scomparsa prematura di Augusto avrebbe potuto originare delle guerre civili. In assenza di figli maschi, Giulia, sua unica figlia da lui avuta con Scribonia, era divenuta il fulcro delle sue strategie politiche. I suoi progetti si appuntarono prima sul genero Marcello (figlio di Ottavia, sorella di Augusto) che aveva sposato Giulia e sugli eventuali nipoti. Ma Marcello morì e Giulia fu data in moglie ad Agrippa, che divenne un possibile successore. Nel nuovo regime furono introdotte delle correzioni che definirono la sostanza dei poteri imperiali. Augusto depose il consolato e ottenne un imperium proconsulare che gli consentiva di agire con i poteri di un promagistrato su tutte le province. Questo potere, definito «imperium maius», non consentiva però di agire nella vita politica a Roma. Per ovviare tale impedimento il principe ricevette dal senato il potere di un tribuno della plebe, vitalizio. Diveniva così protettore della plebe di Roma,poteva convocare i comizi,porre il veto, godere della sacrosanctitas; diritto di convocare il senato. Le elezioni erano state ristabilite: erano controllate da Augusto attraverso due procedure: la nominatio (accettazione della candidatura) e commendatio (raccomandazione da parte dell’imperatore stesso). All’assemblea popolare fu attribuito un ruolo marginale, mentre si perseguiva una sorta di equilibrio tra principe e senato. I comizi ratificavano i candidati scelti da 10 apposite centurie di cavalieri e senatori,che li designavano con l’imperatore. Nel 22 a.C., in seguito a una carestia, Augusto rifiutò la dittatura e assunse la cura annonae (approvvigionamento di Roma). Nel 19-18 a.C. esercitò anche i poteri di censore ottenendo privilegi legati al consolato, tra cui il diritto di utilizzare le insegne dei consoli: la sella curulis e i 12 littori che portavano i fasci. Anche Agrippa, nel 23 a.C., ottenne un imperium proconsulare di 5 anni. Tra il 22-19 a.C. Augusto si portò sul confine orientale per sistemare la questione partica e armena. Attraverso una trattativa diplomatica riuscì a recuperare le insegne delle legioni di Crasso e Marco Antonio. Gli emblemi recuperati furono trasferiti a Roma nel tempio di Marte Ultore e il negoziato fu celebrato come la pacificazione dell’Oriente. Intanto Agrippa,a Roma,sposava la figlia di Augusto, Giulia. Nel 18 a.C. scadevano il mandato di Augusto, di 10 anni,sulle province non pacificate e quello concesso ad Agrippa. Entrambi si videro rinnovato per 5 anni l’imperium proconsulare. Agrippa ottenne anche la tribunicia potestas, così da rendere la sua posizione sempre più vicina a quella del princeps. Egli aveva avuto nel 20 a.C. un figlio da Giulia, Lucio Cesare, e nel 18 a.C. Caio Cesare. Nel 17 a.C. Augusto li adottò entrambi,facendone i suoi successori designati. Nel 12 a.C. Per la prevenzione degli incendi, Augusto creò un corpo di vigili del fuoco, con a capo un prefetto di ordine equestre, organizzati in 7 coorti; ciascuna doveva proteggere due dei 14 quartieri. Il governo di Roma attribuito a un praefectus Urbi. Dopo la guerra sociale tutti gli abitanti dell’Italia erano diventati cittadini romani. Le circa 400 città italiche godevano di autonomia interna,erano dotate di un proprio governo municipale. Augusto divise l’Italia in 11 regioni. Tra i più importanti provvedimenti: creazione di un sistema stradale e di un servizio di comunicazioni, a scopo militare, affidato a magistrati municipali e organizzato da un praefectus vehiculorum equestre. Le province dove si trovavano una o più legioni, «non pacificate» erano sotto la responsabilità di Augusto ed erano governate da appositi legati Augusti pro praetore,scelti tra i senatori di rango pretorio o consolare; ma non avevano il diritto di riscuotere le tasse (affidata a procuratori di rango equestre). Nelle province di competenza del popolo romano,prive di legioni, «province pacificate»,i governatori erano senatori scelti a sorteggio tra i magistrati che avevano ricoperto la pretura o il consolato; in carica 1 anno e comandavano le forze militari, assistiti da questori. L’Egitto fu assegnato a un prefetto di rango equestre (unico caso) ,nominato da Augusto. Il prefetto comandava le legioni ed era responsabile dell’amministrazione e della giustizia. Creato anche un sistema per l’esazione di imposte e tasse. Nuovi criteri per determinare l’ammontare dei tributi meglio commisurati alle capacità contributive dei provinciali. Il nuovo sistema aveva come presupposto una misura dei terreni, su cui era imposta la tassa fondiaria,il tributum soli, e il censimento della popolazione, con cui si determinava il numero dei provinciali non cittadini romani, che dovevano pagare la tassa pro capite. L’esercito, la pacificazione e l’espansione: All’indomani di Azio, gli uomini impegnati nell’esercito superavano le necessità. La paga dei soldati gravava sulla cassa dello Stato, l’aerarium saturni, ma i costi della liquidazione dei veterani erano un peso. Si trattava di smobilitare vecchi combattenti, conservandone il favore. In un primo i veterani ricevettero soprattutto terre,poi denaro. Venne creata nel 6 d.C. una cassa speciale, l’erario militare, che garantiva al soldato che avesse ottenuto l’honesta missio (certificato di servizio onorevole) un premio di congedo. Con Augusto, il servizio militare fu riservato a volontari (italici ma anche provinciali) ed era formato da professionisti. Si costituì una forza composta da 25 legioni, ciascuna designata da un numero e da un nome. Altra innovazione: guardia pretoriana permanente,al comando di un prefetto di rango equestre. Si trattava di un corpo militare d’élite composto da 9 coorti, reclutato tra cittadini romani residenti in Italia,che godeva di privilegi, poiché stanziato a Roma. Augusto costituì anche dei contingenti regolari di truppe ausiliarie di fanteria e cavalleria. Al congedo si otteneva la cittadinanza romana. La flotta stazionava in due porti: Miseno e Ravenna, ed era sottoposta al comando di un prefetto equestre. Anche i marinai congedati ottenevano la cittadinanza romana. Augusto ebbe successi anche nella «politica estera», anche se molte delle acquisizioni territoriali furono limitate. Augusto compì in tre occasioni: 29,25,10 a.C , un atto di grande valore simbolico: la chiusura del tempio di Giano,gesto per indicare l’inizio di una stagione di pace. Augusto preferì affidare alla diplomazia le questioni orientali. In Egitto furono estesi i confini meridionali grazie all’azione del primo prefetto d’Egitto,C.Cornelio Gallo, che concluse concordi con gli Etiopi; il secondo condusse una spedizione fino allo Yamen meridionale,per assicurare le vie commerciali con l’Oriente. I confini con il regno partico stabilizzati grazie a trattative e ai rapporti politici stretti con gli Stati contigui ai territori provinciali. Con i sovrani di tali regni furono stretti trattati di amicizia,rapporti di patronato-clientela con l’imperatore; sono infatti definiti «regni clienti» di Roma. In Armenia,poi,gli interessi romani si scontravano con quelli dello Stato partico. Nelle trattative diplomatiche del 20 a.C., Augusto era riuscito a farsi restituire le insegne delle legioni romane di Crasso e Antonio. Vero teatro degli scontri militari:Occidente. I primi interventi militari nella penisola iberica,che venne pacificata e nell’area alpina occidentale,dove furono sottomessi i Salassi e fu fondata la colonia di Augusta praetoria (Aosta). Nel 21-20 a.C. Balbo,un proconsole estese il controllo romano nell’Africa meridionale e sud-occidentale contro le tribù dei Garamanti. Ma fu sul confine renano e danubiano che gli eserciti romani furono impiegati per lungo tempo: conquista della Rezia,Vindelica e Norico nel 16-15 a.C dai figli di Augusto, Tiberio e Druso. 14-9 a.C. occupata la Pannonia. L’acquisizione della Mesia segnò il definitivo consolidamento della frontiera danubiana. Tuttavia,insucesso: mancata sottomissione della Germania. L’obiettivo doveva essere la linea del fiume Elba; qui i Romani arrivarono con Druso, ma il territorio germanico,a oriente del Reno non fu mai stabilmente sottomesso. Nel 6 d.C grande rivolta delle tribù germaniche. Nel 9 d.C. episodio decisivo: nella foresta di Teutoburgo tre legioni annientate. Anche se negli anni successivi si condussero altre spedizioni in Germania,si trattava solo di operazioni di carattere limitato. La successione: i poteri di Augusto non erano ereditari. Augusto che non aveva figli maschi, ma solo una figlia femmina,Giulia, doveva trovare il modo di far sì che la sua posizione di potere non andasse perduta con la sua morte, ma rimanesse nella sua famiglia. Prima preoccupazione quella di integrare la propria famiglia nel nuovo sistema politico celebrandone l’ascendenza divina. Il ruolo di primo piano assunto dalla domus principi gli consentiva di trasferire al proprio erede anche le clientele e il prestigio. La posizione del princeps nello Stato veniva d’altra parte rafforzata dai meriti e dalle distinzioni acquisiti dai suoi figli adottivi e dalle persone della sua cerchia,come Agrippa. L’erede scelto avrebbe ricevuto il patrimonio privato e un prestigio che gli garantiva un accesso privilegiato alla carriera politico-militare e un ruolo singolare nella res publica. Fu attraverso il matrimonio della figlia con Marcello Calligola non era stato adottato da Tiberio, né aveva condiviso con lui l’imperium proconsolare o la potestà tribunizia. Era una designazione che si basava solo sulla linea familiare,attingendo dal ramo della famiglia di Germanico,piuttosto che da Tiberio. Caligola discendeva da Augusto (sua nonna materna Giulia) e per linea maschile dai Claudi (suo nonno paterno Druso,fratello di Tiberio); e,per ironia, anche da Antonio (nonna paterna Antonia). Egli amava dire che desiderava essere considerato discendente di Antonio piuttosto che di Augusto. Alla morte di Caligola il potere rimase alla famiglia di Germanico, passando a Claudio, fratello di Germanico, primo princeps estraneo alla casa Giulia, che prese il nome di Cesare senza averne il sangue o essere stato adottato. Infine l’ultimo esponente della dinastia fu Nerone, con cui entrò nella storia della domus pricipis una famiglia nobiliare diversa, quella dei Domizi. Nerone era figlio di un aristocratico estraneo alla famiglia di Augusto; fu erede della famiglia Claudia e di quella Giulia per parte di madre, in quanto figlio di Agrippina minore (figlia di Germanico); fu adottato da Claudio,che aveva sposato Agrippina dopo che lei ebbe divorziato con Cneo Domizio Enobarbo.  Tiberio (14-37 d.C): Malgrado la scarsa popolarità rispetto al suo predecessore, il suo governo fu una positiva prosecuzione di quello augusteo. Tratti negativi di Tiberio: diffidenza; invidia nei confronti di personaggi della casa imperiale più popolari di lui. Rifiuta più volte gli onori divini: spirito tradizionalista. Tiberio fu amministratore accorto dello Stato. Durante il suo principato modificò il sistema elettorale, passaggio delle votazioni dai comizi a partecipazione popolare al senato. Durante tutto il suo governo dovette fronteggiare un’opposizione che rivendicava l’autonomia decisionale e la libertas del senato. All’inizio del suo regno si ebbe la stabilizzazione della frontiera danubiana. Ma non proseguì gli ampliamenti territoriali in Germania. La morte di Germanico può essere considerata un caso di delitto politico: era bello,valoroso,buono; un predestinato all’Impero. Tiberio,per impedirgli di proseguire il suo disegno di conquiste della Germania, lo mandò in Siria, dove dovette condividere il comando con il proconsole Calpurnio Pisone. Tra i due insorsero gravi contrasti, così che quado Germanico morì improvvisamente, presentando sintomi di avvelenamento, si sospettò che fosse stato ucciso su istigazione di Pisone. Secondo le fonti, questo per evitare la condanna si suicidò. Morto Germanico, a Roma si aprì un contrasto politico tra Tiberio e Agrippina. Si trattava di affrontare il problema della successione: erano candidati il figlio di Tiberio (che morì tuttavia nel 23 d.C),Druso, ma anche uno dei tre figli di Germanico e Agrippina. La svolta nel 23 d.C.: il prefetto del pretorio Seiano iniziò a crearsi un forte potere personale, guadagnandosi la fiducia di Tiberio, di cui fu collaboratore fedele. Tiberio nel 26 d.C. Tiberio già dal 26 d.C. aveva lasciato Roma per rifugiarsi a Capri e Seiano, dopo la morte di Livia, dominò la vita politica a Roma, influenzando le decisioni di Tiberio. Probabilmente aspirò anche alla successione: chiese di sposare Livilla, vedova del figlio di Tiberio,Druso, e nel 31 d.C. dichiarò Agrippina nemico pubblico e imprigionò i suoi due figli maggiori, accusandoli di tramare contro l’imperatore. Antonia,madre di Germanico, risveglia in lui i sospetti su Seiano, che fu arrestato, processato e giustiziato. Gli ultimi anni del regno di Tiberio non furono felici: grave crisi finanziaria e contrasti con il senato. Si aprì un periodo di terrore, segnato da processi,suicidi e condanne. Agrippina si suicidò e i suoi figli uccisi. Rimanevano come possibili successori: Tiberio gemello (figlio di Druso minore) e Caligola,unico sopravvissuto ai figli di Germanico. Tiberio nominò entrambi ma, alla sua morte (37 d.C), il senato riconobbe come unico erede Caligola,che si impegnò ad adottare Tiberio Gemello,ancora minorenne; ma fu eliminato nello stesso anno.  Caligola (37-41 d.C.): Il suo regno fu breve. Caligola fu accolto con entusiasmo dall’esercito e dalla plebe. Il giovane si appoggiò al consenso dei pretoriani e della popolazione di Roma,inaugurando una politica di donativi,grandi spettacoli e piani edilizi che portò all’esaurimento delle cospicue riserve finanziarie lasciate da Tiberio. Molto più freddo era l’atteggiamento del senato. Le fonti imputano alla malattia mentale di Caligola la sua inclinazione verso forme di dispotismo orientale e l’ondata di esecuzioni, di cui cadde vittima anche il prefetto del pretorio Macrone. Si colloca,forse, in questo contesto la decisione di far uccidere nel 40 d.C. il re Tolomeo di Mauretania, ultimo discendente di Antonio. L’episodio diede inizio a una guerra che si concluse solo sotto Claudio, con l’annessione del regno a Roma. In politica estera Caligola si curò di ripristinare in Oriente un sistema di stati cuscinetto, con i cui sovrani aveva relazioni di amicizia. Tuttavia, fu proprio con gli Ebrei che nacque uno dei conflitti dell’età di Caligola: l’imperatore, per affermare la propria divinità, volle porre una propria statua nel Tempio di Gerusalemme, suscitando le proteste della popolazione e dello stesso governatore romano. La richiesta di Caligola aveva infatti risvegliato violenti conflitti tra Ebrei e Greci nelle città della Giudea e dell’Oriente. Nel 41 d.C. Caligola cadde vittima di una congiura organizzata dai pretoriani. La sua morte evitò che scoppiasse il conflitto in Giudea e pose fine ai dissidi nelle città orientali. Il breve principato di Caligola costituisce un episodio premonitore dei rischi inerenti alla struttura stessa del Principato.  Claudio (41-54 d.C.): Neppure il successore di Caligola, suo zio Claudio, ebbe dalla sua il favore delle fonti antiche. In realtà il suo regno sembra contraddire questa presentazione per le sue realizzazioni in politica interna ed estera. Malgrado il suo rispetto per il senato, Claudio istituì una riforma: l’amministrazione centrale fu divisa in 4 grandi uffici, un segretario generale e tre per le finanze, le suppliche e l’istruzione dei processi da tenersi davanti all’imperatore. Poiché a capo di questi dipartimenti furono chiamati dei liberti, il regno di Claudio è ricordato come “regno dei liberti”. città di origine,entravano a far parte delle élite municipali e acquistavano prestigio alla propria famiglia,arrivando a rivestire e amgistrature locali.  Nerone (54-68 d.C.): Il principato di Nerone fu imposto su premesse del tutto diverse da quelle augustee. Il mutamento nella concezione del princeps è evidente nel De Clementia, opera composta nel 55 d.C., dal filosofo e precettore di Nerone, Anneo Seneca. Si tratta di un ‘programma di governo’ per Nerone. Da Augusto in poi la res publica è nelle mani di una sola personalità, il potere e la ricchezza sono assoluti e dono dagli déi: implicano per il principe la responsabilità di porre virtus e clementia alla base delle proprie azioni. In un primo tempo Nerone assecondò l’influenza che esercitavano su di lui Seneca e il prefetto del pretorio Afranio Burro cercando una forma di collaborazione con il senato, ma se ne distaccò per inclinare verso una idea teocratica e assoluta del potere imperiale, provocando l’opposizione senatoria dei gruppi tradizionalisti e delle antiche famiglie repubblicane. Nerone fu sempre considerato un imperatore vicino alla plebe. Si macchiò comunque di delitti molto gravi; dopo aver fatto assassinare il fratellastro Britannico,fece uccidere anche la madre Agrippina. Nel 62 d.C. divorziò da Ottavia e sposò Poppea. Da quell’anno iniziarono i processi di lesa maestà a carico di alcuni senatori,con cui Nerone cercava di annientare gli ultimi nobili che potevano vantare una lontana forma di parentela con Augusto e minacciare la sua posizione. Il dispotismo di Nerone, che culminò nell’incendio di Roma del 64 d.C., propiziò le condizioni per una sua eliminazione. La situazione che egli dovette affrontare dopo l’incendio fu molto grave, i costi per la ricostruzione furono tanto alti da esacerbare alcune situazioni di tensione sia con il senato e la plebe di Roma sia nelle province e di provocare una forte perdita di consenso. Nerone cercò di rimediare alla crisi finanziaria con una riforma monetale: riduzione di peso e di fino della moneta d’argento; Ricostruzione della sua stessa residenza, la domus aurea, nel pieno centro di Roma. Nelle province, in particolare in Britannia, già nel 60 d.C.,vi era stata una grave ribellione, che ebbe tra le cause il duro comportamento dei procuratori imperiali impegnati nelle esazioni fiscali. In Giudea la requisizione del tesoro del Tempio di Gerusalemme fu uno dei motivi dello scoppio di una violenta ribellione contro i Romani. Per rimpinguare le casse dello Stato Nerone avrebbe utilizzato lo strumento dei processi e delle confische; nel 65 d.C. minacciato da una grave congiura, Congiura dei Pisoni. Seneca e Fenio Rufo,prfetto del pretorio, furono tra le principali vittime ; ma Nerone proseguì con l’eliminazione degli avversari. In politica estera ottenne qualche successo sul fronte orientale: riportare l’Armenia sotto influenza romana. Il re Tridate fu incoronato da Nerone a Roma nel 66 d.C.; chiudendo il tempio di Giano e proclamando la pacificazione dell’impero. Assicurata la situazione a Roma, Nerone partì per la Grecia, dove intendeva partecipare ai festival e ai tradizionali agoni periodici delle poleis greche. Nerone vinse premi a tutti gli agoni e ai giochi di Corinto, proclamando la libertà delle città greche. In Giudea gravissima ribellione, contro cui Nerone aveva mandato Muciano e Vespasiano,comandante delle truppe in Giudea. Mentre Vespasiano riusciva a riportare sotto controllo la situazione a Roma, nel 67/68 d.C. giunse a Roma la notizia della ribellione del legato della Gallia Lugdunensis C. Giulio Vindice. La ribellione fu rapidamente domata,ma era solo l’inizio di una catena di sollevazioni. Anche i pretoriani abbandonarono Nerone; il senato lo dichiarò nemico pubblico, riconoscendo come nuovo princeps Galba. A Nerone non restava altro che il suicidio. La sua fine segna anche quella della dinastia Giulio-Claudia. La mancanza di una soluzione per la successione fu la causa di una grave crisi.  Capitolo 3: L’anno dei quattro imperatori e i Flavi Si erano create le condizioni per una nuova guerra civile, che vide contrapposti senatori, governatori di provincia o comandanti militari che, forti del sostegno dei loro eserciti, assunsero il titolo di imperatore. La proclamazione a imperatore di Vespasiano, mostrò come il principato potesse essere rivestito anche da un uomo di origini modeste. La crisi del 69 d.C., con quattro imperatori: Galba (aristocrazia senatoria: anziano senatore e governatore della Spagna), Otone (pretoriani; amico di Nerone. Le legioni sul Reno non riconobbero la sua autorità e proclamarono imperatore Vitellio), Vitellio (senatore di rango consolare e comandante esercito; riconosciuto imperatore quando era ancora in Gallia. Congeda i pretoriani e li rimpiazza con soldati dalle legioni reniane; le legioni orientali e danubiane proclamano al suo posto Vespasiano), Vespasiano (esercito; apparteneva a una famiglia italica di Rieti. Proclamato imperatore da truppe ad Alessandria. Riconosciuto imperatore dal senato quando era ancora in Egitto), che alla fine risultò vincitore, che si combatterono l’uno contro l’altro. La dinastia Flavia (69-96 d.C.): Con Vespasiano inizia la dinastia dei Flavi, che comprende il periodo di Impero di Vespasiano e dei suoi figli Tito e Domiziano. Il fatto di avere due figli e poter garantire la stabilità dell’Impero fu uno dei fattori dl successo di Vespasiano. La dinastia durò fino al 96 d.C., quando la politica di Domiziano suscitò una tale opposizione, sia nel senato, sia nella sua stessa corte, da portare alla sua uccisione e alla proclamazione di un nuovo princeps,un esponente del senato.  Vespasiano (69-79 d.C.): I tre imperatori della dinastia Flavia ebbero indole diversa tra loro, ma si contraddistinsero tutti per un rigido impegno nell’amministrazione imperiale.
Docsity logo


Copyright © 2024 Ladybird Srl - Via Leonardo da Vinci 16, 10126, Torino, Italy - VAT 10816460017 - All rights reserved