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Storie dai contesti (riassunto del libro), Schemi e mappe concettuali di Archeologia

Riassunto breve del libro "Storie dai contesti" per la preparazione dell'esame di Archeologia e storia dell'arte romana.

Tipologia: Schemi e mappe concettuali

2021/2022

In vendita dal 09/06/2023

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Scarica Storie dai contesti (riassunto del libro) e più Schemi e mappe concettuali in PDF di Archeologia solo su Docsity! STORIE DAI CONTESTI CAPITOLO 2 (LE SUCCESSIONI DI EVENTI: STRATIFICAZIONI E STRATIGRAFIA) Tutto ciò che noi possiamo ancora osservare, documentare e analizzare rappresenta ciò che è rimasto, giungono a noi soltanto frammenti del passato, che dobbiamo tuttavia utilizzare se vogliamo aspirare a ricostruire la storia. I reperti ritrovati non sono solo l’esito delle azioni che li hanno caratterizzati ma anche dei molteplici fenomeni di decomposizione e distruzione. OGGETTI PRODOTTI IN SERIE E OGGETTI UNICI: la classificazione degli oggetti non è di per se sufficiente per una ricerca storica e culturale esauriente e sistematica. Gran parte delle informazioni che i reperti possono rivelarci non sta in essi ma nel sistema di relazioni di cui erano parte ovvero nel contesto che li conteneva. Gli oggetti prodotti in serie sono quei prodotti frutto di manifatture, costituite da un singolo artigiano o da gruppi di persone organizzati in officine o ateliers, che producono grandi quantità di oggetti, di uso generalmente quotidiano e accumunati da identiche caratteristiche morfologiche e tecniche. Gli oggetti unici invece sono quei prodotti generalmente di uso non quotidiano e di alto valore, esito di una richiesta specifica da parte di un singolo committente a un artigiano altamente specializzato, tanto da poter essere identificati anche da un nome proprio (in molti casi l’artigiano firmava l’opera). Sappiamo ora che gli oggetti, per quanto realtà inanimate, possono essere considerati rappresentativi di un lungo processo che va dalla loro ideazione alla loro riscoperta. Per quanto riguarda la stratigrafia e le varie tecniche tutti i manufatti erano contenuti in strati archeologici, anche i resti materiali di azioni umane sono prodotti del fare umano, e anche le stratificazioni archeologiche e le architetture sono gli elementi materiali primi nell’aiutarci a definire i processi perché dietro ogni per propria natura. I metodi che possono essere applicati all’analisi dei manufatti sono i cosiddetti metodi stilistici e iconografici e i metodi fisici e chimici riuniti nell’archeometria e per questo definiti archeometrici. le azioni umane possono produrre o non tracce materiali durevoli o non durevoli come muoversi, pensare, cantare, creare oggetti, possono produrre tracce materiali durevoli come costruire un muro o scolpire una pietra. Ogni scavo inizia quando il processo di formazione della stratificazione è terminato o si è momentaneamente arrestato, ovvero dopo che l’ultima azione compiuta a prodotto l’ultima traccia impressa nel terreno.lo scavo stratigrafico procede identificando e rimuovendo le tracce materiali delle azioni nell’ordine inverso a quello con cui si sono accumulate (come sfogliare un libro dall’ultima pagina alla prima). Lo scavo è il mezzo con il quale riusciamo a conoscere storie articolate in singole azioni e ciò avviene perché le relazioni fisiche tra le “unità stratigrafiche” (gli atomi che compongono il deposito archeologico) rivelano relazioni temporali che si definiscono rapporti stratigrafici. Lo scavo è un sistematico lavoro di analisi che, in prima istanza, prescinde da qualsiasi classificazione degli elementi identificati, le unità stratigrafiche. Per “messa in fase” si intende il passo successivo alla correlazione tra strati e strutture (unità stratigrafiche positive) e interfacce (unità stratigrafiche negative) e consiste nello stabilire la successione di depositi e strutture. IL DIAGRAMMA STRATIGRAFICO E LE SUA ELABORAZIONE: tra il 1973 e il 1976 Edmard Cecil Harris elaborò per la prima volta un diagramma capace di riunire in sé e illustrare tutte le relazioni fisiche e stratigrafiche di una stratificazione complessa il diagramma (noto oggi come matrice di Harris) dimostrò subito estremamente efficace condizionato da un solo limite: la scarsa qualità della documentazione di scavo che veniva prodotta.si tratta di un diagramma composto da numeri e linee, i numeri indicano tutte le unità stratigrafiche e le linee tutti rapporti stratigrafici non ridondanti rilevati. Harris può essere considerata oggi lo strumento più efficace da utilizzare in questa fase del lavoro, per dominare l’stratificazioni di qualsiasi livello di complessità, ma si sente la necessità di formalizzare in maniera più raffinata anche la procedura di correlazione, ricordiamo infatti che proprio la correlazione il primo momento nel quale abbandoniamo l’analisi e iniziamo a muovere verso la sintesi unendo e associando unità stratigrafiche durante lo scavo abbiamo classificato con mezzo di di azioni distinte. DALLA CRONOLOGIA RELATIVA ALLA CRONOLOGIA ASSOLUTA: le fonti che identifichiamo e definiamo scavando non ci dicnon tutto e, anche se accolte come sistemi o come contesti, frammenti. Questo genere di analisi dei dati raccolti rappresenta una conquista recente, almeno nell’archeologia italiana. Piante di fase furono elaborate per la prima volta dai nostri archeologi impegnati nello scavo di Cartagine all’inizio degli anni Settanta del secolo scorso. Tutta l’evidenza veniva rappresentato su una pianta sola, si pensi all’illustre Forma Urbis Romae redatta da Rodolfo Lanciani alla fine del XIX secolo, che resta uno dei monumenti più illustri nella storia degli studi topografici su Roma antica. Nelle Tavole sono illustrati tutti i rinvenimenti noti di qualsiasi epoca (in bianco e nero i resti di età imperiale, in rosso i resti di età repubblicana e arcaica), ma anche la trama della città precedente l’annessione al Regno d’Italia (in color sanguigna) e la trama dei nuovi quartieri previsto dal primo piano regolatore della nuova Capitale (in colore azzurro) CAPITOLO 3 (VIVERE E AGIRE NEL TERRITORIO: TOPOGRAFIA E ARCHEOLOGIA DEI PAESAGGI) Per la lettura storica dei paesaggi, lo storico e l’archeologo si avvalgono di un altro strumento oltre alla stratigrafia (che offre una visione verticale), ovvero la TOPOGRAFIA con una prospettiva di lettura totalmente “orizzontale”, non si rivolge a stratificazioni di materiali ma a qualsiasi dato sia visibile o ducumentato e localizzabile nelle tre dimensioni spaziali. Per questo la topografia è comunemente intesa come la “rappresentazione dei luoghi”. Il prodotto culturale dell’interazione tra agire dell’uomo e territorio si definisce paesaggio, in questa prospettiva la topografia è lo strumento da utilizzare nella ricerca archeologica quando ci si pone l’obiettivo di estrarre dai luoghi i processi storici che essi “contengono” e possono rivelare, la topografia proprio in questo ci aiuta a ricostruire i paesaggi, tutti i paesaggi dei quali la documentazione storica e archeologica ci ha lasciato traccia. I luoghi frequentati e abitati dall’uomo cambiano continuamente forma con il passare del tempo. Si tratta di modifiche a volte impercettibili, altre molto poi sostanziali ed estese, in alcuni momenti si generano mutamenti molto lenti, in altri si impongono cambiamenti improvvisi. Inizialmente le costruzioni e le creazioni artificiali si inseriscono nella realtà naturale, per lo più adattandosi, poi pian piano, la forma originaria dei luoghi viene se,pre più alterata, fino a divenire del tutto irriconoscibile a chi osservi quella parte di territorio in epoche lontane dalla sia prima frequentazione. Lo stesso avviene per i paesaggi creati dagli interventi umani, le azioni e le costruzioni successive possono nascondere, conservare, modificare, distruggere realtà che le hanno precedute. Gli edifici cambian aspetto oppure sono ricostruiti con materiali diversi pur conservando la forma originaria, o ancora sono distrutti e sostituiti da costruzioni nuove per aspetti e funzione. Le strade sono conservate e ampliate o sono coperte e sostituite da nuove vie con percorsi diversi, le terre vengono accumulate e accumuli cretai in epoche precedenti vengono rimossi. ACCENNI DI STORIA DELLA TOPOGRAFIA: la topografia, a differenza della stratigrafia che è debitrice alle scienze naturali, è quella che si può definire pienamente umanistica, nella sua prima accezione di interesse per la storia di edifici e territori è figlia dell’Umanesimo. La topografia non deriva i suoi detta i operativi da leggi o principi scientifici di chiara e condivisa enunciazione. Le regole che applichiamo nella definizione ed elaborazione dei dati nella ricerca topografica derivano da una serie di assunti. Ciò che vediamo e rappresentiamo in una carta archeologica non è che una frazione non determinabile di un intero in parte perduto. DALLA FOTOGRAFIA AREA ALLA RICOGNIZIONE ARCHEOLOGICA: non solo gli archeologici inglesi scoprirono l’efficacia della fotografia aerea per l’euristica archeologica e per la documentazione topografica. Gli archeologi statunitensi in seguito iniziarono ad applicare sistematicamente l’indagine diretta dei territori, tramite la cosiddetta “ricognizione archeologica” (archeological survey), non solo per censire i siti di interesse culturale da proteggere e/o individuare siti da scavare. Tale procedura era raccomandata per organizzare nel modo migliore le ricerche da intraprendere, definendo i contenuti e le potenzialità archeologiche dell’area in corso di studio. I quattro tipi di ricognizione archeologica sono: Ricognizione estensiva e non sistematica (per ottenere un catalogo dei siti in un area ampia)• Ricognizione funzionale a individuare siti da scavare (ricognizione di breve durata)• Ricognizione limitata (approccio scientifico molto sofisticato)• Ricognizione intensiva sistematica (estrarre tutta l’informazione possibile da ogni sito che può • essere rinvenuto, bisogna ripercorrere tutto il territorio che si intende analizzare) PAESAGGIO E “SPAZIO”: il primo ripensamento dagli approcci archeologici allo studio del territorio fu stimolato dalle istanze della New Archaeology, secondo loro il territorio era l’ambito ideale per estendere le prospettive della ricerca archeologica da un’analisi puntuale alla scala regionale per cogliere sistemi di cambiamenti. Sempre nell’ottica di rinnovamento disciplinare sostenuta da questi studiosi, il ventaglio di scienze che possono concorrere a ricostruire la storia di un contesto regionale (antropologia, biologia, botanica, ecologia, geografia e geologia) suggeriva utili modelli teoretici e procedure di analisi che potevano essere mutuati dalla ricerca archeologica. STRUMENTI INFORMATICI NELL’ARCHEOLOGIA DEL TERRITORIO E DEI PAESAGGI: si è affermata anche una sistematica applicazione degli strumenti informatici nella progettazione, esecuzione e gestione dei risultati delle indagini di superficie, questa nuova fase di aggiornamento metodologico della ricerca topografica in Italia, è stata sollecitata dalla diffusione di alcuni strumenti tecnici: la cartografia alfanumerica• il Global Positioning System (GPS)• il Geographic Information System (GIS)• La cartografia alfanumerica o digitale è la cartografia non realizzata con proiezione di rilievi topografici su supporto cartaceo. Si tratta di carte geografiche in cui posizione, descrizione e classificazione degli elementi rappresentati sono contenuti in una serie di archivi digitali (files), leggibili da un computer. Tutte le informazioni sono memorizzate in una struttura logica definita database contributo essenziale alla ricostruzione del contesto paleo-ambientale, essi sono direttamente connessi all’individuazione, definizione e documentazione di elementi archeologici in ambito territoriale e pertanto, esulano dall’argomento che qui trattiamo. Le metodologie che consentono di acquisire immagini fotografiche o digitali da aereo, satellite o da altra strumentazione collocata a terra, per poi elaborarle e interpretarle nello studio del territorio sono comprese nella definizione di TELERILEVAMENTO. L’applicaizone della fotografia aerea ha segnato un vero e proprio spartiacque negli studi topografici, la presenza di strutture o opere “negative” interrate (come i fossati) si riflette sullo stato di crescita delle colture o della vegetazione soprastante, poiché in corrispondenza di esse lo spessore del terreno che le copre è inferiore o superiore alle zone circostanti. Rilevamento aereo e terrestre tramite laser scanner e radar: sono sempre più applicati in ambito archeologico i laser scanner. Uno scanner è uno strumento dotato di GPS che invia un raggio laser intorno a se, a 365º e in ogni direzione, con una frequenza molto fitta, pari a un punto ogni pochi millimetri. Il software calcola il tempo che intercorre dal momento in cui ogni raggio è emesso al momento in cui esso rimbalza indietro, dopo aver colpito ogni punto solido circostante. È possibile applicare anche uno scanner a un aereo e realizzare riprese dall’alto che possono essere di tipo multispettrale oppure del tipo definito LIDAR (Light Detection and Ranging), ovvero rilevamento dalla luce e classificazione, realizzare immagini tridimensionali in ampie superifici e in tempi brevi, utilizzando l’emissione di un impulso luminoso. TECNICHE GEOFISICHE: per identificare strutture sepolte è particolarmente efficace l’utilizzo delle tecniche cosiddette “geofisiche”. Tali tecniche effettuano misurazioni di attributi fisici relativi al terreno e si basano sulle differenze o i contrasti che risultano tra le caratteristiche del suolo e quelle di strutture o di resti di attività umane. Le più comuni tecniche geofisiche si articolano in tre modi: Il metodo elettrico realizza tomografie di resistività elettrica• Il metodo magnetico si basa sull’uso di uno strumento detto “magnetometro”• Il metodo radar utilizza il Ground Penetrating Radar (con una antenna manda impulsi nel terreno)• UNA PROPOSTA PER LA DOCUMENTAZIONE, L’ANALISI E LA RICOSTRUZIONE DEI PAESAGGI URBANI E RURALI Un sistema informativo per la conoscenza è la ricostruzione del paesaggio antico deve quindi esseee un Sistema Informativo Archeologico, perché non presuppone una data realtà da analizzare, ma frammenti, della più varia natura e di tipo non predeterminabile, poiché sono tanti i documenti che possono conservare informazioni sulle architetture e sui luoghi del passato. Due esigenze fondamentali sottintendono alla realizzazione di un Sistema Informativo Archeologico: Ricomporre un quadro unitario e globale delle conoscenze disponibili, basato su fonti di • informazione diverse e che consenta di analizzare e indagate con sistematicità ciò che è noto e ciò che è poco e mal noto. Proporre ipotesi ricostruttive per immaginare le parti perdute o mancanti di ciò che è noto.• La procedura dello scavo stratigrafico muove da una premessa: una serie di azioni umane producono tracce materiali che possono essere identificate negli accumuli di terreno grazie a leggi geologiche. In topografia non possiamo considerare il territorio con il dettaglio di ogni singola azione umana ne abbiamo a che fare con depositi stratigrafici o materiali stratificati. Dalle esigenze scientifiche e dai problemi operativi sorti nel corso di queste ricerche, abbiamo ricavato un’impostazione del lavoro che in parte riprende e in parte integra gli indirizzi metodologici più recenti. La prima considerazione è relativa al paesaggio e ai suoi elementi costitutivi, in quanto sistema di contesti, il paesaggio può essere concepito come somma di aggregati e singoli elementi. Muovendo dal piccolo al grande, l’elemento base del paesaggio antico è una costruzione o un suo indizio. La nomenclatura dell’archeologia del paesaggi Il Dato: il primo osso nella ricerca dedicata alla ricostruzione dei paesaggi urbani o rurali è la raccolta e la classificazione delle informazioni. Esse costituiscono le fonti da cui scaturisce tutto il successivo percorso di analisi e di ricostruzione storica. Tali informazioni possono essere reperite nella bibliografia, negli archivi, nelle fonti letterarie, nella cartografia storica, sul campo con ricognizioni o scavi o con telerilevamento. Tutte costituiscono i dati di valenza topografica ovvero utili natura e storia di edifici e luoghi. Per questa ragione, il dato è l’elemento più piccolo che segna il punto di partenza documentario della nostra analisi. Costituisce il primo livello logico del Sistema Informativo Geografico (GIS) che gestisce gli archivi della documentazione redatta nel corso della ricerca ed è articolato in 5 classi: dato archeologico (che include anche le anomalie individuate con telerilevamento)• fonte letteraria ed epigrafica• iconografia antica• iconografia moderna• cartografia storica • Le Unità Topografiche (UT): per riconoscere la più piccola azione umana che sia possibile identificare in un luogo o in un edificio, così nell’analisi archeologica di un territorio, urbano o rurale, è documentata la traccia più piccola che si riesca a identificare dell’insediamento o dell’attività dell’uomo (unità topografica). La sua definizione si applica a elementi del paesaggio antico che sono documentati da fonti diverse e che possono essere riferire a due tipi di realtà: un edificio o un insediamento, è un luogo non stabilmente abitato dove si è svolta un’attività umana. Per questa ragione si possono distinguere quattro tipi di unità topografica: Unità di contesto (UC)• Unità Extra-contesto (UE)• Unità di Anomalia (UA)• Unità di Reperto Mobile (URM)• La raccolta dati e la loro classificazione: stabilità la nomenclatura, devono essere definiti procedure e criteri da adottare per la raccolta e la documentazione dei dati e per la successiva identificazione e classificazione dei dati territoriali. Premessa imprescindibile è l’organizzazione topografica di tutte le informazioni necessarie a documentare la loro complessità originaria, pertanto il presupposto del sistema informativo è la redazione di una carta archeologica con posizionamento di tutti i rinvenimenti riferito a coordinate geografiche assolute e con rappresentazione non simbolica. Le carte archeologiche possono costituire un sostegno importante alla programmazione e alla gestione territoriale, si pensi alla necessità di monitoraggio archeologico preventivo connesso alla realizzazione di opere pubbliche o private. Per offrire un servizio efficace in queste occasioni, è utile tecnicamente specializzate o da organizzazioni produttive più complesse. A COSA SERVONO GLI OGGETTI NELLA RICERCA ARCHEOLOGICA: Come ogni genere di documento, gli oggetti/reperti possono essere letti per cogliere diversi obiettivi della ricerca archeologica, a seconda della scala che adottiamo nella definizione dei contesti di rinvenimento e originari di pertinenza. Determinare cronologie: nella maggioranza delle pubblicazioni archeologiche i reperti sono lo • strumento di datazione primario, A prescindere dalle procedure da applicare, si può datare con gli oggetti perché è possibile determinare una frazione temporale durante la quale un oggetto è stato prodotto e per quale periodo esso sia stato più frequentemente utilizzato. Definire contesti locali o delimitati: L’insieme di oggetti attestate in un ambiente archeologicamente • definito o i reperti raccolti o attribuibili a un’unità di contesto erano elementi essenziali per la costituzione del contesto originario rappresentato da quell’ambiente e da quelle edificio insediamento, ciò li rende per noi documenti fondamentali per l’identificazione la definizione di contesti locali o comunque di limitata estensione nello spazio. Ricostruire storie “particolari”: gli oggetti sono e rivelano processi, sono stati utilizzati, creati e • scartati nell’ambito di attività diverse, ciò consente di cogliere le loro storie che possiamo definire particolari perché riguardano ambiti circoscritti dell’agire e della cultura umana, inoltre queste piccole e particolari storie sono caratterizzate da cicli di azioni che tendono a ripetersi. Ricostruire processi e fenomeni storici: lo studio sempre più scientifico e sistematico dei reperti ha • svelato sistemi artigianali sconosciuti alla documentazione scritta che avevano generato colossali quantità di prodotti diversificati e flussi commerciali ed economici di elevata complessità, questa è la più ampia e complessa possibilità di lettura critica che gli oggetti si offrono, si può tracciare una storia delle merci e questa storia è un processo in sè e il sintomo dello stato di salute di insediamenti e territori. COME SI USANO GLI OGGETTI NELLA RICERCA ARCHEOLOGICA: due condizioni sono alla base di tutti i possibili percorsi di analisi archeologiche, i punti da stabilire sono sempre due: quando l’oggetto è stato prodotto e dove. Da dare gli oggetti non significa attribuire una data alla creazione di un solo esemplare, soprattutto per gli oggetti in serie occorre prima definire l’intera produzione nel cui ambito è compreso l’individuo.la cronologia relativa di una produzione si costruisce esaminando come la forma e la struttura degli oggetti o le loro caratteristiche formali mutano nel tempo. Individuare i luoghi di produzione invece è fondamentale per sapere quanto il luogo di rinvenimento dell’individuo è lontano dalla sua origine.il primo punto fermo deve restare sempre la definizione della cronologia relativa dell’intera produzione, poi sarà possibile considerare la diffusione dei singoli prodotti come parte integrante del processo produttivo. TIPOLOGIA E SERIAZIONI: Per tipologia si intende una classificazione (organizzazione sistematica) di un insieme di oggetti, non può esserci però la classificazione senza tassonomia, ovvero senza una struttura gerarchica, cioè strutturata su insiemi di individui, più ampio più ristretti, aggregati a diversi livelli. La classificazione archeologica è articolata per aggregazioni di singoli individui che condividono attributi comuni in numero sempre più alto, quanto più si procede verso il basso nella scala gerarchica. Per seriazione, si intende una successione temporale di tipi o insiemi di tipi definiti da una classificazione/tipologia. Si tratta dunque di individuare tipi in una qualsiasi popolazione di oggetti, derivarne una cronologia relativa e procedere infine verso la cronologia assoluta. La classificazione si basa sulla definizione di analogie e differenze tra oggetti e si procede come la scienza fa con gli organismi, la compresenza di attributi simili consente di determinare insiemi generali articolati in sottoinsiemi sempre più definiti fino alla determinazione dei tipi. La procedura tipologica si basa su un assunto: il simile va con il simile, ovvero due oggetti che condividono lo stesso numero di attributi possono essere ritenuti uguali, dal punto di vista dell’idea di oggetto che l’artigiano antico aveva in mente di creare e pertanto contemporanei. Molti furono gli storici che offrirono una propria ipotesi sulla classificazione dei reperti, una morfologia fu quella sulla tipologia delle anfore elaborata da Henrich Dressel, riuniti in una tavola tutte le diverse forme attestate nel deposito del castro pretorio ma articolò le anfore in gruppi definiti in base al genere di iscrizione a posta sull’oggetto. Una morfologia analoga a quella proposta da Dressel fu applicata da un secondo studioso tedesco: Hans Dragendorff, esamina tutti gli esemplari di ceramica noti e li data in base ai bolli scritti che le officine intimidivano sui prodotti o all’associazione con monete nei contesti di rinvenimento.in base a questi indizi, l’insieme di individui con elementi morfologici comuni (forma e profondità della vasca, profilo dell’orlo, presenza di anse, forma del piede o della base) viene definito forma, ciascuna identificata da un numero progressivo. Non viene però indicata la posizione stratigrafica degli oggetti ma oltre le forme si identificano tipi e gruppi o servizi, ovvero aggregati di tipi e forme, in base alle articolazioni degli orli e delle pareti delle vasche. OSCAR MONTELIUS: il suo approccio alla classificazione alla tipologia era sistematico, una volta scelto il genere di oggetti che si vuole classificare, lui dice che bisognava considerare tutti gli individui noti senza operare alcuna selezione.il primo passo è stabilire analogie differenze tra gli oggetti e ciò porta alla definizione dei tipi, ovvero gli individui simili per caratteristiche morfologiche o decorative essenziali possono essere riferite a un unico insieme rappresentato dal tipo. Resta incerto se il tipo si è inteso quale modello, come sarà definito poi, oppure oggetto reale che rappresenta le caratteristiche dell’insieme. La tipologia e la cultura materiale: negli anni successivi alla seconda guerra mondiale l’approccio alla tipologia cambiò, un primo fondamentale passo verso un’applicazione sistematica della tipologia come metodo per la ricostruzione della storia delle produzioni artigianali fu l’acquisizione di una cultura stratigrafica. Quando gli scavi archeologici da topografici divennero stratigrafici si aprì una nuova fase. Tipologie sempre più oggetti e teorie della Tipologia: in ambito archeologico si è proposta una distinzione tra tipologia etica e tipologia emica, la tipologia etica sarebbe una classificazione dei manufatti come metodo di organizzazione dell’analisi e come indicatori di cronologia applicata generalmente a oggetti fuori contesto, e consentirebbe di ottenere alcune indicazioni di massima sulla suddivisione in periodi e fasi dei manufatti e dei complessi dei quali essi fanno parte. La tipologia emica invece sarebbe una tipologia contestuale poiché cercherebbe di identificare il significato primario dei manufatti e il punto di vista delle società che li ha prodotti. Criteri di distinzione: accettare che entrambi gli approcci siano compresi nel metodo tipologico, non risolve tutti i dubbi che lo stesso metodo a suscitato. Qualsiasi tipologia è basata su un insieme di oggetti che non si può assumere come rappresentativo di un’intera cultura ma che sicuramente rivela la situazione del singolo sito che è stato scoperto ho scavato. Il dibattito si è così esteso ai si tratti di sculture, rilievi, pitture, pavimenti figurati o altro, di figure o scene figurate uniche oppure di figure o scene figurate prodotte in serie che decorano oggetti prodotti in serie. Un primo livello di analisi delle immagini è quello dell’iconografia che esamina tutti gli elementi che consentono di proporre un’identificazione dell’immagine.queste identificazioni si basano dunque sulla classificazione di elementi interni alla singola figura all’immagine nessun confronto con dati esterni all’immagini quali la tradizione raccolta nelle fonti letterarie, o interni all’immagine stessa, quali iscrizioni che come didascalia accompagnano le immagini. Analisi stilistica: ma le immagini non sono caratterizzate soltanto da attributi oggettivi (iconografia) o dai nessi e dalle relazioni che le connettevano al loro contesto originario nello spazio nel tempo, esistono infatti le cosiddette caratteristiche formali che distinguono un’opera e possono renderla analoga da questo punto di vista ad altre opere, l’insieme dei tratti di queste caratteristiche rappresenta lo stile. CAPITOLO 5: L’EDIZIONE E LA COMUNICAZIONE DEI DATI E DELLE RICERCHE In ambito archeologico non è facile identificare un prodotto finito perché generalmente si crede che il frutto del lavoro sia il portare a termine il lavoro stesso, così il più delle volte, il prodotto di un’indagine stratigrafica diventa l’aver effettuato lo scavo. Se lo scavo è stato condotto in modo metodologicamente corretto, alla sua conclusione ciò che resta di tangibile è la documentazione scientifica redatta, ma accade di frequente che la documentazione consegnata in archivio sia incompleta e lacunosa p, allora gli elaborati prodotti non saranno sufficienti a fornire le informazioni scientifiche necessarie per una piena lettura archeologica e storica del contesto indagato. L’oggettività dei dati, ovvero la descrizione di ciò che si è visto o trovato: si tratta di un’istanza corretta, sia sul piano scientifico specifico che sul più ampio piano culturale, tuttavia nella pratica ciò tende a tradursi in una serie di assunti e norme che non giovano ne alla comunicazione ne alla definizione e alla qualità dei risultati raggiunti o che si sarebbero potuti raggiungere. Secondo Domenico Palomni, l’interpretazione (soprattutto quella delle fonti materiali) deve essere limitata, egli ravvisa nell’archeologia di oggi una sistematica “sovrainterpretazione” tanto più dannosa perché codificata. Inoltre lo strumentario tecnologico della ricerca archeologica sarebbe stato piegato è subordinato a tale deriva culturale. Infine tutto ciò ha disgustato gli storici al punto da spingerli a rinunciare alla considerazione del dato archeologico nelle loro ricerche. Se consideriamo la relazione tra dati e ipotesi sul solo piano quantitativo, dobbiamo ricordare che ogni branca dell’antichistica e della ricerca storica in generale, deve costantemente confrontarsi con frammenti di documenti. Se ci rivolgiamo però alle fonti materiali, la posizione di Palombi rischia di risolversi da questo punto di vista in una questione mal posta. Un giudizio discriminante tra interpretazione e sovrainterpretazione è destinato a rimanere soggettivo, a meno di non essere valutato nel merito caso per caso. Oppure esso dipenderà solo da quanto si condivide l’ipotesi proposta. Un esempio concreto e sufficiente a dar conto di questa situazione è quello del famoso complesso archeologico del santuario di Fortuna e Mater Matuta nel Foro Boario. I resti di questi santuario (ben documentato dalla tradizione letteraria) sono emersi per la prima volta negli anni Trenta del secolo scorso, occasione sei lavori promossi in età fascista per isolare il Colle Capitolino e realizzare il primo tratto della strada (attuale via Petroselli) che avrebbe collegato la città al mare. Il sito è stato indagato a più riprese ma senza mai giungere a un’edizione delle stratificazioni documentate o a una considerazione sistematica dei dati disponibili. A dispetto dei pochi dati disponibili e della mancanza di una messa in fase complessiva, sono state avanzate diverse proposte per la ricostruzione dell’area sacra. La storia nelle sue linee essenziali è chiara: dopo una prima frequentazione dell’area viene costruito un tempio con altare antistante, forse affiancato da un secondo, dato che il santuario era dedicato a due dee, che però non è stato ancora individuato. Questo tempio viene restaurato e ridecorato per poi essere definitivamente distrutto. I suoi resti sono infine seppelliti da un cospicuo interro che crea un ampio podio. Sulla sua superificie vengono costruiti altri due edifici sacri affiancati. Da questo momento fino alla fine dell’età antica, la pavimentazione del santuario viene riallestita almeno tre volte ma i templi sono conservarli nella forma e nella posizione originaria. PRIMI PRINCIPI E PRIME REGOLE: Non esistono dati ma sistemi di informazioni organizzati del ricercatore: la stratigrafia viene • comunemente considerata come un’informazione oggettiva ma in realtà si tratta del risultato di un complesso processo conoscitivo che identifica e distrugge progressivamente il dato stesso per classificarle e infine proporre una parola possibile ricostruzione di una successione temporale di fatti. La procedura di elaborazione delle informazioni è fondamentale perché definisce i dati che • utilizzeremo per interpretare e deve essere dichiarata o almeno evidente nella pubblicazione Prima indipendentemente dal fatto di poter essere organizzati da un ricercatore, i sistemi di • informazioni sono relativi a un contesto di appartenenza Il contesto di riferimento delle informazioni che presentiamo deve emergere chiaramente • nell’edizione dei dati, dobbiamo pubblicare contesti per dare ordine e senso ai dossier documentari che con tanta fatica definiamo. Ciò sarà possibile se la ricerca è stata impostata in modo contestuale definendo non solo l’oggetto ma l’ambito topografico e storico della ricerca e procedendo senza selezionare il classico insieme di informazioni oppure singoli documenti. I contesti non sono realtà statiche ma processi documentati dei sistemi di informazioni che il • ricercatore organizza, grazie alle relatività sappiamo ormai che l’universo non deve essere concepito come una somma di oggetti ma come una successione di eventi in trasformazione. L’edizione dei dati deve essere sempre esposta in forma narrativa, grazie alle nostre metodologie • di ricerca, la cospicua e variegata massa di frammenti che recuperiamo può essere ricomposta, classificata, ordinata nel tempo e nello spazio e infine trasformata in documenti strutturati che testimoniano tasselli di un’unica storia: la storia che verrà esposta nell’edizione della ricerca. PUBBLICARE UNO SCAVO: LA TRADIZIONE ITALIANA Le edizioni preliminari: Pubblicare uno scavo significa segnalare scoperte o rinvenimenti di oggetti e strutture, si inizia con le cosiddette edizioni o rapporti preliminari, sia di finiscono così in una sorta di gergo scientifico le pubblicazioni di scavi ancora in corso o conclusi da breve tempo, il che descrittivo, anche se elaborate in nome di una pretesa oggettività del dato. L’indice: una presentazione efficace della materia pubblicata inizia dell’indice del volume, non solo vi si espone in forma sintetica la struttura dell’opera ma si offre una chiave di accesso alle informazioni. I titoli di parti, sezioni, capitoli e paragrafi nei quali è stato articolato il testo, indicano al lettore dove trovare sia le notizie relative ai temi elencati sopra, sia le informazioni di maggiore dettaglio relative a: singoli periodi, fasi, edifici, elementi datanti e altro. Introduzione e prima parte: la prima parte dell’edizione di una serigrafia non deve apparire solo come un manifesto culturale, è una sezione appropriata del volume in cui esporre ai lettori, in forma sintetica, il processo ricostruito alla fine della ricerca. La stratigrafia rivela le trasformazioni di singoli ambienti o interi edifici, trasformazioni di quartieri o luoghi più ampi, produzione e movimenti di merci, serie di fatti puntuali che possono ripetersi ciclicamente o costituire un evento unico o una grande soluzione di continuità tra un prima e un poi. Le illustrazioni: devono corredare l’edizione e in particolare l’introduzione e la sua prima parte, la narrazione di contesti ricostruiti scaturisce da una serie di immagini che sono le piante di fase. Tradizionalmente le figure e gli altri apparati illustrativi di un’edizione sono l’esito di spazi vuoti interposti tra i testi, o raccolti dopo di essi, da dedicare alla riproduzione di dettagli o alla traduzione grafica di intere ipotesi, espresse molte volte in modo schematico. Le immagini servono a formalizzare in modo chiaro e univoco le ipotesi che si propongono. Le stratigrafie e i monumenti: per la narrazione delle stratigrafie e per la presentazione dei reperti raccolti, le edizioni di scavi archeologici possono ormai seguire un modello rivelatosi efficace. Generalmente gli archeologi pubblicano i risultati delle proprie ricerche, presentandoli per aree, settori, tagli o trincee di scavo, l’edizione di uno scavo è la restituzione della storia di uno o una serie di contesti ricomposti. Questo racconto è il prodotto della messa in fase dell’intero scavo, la messa in fase è un momento della ricerca che non si svolge ne sul campo ne in biblioteca ma in laboratorio, è un momento fondamentale dell’opera re del gruppo di lavoro perché con esso la stratificazione diviene documento, stratigrafia e infine storia di contesti. Un punto cruciale nell’edizione di una stratigrafia è la giustificazione delle cronologie assolute proposte, il dato temporale riveste un’importanza enorme nella trasformazione di una stratificazione in un documento storico, senza date storiche non si dà stratigrafia pienamente comparabile con serie documentarie diverse. Integrazioni e ricostruzioni: narrata la successione stratigrafica e presentato i reperti in forma sintetica o estesa, la pubblicazione potrebbe dirsi conclusa, tuttavia nella realtà dei fatti, l’analisi cosiddetta post-scavo si confronta con i frammenti di contesti, principalmente edifici. Per aspirare alla storia di questi contesti e alla sua comunicazione dobbiamo tendere alla loro totalità originaria e dunque considerarli nella loro originaria interezza. Con l’Atlante di Roma Antica abbiamo ideato un sistema nel quale a fonte diversa (dato archeologico, confronto archeologico, Forma Urbis marmorea, fonti letterarie e iconografia antica e moderna) corrisponde un colore diverso e tutto ciò che è ricostruito è indicato in bianco e nero. Tuttavia l’architettura romana, anche quella arcaica, è sufficientemente nota e articolata in tipi e soluzioni correnti che possono offrire un confronto per l’edificio del quale si cerchi di comprendere la forma, per di più la maggior parte degli stili architettonici (templi, teatri, terme) sono caratterizzati da notevole simmetria così si potrebbero ricostruire settori mancanti di un intero edificio del quale si è conservata solo una parte. Ricostruire: il fine ultimo della nostra ricerca sta nel ricostruire gli elementi del paesaggio urbano o rurale che abbiamo individuato. Sia in sè, quali singole Unità topografiche, sia come insiemi o aggregazioni di unità topografiche, quali complessi e quartieri, è bene dunque definire cosa e come ricostruire. Premessa delle ricostruzioni deve essere un’analisi che non prescinde dalla completezza dei monumenti antichi che consideriamo, essi non possono essere scomposti ed esaminati per singole parti. Ogni ricostruzione proposta deve: garantire l’organicità della struttura originaria che si vuole rappresentare.• non semplificare la problematicità delle questioni poste dalla documentazione e dallo stato di • conservazione delle strutture e dei reperti. mantenere sempre distinti i dati dalle ipotesi.• La selezione degli elementi del paesaggio e delle architetture ricostruibili non può essere stabilita a priori ma deve accompagnare lo sviluppo della ricerca, bisogna includere le strutture scoperte in una carta archeologica più ampia dell’area scavata, necessari a fornire un primo contributo alla definizione del contesto topografico nel quale si inserisce la nostra ricerca. In questo genere di operazione sempre più inevitabile disporre di cartografia alfanumerica o di sistemi informativi a scala di sito. In caso di scavi urbani o comunque all’interno di siti di notevole estensione può essere sufficiente limitare la carta archeologica di contesto a una porzione significativa del paesaggio che possa risalire a epoche passate (per esempio le XIV Regiones urbane istituite da Augusto per Roma). Una volta ricostruiti i limiti del vassoio topografico di nostro interesse e arredate le piante di periodo di fase di ogni edificio indagato, si deve cercare di identificare i limiti di eventuali complessi o isolati che emergono dalle strutture scoperte. Ciò definisce il contesto topografico di dettaglio nel quale si trovavano gli edifici e consente di procedere con la ricostruzione delle singole architetture sia in planimetria sia in elevato. Pubblicare immagini ricostruttive: le immagini nell’edizione di uno scavo non solo presentano dettagli e immagini di insieme necessaria mostrare lettori ciò che gli archeologi sul campo hanno potuto vedere ma testa non la correttezza di procedure e filologia applicate nella ricerca e comunicano processi e contesti identificati e ricomposti. Per le ricostruzioni è stato maturato l’atlante di Roma antica, che è il primo e unico racconto di una città antica letta attraverso i cambiamenti dei suoi paesaggi, il racconto è svolto coniugando una visione di insieme con tanti approfondimenti e dettagli, muovendosi tra continui cambi di scala e si estende in termini temporali dal IX secolo a.C. al VI secolo d.C. Ogni Regio è illustrata nel suo sviluppo topografico da piante di fase. I monumenti
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