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Strategic Management, prof TORRISI Competitive strategy + innovation management, Appunti di Strategia E Innovazione

Appunti presi a lezione + esercizi, moduli innovation e competitive, prof Torrisi

Tipologia: Appunti

2019/2020

In vendita dal 08/01/2020

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martina-marini 🇮🇹

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Scarica Strategic Management, prof TORRISI Competitive strategy + innovation management e più Appunti in PDF di Strategia E Innovazione solo su Docsity! COMPETITIVE STRATEGY Esame scritto + orale + punti per interventi Competitive strategy 6 cfu + innovation management 6 cfu Cos’è la strategia Nella strategia rientrano degli obiettivi, anticipare il comportamento dei concorrenti, avere ben presente le risorse che si hanno a disposizione (allocazione e sviluppo delle stesse). Avere un piano e non averlo fa differenza. La strategia è un piano d’azione di lungo termine, linee guida da seguire. Perché abbiamo bisogno di una strategia? Non basta la fortuna, non basta la capacità di cogliere le opportunità, la strategia serve per elaborare in maniera sistematica dei piani d’azione, definire dove vogliamo andare e come e quali risorse abbiamo a disposizione. Definizioni di strategia: - La determinazione degli obiettivi di lungo termine di un'impresa e l'adozione di linee d'azione e l'assegnazione delle risorse necessarie per il raggiungimento di tali obiettivi (Chandler); - Determinare un quadro di riferimento all’interno del quale le attività dell’impresa possano essere inquadrate, guidate, coordinate, in modo tale da rispondere ed influenzare l’ambiente esterno (consumatori, fornitori, concorrenti…). Ciò che determina il quadro dell'attività commerciale di un'impresa e fornisce linee guida per il coordinamento delle attività in modo che l'impresa possa far fronte e influenzare l'ambiente in evoluzione. La strategia articola l'ambiente preferito dell'azienda e il tipo di organizzazione che sta cercando di diventare (H. Itami, 1987) - Thomson: avere una strategia è fare qualcosa che gli altri non sono in grado di fare; elemento di distintività, il posizionamento strategico: unico e diverso dai competitors. Se sono in grado di distinguermi il mio piano sarò in grado di ottenere una performance superiore a quella dei competitors. Lavorare quindi sulle competenze distintive. Competere diversamente, fare ciò che le imprese rivali non fanno o ciò che le imprese rivali non possono fare (Thomson et al. 2020). Il piano d'azione per sovraperformare i suoi concorrenti e raggiungere una redditività superiore (Thomson et al. 2014) Una serie integrata e coordinata di impegni e azioni progettati per sfruttare le competenze chiave e ottenere un vantaggio competitivo (Hitt, Irlanda e Hoskisson, 1997) La strategia si evolve nel tempo per anticipare o rispondere ai cambiamenti ambientali Il cambiamento strategico può essere incrementale (in risposta a piccoli cambiamenti nell'ambiente competitivo) o drastico (per far fronte a innovazioni dirompenti). La strategia consiste anche nel sapere cosa un'azienda non dovrebbe fare (ad es. Perno). La pianificazione può ostacolare il pensiero strategico (Mintzberg, 1994). Prima ancora di articolare la strategia un’impresa deve articolare la sua mission: perché esiste. Vision: dove vogliamo andare, come vogliamo essere tra 3/5 anni. I valori sono l’insieme di “credenze”/regole alle quali ci si attiene (es. non voglio sfruttare i minori). Strategia significa stabilire bene gli obiettivi, dove voglio operare (campo d’azione) e quali sono gli strumenti per creare vantaggio competitivo. Obiettivo: creare valore nel lungo termine per gli shareolders. Quanti prodotti diversi voglio offrire? Quanto deve essere ampio il settore? Regioni nelle quali voglio operare, fasi della catena (make or buy). Il vantaggio: quali sono le sue fonti? Su cosa faccio leva per ottenere il vantaggio e l’articolazione della catena del valore. Le risorse e competenze (capabilities) sono adeguate? Quale sarà il fattore critico di successo del proprio settore? A parità di risorse e capabilities posso aver la necessità di dover riorganizzare la mia catena del valore per raggiungere il vantaggio competitivo. Sistema delle attività: l’esplosione della catena del valore inglobando le catene del valore a monte e a valle. Quando si parla di strategia di parla di pianificazione. Uno dei pericoli di una eccessiva pianificazione è l’uccisione del pensiero strategico: immaginare scenari possibili, cosa vorrebbero i clienti di meglio, cosa io posso fare, cosa fanno i concorrenti, un lavoro di costruzione creativa. La strategia finale che l’impresa mette in piedi e realizza è il risultato di due tipi di esercizio di elaborazione strategica: - Strategia deliberata : studiata a tavolino, ciò che è stato pianificato; magari nella realtà potrebbe non funzionare; trasferimento/passaggio. Questo effetto è molto forte nelle economie basate su internet in quando caratterizzate dalla natura two-sides-market. o Complementarities: trae vantaggio dal raggruppamento di diverse attività in un sistema per creare più valore. Per esempio. complementarità tra la scoperta di farmaci da parte delle aziende biotecnologiche (Evotec AG) e le grandi aziende farmaceutiche (Novartis) attraverso alleanze; o Efficiency: riduzione dei costi di transazione, cosa fare una volta scelto un sistema di rapporto: avendo organizzato le attività secondo una certa sequenza logica, avendo scelto se fare outsourcing, devo fare delle valutazioni che riguardino i costi di transazione: il marco costa più o meno rispetto all’uso delle attività proprie dell’impresa. Make or buy. Con la modularizzazione della produzione posso allocare la produzione a diverse aziende anche localizzate lontano. Forze competitive e posizionamento strategico Passaggio dal modello di business alla strategia. Le strategie possono essere di 2 livelli: 1.Strategie competitive: le azioni che l’impresa intraprende per ottenere (o mantenere) un vantaggio competitivo in un mercato nel tempo; come essere più profittevole. 2.Strategie di corporate: in che settore voglio operare? Scelte di integrazione verticale o orizzontale. Le direttive d’azione vengono date dal top management; integrazione verticale o orizzontale (la portata verticale e orizzontale delle attività dell'azienda), come attirare clienti, come rispondere o anticipare competitors, come innovare (rispondere e anticipare i cambiamenti degli ambienti esterni), come posizionarsi sul mercato, come monitorare e sfruttare nuove opportunità commerciali. Le imprese esistono perché vogliono catturare delle opportunità di business, il manager gestisce l’attività secondo direttive e obiettivi fissati. L’imprenditorialità invece è quell’attitudine/orientamento che porta un individuo, e quindi un’impresa, a cercare o creare nuove opportunità di business, se non sono in grado di individuare nuove opportunità sono un manager. L’obiettivo è avere un vantaggio competitivo sostenibile raggiungibile con entrambi i tipi di strategie. La strategia competitiva punta a quello che è il vantaggio competitivo: una capacità superiore di attirare clienti, offrire valore, affrontare le forze competitive di un mercato, meglio della concorrenza. La capacità superiore dipende dalla capacità di creare valore ai clienti al netto dei costi di produzione, creare quindi valore aggiunto. Il vantaggio competitivo dell'azienda e la redditività dipendono dalla capacità di creare valore. l valore creato = V (valore per il cliente) - C (il costo di produzione unitario). Maggiore è il prezzo di prenotazione, maggiore è P - il prezzo che l'impresa può addebitare per tali prodotti e maggiore è la redditività dell'impresa Più è alto il prezzo di riserva che i consumatori sono disposti a pagare (il valore percepito massimo per il quale il consumatore è disposto a pagare per un’unità in più di bene) più l’impresa ha margini di manovra e ha opportunità di profitto. Surplus consumatore: prezzo di riserva meno prezzo pagato (se sono molto efficiente diminuisco i costi, se differenzio aumento v il prezzo di riserva). Posso offrire un valore superiore differenziando o abbasso i costi grazie all’efficienza. Leadership di costo e differenziazione sono in contrasto (trade-off differenziazione-costo), più differenzio più i costi aumento. Se voglio abbassare i costi (quindi prezzi pure bassi) devo rinunciare alla qualità. Come misurare il vantaggio competitivo: - Profittabilità: il tasso di rendimento che l'impresa realizza sul capitale investito; - Crescita dei profitti: devo cercare di aumentare i profitti (o comunque non farli ridurre), è l'aumento percentuale degli utili netti nel tempo; - Posizione di mercato: misurata con la quota di mercato Entrare in nuovi mercati o espandersi a livello internazionale può aumentare la redditività e la crescita dei profitti. Quando vogliamo articolare una strategia competitiva il quadro su cui lavoriamo è fatto da opzioni e decisioni strategiche. Differenziazione orizzontale (varietà), differenziazione verticale (qualità) Date le opzioni cosa posso/voglio fare: nella scelta della strada da perseguire ho 2 analisi da svolgere: - Analisi ambiente - Analisi risorse e competenze Il vantaggio competitivo è il risultato di matching tra queste due analisi. Analisi ambiente/mercato L’ambiente competitivo fa parte di un’ambiente più ampio dove ci sono aspetti anche di natura macroeconomica che spesso sono fuori dal controllo dell’impresa. Può agire sulle 5 forze di Porter. Per capire quali sono le forze competitive dobbiamo capire il target al quale ci si riferisce. Matrice di Abell: serve a definire un business come insieme che nasce dalla combinazione di tecnologia, i bisogni a cui si rivolge il prodotto, e i gruppi di clienti a cui si rivolge. Dobbiamo capire se il business è attrattivo e quanto; l’attrattività dipende dall’agire delle forze competitive, se siamo in presenza di forze aggressive la nostra impresa avrà una profittabilità bassa. Una volta misurata la concentrazione del mercato si pensa di aver fatto “il grosso“ dell’analisi di mercato. Paradigma SCP: struttura-condotta-performance, condotta ovvero comportamento dell’impresa misurata principalmente da come fissano il prezzo; performance = profittabilità; nei mercati concorrenziali con prodotti simili (elevata sostituibilità, tanti concorrenti, struttura di mercato poco concentrata, price taker, profitti nulli), contrario monopolio. Questo è il paradigma che ha caratterizzato l’analisi economica e negli USA le politiche antitrust. La scuola di Chicago critica questo paradigma: conta poco quanti siamo, contano i potenziali entranti (barriere all’entrata e all’uscita). La barriera all’uscita nei mercati contendibili sono un punto cruciale, sono quelle barriere che permettono di entrare fare concorrenza accaparrarsi i profitti e uscire prima della reazione dell’impresa dominante. Le barriere all’entrata più ovvie sono i costi da sostenere per poter operare. Le barriere all’uscita sono determinate da: - Sunk cost: costi sommersi o Costi fissi recuperabili: es trasporto aereo il mercato di seconda mano è intenso. Posso fare la hit- and-run competition (mordi e fuggi) o Costi fissi irrecuperabili: es macchinari non convertibili per altre produzioni. Il problema per le insediate è che basta un’impresa per fare concorrenza. Quando si svolge l’analisi di mercato si utilizzano delle misure della concentrazione. Indici: - Rapporto di concentrazione : quota di mercato dell’impresa, numero impresa, sommando le quote di mercato delle prime 2/3 imprese di arriva ad una stima della concentrazione. C k=∑ i=1 K αi - Indice di Herfindal (HH): tiene conto di due dimensioni di mercato, le numerosità (n imprese) e la devianza (dispersione delle quote di mercato intorno alla quota id mercato media); più completo rispetto al precedente in quanto considera tutte le imprese. Varia tra 1/N e 1 (per N molto grande tra 0 e 1). Mi dice se ci sono tante imprese simili oppure, al limite, una solta impresa. (lo abbiamo scomposto per far vedere che dipende dall’inverso della numerosità, più grande è il numero delle imprese più cresce N più l’indice si riduce; la devianza, a parità di N, più cresce la differenza tra le imprese più cresce l’indice, più le imprese sono diverse tra loro più l’indice tende a 1, caso estremo monopolio ovvero devianza massima, quindi l’indice sarà esattamente 1/N). HHI=∑ i=1 N α1 2 N imprese→αi 1 N ≤HHI ≤1 HHI=∑ i=1 N ( 1N ) 2 =N ∙( 1N ) 2 = 1 N HHI=∑ i=1 N Si 2 + 1 N =∑ i=1 N (αi− ά ) 2 + 1 N Dove Si 2 è la devianza e 1 N la numerosità Altre misure: - Quote di mercato relative : quota di mercato della seconda impresa rispetto alla prima impresa (rapporto) Esercizio 1 Impresa Quote mrk sett 1 Quota al quadr. 1 Quote mrk sett 2 Quota al quadr.2 1 0,08 0,0064 0,03 0,0009 2 0,10 0,0100 0,05 0,0025 3 0,16 0,0256 0,07 0,0049 4 0,12 0,01440 0,10 0,0100 5 0,24 0,0576 0,23 0,625 6 0,3 0,0900 0,5 0,2500 tot 1,00 1,00 C3=rapp di conc. 0,70 0,85 HHI 0,2040 0,3308 La quota di mercato dell’impresa 1, ad esempio, è il rapporto del fatturato dell’impresa sul totale del fatturato del settore. C3 è il rapporto di concentrazione dato dalla somma delle quote di mercato ORDINATE. C3(1)= C3(2)= Con HHI (indice di Herfindal) devo prendere TUTTE le imprese e elevare le loro quote al quadrato. Sommo i valori. L’indice varia tra 1/N e 1. Essendo l’indice HH2 > HH1 posso dire che il settore 2 è più concentrato del settore. In questo caso particolare si arriva alla stessa conclusione sia con l’indice C3 che con l’indice HHI. Esercizio 2 Imprese Settore 1 Settore 2 Settore 3 Quote mkt1 Quote^2 Quote mkt2 Quote^2 Quote mkt3 Quote^2 1 0,27 0,25 0,25 2 0,25 0,22 0,22 3 0,18 0,16 0,16 4 0,08 0,13 0,16 5 0,04 0,12 0,11 investito tanto nell’efficienza operativa ma poche sembrano diverse dalle altre. Per Porter bisogna preoccuparsi principalmente del posizionamento strategico. Affinchè un’impresa abbia un posizionamento unico e distintivo ci sono delle misure per poter vedere un riscontro delle strategie intraprese: - Fit test: o External fit: coerenza tra quello che il mercato vuole (o i suoi fattori critici) e quello che l’impresa vuole; o internal fit: se si vuole fare un prodotto di un certo tipo bisogna avere una catena dal valore coerente con quell’obiettivo; o Dynamic fit: devo crescere e svilupparmi in modo compatibile con gli obiettivi, il mercato e la catena del valore che si sta costruendo. - Competitive advantage test: - Performance test : si vede se c’è una effettiva capacità dell’impresa di differenziarsi e questa misura con indici quali la forza finanziaria dell’impresa, quota di mercato, profittabilità. Riassumendo La strategia non è solo pianificazione; per poter elaborare una strategia efficace dobbiamo essere pronti a cambiare rapidamente la direzione di marcia a seconda di ciò che accade. C’è bisogno di coerenza, di posizionamento in maniera tale da evitare la concorrenza aggressiva, evitare di essere troppo simile ad altre imprese. C’è un problema: la differenza tra progettazione della strategia ed esecuzione della stessa; Le strategie competitive In che modo una strategia valida lo diventa davvero quando viene seguita. Esistono 5 tipologie di strategie: - Differenziazione (broad): grazie ad esempio un marchio sul quale ha investito (brand equity) che si riflette sull’immagine/reputazione dei prodotti venduti; oppure si differenzia per le caratteristiche del prodotto (a livello di tecnologia ecc..); se l’imprese riesce a convincerne i consumatori che la propria offerta è unica si ha la broad differentiation - Focused differentiation: differisce dal broad per l’ampiezza dell’offerta/mercato - Low cost provider: l’impresa cerca di essere competitiva battendo i concorrenti sui costi; - Best cost provider: differenziazione + costi, combina i vantaggi della differenziazione e del low cost. Ogni strategia nasce dalla combinazione mercato + fonte del vantaggio a cui l’impresa tende Low-cost providers (fornitori a basso costo) Può considerarsi sostenibile/praticabile se l’impresa trova una modalità per minimizzare i costi difficilmente imitabile. La capacità di combinare la catena del valore per non essere facilmente imitabile. Bisogna evitare di ridurre la qualità del prodotto a livelli inaccettabili: es. la sicurezza dei prodotti è un aspetto che riguarda la qualità e questa qualità non può scendere sotto certi livelli. Un vantaggio di costo si può tradurre in un prezzo molto basso, ma non sempre. Se rimangono più o meno alti l’impresa punta ai margini e non aumentare la quota di mercato, altre imprese utilizzano questo vantaggio per crescere più rapidamente (aumentare la quota di mercato in determinati mercati è fondamentale). Quindi vantaggi competitivi di quest’approccio sono: - Maggiori profitti totali e una maggiore quota di mercato ottenuta dalla sottovalutazione concorrenti; - Maggiori margini di profitto nella vendita di prodotti a prezzi comparabili a e competitivo con i rivali. Ci sono dei rischi: - Domanda anelastica rispetto al prezzo - Risposta dei concorrenti: guerra di prezzi. Se è abbastanza forte può rinunciare nel breve a dei profitti, il competitor esce, e può rialzare i prezzi I leader di successo a basso costo sono eccezionalmente bravi a trovare modi per far uscire i costi dalle loro attività commerciali e fornire un prodotto o servizio che gli acquirenti ritengano accetabile. Esempi di leader di costo: Ryanair, walmart, Amazon, t-mobile. Per poter avere una leadership di costo devo conoscere la catena, vedere le inefficienze che si possono eliminare, puntare su una fase della catena sulla quale si riesce ad essere i più efficienti/convenienti rispetto ai rivali; ma non solo: rinnovare la catena del valore generale dell'azienda per eliminare o bypassare le attività di produzione dei costi. Quali sono i driver di costo , cioè i fattori che hanno una forte influenza sui costi di un'azienda? Ci si concentra su alcuni cost driver: primario è il lavorare sulle economie di scala (derivano da produzioni standardizzate indifferenziate). Le economie di scala sono tipiche anche degli information goods (new economy) che sempre più tende a una struttura di costo che sfrutta queste economie. Altri driver possono essere i costi degli input: riesco ad accedere in modo privilegiato a determinati produttori tramite accordi e ho un accordo che mi favorisce sul costo delle materie. Altro è il potere negoziale nei confronti dei fornitori (tanti fornitori che competono e pochi clienti che hanno più potere). Vantaggio localizzativo in una particolare area. Le imprese poi fanno molta attenzione alle politiche di make or buy; in alcune casi l’integrazione verticale è un vantaggio e altre volte no (paghiamo poco un prodotto Dell perché acquista tutto fuori tramite aste a basso costo, non sostiene costi fissi e riesce ad avere una gestione del capitale investito più efficace di altre imprese, le economie di scala per Dell si realizzano nella fase logistica e commercializzazione). Se nel tempo produco grandi quantità nel tempo impararerò a farle sempre meglio (che deriva dal fatto che i dipendenti le imparano a fare e in maniera sempre più efficiente). Rigenerare la catena del valore vuole dire che c’è un insieme di possibilità molto ampio: risparmiare molto dal commercio elettronico evitando attività a basso valore aggiunto, bypassare le attività e i costi dei distributori e rivenditori utilizzando una forza vendita diretta e un sito Web aziendale, eliminazione di attività a basso valore aggiunto o non necessarie. Con il just in time e la lean manufacturing si ha una organizzazione tale da ottenere effetti positivi sul magazzino, grazie a produzione attivate dalla domanda effettiva quando si manifesta (logica pull), con zero scorte; ridurre quindi i costi di movimentazione e spedizione dei materiali, i fornitori localizzeranno i loro impianti o magazzini vicino alle strutture dell'azienda. Questa strategia lavora meglio dove i prodotti sono poco differenziati (es beni di largo consumo) dove la concorrenza si andrà a concentrare sui prezzi; i prodotti sono altamente sostituibili. A volte si sceglie di non differenziare i prodotti ma spesso sono oggettivamente poco differenziabili, soprattutto perché la domanda è poco eterogenea. I consumatori hanno un set di preferenze omogeno ed il prezzo è fondamentale nella scelta. Un altro elemento deriva dai costi: se ho un vantaggio di costo non significa dimenticare il vantaggio della relazione di lungo termine con i clienti ed investire su queste perché il rischio di sostituzione è alto, bisogna personalizzare il rapporto ed aumentare la lealtà al proprio prodotto. I costi di cambiamento non sono sempre legati agli sforzi di fedeltà fatti dall’impresa, ma possono essere legati a accordi contrattuali dei quali i clienti farebbero a meno. Un fornitore a basso costo è nella posizione migliore per vincere attività di acquirenti sensibili al prezzo, porre la parola sul mercato-prezzo e ancora guadagnare un profitto. La riduzione dei prezzi non porta sempre a maggiori profitti totali. L'offerta di prodotti di un fornitore a basso costo deve sempre contenere abbastanza attributi per essere attraente per i potenziali acquirenti. Il prezzo basso, di per sé, non è sempre allettante per gli acquirenti Caso T-Mobile Come si configura la struttura di mercato e il tipo di concorrenza prima che arrivasse il ceo dell’azienda? Sul mercato c’erano 2 aziende che non ascoltavano i clienti, non avevano una rete efficiente, dal punto di vista dei rapporti con altre imprese le due leader hanno colluso per non perdere potere (si spartivano il 40% del mercato). Cambiano le regole del gioco: l’impresa t-mobile era una filiale della deutsche. Una strategia aggressiva è quella di pagare gli switching cost. Broad differentiation strategies Richiede la capacità di conoscere e intercettare i bisogni dei clienti; dalla capacità di profilazione puntuale, questo tipo di strategia richiede strumenti che permettano tale analisi. In una logica di multicanalità il cliente può essere intercettato in punti diversi del sistema comunicativo/distributivo per indurlo al contatto fisico, il recarsi in un punto fisico dell’impresa (ma anche viceversa). In tutto ciò si inserisce la strategia di differenziazione del prodotto e dell’offerta: obiettivo è l’ottenere quella visibilità che permette di essere riconosciuta come distintiva rispetto ai competitors. Ci riferiamo in particolare a quella strategia che vuole rendere diversa/unica l’offerta in un’ampia gamma di mercati. Un’impresa monomarca se riesce ad affermarsi avrà vita facile ad ampliarsi in vari settori diversi (es. Virgin che con i tratti distintivi e riconoscibili si è ampliata in tanti mercati diversi); viene riconosciuta per motivi tangibili e intangibili diversa a livello di superiorità rispetto agli altri, il vantaggio si trasferisce nel prezzo. Si ha un margine sui costi maggiori (profittabilità. Si può sfruttare la differenziazione anche per aumentare i volumi (non solo margini). Il valore che viene trasferito ai clienti viene dall’aver investito in tecnologie produttivi, nella ricerca e sviluppo (nuove idee per migliorare i prodotti e processi), dai servizi alla clientela (es. garanzie), la comunicazione di marketing (capacità di cogliere dei trend nel consumo), gestione della community su elementi esperienziali ed emotivi (mix elementi soggettivi legati all’esperienza di consumo e elementi di contenuto oggettivi quali tecnologia sicurezza qualità efficacia). L’innovazione viene fatta nei laboratori di ricerca e sviluppo, nelle fabbriche (comunicazione fabbrica-laboratorio); si hanno delle sinergie tra ciò che accade a livello produttivo e ciò che accade a livello produttivo. Le idee innovative possono nascere in ambienti diversi da questi (non sempre vengono da luoghi preposti, l’innovazione è per questo imprevedibile). Il capitale umano e le capacità sono un’altra fonte di differenziazione: si investe nel personale tramite buone politiche di ricerca e assunzione, il personale aggiunge valore. Come si ottiene la differenziazione della propria azienda e prodotti: - coordinamento nella catena (o sistema del valore) con i clienti (canale distributivo); - convincere i fornitori nel fare qualcosa finalizzato ai bisogni del mercato (rapporti verticali). Alcuni non hanno incentivo a fare qualcosa utile per noi quindi la scelta migliore è il make e non il buy. Ci sono dei segnali che l’impresa può e deve trasmettere al mercato per convincerlo che la propria offerta è diversa dagli altri. Come si segnala? Già dal prezzo inteso come segnale di qualità. È importante segnalare perché nel Quanto rendono queste imprese? Es. Best cost strategy è quella che rende di più. In termini di crescita delle vendite è ovvio che va bene la focalizzazione Per la crescita della quota di mercato le strategie migliori sono la differenziazione e focalizzazione. Il rischio è di implementare strategie di mezzo che non fanno raggiungere obiettivi. Caso Netflix Modello di business snello che aggiunge valore con servizi che costano meno. Accordi per agganciare una platea più matura. Due strumenti di analisi della strategia aziendale che hanno natura diversa ma sono complementari tra loro: - Profilazione del competitors (basato sulla ricostruzione storia dei comportamenti: osservazione del comportamento reale dei concorrenti- quali sono i loro obiettivi, credenze e pratiche organizzative? - Teoria dei giochi (dilemma del prigioniero): le imprese come agenti razionali che massimizzano la loro funzione oggettiva cercando di anticipare le azioni e le reazioni dei rivali sotto ipotesi di razionalità, allocazione delle informazioni ecc… Entrambi si basano sull’assunto che le scelte prese siano razionali e che tengano conto del comportamento degli altri partecipanti al mercato. La teoria delle decisioni razionali è una teoria che tiene conto di un individuo posto di fronte a possibili eventi; questo farà scelte basate sul calcolo del valore atteso di una particolare attività (il valore atteso di un investimento che si vuole fare ad esempio, può guadagnare 100 o perdere 100, il valore atteso è dato dal prodotto tra i valori moltiplicati per le rispettive probabilità del verificarsi e sommati). Non si tiene conto dell’interazione strategica, non si guarda al comportamento degli altri. EV G=p ∙V +(1−p ) ∙P 1 2 ∙100+ 1 2 ∙ (−100 )=0 EV G è il valore atteso del gioco. L’individuo partecipa al gioco o meno se è propenso o meno al rischio. Comportamento razionale = gli individui assegnano un ordinamento di preferenze ad eventi diversi e scelgono l’alternativa che massimizza la propria funzione obiettivo. Di fronte a questo comportamento non vediamo un‘interazione con altri attori. La massimizzazione è fatta in modo tale da anticipare le azioni dei rivali (tiene conto delle azioni a fronte delle scelte fatte dalla stessa impresa). Come tutte le teorie formali si basa su assunzioni molto restrittive che servono a prevedere dei comportamenti ed equilibri di mercato. Con la profilazione ci si basa sui comportamenti effettivi. L’osservazione dei comportamenti fa capire l’obiettivo dei competitors, quali sono le loro “credenze”, quali sono le pratiche organizzative che le differenzia. La prima applicazione della teoria dei giochi si ha nell’ambito militare riferendosi ai rapporti di tensione tra due schieramenti opposti (rif. L’arte della guerra). La teoria dei giochi ha ad oggetto i giochi strategici: un contesto in cui agenti razionali si confrontano e prendono delle decisioni sulla base di regole condivise. Occorre che i partecipanti abbiamo un minimo di regole condivise. Nella realtà sappiamo che non tutte le imprese rispettano le regole mettendo in difficoltà le altre imprese che confidano nel comportamento corretto delle altre. In un gioco strategico l’utilità del singolo partecipante è risultato della propria azione e degli altri partecipanti. Quando un individuo vuole massimizzare la propria funzione obiettivo tiene conto quindi del comportamento degli altri tenendo conto del contesto in cui operano. Carattere fondamentale è la razionalità: si assume che i partecipanti sono razionali e quindi ciascun giocatore valuta le conseguenze delle proprie azioni. Gli agenti razionali assegnano un set di preferenze su queste conseguenze (ordinano le conseguenze scegliendo quelle che massimizzano la propria funzione obiettivo). Molti giochi si basano sull’assunzione fondamentale di conoscenza comune che può riguardare i profitti, le opzioni disponibili, le conseguenze delle scelte, l’ambiente. La razionalità stessa è un elemento di conoscenza comune: sappiamo che gli altri sono razionali come me. Tutti sono consapevoli che tutti i comportamenti assunti dagli altri sono razionali (data una struttura di preferenze tutti vogliono massimizzare la propria funzione obiettivo). Un gioco strategico è un contesto strategico, in esso devo dichiarare il set delle scelte strategiche: tutti hanno delle scelte possibili non infinite (n scelte possibili), a ciascuna combinazione corrispondo dei risultati (pay-off). L’information set è un attributo informativo del singolo partecipante: il singolo possiede delle info sullo stato del gioco sulla propria posizione e degli altri player. Quali azioni si possono osservare da parte degli altri player? Io so cosa fanno e posso essere influenzata dalle scelte degli altri, ma fondamentale è sapere che io so cosa fanno. Si= {s i1 , si2 , si3…} In un contesto esistono n giocatori, prendo l’i-esimogiocatore che avrà un tot di scelte. Lo stesso giocatore avrà un pay-off dato dal set di scelte disponibili per lui e per gli altri giocatori j-esimi. Le sue scelte quindi dipendo dalle sue scelte e da quelle degli altri. Il gioco si rappresenta quindi come un set di scelte e profitti (pay-off). Abbiamo due tipi di giochi: - Statici : (one-shot) abbiamo un solo incontro tra i giocatori; si fanno delle scelte simultaneamente, queste non sono rivedili, nessuno può osservare e reagire alle scelte dell’altro. I giocatori cercano di immaginare la migliore scelta che massimizza la propria funzione data la funzione attesa dall’altro lato. Non osservo il comportamento dell’altro perché la scelta è simultanea e per questo si parla di funzione attesa. La simultaneità è solo un artificio logico: si può parlare più propriamente di asimmetria informativa, nessuno sa ma abbiamo un’idea delle possibili scelte che l’altro e quale di queste è la scelta ottima per il rivale e per me. Oltre la conoscenza dei pay off potenziali non si osservano le scelte effettive fatte dai concorrenti. Fatte le scelte i giocatori ottengono un periodo legato a quel preciso periodo. i giochi si rappresentano in maniera estesa, compatta o a matrice. Matrice: Se entrambi scegliessero L1 e L2 entrambi guadagnano 4,4. il giocatore 2 non sa dove si mette tra i due nodi evidenziati (nodo decisionale, nodo in corrispondenza del quale vanno fatte delle scelte). I nodi finali è dove si osservano i risultati delle scelte. - Giochi dinamici: o Ripetuto: il gioco one-shot può ripetersi per un numero non noto di volte. Conoscere quante volte può ripetersi il gioco può cambiare il comportamento dei partecipanti o Sequenziale: sono giochi a scelte sequenziali, una sequenza cronologica di azioni e razioni. Si ha un gioco one-shot dove la leader fa la prima mossa e l’impresa follower fa di conseguenza la scelta (si gioca una sola volta per quello è one-shot ma ci sono tante mosse giocate per concludere la “partita”, come a scacchi per esempio). o Ci possono essere dei super games o gioco multiperiodo (tornei), la partita si gioca e finisce ma la partita fa parte di un torneo: gioco one-shot che si ripete (i players si affronteranno più volte). Un gioco dinamico con informazione perfetta si può rappresentare così: La scelta del giocatore 2 se andare da dx o sx dipende dal suo set informativo, data la scelta nota del giocatore 1. SI può rappresentare anche in maniera compatta. Il giocatore 2 ha un set di scelte più sofisticato: potrebbe giocare sempre a sinistra qualsiasi cosa faccia il giocatore 1 (oppure sempre a destra), o seguirlo. Sappiamo che l’impresa 2 è un’impresa già insediata nel mercato. L’impresa 1 cerca di minacciare di entrare nel mercato; può entrare o non entrare. L’impresa insediata ha parecchia possibilità dal punto di vista strategico: LL sempre aggressivo, oppure qualsiasi scelta la 2 può dire di essere sempre accomodante (fargli spazio e non aggredire); supponiamo che L è aggressivo e R accomodante, oppure farà quello che fa l’altro (se 1 entra allora è aggressivo, se non entra è accomodante, oppure se 1 non entra sarà lo stesso aggressivo, se entra è accomodante). Tutte le possibili combinazioni sono fatte per segnalare all’altro player la reazione. L’impresa insediata può ostacolare l’ingresso di una nuova entrante: si può convincere dichiarando che se dovesse entrare la strategia è aggressiva e si avranno perdite. Le strategie dichiarate dall’insediata devono essere credibili: Sappiamo che primo muove 1 e 2, avendo osservato 1, fa le sue scelte. L’altro potrebbe dichiarare di giocare sempre a destra, o sempre a sinistra, o che gioca di conseguenza (gioca a sinistra e io gioco a sinistra) oppure in modo opposto. I giocatori con le loro dichiarazioni strategiche possono… La logica delle dichiarazioni (minacce) non è detto che si regga su un portamento razionale. Se 1 gioca L1 2 può dire di giocare o sempre L2 oppure se gioca L1 può giocare L2 se gioca R1 gioca R2. Se 1 gioca R1 la risposta ottima di 2 è sempre a destra R2R2 o segue il leader. Se 1 crede alle strategie dichiarate da 2 e 2 gioca L2L2 allora gioca L1. Se 2 gioca R2R2 a 1 conviene e R1. L’Equilibrio di Nash si ha in L1-L2L2 , R1-L2R2 e R1-R2R2. 3 equilibri. Ricostruire il percorso. 2 gioca in modo razionale. Se 1 gioca a destra a 2 conviene giocare a destra, se 1 gioca a sinistra allora 2 gioca a sinistra. Segue il leader. Il giocatore 2 che gioca sempre a sinistra NON è razionale. La strategia giocare sempre a destra non è nemmeno razionale. Esiste un solo equilibrio 1: R1 2:L2R2 2 può dichiarare una serie di strategie non razionali (dominate) per influenzare i comportamenti degli altri. Un giocatore può dichiarare di impegnarsi in strategie complesse. Anche al di fuori dell’equilibrio la risposta ottima di 2 è sempre di seguire la leader e quindi è razionale nelle sue risposte. (Anche fuori dal sentiero di equilibrio finale raggiunge l’equilibrio). Tra L1 e R1 il giocatore 1 ha sempre convenienza a giocare a destra. Impegno vincolante: non si può fare qualsiasi cosa ma se puoi fare qualcosa devi farla e dare un segnale chiaro. Il giocatore 2 (supponiamo di avere in L2 (2,2) e non (2,0). Se la strategia è essere competitivi 2 gioca sempre a sinistra (anche quando 1 gioca R1). In questo modo vuole segnalare a 1 la propria strategia aggressiva in modo da convincerlo a non entrare e a convincerlo di andare a sx e non a dx. 1 potrebbe non credere a questa strategia. Il giocatore 2 ha una sola possibile di convincere 1 che la usa strategia è L2L2: dare un segnale chiaro di un impegno vincolante. Si è costretti ad attuare la minaccia. Il giocatore 2 non vuole trovarsi in L2 se 1 gioca R1, l’obiettivo è convincere 1 a giocare L1 perché se 1 gioca R1 e si attua la minaccia allora guadagna 1 invece di guadagnare 2 se giocasse a sinistra e quindi gli conviene giocare a sinistra e credere nella minaccia. Il giocatore 2 possa assumere un impegno vincolante (un contratto ad esempio) che rende costoso non attuare la minaccia. In qualunque situazione sarà costretto ad attuare la strategia minacciata altrimenti dovrebbe sostenere dei costi (per renderla credibile la minaccia). Topic E [8] 22.10 Ripetere il gioco in esperimenti è stato dimostrato che esiste una probabilità non nulla (>0) di avere degli equilibri collaborativi in giochi come quello del prigioniero (giochi costituenti) soprattutto se viene ripetuto un numero di volte non noto ai partecipanti. L’esito di tipo no collaborativo non è un esito che si ripete sempre. Quando le imprese imparano il comportamento dell’altro e comunicano allora possono imparare a collaborare. I giocatori si trovano a fare scelte semplici (collaboro non collaboro), oltre questo in giochi che si ripetono le strategie prendono l’andamento di “collaboro se”. Questa strategia di chiama tit-for-tat strategy: gli individui partono collaborando, uno devia e gli altri deviano per punirlo; se chi devia torna a collaborare anche gli altri tornano a collaborare. Nella trigger strategy si è meno tolleranti: se uno devia l’altro non collaborerà più per sempre. Questo tipo si può trovare in comportamenti individuali Degli esperimenti dimostrano l’esistenza di contesti sociali nei quali i partecipanti tendono, in un gioco ripetuto, a collaborare con una maggiore probabilità. In particolare nel gioco “snowdrift game”: due individui che vanno in direzioni opposte in una strada stretta, chi si ferma a scavare un passaggio per passare? Ognuno di noi preferisce che sia l’altro a creare il passaggio. Ad entrambi i giocatori conviene spalare e aprire il passaggio anche quando l’altro non collabora Non spala Spala Non spala 0,0 300,100 Spala 100,300 200,200 Equilibrio di Nash N1 (NS, SP)>N1(SP, SP)>N1(SP, NP)>N1(NP, NP) (2,2) Quando questo gioco si ripete c’è una percentuale non bassa (48%) che fa collaborare i giocatori; non collaborare anche quando l’altro non collabora, porta ad un esisto inferiore. Ripetendo il gioco (12 volte ad esempio) vediamo le percentuali di collaborazioni che sono sempre più basse rispetto al gioco snowdrift game. Se si ha una percezione del futuro molto incerta si sconta molto il valore di un potenziale guadagno. Più individui sono in uno stato di elevata incertezza più guardano al breve periodo e sono meno collaborativi, vuol dire che non ci si preoccupa delle conseguenze ma la preoccupazione è di “vincere la partita” il primo possibile. Gioco a scelte sequenziali Airbus nel 2000 introduce il superjumbo. Il leader del settore era Boeing. Airbus annuncia queste spese ingenti e gli accordi con le compagnie, in questo modo segnala a Boeing l’intenzione di entrare qualunque cosa faccia (Airbus ha fatto una strategia di ingresso qualunque cosa faccia). All’epoca il mercato non era così grande per 2 rilavi e quindi Boeing di fronte a questa minaccia deve capire se rispondere alla minaccia o no. Quali sono le scelte strategiche di Boeing? (1) non spendere per sviluppare un superjumbo (2) rispondere. Troviamo dei profitti stimati su una base dello studio una società ingaggiata da Boeing per capire come conveniva rispondere. Vengono fornite delle risposte adeguate alla teoria dei giochi? Confronto teoria dei giochi- suggerimenti della società di consulenza. Abbiamo: 5,7 miliardi di spese di ricerca e sviluppo se Boeing sviluppava il superjumbo (< di 11,9 di Airbus perché già presente nel mercato). Il pay-off di Boeing, se Airbus non fosse entrata, si stima prendendo i profitti stimati al netto dei costi (13,5-5,7=7,8). di fronte alla scelta di Boeing, Airbus ha diverse soluzioni. Se Boeing entra Airbus entra. Al contrario se Boeing entra e Airbus rinuncia guadagna 0 e Boeing i 7,8 stimati. Se Boeing non entra e Airbus entra. Boeing sa che Airbus entra in qualsiasi caso. La strategia dominante per Boeing è non entrare. Airbus si è “legata le mani”, non vuole far entrare Boeing ed effettivamente non entra. Airbus ha fatto investimenti non recuperabili per 11,9 e stipulato accordi con compagnie. Attuare la strategia dichiarata qualsiasi cosa accada. La teoria dei giochi fa capire il contesto, evitare scelte sbagliate. Boeing ha fatto di tutto per ritardare l’entrata di Airbus: voci che dicevano che gli stati hanno aiutato Airbus (vietato per legge di consorzio a danno della concorrenza). Il consorzio in qualche modo aveva dei partener che si fidavano l’uno dell’altro, se si va da uno dei partener e si mette zizzania rompendo il consorzio si creano dei problemi, Airbus ha rallentato infatti l’entrata. Boeing ha messo in giro poi delle stime pessimistiche sui grandi aerei. Tutto ciò ha rallentato di almeno un anno l’ingresso sul mercato del superjumbo e grazie a questo ritardo la Boeing ha guadagnato circa 135 miliardi (sapendo che l’entrata ci sarebbe stata ma sii poteva ritardare). Le imprese non si comportano come descritto teoricamente: hanno obiettivi, credenze, valori, routine organizzative diverse. Per questo oggi si investe molto nel profiling del competitor. Si vogliono conoscere le convinzioni dei rivali, capire i loro modelli mentali, gli errori del passato, se ci sono delle regole di comportamento magari comuni ad altre imprese del settore. Si vuole capire come si comportano con altri concorrenti e il settore di appartenenza aiuta a capirlo. Il competitor profiling si basa su una serie di principi: 1. Pensare a mente aperta : quali sono le opzioni disponibili per essere più competitivo. Non è solo quante opzioni ho ma quali sono le variabili su cui fare leva. Al crescere delle opzioni non si trova l’equilibrio quindi il numero di scelte va ridotto, nella realità tuttavia e scelte sono infinite quindi bisogna trovare le possibili azioni a disposizioni dei concorrenti, quali tipo di impegni vincolanti potrebbero essere assunti e quali potrebbero convincere di più un rivale rispetto ad altri impegni, un’altra domanda potrebbe essere qual è la natura degli impegni vincolanti e la natura degli investimenti a fronte degli stessi impegni? Il profitto dell’impresa i-esima lo derivo rispetto alle spese di ricerche e sviluppo dell’impresa e dell’impresa concorrente; se questa derivata è maggiore di zero vuol dire che le spese di R&S sono strategic complements: se l’impresa concorrente le aumenta a me conviene aumentarle perché il mio profitto aumenta. Questo porta ad una escalation, una crescita continua. Quando invece la derivata ha valore <0 e il mio competitor aumenta le R&S non mi conviene seguirlo. Se le strategie sono sostitute il profitto dell’impresa si riduce se all’aumentare dell’impegno del competitor il mio si riduce. La chiave è capire la natura delle variabili strategiche. [slide 21] La capacità produttiva è un esempio di sostituto strategico: se abbiamo 2 imprese, una aumenta la sua capacità produttiva, all’impresa 2 non conviene seguirla o si? La curva dell’offerta si sposta in avanti, i prezzi scendono, se la 2 risponde aumentando la capacità produttiva il prezzo scende ancora di più: il profitto di entrambe quindi si riduce. Per questo in alcune industriale le imprese sarebbero contente se qualcuno dall’esterno mettesse dei “paletti”. Un esempio di complementi strategici si ha ad esempio nella guerra dei brevetti: non importa se si è il primo a inventare qualcosa ma bisogna essere i primi a depositare la domanda di brevetto. Questo spinge le imprese a fare sempre più (se l’altro investe ed è in procinto di innovazione anche l’altro cerca di innovare rapidamente). Situazione di complementarietà strategica: se uno “corre” allora l’altro “corre” ancora di più. Lo stesso vale per le guerre di standard: chi spende di più per espandere la rete spinge l’altro a fare altrettanto (far crescere le esternalità di rete). Pensare a mente aperta è anche pensare a quelle alternative che non fanno parte del senso comune (blue ocean strategy, andare in mercati con pochissima concorrenza quindi blue e non andare in oceani rossi pieni di squali, il problema è come arrivare in questi mercati, si preferisce piuttosto creare nuovi mercati e quindi pensare a mente aperta). 2. Metodo : non fidiciamoci di un solo metodo, utilizziamone diversi, volti ad analizzare la concorrenza. Le 5 forze di Porter sono il punto di partenza basilare, ma ci sono altri strumenti quali: o L’analisi di scenario: capire dove va la tecnologia, i trend delle mode e dei mercati, su cosa investire o Simulation: simulo scenari diversi e si fanno “giocare” gli attori in ballo simulando un particolare contesto (es. ipotesi dell’aumento dei prezzi cosa succede al costo del prodotto e l’impatto sulla domanda). Si può fare con strumenti quali ad esempio la retta di regressione (a partire da una variabile x esplicativa predico il valore medio di una variabile dipendente y). y=α=βxx+ε dove ad esempio y=consumi e x sono una serie di variabili esplicative come ad esempio i gusti, i prezzi, nuove tecnologie ecc…mediamente avendo stimato beta (l’elasticità dei consumi rispetto a x variabili) un aumento percentuale di una variabile x (come ad esempio il prezzo) mi aumenta la y. Simulare è stimare lo scenario al modificarsi di fattori/variabili rilevanti. Fatta la simulazione si decide quale linea seguire. È uno strumento che si basa su dati osservati e proiezioni condizionate da dati passati. o Giochi di ruolo e giochi di guerra: apprezzati dalle aziende, aiutano a sviluppare capacità di lavoro in team, analisi del contesto. o Market testing: può essere fatto con strumenti tradizionali (es cookie) utilizzati da chi personalizza campagne pubblicitarie ecc… 3. Utilizzare le info raccolte e collegarle ad una base teorica: fare esperimenti senza dimenticare le ipotesi teoriche. La teoria dei giochi serve a studiare situazioni in cui ci sono cambiamenti repentini dell’ambiente. L’analisi porteriana è statica quindi non coglie al meglio i cambiamenti dell’ambiente, anche se rimane importante. La teoria dei giochi ci fa capire che la concorrenza che si potrà incorrere a forte competizione dove entrambi i giocatori perdono. I limiti sono: non sempre si può preveder un equilibrio (possono essercene tanti), le assunzioni sono dei modelli poco realistici, sull’informazione raccolta non ci fa dire con certezza quale alternativa verrà giocata (strategie miste: distribuzioni di probabilità dove si gioca x con probabilità “p” e y con probabilità “1-p”, il problema è che spesso questa distribuzione di probabilità non è nota e quindi la teoria dei giochi non basta e si aggiunge il competitor profiling). Alcuni modelli sono sempre più aggiornati per fornire una rappresentazione molto realistica (es. stima del tipo di rivale, ad esempio se sono razionali). Spesso nell’investimento diretto delle imprese (es nuova filiare in un paese) non è dettato da conoscenze approfondite dei vantaggi comparati di quel paese ma è dettata da altre condizioni (es seguo un competitor). Altri meccanismi sono l’ambiguità causale: imprese che imparano a fare cose sono difficilmente imitabili on perché hanno competenze e risorse difficili ma perché le hanno combinate in modo complesso, non si riesce ad individuare la vera causa della profittabilità, quali fattori determinano il successo e in che peso. 2.Sostituzione Trovare un concorrente che non mi imita ma che fa qualcosa di totalmente diverso (strada diversa) arrivando a qualcosa di simile. Sono le tecnologie distruttive quelle che più mettono sotto attacco le imprese leader. Es. sistemi operativi per smartphone: IOS e Android hanno preso un grande vantaggio rispetto a Microsoft (che era leader). In questo caso per l’incapacità (o impossibilità) di Microsoft di individuare l a minaccia, la tecnologia nuova e tutte le competenze che ci sono dietro hanno sostituito le competenze del leader diventando meno rilevanti (le competenze di Microsoft sono vincenti nei pc e perdenti negli smartphone). Altro esempio è Barnes&Nobles (impresa tipo Amazon ma con tanti punti fisici nel settore dei libri): classico caso di confronto tra un’impresa che opera in un settore tradizionale con tecnologie tradizionali minacciata e attaccata da imprese fortemente tecnologiche. Di fronte a questa minaccia di sostituzione si può: - Non rispondere; - Provare ad estrarre tutto ciò che posso nel mercato in cui opero (svendere fare ricavi) e poi migrare verso altro (Harvesting). Uso le stesse attività per fare altro; - Difesa aggressiva (Microsoft vs Linux): una delle chiavi della risposta aggressiva è stata il total cost of ownership ovvero il costo totale di gestione del prodotto che acquisto, con Linux acquisto il prodotto a poco (non si paga nulla per le licenze) ma il suo costo di mantenimento per le manutenzioni sarà maggiore magari rispetto al costo del prodotto (Microsoft puntò su questo dicendo che se si compra Microsoft non si dovrà spendere in questi costi aggiuntivi); - Straddling: stare nel mezzo, strategia peggiore; - Switching-change business: si cambia totalmente; - Ricombinare i fattori per fare di più. - Leapfrogging: fare il salto della rana, scavalcare il concorrente Barnes&Nobles rispose facendo un NOOK Tablet (ereader) che aveva il vantaggio di avere assistenza nel punto vendita nel caso ci fosse bisogno. 3.Threat of hold-up: ricatto Posso essere sotto ricatto da un cliente (es. grande distributore attraverso il quale l’80% delle mie vendite passano a lui, grande potere negoziale). Può cercare di ottenere condizioni vantaggiose perché sa il problema dell’eventuale cambiamento di canale. Sono sotto minaccia di ricatto e se, in questo esempio, il distributore si appropria della maggior parte del valore che ho creato io sì creo valore ma non riesco ad appropriarmene. Ci sono diverse condizioni/momenti/o settori in cui le parti che collaborano possono creare costi di transazione molto alti. Il profitto e la rendita appropriabili si possono ridurre. 4.Threat of slack Incapacità di agire in maniera decisa. Si parla in particolare della X-inefficency: è un’inefficienza di tipo organizzativo che deriva dalla somma di tante piccole inefficiente che vengono trascurate. Può avere un impatto devastante sulla capacità dell’impresa di ottenere un livello di produttiva adeguato. L’impresa può avere tecnologie, risorse e competenze adeguati ma ci sono essere dei problemi che sommati che rendono l’impresa incapace di appropriarsi del valore (potenziale che non viene sfruttato a pieno): diseconomie manageriale: ho economie di scala tecniche, sfrutto al massimo le risorse, ma la capacità del management di gestire un livello di gestire un livello di attività così alto non è adeguato, la produttività scende (non è una questione tecnica ma organizzativa9:in questo caso le curve dei costi medi i lungo termine oltre un certo livello salgono per questi motivi. In che misura il vantaggio competitivo dipende dalla capacità di posizionarmi sul mercato e in che misura dal vantaggio accumulato? Le competenze chiave possono diventare delle rigidità? Si se di fronte ad una minaccia di sostituzione non è in grado di cambiare, la core competens diventa una fonte di rigidità. x Le imprese devono investire in risorse e competenze? Si non basta il posizionamento! Non solo perché mi danno vantaggio competitivo ma perché possono essere sfruttate anche in altri settori (possibile grazie all’analisi delle proprie risorse e competenze). Esercitazione teoria dei giochi Il nostro modello è un modello dove la quantità prodotta e venduta è 100 se si coopera e 150 se non si coopera. Se tutti cooperano il prezzo è 1, se non si coopera il prezzo scende proporzionalmente fino a 0,50. Stiamo massimizzando la funzione obiettivo dei ricavi (quantità x prezzo) ed il ricavo dipende dalle scelte di tutti. Per qualsiasi valore di “x” ovvero la percentuale di cooperazione, il ricavo di chi defeziona (non collabora) è sempre maggiore di chi coopera. La scelta dominante è non cooperare in qualsiasi caso. Nel caso il rapporto di cooperazione è 0% (tutti non collaborano) si guadagna meno di quanto si guadagnerebbe se tutti cooperassero. Se 99 collaborano l’unico che non collabora guadagna più di tutti. Nel caso siamo in un modello di PROFITTI abbiamo le rette dei profitti che si intersecano: sotto un certo equilibrio chi non collabora perde. Con il modello dei profitti abbiamo dei costi da sostenere (contrariamente dal primo caso dove avevamo solo ricavi). Ricavo – Costi = Profitto. Non c’è una relazione di dominanza: con rapporto <50% conviene cooperare, con rapporto>50% conviene non collaborare. L’idea è quindi di prevedere il comportamento degli altri e fare la scelta opposta. Fine lezione 20 dicembre Date le risorse e competenze che si hanno conviene utilizzarle in un settore o più? Conviene integrare verticalmente o disintegrare? Scelte che riguardano settori e fasi della catena verticalmente e orizzontalmente. Per diversificazione (diverso da differenziazione che è far percepire come unico il proprio prodotto in un business) si intende espandersi a settori diversi/mercati diversi. Entrare in un nuovo mercato, nuovo prodotto, nuove linee di business. Una volta che si diversifica va capito quando dedicarsi da un prodotto e ad un altro vista la scarsità di risorse e la necessità di allocazione ottimale delle stesse. Si hanno 2 dimensioni: - La missione dell’impresa - La strategia di prodotto seguita Penetrazione del mercato: si allarga la propria presenza in diverse aree con lo stesso prodotto. Develoment of the product: Stessa mission ma nuovo prodotto (es nuovi gusti per lo stesso prodotto). Sviluppo del mercato: allargare il mercato, si cambia mercato con prodotti uguali (diversificazione geografica). Diversificazione: nuovo mercato e nuovi prodotti (business diversi settori diversi e nuovo prodotto). Quando parliamo di diversificazione ci occupiamo di un contesto in cui l’impresa spesso fa scelte del tipo: mi conviene cambiare mercato? Mi conviene ampliare la gamma? Mi conviene aumentare il numero di mercati in cui si opera o ridurre? Ristrutturare: entrare in un nuovo settore uscendo dal precedente, si è sempre in un solo settore quindi (non sono un’impresa diversificata! Rimango monosettoriale). Le imprese diversificano perché: - Scarce opportunities to grow: hanno accumulato risorse che sfruttano nel settore in cui operano ma, operando in un settore che non cresce, le risorse rimangono inutilizzate. Quindi diversifico spostando le mie risorse in altri settori. Con una risorsa riesco a soddisfare le esigenze di due mercati diversi quando il mercato originario non cresce e allora le risorse si sfruttano in maniera più intensiva entrando in un altro mercato. - Exploiting economies of scope: sfruttamento delle economie di scopo; si acquisiscono quando, con costi addizionali nulli (o quasi), si possono sfruttare le risorse eccedenti in un settore nuovo. Le imprese crescendo imparano tante cose che non utilizzerebbero più nel proprio settore, ed ecco perché si espandono applicando in settori nuovi ciò che hanno imparato. Le risorse in eccesso possono essere condivise con settori diversi. La risorsa condivisa può essere (1) molto specializzata (la risorsa competenze tecnica specializzata che può essere utilizzata in ambiti simili, es pc e cellulari) e (2) molto generica (es. la finanza, gestire il denaro attraverso settori diversi) Condividere le risorse tra varie unità. Risorse di due tipi: - Specifiche: es. tecnologie - Generiche es. finanza Quando condivido un qualcosa tra due business si possono ottenere economie di scala ed economie di scopo. Le economie di scala riguardano i costi medi unitari: quando si diversifica potrei ottenere delle economie di scala nella produzione di un bene. Possiamo parlare di economie di scala (vantaggi nei costi medi) come vantaggio che deriva dall’utilizzo più intensivo di impianti (es. impresa che produce freni ed automobili). Grazie alla diversificazione (es. sia automobili che trattori) si può ottenere un vantaggio nella produzione di un componente comune (es. freni). Quindi impianti diversi (3 impianti). AC(q+)<AC(q) Parliamo invece di economie di scopo quando ho un input (es. un impianto produttivo oppure un canale distributivo) e con lo stesso input produco più cose (stesso impianto). Parliamo di costi totali, e non di costi medi come per le economie di scala: TC(q1, q2) < TC (q1,0) + TC(0, q2) TC: costo totale Produrre con due impianti separati costa di più di produrre nello stesso impianto. L’input può essere utilizzato con costo 0 per altre produzioni. Il CF addizionale è nullo perché l’input è già presente e pronto alla produzione (ci saranno solo CV addizionali). Ci sono altri motivi che spingono alla diversificazione. - Di tipo finanziarie e rischio: più aumento il portafoglio più si ripartiscono gli investimenti su più linee di prodotto più si fraziona il rischio. - Altri motivi Diversificazione correlata La diversificazione correlata si basa sullo sfruttamento di risorse tangibili e intangibili di natura specifica (risorse per una produzione specifica). Es un macchinario adatto a lavorazioni meccaniche sia per il legno che per i metalli ad esempio. L’input ha caratteristiche specifiche di un utilizzo particolare. Si parla di strategic fit: poter condividere o trasferire risorse (input, conoscenze) tra due catene del valore (catena del valore del prodotto 1 e 2, le due catene possono condividere alcuni tratti). Questo può valere per i canali distributivi, la logistica, o per la produzione stessa. Ci sono diverse modalità per sfruttare le sinergie tra linee di produzione diverse come l’uso dello stesso marchio: l’input è il marchio che viene utilizzato grazie alla sua forte affermazione, il marchio ha un valore forte (es. Canon), il costo addizionale di usare il marchio per un'altra produzione è 0. È un input quasi pubblico in quanto per l’impresa utilizzarlo in un altro settore non costa nulla. Ci sono altre attività come la rete di fornitura che può essere sfruttata: nel caso Dell viene utilizzata per l’assemblaggio di pc, se Dell produce schermi Tv può usare lo stesso supply management system per le due linee (I pezzi sono usati per il pc o le tv). Utilizzare lo stesso input per produrre prodotti diversi non solo abbatte i costi totali ma può aiutare l’impresa ad innovare. È il caso delle società di TV via cavo che entrano gradualmente nella TV ad alta velocità via internet e sviluppano nuovi servii (telefonia su internet come Voice). Abbiamo due settori diversi (a e B) e vediamo le fasi della catena: più i settori condividono più fasi più il vantaggio di costo sarà grande (il costo totale sarà più piccolo). I benefici dello sfruttamento di risorse specifiche condivise: la condivisione di parte della catena. L’economia di scopo permette la riduzione dei costi totali e danno la possibilità di DIFFERENZIARE IL PRODOTTO. Un esempio di come diversificando si può diversificare è quello di Google: offre un insieme di servizi che non fanno passare da un ambiente ad un altro (unico ambiente per l’utente). Tutto questo è un esempio di vantaggi di 2 tipi: L’indice più immediato è l’indice di specializzazione (SR): la percentuale di fatturato realizzato nel principale business dell’impresa. Altro indice è il reladness ratio (RR): la percentuale di fatturato rappresentata da settori diversi ma correlati tra loro. Come dico se due settori sono correlati? Una famosa tassonomia distingue diversi tipi di imprese sulla base del tasso d diversificazione: - Single business SR >95% - Dominant-business firm: 50% <SR < 80% and the rest in related businesses - Related-business firm: SR<70% and RR (including the main business)>70% (l’insieme dei settori correlate rappresenta più del 70% ma il singolo settore denominante/principale non è maggiore del 70%). - Unrelated-business firm/conglomerate: 1 business<70% and RR<70%) (le imprese dove possiamo parlare di impresa conglomerata, hanno un settore <70% ma tutti gli altri correlati sono <70%) Measuring diversification: Hirschman-Herfindahl Index Pj è una percentuale del fatturato tot dell’impresa, riferita al settore J dove J va da 1 a M. Quote di fatturato Pj di M settori. Quando ho tanti settori 1/M tende a 0 e quindi HHI varia tra 0 e 1. È 0 quando ho una diversificazione elevata. Quando è 1 la diversificazione è nulla. Entropia Caso in cui tutti i settori rappresentano ciascuno il 25% del fatturato (la quota del fatturato rappresentata dal settore j è pari a 1/M). Essendo Pj=1/M e sostituendolo nella forma troviamo che E=∑ j=1 M 1 M ln (M )=ln ⁡(M ) Quando c’è un solo settore l’entropia è 0. L’indice di entropia varia tra 0 (minima diversificazione) e ln(M) (logaritmo naturale di M) massima diversificazione. ISIC (international Standard Industrial Classification) sono classificazione dei settori industriali sulla base delle caratteristiche dei settori stessi. Es. divisione 13 manifattura tessile Settori Fatturato impresa 1 quote Quote al quadrato Entropy Fatturato impresa 2 quote Quote al quadrato Entropy Automobili 200 0,094 0,0089 0,094 x 3000 0,641 0,411 0,0641 x ln(1/0,094 ) ln(1/0,041 ) Motocicli 175 0,083 0,0068 200 0,043 0,002 Trattori 270 0,127 0,0161 700 0,15 0,022 Macchine escavatrici 80 0,038 0,0014 250 0,053 0,003 Macchine per il giardinaggio 400 0,188 0,0354 450 0,096 0,009 Veicoli industriali 1000 0,471 0,2215 800 0,017 0,000 Fatturato totale 2125 1000 4680 1000 HHI -> Somma delle quote al quadrato 0,2901 0,448 Berry -> L’indice è correlato positivamente con il livello di diversificazione dell’impresa. È dato da 1-HHI Varia tra 0 e 1 e il numero che esce è alto = l’impresa è molto diversificata. 0,7099 . 0,552 Entropia Quota= Divido il fatturato di ciascun settore per il fatturato totale Impresa 1 e 2 hanno una diversa distribuzione del fatturato tra i settori. L’impresa 2 è meno diversificata (Berry2<Berry1). L’impresa 1 ha una ripartizione più omogena del fatturato tra i settori. Il numero di settori è uguale, per essere più accurati nella diversificazione bisogna considerare la distribuzione del fatturato (le quote) tra i settori: se le quote sono tutte uguali e tanti settori allora la diversificazione è altissima, se invece ci sono N settori co N grande ma un settore ha la gran parte del fatturato non possiamo dire che è molto diversificata. Per calcolare l’entropia prendo la quota di mercato (NON è la quota al quadrato) e si moltiplica per il logaritmo naturale dell’inverso (1/M) della quota stessa. Per sapere l’entropia tot sommo tutte le entropie che ho calcolato. L’impatto della diversificazione sulla performance dell’impresa Le imprese che diversificando in maniera correlata hanno una performance maggior delle imprese conglomerate; questo perché le imprese che possono far leva su risorse specialistiche (es. tecnologia) possono sfruttare le sinergie (strategic fit) e grazie a questo ottenere dei rendimenti mediamente più elevati sul capitale investito e quindi dei ritorni sul valore di mercato della stessa impresa. Dal dopo guerra ci sono state tante operazioni di acquisizione, ristrutturazioni, che hanno fatto entrare le imprese in settori diversi; negli anni 80 e 90 queste operazioni sono fallite vedendo un dietrofront delle imprese da diversi settori. Una misura utilizzata per la migior performance delle imprese correlate è la “q” di Tobin (rapporto tra mkt value e book value, tot titoli di cr e deb emessi/ il valore di rimpiazzo (solitamente i tangible assets); il rapporto può essere <>=1, tendenzialmente le diversificate correlate hanno una q di Tobin maggiore delle altre imprese; il valore di mercato riflette la fiducia che il mercato ha, gli investitori hanno, sulla capacità dell’impresa di creare valore in futuro, ovvero i suoi flussi di cassa futuri). Due tipi di diversificazione: - Tecnologica: le imprese che investono in tante tecnologie ha un effetto negativo sulla performance. Imprese per le quali la tecnologia è importante e si focalizzano allora perdono in termini di vendite e profitti. - Di mercato/nel business: se si riduce la diversificazione guadagna in termine di profitti e vendite; L’ideale è un’impresa con tante tecnologie ma un focus ristretto sul mercato. LE economie di scopo che si fondano sullo sfruttamento di risorse specifiche (come le tecnologie). Il parenting advantage è contro bilanciato (e a volte annullato) dalle diseconomie manageriali: se opero in settori molto diversi avrò problemi di coordinamento (i manager avranno problemi). Quando le imprese diversificano molto (alta numerosità, sia per la correlata che conglomerata) un problema che può verificarsi è che ogni ASA (area strategia di affari) quando crescono possono perdere di vista l’obiettivo corporate guardando all’obiettivo di area. Non c’è più una responsabilità a livello corporate. Nelle multi divisionali ogni divisione accumula risorse e competenze che sono isolate e non vengono condivise creando magari sovrapposizioni e dissipazione di risorse. Nelle molto diversificate dimenticano l’investimento in core competens: si perdono di vista le competenze chiave che servono a tutta l’impresa. Le imprese che hanno molto diversificato negli anni hanno ad un certo punto hanno ristrutturato rifocalizzandosi (facendo tagli su vari settori). Di fronte a delle scelte del tipo entrare o meno in un nuovo settore ci sono dei test che permettono di capire prima dell’ingresso se si creerà del valore per i propri azionisti: - L’attrattività dell’industria: supponiamo che l’impresa “i” c’è solo in un settore nel quale ha una certa profittabilità pari a Avg(πij) e si vuole in un settore nuovo. Ci si chiede se i profitti in quel settore sonoij) e si vuole in un settore nuovo. Ci si chiede se i profitti in quel settore sono maggiori di quelli che già si fanno, is E(πij) e si vuole in un settore nuovo. Ci si chiede se i profitti in quel settore sonoij+1) ≥ Avg(πij) e si vuole in un settore nuovo. Ci si chiede se i profitti in quel settore sonoij)? - Cost-of-entry test: acquisisco un’impresa che già opera in quel mercato, ci si chiede se il valore dei flussi futuri attualizzati che si realizzerà sarà maggiore dell’investimento che oggi sto sostenendo. CI si chiede quanto costa l’investimento e si stima quanto renderà in futuro con l’attualizzazione. - Better-off test: qual è Il valore creato mettendo insieme 2 settori diversi; se esistono delle sinergie l’impresa le sfrutterà creando più valore. Si possono anche acquistare imprese gestiste male se credo di gestirla meglio e quindi offro molto nell’acquisto. - Best-alternative- test: il modo in cui metto insieme le attività collegate (che ho internalizzato) è la forma più efficiente? Era necessaria l’acquisizione? I costi superano i vantaggi? È aumentato il valore complessivo facendo quella manovra? Sono dunque modalità organizzative alternative rispetto a quelle che si stanno implementando. Si guarda il ritorno atteso dagli investimenti, guardano i rendimenti già presenti sul mercato: da un lato se le imprese insediate godono di profitti alti ci saranno sicuramente delle barriere elevate all’entrata, l’entrata sarà costosa. I test vengono svolti sempre in un’ottica di creazione del valore ed appropriazione. L’attrattività del settore è controbilanciata dal costo of entry che potrebbe annullare tutti i benefici che si potrebbero trarre. Quali barriere si potrebbero avere? - Dotazione di capitale e risorse - Gara tra diversi potenziali acquirenti di un’impresa già presente sul mercato che fa profitti, gara per accaparrarsi quella risorsa/asset. Accadrà che il prezzo di acquisto aumenta (asta al rialzo) e il prezzo pagato alla fine sarà uguale al deflusso di cassa futuri generati da quell’investimento. Quando si entra in gara e si paga tanto si può pagare il max dei flussi futuri. - Se unisco, al di là dell’attrattività, alle attività che già svolgo quelle nuovo produco un valore addizionale. Quando diversifichiamo in settori diversi abbiamo dei costi dovuti a: - Diseconomie di scala: se la tecnologia è caratterizzata da economie di scala ok, a ma in alcuni settori i costi medi crescono dopo un certo punto. - Burocrazia - Conflitti e costi di compromesso: mettendo insieme 2 attività non soddisfo nessuna delle 2 in maniera ottimale. Le due attività richiedono risorse in concorrenza tra loro, o mi impegno per il settore 1 o per il settore 2. Best alternative test Si riferisce alla dimensione organizzativa all’operazione di diversificazione. Posta l’entrata, quali sono le modalità d’ingresso? - Acquisisco un’impresa già presente (mercato) - Faccio un accordo senza acquisire (alleanza e joint venture) - Faccio un investimento interno: non mi rivolgo ad imprese esistenti ma sviluppo internamente capacità da offrire nel settore nuovo (gerarchia) L’acquisizione è la forma più rapida d’entrata. La scelta della modalità d’ingresso è fondamentale perché mi fa capire in che misura la scelta organizzativa fatta mi permette di appropriarmi pienamente, o in parte, del valore che sto creando. Devo considerare i costi di coordinamento (con un’impresa con la quale collaboro che rimane separata), se acquisisco ho invece una serie di problemi organizzativi tipi della gerarchia (più sono grandi più possono essere sovra burocratizzate). Tutte le scelte hanno un costo opportunità: deriva dalla rinuncia di profitti/ricavi che avrei potuto Finché non raggiungo un certo livello, all’aumentare della quantità il costo medio unitario diminuisce. Dopo un certo punto si possono avere delle diseconomie. Nel lungo periodo si presume che tutti i fattori produttivi sono variabili, perché allora dopo un certo punto i costi aumentano? Non tutti i costi diventano variabili, ci sono costi che rimangono fissi anche nel lungo come ad esempio la capacità manageriale. Se nel mercato c’è concorrenza perfetta, il prezzo che io pagherei per il componente che non voglio fare internamente è il prezzo minimo. In realtà ciò che pago è un prezzo maggiore del costo minimo di produzione: il fornitore ha un potere di mercato che gli permette di aumentare il prezzo ed ottenere profitti. Per un input c’è quindi efficienza tecnica ed efficienza di mercato. Se il prezzo pagato=costo medio marginale allor all’impresa si rivolge al mercato. Se però il produttore aumenta il prezzo potrebbe non convenire rivolgersi al mercato. La scelta dipende dal potere negoziale del fornitore. L’integrazione verticale legata all’efficienza tecnica cambia con il ciclo dell’industria: ogni industria ha una fase introduttiva con pochi clienti, grande sperimentazione di modelli di business e prodotti (es. industria automobili all’inizio del 900, dove tuti producevano in casa), poi il mercato cresce e si espande si sviluppa, emerge un dominant design (un modello dominante, si trova il modo migliore di progettare), a quel punto disintegrazione verticale (acquisto fuori componenti, assemblo solo). in industrie ormai mature, soprattutto con grande disintegrazione verticale (automobili ad esempio, dove la necessità è l’abbattimento dei costi), le imprese di questi settori maturi devono differenziare i propri prodotti rispetto ai propri clienti (Apple fa cose internamente per spingere la differenziazione dei propri prodotti, controlla la produzione di determinate parti per far percepire come unica la propria offerta). Abbattimento di costi e fare internamente determinate cose sono forze contrastanti. Costi di agenzia Questi sono i l motivo per cui conviene rivolgersi al mercato (quando sono alti). Sono i costi associati al comportamento opportunistico degli agenti: nella teoria economica dell’impresa come insieme di contratti tra agenti razionali ed ottimizzanti, vediamo che l’impresa può essere vista come un insieme dove c’è il principale (imprenditore, detentore dei mezzi9 e gli agenti. Il comportamento opportunistico degli agenti può portare a ridurre i loro sforzi (lavoro meno) per massimizzare la propria funzione obiettivo e non quella dell’impresa. L’impresa può gestire la cosa con monitoraggio ed incentivi. Gli agenti che lavorano per conto del principale ha degli interessi che non sono allineati con quelli del principale (Problema fondamentale dei osti d’agenzia). Altro problema è l’asimmetria informativa e interdipendenza tra attività diversa, che creano una grande difficoltà al principale ad osservare il comportamento dei singoli e capire il contributo marginale di ciascun agente al risultato finale. Quando ci troviamo in una logica di team production (prodizione realizzata con l’attività interdipendente e la performance di un’attività incide sulle altre, la produttività a monte influenza quella a valle); molte divisioni sono dei centri di costo e non centri di profitto Il mercato captive è un problema per l’efficienza: il cliente deve rivolgersi per forza a lui e si creano inefficienze. Dato il problema le soluzioni in parte esistono, anche se non sono a portata e hanno dei costi: - Incentivi: strutturare i meccanismi di remunerazione dei dipendenti in maniera da renderli partecipi ad una quota del risultato finale (una quota dello stipendio dipende dai profitti dell’impresa, se si lavora di più si ottiene di più). Molti manager vengono remunerati ad esempio tramite stock option: se l’azione a fine hanno va bene allora ricevono profitti, quindi hanno tutto l’interesse a lavorare tanto e bene. La variabilità può creare delle distorsioni che sono producenti (non è detto che lavorano di più se una parte dello stipendio è variabile). Un’altra componente è che abbiamo motivazioni intrinseche ed estrinseche: quest’ultima è il beneficio che un individuo trae dallo svolgere un’attività che preveder un risultato sanzionabile dall’esterno, ovvero faccio bene e ho un bonus. Motivazioni intrinseche ovvero li beneficio viene dallo svolgimento dell’attività che crea benessere per l’interesse e gratificazione per l’attività stessa, motivazione interna. se un individuo è mosso intrinsecamente non funziona incentivarlo con il denaro, saranno più propensi ad avere incentivi non monetari. Altri incentivi attengo il benchmarking (paragone con gli altri), la condivisione dei valori, la cultura organizzativa, clima organizzativo positivo, e altro. - Monitoraggio: altor meccanismo per moderare i costi d’agenzia e motivare il personale. È avere delle misure che permettono di catturare il contributo marginale di un gruppo di individui dentro una struttura organizzativa complessa. Spesso sono molto costosi. Il grande problema è l’impatto sullo spirito imprenditoriale delle persone, sullo spirito d’iniziativa: eccessivo controllo porta a comportamenti conservativi, poca inizia interna, e porta a insoddisfazioni lavorative che riducono le performance. Non sempre rivolgersi all’esterno è conveniente; spesso si preferisce “produrre in casa” riducendo così i costi d’uso del mercato: quando i costi per accedere ad un mercato sono elevati allora si preferisce make. Ci sono 3 tipi di costi d’uso del mercato: 1. Coordination costs and design attributes 2. Information spillovers 3. Transaction cost 1.Coordination costs and design attributes I costi di coordinamento possono essere alti soprattutto quando alcune attività, o l’insieme della attività della catena del valore, presentano degli attributi, i design attributes, che richiedono un’estrema precisione nel coordinamento tra le varie fasi della catena. Sincronia estrema (problema id tempo e non solo di matching). La tempistica è difficile da gestire: non solo devo fare qualcosa prima ma devo farla per forza prima di una determina fase. Si parla di design perché progettiamo le attività in modo tale da lavorare in perfetta sincronia, e combinabili in modo perfetto. (estrema precisione nel timing fit, size fit, color fit, sequence fit) C’è un problema di coordinare, nel tempo e nei contenuti, la catena. C’è un problema di perdita involontaria di informazioni: se mi faccio fare qualcosa da qualcuno esternamente, queste potrebbe appropriarsi di conoscenze non brevettabili acquisendo un vantaggio entrando in possesso di informazioni critiche (paura di perdere informazioni strategiche). 2.Information spillovers Gli spill over negativi si possono proteggere ad esempio con la proprietà intellettuale. Ci sono delle formule contrattuali che proteggono ulteriormente dallo sviluppo di brevetti/versioni migliori partendo dalla propria conoscenza. Un altro problema è il paradosso dell’informazione: l’oggetto dello scambio è un’informazione (per svolgere un lavoro devo darti una info), l’altra parte prima di aderire al contratto vuole sapere PRIMA l’informazione, io non voglio rivelarla l’info senza avere certezza che l’altro aderisca (una volta che l’info è rivelata l’altra parte invece di fare uno scambio di mercato si appropria dei miei investimenti); il mercato non funziona sempre in maniera efficiente, e questo è un esempio di inefficienza. L’impresa allora svolge internamente piuttosto che sostenere questo rischio. 3.Transaction cost Per costi di transazione si intendono quei costi necessari per scambiare beni sul mercato, sono costi che si aggiungono al prezzo di scambio. Sono questi costi che un’impresa sostiene per acquisire info sul bene che sta per acquistare, sono costi che non rientrano nel prezzo di acquisto ma si aggiungono a questo. Il costo di transazione può dipendere dalla due diligence e anche dall’opportunismo: l’impresa quando usa il buy affronta un problema di opportunismo sia di chi lavora in nome e per conto di un ‘impresa (internamente) ma soprattutto di chi c’è all’esterno. Sono costi significativi in particolare per 2 elementi: - Incompletezza contrattuale : tutte le volte che stipuliamo un contratto possiamo trovarci di fronte a degli elementi, dopo aver stipulato, che prima di firmare non potevamo prevedere. I contratti sono incompleti per 3 motivi (è difficile inserire tutte le clausole possibili): o Razionalità limitata: le info sul futuro sono limitate o Asimmetria informativa: se stipulo un contratto io so determinate cose l’altro altrettanto; il fornitore che ha determinate info potrebbe promettermi qualità che non può darmi; l’asimmetria mi impedisce di distinguere tra fatti oggettivamente verificati (cause di forza maggiore) che non dipendono dall’altra parte e il comportamento inefficiente dell’altro. Non posso controllare il suo comportamento. Si verificano problemi di moral hazard: l’altro non si comporta in maniera ottimale, azione nascosta (non posso vedere il suo comportamento, hidden actions) e quindi non posso distinguere il suo comportamento da cause che non dipendono da lui. Ex ante questo problema di asimmetria può creare la rinuncia al contratto (evito il problema di rivolgermi esternamente e faccio internamente). o Complessità: i problemi aumentano quando l’oggetto dello scambio di un contratto è un’attività/prodotto/servizio semplice piuttosto che qualcosa di complesso/che richiede un’interazione continua nel tempo. La legge dei contratti prevede degli standard: per ridurre la complessità contrattuale la legge ha sviluppato dei modelli (franchising, licensing ecc…) che standardizzano determinati scambi di mercato all’interno di categorie ben precise. Per quanto tuttavia utilizzo un 2contratto tipo” non può comunque comprendere tutto. - Investimento fatto dalle parti : per effettuare una transazione una parte, l’altra o entrambe, devono sostenere degli investimenti ad hoc per la transazione e che una volta effettuati danno luogo a dei costi fissi non recuperabili e non utilizzabili per altri contratti (es. io ENI costruisco un gas dotto, non posso smontarli, è un investimento che da luogo ad un investimento non recuperabili, se il contratto si interrompe l’investimento non posso recuperarlo, è un costo affondato). Se devo investire in un paese (es. faccio un impianto in un paese) per poter interagire con un produttore locale che mi è utile nel mio business faccio un investimento specifico o Plant location: localizzazione degli impianti spesso comporta investimenti non recuperabili; o Dedicated plants and machinery: il problema di specificità potrebbe non essere legato alla localizzazione; o Human capitale specifity: specificità del capitale umano, per offrire un determinato prodotto in un paese non solo faccio una localizzazione d’impianto ma mi occupo anche della formazione del personale in quel paese; quel personale non sarà trasferibile nel caso il contratto non va bene, rientra sempre nell’ambito in un investimento specifico. L’elevata specificità dell’investimento rappresenta una barriera all’uscita da una transazione. Una volta fatto l’investimento, affondati i costi, è come avere le mani legati, si è vincolati alla transazione. Chi fa l’investimento specifico può avere una rendita dalla transazione. Il contratto è spesso incompleto. Una parte fa investimenti specifici e l’altra no: quella che non li fa può ricattare l’altra parte (io rompendo il contratto non sopporto costi/perdite grandi come l’altra parte che ha effettuato gli investimenti). La conseguenza di questo è che ex-post c’è un tentativo continuo di una delle due parti di rinegoziare le condizioni contrattuali. Nel lungo termine questo crea sfiducia reciproca. Più la durata di investimenti specifici è lunga più diventa ricattabile diventa la parte che li ha sostenuti. Ex-ante (prima del contratto) la parte che sa che dovrà sostenere investimenti specifici cercherà di non sostenerli questi investimenti sapendo che potrà essere sotto ricatto: cercherà di investire il minimo. La parte che dovrebbe sostenere i costi non ha incentivi adeguati a fare l’investimento perché sa che in futuro sarà ricattabile. L’incentivo debole a fare investimenti porterà ad un risultato negativo. Il contratto viene stipulato, il fornitore mi fornisce qualcosa di alta qualità e io sono disposto a pagare per il valore che mi aggiunge al mio prodotto, però io so anche che l’altra parte non ha incentivi adeguati a creare la qualità che mi sta promettendo (se lo facesse sarebbe risultati diversi nel riso e nel caco (il Gana è più produttivo nel cacao, con la stessa quantità che dà il riso ha un output maggiore). Stessa cosa per la Corea del Sud la quale produce 2,5tn di cacao e 10tn di riso. La produzione tot di cacao, senza scambi, è pari a 10tn+2,5tn=12,5. Per il riso invece 15tn. Supponiamo ora che i paesi si specializzino in base ai propri vantaggi assoluti: il paese ha una produttiva maggiore in un bene, rispetto all’altro paese (e all’altro bene). Il Gana ha una maggiore produttività nel cacao e la Corea nel riso. Un paese è in assoluto più produttivo in un bene rispetto all’altro, però nessuno dei due paesi è più produttivo dell’altro nella produzione di entrambi in bene. È per questo che in questo contesto i paesi si specializzano totalmente in base alla produttività. Il Gana produce 20tn di cacao e può rinunciarne a 6tn che possono essere esportate a vantaggio delle Corea (che di conseguenza le importa), assumiamo per semplicità che 6tn valgono 6tn di riso (parità fissa 1:1). La corea del sud produce 20tn di riso e rinuncia a consumarne 6tn che verranno esportate in Gana. Quanto guadagnano i consumatori di entrambi i paesi? Prima del commercio estero i paesi erano totalmente autartici: il consumatore del Gana aveva a disposizione 10tn di cacao, dopo l’apertura al commercio estero può consumare 14tn quindi ha guadagnato 4tn. Stesso ragionamento per il riso. Dal commercio estero guadagnano tutti i consumatori di entrambi i paesi, avranno entrambi una maggiore quantità disponibile dei beni. I consumatori possono accedere una varietà di beni più ampia con l’apertura al commercio estero. Dal vantaggio assoluto al vantaggio comparato Questo principio viene introdotto da Ricardo: c’è un vantaggio assoluto nella produzione di tutti i beni; essendo il paese più produttivo in tutto, si specializzerà in quei beni in cui ha una produttività maggiore. La dotazione di risorse per i paesi è uguali (la dotazione fattoriale non cambia) ma rispetto al caso di prima cambia la produttività assoluta relativa. La corea del sud ha bisogno per produrre la stessa quantità di output cacao di 4 volte l’input utilizzato dal Ghana (40 vs 10), anche per il riso il Ghana usa meno input della corea del sud. In un’economia chiusa esaurendo tutte le 200 risorse il Ghana ne usa 100 per ottenere 10tn di cacao e 100 per 7,5tn di riso. La Corea del Sud produce 2,5tn di cacao (con 100 unità) e 5tn di riso con le altre 100 unità. La produzione riflette la diversa produttività. Se i due paesi si specializzano può accadere che: la Corea fa solo riso e il Ghana fa soprattutto cacao ma pure un po’ di riso. Con il commercio estero i due paesi si scambiano 4tn di cacao vs 4tn di riso. Il Ghana produce 15 (non è totalmente specializzato nella produzione id cacao), 11 le offre al consumatore domestico e 4 le esporta. La Corea produce 10tn di riso di cui 6 rimangono a beneficio nel paese e 4 a beneficio del Ghana. I consumatori del Ghana consumeranno 7,75 unità di riso (4 che è esportato dalla Corea (quindi importato dalla corea) + 3,75 prodotte dal Ghana). Rispetto al consumo iniziale di cacao senza commercio, con il commercio estero il Ghana consuma +1, mentre la Corea consuma +1,5 (4-2,5). Per il riso il Ghana consuma +0,75 in più, la Corea +1. Pur avendo la Corea una certa produttività, grazie a questa maggiore produttività, può produrre una maggiore quantità e consumarne più, e inoltre consumare più cacao. Entrambi i paesi in una logica di avantaggi comparati possono godere della maggior apertura internazionale: dimostra che il commercio estero non è un gioco a somma zero dove uno vince e uno perde, è un gioco a somma positiva dove entrambi i partecipanti guadagnano dall’apertura internazionale. In una logica dinamica la produttività non rimane sempre uguale e il commercio estero può favorire l’aumento della stessa: oltre ad acquisire beni si possono assumere tecnologie, lavoro, capitali. Grazie al commercio estero posso aumentare la produzione specializzandomi in un bene e se ci sono economie di scala diventare ancora più produttivo. Le risorse che libero nel settore nel quale ho un vantaggio comparato posso utilizzarle diversamente aumentando a sua volta la produttività. Ragionando in un’ottica di frontiera delle capacità produttive se voglio produrre a più unità di un bene devo rinunciare alla produzione di un altro bene. Il costo opportunità è la rinuncia alla produzione dell’altro bene. Grazie al commercio estero la frontiera si sposta verso dx, a parità di risorse impiegate. Con il commercio estero, l’apertura, si allenta il vincolo sulla frontiera della possibilità produttive. Ci sono state delle critiche: il commercio estero porta anche a degli svantaggi, con la delocalizzazione nei paesi “poveri” accade un effetto di ritorno sui salari, con l’apertura dei mercati anche il lavoro diventa un fattore produttivo mobile e i flussi da USA ad altri paesi fa impoverire il paese. La risposta è il protezionismo che impediscono i flussi. La variante neoclassica della teoria dei vantaggi comparati è quella avanzata da Eli Heckscher (1919) and Bertil Ohlin (1933). La differenzia sostanziale con i classici è che non è tanto la differente produttività, la dotazione, la frontiera è uguale per entrambi perché la tecnologia, i rendimenti di scala sono costanti (non c’è apprendimento e non ci sono economie di scala), e la scala di apprendimento è simile, la mobilità dei prodotti è totale ma i fattori produttivi di lavoro e capitale non sono mobili, serve a capire cosa succede quando la dotazione di fattori è diversa serve a capire come si specializzano nel commercio estero. Un paese tenderà a specializzarsi nella produzione un bene che richiede una quantità maggiore di un input di cui un paese ha un’abbondanza relativa: esporterà i beni la cui produzione richiede un fattore di cui è dotato in abbondanza. Il paese importa quei beni per cui la produzione impiega risorse che in quel paese sono scarse. I paesi si specializzano nella produzione di beni per cui hanno una maggiore disponibilità di risorse. Se questo è vero come mai gli USA esportano beni che hanno una produzione basata principalmente sul lavoro e non sul capitale? (ad alta intensità di lavoro). Questo “paradosso” è stato risolto con studi (Leontief) considerano il lavoro come un fattore omogeneo: è vero che esportano molti beni con lavoro molto qualificato e quindi il modello degli USA è coerente con il modello di Heckscher-Ohlin. Gli USA sono stati molto studiati, soprattutto nel secondo dopo guerra, è un paese con una domanda domestica più sofisticata e grande, da qui parte il modello della teoria del ciclo di vita: questa teoria parte dal fatto che i flussi sono regolati dal ciclo di vita dell’industria, quest’ultima detta i tempi i flussi di commercio estero tra paesi e li detta con la figura seguente: in questa figura prendiamo un nuovo prodotto (fase di novità), che entra poi nella fase di maturità per poi declinare. Con l’avanzare del ciclo di vita avvengono due cose: - La tecnologia si diffonde inizialmente solo negli USA si sanno fare certe cose, con il tempo gli altri paesi follower imitando gli USA (la loro tecnologia) imparano; la tecnologia non è uguale per tutti, nasce in un paese e poi si diffonde - Gap nella domanda: il paese leader è più ricco con una domanda più sofisticata e non è un caso che in quel paese nascano paesi sempre più sofisticati che saranno consumati in altri paesi e mercati; inizialmente il mercato per i prodotti nuovi è piccolo e concentrato nel paese leader. Inizialmente le 2 variabili sono export e import. Le imprese del paese leader (USA) produrranno nel proprio paese in misura crescente e consumeranno una parte. La differenza tra produzione è consumo è l’export. Questa differenza raggiunge il max nella fase di maturità. Man mano che il ciclo matura le imprese USA producono meno del prodotto ma continueranno a consumarlo, se consumo più di quanto produco (produzione – consumo) allora interviene l’import. I paesi follower (europei) seguono gli USA (paese leader) dove produrranno in America. Man mano che la domanda locale del bene cresce succede che le imprese USA producono fuori, la produzione cresce il consumo cresce fino al punto in cui la produzione supera il consumo locale. Quando il prodotto matura gli stati follower consumano con un tasso via via decrescente ma producono più di quello che consumano: questo perché producono beni per mercati arretrati e per il mercato leader (es. produzione pc). Man mano che il prodotto matura i produttori locali (europei) producono per il mercato locale e per l’estero (estero = flussi di ritorno). Nei paesi in via di sviluppo inizialmente consumano poco e non produrranno nulla fin quando il paese non si attrezza e impara a produrre. Il paese in via di sviluppo continua ad importare. I flussi di import export (la bilancia commerciale) cambiano il ciclo di vita dei prodotti. Questo spiega alcuni andamenti del ciclo a partire dai gap tra i paesi: gap della domanda e gap delle tecnologie. Un’impresa deve sapere del prodotto su cui investe in quale fase di vita si trova. La teoria del commercio estero rimane abbastanza valida in certi casi ma in alcuni prodotti o industrie non è più valida perché c’è un’inversione del ciclo di vita. Questo accade perché le fonti di conoscenza sono sempre più diffuse, la rapidità della diffusione dei consumi e stili di vita quindi i gap e rallentamenti si riducono sempre meno riducendo così i vantaggi. Questo spiega perché alcuni prodotti nuovi vengono lanciati in mercati diversi. I flussi di commercio descritti dal ciclo di vita del prodotto non sono sempre quelli previsti nella realtà. La nuova teoria del commercio può spiegare i fenomeni in contrasto con la teoria dei vantaggi comparati che con la stessa teoria del ciclo di vita. I pilastri della New Trade Theory sono 2: - La presenza di economie di scala: nel modello di H-O si presumono economie costanti e non si gode di economie di scala, i vantaggi vengono solo dall’abbondanza di fattori produttivi. Qui si teorizzano i rendimenti crescenti. Il modello di H-O è poco realistico che vale in astratto in settori dove grazie a rendimenti di scala costanti si tende alla concorrenza. Con le economie di scala creano vantaggi che si autoalimentano nel tempo. - Economie di agglomerazione geografica: derivano dalla presenza nella stessa area di altre imprese (si pensi al distretto industriale). Ci sono conoscenze molte volte tacite. Ci sono esternalità positive che derivano dallo co-localizzazione. Quando questi due eventi si verificano non c’è necessità che ci sia vantaggio comparato e nemmeno che ci sia abbondanza di fattori, sono più importanti altri fattori. Economie di scala Vantaggio proveniente dal produrre in grande quantità un certo bene. Se la produzione è caratterizzata da queste economie un’impresa abbatte i costi di produzione e, grazie all’efficienza, può offrire il bene a prezzi più bassi. Se le economie sono chiuse i consumatori domestici non avranno un prodotto con grandi scale. L’apertura permette di offrire lo stesso bene ad un mercato più ampio sfruttando le economie di scala: lo stesso consumatore domestico gode di una maggiore varietà di prodotti. Perché un paese si specializza? In quel paese, anche per fatti accidentali, un’impresa avendo un mercato ampio diventa sempre più competitiva e gode del vantaggio del first mover: avendo le economie di scala i costi medi si riducono all’aumentare delle quantità e il suo vantaggio difficilmente può essere messo in discussione da altre imprese localizzate in altri paesi. Economies of scale and first-move advantage -Automobiles -OS: MS spent over $5bn to develop Windows and reached over 250m installed base in few years -Commercial aerospace industry (VLS jet engines) ◦ Super-jumbo jet engines: MES=250 ca., global demand=400-600 units ◦ Room for only 1 firm in the market Non c’è spazio per molti concorrenti, c’è spazio solo per chi riesce a sfruttare le economie di scala, aumenta la concentrazione ma dove ci si concentra? Dove ci sono gli impianti più efficienti. Spiegare la concentrazione geografica di alcune attività economiche: ad es Silicon Valley, la teoria del perché c’è stata proprio lì la concentrazione è nata per caso, non c’erano veramente vantaggi comparati o fattori abbondanti. Se all’inizio la fortuna può spiegare la localizzazione in una certa zona, dopo scattano le economie di scala e l’area diventa una zona di specializzazione mondiale, e una volta che partono le economie di scala c’è di conseguenza l’agglomerazione geografica (che rafforzano le economie di scala). Contrariamente dalla teoria dei vantaggi comparati che si parte da un vantaggio già creato in questo caso non si hanno fattori non si hanno vantaggi comparati. La nuova teoria del commercio estero spiega l’origine dei vantaggi comparati: questi non sono naturali e a priori, possono essere creati da fattori accidentali, da una politica industriale lungimirante o politiche industriali restrittive Il diamante di Porter non è altro che l’insieme delle varie teorie del commercio, si cerca di spiegare perché una regione/un cluster si specializza in una produzione anziché in un’altra. Ci sono 4 attributi: - La dotazione: se c’è una dotazione fattoriale questo può spiegare la concentrazione di industrie. Queste risorse possono essere naturali o derivate (capitale umano e tecnologie) - Condizioni di domanda: sono fondamentali nella teoria del ciclo di vita; il prodotto nuovo esportato nasce nel paese dove c’è la domanda di quel prodotto (e non dove la domanda del prodotto non è ancora emerso); questo può spiegare perché quel paese si specializza nella produzione di un determinato prodotto. - Industrie collegate al business in questione: laddove si concentra una certa attività produttiva (es. tessile) si concentrano altre industrie di supporto a questi business (es. i produttori di telai). Quest’insieme crea locali per essere più competitive. Le multinazionali quando entrano in un pese, a carte condizioni, sviluppa 2 tipi di legami: - A monte con i fornitori locali: essendoci un grande cliente migliora la condizione economica dei fornitori domestici - A valle dovuti dal fatto che altre imprese, multinazionali, trovano conveniente localizzarsi nella stessa area per 2 motivi: (1) o per fornire la stessa impresa o (2) per fare concorrenza. Questi link si sviluppano se il divario (gap) tra paese di origine e paese ospite non è troppo grande: c’è una soglia critica, il gap deve esserci altrimenti non ha senso localizzarsi lì, ma se il gap è troppo grande non ha senso. Quando il gap non è troppo grande allora questi link si sviluppano. Il lato negativo per il paese ospite è che se da un lato si stimola la concorrenza locale dall’altro si può spiazzare la concorrenza locale (Crowding-out effects) con effetti negativi sullo sviluppo. Altro fattore è che se nella bilancia dei pagamenti il saldo è più positivo per la diminuzione dell’import la bilancia ha anche il lato dei capitali. Quando abbiamo a che fare con multinazionali la cui presenza è talmente forte in certi settori il loro potere contrattuale è forte. Quali sono i costi degli FDI nel paese ospitante? Gli investimenti diretti esteri diretti hanno tre costi principali: 1. Effetti negativi degli FDI sulla concorrenza all'interno della nazione ospitante ◦ le consociate di multinazionali straniere possono avere un potere di mercato maggiore rispetto ai concorrenti nazionali perché possono far parte di una più grande organizzazione internazionale 2. Effetti di crowding-out: i nuovi posti di lavoro creati dalle multinazionali compensano la perdita di posti di lavoro iniziale? 3. Effetti negativi sulla bilancia dei pagamenti ◦ quando una consociata estera importa un numero considerevole di suoi input dall'estero, c'è un debito sul conto corrente della bilancia dei pagamenti del paese ospitante 4. Effetti strategici negativi (una società straniera potrebbe voler acquisire una società nazionale per eliminare un concorrente) 5. Perdita percepita della sovranità e dell'autonomia nazionali ◦ le decisioni che riguardano il paese ospitante saranno prese da un genitore straniero che non ha alcun reale impegno nei confronti del paese ospitante e su cui il governo del paese ospitante non ha alcun controllo reale I vantaggi degli FDI per il paese di origine comprendono 1. L'effetto sul conto del capitale della bilancia dei pagamenti del paese di origine derivante dal flusso interno di entrate estere (utili netti, royalties ...) 2. Gli effetti sull'occupazione che derivano dagli IDE esteriori (ad esempio gli IDE di Toyota in componenti di importazione UE dal Giappone) 3. I vantaggi derivanti dall'apprendimento di preziose competenze dai mercati esteri che possono essere successivamente trasferiti nel paese di origine La bilancia dei pagamenti del paese di origine può risentirne ◦ dal deflusso iniziale di capitali necessario per finanziare gli IDE ◦ se lo scopo degli IDE è di servire il mercato interno da una sede di lavoro a basso costo ◦ se gli IDE sostituiscono le esportazioni dirette Ci sono dei costi per il paese d’origine dove i più ovvi sono gli outflow per la costruzione di impianti in nuovi paesi (anche se poi i profitti rientrano). Quindi se le cose vanno bene l’outflow sarà poi recuperato e tornerà indietro. Il legame con le istituzioni locali è fondamentale se si vuole andare all’estero perché i contraccolpi di andare fuori possono non piacere alle istituzioni locali ed è per questo che si deve dimostrare che porterà a dei benefici. Sostituendo lavoro locale con lavoro straniero si deve far capire i vantaggi che ne derivano. Quali sono i costi degli FDI nel paese di origine? 1. La bilancia dei pagamenti del paese di origine può risentirne ◦ dal deflusso iniziale di capitali necessario per finanziare gli IDE ◦ se lo scopo degli IDE è di servire il mercato interno da una sede di lavoro a basso costo ◦ se gli IDE sostituiscono le esportazioni dirette 2. Anche l'occupazione può essere influenzata negativamente se gli IDE sostituiscono la produzione interna  Ma la teoria del commercio internazionale suggerisce che le preoccupazioni del paese d'origine relative agli effetti economici negativi della produzione offshore (IDE intrapresi per servire il mercato interno) potrebbero non essere valide  L'offshoring può stimolare la crescita economica e l'occupazione nel paese di origine liberando risorse per specializzarsi in attività in cui il paese di origine presenta un vantaggio comparato In che modo il governo influenza gli FDI? I governi possono incoraggiare gli FDI esteriori: ◦ programmi assicurativi sostenuti dal governo per coprire i principali tipi di rischio di investimento estero I governi possono limitare gli FDI esteri: ◦ limitare i deflussi di capitali, manipolare le norme fiscali o vietare totalmente gli FDI Un altro modo affinchè gli Stati favoriscano i flussi in uscita degli investimenti (es. Cassa Deposito e Prestiti), assicurano le imprese che vanno all’estero contro una serie di rischi, alcune sono operazioni di garanzia su debiti contratti all’estero. Governi possono incoraggiare gli FDI interni: ◦ offrire incentivi alle imprese straniere per investire nei loro paesi ◦ trarre vantaggio dagli effetti sul trasferimento di risorse e sull'occupazione degli FDI e catturare gli FDI lontano da altri potenziali paesi ospitanti. I governi possono limitare gli FDI interni: ◦ utilizzare restrizioni di proprietà e requisiti di prestazione ◦ Esempio: FDI di protezione cinese (IJV forzato) nell'era post-OMC per le "industrie strategiche" (automobili, acciaio). In che modo le istituzioni internazionali influenzano gli FDI? Fino agli anni '90 non vi era un coinvolgimento coerente delle istituzioni multinazionali nel governo degli FDI. Oggi, l'Organizzazione mondiale del commercio sta cambiando questo, cercando di stabilire un insieme universale di regole volte a promuovere la liberalizzazione degli FDI. Che cosa significano gli FDI per i dirigenti? I manager devono considerare cosa implica la teoria commerciale degli FDI e il legame tra la politica del governo e gli FDI. La direzione degli FDI può essere spiegata attraverso argomento vantaggi posizione specifica ◦ tuttavia, non spiega perché gli FDI siano preferibili all'esportazione o alle licenze ◦ dobbiamo considerare la teoria dell'internalizzazione I manager devono capire se ci sono vantaggi comparati, da dove vengono e come si formano. Bisogna capire quando fare FDI, esportare o fare alleanze, riguardo l’efficienza dei beni intermedi; se è imperfetto si tende a fare FDI (è più conveniente) per evitare l’effetto negativo dei costi di transazione tipici delle situazioni in cui si va all’estero con l’esportazione (es. devo avere fiducia del distributore locale e ho il costo di controllarlo, questo costo si riduce creando una filiare nel paese). Va considerata la teoria dell’internalizzazione dei processi. L’impresa può compiere diverse scelte, quando decide di entrare si fa una serie di domande: quanto incido le tariffe all’esportazione sul costo di produzione, quando sono grandi i costi di trasporto ecc…, se l’incidenza è bassa conviene l’export. Se è vero il contrario allora ci si chiede se fare un FDI: il know che si possiede si può gestire facilmente con un accordo di licenza con un’impresa locale oppure si teme uno spill-over? Nel primo caso di procede con licenze e nel secondo con un FDI vero e proprio. Queste sono le tipiche scelte nel caso di penetrazione di mercato estero. Fatta la scelta di voler operare in più paesi va delineata una strategia. SI va all’estero perché il mercato domestico vede una saturazione della domanda, non cresce, si possono sfruttare delle economie solo nel paese in cui si vuole andare (per la concentrazione di capitale umano, incentivi pubblici, imprese complementari…). Si riducono i costi attingendo in paesi diversi per le varie parti della catena del valore. Posso raggiungere i vantaggi delle economie di scala e la curva d’esperienza ampliando la produzione e questo è possibile ampliandosi all’estero. All’aumentare dell’output cumulato nel tempo diminuiscono i costi unitari. Nelle economie di apprendimento abbiamo la variabile tempo: con il passare del tempo produco quantità maggiori e imparo a produrre meglio. Nelle economie di scala il tempo entra come variabile sul piano logico e non sul piano reale come nelle economie di apprendimento. Come si verifica l’aumento di profitti attraverso l’internazionalizzazione: 1. Espandere il mercato ◦ vendere nei mercati internazionali 2. Economie di localizzazione ◦ allocare attività di creazione di valore in località 3. Realizzare maggiori economie di costo dagli effetti dell'esperienza ◦ servire un mercato globale espanso da una posizione centrale 4. Guadagna un ritorno maggiore ◦ sfruttare le capacità sviluppate in operazioni estere e trasferirle altrove nell'azienda Le imprese possono aumentare la crescita vendendo beni o servizi sviluppati a livello internazionale Il successo delle aziende che si espandono a livello internazionale dipende da (1) i beni o servizi venduti, (2) le competenze chiave dell'azienda. Competenze chiave - abilità all'interno dell'azienda che i concorrenti non possono facilmente eguagliare o imitare - possono esistere in qualsiasi attività di creazione di valore. Le competenze chiave consentono alle aziende di ridurre i costi di creazione del valore e / o di creare valore percepito in modo che sia possibile stabilire prezzi premium. Le economie di posizione sono economie che derivano dallo svolgimento di un'attività di creazione di valore nella posizione ottimale per tale attività. Raggiungendo le economie di localizzazione, le imprese possono: - ridurre i costi di creazione di valore - differenziare la propria offerta di prodotti Le aziende che sfruttano le economie di localizzazione in diverse parti del mondo, creano una rete globale di attività di creazione di valore. Diverse fasi della catena del valore sono disperse in posizioni in cui il valore percepito è massimizzato o in cui i costi di creazione del valore sono ridotti al minimo. Quando si va in un paese straniero devo capire gli incentivi più adeguati per avere il max di disponibilità delle maestranze locali e capire in che modo quello che viene trasferito da una part all’altra abbia una efficacia tangibile: può capire che la filiare impara conoscenza che non trasferisce. Allora le multinazionali mettono insieme dei sistemi che favoriscono il trasferimento delle conoscenze e lo scambio di skills tra filiali per evitare gap tra le varie unità. L’impresa deve affrontare 2 tipi di pressioni: 1. Sui costi: la porta a localizzare in paesi dove può minimizzarli. Questa limita le scelte localizzative 2. Sulla domanda locale: la spinge a differenziarsi da un paese all’altro. Queste pressioni possono aumentare i costi → limitare le economie di scala e gli effetti dell'esperienza a livello di impianto Le imprese che scelgono di avere una presenza, con un FDI, all’estero, devono posizionarsi dal punto di vista strategico scegliendo di essere maggior mente responsive alle richieste di localizzazione dei propri prodotti (adattarli al contesto in cui ci si localizza, l’impresa è presente in un mercato con un’offerta ad hoc per quel mercato), la richiesta di prodotti in un paese ospite o meglio, la pressione che l’impresa riceve per adattarla al mercato, può essere alta o bassa. La pressione per adattare il prodotto può essere alta o bassa. La pressione per la riduzione di costi può essere bassa (se le economie di scala ad esempio non sono rilevanti quindi non ho pressione sui volumi), o alta (quando i volumi pressano i costi medi si abbatterebbero di molto). L’impresa po’ scegliere dove posizionarsi considerando queste 2 forze. Le pressioni per la riduzione dei costi sono maggiori: 1. Nelle industrie che producono prodotti di tipo merceologico in cui il prezzo è l'arma competitiva principale 2. Quando i principali concorrenti hanno sede in località a basso costo 3. In caso di persistente capacità in eccesso: tipico ad esempio quando l’investimento è alto e non riusciamo a recuperare una parte dei costi fissi quindi si spinge sui volumi, si aumenta la capacità produttiva, ma questo non è sempre possibile (emerge soprattutto con domanda debole); 4. Dove i consumatori sono potenti e affrontano bassi costi di commutazione Le pressioni per la reattività locale (adattamento del prodotto) sono più forti in queste condizioni: 1. Differenze nei gusti e nelle preferenze dei consumatori tra i paesi un’innovazione che deriva da combinazione da attività/processi già esistenti che può creare effetti di mercato (nuova posizione monopolista fin quando non subentra l’imitazione, oppure rompere un monopolio esistente). L’imprenditore si assume un rischio connaturato al tipo di attività svolta, è l’innovatore, colui che introduce una distruzione creatrice di valore. Secondo Henderson e Clark, per le innovazioni di prodotto si possono classificare in 4 tipi: - Radicali - Incrementali - Modulari - Architetturali Ogni prodotto si caratterizza per 2 elementi/dimensioni: (1) architettura del prodotto (2) i concetti alla base dei singoli componenti (c’è un progetto DEL PRODOTTO definito dall’architettura ma al di sotto c’è una logica delle singole componenti). L’architettura definisce legami tra le componenti chiave del prodotto. I componenti vengono assemblati tra loro per produrre un risultato, le componenti possono essere le stesse per più prodotto ma i legami/l’assemblaggio in modo differente rende diversa l’architettura del prodotto. In base a cosa cambia tra queste due dimensioni in un nuovo prodotto questo porta alla classificazione del prodotto (dell’innovazione) in: - Innovazione incrementale: Cambia marginalmente le caratteristiche complessive di un prodotto e l’architettura. L’architettura non cambia e si cambia poco la componente - Innovazione radicale: se si cambia sia l’architettura che la tecnologia sottostante ai singoli core components (es. cambio il tipo di motore (da diesel ad elettrico) e la carrozzeria di una macchina. - Innovazione architetturale: Riconfigurare i legami logici e fisici tra componenti mentre tutti i concetti chiave rimangono inalterati; - Innovazione modulare: A parità di architettura cambio solo i componenti chiavi. L’innovazione da dove si origina? Dalle imprese consolidate (firm) quindi le grandi imprese che innovano, da individui isolati e/o da progetti finanziati dallo Stato. Chi investe è probabile che non riesca ad appropriarsi del beneficio dell’innovazione creata: escludere altri da ciò che si crea è sempre molto difficile. Per correggere la carenza di incentivi privati interviene lo Stato che può (1) offrire una protezione legale (brevetti, copyright…), (2) la ricerca su una malattia rara, ad esempio, non ci sono tutele legali che spingono a fare investimento in quella tecnologia (ho pochi casi di quella malattia) allora viene resa pubblica/statale. Le fonti dell’innovazione: - Fonti esterne: Altre imprese (34%) Centri di ricerca pubblici (7%) - Grandi differenze tra i settori. La fonte cambia dal settore in cui si pone -> I concorrenti e i fornitori di MP e attrezzature sono loro stessi fonti dell’innovazione. - Fonti interne: produzione / funzioni di ricerca e sviluppo (circa il 59% dei casi). Dall’interno si possono assorbire delle idee che derivano dalla creatività dei dipendenti. Un’idea nuova nasce dalla necessità alla risoluzione di un bisogno. Le persone creative vanno catturate e coltivate per la crescita dell’impresa. CI sono 3 componenti che danno creatività: 1. Conoscenza – expertise, che può essere appresa; 2. Mentalità – mind set, attitudine di tipo creativo che non può essere appresa ma è innata. Qui risiede la motivazione; 3. Pensiero creativo Tratti di personalità di individui creativi: ◦ Competenza: ◦ conoscenza, competenza tecnica, talento Competenza e creatività: una relazione non lineare “All'inizio della Seconda guerra mondiale, R. R. Williams di Bell Labs venne a Cornell per cercare di interessarmi nel campo dei polimeri. Gli ho detto: "Non so nulla dei polimeri. Non ho mai pensato a loro. "E la sua risposta fu:" Ecco perché ti vogliamo. "(Peter Debye, chimico vincitore del premio Nobel). Creatività individuale Pensiero creativo: - Autoefficacia (fiducia nelle proprie capacità) - Mancanza di preoccupazione per l'approvazione sociale - Tolleranza per l'ambiguità - Disponibilità ad assumersi la responsabilità delle decisioni che comportano rischi ragionevoli - Capacità di identificare / selezionare idee promettenti Capacità di spiegare, motivare gli altri Motivazione Un individuo è motivato verso un’attività in base alle sue preferenze v/l’attività e la preferenza è differente da individuo a individuo. Motivazioni estrinseche: preferenza per i benefici offerti da entità esterne - mkt o datore di lavoro: benefici monetari (reddito, finanziamenti per la ricerca), riconoscimento, feedback. Motivazioni intrinseche: preferenza per benefici interni, non pecuniari (ad es. Sfida intellettuale, curiosità) Le motivazioni intrinseche derivano dall'interazione tra l'ambiente dell'attività (caratteristiche specifiche dell'attività) e i benefici specifici dell'individuo (interesse per l'attività). Questi soggetti traggono quindi beneficio, ed assegnano un’utilità elevata dall’interazione tra l’ambiente in cui operano e l’interesse interno dell’individuo. ◦ il controllo delle motivazioni estrinseche (ad es. Basate sulle prestazioni misurate da un istruttore o da un superiore) non è positivo per la creatività ◦ Motivazioni intrinseche e motivazioni informative o abilitanti estrinseche (ad es. Riconoscimento, feedback) possono influenzare congiuntamente la creatività. Le enabling portano un individuo intrinsecamente motivato a lavorare meglio (es. con i feedback). Tratti individuali degli inventori più prolifici ◦ Non sono specializzati in un campo; invece, esplorano diversi campi - vedi la teoria dell'imprenditoria di Jack-for-all- trade (Lazear, 2004); ◦ Sono generalisti, interessati a soluzioni globali piuttosto che a soluzioni locali; ◦ Esaminano i problemi in modi non convenzionali e contestano ipotesi / modelli esistenti; ◦ Sono guidati dalla curiosità Motivazioni e innovazione Motivazione => sforzo: misura in cui coinvolgi la tua esperienza e capacità creative (Deci & Ryan, 1985; Frey & Jegen, 2001; Amabile, 1996; George, 2007) Condizionati allo sforzo, le motivazioni intrinseche hanno un impatto maggiore sull'innovatività Prova: produttività brevettuale di scienziati e ingegneri statunitensi (Sauerman & Cohen 2008) Creatività e innovazione: l'ambiente organizzativo - Support sostegno finanziario, incentivi monetari e non pecuniari (ad es. Autonomia) - Creatività organizzativa ≠ sommatoria(creatività individuale) - La pura creatività non è sufficiente ... le nuove idee devono essere utili per un'azienda - Routines, risorse organizzative e cultura sono importanti - Come gestiscono le imprese il compromesso tra creatività e focalizzazione limitata delle risorse? - Theory Teoria comparativa della creatività e dell'innovazione organizzativa: risorse, motivazione organizzativa (incentivi), pratiche di gestione L’impresa seve intercettare le caratteristiche di creatività individuale fornendo un supporto organizzativo che motivi e faccia emergere questi individui. La motivazione in senso stretto è sì un aspetto soggettivo dell’individuo, ma l’organizzazione deve intercettare le motivazioni individuali tramite incentivi. L’incentivo può essere monetario (per individuo motivati estrinsecamente) e non monetari/manageriali (per individui motivati intrinsecamente). È importante che le stretture organizzative forniscono gli incentivi giusti agli individui giusti. Teoria componente della creatività organizzativa e dell'innovazione Risorse: R&S -> dalla prima esplorazione di un dominio a specifiche implementazioni commerciali. (1) Ricerca ◦ Ricerca di base: migliorare le conoscenze su determinati argomenti o campi senza un'applicazione commerciale immediata. ◦ Ricerca applicata: migliorare le conoscenze su determinati argomenti o campi allo scopo di soddisfare esigenze specifiche. (2) Sviluppo: ◦ applicare le conoscenze per creare dispositivi, processi o materiali utili. Motivazione organizzativa (incentivi): valore attribuito alla creatività, propensione al rischio, approccio proattivo al cambiamento ambientale, apertura / comunicazione, ricompensa / riconoscimento della creatività, valutazione equa del lavoro Pratiche di gestione: libertà / autonomia, pianificazione / feedback chiari, diversità delle competenze Abbina le persone con motivazioni date a compiti e incentivi adeguati. Massimizzare gli aspetti intrinsecamente motivanti. L’impresa deve concedere spazi per la creatività ma dall’altra deve proteggersi dal rischio che l’investimento in creatività crei spill over a vantaggio di qualcun altro. La diffusione dell’innovazione e in che modo alcune tecnologie caratterizzate da esternalità di rete si diffondono L’impresa si trova di fronte ad uno scenario tecnologico che cambia e deve prendere delle scelte: una di queste è se entrar o meno in una nuova categoria di prodotto e se entra QUANDO entrare (essere leader e fare la prima mossa oppure aspettare). In alcuni casi si possono perdere i vantaggi del first mover. Come si diffonde una tecnologia? Studi diversi in periodi diversi su tecnologie diverse hanno mostrato una sorte di regolarità nella ripetizione degli scenari e la regolarità la vediamo in questa curva. All’inizio una tecnologia avrà pochi seguaci, man mano che l’ino si diffonde l’utilizzo diventa meno incerto e altri adottatori sceglieranno quella tecnologia e la tecnologia prenderà piede. Ci sarà l’aumento della penetrazione del mercato. Cumulativamente, la curva degli Quando una tecnologia/prodotto (supponiamo di avere 2 standard in concorrenza) si trovano nella fase iniziale non si sa quale scegliere. Quando uno standard emerge e diventa dominante conviene utilizzare quello standard a prescindere dal valore intrinseco che ha per l’individuo perché ci sono le altre due forze che spingono ad utilizzarlo. Supponiamo che avere una tecnologia esistente che crea valore per un soggetto: questa offre un valore, uguale per tutti per le sue caratteristiche, a questo si aggiunge la componente della base installata. Il valore per l’utente non deriva solo dalla funzionalità stretta ma dalla somma delle 3 componenti. Supponiamo che ora ci sia una nuova tecnologia, is hanno 2possiblità: (1) qualcosa di totalmente nuovo con un valore puramente intrinseco (qualità e prestazioni eccellenti) così grande da battere la tecnologia esistente, (2) essere più prudenti e puntare a qualcosa di sì migliore ma puntare sulla base installata e servizi complementari. Si realizza quindi un margine senza puntare senza puntare su una sola componente che implica grande incertezza e grandi investimenti. Ha valore strategico capire se si hanno tecnologie caratterizzate da grandi esternalità di rete. In mercati, nella fase fluida, in cui esistono 2 concetti alternativi non si sa quale diventerà dominante; per vari motivi una delle due prende il sopravvento fino a raggiungere una massa critica di clienti. A questo punto tutti tenderanno a dotarsi di quella tecnologia compresi che avrebbero voluto prendere un’altra con un valore intrinseco per loro più elevato. I problemi di compatibilità per tanti anni hanno determinato una scelta di standard di immagine inferiore ma che ha raggiunto una massa critica, a dispetto della preferenza assoluta per l’altro bene. È una situazione in cui le esternalità creano dominanza sul mercato. Il percorso che porta alla dominanza, elevata concentrazione, ha due fasi: 1. Fase1: uno dei due standard prende il sopravvento, acquisisce una quota di mercato molto grande e per l’altro non c’è possibilità di vincere la gara 2. Fase2: una volta raggiunta la massa critica non è più la casualità a guidare il processo di adozione (come nella fase1) ma è la logica economica in senso stresso. Fattori nonrandom quali: a. Aspettative dei consumatori: le aspettative sono favorevoli per il prodotto che ha raggiunto la massa critica. Comprando quello standard si contribuisce affinchè quello dipende dominante. Le scelte, date dalle aspettative, contribuiscono alla realizzazione dello stesso b. Switching cost c. Coordinamento: per poter determinare il vantaggio di passare dall’altra part, se devio da solo io perdo, se ci coordiniamo e lo facciamo insieme allora è fattibile. d. Preferenza per la varietà: le economie di rete sono importanti ma ci sono dei settori in cui la preferenza per la varietà è molto forte (console di videogiochi ad esempio, i gusti sono talmente differenziati che il valore intrinseco è alto) e. Chi produce uno standard accettato ne produce ancora di più, si rafforza l’effetto delle esternalità che insieme all’economie di scala si rafforzano uno con l’altro, vantaggio sempre più difficile da superare. La fortuna, eventi accidentali, possono favorire una tecnologia anziché l’altra. Tuttavia, se le imprese sono consapevoli delle esternalità di rete cosa possono fare per orientare il mercato: - Influenzare le aspettative: Vaporwave (strategic announcement and adv), annuncio il mio prodotto e condiziono il comportamento del consumatore che vuole vedere la mia versione del prodotto. Esternalità di rete con basi di clienti eterogenee Le esternalità di rete non conducono necessariamente a uno standard di mercato unico. Quando le esternalità di rete non richiedono una base installata di grandi dimensioni. Esempio: console per videogiochi: Sony Playstation, Nintendo GameCube, e Microsoft Xbox. Grandi cataloghi di videogiochi per ogni console. Network externalities and two-sided markets Le esternalità di rete sono fondamentali nei two-sided mkt: mercati dove esiste una piattaforma tipicamente online che serve a mettere insieme/favorire l’incontro tra domanda e offerta. Ciò che cambia è la tecnologia (lo scambio avviene su una piattaforma), e, mentre il mercato libero, non è di proprietà di nessuno, in questi mercati la proprietà della piattaforma (del mkt place) non è pubblica ma è privata. È di proprietà di soggetti che controllano la piattaforma, hanno sviluppato la tecnologia sottostante. La logica è che la piattaforma connette due lati del mercato. Il primo elemento di novità è la piattaforma stessa di proprietà. Il prezzo pagato è tale da avere una piattaforma tecnologicamente avanzata, efficiente, che tuteli nelle transazioni ecc… Innovazione per creare profitti: efficienza statica (data la tecnologia si riduce l’efficienza per far aumentare i prezzi) vs efficienza dinamica (incentivo privato ad innovare, il mercato sena correttivi fallisce, si deve concedere potere di mercato). La logica dietro le piattaforme È un elemento che la differenzia dal vecchio mercato. Cross-side network effects: esternalità di rete tra le due parti del mercato. Per l’uso di Google noi apparentemente non paghiamo ma gli inserzionisti pagano: l’altro lato del mercato paga per sussidiare l’altro lato del mercato che non pagano nulla per accedere al mercato. Esistono degli incentivi per cui questo accade: pensano di poter guadagnare di più se dall’altro lato la piattaforma raccoglie/attira un numero molto grande id clienti. Più cresce la base installata di clienti al più l’altra parte del mercato è incentivata a partecipare. Dal punto di vista dell’utente finale si tende ad utilizzare una piattaforma perché si crede che l’offerta si maggiore, c’è più possibilità di scelta. Quindi per i consumatori la base installata degli inserzionisti crea un’esternalità positiva. Entrambi le parti creano esternalità within e accross the mkt. Avere tanti inserzionisti crea esternalità per noi consumatori (accross rete tra fornitori da un lato e consumatori dall’altro e dentro ciascuna rete si creano esternalità). Tipicamente una parte del mercato è più sensibile al prezzo per l’uso/costo di accesso al mercato. IL consumatore non è disposto a pagare per accedere alla piattaforma. Gli inserzionisti avranno un’elasticità della domanda di accesso è più rigida per effetto delle esternalità. Questo spiega perché esiste una diversa elasticità della domanda sui due lati del mercato, e per questo il lato del mercato con una domanda più rigida (inserzionisti) rispetto alla variazione del prezzo di accesso dovrà sussidiare un’altra parte del mercato (consumatori) che trae i benefici dalla piattaforma ma non paga nulla. In alcuni mercati per accedere ai benefici il consumatore deve avere una certa dotazione (es. videogame). I produttori di servizi complementari saranno incentivati a partecipare più ci sono inserzionisti e clienti, questo crea un ecosistema nel quale operano insieme in maniera complementare produttori di beni – gestore della piattaforma – la domanda- i produttori di beni complementari. Questo meccanismo di autoalimenta nel tempo. Più cresce il mercato più il vantaggio del proprietario aumenta a scapito di piattaforme alternative. Dà un enorme vantaggio ad alcuni produttori che essendo cresciuti/avendo acquisto un grande potere di mercato in una piattaforma possono fare un è la Platform Envelopment: partendo da una piattaforma cerco di incorporare un'altra piattaforma vicino. Questo accade quando le piattaforme da cui stiamo partendo possono individuare delle piattaforme complementari o sostitutive o totalmente scollegate dalla piattaforma di partenza. Caso Google Google parte dalla sua origine di motore di ricerca; ha sviluppato tecnologie potenti per la ricerca su internet ma partendo da lì ha attaccato altre piattaforme: i sistemi operativi (Microsoft), piattaforme di e-commerce (Ebay e Yahoo), le piattaforme di browser (Modzilla, Explorer… vs Chrome). Questo tipo di strategia non è semplice. Ci sono degli switching cost da sostenere ma il così detto multi-homing sta diventando sempre più semplice (es. passaggio da un gestore all0’altro, da Yahoo a Google), attraverso gli effetti di community è molto più semplice rispetto al passato “cambiare idea”. Questo ha permesso di sfruttare esternalità di rete come per attori come Google. La strategia giocata da Google è quella di aver fatto un inviluppo di quelle che erano delle piattaforme prima indipendenti/scollegata dalla propria piattaforma inziale: è una strategia di diversificazione che ha funzionato grazie alle esternalità di rete che possono essere pervasive ed essere applicate da una piattaforma all’altra collegandole, creando una grande unica piattaforma. Gli svantaggi di arrivare primi sul mercato – cap. 9 e 11 Quali possono essere le strategie per proteggersi dal rischio di rimanere escluse. In generale, indipendentemente dal tipo di tecnologie, le imprese insediate si assumono dei rischi e dei costi (di R&S) rispetto alle imprese che arrivano dopo. Maggiori costi di ricerca e sviluppo e incertezza (i pionieri aprono la strada a successive innovazioni / imitazioni). Laddove la ricerca affronta temi nuovi ad alta incertezza è importante che i pionieri abbiamo del sostegno, quando non ne hanno il mercato fallisce. Lo svantaggio del first mover può essere così grande che porta alla rinuncia a meno che non ci sia un sostegno (dallo Stato o da altri individui e imprese). C’è anche qui un problema di complementarietà: le innovazioni radicali possono richiedere risorse complementari che non sono disponibili e che i primi motori devono sviluppare (ad es. Auto elettriche e la rete di stazioni di rifornimento). Fin quando non arrivano le componenti l’innovazione non procede. Chi fa il primo passo potrebbe rimanere bloccato per la mancanza di queste componenti. Problema dell’appropriabilità: classico problema del free riding, l’innovatore fa investimento e il follower osserva cosa ha fatto imitandolo senza spendere. Si gode di benefici di un’innovazione proveniente da altri. Il first mover può ri nunciare ad investire perché magari non riesce ad appropriarsene. Un altro aspetto fondamentale di natura comportamentale riguarda che, le imprese entrate per prime in un nuovo campo o tecnologia, una volta affermate tendono a sottovalutare o a non riconoscere per tempo nuove tecnologie. Un'attenzione eccessiva agli attuali clienti e tecnologia rende le imprese in carica incapaci di riconoscere l'emergere di nuove tecnologie (Anderson e Tushman 1990). Le nuove aziende che introducono nuove tecnologie sul mercato possono godere di un "vantaggio dell'aggressore" Condizioni che incidono sul vantaggio dell'attaccante: (Il vantaggio di chi attacca partendo dall’esterno, imprese nuove rispetto alle affermate, dipende da): - Caratteristiche dell’innovazione - Natura del processo manageriale dell’organizzazione aziendale delle imprese affermate: le affermate hanno una cultura e procedure costruite e adattate alle esigenze dei prodotti e dei processi nuovi che hanno introdotto. Le affermate di fronte al cambiamento possono essere in svantaggio per il fatto che non si riconosce il vantaggio della nuova tecnologia e limiti che ha nell’affrontarla. - Value network: si sviluppano una serie di servizi e si hanno dei clienti per i quali l’innovazione è stata fatta, un sistema di valori che si rivolge ad una categoria di clienti la quale assegna un valore a particolari caratteristiche di un prodotto; questo può creare un vincolo per le imprese affermate e quindi un vantaggio per le nuove che non sono nate in un contesto di risposta a specifici bisogni che vanno soddisfatti con specifiche risorse. Perché la rete del valore può essere un problema? Ogni rete del valore assegna un valore a determinate caratteristiche di un prodotto e questo valore varia da una rete e l’altra. Ciascuna categoria di consumatore assegna un’utilità diversa al prodotto e alle sue caratteristiche (es. persone diverse a cui interessano diverse caratteristiche di una categoria di prodotto ad esempio il pc, la categoria è sempre quella dei pc ma i pc sono diversi), differenti classi di prodotto hanno componenti simili ma l’importanza che le caratteristiche assumono è diversa da una rete all’altra. Negli anni i primi produttori (ad es dei pc) avevano consumatori che ne facevano un uso altamente professionale (calcoli complessi) quindi i produttori producono diverse classi di prodotti e i produttori del prodotto a loro volta sono clienti di fornitori di componenti. Nel momento in cui anche l’industria della componentistica si specializza e contemporaneamente anche quella dei prodotti cambia (nuove generazioni di clienti nel mercato), i nuovi produttori del prodotto chiedono componenti nuove rispetto a quelle delle prime generazioni. Le caratteristiche chiave sono valutate in modo diversi da generazioni differenti di clienti. Il problema per i componentistici è quella di sviluppare una strategia incorporata nella rete del valore a cui fanno riferimento, quando arrivano nuovi clienti dovrebbero cambiare la loro strategia riadattandola al nuovo tipo di cliente (i fornitori di prodotti) ma questo non accade. Per questo le prime generazioni di componentistica falliscono e vengono sostituiti. Il value user delle caratteristiche del prodotto varia tra le reti di valori - Diverse generazioni di unità disco, diverso valore assegnato a risparmio energetico, rumore, resistenza agli urti, dimensioni L'imprenditorialità è un attributo che possiamo trovare nelle organizzazioni consolidate (orientamento imprenditoriale, intraprenditorialità) e startup. L’imprenditore cerca di guardare avanti stressando le poche risorse a disposizione, cercando di ottenere il max risultato. Il problema è guardare oltre le risorse disponibili. L’imprenditorialità si associa a nuove imprese che hanno un imprenditore (che fonda l’impresa) che controlla le risorse e la strategia dell’impresa. L’impresa manageriale è un’impresa in cui il manager diventa il controllore delle risorse e il proprietario ha un ruolo meno attivo. L’orientamento imprenditoriale permane anche nelle grandi imprese manageriali. Imprese di medie-grandi dimensione avranno un diverso orientamento imprenditoriale. L a capacità di assumersi delle responsabilità a vari livelli dell’impresa. Più il potere è concentrato al vertice meno si ha un orientamento imprenditoriale. L’impresa grande deve evitare l’inerzia organizzativa (sovra burocratizzate), creano delle routine che creano path dependence, quindi devono alimentare l’orientamento imprenditoriale. L’orientamento imprenditoriale spiccato favorisce il team work, le capacità di iniziativa nel guidare altre persone. Non tutti gli imprenditori sono innovatori. I dati dimostrano che le imprese giovani contribuiscono alla formazione di nuovi posti di lavoro. La nascita di nuove imprese è legata a nuove opportunità o opportunità esistenti non sfruttate. Storicamente il progresso tecnico (i salti tecnologici) procede ad ondate via via più che proporzionali che fa leva sulle tecnologie, le ondate creano opportunità. Storicamente a livello macro vediamo che nuove imprese entrano e creano nuove opportunità occupazionali e le vecchie escono. Gli imprenditori innovativi studiano l’impresa come concetto astratto, indentificano opportunità idi business inesplorate e combinano risorse per ottenere dei risultati in termini di profittabilità e crescita. Non tutte le opportunità sono egualmente attraenti. Per perseguire un’opportunità va delineato un piano seguito dall’articolazione di una struttura organizzativa volta a risolvere dei problemi. è fondamentale rilevare un problema rilevante. Nel pensare ad una nuova impresa vediamo la parte riferita all’identificazione delle opportunità che può riguardare la potenzialità di creare un prodotto nuovo, orientarsi ad un mercato poco servito o del tutto nuovo, oppure la parte che riguarda le modalità attraverso cui si perseguono le opportunità per sfruttare il valore delle risorse e capitale umano. SI identifica il capitale intellettuale su cui si basa: consiste in 3 componenti, capitale umano + organizzativo + sociale. Il capitale sociale è dato pure dalle relazioni informali che ci sono tra i soggetti e la loro esperienza. Nelle start up il capitale sociale ha una grande rilevanza. Oltre al capitale intellettuale c’è il capitale imprenditoriale definito come il prodotto tra competenza imprenditoriale (= riconoscere e cogliere le opportunità, cogliere e gestire risorse differenti ) e commitment/impegno imprenditoriale. La start up deve elaborare una teoria, la teoria che deve essere elaborata consiste in vari elementi: - Missione: obiettivo, perché l’impresa esiste - Attori collegati all’idea (customers, suppliers, competitors) - Capitale intellettuale - Ambiente in cui si muove e dove nascono i bisogni da soddisfare (society, technology, institutions) La teoria si basa su assunti: es. c’è un problema di trasporti come fonte di inquinamento. L’assunzione potrebbe essere condivisa o meno. Vanno raccolti dei dati che dimostrino la rilevanza del problema. Altra parte del problema è la soluzione. Riesce a risolvere il problema? Si fanno delle ipotesi: se questa soluzione funziona sempre o ci sono delle condizioni sotto le quali può funzionare. Per testare la teoria vanno fatti degli “esperimenti”. Si ha quindi un piano che viene articolato, si fanno delle stime sull’investimento fatto (Attualizzo i flussi di cassa futuri), nella fase di test se la teoria viene falsificata ci sono dei problemi in quanto non è possibile tornare indietro. Quindi secondo una logica tradizione ci sono dei costi iniziali alti quindi è limitata la possibilità di adattare il piano predefinito quando si verificano eventi non previsti. Secondo una logica incrementale, invece, si fanno dei test di minimum viable products: anziché costruire un grande impianto creiamo dei prototipi più piccoli (e virtuali se abbiamo la tecnologia) che permettono di simulare una mini fabbrica dove si producono prodotti su una scala crescente, questi prodotti si testano su un campione casuale di consumatori al quale si affianca un campione di controllo (che ci dice se il trattamento fatto su un campione osservabile ha dato dei risultati statisticamente significativi oppure no). Si fa provare una configurazione minima/basilare del prodotto al campione casuale mentre al campione di controllo (che è esattamente paragonabile al primo) si fa testare un prodotto con una caratteristica in più, e si verifica la risposta. Nel fare questo va effettuato un campione casuale e un campione di controllo completamente paragonabile. Per il trattamento devo poter lavorare con versioni diverse del prodotto. Se si riesce a trattare una realità nuova secondo una metodologia rigorosa non occorrono delle competenze alte, basta capire la logica dietro i test. Utilizzare questa logica permettere di evitare un investimento grande, si svolgono piccoli esperimenti dai quali si apprende, la conoscenza cresce sulla base dei feedback che provengono dagli esperimenti, si svolge una continua sperimentazione incrementale (scale-up). La scelta di diventare imprenditori e fare impresa (fonti dell’imprenditorialità) è mossa da: - Fattori individuali - Fattori organizzativi: tra i quali l’apprendimento che si fa mentre si lavora, soggetti già inseriti nelle imprese; ci possono essere due spinte organizzative: una negativa quando si lavora in un contesto sovra- burocratizzato, e una positiva dove l’ambiente favorisce la leadership e l’imprenditorialità, stimola l’apprendimento. Modello di business Un modello di business descrive le relazioni tra i clienti di un'azienda, la proposta di valore, la differenziazione, il design dell'organizzazione dell'ambito e il modello di profitto. Come offre valore ai propri stakeolders e collegai fattor produttivi con il mercato. I suoi elementi chiavi sono la CVP (customers value proposition), profit formula e protection of rents (proteggere risorse e competenze dal rischio che qualcuno le prenda). Si parte da una visione che articola la mission, si sviluppa la value proposition e solo infine si arriva al modello di business. Vision Ambizione, obiettivi di lungo termine, a cosa tendiamo, dove ci si aspetta di arrivare e come arrivarci. Dichiarazione di intuizione, intenzione, ambizione e scopo. Un'immagine immaginabile del futuro dell'azienda. Descrive dove sta andando l'azienda e come ci raggiungerà Key elements -Clarity -Consistency -Uniquiness -Purposeful Mission Chi siamo, cosa facciamo e perché siamo qui. Una descrizione del corso delle azioni per implementare la visione. Descrive il business e lo scopo attuali: chi siamo, cosa siamo fare, perché siamo qui. Comunica la teoria del cambiamento del team entepreneriale (?). Gli elementi chiavi sono i valori (trasparenza, rispetto del lavoro, rispetto dell’ambiente) Value proposition – valore per il cliente Fa parte dell’articolazione della missione. Chi sono i clienti a cui ci rivolgiamo a quali sono le caratteristiche caratterizzano la nostra value proposition. L’utilità o l'importanza per il cliente. Chi è il cliente e il valore offerto. Dimensioni della proposta di valore: - Product - Price - Access: accessibilità - Service - Experience In genere le imprese devono eccellere su un attributo di proposizione di valore (attributo dominante), differenziarsi dai concorrenti su un altro attributo (secondario, attributo di differenziazione) ed essere medi su altri attributi di proposizione di valore. Se un’impresa riuscisse ad eccellere in tutte le dimensioni sarebbe il massimo ma non è possibile solitamente. Allora si sceglie in quale servizio eccellere. Unique selling proposition Una versione breve della proposta di valore. Utilizzato per sintetizzare e comunicare i principali vantaggi offerti rispetto ai principali concorrenti. Un’impresa se sbaglia la comunicazione della value proposition può non andare avanti. Una volta identificati gli elementi della vision e della mission possiamo visualizzare il modello di business. Questo potrebbe essere rappresentato, il modello classico è quello Canvas. Le risorse finanziarie della gestione caratteristica sono definite dal modello dei ricavi; quali sono le value proposition (cosa si vende ai clienti), i canali di distribuzione, i target (a seguito della segmentazione di mercato) e se le risorse sono adeguate a quel tipo di target. Queste attività vanno a cadere sulla parte che misura precisamente la sostenibilità del modello di business. Questo è sostenibile se c’è correlazione tra costi e ricavi. Va studiata quindi la natura dei costi fissi e variabili, i tempi di ritorno degli investimenti, i prezzi ecc… Nella prima parte si dà un’idea dell’investimento e nella seconda l’ammontare. Anziché fare un investimento grande si fanno piccoli investimenti in paesi diversi dove ogni paese chiede qualcosa di diverso. Testare le diverse ipotesi in modo veloce e conveniente. PIVOT : cambiare direzione e non farlo troppo tardi, quando si hanno segnali negativi le ipotesi vanno adeguate. Poche imprese nuove sopravvivono ed è uno dei motivi per cui falliscono. La business story aiuta con lo story telling a convincere qualcuno a fornire risorse/finanziarie e per convincere bisogna essere efficaci (elevator pitch). Nell’elevator non si parlano dei rischi. Si parte da una storia convincente. Una volta elaborato il business model si articola il business plan dove si descrivono:  Opportunity  Product Vediamo diverse fonti di profitto dell’impresa. Per Dropbox ad esempio la fonte di profitto è la base installata. Per Apple e Google la fonte di profitto è il marchio. In fase diverse della vita dell’impresa la fonte può variare. Le misure della profittabilità sono varie: Profit/customers (e.g. consumer goods ... Gillette) Profit/employee (pharma .... Abbott Labs) Profit/customer visit (retailing ... Carrefour, Coop) Profit/tons (steel, cement) Profit/revenues (fashion, luxury cars) Settori diversi hanno metriche (KPI) diverse. Diverse aziende cercano diverse combinazioni margine-volume. La posizione che va evitata è quella con bassi volumi e bassi margini. Per alcune startup è importante concentrarsi sul 20% dei clienti che generano i profitti della maggior parte delle aziende e si liberano dei clienti più costosi e meno redditizi. I modelli di business e dei ricavi dovrebbero essere modificati se la redditività non aumenta. Per una start up, che sta elaborando un business plan deve essere in grado di fare una stima su dati affidabili. Un business plan ben articolato ci dirà quando si raggiunge il punto di massa critica non tanto guardando ai profitti ma ai flussi di cassa. Gestione della crescita La rapida crescita è un obiettivo tipico delle startup. Ma quanto deve essere grande la crescita e soprattutto è sostenibile?  Bassa crescita: tasso di crescita dei ricavi <10% all’anno  Alta crescita: tasso di crescita> 25% all’anno La crescita elevata è impegnativa: richiede liquidità per capitale circolante, attività, spese operative necessarie (investimenti differiti nel tempo). In genere un tasso di crescita dei ricavi superiore al 15% richiede denaro generato esternamente (non è auto- sostenibile con la sola capacità dell’impresa di produrre cassa). Differenze tra servizi e produzione: le aziende di servizi spesso possono autofinanziarsi con un tasso di crescita del 20-30. La redditività è una funzione non lineare del tasso di crescita. Avrò una fase della crescita compatibile con la crscità della profittabilità, dopo un certo punto di crescita il tasso di profitto% comincia a diminuire. Tasso di crescita sostenibile Quando il tasso di crescita (G) dei ricavi è compatibile con le risorse finanziarie interne ed esterne dell'azienda Crescita organica: un tasso di crescita interamente alimentato da risorse finanziarie interne G * ≤ ROE (tasso di ritorno degli investimenti) Una crescita troppo rapida può nascondere problemi: mancanza di pianificazione e troppa attenzione agli obiettivi a breve termine Spesso un G> 15% è impegnativo solo poche aziende sono in grado di crescere a tassi di crescita più elevati con profitti elevati. DS/S è il tasso di crescita delle vendite. La crescita delle vendite per essere sostenibile deve essere uguale al ritorno sulle vendite(PM=ROS)*leva/[turnover(tasso di rotazione del capite=tot assets/vendite)-i margini sulle vendite(PM)*(1+leva)]. Se un’impresa non vuole indebitarsi L=0. (L=debiti/equity) Sources of growth  Increasing brand recognition  IP licensing: imprese giovani che hanno una forte tecnologia ma poche risorse per crescere usano un modello usato sul licensing;  International growth: cercare di crescere andando all’estero anche tramite acquisizioni di altre imprese;  M&As  New products  Price increases Piano di raccolta e strategia di uscita - Harvest plan and exit strategy Definisce come e quando i proprietari e gli investitori esterni estrarranno valore dal loro investimento. Cinque metodi per raccogliere la ricchezza generata dall'azienda  Vendita a un'impresa acquirente (di solito più grande)  IPO: initial public offer, per arrivare alla quotazione in borsa si passa per vari round.  Emissione di dividendi in contanti  Vendita a dirigenti e dipendenti  Trasferimento a successori familiari: in Italia è la più diffusa. o Perché vendono gli imprenditori? Pensionamento o diversificazione del portafoglio di attività; o Quando la vendita è nell'interesse degli investitori? Quando possono realizzare il loro ROI (e reinvestire il loro capitale); o Vendita ad un'altra azienda: il momento migliore per vendere è quando l'azienda ha molto successo ... a volte gli imprenditori aspettano troppo a lungo; concetto del PIVOT, l’imprenditore spesso si affeziona alla sua impresa senza cambiare la strategia. Spesso aspettano troppo a lungo che porta ad una crisi irreversibile. Difficilmente accetta di essere acquistata da un fondo anonimo ma preferisce un altro imprenditore. o Spesso gli imprenditori preferiscono vendere se l'acquirente è in sintonia strategica o organizzativa; o Di solito non esiste un mercato delle imprese per realizzare lo scambio; le aste sono usate raramente, le negoziazioni bilaterali con pochi potenziali acquirenti sono i mezzi tipici per vendere; Il piano aziendale è importante se utilizzato come strumento flessibile per concettualizzare il modello aziendale e adattarsi alle mutevoli condizioni. Un obiettivo chiave è la crescita sostenibile dei ricavi, determinata da margini di profitto e leva finanziaria (rapporto debito / patrimonio netto, attività / vendite). La crescita sostenibile richiede un uso equilibrato delle risorse finanziarie interne ed esterne; la crescita dei ricavi dovrebbe corrispondere alla crescita del flusso di cassa. Esistono vari meccanismi di uscita (raccolta) per consentire ai proprietari e agli investitori di realizzare i loro ritorni sugli investimenti. Successione familiare? Il fallimento è molto frequente. Gli imprenditori devono sapere quando interrompere una nuova impresa ... e non devono decidere sulla base dei costi sommersi. A volte gli imprenditori ritardano l'uscita per evitare lo stigma del fallimento, tuttavia "è l'impresa che ha fallito, non le persone in essa". Fallimento come esperienza: imparare dagli errori e ricominciare. Domande chiave per la pianificazione di una strategia di finanziamento. Fonti di capitale finanziario: ◦ Bootstrap ◦ Business Angels ◦ Venture Capitalist ◦ Corporate Venture Capitalist Processo di valutazione ◦ Criteri e due diligence ◦ Metodi Fonti creative di finanziamento Elevator Pitch Getting financing or funding La natura del processo di finanziamento e finanziamento ◦ Alcuni imprenditori attendono di affrontare il processo di raccolta di capitali di investimento fino a quando non dovranno raccogliere capitali per la propria impresa. ◦ Di conseguenza, molti imprenditori svolgono il compito di raccogliere capitali a casaccio perché mancano di esperienza in questo settore. Perché la maggior parte delle nuove imprese ha bisogno di finanziamenti Ci sono tre ragioni per cui la maggior parte delle nuove imprese ha bisogno di raccogliere fondi durante la loro vita in anticipo. 1. Sfide del flusso di cassa (necessità di inventario, dipendenti, pubblicità prima che il denaro venga generato dalle vendite) 2. Investimenti di capitale (i costi per strutture / attrezzature superano la capacità di un'impresa di fornire fondi da sola) 3. Ciclo di sviluppo del prodotto prolungato (alcuni prodotti sono in fase di sviluppo da anni prima di generare guadagni) Domande chiave per la pianificazione di una strategia di finanziamento 1.Fase di sviluppo della tua attività: seme, fase iniziale, fase avanzata, ...? 2.Tipo di business: azienda di prodotti, società di tecnologia, società di consulenza? 3.Tasso al quale la tua azienda consumerà denaro (il tasso di combustione) e quando finirai i soldi: dentro o fuori la "Valle della morte" (grafico hockey); 4.Il tuo atteggiamento verso la crescita e la condivisione della proprietà e del controllo: bootstrap, finanziamento del debito, finanziamento azionario? 2. Type of business ◦ Product firm ◦ Technology firm ◦ Consulting/sevice firm Divario finanziario e investimenti reali opzione 1) Incertezza e asimmetrie informative sul valore di una nuova impresa. Investire in investimenti come un'opzione reale (RO) Un RO è il diritto (non l'obbligo) di acquistare (investire in) un bene reale (azioni) in una startup in una data futura Il valore di un investimento, V = IV + OV dove IV = valore intrinseco; OV = valore dell'opzione o capitale strategico Divario finanziario e investimenti come opzione reale (2) IV = NVP della startup, con r = rendimento atteso per l'impresa OV = f (T, σ, P / X, r) maggiore componente di risorse complementari (magari l’impresa che investe conosce il settore nel quale ci si sviluppa e può conferire asset anche non puramente finanziare e inserire/dare conoscenze settoriali specifiche quali ad esempio contatti con i fornitori). Uno degli svantaggi tipici (1) potenziale conflitto d’interesse con il core business dell’impresa che finanzia; (2) exit: se l’imprenditore vende la start up ad una società esterna non lo potrà fare se comporta un problema di concorrenza all’impresa che finanzia (limite all’uscita). Vantaggi ◦ Investimenti diluiti nel tempo; ◦ Il costo del capitale può essere inferiore a quello del VC ◦ Attività complementari (ad es. Competenze manageriali) ◦ Effetti di reputazione Svantaggi ◦ Potenziali conflitti di interesse ◦ Rischio di comportamento opportunistico ◦ Limiti all'uscita dalla strategia (ad es. Acquisizioni) Ci sono diversi motivi per cui un’impresa affermata decide di investire i propri soldi in una start up facendo il corporate venture capitale: - Per legame tra le attività operative della start up- impresa o Stretto o largo - Obiettivo dell’investimento: o Strategico o Finanziario Quali sono i criteri da cui guarda il VC? - Settore/mercato: imensione / crescita del mercato e un prodotto sviluppato (beta o fase di spedizione) ... aumenta le possibilità di successo - Tecnologia: cosa c’è di nuovo? Progetti unici e che non possono essere facilmente imitati; tecnologia o servizio che può essere protetto da brevetti o marchi; portafoglio IP pulito, in particolare nelle aziende tecnologiche in fase iniziale. - Business model: rappresentazione astratta della logica seguita da un'azienda per creare e acquisire valore. - Team: I VC di solito scommettono sul fantino sopra il cavallo. - Indicatori finanziari: Più di un "test di credibilità" I CV non si fidano molto dei dati finanziari. . un test di credibilità per l'imprenditore ...le proiezioni di solito non possono essere accurate ... quindi non molto significative. Alcuni VC guardano di più ai dati finanziari per errori e un segnale dell'abilità della squadra. Dal momento che i finanziari di solito sono eccessivamente ottimisti ... I VC eseguono analisi dal basso verso l'alto e finiscono con una percentuale di ciò che è dall'alto verso il basso - Exit route: piano d’uscita, cosa di pensa di ottenere cercando un potenziale acquirente (valutazione all’uscita). L’investitore guarda al rapporto tra il capitale che sta mobilizzando e il valore stimato prima di andare a fare l’investimento. Più il rapporto è limitato più c’è bisogno di investimenti, più è elevato più l’impresa di lega al venture capitalist. Ci sono diversi round d’investimento. Finanziamento del seme: denaro per sostenere gli stipendi, prototipazione, proof-of-concept. Le fonti includono finanziamenti personali, FFF, business angels. Finanziamento serie A: 1 ° finanziamento istituzionale. Acquista spesso una quota del 50%. L'obiettivo è continuare lo sviluppo, assumere i migliori talenti, raggiungere traguardi e convalide. Finanziamento serie B: in genere superiore a A. Rischio tecnico rimosso e lo sviluppo è completo. Flussi di entrate iniziali. Obiettivo: potenziamento operativo, ingrandimento, aumento delle entrate. Finanziamenti di serie C: la società ha un flusso di entrate costante, arretrati, EBITDA ecc. Gli obiettivi includono: consolidamento del bilancio, acquisizione di finanziamenti, sviluppo di nuovi prodotti, preparazione della società per l'IPO. Sostegno del governo Varia tra paesi e regioni. Alcune fonti tipiche di supporto governativo: ◦ Co-investimento (il fondo governativo investe insieme a investitori privati) ◦ Ripartizione del rischio (in caso di perdite) - ad es. schemi di garanzia del prestito ◦ Misure fiscali - ad es. incentivi fiscali, credito d'imposta R&S ◦ Strutture di incubazione ◦ Sovvenzioni - ad es. Borse di ricerca e sviluppo Crowdfunding Sforzo collettivo di individui che collegano in rete e mettono in comune le proprie risorse, generalmente via Internet, per supportare progetti avviati da altre persone o organizzazioni. Privato che mette piccole cifre. Benefici: Scala la tua rete di familiari e amici. Entra in contatto con investitori professionali al di fuori della tua rete Meno rischi per gli investitori. Più trasparenza e informazioni disponibili. Aumenta le vendite grazie alla vasta campagna di marketing e social media.
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