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STRATEGIE DI CORPORATE E INTERNAZIONALIZZAZIONE, Appunti di Imprenditorialità e Strategie di Sviluppo

appunti di strategie e corporate con integrazione del libro

Tipologia: Appunti

2022/2023

In vendita dal 02/07/2024

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marwa-soltana 🇮🇹

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Scarica STRATEGIE DI CORPORATE E INTERNAZIONALIZZAZIONE e più Appunti in PDF di Imprenditorialità e Strategie di Sviluppo solo su Docsity! 1 Camilla Cavassa – Chiara Pace STRATEGIE DI CORPORATE E INTERNAZIONALIZZAZIONE Risorse, competenze e sostenibilità del vantaggio competitivo La STRATEGIA DI UN’IMPRESA dipende da:  l'analisi dell'ambiente esterno (l'analisi delle condizioni più ampie in cui il settore opera), oggi ancor più rilevante rispetto al passato (es. Covid ha avuto impatto su tutte le imprese). Questo appunto corrisponde all‟analisi del settore  tipicamente nelle strategie è stata definita attraverso il modello delle 5 forze di Porter in cui si vanno a vedere quali sono le caratteristiche del settore e in particolare quelle forze del settore che determinano una forte intensità di prezzo (ossia una forte pressione sui margini cioè sulla differenza tra il prezzo di vendita e il costo quindi sulla possibilità dell'azienda di ottenere profitti), in questo modello quindi si guarda non alle caratteristiche dell'impresa ma alle caratteristiche specifiche del settore (es. tipo di prodotto, esistenza di un prodotto sostitutivo, quanti concorrenti ci sono, potenziali entranti, potere contrattuale di fornitori e distributori etc.).  l'analisi delle risorse e competenze, è la parte dell'analisi delle competenze dell'impresa e delle sue risorse distintive, di come le combina per realizzare dei prodotti o dei servizi competitivi. Quindi da una parte c'è l'analisi del settore che determina il livello medio dei profitti attesi e la possibilità di ottenere un vantaggio competitivo es. media dei profitti può essere più bassa in un settore molto competitivo, più alta in un settore dove c'è più innovazione, differenziazione etc. e c'è una possibilità maggiore di ottenere profitti elevati, all'interno di questo del settore c'è una variabilità intorno alla media poiché ci sono imprese che hanno profittabilità differente perché hanno risorse e competenze differenti quindi andare a studiare le risorse e competenze dell'impresa significa andare a studiare quali sono le fonti del vantaggio competitivo (es. alcune imprese sono più capaci di altre di ottenere un vantaggio anche all'interno dello stesso settore dove le forze competitive sono le stesse). Cosa si chiedono le imprese per definire la strategia dell'impresa: 1. come competere per ottenere un profitto maggiore rispetto al profitto medio del settore → strategie competitive o strategie di business. Le principali strategie di business:  leadership di costo: l'impresa che riesce a produrre con i costi unitari più bassi;  strategia di differenziazione: l'impresa che riesce a produrre un prodotto differente rispetto agli altri (e riuscirà a vendere a prezzi più alti); Alcuni esempi:  Apple → differenziazione (gli elementi: sistema operativo differente, design, l'immagine del brand etc.);  Ryanair → leadership di costo (gli elementi: riduzione dei servizi offerti che consentono di spendere meno e offrire un prezzo minore rispetto ai concorrenti etc.). 2. dove competere → strategie di corporate. La definizione dell'area nella quale l‟impresa andrà a operare attiene alla definizione di tre dimensioni:  l'ampiezza orizzontale in quali e quanti business l'azienda intende operare, in uno solo può essere un'azienda multibusiness (diversificazione) o monobusiness.  l‟ampiezza verticale che definisce il livello di estensione lungo la filiera quindi è anche la definizione del confine efficiente cioè cosa l'azienda fa all'interno e invece di cosa si riapprovvigiona all'esterno.  la dimensione geografica (internazionalizzazione) perché bisogna definire l'ampiezza geografica di riferimento cioè in quale aree, in quali territori l'azienda vuole operare, vuole avere una dimensione locale, una dimensione regionale, nazionale, internazionale o globale. entrambe influenzano la possibilità dell'azienda di ottenere un VANTAGGIO COMPETITIVO 2 Camilla Cavassa – Chiara Pace Lo schema del vantaggio competitivo. Definiamo anzitutto il vantaggio competitivo: è una redditività superiore a quella media dei concorrenti nel settore (facciamo riferimento alla media altrimenti parleremmo solo del leader). L'impresa deve continuamente adattare, modificare e creare risorse/competenze per mantenere questo vantaggio competitivo nel tempo. Il vantaggio competitivo, che è una redditività, dipende da:  una posizione di differenziazione rispetto ai concorrenti o una leadership di costo rispetto ai concorrenti che consente di creare valore rispetto ai concorrenti;  un'influenza di mercato quindi una caratteristica economica del mercato che determinano la redditività. IL VALORE PUÒ ESSERE DEFINITO COME:  IL VALORE PER L'IMPRESA è la differenza tra i ricavi e costi (il profitto)  questa differenza (P-C) rappresenta il valore creato per l‟impresa  valore reale (diverso da quello percepito). L'impresa può aumentare questo valore attraverso un aumento di prezzo, una riduzione di costi o entrambi. * Aumentando il prezzo si può ridurre il beneficio percepito dal consumatore tuttavia se le imprese aumentando il prezzo cercano anche di differenziarsi il consumatore sarà comunque disposto a pagare di più.  BENESSERE PERCEPITO DAI CONSUMATORI  SURPLUS DEL CONSUMATORE  la differenza tra quanto il consumatore sarebbe disposto a pagare per un determinato prodotto e quello che effettivamente paga. Se quanto è disposto a pagare è superiore al prezzo, il consumatore percepisce un benessere quindi ha un surplus, cioè ottiene un qualcosa di più (una differenza che non paga). Il benessere è di fatto uno degli elementi fondamentali che determinano la scelta di acquisto. Quindi il valore che l‟impresa crea è la differenza tra il prezzo e il costo, mentre il surplus del consumatore è dato da:  B = beneficio percepito - costi di utilizzo - costi di acquisto e di transazione  P = prezzo di mercato  surplus consumatore = B-P Il surplus del consumatore lo possiamo misurare anche attraverso la CURVA DI INDIFFERENZA cioè il rapporto di sostituzione tra prezzo e qualità per il consumatore. A che cosa serve questo? Prima dicevamo che se l‟impresa aumenta troppo il prezzo, il consumatore potrebbe non acquistarlo quindi c'è la curva di sostituzione che dice all'impresa che se cerca di aumentare troppo il suo margine potrebbe poi perdere quote di mercato (alcuni consumatori potrebbero non acquistare il prodotto)  la fissazione della strategia dell'impresa è un qualcosa che va ad influenzare come l'impresa riesce massimizzare il suo valore interno quindi ad aumentare i prezzi, aumentando contemporaneamente il valore (attraverso la differenziazione), mantenendo i clienti o addirittura aumentando le quote di mercato e allo stesso tempo cercare di ridurre i costi. 5 Camilla Cavassa – Chiara Pace all‟interno dell‟azienda stessa (ad es. nell‟ambito di funzioni aziendali, nello sviluppo di tecnologie, nel coordinamento delle attività e funzioni etc.) Perché le imprese producano vantaggio competitivo, le risorse devono godere di tre proprietà: 1. Scarsità  devono essere disponibili in quantità limitata e difficili da replicare o trasferire nel tempo; 2. Rilevanza  devono essere utili per il mercato quindi devono servire a soddisfare i bisogni del mercato in maniera migliore rispetto ai concorrenti; 3. Appropriabilità  devono essere protette dall‟impresa in modo che i competitors non se ne approprino. Le risorse vengono protette attraverso il segreto, la difficoltà di duplicazione, brevetti, marchi etc. Le risorse di un‟impresa si dividono in:  Tangibili→ (es. denaro, immobili, attrezzature, input di produzione, materie prime, macchinari, impianti)  Intangibili→ (es. brevetti, brand, know-how, capacità produttiva, reputazione di qualità, software, cultura organizzativa, lista clienti). La cultura organizzativa va in bilancio? Dipende da come l‟azienda la tratta; se l‟azienda pone in essere azioni che la incentivano allora la cultura organizzativa entra in bilancio. Le aziende più attente utilizzano gli strumenti del welfare aziendale anche proprio per coltivare la cultura aziendale: tali strumenti sono messi a disposizione per i dipendenti dall‟azienda, portano dei benefici poiché possono ad esempio sostituire gli incrementi dello stipendio. Il vantaggio è duplice: l‟impresa non deve aumentare gli stipendi e i dipendenti ottengono forme di compenso alternativo che NON SONO TASSATE (es. buoni pasto, buoni benzina, accesso ad attività sportive, visite mediche, prestazioni sanitarie, assicurazioni). Questi strumenti di welfare migliorano le condizioni di vita dei dipendenti e anche il clima organizzativo→ possono essere messi in bilancio.  Umane→ esse possono diventare una risorsa distintiva all‟interno dell‟azienda grazie alle proprie competenze specifiche sviluppate e combinate all‟interno dell‟azienda stessa (competenze distintive sviluppate dall‟interazione con altre risorse umane, laboratori, macchinari, fattori aziendali proprie di quell‟azienda). Per quanto riguarda il piano strategico delle imprese si è giunti alla RESOURCE-BASED VIEW ON THE FIRM→ è la teoria dell‟impresa basata, appunto, sulle risorse. Essa è necessaria perché quando si studia e si analizza il settore, le caratteristiche del settore (es. minacce, opportunità, livello di concorrenza, caratteristiche del prodotto) risultano uguali per tutte le imprese. Ma in realtà le imprese appartenenti al medesimo settore hanno risultati differenti grazie all‟adozione di diversi: - Comportamenti - Monitoraggi delle azioni dei concorrenti - Scelte del timing - Azioni strategiche - Risorse/competenze aziendali. in bilancio è rappresentata dalla voce “avviamento”, presente solo nelle situazioni straordinarie 6 Camilla Cavassa – Chiara Pace Una volta che l‟impresa individua le sue caratteristiche e competenze distintive, deve saperle proteggere dalle minacce affinché il suo vantaggio competitivo si mantenga nel tempo. MINACCE CHE MINANO LA CAPACITÀ DI CREARE VALORE AGGIUNTO: 1. imitazione da parte dei concorrenti 2. sostituzione delle risorse da parte dei concorrenti 3. rapina (hold up)  queste sono minacce di appropriazione del valore da parte o di fornitori o di clienti distributori nelle relazioni verticali 4. inefficienza  dispersione del valore all‟interno dell‟impresa attraverso inefficienze nell‟organizzazione  riguardano essenzialmente l'organizzazione interna dell'impresa 1) IMITAZIONE. La minaccia di imitazione ha effetti negativi sul valore aggiunto nella maggior parte dei casi ovvero quando le imprese imitano con successo (riescono ad appropriarsi di una parte del valore aggiunto, di una parte del mercato, di una parte dei clienti..), talvolta le imprese imitano ma non hanno effetto rilevanti (perché ad esempio imitano degli elementi della strategia che non sono rilevanti per il consumatore o lo fanno, ma con una qualità inferiore/prezzo non competitivo), in altri casi invece l‟imitazione potrebbe avere addirittura effetti positivi* Quando attraverso l‟imitazione si adottano standard in presenza di esternalità di rete* (gli standard fanno emergere esternalità di rete quando il fatto che tutti adottano lo stesso standard fa aumentare l'utilità per l'utilizzatore). *ESTERNALITÀ DI RETE  si hanno quando l'utilità per l'utilizzatore di un prodotto aumenta all'aumentare al numero di utilizzatori dello stesso prodotto → es. la mia utilità nel utilizzare Whatsapp aumenta se aumentano gli utilizzatori altrimenti non avrebbe senso averlo. Ci sono situazioni in cui per fare emergere uno standard è necessario che anche i concorrenti lo adottino (imitazione), inoltre l‟emersione di uno standard inoltre può far migliorare la qualità dello standard stesso poiché tutti i concorrenti investono in quello standar. MECCANISMI DI PROTEZIONE ALL’IMITAZIONE: A. Attraverso la protezione delle informazioni → presuppone l'unicità delle risorse. Le modalità per proteggere le informazione ad esempio possono essere i brevetti, il deposito del marchio, il deposito del modello di utilità, attraverso il segreto industriale etc.  ovviamente ogni impresa effettuerà una scelta a seconda del tipo di prodotto poiché ogni scelta presenta vantaggi e svantaggi (il brevetto dopo 20 anni scade mentre un segreto industriale non scade mai, ma se viene diffuso non sei protetto in nessun modo, quindi se siamo in un settore che si rinnova rapidamente il brevetto è più che sufficiente perché dopo 20 anni comunque le innovazione saranno obsolete l‟impresa stessa avrà dovuto creare nuovi brevetti per restare competitiva).  CASO COCA COLA - PEPSI-COLA Riguarda la concorrenza tra Coca Cola e Pepsi-Cola in Venezuela dove Pepsi-Cola aveva un vantaggio anche in termini di preferenze dei consumatori. Coca Cola entra acquisendo dei distributori (perché la rete di distribuzione poi consente di arrivare maggiormente ai consumatori) → Coca Cola riesce quindi a conquistare il mercato venezuelano attraverso la maggiore preferenza negli scaffali. Pepsi-Cola risponde utilizzando anch‟essa questa strategia attraverso un accordo di imbottigliamento e di distribuzione con il maggiore produttore di birra del Venezuela. Attraverso una serie di battaglie di acquisizione dei distributori e imbottigliatori le due aziende hanno continuato a combattere tra di loro investendo risorse nell‟abbassamento dei prezzi e quindi riduzione dei propri margini → però questa battaglia aggressiva tra le due imprese ha alzato le barriere verso altre concorrenti che volevano entrare nel mercato (sapevano che avrebbero peso a causa di questa battaglia feroce) quindi alla fine ci sono vincitori e perdenti in termini di quote di mercato e di investimenti (in questo caso Pepsi-Cola), ma la battaglia ha comunque permesso di proteggersi da potenziali minacce esterne. minacce al mantenimento del valore aggiunto perché altri possono raggiungerlo e appropriarsene le minacce 7 Camilla Cavassa – Chiara Pace B. switching costs/investimenti relazionali → creare dei costi di cambiamento e costi di relazione che rendono difficile al cliente passare da un prodotto ad un altro per proteggersi dalle imitazioni ad esempio cambiare sistema operativo (android  IOS) può avere costi se alcune applicazioni non si leggono sull‟altro sistema, se i file non si aprono etc. C. minacce di ritorsione  le imprese cercano di attuare dei comportamenti aggressivi che segnalano ai concorrenti la concorrenza aggressiva limitando il tentativo di imitazione da parte del concorrente o addirittura di entrata sul mercato (ovviamente per essere credibile il comportamento l‟impresa deve poterselo permettere es. un impresa che ha capacità produttiva in eccesso, eccesso di liquidità può minacciare di abbassare i prezzi e il concorrente ipotizzando che l‟impresa mantenga un prezzo così basso nel lungo periodo sarà scoraggiato, se invece l'azienda non ha queste risorse che rendono la mossa credibile le imprese sono meno preoccupate ad entrare nel mercato perché capiscono che la strategia è soltanto di breve periodo). D. percorsi obbligati e ritardi di imitazione  l'azienda per costruire il vantaggio competitivo basato su determinate risorse e competenze critiche necessita di tempo. Anche gli imitatori avranno bisogno di questo tempo per investire in tali competenze. Quindi chi inizia per primo ad investire in determinate risorse e competenze può avere un vantaggio che si sostiene nel tempo perché i tempi di realizzazione di tali risorse e competenze non possono essere compressi quindi non sono imitabili nel breve periodo dai suoi competitors VANTAGGIO TEMPORALE DELLA PRIMA MOSSA Dall‟analisi (Dierickx e Cool-1989- Ghemawat-2007) sui tempi necessari a realizzare gli investimenti, emerge che le diverse strategie richiedono tempi differenti per essere realizzate: - Pricing e marketing communication (< 1 anno) - Costruzione impianti (oltre 2 anni) - Sistema di distribuzione (oltre 2 anni) - Ritorni degli investimenti in R&S (4-6 anni) - Cambiamenti organizzativi/gestione risorse umane/ristrutturazione portafoglio business (anche 10 anni) i cambiamenti radicali dell‟organizzazione (es. clima e cultura organizzativa) richiedono periodo molto lunghi. E. vantaggio della prima mossa e dimensione: economie di scala, di apprendimento, di scopo  il vantaggio della prima mossa è quello ottenuto dalle imprese che entrano per prime sul mercato e che sono, quindi, in grado di raggiungere posizioni di vantaggio rispetto a chi entra dopo. Le fonti del vantaggio della prima mossa sono: - Economie di scala e costi fissi non recuperabili *Un‟ulteriore difficoltà e ritardo di imitazione deriva dall'importanza del fattore umano: alcuni prodotti possono richiedere un elemento di artigianalità poiché possiedono un'integrazione ed una progettazione specifica che necessita del lavoro e delle competenze di ciascun componente dell‟azienda questo rientra nella gestione del design, del processo produttivo, nella progettazione e nella realizzazione NON AUTOMATIZZATA dei singoli elementi di un‟impresa. CURVA DELLE ECONOMIE DI SCALA CMU = costo medio unitario (asse delle ordinate) q = quantità prodotta (asse delle ascisse) q DOM = quantità prodotta in corrispondenza della dimensione ottima minima C MIN = costo minimo 10 Camilla Cavassa – Chiara Pace 2) SOSTITUZIONE DELLE RISORSE si verifica quando non vi è una imitazione da parte dei concorrenti, ma un tentativo di rispondere alle necessità della domanda attraverso introduzione di prodotti, processi, servizi, modelli di business tecnologie nuove etc. che rendono totalmente o parzialmente obsolete le risorse e le competenze rilevanti in un settore Con il termine tecnologie disruptive si intende quelle tecnologie che modificano le base di competenza esistente (le tecnologie esistenti) e la modalità con cui si risponde alle necessità dei clienti andando a sostituire quelle esistenti  pertanto la minaccia di sostituzione delle risorse è una minaccia che può effettivamente minare la capacità del leader di rimanere leader se questo non è in grado di identificare modalità alternative. ESEMPI:  IL MERCATO DEGLI SMARTPHONE Questa è analisi delle quote di mercato nel mercato dei telefoni cellulari (che poi sono diventati smartphone) per singolo produttore a partire dal 2000 andando fino al 2018. In basso le barre azzurre rappresentano le vendite dei telefoni cellulari ad un certo punto entrano a far parte di questo grafico gli smartphone (le barre diventano anche bianche) perché rispondono ad un bisogno di telefonia insieme ad una serie di altre funzionalità. Abbiamo intanto un'imitazione dei prodotti, sempre migliorati ma abbiamo una sostituzione di risorse perché lo smartphone è diverso da un telefono cellulare come prodotto e quindi la concorrenza avviene modificando le basi e le risorse rilevanti.  Il leader nel 2001 era Nokia, seguito da Motorola e poi gli altri produttori (tra cui compariva già Samsung).  Nel tempo entra LG già nel 2002 e incrementa le quote di mercato dei telefoni cellulari, Samsung cresce, Motorola cresce insieme a Nokia quindi vediamo come il mercato aumenta in termini dimensionali.  2005-2006 Iniziano i primi smartphone ma con poche unità  2007-2008 entra Apple con l'iPhone e cresce, Samsung cresce con gli smartphone, Nokia che poi ha venduto la divisione telefonia Microsoft alla fine esce dal mercato. Altri produttori entrano ed escono dal mercato.  2018 abbiamo una grande quota di mercato di Samsung, Apple, Huawei e gli altri a diminuire, mentre non ci sono più i produttori principali dei primi anni 2000. In questi 20 anni i leader del mercato sono stati un po' imitati, qualcuno è entrato quando sono cambiate le basi della concorrenza (cioè l'introduzione della tecnologia degli smartphone) e la maggior parte di questi, con l'eccezione di Samsung che nel tempo è cresciuto nel mercato, sono usciti  sono state sostituite le risorse per effetto dell'innovazione tecnologica che deriva dalla convergenza di tecnologie differenti dentro un unico oggetto che era quello del telefono, sono cambiate le tecnologie, le basi della concorrenza, le risorse rilevanti e le imprese che non hanno saputo cambiare il proprio modello di business (a partire dall‟ex leader del mercato Nokia) sono uscite dal mercato. 11 Camilla Cavassa – Chiara Pace  IL MERCATO DEGLI HARD DISK DRIVE (la memoria all'interno del computer) Questo grafico proviene da un articolo di Christensen (studioso di management) il quale ha scritto anche due libri "the Innovation dilemma" e "the Innovation Solutions"  il primo studiava proprio il dilemma dell'innovatore di fronte ad un cambiamento importante e il perché alcuni leader non riescono a rimanere leader e a cambiare le proprie basi della conoscenza ed escono dal mercato mentre altri invece hanno successo. Abbiamo diversi casi in cui di fronte al cambiamento tecnologico l'innovatore si trova di fronte al dilemma se continuare a investire nel business in cui ha successo oppure cambiare il modello di business allora ha studiato con attenzione questo settore. Ha studiato il periodo dall'anno 74 al 90 (in ascissa c'è il tempo). Nell‟ordinata abbiamo la capacità dell'hard disk in termini di megabyte.  Negli anni „70 c'erano i primi mainframe computer cioè delle grandi stanze con calcolatori, server grandi che avevano una grande potenza computazionale ed erano utilizzati solo da scienziati, programmatori esperti quindi da pochi utilizzatori esperti che avevano necessità di una capacità elevata per i tempi, cioè la capacità richiesta dai mainframe computer user (dagli utilizzatori dei mainframe computer) era di 120-150 megabyte. Per questi utilizzatori la capacità cresceva nel tempo abbastanza lentamente. La tecnologia esistente al momento era la tecnologia dei Winchester drive da 14 pollici che superava abbondantemente le necessità della domanda e aveva un'evoluzione della traiettoria tecnologica comunque crescente che superava la capacità richiesta dagli utilizzatori dei mainframe.  Nel „77 entra nel mercato il mini computer (non è il portatile mini di oggi, ma un computer grande solo che più piccolo del mainframe). Il mini computer era ancora utilizzato da utilizzatori esperti, ma la capacità domandata dagli utilizzatori era inferiore (circa di 10 megabyte). Sono entrati molti produttori di drive di 8 pollici che fornivano una capacità superiore a quella richiesta dagli utilizzatori e quindi hanno iniziato a rifornire i drive per i mini computer. I produttori di drive per i mainframe che facevano dei drive più grandi con potenza superiore non hanno riconosciuto la necessità nel mercato di investire in drive più piccoli con capacità inferiori perché la loro domanda era già soddisfatta. Solo che nel tempo le capacità fornite dai drive di 8 pollici hanno iniziato a rispondere alla domanda anche dei mainframe computer quindi hanno sviluppato le tecnologie in modo tale da raggiungere con un drive più piccolo una potenza richiesta anche da una tecnologia differente  i produttori del drive da 14 pollici sono usciti dal mercato perché non erano entrati nel mercato degli 8 nel frattempo quelli che hanno prodotto i drive da 8 pollici sono cresciuti.  Nel „79 entra nel mercato il personal computer non solo per gli utilizzatori esperti, ma arriva anche nelle famiglie, per gli appassionati e in molto altri luoghi. L'hard disk del personal computer aveva una dimensione di 5,25 pollici, la capacità richiesta dagli utilizzatori (fra i 4 e i 5 pollici). La traiettoria tecnologica e il tasso di miglioramento di aumento delle capacità dei drive è stato in questo caso molto più veloce rispetto al passato, infatti i produttori dei drive da 5.25 pollici aumentano le performance tecnologiche fino a superare dopo pochi anni anche quelle superiori dei drive da 8 pollici rispondendo anche alla domanda dei mini computer.  Nell‟85 entra nel mercato il computer portatile. Anche stavolta la capacità richiesta degli utilizzatori era più piccola, e chi produceva i drive da 5,25 pollici non ha prodotto i drive da 3,5 pollici che servivano per il mercato dei computer portatili, di nuovo i produttori degli hard disk per il personal computer non hanno riconosciuto l'opportunità di mercato dei drive da 3,5 pollici che rapidissimamente risponde alle necessità dei drive anche per il personal computer 12 Camilla Cavassa – Chiara Pace Ogni volta nel passaggio diminuisce la capacità tecnologica richiesta dalla domanda perché il prodotto diventa meno complesso dal punto di vista dell'uso (utilizzatore anche meno esperto) e quindi chi produceva prima tecnologia definite anche superiori con capacità superiori non entrano nel mercato considerato inferiore in cui non si sapevano quali erano le esigenze, non sapevano se gli utilizzatori a casa avrebbero mai comprato un computer siccome nessuno sapeva come si utilizzava etc. I leader della tecnologia esistente non hanno riconosciuto o comunque non sono entrati nel mercato della tecnologia nuova apparentemente inferiore o comunque diversa che si rivolgeva a un segmento di domanda differente a dei consumatori differenti per un prodotto differente. Ogni volta il drive più piccola è stato disruptive delle base di competenza del drive precedente fino a sostituirlo alla fine, nel tempo nella tecnologia disruptive la performance attesa va alla fine a rispondere alle necessità di performance del mercato principale quindi il mainstream market cresce meno rapidamente (il tasso di crescita della prima linea cresce meno rapidamente mentre il tasso di crescita della disruptive technologies è molto più rapida e in tempi più brevi supera quello del mainstrem market).  IL MERCATO DELL’AUTOMATIC DRIVING (Audi) Nel caso del settore automobilistico oltre ad investire nell'elettrico che è il grande cambiamento tecnologico attuale alcune case (in particolare Audi) stanno investendo anche nella guida senza pilota. Alcune vedono molto rischio e incertezza in questo mercato (chissà quando un utilizzatore vorrà una macchina che non dovrà guidare lui, chissà quando le certificazioni sulla sicurezza approveranno il fatto che un'auto venga guidata senza una persona che la controlli etc.) non ne riconoscono la potenzialità, (anche leader del mercato che magari si ritroveranno nei prossimi anni a uscire dal mercato quando questo si instaurerà come standard dominante) Audi ha già programmato il ciclo di vita dell‟assistente di guida che ancora deve emergere come standard, andando addirittura già a ipotizzare la fase di maturità di questi sistemi in cui avverrà la con la guida automatica  le aziende che guardano più lontano nel tempo sono quelle che hanno maggiore possibilità di rimanere nel mercato (es. Samsung con gli smartphone)  CASO AMAZON VS BARNES & NOBLE Amazon dal 95 al 98 rappresenta l'unica libreria on-line esistente e raddoppia il volume di vendita mensilmente. Negli anni in cui è entrato Barnes & Noble (proprietario di librerie fisiche) prova a introdurre un servizio di vendita on-line e assieme a lui altri produttori importanti lanciano libreria on-line. Amazon mantiene un vantaggio competitivo e ancora oggi è uno dei più grandi distributori (era nato solo come distributore di libri mentre adesso vende qualsiasi cosa). Amazon è il classico esempio di vantaggio da first mover:  afferma di conoscere l'e-commerce più dei suoi concorrenti (avendo utilizzato questo canale da molto più tempo sono più esperti)  investe in risorse umane che sono un'importante a fonte di vantaggio competitivo e di sostenibilità del vantaggio competitivo avendo i lavoratori impegno, passione e competenza. Copiare il modello di business non risultò sufficiente per competere, nonostante il maggior punto di forza nei rapporti con gli editor. 15 Camilla Cavassa – Chiara Pace  sviluppo di dipendenza reciproca  si possono sviluppare le condizioni per una reale collaborazione e per sostenere investimenti specifici senza il rischio di aumentare la possibilità che una delle due parti venga poi ricattata perché se si ha un investimento specifico la parte può approfittare della dipendenza per rinegoziare il contratto, se invece le condizioni contrattuali sono tali per cui c'è dipendenza reciproca e quindi un rapporto collaborativo reale dove si creano dei vantaggi per entrambi gli obiettivi sono allineati e le parti effettuano investimenti specifici a vantaggio della relazione  la produzione sarà migliore, più efficiente, più avanzata tecnologicamente, più dettagliata etc.  Toyota per esempio ha utilizzato una modalità alternativa a quelle appena viste (Ford e Chrysler) ovvero rapporti di lungo periodo con i fornitori sviluppando fiducia e dipendenza reciproca dando tranquillità e sicurezza al fornitore per poter investire in una relazione specifica.  Illy fa formazione per i fornitori (i produttori di caffè)  la formazione è un investimento specifico cioè forma questi produttori perché possano realizzare il caffè con una qualità adeguata, la migliore per Illy. Ovviamente il rischio per Illy è che il fornitore potrebbe produrre il caffè per un altro, tuttavia se il fornitore è rassicurato nella relazione con Illy il fornitore sarà motivato a produrre una qualità adeguata solo per Illy.  sviluppo della fiducia, correlato al punto precedente. 4) MINACCIA DI INEFFICIENZA si verifica quado il valore viene disperso all'interno dell'impresa e deriva dall'incapacità dell'impresa che ha accumulato risorse e competenze di sfruttarle in maniera ottimale con la conseguenza di incapacità di appropriarsi di tutto il valore aggiunto creato. Conseguenze: - se ci sono delle inefficienze si hanno dei costi superiori e una parte del valore viene disperso oppure se le risorse e le competenze non si utilizzano in maniera ottimale si produce meno di quello che si potrebbe produrre quindi lavoratori ad esempio lavorano meno di quanto potrebbero lavorare quindi si produce meno, meno innovazione e il prezzo aumenta di meno; - riduzione del valore aggiunto nel tempo (un impresa che ha già posizione dominante può tendere a non avere quella attenzione interna che porterà ad una riduzione del valore aggiunto);  Gli studi di economia industriale parlavano di inefficienza organizzativa o X-efficiency e dicevano che dal 10 al 40% dei ricavi circa potevano essere dispersi a causa dell'inefficienza in imprese con posizione dominante, imprese leader, imprese con risultati positivi nel tempo  imprese di successo con grande valore aggiunto sono normalmente le più esposte al rischio di distruzione di valore. Oltre che una situazione concorrenziale anche una situazione crisi richiede una riorganizzazione interna che a volte arriva alla riduzione del personale e altre volte invece porta a un cambiamento di strategia che fa si che delle possibili sacche di inefficienza vengano eliminate.  ci sono diversi in momenti nel tempo che possono essere guidati da una crisi di mercato, un riconoscimento di un margine di profitto inferiore rispetto a quello dei concorrenti, di un'efficacia inferiore rispetto a quella dei concorrenti nell'introduzione di prodotti adeguati che possono spingere le impresa ad andare a fondo dei fattori che possono ridurre l'inefficienza interna quindi ogni tanto si sente di imprese che attuano processi di riorganizzazione interna che servono proprio a migliorare delle inefficienze. Un esempio: General Motor negli anni 80 fece un'acquisizione per aumentare le dimensioni entrando in nuovi settori utilizzando molta liquidità tuttavia non si rivelò efficiente non avendo le competenze per poter essere leader in quei mercati o comunque per poter essere dei concorrenti efficace, soprattutto negli anni 90 con una delle crisi che c'è stata nel 93 le imprese anche di grandi dimensioni hanno fatto dei grandi processi di ristrutturazione rifocalizzandosi sulle competenze chiave. Rimedi contro l‟inefficienza organizzativa:  creazione di informazione utile, es. via benchmarking e simulazioni per capire quali sono i costi dei concorrenti, modalità di sviluppo etc.  monitoraggio dei comportamenti (costi elevati) 16 Camilla Cavassa – Chiara Pace  incentivi legati alla performance (individuale e/o di team … problema di osservare il contributo marginale), si fa riferimento al tema dei manager e anche dei dipendenti di creazione di motivazione delle persone a operare in linea con gli obiettivi aziendali  norme, valori condivisi, cultura aziendale etc. ci possono essere dall‟altro lato incentivi alla creazione di una cultura aziendale, valori condivisi, un clima aziendale che fa si che le persone siano motivate a lavorare in linea con gli obiettivi dell'organizzazione e non percepiscono una sensazione di sfruttamento, di scarsa attenzione al lavorator etc.  incoraggiare il cambiamento/intrapreneurship  vincoli alle risorse, le risorse illimitate non scarse non spingono all'efficienza mentre quando le risorse sono limitate si cercherà di scendere scegliere il fornitore a un prezzo più basso, di impegnare meno tempo perché quando il tempo c'è o le risorse ci sono non si spende tempo a trovare soluzioni magari che richiedono più attenzione e che sono meno costose.  free cash flow (la disponibilità di cassa) induce manager a investire in attività che distruggono valore per gli azionisti, invece il vincolo alle risorse o il debito ha un effetto disciplinante sui manager.  debito: effetto disciplinante sui manager, ma senza incorrere in eccessivo indebitamento  può portare a rischi sottocapitalizzazione.  CASO WALMART Strategia: • forte focalizzazione sui costi • propensione al cambiamento MECCANISMI DI PROTEZIONE DA IMITAZIONE • economie di scala: sistema di distribuzione hub&spoke (punto di rifornimento unico per zona) • economie di apprendimento: efficienza nel sistema di carico automezzi, disimballaggio, scheduling lavoro parttime, gestione scaffali, database clienti • switching costs/relazioni: ha convinto fornitori a grandi investimenti specifici nel sistema di gestione ordini e stock (Retail Link) • ritorsione: politiche di prezzo aggressive verso concorrenti RISPOSTA ALLA MINACCIA DI SOSTITUZIONE • fonti di minaccia: nuovi format di commercio alternativi al commercio low-cost Wal-Mart è entrata: - nel commercio all‟ingrosso - nel segmento degli Ipermercati con prodotti food e nofood - nel segmento dei minimarket di quartiere quindi: grande mobilità tra formati diversi RISPOSTA ALLA MINACCIA DI RAPINA • contratta duramente con i fornitori trattando sui prezzi di singoli articoli anche con grandi fornitori – es con Procter & Gamble che fa il 17% dei ricavi tramite W-M. al contrario solo il 3% dei ricavi di W-M sono legati alle vendite di prodotti P&G ma W-M adotta una logica collaborativa verso i fornitori (vd Retail Link) e concede buoni margini • relazioni sindacali conflittuali • forte resistenza a sindacalizzazione • scarsa motivazione impiegati e alto tasso di rotazione • immagine pubblica di impresa troppo attenta a mantenere bassi salari 17 Camilla Cavassa – Chiara Pace STRATEGIE DI INTEGRAZIONE VERTICALE determinano in maniera importante i confini organizzativi di un'impresa perché stabiliscono cosa l'impresa fa all'interno e cosa al di fuori (make or buy)  ci sono tuttavia un continuum di forme intermedie (alleanze, accordi di licenza, franchising etc.) che sono poi tra le forme più frequenti tra le strategie di internazionalizzazione. Riprendiamo due teorie alla base di questo argomento: Teoria di Coase: quando ci sono asimmetrie informative il ricorso al mercato può essere più costoso se il mercato attribuisce dei prezzi più alti rispetto a quello che l'impresa può fare internamente (quando l'impresa fa internamente, controlla totalmente il processo produttivo, l'informazione, i prezzi, coordina le attività etc.). costi di transazione di Williamson: aveva identificato una categoria di costi che sono i costi di transazione (legati alla ricerca dei fornitori, alla stipulazione dei contratti, alla risoluzione di eventuali controversie etc.)  all'aumentare di questi conviene produrre all'interno e non fuori. Fattori legati alle scelte di make or buy:  costi di transazione  se alti conviene IV  costi di produzione: o costi della manodopera (si potrebbe scegliere di produrre in paesi in cui i costi della manodopera sono minori e quindi far scelte di outsourcing internazionale). o economie di scala, se l'impresa ha un mercato grande tale da raggiungere economie di scala con la produzione di quel componente, ha le tecnologie necessarie per svilupparlo, per renderlo avanzato, per innovare etc. allora l'impresa può anche produrre internamente, se invece il livello di produzione necessario per raggiungere delle economie di scala supera la quantità prodotta dall'impresa emerge il ruolo di fornitori specializzati nelle tecnologie, nei componenti etc.  costi di coordinamento, se c'è integrazione verticale all'impresa è richiesta un'organizzazione quindi una burocrazia, una gestione di costi interni di coordinamento più elevati (quelli che vengono chiamati anche costi di agenzia) però se si produce all'esterno c'è un tema di coordinamento dei fornitori soprattutto a livello internazionale di coordinare tempi, qualità etc.  controllo di input es. Ferrero acquista produttori delle nocciole per assicurarsi una fornitura continua e controllarne la qualità.  controllo di output es. una delle leve strategiche del successo di Zara è la rapidità con cui produce modelli e varia modelli portandoli rapidamente sul mercato e per controllarne la rapidità quindi controlla anche la distribuzione mentre a Barilla non converrebbe perché non è un prodotto per cui è necessario un venditore particolare quindi non ha l'interesse o la necessità di investire in una rete distributiva propria per vendere solo la pasta che tra l'altro creerebbe assenza di complementarietà con altri prodotti. I processi di outsourcing diventano sempre più diffusi nel tempo  storicamente le imprese facevano integrazione verticale perché non avevano fornitori sul mercato, il mercato non era talmente grande da poter raggiungere delle economie di scala anche per il fornitore inoltre erano elevati i costi dei trasporti, il costo della comunicazione, il coordinamento fra input diversi (ormai con le nostre tecnologie avanzate come la realtà aumentata è molto più facile trasferire i modelli tra produttore e fornitore, prima era molto difficile) mentre oggi sia per l'evoluzione del settore che per quella tecnologica, informatica, di comunicazione, di trasporto è aumentato il ricorso a questa strategia. Inoltre i processi di outsourcing sono sempre più diffusi specialmente quando i settori maturano e la domanda aumenta perché emerge un mercato molto grande per cui si ha l'opportunità di raggiungere economia di scala da parte di fornitori specializzati più che dall'impresa da sola. La presenza di più fornitori indipendenti fa si che attraverso la concorrenza tra di loro ci siano poi prezzi più bassi, innovazione tecnologica più rapida perché chiaramente le imprese competeranno tra loro in termini di prezzi, qualità, innovazioni, in fornitori indipendenti.. a vantaggio quindi dell'impresa che potrà godere delle economie di scala degli altri e la concorrenza aiuterà anche appunto alla qualità). Quando i settori maturano nella domanda  aumenta emerge la convenienza alla disintegrazione verticale, emergono fornitori specializzati, aumenta la concorrenza e la varietà dei prodotti o servizi che possono offrire cosa che non potrebbe avvenire se tutto questo processo restasse all'interno di una singola impresa che produrrebbe solo il componente per il suo bisogno specifico. 20 Camilla Cavassa – Chiara Pace Quando conviene acquistare sul mercato?  quando i costi di uso della gerarchia (costi di produzione interna) sono elevati a causa dei costi di agenzia i costi di agenzia sorgono all‟interno di un‟impresa quando manager e lavoratori non operano in linea con gli obiettivi di questa (es. comportamenti opportunistici contro l‟interesse dell‟impresa) o quando vi è un uso non ottimale delle risorse umane che comporta costi di monitoraggio o sistemi di incentivi necessari ad evitare comportamenti scorretti. Dunque, i costi di agenzia sono alti quando le attività sono centri di costo (si produce una lavorazione solo per l‟azienda e non per il mercato) e non di profitto. In questo caso si possono generare delle inefficienze difficili da cogliere ed è più conveniente ricorrere al mercato il quale è concorrenziale e ha il compito di regolare l‟attività e l‟efficienza della produzione. Questi costi sono elevati anche quando l‟impresa ha un grande potere di mercato ci sono minori incentivi all'efficienza e quindi possono emergere dei comportamenti inefficienti, non tanto per opportunismo o per incapacità di chi gestisce l'unità ma semplicemente perché non essendoci pressione può essere utile tagliare dei costi e rendere le attività più rapide/più prestanti, azioni che nel tempo generano inefficienze. Esiste qualche correttivo per moderare i costi di agenzia? Essi si possono mitigare ma non eliminare totalmente misurando i salari dei manager e dei dipendenti con una parte variabile che dipende dai risultati Questo, però, non è sempre possibile perché: - Non sempre le attività sono immediatamente legate alle performance aziendali ma quest‟ultime possono dipendere anche da altri fattori. - Incentivi all‟iniziativa e all‟innovatività spesso sono basati su indicatori facili da misurare (es. se l‟indicatore è l'efficienza nel lancio di nuovi prodotti nel mercato dei componenti, il manager potrebbe essere spinto a lanciare molti prodotti riducendone, però, le innovazioni più radicali e i rendimenti più lontani nel tempo).  quando i costi di influenza sono elevati i costi di influenza derivano dal fatto che essendo le risorse delle imprese limitate/scarse, quanto più l‟impresa è grande tanto più all‟interno di essa ci sono manager a capo di unità diverse (es. per la produzione dei componenti, dei prodotti, del marketing, di prodotti in settori differenti etc.) e si genera quello che viene chiamato il mercato interno dei capitali. Fa riferimento all‟allocazione del budget delle risorse dell'impresa alle varie unità ogni manager avrà interesse ad avere un budget, un‟allocazione delle risorse più elevato perché vorrà avere maggiori risorse per poter gestire le attività. In questi casi può essere difficile per la direzione centrale avere sempre informazioni adeguate per poter allocare il budget in maniera ottimale e quindi possono emergere allocazioni non ottimali che derivano da quelle che vengono dette attività di lobbying che determinano, appunto, costi di influenza (es. alcuni manager potrebbero convincere la direzione generale che il ricorso al fornitore esterno farebbe ridurre la possibilità di ottenere economie di scala, sarebbe più costoso etc. e che invece la produzione interna sarebbe più efficiente). Le asimmetrie informative rappresentano un fattore che limita la capacità della direzione generale di valutare le richieste delle varie unità e questo potrebbe comportare scelte inefficienti. *Esempio General Motors: negli anni aveva avuto i costi di fornitura interna dei componenti dell'auto tra i più alti del settore c’era molta integrazione verticale e mantenimento di produzione interna quando all'esterno sarebbero stati più efficienti. Perché il manager dovrebbe convincere la direzione a mantenere all'interno l’allocare delle risorse? Per un elemento di potere, di ruolo nella gestione di un‟unità che potrebbe chiudersi all‟interno dell‟impresa sono comportamenti dettati anche da motivazioni personali che possono essere differenti da quelle dell‟impresa. 21 Camilla Cavassa – Chiara Pace Quando conviene l'integrazione verticale?  quando ci sono elevati costi di coordinamento tra attività della catena del valore es. Zara, c‟è coordinamento fra le varie attività per la gestione dei tempi. Questi costi sono elevati anche quando i processi produttivi possiedono molti attributi di design, ovvero caratteristiche che devono essere combinate e sincronizzate con grande precisione (es. caratteristiche tecnologiche, specifiche di componenti che devono essere esattamente integrati in un determinato processo produttivo, il timing, l‟abbinamento di parti di meccanica di precisione). Quindi in questo caso il coordinamento interno necessario può superare i vantaggi da ricorso al mercato e l'attività interna riesce a gestire meglio le interazioni fra tutti questi attributi di design. *Esempio Benetton: ha sempre esternalizzato molta produzione anche in Cina di tanti elementi della catena del valore ma ha sempre fatto la colorazione dei tessuti in Italia perché il bagno di colore è talmente preciso che se non viene fatto tutto insieme può portare a colori non esattamente uguali (il colore è un elemento distintivo per questo brand). Il coordinamento è importante nella logistica e nei tempi di consegna in diversi settori del Made in Italy (ma anche in Zara). *Esempio Diesel: produce in casa diverse linee di jeans per mantenere il controllo su misure, stili e colori e garantire ai dettaglianti l’assortimento necessario nei tempi richiesti  quando ci sono elevate probabilità di spillover informativi se l‟impresa ricorre ai fornitori deve condividere con essi qualche informazione relativa al processo produttivo, se queste informazioni sono rilevanti e fonti del vantaggio competitivo per l‟impresa non è conveniente ricorrere al fornitore e trasferire le informazioni rilevanti (es. formula segreta di Coca Cola che produce in casa uno sciroppo per la bibita mentre il resto è fatto dai fornitori, Illy in cui tante fasi della catena produttiva sono integrate per mantenere all'interno le competenze critiche, Benetton che ha una grande rete di subfornitura ma accentra scelta colori-preparazione modelli e tintura tessuti).  quando ci sono elevati costi di transazione sono costi dovuti allo scambio- al di là del prezzo di scambio- poiché si riferiscono alla ricerca di clienti, alla negoziazione con i fornitori, ai costi di contratto, ai costi per prevenire comportamenti opportunistici e ai costi eventuali nei casi di controversie. Qual è l'origine dei costi di transazione? 1. Impossibilità a stipulare contratti completi, cioè contratti che prevedono tutte le possibili contingenze ed eventi che si possono verificare. Nella teoria economica i contratti possono non essere completi a causa di: - agenti limitatamente razionali - informazione asimmetrica fra le parti (chi ha maggiori informazioni non necessariamente le vuole condividere tutte nel contratto) - complessità difficoltà di specificare e valutare in anticipo le prestazioni contrattuali può riguardare il fatto che all'interno della produzione di un componente ci sono molti elementi di complessità che è difficile prevedere ma anche perché possono essere incluse nella produzione delle componenti delle attività di innovazione, sviluppo e ricerca legata alla tecnologia del componente che sono di loro natura incerte e quindi difficilmente prevedibili nell‟ambito dei contratti difficilmente la ricerca si acquista sul mercato tramite contratti, piuttosto si fanno delle forme di collaborazione intermedie. 2. Importanza di relationship-specific assets. Tali investimenti specifici comprendono: - localizzazione impianti - macchinari e impianti dedicati - specificità del capitale umano 22 Camilla Cavassa – Chiara Pace Perché se ci sono investimenti specifici nella relazione tra fornitore e acquirente i costi di transazione aumentano? Nella relazione tra fornitore e cliente, esistono due casi che comportano l‟emersione di investimenti specifici: a) FORNITORE  dipende da  IMPRESA: il fornitore produce un componente per l'impresa investendo in macchinari dedicati, capitale umano dedicato, impianti localizzati vicino all'impresa, risorse specifiche per quell'impresa con la parola “dedicati” intendiamo che il fornitore non potrà riutilizzare senza costi i suoi investimenti effettuati specificatamente per quell‟azienda (investimento specifico per un determinato acquirente). L‟investimento rappresenta un grado di dipendenza del fornitore dalle decisioni dell‟impresa e ciò comporta un aumento anche del potere negoziale dell'impresa nei confronti di questo fornitore. Ciò significa che il fornitore rischia perché l‟azienda sapendo che esso ha fatto investimenti specifici per lei (e solo lei) potrebbe rinegoziare le condizioni contrattuali chiedendo per esempio una riduzione del prezzo di alcuni componenti. Il fornitore probabilmente dovrà accedere a questa richiesta di rinegoziazione perché il costo di riconversione, di riutilizzo delle sue risorse all'esterno potrebbe essere molto elevato. = quindi quando ci sono investimenti specifici molto elevati, il fornitore potrebbe decidere di investire meno nella relazione, di produrre un componente meno specializzato per le richieste dell'impresa perché altrimenti l‟impresa potrebbe adottare un comportamento opportunistico e rinegoziare il contratto. b) IMPRESA  dipende da  FORNITORE: quest‟ultimo non effettua investimenti particolarmente specifici, realizza il suo componente (es. Intel) e l'azienda produttore di computer disegna il resto della progettazione del pc in maniera funzionale al montaggio del microprocessore Intel se questa decide di aumentare il prezzo, l'acquirente del computer (es.IBM, Lenovo) dovrà accettare questa rinegoziazione del contratto perché se non lo facesse dovrebbe ritrovare un altro fornitore di componenti che possa essere esattamente integrato nel computer (nel caso dei microprocessori non esiste). Le imprese (IBM, Lenovo) hanno effettuato un investimento specifico nell'acquisto del componente di Intel che si integra in modalità specifica in quel prodotto, che aumenta la dipendenza da Intel e ne riduce il potere negoziale. = quindi quando l‟impresa deve sostenere costi elevati rischiando di dover dipendere sempre di più dal fornitore, dove è possibile essa integra verticalmente ed elimina i costi di transazione all‟aumentare della specificità degli investimenti, aumenta la convenienza all‟integrazione verticale. [In alcuni casi gli investimenti sono specializzati: entrambe le parti investono uno nell'altro e allora si può instaurare un rapporto più collaborativo che limita il rischio di rinegoziazione dei contratti all‟opportunismo] 3. quasi-rendite e hold-up problem. Quando una parte del mercato investe in attività specifiche per la transazione ricava delle quasi-rendite dalla transazione rappresentano il prezzo aggiuntivo cioè quella distanza fra il costo che pagherebbe l'impresa (prezzo) e il costo di produzione del fornitore, quella parte di rendita che può essere internalizzata dalla parte che ha maggiore vantaggio. L'azienda che non effettua investimenti specifici cercherà di internalizzare la rendita della transazione. Se noi abbiamo un margine di prezzo che era stato fissato dal fornitore per un determinato componente e un costo di produzione, l'impresa che acquista da un fornitore che ha fatto investimenti specifici, impianti, macchinari e persone cercherà di rinegoziare il contratto spostando il prezzo del componente vicino al costo questo rappresenta la quasi-rendita cioè quella parte che può essere negoziata dall'impresa che gode di maggior vantaggio. 25 Camilla Cavassa – Chiara Pace Quali sono gli SVANTAGGI? - Difficoltà di coordinamento tra produzione interna e produzione esterna - Dal punto di vista dei costi l'impresa all'interno produce un quantitativo inferiore a quello totale e quindi può perdere delle economie di scala distribuendo la produzione internamente ed esternamente (duplicazione dell‟attività tra interno ed esterno) - I manager possono tentare di mantenere la produzione interna anche se questa diventa inefficiente L‟integrazione parziale costituisce un‟alternativa all‟integrazione verticale e non una soluzione intermedia che si frappone tra le due situazioni estreme di mercato ed integrazione verticale. Però, ci possono essere situazioni in cui né il mercato né l‟organizzazione interna rispondono pienamente agli obiettivi dell‟impresa e quindi si ricorre a soluzioni intermedie tra mercato ed impresa (rapporti di collaborazioni di lungo termine, joint venture e alleanze strategiche, contratti impliciti fra imprese etc.) Si ricorre alle forme intermedie quando: - È difficile stipulare contratti completi (oggetto transazione poco standardizzato, razionalità limitata, incertezza su cambiamenti contesto) - Le transazioni sono complesse tanto da mettere a dura prova i contratti tipici del diritto commerciale - Ci sono elevati investimenti specifici e c‟è il rischio di comportamenti opportunistici (hold-up) - Per una singola parte è troppo costoso acquisire tutte le risorse/competenze necessarie per svolgere un‟attività (causa alti costi fissi/indivisibilità o curva di apprendimento molto ripida) può essere difficile che l'impresa investa parallelamente in tecnologie differenti, in sistemi di distribuzione alternativi e di proprietà, che metta in atto processi produttivi, di sviluppo e di innovazione per tanti componenti differenti. - La transazione è transitoria ed è difficile prevedere se si ripeterà in futuro conviene attuare forme collaborative per quelle produzioni non ancora stabilizzate all‟interno dell‟impresa - I contratti di lungo il periodo sono poco convenienti - Ci sono barriere legali per produrre in determinati paesi è necessaria una joint venture con imprese locali (es. Cina 10 anni fa) 26 Camilla Cavassa – Chiara Pace Gli obiettivi delle forme intermedie possono essere divisi in 3 grandi gruppi: 1. EFFICIENZA - Riduzione dei costi ed economie di scala - Miglioramento della qualità dei prodotti e aumento dei ricavi riguarda la crescita - Razionalizzazione dell'attività di produzione e/o possibilità anche di rilocalizzazione produttiva - Riduzione dei tempi necessari  ad es. per aumentare la quota di mercato, per sviluppare un nuovo prodotto o un nuovo processo, per entrare in un nuovo mercato geografico, per costruire una rete di distribuzione etc. 2. INNOVAZIONE - Sfruttamento complementarità tra risorse tangibili e intangibili (es. laboratori, scienziati, inventori, brevetti, conoscenze di Ricerca e Sviluppo in campi differenti) destinate alla Ricerca e Sviluppo, per lo sviluppo di nuovi prodotti tramite l’integrazione es. la produzione degli smartphone integra tecnologie diverse prodotte da diverse imprese. L‟integrazione permette l‟apprendimento reciproco utile per creare e sostenere il vantaggio competitivo, distribuzione dei costi e dei rischi dell'attività di Ricerca e Sviluppo, unione/scambio di tecnologie per aumentare la competitività e l‟appropriabilità (es. patent pool o cross licensing in alcuni settori le imprese che producono e brevettano tecnologie differenti hanno bisogno di unire tali tecnologie per poter operare nel mercato perché la produzione di un prodotto integra diverse tecnologie e non necessariamente l'impresa all'interno possiede i brevetti di tutte le tecnologie necessarie, quindi per poter realizzare quel prodotto necessita della licenza detenute da altri. Frequente nella produzione di semiconduttori, di prodotti elettronici complessi, soprattutto in imprese grandi che possiedono ampi portafogli di brevetti ma comunque non è una forma molto frequente poiché spesso le imprese preferiscono godere di un vantaggio competitivo rispetto ai competitors proteggendosi dalla loro imitazione). 3. INTERNAZIONALIZZAZIONE - Vincoli legislativi  a volte le joint venture rappresentano una modalità obbligata per entrare in alcuni mercati esteri a causa delle politiche protezionistiche di questi paesi (es.Cina) - Vincoli stabiliti dalle imprese estere alcuni paesi in via di sviluppo colgono l'occasione delle joint venture con imprese che vogliono entrare nel loro mercato emergente, per sviluppare competenze tecnologiche-produttive e capacità manageriali all‟interno delle proprie imprese locali - Vantaggi per le imprese favorire lo scambio di conoscenze reciproche (riduce liability of foreigness), ridurre il costo di accesso al mercato, avere maggior accesso alle risorse, conoscere la domanda locale, avere accesso ai canali di distribuzione, ottenere legittimazione nel paese straniero della presenza dell'impresa. In alcuni casi permette anche di districarsi fra le complicazioni burocratiche e amministrative che sono invece persistenti nei paesi di residenza. L‟internazionalizzazione nella maggior parte dei casi è importante per le piccole e medie imprese (es. consorzi per export) ma sta diventando sempre più importante anche per le grandi. I fattori che spingono anche le grandi imprese verso queste forme intermedie sono:  Globalizzazione e competizione  Innovazione continua e competizione basata sul tempo è più rapido entrare nel mercato attraverso forme intermedie piuttosto che sviluppare internamente tutte le competenze  Importanza della flessibilità del lavoro, delle strutture, della produzione rapidità e capacità di sfruttare possibili fonti di efficienza. In molti casi la localizzazione di unità produttive all‟estero ha l‟obiettivo di sfruttare input produttivi a costo più basso (es. manodopera, terreni, fabbricati etc.) *La joint venture rappresenta una nuova unità che si forma con il capitale di almeno due imprese. Nel caso dell‟internazionalizzazione è formata dall'impresa multinazionale che vuole creare un'unità produttiva commerciale in un paese estero e da un‟impresa locale: in tal modo nella nuova unità si creano le opportunità per lo scambio e l'apprendimento da parte dell'impresa locale di tecnologie, competenze manageriali, modelli di business e modalità organizzative che la aiutano a crescere. Allo stesso tempo si creano le condizioni, ad esempio, per maggiori assunzioni di personale locale integrazione nel contesto locale di nuove imprese che evitano la presenza di sole imprese internazionali le quali riportano i capitali solo all'esterno. 27 Camilla Cavassa – Chiara Pace rappresenta un importo fisso-fee-e una parte variabile-royalty-che dipende dalle vendite del prodotto) a quelle di quasi-integrazione (es. joint ventures  due imprese con capitale diverso si mettono insieme per crearne una sola) e a forme di integrazione vera e propria (es. acquisizioni e fusioni  integrazione attraverso il mercato). LE DIREZIONI DELLE COLLABORAZIONI  Relazioni verticali. Contratti o accordi di lungo periodo tra attori che appartengono a fasi diverse della filiera produttiva (es. contratti tra clienti e fornitori all'interno dei quali possono esserci forti scambi di competenze, di know-how, possono ridursi i problemi di opportunismo, può aumentare la fiducia tra le parti per essere più efficienti etc.)  Relazioni orizzontali. Contratti o accordi tra imprese concorrenti (es. per aumentare le quote di mercato, per rispondere o attaccare altri concorrenti, per unire le competenze ed entrare in mercati altrimenti impenetrabili etc.) o complementari (importanti nei casi di esternalità di rete in cui le imprese si accordano per far emergere uno standard del settore). LE FORME DI COLLABORAZIONE INTERMEDIE TRA MERCATO ED INTEGRAZIONE VERTICALE  LICENZE  ACCORDI DI SUBFORNITURA  ACCORDI COMMERCIALI/DI DISTRIBUZIONE  ACCORDI DI RICERCA E SVILUPPO  FRANCHISING  CONSORZI  JOINT VENTURE  ACQUISIZIONI E FUSIONI LE MOTIVAZIONI E GLI OBIETTIVI PRINCIPALI DELLE DIVERSE FORME Esistono diverse forme poiché ciascuna è adatta ai diversi obiettivi elencati precedentemente c‟è, infatti, un continuum di forme di collaborazione poiché si passa da forme di quasi- mercato (es. licenze si trasferisce una risorsa intangibile come invenzioni brevettate o marchi, attraverso un contratto ed un corrispettivo. Il licenziante da la possibilità al licenziatario di utilizzare la conoscenza contenuta in un marchio o brevetto nel proprio processo produttivo, dietro un corrispettivo che Negli accordi di subfornitura conta maggiormente l‟efficienza, quindi il raggiungimento di economie di scala. Questo vale anche per gli accordi commerciali, per i quali però è più importante l'internazionalizzazione per entrare in mercati stranieri. Gli accordi di Ricerca e Sviluppo rispondono essenzialmente ad obiettivi di innovazione, le licenze possono avere come scopo l‟efficienza (es. riduzione di costi e tempi di entrate nel mercato) ma anche l‟innovazione (es. utilizzo di tecnologie di altri per innovare) e di internazionalizzazione (es.entrare in nuovi mercati concedendo in licenza ai produttori esteri la possibilità di realizzare e vendere i propri prodotti oppure di venderli con il proprio marchio). Il franchising ha motivazioni di efficienza (es. riduzione di costi e tempi di creazione di una rete distributiva) e obiettivi di internazionalizzazione molto rilevanti (es. vendita e distribuzione dei propri prodotti in molti paesi riducendo i tempi di entrata rispetto alla creazione di negozi di proprietà). I consorzi sono forme di collaborazione tra le imprese prevalentemente di piccole dimensioni, che rispondono a motivi di condivisione di risorse e quindi hanno obiettivi di efficienza, di innovazione quando si tratta di consorzi di ricerca e sviluppo e di internazionalizzazione quando si tratta di consorzi per l'export. Un consorzio ad esempio potrebbe fornire dei servizi ai partecipanti (es. analisi di mercato, viaggi) che la singola impresa non potrebbe sostenere. Potrebbe inoltre fornire maggiore potere contrattuale (es. consorzi di acquisto). Queste tipologie rappresentano forme di collaborazione che avvengono tramite contratti. Le joint ventures e le fusioni e acquisizioni, invece, sono forme più vicine all‟integrazione. Nella JV si hanno motivazioni di efficienza (es. condivisione delle risorse per evitare duplicazioni di risorse), di innovazione (es. per svolgere attività di Ricerca e Sviluppo, realizzazione di nuovi prodotti che mettono insieme tecnologie complementari) e di internazionalizzazione (es. necessari per superare i vincoli legislativi). Le fusioni e acquisizioni sono la forma di integrazione vera e propria, hanno scopi di efficienza (es. ridurre il numero di imprese sul mercato quando esso non sostiene un numero elevato di concorrenti diversi), di innovazione ed internazionalizzazione. 30 Camilla Cavassa – Chiara Pace PUNTI DI FORZA PUNTI DI DEBOLEZZA JOIN VENTURE *si preferisce operare in una joint venture piuttosto che acquisire al 100% un'altra impresa perché da una parte le imprese che partecipano alla joint venture preferiscono mantenere il proprio controllo, ottenendo comunque un risparmio in termini di costi e di rischi  Condivisione di costi e rischi  Possono accelerare il processo di innovazione poiché mettono insieme tecnologie diverse  Possono facilitare lo sviluppo internazionale  Favoriscono l'accesso a competenze tecnologie complementari  Le imprese che si mettono insieme devono concordare gli obiettivi quindi definire degli obiettivi comuni nell'ambito dell'impresa  Può essere difficile esercitare il controllo strategico  Quando le imprese sono gestite al 50% può essere difficile esercitare il controllo strategico e possono emergere conflitti difficilmente risolvibili con una distribuzione della proprietà, quindi le parti sono obbligate ad avere obiettivi allineati. Se siamo in una situazione in cui una parte ha la maggioranza e l'altra partecipa con un controllo proprietario è più facile per l'impresa che la maggioranza esercitare il controllo strategico e definire le linee degli accordi  Possono accadere dei giochi di potere bilaterali quando le imprese che partecipano alla joint venture sono più di 2  Possono esservi problemi nella gestione della proprietà intellettuale  le imprese che apportano le conoscenze tecnologiche e produttive vogliono cercare di mantenere la proprietà intellettuale cioè non trasferire troppe informazioni alle imprese che partecipano alla joint venture evitando appunto di perdere delle competenze chiave  questo può essere difficile limitare o evitare che l'impresa che apprende nuove tecnologie anche brevettate all'interno della joint venture poi le utilizzi nell'ambito delle proprie attività FUSIONI E ACQUISIZIONI  Accesso a una vasta base di competenze, risorse e clienti  Maggiore efficienza  le imprese si fondono evitando duplicazione di risorse, ma mettendo insieme competenze diverse produttive. di mercato. copertura geografica etc. Sia per quanto riguarda le fusioni che per quanto riguarda le acquisizioni e vedremo che le acquisizioni hanno in molti casi un obiettivo di accedere a competenze di cui l'impresa non è dotata  Investimento considerevole  Nelle fusioni soprattutto è necessario gestire i rapporti di potere  due imprese che si fondono portano il proprio management, la propria cultura organizzativa, manageriale, management & top management che tenteranno di mantenere posizioni di potere etc.  Irrigidimento dei costi perché l'impresa diventa più grande  Difficoltà di integrazione  una volta concluso il contratto si crea un'impresa nuova e le imprese si devono integrare nel nei grandi processi di ristrutturazione, ma anche nell'operatività, nell'unione di cultura, diversa base di competenza differenti etc. quindi ci vuole un'estrema attenzione e soprattutto i tempi non necessariamente sono brevi per realizzare un'effettiva integrazione delle imprese Può essere che le grandi imprese non concedano licenze poiché le tecnologie cambiano rapidamente? No, perché è vero che le licenze dopo qualche tempo “scadono” o che la tecnologia dopo qualche anno sarà obsoleta, ma questo è un problema che ricade su chi ottiene la concessione della licenza il quale deve cercare di sfruttarla al massimo e rapidamente, non su chi la cede la rapidità della tecnologia è un problema per chi la acquisisce. Le concessioni di licenze, inoltre, non sono così diffuse ed efficienti perché lo scambio e l'utilizzabilità delle tecnologie è complesso è difficile definire un contratto in cui viene trasferita tutta la conoscenza 31 Camilla Cavassa – Chiara Pace tacita per poter realizzare il prodotto. Il licenziatario, infatti, ha necessità di conoscere bene la tecnologia per poterla poi portare sul mercato e il licenziante dovrà scegliere il licenziatario che possiede queste competenze per fare sì che la sua tecnologia possa avere successo nel mercato. Quando l'impresa da in licenza una tecnologia dovrà scegliere bene il licenziatario perché in seguito alla concessione il licenziante non controllerà più il processo produttivo, il processo di marketing, la comunicazione: il rendimento e le sue royalty dipenderanno dalla strategia di un'impresa che non può controllare. Come le imprese che utilizzano il franchising possono limitare i punti di debolezza? - nei contratti sono definite delle modalità, negozi che seguono determinati standard, utilizzo del logo, determinati arredi etc. che sono fondamentalmente definite dall'azienda e devono essere rispettate in più possono essere previste ispezioni e monitoraggi da parte di manager che verificano in loco la qualità del servizio offerto l'organizzazione del lavoro. - risultati di vendita  le imprese attraverso ormai dei sistemi di gestione interna di raccolta dei dati possono controllare in tempo reale le performance - possono sfruttare questi sistemi di raccolta dei dati per analizzare e raccogliere informazioni sui mercati - organizzare eventi di ritorno di informazione da parte dei franchisee non solo di tipo di quantitativo che si possono leggere attraverso i dati delle vendite (sempre di più si cerca di integrare e di compensare il fatto che la rete non è interna all'impresa ma esterna). Fra le forme di collaborazione analizziamo anche due forme specifiche emerse in Giappone:  SUPPLY CHAIN MANAGEMENT e i CONTRATTI DI LUNGO PERIODO realizzati nelle reti di subfornitura giapponese.  Tipico esempio di collaborazione sono le reti di subfornitura giapponese dove la subfornitura avviene attraverso contratti di collaborazione a lungo termine con i fornitori  nel lungo periodo si riducono i pericoli di opportunismo perché le imprese sanno che possono contare su quella relazione nel tempo non vi è rischio di interruzione della fornitura o dell'accordo per cambiamento della decisione delle parti  queste relazioni sono sempre basate su fiducia tra le parti e questo è molto insito anche nella cultura giapponese.  I giapponesi esternalizzano e collaborano anche nelle fasi di progettazione e test dei prototipi  i fornitori giapponesi fanno anche grandi investimenti specifici per i clienti (per esempio linee di assemblaggio totalmente dedicate) perché hanno fiducia nella relazione tra le parti e non hanno il timore di essere ricattati se effettuano investimenti specifici migliorando qualità, tempo, efficienza e investendo in innovazione che altrimenti non avverrebbe per il rischio di investimenti specifici.  KEIRETSU sono reti, network di rapporti anche fra le imprese di settori diversi.  Membri con forti legami istituzionali  I legami sono rafforzati anche da affiliazioni sociali e relazioni personali fra i manager.  Il coordinamento è facile e maggiore e non vi è rischio di hold up (la fiducia è un elemento fondamentale). Esempio di struttura di un keiretsu in cui vi è una principale impresa industriale, una banca, un'assicurazione e altri affiliati che sono imprese membri del keiretsu. All'interno vi sono rapporti di collaborazione, di fiducia, di interscambio con forti legami e percentuali di proprietà che talvolta non sono neanche grandi, ma determinano una strutturazione e formalizzazione del legame.  alcune ricerche mostrano che non tutti i keiretsu hanno i vantaggi attesi0  i membri ottengono prestiti sia delle banche centrali per esempio che da banca esterne quindi non è detto che i membri poi svolgono tutte le attività all'interno del keiretsu se al di fuori ci sono delle opportunità maggiormente profittevoli  i membri hanno anche attività di business all'esterno dei keiretsu  la profittabilità è stata sempre nella media, non superiore  la profittabilità nella media suggerisce che le imprese possano incorrere in qualche rischio di inefficienza perché si preferisce un fornitore o una relazione di business con un membro all'interno del keiretsu che magari non è efficiente come quella all'esterno 32 Camilla Cavassa – Chiara Pace PROBLEMI DERIVANTI DA DIVERSI TIPI DI FORME INTERMEDIE - fughe involontarie di informazioni strategiche ne avevamo parlato per il licensing, per gli accordi di ricerca e sviluppo, ma questi possono essere rilevanti anche in accordi commerciali es. fughe involontarie di informazione sui clienti come l'elenco dei clienti di un azienda (rappresenta uno dei valori più importanti); - carenza di meccanismi formali per risolvere rapidamente conflitti - impossibile eliminare completamente i costi di agenzie e di influenze che si hanno nell'integrazione verticale  soprattutto nelle integrazioni come fusioni e acquisizioni o nelle joint venture - Cosa induce generalmente le parti a rispettare gli accordi? - l'ammontare di investimenti specifici o idiosincratici - l'esperienza e la fiducia - le relazioni extra contrattuali - la minaccia di non collaborazione futura quindi sostanzialmente le parti sono indotte a rispettare gli accordi perché hanno una convenienza derivanti dal fatto che le parti entrambe o più di una effettuano investimenti specifici sviluppano relazioni di fiducia di lungo periodo e hanno l'intenzione di collaborare anche in futuro quindi rischiano di uscire dalla collaborazione e poi di non poter continuare a ottenere i vantaggi da questa collaborazione BUSINESS PLAN Il business plan viene fatto non solo come piano di business dell'intera impresa, ma anche come piano di business per una nuova attività dell'impresa: il lancio di un nuovo prodotto, l'entrata in un nuovo mercato geografico etc.. Viene fatto sia da imprese esistenti o ogni qual volta vogliono entrare in un nuovo mercato introdurre un nuovo prodotto. Molto spesso il business plan è necessario per la creazione di un'impresa innovativa, per processi di imprenditorialità, per fondatori o potenziali fondatori di nuove imprese che hanno un'idea innovativa, per ottenere dei finanziamenti… per lo sviluppo della nuova idea hanno una necessità di realizzare un piano di business quindi parte da 0 e illustra nel piano gli obiettivi, la strategia dell'impresa, concorrenti, mercato, analisi del settore, costi, persone che ci lavoreranno, processi produttivi etc., insomma tutti gli elementi che raccontano e misurano i costi e ricavi attesi dell'impresa nel tempo con dei bilanci, delle analisi finanziarie etc. PROCESSO DEL BUSINESS PLAN: 1) Innanzitutto si parte da una business idea da introdurre sul mercato es. nuova app 2) Si fa una prima pre-verifica formale in cui si va a vedere se c'è già qualcuno sul mercato, se l‟idea potrebbe funzionare etc. e se si trova che non potrebbe funzionare o perché non c'è un reale mercato, o perché dal punto di vista tecnico non potrebbe funzionare o per un qualunque altro motivo si può arrivare a uno stop  fra tutte le invenzioni brevettate vengono utilizzate sul mercato in prodotti-processi circa il 65%, circa il 20% di invenzioni viene mantenuto all'interno delle imprese, circa il 15% viene mantenuto anche se non utilizzato per proteggersi dai concorrenti e circa il 10% sono invenzioni che o non hanno un valore o sono definite sleeping cioè non hanno un mercato sono dell'idea anche interessanti ma poi costa troppo portarle sul mercato o non sono accolte dalla domanda. 3) Se si supera la pre-verifica si parte con la definizione di un idea di business  per definire l'idea di business: - si analizza il settore in cui opera, si definisce quello di business - si configura il servizio, packaging si distribuisce… 4) si va avanti con il business plan  in cui si metterà tutto quanto necessario per poter analizzare quali sono i costi e ricavi attesi nei primi anni per verificare la profittabilità di un investimento in questo settore o in questo business. 35 Camilla Cavassa – Chiara Pace b) Sezione economico-finanziaria contiene le proiezione di calcolo, quindi dati quantitativi, contiene quindi:  conto economico e stato patrimoniale previsionale (per un periodo che va ad almeno 3 – 5 anni)  proiezioni finanziarie (stime di rendimento economico e di performance finanziarie del progetto)  ritorno atteso del capitale investito sia per i promotori dell'iniziativa che per gli eventuali finanziatori Le due parti sono tra loro collegate perché i dati quantitativi che si andranno ad inserire nella seconda sezione dipenderanno dalle analisi fatte nella prima (es. il costo dei dipendenti da inserire nel conto economico dipenderà da quanti dipendenti ci sono e questi verranno inseriti nella prima sezione o come il prezzo di vendita dipenderà dall’analisi del mercato e della concorrenza etc.) *Per una impresa esistente può essere più facile fare delle previsioni di mercato, di costi etc. mentre per un'impresa nuova fare delle stime richiede una maggior lavoro, un maggiore studio perché non si hanno esperienze precedenti ARTICOLAZIONE DEL BP: 1. business idea 2. definizione del business, quindi analisi del prodotto/mercato, analisi del settore e articolazione della strategia (posizionamento strategico, strategia di differenziazione o di leadership di costo etc.) 3. piano operativo (che comprende anche il piano di marketing) 4. struttura organizzativa e management 5. forma giuridica e risorse finanziarie 6. piano economico-finanziario 7. analisi del rischio 8. allegati (curriculum vitae dei fondatori e nel caso si tratti di una nuova impresa studi di settore previsioni di mercato etc.) 1) BUSINESS IDEA Introduzione e mission  l'introduzione deve subito far comprendere a chi legge gli obiettivi e la strategia aziendale. Ci sono a volte dei business plan che partono raccontando in generale un settore, possibili innovazioni etc. insomma fanno delle lunghe introduzioni dove si capisce cosa intende fare l‟impresa, ma non in maniera concisa e schematizzata, cosa che invece dovrebbe fare un‟introduzione. A questa breve introduzione deve seguire la mission  il messaggio contenente la natura e le finalità dell'azienda e deve contenere:  i benefici dell'offerta per il consumatore  il target di clientela  la politica di pricing adottata (non tanto il prezzo quanto la strategia che può essere di leadership di costo, differenziazione etc.) Ovviamente queste cose andranno poi elaborate in maniera più specifica con il BP, ma devono comunque essere riassunte all'inizio per capire l'azienda che cosa sta producendo e vendendo quindi nella presentazione della business idea si parte da un'introduzione e poi si va alla presentazione della business idea dove saranno illustrati gli obiettivi di fondo cioè i valori chiave per esempio il rispetto dell'ambiente, la missione e la visione. Per missione si intende:  di cosa si occupa l'impresa  le ragioni della sua esistenza, il suo core business, quali bisognava soddisfare  come si distingue dai concorrenti Per visione si intende:  cosa vuole essere l'impresa  quali sono gli obiettivi da raggiungere nel medio-lungo 2) DEFINIZIONE DEL BUSINESS  obiettivo di questa sezione è quello di descrivere l'ambiente in cui l'azienda opera o andrà ad operare e di come l'azienda intende posizionarsi nel mercato in termini di offerta e posizionamento competitivo. 36 Camilla Cavassa – Chiara Pace Affrontando i seguenti temi: - analisi dell'azienda. Se il piano è riferito ad un'azienda già operante sul mercato  bisogna introdurre chi è l'azienda, quando è stata fondata, da quanti anni esiste, la forma legale, competenze maturate, eventi di carattere straordinario (fusioni, cessioni, cambiamenti di manager etc.), se l'azienda appartiene ad un gruppo industriale o è un'azienda autonoma etc.. Se il piano è riferito ad un'azienda nuova  occorre descrivere i partecipanti alle iniziative, lo stato di sviluppo dell'attività quindi dove l'azienda si colloca, se i soci hanno già attivato le risorse finanziarie necessarie, a che punto sono della realizzazione del prodotto, se hanno già acquistato ad esempio un capannone etc. è importante andare a definire questo perché anche lo stadio di avanzamento della realizzazione influenzerà i possibili finanziatori (se l'azienda deve ancora progettare tutto, la fattibilità richiede un orizzonte temporale più lungo quindi le stime di ricavi e costi potranno essere meno precise, se invece l'azienda ha già fatto tutto il prototipo, ha già acquisito impianti etc. sarà più facile fare delle stime di costi, ricavi e tempi in cui iniziare a portare i prodotti sul mercato). - analisi del prodotto e mercato  si passa a descrivere l'offerta alla base del business e associare prodotti e servizi al target (questo servirà perché si capisca che quei prodotti servizi sono mirati a degli specifici clienti). Se si ha un'idea ampia o generica che possa in principio andare bene per molti ma che non sia stata già sviluppata per rispondere ad esigenze specifiche si corre il rischio di defocalizzazione della propria azione imprenditoriale (nel comune errore di considerare la propria offerta valida per tutte le stagioni) che potrebbe portare ad una sovrastima della propria domanda (perché se si ritiene il prodotto valido per una clientela con caratteristiche differenti il prodotto poi non risponde a queste esigenze e si potrebbe pensare di avere una domanda più ampia di quella reale). Bisogna stare attenti a non fare l'overselling cioè convincere di una validità del progetto che è più ampia di quella reale altrimenti si perde la credibilità nella proposta. Per farlo bisogna segmentare la domanda ossia analizzare i consumatori facendo riferimento alle classiche variabili di segmentazione:  socio demografica (età, reddito, area geografica…)  psicografiche  basate sui vantaggi perseguiti cioè sulla valutazione dei vantaggi percepiti dal prodotto da parte del consumatore da parte del consumatore (surplus del consumatore)  comportamentale basato sul comportamento di acquisto. Sulla base della segmentazione della domanda poi si andrà a definire come il prodotto servizio offerto dall'impresa risponderà a degli specifici segmenti di mercato (targeting) e questo processo di individuazione del target consentirà di studiare come l'offerta è in grado di soddisfare le attese del mercato la domanda e a chi è rivolta il target. Dall‟associazione di prodotti/servizi ad una determinata fascia di clientela nascono le aree di affari, ossia le aree cui è possibile scomporre l‟attività d‟impresa. Per essere efficaci è necessario che le stesse siano:  significative cioè che abbiano delle dimensioni economiche importanti tali da giustificare l'investimento  accessibili cioè efficacemente (economicamente) raggiungibili dall'impresa  andrà quindi a vedere le barriere all‟entrata, i concorrenti, che tipi di investimenti devono essere fatti.. - analisi del settore. Il focus dell‟indagine si sposta ora sulle caratteristiche dell‟offerta, cioè sui competitori, sulla struttura dei canali distributivi e sul mercato di approvvigionamento studiando in definitiva strutture caratteristiche dei fornitori a monte e dei canali distributivi a valle. L'impresa potrà procedere a creare delle mappe competitive (mappe di posizionamento strategico) attraverso le quali l‟impresa potrà verificare l’adeguatezza e l’efficacia di una strategia (anche confrontandola con le strategie già attuate dai concorrenti) e potrà inoltre verificare eventuali opportunità di mercato latenti (laddove le mappe facciano emergere un determinato segmento di clientela scoperto). Si andranno a vedere i concorrenti, i canali distributivi, i canali di approvvigionamento anche in versione prospettica cioè per più anni, quindi si andrà a vedere il trend dell'evoluzione del settore (se i concorrenti sono stabili, se coprono molti segmenti di mercato, se sono in una fase di crescita quindi bisogna andare a capire anche quali sono gli scenari competitivi a tesi) e poi andare a capire in quale fase del ciclo di vita si trova il settore (la strategia sarà tra un settore in fase di maturità sarà differente rispetto ad un settore in fase di sviluppo che probabilmente presenterà una minore difficoltà di entrata). 37 Camilla Cavassa – Chiara Pace 3) PIANO OPERATIVO  da qui in poi si abbandona la dimensione strategica per passare alla dimensione operativa. Bisogna, dunque, identificare tutti gli elementi operativi concreti che descriveranno come funzionerà l'azienda, lo sviluppo del nuovo prodotto e la nuova idea di business per fare una previsione corretta dei costi e dei ricavi che poi andranno inserite nell‟analisi economico-finanziaria. Comprende: - Localizzazione. A seconda dell'attività, l'impresa deve esporre le scelte di localizzazione commerciale e produttiva sottolineando le motivazioni che hanno determinato la soluzione adottata. Le scelte possono essere commerciali (es. vicinanza al mercato di consumo, coerenza con le esigenze del target, pubblicità indotta, etc.) o scelte produttive (es. esigenze di approvvigionamento, disponibilità di manodopera, vicinanza ad infrastrutture di comunicazione o a fonti di know-how, etc.). L‟analisi deve sempre considerare oltre alla situazione esistente, anche la prevedibile evoluzione di fattori esterni che possono modificare il contesto. - Produzione e macchinari. L‟impresa deve dichiarare cosa produce all'interno e cosa, invece, acquista dall'esterno poiché ciò avrà un impatto differente sulla definizione dei costi presente nel piano operativo. L‟analisi deve soffermarsi sui seguenti aspetti: a) Macchinari descrizione dei processi di trasformazione adottati e descrizione dei macchinari necessari al raggiungimento degli obiettivi b) Processi caratteristiche della lavorazione del layout produttivo in termini di benefici e complessità c) Capacità d) Magazzino beni fisici impiegati e) Qualità dell‟output e controllo del prodotto f) Know-how conoscenze di tipo tecnico e conoscenze intellettuali - Logistica. Si occupa della movimentazione (es. mezzi impiegati nel trasporto, risorse umane dedicate, gestione dei flussi informativi, velocità di consegna etc.), del magazzino (es. magazzino degli input e degli output, descrizione e caratteristiche dei locali dedicati e della merce stoccata, capacità residua in ipotesi di crescita etc.) e della distribuzione in termini di scelte dei canali distributivi (es. tipologie spedizioni diverse se la distribuzione è concentrata o capillare). - Piano di marketing. Deve mostrare come tradurre le strategie competitive in un piano delle vendite concreto. Per ottenere ciò occorre affrontare alcune fasi:  Esplicitare gli obiettivi chiarire gli obiettivi qualitativi e quantitativi della politica commerciale (es. quanti prodotti si vogliono vendere, quali tipologie di prodotti, a quale tipo di domanda si sta indirizzando, dimensione dell‟attività, tasso di fidelizzazione della clientela etc.)  Verificare la coerenza delle strategie commerciali correnti queste devono essere coerenti con la politica di marketing ma anche con le strategie aziendali, da quella competitiva a quella sociale.  Definire il piano operativo di marketing, le leve di marketing-mix:  Prodotto/servizio approfondire aspetti tecnico-fisici del prodotto (es. se è un prodotto tangibile), la creazione degli accessori del prodotto (es. assistenza postvendita) e le modalità di commercializzazione  Prezzo elemento fondamentale nella politica di marketing. Per essere determinato in maniera corretta si tengono presenti degli aspetti chiave:  A livello di prodotto l‟elasticità o rigidità della domanda rispetto al prezzo, la percezione da parte della domanda della componente prezzo e i prezzi dei concorrenti;  A livello di azienda il prezzo atteso o realistico per la domanda dovrà essere confrontato con la struttura dei costi e poi si andrà a determinare un piano delle vendite e un livello di profitto atteso sulla base di diversi livelli di fissazione del prezzo. Posta la struttura dei costi, bisognerà identificare il prezzo al quale i consumatori saranno disposti a pagare il prodotto attraverso un'analisi della percezione (es. ricerche di mercato o confronti di prezzi di prodotti o servizi simili). Bisogna verificare cosa succede al consumatore quando varia il prezzo, controllare i prezzi dei concorrenti per prodotti simili, confrontare il prezzo con la struttura dei costi, determinare i profitti attesi con quel livello di prezzo e fare delle analisi di sensitività analizzando cosa succede se si abbassa il prezzo a diversi livelli di quantità e che cosa succede ai profitti. Si è interessati soprattutto a verificare cosa succede se si abbassano i prezzi perché l'impresa potrebbe avere una visione ottimistica in termini di prezzo che i consumatori sono 40 Camilla Cavassa – Chiara Pace - Break-even operativo. Analisi del fatturato minimo per raggiungere il punto di pareggio negli anni - Budget di marketing. Sulla base della strategia di marketing bisogna definire un budget assegnato alle iniziative di marketing, in termini di:  Percentuale sulle vendite correlando le risorse ad una percentuale del volume delle vendite  Disponibilità di risorse stanziando i capitali disponibili per questa area della gestione  Perseguimento degli obiettivi calcolando il volume delle risorse necessarie al perseguimento degli obiettivi di marketing prefissati 4) STRUTTURA ORGANIZZATIVA E MANAGEMENT è necessario esplicitare la struttura organizzativa e le risorse umane utilizzate. L‟obiettivo è quello di mostrare quali persone e quali competenze saranno impiegate, come queste saranno organizzate, quali di queste dovranno essere acquisite sul mercato. Questa sezione è divisa in due aree: a) Organizzazione dev‟essere presentato: - Il management della società evidenziando le competenze e come il team è organizzato per raggiungere un elevato livello di know-how - L'organigramma con la definizione precisa dei ruoli e delle responsabilità gestionali - Il piano di motivazione cioè come la cultura aziendale intenda agire per avvicinarsi a bisogni ed aspettative del personale interno e dei collaboratori (es. piano di incentivisalari, stipendi etc.) b) Struttura vengono esplicitate le scelte in termini di: - Forma giuridica cioè gli aspetti legali e amministrativi, gli accordi sottoscritti dai soci e i riflessi fiscali - Servizi esterni presentando i professionisti collaboratori nell‟iniziativa (es. gestione attività on-line dove non sia core business, assistenza legale e fiscale, assicurazione etc.) - Licenze, concessioni ed autorizzazioni eventuali 5) FORMA GIURIDICA E RISORSE FINANZIARIE in questa sezione l‟imprenditore deve illustrare le forme di finanziamento con cui intende sostenere l‟attività. Affrontando i seguenti temi: - Mix delle fonti finanziarie. La completa analisi della situazione finanziaria corrente dell‟impresa e la definizione della natura dell‟attività esercitata consentono di indirizzare l‟imprenditore verso la scelta del canale e della tipologia di finanziamento più appropriati. La selezione delle fonti avviene sulla base dell‟entità delle fonti stesse (in termini di rischio, di onerosità e dei sottostanti piani di rientro). In genere, la scelta della struttura finanziaria ottimale si ottiene con una composizione di più fonti. - Capitale investito. Il complesso delle risorse necessarie all‟avvio e alla gestione del business. Rappresenta il fabbisogno finanziario dell‟attività ed è interessante la sua analisi per quanto riguarda:  L‟ammontare e la composizione dell‟attivo del capitale netto e del capitale di debito esistente o previsto le attività correnti dovranno essere maggiori delle passività correnti perché l‟impresa sia solvibile nei confronti dei fornitori  Tipologia di attività svolta con le conseguenze sulla composizione del capitale investito  Situazione del mercato comprendendo anche i fattori socioeconomici esogeni che impattano sulla quantità e sulla qualità dei capitali che è possibile raccogliere Perché la stima si basa su determinazioni più “astratte” quando abbiamo detto che in base alla credibilità del business plan esso si deve basare su una stima precisa? Una nuova impresa difficilmente può prendere in considerazione tutto un campione rappresentativo della domanda se non possiede già questo “parco clienti” e allora può fare una segmentazione del mercato dichiarando di non riuscire ad identificare tutti i potenziali concorrenti e quindi a farne un'estrazione corretta rappresentativa di tutta la popolazione in maniera più semplificata va a contattare gruppi di persone rilevanti nell'ambito dei segmenti di interesse e poi per essere prudente l'azienda, se la popolazione è grande, stima una percentuale molto piccola di questa popolazione e si aspetta di raggiungere una parte di domanda non coperta o poco coperta della concorrenza in una percentuale inizialmente piccola. Per “determinazione precisa” non si intende andare a determinare un'ampia quota di quel mercato definito in maniera precisa poiché potrebbe essere difficile da definire prima di lanciare il prodotto dato che un'indagine andrà a capire quali sono le preferenze del consumatore e non se effettivamente il consumatore acquisterà quel prodotto. Quindi tutti questi elementi analizzati ora servono per capire se il prodotto potrebbe essere accettato e magari sarà accettato da una piccola parte della domanda complessiva e l‟effettiva dimensione si definirà sulla base della presenza dei concorrenti. È vero che una stima precisa rende più credibili però è anche vero che un'indagine di mercato ampia è molto costosa quindi una piccola impresa difficilmente riesce a fare un'indagine di mercato di questo tipo. Per questo si trovano forme più semplificate ma ciò non vuol dire che non siano realistiche. 41 Camilla Cavassa – Chiara Pace - Fonti. Le forme di finanziamento previste. Si dividono in fonti interne e fonti esterne a seconda della natura (capitale di investimento o capitale di debito) e di chi eroga il denaro (socio o fornitori):  Fonti interne:  Capitale sociale, utili e prestito soci  Modifiche alla struttura del capitale esistente  Fonti esterne:  Finanziamento commerciale  Debiti verso banche e istituti finanziari  Collocamenti azionari/obbligazionari  Leasing e pagamenti rateali  Fondi pubblici ed agevolazioni finanziarie o fiscali All‟interno delle fonti esterne rientrano anche gli investitori di rischio i quali entrano nella compagine sociale per sostenere lo sviluppo dei progetti imprenditoriali di aziende che possono avere alte potenzialità di crescita. Parliamo di business angels, venture capitalist, merchant banks, incubatori. Questi investitori finanziano fasi di sviluppo diverse dell‟azienda (es. seed-fase iniziale di sviluppo dell‟idea-, fase early stage, start-up, impresa). Gli operatori valutano differentemente le potenzialità, la credibilità, la solidità, il tasso di incertezza dell‟impresa a seconda della fase di sviluppo in cui essa si trova. - Piano di ammortamento e remunerazione del capitale. Come si prevede avverrà il rimborso dei capitali di prestito e con quale ritorno economico - Valutazione del credito. Una riprova indiretta della validità del progetto basata sul confronto capitali assorbiti e capitali generati 6) PIANO ECONOMICO-FINANZIARIO a questo punto è necessario definire la struttura di calcolo da seguire al fine di raggiungere obiettivi di chiarezza ed efficacia espositiva. Un‟idea è quella di ordinare gli schemi e le informazioni in questo modo:  Ipotesi alla base dell‟esposizione dei dati. Prima di esporre i calcoli al lettore, è necessario comporre una lista delle principali assunzioni considerate per la proiezione dei risultati economico- finanziari (es. assunzioni sullo scenario realistico, ottimistico, pessimistico su come sono state effettuate le stime delle vendite). Solitamente queste analisi coincidono con le analisi alla base dell‟analisi di sensitività.  Area finanziaria  Area economica 7) L'ANALISI DEL RISCHIO Il rischio è la probabilità di insuccesso dell'iniziativa, cioè di non adeguato ritorno del capitale investito. Una nuova iniziativa implica un rischio:  Di contesto: rischio legato a fattori macroeconomici quindi ai mercati finanziari e al quadro politico del paese di riferimento (fattori esogeni). L‟indagine deve contemplare lo scenario evolutivo e non limitarsi alla situazione corrente  Di business: riguarda la validità del modello di business. Si determinano i punti di forza e i punti di debolezza dell‟azione del proprio progetto rispetto ai concorrenti. Una verifica può essere effettuata sia a livello concettuale (attraverso l‟analisi strategica) che operativo (attraverso test di mercato)  Economico: per la valutazione di tale rischio si utilizza il metodo del break-even operativo, ovverosia il punto di pareggio tra costi totali e ricavi totali.  Finanziario. Consiste nel non possedere la liquidità necessaria per coprire tutte le attività nel tempo. Il manager deve monitorare la performance della liquidità attraverso la costruzione di prospetti di entrate ed uscite monetarie e l‟ausilio di indicatori di sintesi. 42 Camilla Cavassa – Chiara Pace Esistono diverse tecniche di analisi ed indicatori in grado di rilevare le diverse tipologie di rischio: ANALISI DI CONTESTO DI BUSINESS ECONOMICO FINANZIARIO Swot Test di prodotto Break-even economico Budget di tesoreria Payback period Sensitività Solo l'analisi congiunta effettuata con più tecniche e con più indicatori consente di valutare correttamente il profilo di rischio dell‟iniziativa imprenditoriale. Un‟analisi trasversale a quella del rischio è l‟analisi di sensitività tenta di individuare le variabili critiche alla performance reddituale o finanziaria di un progetto. Lo scopo è quello di costruire più scenari economici per verificare scostamenti che possano modificare le aspettative. INTERNAZIONALIZZAZIONE Andremo a studiare diversi elementi della strategia di un'impresa che vanno ad integrarsi alle strategie già esistenti di queste imprese le imprese devono integrare l'operazione in mercati geografici differenti e con caratteristiche potenzialmente differenti. Analizziamo prima di tutto il tema della globalizzazione e internazionalizzazione per il commercio internazionale e poi affrontiamo il tema delle strategie sul management delle imprese globali. Per quanto riguarda la globalizzazione ed internazionalizzazione dei paesi analizzeremo indicatori, trend, cambiamenti, prospettive di crescita e di cambiamento delle imprese. In particolar modo, verificheremo le differenze tra Paesi per poi concentrarci sugli elementi che riguardano la strategia e l'organizzazione delle imprese internazionali, le modalità di entrata nei mercati e come cambiano delle funzioni aziendali in area internazionale (es. funzione di produzione e funzione di marketing). Le strategie di internazionalizzazione non costituiscono un package separato, bensì esse si integrano in quello che l'azienda fa normalmente andando a modificare sostanzialmente come le imprese operano. Di cosa parliamo quando si tratta il tema dell'internazionalizzazione? Ci riferiamo alle modalità con cui le imprese possono operare all'estero export, investimenti rivolti all'estero, produzione in altri Paesi, vendita di un prodotto in altri Paesi attraverso catene distributive, produzione in Paesi a basso costo, creazioni di sussidiarie. L'economia è sempre più globalizzata e ciò significa che l'economia assume una dimensione sovranazionale una quota sempre crescente dell'attività economica mondiale ha luogo tra soggetti che vivono in Paesi diversi. Infatti, le economie di diversi Paesi sono sempre più integrate negli anni abbiamo assistito ad una riduzione degli ostacoli alla libera circolazione di beni, servizi, capitali, persone e conoscenze. Perciò, globalizzazione dei mercati significa anche fusione di mercati storicamente distinti e separati in un grande mercato globale. In molti settori non ci sono più i mercati nazionali poiché il mercato di riferimento è direttamente il mercato internazionale a causa degli effetti di convergenza di gusti e preferenze dei consumatori, della riduzione di barriere alla mobilità di beni-servizi e conoscenza. RISCHIO Difficilmente un'impresa riesce ad avere davanti una dimensione del mercato che sia solo nazionale. 45 Camilla Cavassa – Chiara Pace Tutti questi elementi portano sempre a riguardare le strategie delle imprese  la strategia di internazionale ha una complessità molto più ampia rispetto ad una strategia solo domestica perché in ogni elemento della strategia bisogna andare a riconsiderare tutta la strategia dell'impresa e questa va guardata continuamente nel tempo (perché cambiano le condizioni di costo, cambiano nei singoli paesi le politiche, cambiano le preferenze dei consumatori etc.). LE FORME CON CUI SI PUÒ ANDARE A INTERNAZIONALIZZARE: - esportazione - investimenti diretti all'estero (cioè creazione di società da soli o in collaborazione con altre imprese come joint venture localizzati all'estero per produrre, vendere, commercializzare..) - accordi di collaborazione come licensing, franchising o alleanze. LE FASI DELLA GLOBALIZZAZIONE Questo grafico mostra la quota di commercio internazionale (international trade) sul PIL dei paesi. Siamo spesso portati a pensare che la globalizzazione sia un fenomeno recente o almeno degli ultimi 20/30 anni, in realtà la globalizzazione parte molto prima. L'Europa aveva una percentuale che andava fra i 15 e il 20% alla fine del 1800, diminuisce fra le due guerre (effetto della depressione, della crisi del 29), inizia a crescere dopo la seconda guerra mondiale e poi continua a crescere in maniera continua anni 60-70, un po' di stacco di crescita tra gli 80 e 90, e poi ha una fase di crescita a partire dal 90 che è quella che continuiamo a vedere adesso. Andamenti simili li troviamo negli altri paesi e per gli Stati Uniti le quote di commercio internazionale sono più basse, crescono soprattutto anni dagli 70 perché è un paese che riesce a maggiormente a coprire le proprie esigenze 1. FASE 1 (1870-1914)  vi è una prima fase della globalizzazione quella in cui vedevamo dei tassi alti di commercio internazionale, in cui cresce la globalizzazione per effetto delle innovazioni tecnologiche nei trasporti e nella comunicazione (treni, ferrovie, sviluppo delle navi..) che hanno consentito il trasporto dei beni e lo scambio delle informazioni sui prezzi dei beni perché vendere un prodotto in un paese straniero significava dover comunicare con il potenziale acquirente il prezzo del prodotto e le quantità richieste e quando ci sono stati le prime grandi innovazioni gli scambi sono diventati possibili. Questo periodo è anche il periodo dello sviluppo di grandi industrie delle grandi imprese che non si sviluppano in tutti i paesi che non si sviluppano in tutti i paesi (es. la grande industria chimica, lo sviluppo dell'automobile, l'elettricità generale elettrica etc.) cioè nascono in alcuni paesi quindi le grandi imprese iniziano a vendere anche in altri paesi dove questi prodotti ancora non esistono quindi c'è un grande impulso al commercio internazionale. Poi vi è stata la battuta d'arresto fra le guerre: - cade la borsa - barriere protezionistiche alte fra i paesi - effetti di depressione. 2. FASE 2 (dopo la seconda guerra mondiale tra il 1950 e il 1980  che è caratterizzata da una ) ricostruzione sia economica dei singoli paesi dopo le guerre sia di rapporti tra paesi: nascono una serie di organizzazioni, accordi, istituzioni globali - United Nations (ONU) per mantenere la pace fra paesi - Gli accordi di Bretton Woods per il libero scambio e la deregolamentazione fra paesi - Il General Agreement on Tariffs (GATT): per l'armonizzazione e la riduzione delle tariffe per favorire lo scambio fra i paesi (quando si vende un prodotto in un altro paese viene applicata una tariffa che aumenta il prezzo finale del prodotto nel paese di destinazione quindi l'abbassamento delle tariffe amplifica la possibilità di esportare quindi da un impulso agli scambi internazionali) - La World Trade Organization (WTO): come GATT - Fondo Monetario Internazionale (IMF): sistema monetario internazionale - Banca mondiale Tutte queste hanno l'obiettivo di armonizzare i rapporti fra presi e per quanto riguarda il commercio internazionale di facilitare gli scambi integrando l'economia 46 Camilla Cavassa – Chiara Pace Nasce anche la Comunità Europea all'interno della quale gli scambi sono liberi il dazio doganale è zero. Questo grafico che ci mostra da una parte gli istogrammi che rappresentano il livello medio dei dazi doganali oltre il 40% subito dopo le guerre con il GATT e tutti i round (cioè questi accordi internazionali che vengono fatti nell'ambito dell‟ONU, del GATT, della banca mondiale) le tariffe scendono al 20% fino ad arrivare agli anni 90 introno al 4%. La linea continua nera ci mostra l'indice degli scambi internazionali cioè la crescita degli scambi internazionali che appunto ha un andamento opposto rispetto a quello delle tariffe doganali. Qui ci sono alcuni dati di alcuni paesi principali sulle tariffe medie su prodotti e manufatti come percentuale del loro valore infatti si nota come al 2008 i dazi sono tutti intorno al 3.9% ma partivano dal 18/20/30% e nel tempo sono andati poi a ridursi. Questo è un elemento importante  nel momento in cui anche oggi si parla di protezionismo con l'aumento dei dazi in alcuni paesi questo è immediatamente un impulso sugli scambi perché rende i prodotti che vengono dall'estero meno convenienti rispetto a quelli nazionali e quindi riduce la competitività di quel prodotto modificando dall'esterno. 3. FASE 3 (DAL 1980 AD OGGI)  i grandi cambiamenti sono lo sviluppo scientifico e tecnologico: - Le conoscenze vengono diffuse maggiormente a livello geografico. - L'aumento dei costi di ricerca e sviluppo di molti prodotti richiede mercati ampi per poter ammortizzare questi costi fissi, per cui molto spesso il solo mercato domestico non basta per raggiungere la dimensione ottima minima per poter ottenere dell'economia di scala. - Oltre agli elevati costi, la rapidità del cambiamento tecnologico implica che questi costi di ricerca e sviluppo necessitano di essere ammortizzati e distribuiti anche rapidamente quindi non solo su grandi quantità ma su grandi quantità in tempi più brevi perché molto più rapidamente necessario reinvestire in innovazioni. - Grandi progressi nelle tecnologie informatiche delle comunicazioni e delle infrastrutture che hanno facilitato le interazioni sempre di più (internet e tutte le forme di comunicazione che ormai conosciamo, fino ai trasporti anche il costo dei trasporti è diventato più efficiente e molto meno costoso) quindi tutto questo ha favorito gli scambi internazionali. - Si è maggiormente diffusa l'economia di mercato abbiamo visto dei cambi nei sistemi economico- politici di alcune grandi aree del mondo (es. la Russia, ex unione sovietica, paesi dell'est Europa, la Cina che si sono aperti dal 1980 in poi ad economie miste mentre prima non erano possibili gli scambi) che hanno ampliato i mercati di sbocco potenziale in cui poter andare a produrre (paesi di destinazione) e alcuni di questi paesi sono diventati anche paesi di origine (da cui provengono investimenti diretti es. Cina). - Ulteriore riduzione di barriere agli scambi con l'allargamento dell'Unione Europea e altri accordi fra paesi anche in altre aree del mondo come i paesi del medio oriente, i paesi del Sudamerica… che hanno creato delle aree all'interno delle quali gli scambi non prevedono tariffe o comunque tariffe sono abbassate. - Infine la maggiore comunicazione la maggiore mobilità delle persone la maggiore informazione e diffusione geografica delle conoscenze favorisce un processo di omogeneizzazione degli stili di vita  significa che prodotti che un tempo erano utilizzati o consumati solo all'interno di un paese o di gruppi dei paesi con culture simili sempre di più sono venduti anche in paesi diversi. Nonostante una crescente omogeneizzazione degli stili di vita, negli anni 80 Levitt (uno dei principali studiosi di marketing) sosteneva che in realtà la segmentazione tra i paesi è sempre molto importante  nella determinazione di una strategia di internazionalizzazione è importante andare sempre a guardare a fondo le differenze tra nazioni e l'identificazione dei segmenti (segmentazione internazionale significa la segmentazione del mercato aggiungendo la variabile internazionale rispetto alla segmentazione già vista nei vari corsi di marketing). 47 Camilla Cavassa – Chiara Pace Qui ci sono alcuni esempi della riduzione di costi: - per esempio le spese di trasporto via mare nella figura 6 dal 74 al 2004. - l'indice dei prezzi di trasporto nella figura 2 che si riduce anch'esso a partire dagli anni 70 fino al 2005 - il costo delle telefonate nel grafico in giallo, alla fine degli anni 90 le telefonate internazionali avevano un costo altissimo oggi invece possiamo farlo gratuitamente il che ha facilitato gli scambi e le comunicazioni internazionali. INDICATORI DELLA GLOBALIZZAZIONE/INTERNAZIONALIZZAZIONE: - tasso di esportazioni sul PIL, valore degli investimenti diretti all'estero rispetto al PIL, presenza di imprese multinazionali, importazioni. - negli ultimi decenni cambia la geografia economica internazionale: o c'è stato un cambiamento verso il passaggio da economia pianificata a economia miste in diverse aree del mondo quindi questi diventano paesi di potenziali destinazione di investimenti ma anche paesi di origine (es. imprese cinesi o russe o di altri paesi iniziano anche a investire a creare delle sussidiarie loro in paesi di destinazione per esempio in Europa) o i tassi di crescita del PIL identificano la dimensione dell'economia e quanto stanno crescendo Iniziamo a guardare qualcuno di questi dati: Il volume del commercio e della produzione mondiale dagli anni 50 al 2000:  il valore delle esportazioni da 100 nel 1950 cresce prima lentamente (anni 50-60), poi a tassi importanti negli anni 70, un po' di stabilità nel 73 (c'è stata la crisi petrolifera quindi un rallentamento della crescita) e poi una fase di crescita continua dalla fine degli anni 70.  il volume della produzione mondiale cresce continuamente a tassi più bassi. Questo grafico ci dice che il commercio internazionale cresce molto di più rispetto alla produzione mondiale cioè la produzione mondiale cresce, ma molto più attraverso gli scambi internazionali che nelle economie domestiche. Anche in Italia dal 2008 al 2017 per avvicinarsi ai tempi moderni a parte la battuta d'arresto nella crisi del 2008-2009 vediamo un tasso continuo di crescita delle esportazioni anche se la quota di mercato in percentuale mondiale rimane pressoché costante  significa che complessivamente le esportazioni aumentano ma livello mondiale l'Italia mantiene sempre la stessa quota di esportazioni (segue l'andamento globale non aumentando nella quota). Da dove vengono le esportazioni in Italia? Molto di più beni e meno servizi. C‟è da tenere presente che i servizi più difficilmente si esportano perché il servizio molto spesso si va a realizzare direttamente all'estero essendo un qualcosa che viene erogato direttamente al consumatore quindi difficilmente viene trasportato. 50 Camilla Cavassa – Chiara Pace Vediamo ora un focus su due paesi con delle caratteristiche a cui si fa riferimento pensando a processi di internazionalizzazione: parliamo dell'India, un grande paese con più di un miliardo di popolazione; e della Cina. L‟India ha un tasso di disuguaglianza nella distribuzione del reddito molto elevato (molte popolazioni povere), la densità della popolazione è distribuita in maniera diversa tra grandi città e campagne. Inoltre, c‟è una crescita differenziata anche all'interno delle aree geografiche. Questo Paese, insieme alla Cina, fa parte del BRIC (Brasile, Russia, India e Cina 4 grandi Paesi in via di sviluppo) quindi l‟India è un Paese mediamente povero che però è in via di sviluppo; già dagli anni 90 si è sviluppata l‟industria del software (soprattutto nell‟area di Bangalore) e si sono localizzate diverse grandi imprese multinazionali (es. Texas Instrument, IBM, Microsoft etc.). Il settore del software, negli ultimi 25 anni, è cresciuto in India per diverse motivazioni: o Nel paese ci sono molti ingegneri (anche di grande qualità); o Il costo del lavoro è basso, non solo per gli operai ma anche proprio per gli ingegneri qualificati; o Molti indiani hanno una buona conoscenza della lingua inglese è facile interagire con gli indiani specializzati e quindi localizzare attività in India che richiedono un'interazione continua con le sedi centrali che possono essere negli Stati Uniti o in altri paesi sviluppati; o Fuso orario le imprese americane sfruttano anche le differenze di fuso orario per un utilizzo della capacità produttiva e della forza lavoro nelle 24 ore (gli indiani lavorano quando dormono gli americani e viceversa) Questi elementi hanno, dunque, favorito la crescita di un settore enormemente sviluppato in India negli ultimi anni. Per quanto riguarda la Cina, è un Paese che negli anni 80-90 e ad inizio del 2000 ha avuto tassi di crescita del mercato elevati. Parlando delle condizioni di mercato interno possiamo dire che esso ha bassi livelli salariali, un‟ampia offerta di lavoro e svalutazione del tasso di cambio. Le condizioni del mercato interno continuano ad avere elementi di convenienza, di vantaggio di costo ma meno rispetto agli anni 2000 perché il tasso di crescita implica una crescita salariale, tassi di inflazione maggiori e una minore svalutazione della moneta; quindi questi elementi di convenienza tendono a ridursi. La popolazione è numerosa (1,3 miliardi di popolazione) e la domanda è ampia; ciò significa che il mercato di sbocco per i prodotti può essere molto grande. Bisogna inoltre sottolineare che anche la classe delle persone ricche in Cina sta crescendo con lo sviluppo dell'attività economica e ciò significa che possono essere potenziali acquirenti di un mercato molto grande. Esistono comunque differenze nella distribuzione del reddito, però in una popolazione così grande la classe dei nuovi ricchi è sicuramente un mercato potenziale molto ampio. Anche qui ci sono delle differenze geografiche importanti alcune aree sono più sviluppate di altre, alcune produzioni sono localizzate in determinate aree e meno in altre. Anche la distribuzione geografica si caratterizza per grandi città con milioni di abitanti. Negli anni la Cina è diventata la “fabbrica del mondo”, infatti molta produzione mondiale avviene proprio in questo Paese. La Cina ha investito nello sviluppo della produzione locale, della propria industria anche grazie agli investimenti diretti di imprese provenienti da Paesi sviluppati. Negli anni 90 e 2000 in Cina, per poter investire in attività produttive, le imprese multinazionali non potevano farlo semplicemente con sussidiarie interamente di proprietà ma lo dovevano fare necessariamente con joint venture che coinvolgessero delle imprese locali. Questa è stata una politica introdotta proprio per favorire lo sviluppo dell'Industria locale apprendendo tecnologie e modelli manageriali dalle imprese che sono andate a produrre in Cina tutto ciò ha favorito l'occupazione locale e soprattutto lo sviluppo delle competenze. Quest‟obbligo non esiste più ma le imprese cinesi sono diventate spesso anche leader in diversi settori quindi la Cina è passata da essere fabbrica del mondo delle produzioni a basso costo, di più bassa qualità e tecnologicamente meno avanzate, ad essere un produttore sviluppato alla pari di altri produttori internazionali. Questo è avvenuto anche attraverso investimenti importanti in formazione delle persone, education e skill; oltre che a fronte di investimenti infrastrutturali e di sviluppo delle aziende. La Cina oggigiorno fa concorrenza in attività di produzione tra cui quelle tipicamente presidiate da imprese italiane (tessuti, abbigliamento, scarpe, biciclette etc.) ma sempre più high tech. Dunque, spinge le imprese dei paesi sviluppati a focalizzarsi sempre di più sulla qualità e la differenziazione dei propri prodotti: i paesi sviluppati non possono più competere sui vantaggi di costo poiché sono enormemente superati dalle imprese cinesi; ma devono necessariamente competere in 51 Camilla Cavassa – Chiara Pace qualità, differenziazione, sviluppo delle tecnologie, sviluppo del design e di tutti elementi che possono spostare l'attenzione dal costo alla qualità e alla differenziazione anche in ambito internazionale. EFFETTI DELLA GLOBALIZZAZIONE  Sulle imprese: - Aumento della concorrenza nuovi rivali, nuove imprese che competono da Paesi in cui prima non c'erano competitors - Espansione del mercato potenziale nuovi clienti. In Cina e in India la classe dei nuovi ricchi è sempre più grande quindi sono Paesi in cui lo sviluppo economico fa sì che ci sia una domanda anche per prodotti provenienti da Paesi differenti con dei trend verso un‟omogeneizzazione anche parziale degli stili di vita che però amplia le opportunità per lo sviluppo di mercati all'estero. - Ridefinizione della divisione internazionale del lavoro alcune produzioni si spostano in Paesi in via di sviluppo; non più solo produzioni a basso costo di bassa qualità ma anche di qualità più elevata. Si ha anche un rientro di produzioni da Paesi in cui si investiva essenzialmente per il costo della manodopera più basso, che crescono nel livello economico e quindi questa convenienza tende parzialmente a ridursi e quindi va inserita in un‟analisi dei costi e benefici dello spostamento della produzione in un altro Paese - Possibilità più ampia di accedere a nuove idee, conoscenze, tecnologie e procedure che provengono da Paesi diversi Vi è un'attenzione sempre crescente anche riguardo alle modalità di distribuzione all'estero, le quali possono cambiare: parliamo ad esempio del commercio elettronico, delle modalità virtuali di interazione di conoscenza dei clienti. Le imprese oggi sono particolarmente soggette ad una analisi delle potenziali strategie di international management. Questo tema è estremamente attuale poiché da una parte può essere una risposta alla pandemia; ma comunque non è una risposta necessariamente di breve periodo perché le aziende guardano sempre a forme nuove di contatto con i clienti, con i mercati internazionali e quindi anche l'accelerazione della necessità di raggiungere i consumatori internazionali in modalità diverse può portare ad innovazioni e strategie che poi potranno perdurare nel tempo.  Sul cliente: - Maggiori opzioni di scelta maggiore varietà dei prodotti - Maggiore convenienza per effetto della crescente concorrenza internazionale - Maggiore ubiquità degli stili di vita a livelli internazionali LE MACRO DIFFERENZE TRA IL MANAGEMENT DI UN BUSINESS NAZIONALE RISPETTO A QUELLO INTERNAZIONALE 1. Differenze tra Paesi 2. Set più ampio e complesso di problemi da risolvere 3. Vincoli governativi a commercio internazionale e investimenti parliamo anche di politiche governative ed internazionali che possono cambiare nel tempo 4. Differenze nella valuta influenzano il costo degli input ma anche il prezzo dei prodotti Questi elementi si devono prendere in considerazione nella definizione delle strategie di internazionalizzazione e nella valutazione dei benefici attesi dalle scelte di internazionalizzazione. MEGATREND SUL FUTURO DELLA PRODUZIONE INTERNAZIONALE A livello tecnologico, parliamo di: robotica avanzata e intelligenza artificiale, digitalizzazione nelle catene di fornitura-nei mercati di sbocco-nel marketing internazionale, stampa tridimensionale che consente di progettare in un Paese e produrre in un altro attraverso la condivisione del design che si può trasferire in maniera virtuale. Per quanto riguarda le policy, parliamo di: intervento dei governi (maggiore intervento nelle politiche nazionali da parte dei Paesi), maggiore protezionismo in alcuni paesi (es. Cina negli anni 2000, Stati Uniti dal 2010 in poi), maggiore cooperazione internazionale e in qualche caso apertura di barriere o uscita da questa cooperazione internazionale (es. Regno Unito con la Brexit). 52 Camilla Cavassa – Chiara Pace Per quanto riguarda i cambiamenti nella sostenibilità, parliamo di: maggiore attenzione all'aderenza a politiche per la sostenibilità e regolamentazione ambientale e impatto sulla produzione fisica nelle catene di produzione. Sono, quindi, elementi che riguardano la modalità con cui si vanno a realizzare e distribuire i prodotti in diversi paesi. Quali sono gli elementi principali da tenere in considerazione in termini di processo decisionale?  TIMING DI SCELTA DI ENTRATA IN PAESI DIVERSI  QUANTI PAESI SCEGLIERE INSIEME  RISORSE FINANZIARIE: queste si investono per entrare in mercati internazionali, infatti se un‟impresa avesse risorse illimitate (ovviamente così non è) potrebbe entrare in parallelo in tanti Paesi. Possiamo fare una prima macro-distinzione tra: - Modalità di entrata che prevedono solo l'esportazione dei prodotti: si produce nel proprio Paese e si vende nei Paesi di destinazione, quindi l‟investimento per l‟adattamento del prodotto, per l‟adattamento della campagna di comunicazione e per la ricerca dei contatti internazionali non avviene nei Paesi di destinazione ma in quello di origine. Se il prodotto è globale, quindi uguale in tutti i Paesi, c‟è un investimento dato dal minore adattamento; ma se il prodotto richiede adattamenti per i diversi Paesi allora bisogna conoscere le caratteristiche di ognuno di essi e quindi adattare il prodotto e i processi produttivi; dunque ci potrebbero essere anche investimenti in termini di costo per creare varietà di prodotti diversi oltre che campagne di comunicazione differenti; - Modalità che prevedono investimenti diretti all'estero: dentro questo gruppo poi possiamo avere la creazione di un‟unità produttiva che richiede risorse finanziarie importanti oltre a quelle manageriali (es. per impiantare una nuova unità, creare una nuova sussidiaria). L'investimento ovviamente è molto più elevato nella sussidiaria produttiva, invece è minore se si fa una rete di franchising perché ci sarà il franchisee (chi si occupa del contatto con il consumatore finale) che assumerà maggiormente il rischio dell'operazione nel Paese, però ci vorranno risorse manageriali. In entrambe le modalità, anche le Risorse Umane- cioè le persone che si occupano della parte commerciale internazionale-, dovranno studiare le caratteristiche dei diversi mercati quindi i diversi paesi, le diverse concorrenze, quali imprese ci sono, quali sono le caratteristiche della domanda, la rete distributiva ogni paese richiede un'analisi ad hoc, dunque difficilmente l'impresa può vedere i paesi internazionali come se fossero uno solo e quindi in maniera automatica iniziare a esportare il prodotto in maniera uguale in tutti paesi. Primark, ad esempio, è un caso di espansione avvenuta in un periodo di tempo lunghissimo dall‟Irlanda è andata nel Regno Unito (considerata quasi un'espansione domestica), dal Regno Unito è arrivato in Spagna in circa 20 anni, dalla Spagna ha iniziato con i paesi europei fino ad arrivare dopo tanti anni negli Stati Uniti. Ancora non è entrato nei Paesi asiatici l‟azienda ha impiegato 30-40 anni ad espandersi] In questo caso è sicuramente presente il tema di investimento delle risorse, ma anche di apprendimento poiché ogni volta che si va in un Paese diverso si apprendono le caratteristiche di quel Paese, si apprende sulla scelta di internazionalizzazione, sul successo o meno dell'adattamento; per cui nelle fasi successive le imprese possono utilizzare l'apprendimento che hanno avuto in alcuni Paesi per ricostruire una strategia in altri. È considerato anche il rischio degli investimenti in Paesi nuovi e l'apprendimento è una caratteristica importante perché decidere di entrare in parallelo in 3-4 Paesi con caratteristiche diverse può richiedere non solo tante risorse ma anche il rischio di non focalizzarsi sulla soluzione di problemi specifici che possono essere diversi per ciascun Paese. Abbiamo già anticipato il tema della differenza tra Paesi; le scelte di internazionalizzazione hanno un primo step che è proprio quello di selezionare i paesi all'interno dei quali andare a investire ed esportare i propri prodotti. Analizzeremo alcuni elementi di queste scelte; non solo le caratteristiche dei Paesi ma proprio il processo decisionale come si scelgono i paesi, quanti se ne scelgono, con quale modalità, perché è importante una scelta piuttosto che un‟altra. Per cui molto spesso le strategie di entrata in mercati internazionali sono incrementali e non strategie che si caratterizzano per entrate in parallelo in tanti mercati. 55 Camilla Cavassa – Chiara Pace Altre variabili economiche sono: popolazione occupata nei settori primario-secondario-terziario, modello di specializzazione produttiva locale, disponibilità di fonti energetiche, potere d‟acquisto della popolazione, infrastrutture di comunicazione e trasporto, specializzazione della forza lavoro (quanto sono presenti investimenti in education, quindi formazione universitaria e professionale) e livello di urbanizzazione - Tecnologiche tecnologie di produzione impiegate, tecnologie di consumo potenziali. I Paesi più poveri (es. Africa) chiaramente hanno una penetrazione di strumenti informatici minore - Socioculturali organizzazione sociale, religione (influenza le scelte di consumo, ad es. in alcuni Paesi non si mangia la carne di maiale oppure i musulmani non lavorano in alcune ore del giorno) gruppi etnici, livello di istruzione (es. nei Paesi africani e nel Medioriente abbiamo situazioni in cui più del 60% della popolazione è analfabeta mentre in quelli Occidentali è inferiore al 5%), frammentazione linguistica (ad es. il Cinese è la lingua più parlata a livello mondiale perché la popolazione è vasta, l‟inglese ammonta solo al 6% in molti casi interagire con i paesi stranieri significa tradurre una lingua diversa dalla propria per arrivare ai consumatori) e sistema politico. C‟è da dire, inoltre, che la comunicazione non avviene solamente attraverso il linguaggio parlato; nella relazione con altri Paesi e culture il linguaggio non parlato rappresenta il 70% dell‟intera comunicazione il modo in cui ci si pone nei rapporti può influenzare le relazioni di business (ad es. in Giappone guardarsi negli occhi è assimilabile ad un affronto con l‟altra persona). È importante quindi avere delle persone madrelingua o proprio di quel Paese che aiutino negli scambi, nella comprensione della cultura del Paese (es. superstizioni- in Cina il numero 4 non si utilizza mai nei prezzi perché non porta fortuna- colori, numeri che risultano essere diversi per ciascun Paese) e nelle scelte di vendita del prodotto perché altrimenti si possono mettere a rischio gli investimenti nei vari Paesi. *Esiste proprio uno studio legato alla cultura e valori collegati al lavoro Hofstede ha creato una lista di caratteristiche che vengono analizzate in tutti i Paesi. Noi ne osserviamo una sintesi, tra cui il ruolo del potere, l’individualismo, la presenza di uomini, l’avversione o meno al rischio, il pragmatismo e l’indulgenza. Ad esempio, negli USA e in Australia è molto forte l‟individualismo (91) mentre non è così in Cina e in Messico; la presenza di uomini è simile in USA, Messico, Australia e Cina mentre è molto alta in Giappone (difficilmente qui un top manager è una donna). 56 Camilla Cavassa – Chiara Pace **Altri studi hanno evidenziato altri elementi di valori diversi tra le popolazioni, ad esempio nei Paesi Arabi l‟armonia, la sicurezza della famiglia e la guida genitoriale sono tra i valori principali, in Giappone lo è l‟armonia di gruppo e l‟appartenenza mentre negli USA ciò che maggiormente conta sono la libertà, l‟indipendenza e l‟auto affermazione. Per quanto riguarda i diversi sistemi politici abbiamo il collettivismo (correlato alla democrazia) contro l‟individualismo (correlato a governi totalitari) Per ciò che concerne i sistemi economici, invece, dagli anni „80 in poi diverse economie si sono aperte un po' di più (es. Cina, Russia e Paesi dell‟ex Unione Sovietica)  il livello di economia di mercato dei sistemi politici ed economici influenza anche la distribuzione della libertà negli scambi Tra gli anni ‟90 e il 2019, il livello dell‟indice della libertà economica è aumentato a livello medio mondiale. I Paesi con maggior livello di “economic freedom” sono Hong Kong, Singapore, Nuova Zelanda e Regno Unito. Mentre tra le ultime posizioni troviamo Nord Corea, Venezuela, Cuba ed Eritrea. I paesi occidentali più sviluppati godono di maggiore libertà e questo è un elemento importante soprattutto nelle scelte di investimenti diretti all‟estero  quanto può essere facile costituire una sussidiaria all’estero? Nei Paesi con ridotta libertà di economia non è possibile entrare o è molto complesso. Il sistema economico, ma anche quello politico, influenzano quindi il rischio degli investimenti in questi Paesi. 57 Camilla Cavassa – Chiara Pace - Altre Le fonti dei dati possono derivare da organizzazioni internazionali, organismi nazionali, organismi privati e imprese. SCHEMI LEGALI NEI PAESI Il sistema legale nei Paesi influenza il diritto di proprietà e anche il livello di corruzione. I diritti di proprietà dell‟investimento di un‟impresa in un Paese straniero si possono violare attraverso:  Azione privata  ad esempio criminalità nel Paese  Azione pubblica  può essere legale o illegale. Nel Paese, il reddito dell‟impresa può essere estorto legalmente attraverso una tassazione eccessiva o illegalmente attraverso tangenti e ricatti (corruzione) ALTI LIVELLI DI CORRUZIONE RIDUCONO GLI INVESTIMENTI DIRETTI ALL‟ESTERO, IL COMMERCIO INTERNAZIONALE E IL TASSO DI CRESCITA DEL PAESE. PROTEZIONE DELLA PROPRIETA‟ INTELLETTUALE (parliamo di brevetti, marchi, copyrights) Esiste un sistema di Organizzazione Internazionale che coordina e regola la protezione della proprietà intellettuale e il funzionamento degli uffici brevetti a livello internazionale. Ogni paese ha il proprio ufficio brevetti (in Europa abbiamo l‟ufficio brevetti europeo che regola la protezione della proprietà intellettuale nei diversi Paesi). Molti Paesi sono membri della World Intellectual Property Organization e hanno firmato dei trattati internazionali di armonizzazione. Nonostante ciò, una differenza che si riscontra- ma che comunque tende un po' a ridursi negli ultimi anni- è nell‟applicazione delle regole all'interno dei Paesi ad esempio, in Cina vengono copiati marchi, prodotti in maniera estremamente simile ai prodotti originali; per tanto tempo era difficile l‟enforcement quindi il controllo di questo fenomeno. Il problema è che nonostante ci sia l‟armonizzazione nelle regole di deposizione ed ottenimento dei brevetti all‟interno dei Paesi, la gestione delle cause di violazione avviene con il sistema giudiziario proprio di quel Paese di Organizzazioni internazionali danno informazioni a livello di Paese (ad es. GDP, popolazione, export, import, densità di popolazione etc.) Organismi nazionali  in Italia, l‟ICE (Istituto per il Commercio Estero) produce dati e report importanti per l‟analisi del commercio internazionale Organismi privati ed imprese  ad esempio SACE sviluppa report utili per l‟esportazione. Ogni anno vengono stilate delle classifiche e questo è l‟indice del ranking della corruzione dei Paesi che risale al 2018. Nel 2020 l‟indice indicava che i Paesi con livello di corruzione più bassa erano Nuova Zelanda, Danimarca, Finlandia, Svizzera e Singapore mentre quelli con corruzione più alta erano Somalia, Venezuela, Sudan e Yemen (Italia più o meno a metà classifica). In Nigeria il livello di corruzione è talmente elevato a livello pubblico che i redditi di chi investe sono molto ridotti. Il denaro non viene reinvestito nel Paese quindi, questi elevati livelli di corruzione non solo riducono gli incentivi ad investire in quel Paese, ma riducono anche il livello di reddito da investire per la crescita economica di quel Paese (es. trasporti, infrastrutture, livello di istruzione etc.): OSTACOLI ALLA CRESCITA INTERNA. 60 Camilla Cavassa – Chiara Pace  Accessibilità del Paese si valuta la presenza di barriere all'ingresso che possono essere naturali, concorrenziali o artificiali.  Attrattività del settore chi sono i concorrenti domestici e non domestici, che caratteristiche hanno i concorrenti, qual è il grado di concorrenza di prezzo (es. Tesco ha investito in tanti Paesi ma in Italia non c‟è perché l‟attrattività del settore per questa impresa nel nostro Paese non è elevata perché ci sono già molti grandi distributori italiani ed internazionali come ad esempio Carrefour).  Attrattività per l'impresa bisogna verifica se i prodotti specifici di quell‟impresa, aldilà del settore, sono attrattivi per quel determinato Paese. In questo modo si va ancora di più nel dettaglio delle caratteristiche (ad es. Mattel che è entrato in diversi Paesi con i suoi giocattoli e la Barbie; ha avuto un‟entrata fallimentare nei paesi del Medioriente perché la Barbie è una bambolina con le minigonne e quindi ha un concetto di prodotto, di immagine non coerente con il ruolo della donna in questi Paesi) IL PROCESSO DI SELEZIONE DEI PAESI Il processo di screening si sviluppa mediamente in una modalità di questo tipo (non necessariamente si segue questo ordine o le imprese entrano in nuovi Paesi seguendo tali modalità): 1) Insieme dei paesi oggetto di analisi si effettua il primo screening e si mantengono i Paesi potenzialmente interessanti; 2) Paesi accettabili si effettua il secondo screening in cui si stima il mercato potenziale; 3) Paesi attrattivi per il settore si effettua il terzo screening in cui si guarda la coerenza tra domanda e offerta specifica del Paese; 4) Si identificano i Paesi attrattivi per l‟impresa non è detto che essa entri poi in tutti questi. LE TEORIE DEL COMMERCIO INTERNAZIONALE Andremo ad analizzare negli studi di international business quali sono state le evoluzioni delle teorie sul commercio internazionale fino alle teorie più recenti degli anni 90 con il fine di andare a vedere le implicazioni per il management per le strategie delle imprese che provengono da queste teorie e andremo a vedere anche qualche implicazioni in termini di policy dei governi (nonostante la storicità delle teorie alcune di queste continuano ad essere presenti e valide oggi es. barriere doganali Trump). Gli obiettivi ci poniamo nello studiare le teorie sul commercio: - comprendere perché i paesi scambiano i beni fra di loro e non producono e consumano all'interno del proprio paese beni prodotti internamente; - spiegano i flussi commerciali (andando più in dettaglio del perché importano determinati beni e ne esportano altri, ovvero perché alcuni paesi si specializzano in alcune produzioni e non in altre); - comprendere perché alcuni economisti ritengono che il libero commercio senza restrizioni (quindi con tariffe doganali basse, persone e beni che possono liberamente circolare etc.) fa aumentare il benessere economico dei paesi che attuano il libero scambio. Un esempio attuale di paesi che hanno ridotto il libero scambio è l‟Inghilterra che è uscita dalla comunità europea e non sono più disponibili tutte le agevolazioni che c'erano prima o anche Trump, la Cina con alcune politiche di protezionismo; - capire come il governo può avere un ruolo attivo nella promozione del vantaggio competitivo nazionale in certi settori (il governo non deve intervenire sulla libera circolazione, ma intervenire sostenendo quei settori dove il paese può esportare di più); - capire le implicazioni per le strategie dell'impresa. Schema analitico dei passaggi appena elencati 61 Camilla Cavassa – Chiara Pace Le principali teorie: 1. Teoria del vantaggio assoluto di Smith 2. Teoria del vantaggio comparato di Ricardo 3. L‟evoluzione del vantaggio comparato di Heckscher-Ohlin 4. La teoria del ciclo di vita internazionale del prodotto di Vernon 5. La new trade theory di Paul Krugman 6. Vantaggio competitivo delle nazioni di Porter Diversi economisti, come abbiamo detto, hanno sostenuto il vantaggio dei paesi che hanno i paesi operando in un regime di libero scambio. *Il libero scambio è una situazione in cui il governo non cerca di influenzare gli scambi attraverso quote o dazi doganali (che rappresentano delle restrizioni), quindi non cercano di influenzare quello che i cittadini possono acquistare da un altro paese oppure il paese può vendere o produrre in altri paesi. Se i dazi sono alti all'importazione per i cittadini è meno conveniente acquistare un prodotto proveniente da un altro paese quindi il dazio cambia la convenienza del prodotto straniero rispetto a quello nazionale. Il dibattito che c'è tra il libero scambio o la protezione attraverso dazi riguarda il fatto che il dazio, in teoria, protegge l'economia nazionale (se io mettono dei dazi all'importazione prodotti proteggo la produzione nazionale stimolando gli acquirenti ad acquistare i prodotti del paese anziché quelli stranieri), allo stesso modo però per quei prodotti che all'interno del paese non vengono prodotti in quantità sufficienti o mancano le materie prime per produrre in quantità adeguata la produzione necessaria è necessario importare dall'estero e all'importazione poi si riscontrano dei dazi che aumentano il prezzo di questi. Quindi in generale una prima argomentazione è confrontare il fatto che il dazio se c'è all'importazione c'è anche all'esportazione e difficilmente un paese riesce ad essere totalmente autonomo su tutto, quindi la possibilità di scambiare fa sì che si possano ottenere degli input prodotti in maniera efficiente. Gli economisti che promuovono il libero scambio (Smith, Ricardo e Heckscher-Ohlin) hanno sempre sostenuto un aumento del benessere quindi le teorie che andremo a vedere mostrano perché è vantaggioso per un paese importare e, inoltre con Ricardo e Heckscher-Ohlin vedremo perché è importante importare anche quei prodotti che il paese è in grado di produrre (in questo modo il paese potrà utilizzare le risorse per produrre i beni che riesce a realizzare in modo efficiente ed esportare anche all'estero mentre importo i prodotti che possono essere realizzati in maniera più efficiente in altri paesi). Vi è un principio di specializzazione fra i paesi nei settori e nelle produzioni che si riescono a realizzare in maniera più efficiente, queste vengono in prodotte in quantità sovrabbondante rispetto ai bisogni del paese e vengono scambiate con beni che vengono poi importati da paesi in cui invece sono specializzati nella produzione di quei beni che riescono a realizzare in maniera più efficiente  il principio di base dei modelli delle teorie del commercio internazionale che si basano sulla libero scambio. DA COSA NASCE LA SPECIALIZZAZIONE? Alcuni modelli di commercio sono abbastanza facili da spiegare, se pensassimo al perché l‟Arabia saudita esporta petrolio o il Ghana cacao ci verrebbe spontaneo intuire il motivo: le risorse abbondanti. Se pensassimo però ad un altro esempio, come la Svizzera che esporta prodotti chimici, farmaceutici, orologi e gioielli? Questo avviene non per le risorse abbondanti, ma per una specializzazione settoriale che è cresciuta nel tempo (dalle bici, alle macchine da cucire etc. quindi tutta meccanica di precisione), una specializzazione che è nata si è sviluppata per effetto di primi prodotti realizzati nel paese che poi ha consentito una specializzazione del paese. Perché il Giappone esporta automobili, elettronica di consumo e macchine utensili? Il Giappone è un paese di industrializzazione, un po‟ per gli investimenti del paese in ingegneri, scienziati, tecnologie di produzione in elettronica, un po‟ per la necessità di rispondere alle esigenze del paese (alta densità di popolazione, piccoli spazi  prodotti piccoli che potessero entrare nei loro spazi  la miniaturizzazione dell'elettronica). - Quindi la specializzazione non dipende soltanto da risorse naturali, ma può nascere anche per altre motivazioni. promuovono il libero scambio giustificano l‟intervento pubblico limitato e selettivo 62 Camilla Cavassa – Chiara Pace La teoria iniziale, superata poi dal libero scambio, è quella del mercantilismo secondo la quale il governo dovesse promuovere le esportazioni e limitare le importazioni cioè proteggere l'economia nazionale  economie chiuse. Questa teoria è stata superata, appunto con il libero scambio (Smith, Ricardo e Heckscher-Ohlin) senza intervento del governo nel limitare o restringere gli scambi, per arrivare a Krugman e Porter che invece, giustificheranno l'intervento pubblico limitato e selettivo per sostenere alcune industrie/settori orientate alle esportazioni. Il mercantilismo suggerisce che è positivo per un paese mantenere un avanzo commerciale (SURPLUS NELLA BILANCIA COMMERCIALE = ESPORTAZIONI > IMPORTAZIONI) cioè un paese deve proteggere l'economia nazionale, ridurre le importazioni e aumentare le esportazioni. Naturalmente in questo caso secondo la teoria dei giochi il commercio è un gioco a somma zero  se un paese aumenta le esportazioni, un altro paese dovrà aumentare le importazioni. 1. TEORIA DEL VANTAGGIO ASSOLUTO (SMITH) Adam Smith, con la sua teoria del vantaggio assoluto, sosteneva che un paese ha un vantaggio assoluto nella produzione di un prodotto quando è più efficiente di tutti gli altri nel produrlo. I paesi dovrebbero specializzarsi nella produzione di beni per i quali essi abbiano un vantaggio assoluto e poi scambiare questi beni con i prodotti degli altri paesi, ovvero quei beni in cui gli altri paesi avranno un vantaggio nel produrli. Esempio) Ghana scambierà cacao  con il riso prodotto in Corea. Questa tabella ci fa vedere il perché è conveniente che il Ghana scambi il cacao con il riso e che non produca all'interno sia cacao che riso. Ognuno dei due paesi ha a disposizione 200 unità di risorse produttive destinate alla produzione dei due beni (modello stilizzato: due beni, due paesi e un dato ammontare di risorse uguali per entrambi i paesi). Le risorse possono essere persone che lavorano, materiali etc. La prima ipotesi che viene mostrata in alto è che le 200 unità di risorse siano distribuite nei due paesi in modo uguale tra le due produzioni di cacao e di riso (cioè il Ghana utilizzerà 100 unità di risorse per produrre cacao 100 unità per produrre riso e stessa cosa il Sud Corea). Nella prima parte della tabella sono indicate le risorse necessarie per produrre una tonnellata di cacao e una tonnellata di riso (es. il Ghana dovrà utilizzare 10 risorse per produrre una tonnellata di cacao mentre dovrà utilizzare 40 risorse per produrre una tonnellata di riso etc.)  vuol dire che il Ghana è più efficiente nel produrre il cacao che non il riso perché utilizzerà meno risorse per produrlo al contrario il Sud Corea, il quale è molto poco efficiente nella produzione di cacao. Nella seconda parte vedremo quanta quantità di riso e cacao produrranno entrambe seguendo questa impostazione, alla fine si produrranno in totale tra i due paesi 12,5 tonnellate di cacao e 15 di riso. Se invece i paesi si specializzassero (terza parte tabella), il Ghana producesse solo cacao e il sud Corea solo riso riuscirebbero a produrne 20 a testa. Il vantaggio quindi è che intanto se ne produce di più e nell‟ultima parte vediamo anche che se i paesi si scambiano 6 tonnellate a vicensa in ognuna delle nazioni c'è una crescita dei volumi interni perché si sono prodotte complessivamente più risorse  le risorse sono state allocate in maniera più efficiente, quindi il principio della specializzazione è che se il paese utilizza le produzioni in maniera più efficiente riescono a realizzare di più e quel di più lo riescono a scambiare ottenendo tutto quello che non riescono a produrre in maniera efficiente. Smith applica il principio della specializzazione a livello di scambi internazionali, ma questo discorso è lo stesso che si applica all'interno di un'impresa in tema di specializzazione del lavoro cioè i lavoratori devono svolgere le attività in cui sono più efficienti e non tutte le attività all'interno di un'impresa, così come le imprese non fanno integrazioni verticali di tutto, ma si specializzano soltanto nelle produzioni in cui riescono a ottenere economie di scala (chi non riesce a ottenere economie di scala acquista dal fornitore). 65 Camilla Cavassa – Chiara Pace Abbiamo detto che negli anni ‟90, l'evoluzione delle teorie si sposta verso un'analisi del commercio internazionale tra Paesi che inizia ad inserirsi all'interno del libero scambio, degli interventi selettivi del Governo. 5. NUOVA TEORIA DEL COMMERCIO INTERNAZIONALE (New Trade Theory di Helpman e Krugman) Siamo a fine anni ‟70 inizia a svilupparsi andando a focalizzare l'attenzione sullo sfruttamento di economie di scala. Questo tema è rilevante anche nel commercio internazionale infatti, in settori ad alta intensità di scala all'aumentare del volume di produzione si riduce il costo medio dei prodotti e inoltre le esportazioni consentono di ampliare i volumi produttivi - quindi di raggiungere la dimensione ottima minima -. Ci possono essere produzioni ad elevate intensità di scala in cui il mercato domestico non è sufficiente per raggiungere le economie scala o se nel mercato domestico ci sono più imprese queste non riescono tutte a raggiungere le economie di scala se non si rivolgono anche al mercato internazionale. Quindi, il primo elemento è che con una domanda più ampia si riescono ad ottenere maggiormente economie di scala e questo può essere necessario in settori ad alta intensità di scala. Il secondo elemento è che per alcune varietà di prodotti il mercato interno può non essere sufficiente (ad es. posso produrre automobili raggiungendo economie di scala per il mercato interno ma magari sulle automobili sportive non riesco ad avere una domanda interna che mi permette di raggiungere economie di scala) e quello internazionale consente invece di raggiungere delle economie di scala. Riassumendo, uno dei vantaggi del commercio internazionale in settori ad alta intensità di scala è che consente di raggiungere la dimensione ottima minima, quindi di ridurre il consumo medio dei prodotti e consente di farlo anche all'interno di una maggiore varietà dei prodotti differenziandoli maggiormente, e all'interno dei diversi segmenti di mercato si possono raggiungere delle economie di scala sfruttando le nicchie presenti anche nei mercati internazionali. [Possiamo fare l‟esempio delle macchine sportive e minivan che sono nicchie di mercato dell'automobile oppure l‟industria dell‟aeronautica ad altissima intensità di scala quest‟ultima è un settore in cui sono presenti, per i grandi velivoli civili, solo due grandi produttori che sono Boing ed Airbus nel mercato mondiale più alcuni produttori russi che però non hanno un vantaggio competitivo tale per cui gli aerei russi sono acquistati anche in altri Paesi. Inoltre, alcuni modelli necessariamente devono avere il mercato mondiale per poter raggiungere la loro dimensione ottima minima ad esempio l‟Airbus380, l'aereo che portava fino a 800 posti introdotto nel mercato agli inizi degli anni 2000; per anni negli anni „90 Boing ed Airbus valutavano quale sarebbe stato il modello più adeguato per rispondere alla domanda dei voli intercontinentali e alla fine Airbus ha fatto la prima mossa di entrata con il grande velivolo che portava appunto fino a 800 posti, puntando su una domanda di un numero di acquisti che le consentiva di raggiungere la dimensione ottima minima che era superiore ai 100. In realtà, questo modello non è mai decollato e poi è uscito dal mercato dopo un po' di anni ed è stato un grande fallimento perché i costi di acquisto e utilizzo erano elevati e sono stati pochi gli ordini. Boing non ha investito perché già l‟intero mercato mondiale si era rilevato piccolo solo per il modello di A380 e quindi le altre imprese non avrebbero potuto competere in maniera profittevole]. Quindi, ci sono dei mercati in cui la dimensione ottima minima si raggiunge solo nel mercato mondiale e solo con un produttore. Questo è un elemento importante nel commercio internazionale perché alcune produzioni si possono produrre solo per il mercato mondiale. Quindi, senza il commercio internazionale, alcuni Paesi potrebbero non essere in grado di produrre prodotti in cui le economie di scala sono importanti con il commercio internazionale, invece, questo è possibile. Dunque, IL COMMERCIO È RECIPROCAMENTE VANTAGGIOSO PERCHÉ PERMETTE LA SPECIALIZZAZIONE NELLA PRODUZIONE (un Paese può specializzarsi perché sa che può vendere nel mercato mondiale), DI PRODURRE ECONOMIE DI SCALA E DI PRODURRE UNA VARIETÀ DI PRODOTTI A PREZZI INFERIORI. 66 Camilla Cavassa – Chiara Pace Le implicazioni di questo modello Il modello di specializzazione produttiva internazionale può essere il risultato non solo di distribuzione della dotazione dei fattori e delle risorse nei Paesi, ma anche di vantaggio della prima mossa dei Paesi. Ciò significa che nei settori in cui il vantaggio del first mover e le economie di scala sono importanti, il primo ad entrare sul mercato riesce a raggiungere la dimensione ottima minima, le economie di scala e di apprendimento e difficilmente può essere superato in alcuni settori da altri concorrenti. Quindi, ci si può trovare un modello di specializzazione produttiva che vede alcuni settori specializzati in determinati Paesi perché in quel Paese sono emerse per la prima volta imprese first mover in determinati settori e quel vantaggio non è più stato superato. Quindi, non necessariamente il modello del commercio internazionale poi si basa sulla distribuzione delle risorse o dotazioni di fattori; ma si può basare anche sul fatto che i pionieri hanno un vantaggio di scala e quindi quel settore poi è sviluppato prevalentemente in quell'area geografica con rendimenti crescenti. Poi magari i primi nati in quel settore lo hanno fatto perché c‟erano le materie prime, perché c‟erano le skills e il capitale umano però se pensiamo al caso di Giappone e Svizzera non troviamo immediatamente un legame tra il fatto che alcuni settori sono sviluppati in quel Paese e la dotazione di risorse in quel Paese, ma perché sono stati i primi a investire in determinati settori sviluppando un vantaggio della prima mossa e poi sono cresciuti nel tempo. Le nazioni possono trarre beneficio dal commercio anche se non differiscono i termini di dotazione di risorse e tecnologie. Un Paese può dominare l'esportazione di un bene semplicemente perché ha avuto la fortuna di avere una o più imprese tra le prime a produrre quel bene (ad es. l‟Italia è leader in alcuni settori come l‟illuminazione e il design). È importante sottolineare che questa teoria non contraddice il vantaggio comparato ma identifica una fonte di vantaggio comparato che deriva dallo sfruttamento delle economie di scala, di una specializzazione che consente di avere un vantaggio. L’implicazione sui governi riguarda il fatto che questi devono prendere in considerazione le politiche commerciali strategiche che sostengono e proteggono imprese e settori in cui ci sono importanti vantaggi per l'economia di scala questi settori devono essere sostenuti perché consentono una specializzazione, un vantaggio anche nel commercio internazionale; quindi non significa avere il sussidio alle imprese ma sostenere le infrastrutture di questi settori, la formazione del capitale umano, la produzione di ingegneri, di ricerca quindi tutto il contorno di infrastrutture che sostiene questi Paesi. 6. IL VANTAGGIO COMPETITIVO DELLE NAZIONI: IL DIAMANTE DI PORTER Porter dagli anni „90 ha cercato di capire perché alcuni Paesi hanno successo in alcuni settori. Ha studiato 100 settori in 10 Paesi ed è andato ad analizzare quali sono le fonti del vantaggio competitivo. Porter ha costruito uno schema denominato “DIAMANTE DI PORTER” le 4 punte del diamante spiegano il vantaggio competitivo delle nazioni. I 4 elementi sono:  Strategia, struttura di mercato e rivalità del settore:  Mentalità manageriale: finanza oppure ingegneristica orientata all‟innovazione, in termini di: - Localizzazione i Paesi hanno vantaggi in attività produttive differenti; ha senso per un‟impresa disperdere le sue attività produttive nei Paesi in cui possono essere realizzate in modo più efficiente; - Vantaggio del first mover essere un first mover può avere importanti implicazioni competitive, soprattutto se ci sono economie di scala e l‟industria globale supporta solo pochi concorrenti. Le 67 Camilla Cavassa – Chiara Pace imprese che stabiliscono un vantaggio della prima mossa possono dominare il commercio mondiale in un determinato prodotto; - Policy le politiche dei governi possono influenzare la competitività delle imprese e dei settori. Le imprese dovrebbero adoperarsi per favorire le politiche governative che sostengono il libero scambio- perché consentono di ampliare le loro opportunità sui mercati internazionali di avere una domanda più ampia che le consente di raggiungere le economie di scala- e dovrebbero esercitare pressioni sui Governi in modo che adottino politiche che abbiano un impatto positivo su ogni componente del diamante di Porter (non significa richiedere sussidi alle imprese perché dal punto di vista dell‟antitrust ciò non è possibile, ma sostenere gli elementi che possono portare un vantaggio competitivo come una regolamentazione più semplice o un sistema di tassazione non esageratamente pesante)  Presenza di concorrenza domestica stimola le imprese ad essere più efficienti (es. SCM e DS sono due tra i leader mondiali nella lavorazione di materiali del legno a Rimini e Pesaro; si fanno molta concorrenza e questo stimola entrambe a realizzare produzioni competitive anche nei mercati internazionali; quindi le imprese sottoposte a concorrenza hanno una maggiore necessità di innovare, essere efficienti e rispondere alla domanda creando vantaggio competitivo)  La natura della domanda interna:  Una domanda interna sofistica ed esigente stimola la produzione interna ed il vantaggio competitivo delle imprese (es. macchine fotografiche in Giappone oppure negli Stati Uniti nella Silicon Valley vi è la presenza di imprese specializzate che richiede servizi specializzati di consulenza e tecnologia aumentando la sofisticazione dei prodotti e delle soluzioni tecnologiche richieste)  Le dotazioni dei fattori di produzione:  Fattori di base risorse naturali, clima, demografia, geografia  Fattori avanzati infrastrutture, personale qualificato, strutture per ricerca e innovazione (es. in Giappone il rapporto degli ingegneri sulla popolazione è il più alto a livello mondiale)  Le industrie collegate e di supporto al settore dell’impresa:  Presenza di aziende fornitrici e collegate competitive a livello internazionale favorisce lo sviluppo dei settori (ad es. negli Stati Uniti lo sviluppo dei computer si è accompagnato allo sviluppo dei microprocessori Intel si è sviluppata in Silicon Valley insieme ad IBM e ai principali produttori)  Gruppi di imprese collegate in cui si trasferiscono le conoscenze (es. tessile e macchine per la lavorazione dei tessuti nell'area tra Rimini e Pesaro la produzione di mobili e macchine per la produzione del legno). STRATEGIE DI ESPANSIONE DELLE IMPRESE INTERNAZIONALI Le domande che ci dobbiamo porre: Quali azioni possono prendere i manager per competere più efficacemente nei mercati internazionali? Come si possono aumentare i profitti delle imprese attraverso l'espansione internazionale? Quale strategia internazionale dovrebbero perseguire le impresa? Ci focalizzeremo su due elementi: la pressione sulla riduzione dei costi e l'esigenza di adattamento locale dei prodotti e questi due elementi vanno a influenzare direttamente i profitti delle imprese attraverso un‟efficienza di costo o attraverso strategie di adattamento che invece richiedono degli investimenti. Il Diamante di Porter Ovviamente richiede dei costi maggiori perché fare un unico prodotto uguale standardizzato per tutti i mercati sicuramente è più efficiente e meno costoso di adattare in tanti paesi dove saranno richiesti investimenti (in prodotti diversi, processi produttivi, personale di marketing, di comunicazione differenziata nei diversi paesi…). 70 Camilla Cavassa – Chiara Pace Quindi andiamo a definire la strategia con due esigenze contrastanti: la riduzione dei costi e l'adattamento locale, queste due pressioni sono combinate e fanno emergere strategie internazionali differenti che si basano sulla combinazione di bassa pressione per la riduzione dei costi e per l'adattamento locale, alta pressione per entrambe entrambe oppure una più alta e una più bassa. Prima di andare a vedere quali sono le 4 tipologie di strategia che risultano dalle combinazioni, andiamo a vedere quando sono maggiori le pressioni per la riduzione dei costi e quando sono maggiori le pressioni per l'adattamento locale. PRESSIONI PER LA RIDUZIONE DEI COSTI Sono maggiori:  in settori che producono prodotti di tipo commodity che soddisfano bisogni universali;  quando i gusti e le preferenze dei consumatori in molte nazioni sono simili se non identici;  dove il prezzo è la principale arma competitiva;  quando i concorrenti si riescono a localizzare in aree a basso costo;  dove vi è persistente accesso di capacità produttiva che spinge poi ad una concorrenza di prezzo;  dove i consumatori hanno potere e sostengono bassi costi di cambiamento;  quando i prodotti sono abbastanza sostituibili tra di loro. PRESSIONI PER L’ADATTAMENTO LOCALE Esse sorgono da:  Differenze nei gusti e preferenze dei consumatori parliamo ad esempio di prodotti di lusso e del food (parzialmente anche dell‟abbigliamento se ci riferiamo alle taglie; Paesi con culture molto diverse si stanno aprendo a gusti più occidentali ma non in maniera pervasiva solo chi abita nelle città o le persone più evolute che si muovono a livello internazionale);  Differenze nelle pratiche tradizionali e nelle infrastrutture  Differenze nei canali di distribuzione i canali di distribuzione possono modificarsi, possono essere molto diversi tra Paesi ed è quindi necessario adattare le modalità con cui si vendono i prodotti (es. differenza tra Paesi in cui la popolazione abita nei centri urbani in cui ci sono centri di distribuzione a largo consumo -ipermercati- e Paesi più poveri in cui la distribuzione avviene in piccole città o villaggi senza grandi centri e con una rete infrastrutturale differente oltre che dei sistemi distributivi c‟è anche necessità di una differenziazione dei prodotti, quindi di adattamento locale nella strategia) oppure i servizi che devono essere erogati nel Paese finale ed essere adattati rispetto alle competenze delle persone locali (es. servizi di consulenza, finanziari, di manutenzione, di assistenza tecnica pre/post vendita erogati in loco direttamente all‟utilizzatore finale nel luogo di consumo)  Domanda dei governi locali Andando a combinare questi elementi emergono 4 strategie di base, per competere nel contesto internazionale. Le imprese si localizzano normalmente all'interno di queste quattro strategie con successive possibilità di evolvere nel tempo. STRATEGIA DI STANDARDIZZAZIONE GLOBALE Si ha un'elevata pressione per la riduzione di costi e una bassa pressione per l'adattamento locale. È una strategia che si concentra sulla redditività e sulla crescita dei profitti sfruttando le riduzioni di costo che derivano da economie di scala, da effetti di apprendimento e da economie di localizzazione. Le imprese andranno a posizionare la propria produzione in Paesi dove possono produrre a basso costo, il prodotto sarà standardizzato e cercheranno di ottenere economie di scala non adattando il prodotto (le esigenze sono basse). Quindi l‟obiettivo è quello di perseguire una strategia a basso costo su scala globale. L‟adeguatezza di ciascuna strategia dipende dalle pressioni per la riduzione dei costi e dalle pressioni per l‟adattamento locale nel settore, e sono: 1. Strategia di standardizzazione globale 2. Strategia di localizzazione 3. Strategia transnazionale 4. Strategia internazionale 71 Camilla Cavassa – Chiara Pace I prodotti che rispondono a questa strategia sono quelli che vengono prodotti, realizzati ed utilizzati allo stesso modo in tutto il mondo (es. telefoni cellulari, non sono più di tanto adattati per i singoli Paesi ma sono praticamente uguali. Anche le istruzioni dei telefoni non vengono più tradotte in tutte le lingue dei Paesi; materie prime, prodotti senza marchio, prodotti con alta concorrenza di prezzo e anche prodotti tecnologicamente avanzati che sono utilizzati nello stesso modo in tutti i Paesi). Strategia adottata da grandi imprese o anche da quelle più piccole che hanno prodotti rivolti a mercati globali che non necessitano di adattamenti importanti ma in cui la pressione dei costi è rilevante. Le imprese che producono acciaio adottano tale strategia. STRATEGIA DI LOCALIZZAZIONE Si ha una bassa pressione per la riduzione dei costi e un‟elevata pressione per l‟adattamento locale. È una strategia che si concentra sulla crescita della reddittività personalizzando prodotti o servizi in modo da rispondere ai gusti e alle preferenze dei diversi mercati nazionali. Ciò avviene quando:  Ci sono differenze sostanziali tra le nazioni nei gusti e preferenze dei consumatori  Le pressioni sui costi non sono troppo intense La localizzazione porta alla duplicazione dei costi che deriva dall‟avere impianti in diversi Paesi. Le strategie di localizzazione continuano a mantenersi laddove l'adattamento è importante.  CASO PROCTER & GAMBLE (ESEMPIO DI STRATEGIA DI LOCALIZZAZIONE CHE VIENE TRAMUTATA IN STRATEGIA TRANSNAZIONALE) É un‟impresa che produce diverse tipologie di prodotti diretti al largo consumo (es. cosmetici, detergenti, prodotti per la persona e la casa). Fino agli anni ‟80 aveva le proprie sussidiarie di produzione e di vendita in ogni Paese in cui andava ad operare e i prodotti erano realizzati all‟interno dei Paesi, avevano un marchio all‟interno del Paese (anche se i Paesi erano molto simili tra di loro perché parliamo di Italia, Francia, Germania, Stati Uniti) poiché ciascuno di questi aveva i propri detergenti con il proprio marchio rispondendo alle preferenze diverse della domanda all'interno di questi Paesi. Questa strategia di localizzazione degli anni ‟80 basata su una bassa pressione per la riduzione dei costi è diventata, nel tempo, una strategia di standardizzazione globale o transnazionale (a seconda dei prodotti) perché producendo con questa modalità (la localizzazione) l‟impresa aveva una dup licazione di costi di produzione, di marketing, per il marchio, per il brand diverso dei diversi prodotti che non era più coerente con la competizione sempre più forte nell'ambito di questi mercati. Quindi, non appena le tariffe doganali sono diminuite e la concorrenza è aumentata, imprese come Procter & Gamble hanno dovuto cambiare la propria struttura. Poi magari degli adattamenti si possono fare (con costi non troppo elevati) laddove alcune versioni di prodotto meno tecnologicamente avanzate o minori accessori vengono venduti in Paesi che hanno una più bassa capacità di spesa o un reddito medio più basso. *Storicamente, quando i costi di trasporto e i dazi doganali erano più elevati, le imprese avevano convenienza e necessità di andare a produrre e vendere nel Paese in cui volevano esportare i prodotti perché l‟export sarebbe stato costoso dal punto di vista dei trasporti ma soprattutto in termini di dazi doganali. Molte imprese multinazionali sviluppate nel secolo scorso iniziavano le strategie di internazionalizzazione andando a creare sussidiarie di produzione, vendita e di commercializzazione in ognuno dei Paesi in cui andavano ad operare. Nel tempo si sono trovate con delle sussidiarie che sicuramente adattavano i prodotti alle esigenze dei singoli Paesi, però la struttura dei costi era diventata molto importante quindi quando poi la pressione dei costi è aumentata, le imprese hanno iniziato a spostarsi verso strategie di standardizzazione globale o transnazionali. 72 Camilla Cavassa – Chiara Pace Nello specifico era una delle aziende più internazionali del mondo: nel 1915 ha aperto impianti in Canada, nel 1930 in UK, nel 1960 si diffonde in Europa, nel ‟70 in Giappone e poi in altri Paesi asiatici. - Entrava in ogni Paese acquisendo un concorrente affermato e i suoi marchi; - Sviluppava i suoi prodotti a Cincinnati (Stati Uniti) e in semiautonomia si affidava alle filiali estere per fabbricare, vendere e distribuire i prodotti all‟interno del Paese; - Le sussidiarie progettavano packaging, marchio ed il messaggio di marketing in coerenza dei gusti e delle preferenze locali (tutto adattato ad ogni Paese). A fine anni „90/inizio anni 2000 avviene la riorganizzazione della strategia. Cause che hanno portato al cambiamento strategico:  I costi sostenuti (di marketing e amministrativi) erano molto alti perché la produzione era moltiplicata in molti Paesi  La segmentazione dei mercati era data dalla presenza di barriere al commercio internazionale (es. tariffe doganali hanno portato l‟impresa a creare sussidiarie nei diversi Paesi) quando queste barriere hanno iniziato a venire meno, le differenze reali nei gusti e nelle preferenze dei consumatori non erano così elevate (es. il principio attivo o la composizione chimica di un detersivo non varia da Paese a Paese) La nuova strategia scelta:  L‟impresa chiude 30 stabilimenti produttivi nel 1993 concentrando la produzione in pochi impianti, ottenendo maggiori economie di scala e riducendo la struttura di costo di 600 milioni di $ per anno.  A fine anni ‟90 si trasforma in un‟impresa globale  Viene basata su 7 Business Unit globali autonome con piena responsabilità dei risultati reddituali, delle scelte produttive, di marketing e di sviluppo del prodotto  Nel ‟99 chiude altri 10 impianti con un‟ulteriore riduzione dei costi di 800 milioni di $ per anno Gli effetti:  Il risparmio generato dalla struttura di costo è stato investito nel marketing e nella riduzione di prezzo dei prodotti obiettivo: incremento di quote di mercato e di economie di scala dell‟azienda  Forte aumento delle vendite e dei profitti nel periodo 2002-2004, forte aumento dei ricavi e i competitor (Unilever, Kimberly-Clark, Colgate-Palmolive) che registravano notevoli difficoltà stavano perseguendo la stessa strategia per riorganizzarsi ed evitare la duplicazione dei costi che deriva dalla strategia di localizzazione cioè da impianti in diversi Paesi ad es. Unilever, che compete con P&G in tutti i settori dei segmenti dei detergenti per casa e persona (quindi in ciò che non è food, perché Unilever produce anche food come ad esempio i gelati), ha fatto un cambiamento strategico simile. La modalità di entrata di P&G, negli anni, è stata quella di ACQUISIRE imprese locali che poi sono state riorganizzate come proprie sussidiarie.  CASO MTV MTV era partito da una strategia di standardizzazione globale, spostandosi poi ad una strategia di localizzazione. STRATEGIA TRANSNAZIONALE Si ha un'elevata pressione per la riduzione di costi e un‟elevata pressione per l'adattamento locale È una strategia che tenta simultaneamente:  Di conseguire bassi costi grazie alle economie di localizzazione, all'economia di scala e agli effetti di apprendimento  Di concentrare la produzione in pochi mercati ma differenziare l'offerta dei prodotti in tutti i mercati geografici, per tenere conto delle differenze locali la produzione si svolge in uno o pochi Paesi e nei mercati locali si può localizzare il marketing e/o la fornitura dei servizi; si può adattare il prodotto nel Paese e venderlo direttamente nei Paesi di destinazione oppure adattarlo nel Paese d'origine rispondendo ad adattamenti che possono essere necessari in alcuni elementi della domanda  Favorire un flusso multidirezionale di competenze tra le diverse filiali nella rete globale delle operazioni dell‟impresa Quindi non è una strategia di standardizzazione globale che fa sì che si produca e venda lo stesso prodotto in tutto il mondo ma è una strategia che concentra le attività della catena del valore, all'interno delle quali si 75 Camilla Cavassa – Chiara Pace Completata la parte di strategie delle imprese internazionali ci occupiamo dell‟ORGANIZZAZIONE DELLE IMPRESE INTERNAZIONALI. Principi base di un'architettura organizzativa:  Al centro abbiamo le persone poi vi è un tema di definizione della struttura organizzativa, della cultura organizzativa, di processi organizzativi e incentivi dati al personale Per comprendere come cambiano le strutture organizzative delle imprese quando si opera in mercati internazionali o in più mercati internazionali partiamo da tre concetti base delle strutture organizzative in generale per costruire su questi l'organizzazione delle imprese internazionali. La struttura organizzativa si riferisce a:  posizione di responsabilità decisionale (centralizzata nel vertice vs. decentralizzata);  divisione formale decentralizzata in sub-unità, quindi bisogna poi vedere come si dividono le sub-unità (funzioni, divisioni etc.);  meccanismi di integrazione per coordinare le diverse unità. Questi sono i tre elementi di base di ogni struttura organizzativa. Le tre dimensioni che ne derivano: 1. la differenziazione verticale della responsabilità di decisionale  posizione di responsabilità decisionale 2. la differenziazione orizzontale la divisione in sub-unità  divisione formale decentralizzata in subunità 3. meccanismi di integrazione  meccanismi di integrazione per coordinare le diverse unità DIFFERENZIAZIONE VERTICALE  determina dove è posizionato il potere decisionale. I vantaggi di avere una centralizzazione del potere decisionale: - facilita il coordinamento perché centralmente si ha la visione di tutte le unità dei livelli inferiori; - garantisce decisioni coerenti con gli obiettivi dell'organizzazione; - fornisce ai top manager i mezzi per portare avanti il cambiamento organizzativo e le proprie strategie; - evita la duplicazione delle attività, perché le decisioni sono tutte centralizzate quindi non abbiamo più manager in più di divisioni che prendono decisioni parallele. In generale un processo centralizzato garantisce delle decisioni coerenti con gli obiettivi dell'organizzazione, in ottica internazionale, infatti, quando il potere decisionale è decentralizzato in vari paesi si potrebbero prendere decisioni non sempre coerenti con gli obiettivi centrali, d'altra parte la decentralizzazione aiuta a essere più vicini ai mercati di sbocco e a conoscerli meglio (tema importante nelle strutture organizzative delle imprese internazionali  centralizzazione vs. decentralizzazione). DIFFERENZIAZIONE ORIZZONTALE  determina come progettare le strutture organizzative. Le varie forme sono: struttura funzionale tipica, in cui l'impresa organizza le attività in unità che rappresentano le funzioni aziendali es. funzione marketing, funzione finanza, funzione acquisti... e ognuna ha poi delle sotto- funzioni; 76 Camilla Cavassa – Chiara Pace struttura divisionale tipica, dove l'impresa organizza le attività per divisioni, potrebbero essere organizzate per paese (ad esempio divisione Italia), per prodotto (divisione occhiali da sole, divisione abbigliamento), per settore... Una fra le differenze principali tra due è che nella struttura funzionale ogni unità che rappresenta la funzione è un centro di costo per l'azienda perché in una si svolge la produzione, in una la ricerca e sviluppo, in una il marketing etc. quindi ogni funzione rappresenta una fase del processo produttivo aziendale che è una parte del costo di realizzazione dell'intero prodotto; quando invece andiamo nelle strutture divisionali, le divisioni possono essere anche dei centri di profitto perché il manager della divisione può avere la responsabilità completa (dalla ideazione del prodotto alla vendita) e quindi si possono anche misurare le performance e i risultati della divisione in termini di profitto e dei costi sostenuti per quei prodotti perché c'è una autonomia all'interno della divisione. In queste strutture però ancora non abbiamo inserito l'elemento internazionale. Quando le imprese si espandono a livello internazionale spesso il primo step è quello di raggruppare tutte le loro attività internazionali in una divisione internazionale che raggruppa le attività internazionali:  potrebbe essere utile con il tempo per produrre il prodotto in ogni paese;  può accadere che nel tempo le imprese, che hanno una struttura funzionale oppure divisionale, in ogni paese replichino la stessa struttura cioè nel tempo può accadere che le imprese che inizialmente hanno una struttura funzionale e hanno attività domestiche iniziano esportare ad avere attività internazionali si muovono nel paese di destinazione attraverso investimenti diretti all'estero e replicano una struttura funzionale in quel paese.  Riferendoci ai CASI precedentemente analizzati, sia UNILEVER CHE PROCTER & GAMBLE erano nate come imprese internazionali andando a effettuare investimenti diretti all'estero nei vari paesi essenzialmente attraverso acquisizioni, ma in quei paesi realizzavano tutte le attività produttive quindi replicando la propria struttura organizzativa in tutti i paesi, duplicando le attività, i costi infatti avevano problemi di costo etc. e poi si sono riorganizzati negli anni 2000 andando verso una centralizzazione di alcune attività quindi una riorganizzazione complessiva.  oltre alla duplicazione di costi avere tante strutture organizzative decentrate in ogni paese può creare anche problemi di conflitto e di coordinamento fra le operazioni nazionali ed estere perché ogni paese se ha una autonomia decisionale può adottare una differente strategia di marketing, strategia di prezzo, comunicazione del brand.. e questo può creare problemi di conflitto nella strategia complessiva,  non aveva creato problemi fino agli anni 90 perché i brand erano diversi dai giorni d’oggi, ad esempio anche la riconoscibilità del brand Procter & Gamble o Unilever erano molto scarse, non era mai stato un fatto un investimento nel brand complessivo quindi in realtà i messaggi che arrivavano ai consumatori finali erano diversi, non venivano associati ad una strategia complessiva e il rischio di mandare dei messaggi incoerenti era bassa. Ad oggi se prendiamo alcuni brand come Zara, Armani, Coca-Cola etc. che hanno un brand internazionale con un posizionamento internazionale simile in tutti i paesi e una gestione totalmente autonoma nei diversi paesi potrebbe creare incoerenza nel messaggio di condizionamento di prezzo, di tipologia di comunicazione, di tipologia di consumatori a cui sono rivolte.. quindi anche questo tema organizzativo è rilevante nelle imprese internazionali a seconda che le attività siano separate oppure che invece siano di tipo globale con un messaggio globale, con un brand globale. Esempi di quattro strutture organizzative che inseriscono l'elemento internazionale: 1. INTERNATIONAL DIVISION, con l'aggiunta di una divisione internazionale all'interno delle imprese; 2. WORLDWIDE AREA, organizzazione in aree geografiche, come primo livello domestico e internazionale; 3. WORLDWIDE PRODUCT, inserisce per ogni divisione di prodotto un area domestica o un area internazionale oppure più aree internazionali; 4. MATRIX, una forma organizzativa a matrice dove i due livelli della matrice sono l'area e la divisione di prodotto. Queste sono le principali forme, poi ogni azienda la disegna sulla base della propria strategia e della propria espansione internazionale. 77 Camilla Cavassa – Chiara Pace (1) INTERNATIONAL DIVISION È una struttura divisionale tipica dove alle divisioni classiche di prodotto che operano nei mercati domestici si aggiunge la divisione internazionale. Nella divisione internazionale c'è un manager delle attività internazionali e al di sotto può essere organizzata in paese 1, paese 2 etc. e in ognuna delle aree sono rappresentate le aree funzionali che sono presenti nei paesi, ma non necessariamente nei paesi si svolgono tutte le attività dalla produzione al mercato. Un problema di questa strategia è che le strategie potrebbero essere in conflitto, non coerenti o non coordinate, poi in alcuni casi si può anche non arrivare al conflitto ma comunque avremo mancanza di coordinamento o coerenza quindi l'impresa deve introdurre dei ruoli di coordinamento (team inter funzionali, collegamenti continui tra i manager..) oppure modificare la struttura organizzativa in modo che il coordinamento sia già presente nel modo con cui è organizzata l'impresa. Quindi, quando le imprese continuano ad espandersi normalmente il ruolo interfunzionale di collegamento non basta a gestire le molte operazioni internazionali (es. produzione e vendita in tanti Paesi, cambiamento della strategia, il prodotto viene progettato in un'area e magari venduto in un'altra e c‟è bisogno di coordinazione). L'insieme delle attività e delle interazioni tra le divisioni domestiche e quelle internazionali diventano talmente tante che quella struttura organizzativa non è più sufficiente per gestire in maniera adeguata le attività. Per questo motivo le imprese passano ad una worldwide area structure o ad una worldwide product divisional structure. (2) WORLDWIDE AREA STRUCTURE  Quando le attività internazionali diventano notevoli divide il mondo in aree geografiche autonome;  Decentralizza l‟autorità operativa quindi c‟è un‟area domestica e un‟area internazionale (possono esserci più aree internazionali come Europa, Giappone, India, Cina etc.);  Facilita la risposta a livello locale;  Può risultare in una frammentazione dell'organizzazione;  É coerente con una strategia di localizzazione la localizzazione ha come criterio un‟importanza dell'adattamento alle esigenze locali (responsiveness/reattività al contesto locale), secondo questa strategia le imprese si vanno a localizzare nei diversi Paesi rispondendo alle esigenze locali differenti. In questo caso, una struttura organizzativa che duplica le funzioni a livello locale non ha molti problemi di coerenza perché deve rispondere a degli obiettivi che sono essenzialmente differenti e che si devono adattare al contesto locale. Dunque, la struttura organizzativa di tipo worldwide area structure può essere adatta, mentre non lo sarebbe in una strategia di standardizzazione globale perché le imprese cercano di centralizzare le funzioni, rispondere all'esigenza di ridurre i costi perché la pressione sui costi è molto elevata e quindi duplicare le funzioni in diverse aree geografiche non è coerente con quella strategia. Questa tende ad essere adottata dalle imprese non diversificate (cioè quelle che adottano una struttura funzionale) e che organizzano le attività in macroaree geografiche all'interno delle quali replicano le funzioni quindi, le strutture si basano su funzioni. Caratteristiche:  Come le tipiche imprese con organizzazione di tipo funzionale è utilizzata da imprese con basso grado di diversificazione e struttura domestica basata sulle funzioni le imprese che hanno struttura organizzativa di tipo funzionale sono in genere piccole-medie imprese o comunque imprese monoprodotto o monosettore. Se invece le imprese sono diversificate normalmente utilizzano almeno una struttura divisionale se non a matrice; 80 Camilla Cavassa – Chiara Pace  CASO DOW CHEMICAL Questa impresa utilizza la struttura a matrice ma alla fine la abbandona per adottare una struttura più snella che si basa su divisioni di business globali perché la complessità della matrice non è di piccole dimensioni. MECCANISMI DI INTEGRAZIONE  Indipendentemente dal tipo di struttura organizzativa le imprese necessitano di meccanismi di integrazione tra le sub-unità. Meccanismi di integrazione formali: Per meccanismi formali intendiamo che non sono lasciati al caso quindi non si perde la sistematicità della struttura e dei modelli di integrazione. Quindi, a partire da ogni struttura organizzativa ogni impresa può prevedere dei meccanismi formali di integrazione per evitare separazione ed incoerenza delle decisioni e il rischio di perdere delle opportunità. Finora abbiamo parlato di conflitti, di rischio di incoerenza ma un altro elemento importante è che le imprese attraverso le attività che hanno in diverse sussidiarie internazionali hanno l’opportunità di sviluppare competenze specifiche differenti, di rispondere ad esigenze con livelli di sofisticazione e caratteristiche diverse nei differenti Paesi e quindi di apprendere e sviluppare nuove soluzioni di prodotto, di marketing e di organizzazione che possono essere utili non solo nella sussidiaria e nel Paese in cui sono state sviluppate ma anche in altri Paesi. Quindi, prevedere meccanismi di coordinamento, di scambio di informazioni rappresenta anche un‟opportunità per condividere best practices, esperienze, errori, fallimenti che possono essere comunicati e risolti attraverso l‟esperienza di altri Paesi. Contatti diretti che vengono organizzati Ruoli di collegamento definiti nella struttura Team interfunzionali o interdivisionali (interaree) definiti nella struttura Strutture a matrice che rappresenta la forma più complessa di integrazione dentro la struttura organizzativa e strutturale (gli altri sono sempre meccanismi di integrazione formali ma con livelli di complessità inferiori) 81 Camilla Cavassa – Chiara Pace Dunque, tutta la parte della struttura organizzativa ha l‟obiettivo di migliorare l‟efficienza e il coordinamento, di aumentare la coerenza, di ridurre i conflitti ma anche di creare delle strutture e dei meccanismi di integrazione che consentano di condividere le esperienze, apprendere da una sussidiaria all‟altra, risolvere problemi o avere uno sguardo più ampio su situazioni problematiche di altri Paesi (es. fallimenti). Quindi il tema delle organizzazioni non riguarda solo il controllo e l‟efficienza ma anche l’apprendimento comune. Quanto più c‟è diversità tra le persone, unità e Paesi tanto più c‟è opportunità di apprendimento e scambio di esperienze differenti quanto più è grande l‟organizzazione tanto più si può apprendere; comunque anche in piccole e medie imprese le persone che si occupano dei mercati esteri possono avere esperienze utili per chi si occupa del mercato domestico o viceversa. Chiaramente nelle imprese che esportano non c‟è il tema di dove andare a localizzare le att ività però queste possono avere degli uffici commerciali nei diversi Paesi; quindi non c‟è il tema della matrice, delle divisioni di prodotto, di dove localizzare la produzione ma c‟è il tema di coordinare le attività che avvengono a livello internazionale magari per alcune attraverso gli uffici vendita di rappresentanza o di assistenza in altri casi.  La necessità di coordinamento è più bassa in imprese con una strategia di localizzazione e la più alta nelle imprese transnazionali;  Il coordinamento può essere complicato da differenze nell‟orientamento delle subunità e negli obiettivi;  Il meccanismo più semplice di integrazione formale è il contatto diretto tra i manager delle subunità seguito dai legami;  Squadre temporanee o permanenti composte da individui di ogni subunità rappresentano il prossimo livello di integrazione formale;  La struttura a matrice permette tutti i ruoli siano ruoli di integrazione. Molte imprese utilizzano meccanismi di integrazione informali, parliamo di reti di conoscenze che si basano su: - Contatti informali tra manager - Sistemi informativi distribuiti - Intranet aziendali - Linkedin interni - Community interne all‟impresa - Modalità di interazione sociale in presenza o non Una rete di conoscenze è un canale non burocratico per flussi di conoscenza; in questo modo si ha una rete tra i manager che permette loro di condividere esperienze, la cultura organizzativa, norme e valori aziendali in modo più efficace rispetto all‟utilizzo di soli ruoli e strutture formali. A volte le imprese organizzano convention annuali di 2/3 giorni in cui tutti i manager sono insieme e condividono le strategie delle imprese per i prossimi anni stando insieme anche in maniera conviviale per conoscersi e scambiare le culture. Sono momenti che condividono dei contenuti (i quali però si potrebbero condividere anche in maniera più formale) ma anche una cultura aziendale e dei valori conoscendosi ed eventualmente ricontattandosi in seguito. Con l‟esperienza di questo ultimo anno ci si è resi conto sempre di più di quanto questi momenti siano utili per costruire una cultura aziendale. In questa situazione sono stati sviluppati ancora di più altri meccanismi che hanno consentito di collegare di più le persone (es. incontri più frequenti anche a distanza con tante persone con cui si possono condividere esperienze e conoscersi) quindi in seguito allo scoppio della pandemia sono stati messi in atto meccanismi aggiuntivi rispetto alla possibilità di vedersi e condividere esperienze che magari possono essere utilizzati in maniera più frequente considerando che hanno minori vincoli per essere strutturati. 82 Camilla Cavassa – Chiara Pace Comunque, questo non toglie che tutta l'interazione personale aiuta poi a rafforzare le relazioni anche nella gestione dei conflitti il conflitto si gestisce molto meglio se le persone si conoscono rispetto ad una conoscenza solo a distanza. = Quindi l'integrazione formale ed informale sono necessarie e molti sono gli strumenti che si possono adottare rispetto alle strategie internazionali guardando a quali sono gli elementi fondamentali delle strategie delle imprese e quindi scegliendo la struttura più adatta. Da questo impariamo che non esiste una struttura ottimale per tutti però ci sono delle condizioni più adeguate per determinate imprese (es. funzionali, divisionali etc.) soprattutto legate alle tipologie di strategie internazionali ad esempio le imprese che hanno una strategia di localizzazione hanno determinate esigenze e strutture organizzative più adatte, quelle che hanno una strategia di standardizzazione globale hanno altre esigenze quindi una struttura centralizzata è più adatta, la strategia transnazionale ha entrambe le situazioni quindi saranno necessarie strutture a matrice oppure di worldwide divisional structure con ruoli di collegamento etc. Quindi guardare all'impresa e non avere una strategia ottimale non significa che va bene tutto perché ci sono delle condizioni da valutare che possono essere più adeguate per ciascuna struttura il peso della scelta di una struttura rispetto ad un‟altra può cambiare ma le condizioni di base (es. economie di scala, coordinamento, adattamenti locali etc.) sono sempre rilevanti. Abbiamo indicato per ognuna delle strutture gli elementi di base (vantaggi e svantaggi) e poi la possibilità di adattarle sempre al contesto; non c‟è libertà assoluta perché non c‟è una struttura ottimale ma ci sono strutture più adeguate per determinate strategie con gli adattamenti necessari. Ci occupiamo ora di un argomento che abbiamo introdotto fin dall'inizio di questo corso distinguendo le esportazioni da altre modalità di entrata. Abbiamo iniziato a vedere le esportazioni e avevamo visto una serie di forme intermedie tra l'integrazione verticale e il mercato (es. licensing, franchising, joint ventures, alleanze, acquisizioni) per svolgere delle attività all'interno dell'impresa o in collaborazione con altri. Riprendiamo queste forme andando a guardare solo gli elementi differenti che riguardano l‟internazionalizzazione e andiamo a capire quali sono le scelte strategiche che si devono fare e quali sono i criteri che le aziende utilizzano per decidere se esportare o meno. Andremo proprio ad analizzare le scelte tra licensing, joint ventures, sussidiarie interamente di proprietà dell‟impresa, acquisizioni (anche nei casi presentati in aula durante le lezioni dagli studenti abbiamo visto come le imprese entrano nei mercati internazionali: alcune esportano, altre iniziano a creare delle sussidiarie, altre ad acquisire imprese etc.). LA SCELTA VERSO L‟INTERNAZIONALIZZAZIONE Il processo di decisione strategica per l'entrata nei mercati internazionali è un processo che riguarda diversi elementi: il mercato geografico, il Paese/i Paesi, il timing, la scala di entrata (grande, piccola, il livello di investimento) e la modalità. Quindi, la scelta della modalità di entrata non risponde solo alla domanda “Qual è la modalità di entrata?” infatti, ci sono tre scelte da considerare: Un esempio che non riguarda le imprese internazionali perché riguarda quanto l‟integrazione e il coordinamento possono essere più frequenti anche in realtà più piccole la prof. per un lavoro di studio ha incontrato un gruppo di persone dell'ospedale di Bologna per quanto riguarda la gestione della crisi del Covid da parte dell‟Unità di crisi ed è emerso che per coordinare in maniera stretta la crisi hanno iniziato ad incontrarsi più volte a settimana (all'inizio in presenza e poi a distanza) e hanno imparato a incontrarsi anche tra di loro via Teams in maniera molto frequente potendo raggiungere tante persone che prima difficilmente potevano trovare lo spazio e il tempo per potersi vedere. Quindi ha ampliato il livello di coordinamento e di conoscenza tra persone in unità differenti che prima non era mai accaduto. A livello internazionale, adesso incontrare tutti i manager dei vari Paesi può non essere difficile attraverso una call in cui tutti per un'ora si collegano e condividono esperienze da tutti i Paesi mentre prima era necessaria una convention. 85 Camilla Cavassa – Chiara Pace NON CI SONO DECISIONI “GIUSTE” IN MERITO ALLA QUESTIONE DI SCELTA DEL MERCATO IN CUI ENTRARE: IL TEMPO E LA SCALA SONO DECISIONI ASSOCIATE A DIVERSI LIVELLI DI RISCHIO E DI RENDIMENTO ATTESO/PROFITTO ATTESO IN DETERMINATI MERCATI si attribuiranno dei livelli di rischio e di rendimento che andranno a sostanziare e guidare le scelte strategiche. 3. MODALITÀ DI ENTRATA  ESPORTAZIONI (EXPORT)  PROGETTI CHIAVI IN MANO (TURNKEY PROJECTS)  LICENZE (LICENSING)  FRANCHISING  JOINT VENTURES CON UN’IMPRESA DEL PAESE STRANIERO  CREAZIONE DI UNA NUOVA SUSSIDIARIA INTERAMENTE DI PROPRIETÀ DELL’IMPRESA  ACQUISIZIONE DI UN’IMPRESA ESISTENTE La modalità di entrata non è uguale per tutte le imprese e per tutti i settori; infatti può dipendere da tanti fattori e dalla loro combinazione. La complessità delle strategie di International Management, di internazionalizzazione è più ampia perché ci sono una serie di fattori aggiuntivi rispetto a quelli delle scelte strategiche nei mercati domestici. I fattori sono legati alle caratteristiche del Paese, al settore, al mercato e alla strategia dell'impresa, parliamo di:  Costi di trasporto;  Barriere commerciali e dazi doganali;  Rischi politici;  Rischi economici possono riguardare il Paese ma anche la novità, il grado di innovazione del prodotto dell'impresa anche nel mercato di destinazione andando a introdurre dei prodotti diversi da quelli utilizzati normalmente all'interno del paese quindi parliamo di rischio in termini di accettazione del prodotto da parte dei consumatori di un Paese diverso;  Livello di costi il costo di investimento, la pressione sui costi che ha l'azienda;  Strategia dell’impresa caratteristiche dell‟impresa, del prodotto che vanno ad influenzare le scelte (ad es. a seconda del tipo di prodotto, di livello di servizio associato al prodotto quindi parliamo della strategia dell'impresa in termini di assistenza/ di servizi nei diversi Paesi si sceglie di avere rapporti con i distributori oppure di creare delle proprie sussidiarie in cui assumere direttamente il personale e fornire il livello di servizio necessario). La stessa impresa può adottare strategie diverse nei diversi Paesi: in alcuni paesi può operare con determinate modalità di entrata sviluppando un rapporto con i distributori e in altri Paesi può creare una propria sussidiaria. Quindi i fattori sono tanti e per ogni impresa e ogni Paese questi si combinano in maniera differente e perciò possiamo vedere strategie molto variegate. Chiaramente se le imprese sono piccole hanno meno possibilità di realizzare tante strategie e quindi ne faranno una focalizzata e magari esporteranno in tanti Paesi adattando più o meno il prodotto, in aziende più grandi c‟è la possibilità di osservare varietà più ampie anche nelle strategie. ESPORTAZIONI Per molte imprese è il primo passo nel processo di espansione internazionale e in seguito molte imprese passano ad una modalità diversa- più impegnativa- di servire il mercato estero. Non sempre è così: in alcuni casi poi si continua ad esportare e in altri si inizia esportando, poi si verifica l‟accettazione del prodotto da parte dei consumatori dei Paesi e se l‟accettazione è buona si inizia ad investire con, per esempio, una sussidiaria commerciale dei servizi di assistenza locali oppure con una produzione e vendita o ancora con delle joint ventures queste soluzioni consentono di essere maggiormente presenti nel mercato locale e quindi essere più vicini al mercato di destinazione. 86 Camilla Cavassa – Chiara Pace VANTAGGI:  Evita i costi di stabilire operazioni di produzione locale;  Aiuta l‟impresa a realizzare economie di esperienza e di posizione producendo tutto nel proprio Paese (o in un altro) e poi esportando;  Rivolgendosi al resto del mondo permette un aumento del mercato. SVANTAGGI:  Se si produce tutto nel mercato domestico magari non si sfruttano opportunità di produrre in altri Paesi a basso costo;  Elevati costi di trasporto e tariffe doganali possono rendere l‟esportazione antieconomica;  Per esportare nei Paesi di destinazione nella maggior parte dei casi ci si rivolge a distributori/agenti esteri questo è il vero problema, il vero punto di attenzione della strategia cioè la selezione degli agenti/intermediari nel Paese straniero in quanto questi possono non agire nel migliore interesse dell‟esportatore perché il distributore in realtà può non essere esclusivo quindi distribuire anche i prodotti dei concorrenti e l‟impresa non è in grado di controllare quanto il distributore promuova i suoi prodotti rispetto a quelli della concorrenza, che tipi di prezzi e assistenza adotta per l‟uno e per l‟altro (anche con il seminario sull‟Export Manager abbiamo sottolineato l‟importanza di ricercare clienti e distributori nei mercati di destinazione perché difficilmente si vanno a cercare i consumatori finali ma bisogna affidarsi ad una rete di distribuzione). Quindi, l‟utilizzo dell‟esportazione è conveniente perché l‟impresa non investe nei mercati di destinazione e quindi l‟investimento è più basso, però l‟impresa non riesce a controllare tutta la catena del valore fino all‟arrivo al consumatore/utilizzatore finale l‟aspetto importante è gestire i rapporti con i distributori. L‟esportazione è meno costosa ma permette meno controllo, meno vicinanza al mercato finale e perciò le caratteristiche della domanda, dell‟accettazione del prodotto, della cultura non le analizza e riconosce direttamente l‟impresa ma le conosce il distributore. Parliamo, dunque, di una conoscenza mediata perché non si è vicini alla domanda finale/al Paese finale. Grandi e piccole imprese esportano, le esportazione sono in aumento perché sono diminuite le barriere commerciali, gli accordi che riducono le tariffe. Le imprese esportatrici devono:  identificare le opportunità di mercato;  accettare i rischi di cambio;  gestire modalità per finanziamento all‟esportazione e all‟importazione, quindi ci sono tutta una serie di aspetti tecnici che gli uffici commerciali esteri delle imprese devono considerare (anche in back-office);  comprendere le strategie e le sfide nel fare business nel mercato estero. I rischi:  analisi di mercato poco attenta;  scarsa comprensione delle condizioni di concorrenza nei mercati esteri;  mancanza di personalizzazione per i mercati locali;  programma di distribuzione inadeguato;  campagne promozionali mal eseguite;  problemi di gestione dei finanziamenti;  generale sottovalutazione delle differenze e competenze necessarie per la penetrazione nel mercato estero;  sottostima della quantità di documenti e formalità necessari. Le imprese, per gestire tutti questi elementi, si possono rivolgere a export manager companies che accettano incarichi diversi: - avviare le esportazioni perché l'impresa poi proceda autonomamente in futuro; - gestire in maniera continua servizi di esportazioni delle imprese. Le "buone" export manager companies non si limiteranno a fornire solo dei servizi dall'esterno, ma aiuteranno l'imprenditore insegnando a identificare le opportunità quindi anche creando delle competenze anche all'interno dell'impresa, alcuni imprenditori riusciranno a coglierle, altri meno → si avvierebbe un processo di apprendimento interno e di internalizzazione di competenze per l'export. 87 Camilla Cavassa – Chiara Pace Per ridurre i rischi di export le imprese dovrebbero:  assumere export manager company o un consulente per aiutare a identificare le opportunità;  iniziare a comprendere tutte le burocrazie, documenti, aspetti tecnici necessari per l'esportazione;  concentrarsi su uno pochi paesi all'inizio;  entrare in un mercato estero o relativamente in piccola scala per ridurre i costi e eventuali problemi successivi;  riconoscere tempo e impegno gestionale necessario;  sviluppare un buon rapporto con i distributori e clienti locali;  assumere o avere rapporti con personale locale per aiutare a stabilire una presenza sul mercato;  essere proattivi nella ricerca dei mercati. PROGETTI CHIAVI IN MANO → progetti dedicati a settori specifici in cui un contraente vende chiavi in mano un progetto a un cliente straniero per la realizzazione di un impianto, di una grande opera pubblica, di impianti chimici, farmaceutici, raffinazione del petrolio etc.. Il contraente gestisce ogni dettaglio della realizzazione del progetto nel paese straniero, inclusa la formazione, e al termine del contratto al cliente viene consegnato l'impianto chiavi in mano per la sua gestione successiva. VANTAGGI:  è un modo per ottenere dei ritorni dalla realizzazione dell'impianto senza dover poi necessariamente investire nel operatività (magari lo si fa in paesi dove il rischio nell'operatività o il costo è molto alto). Le imprese lo utilizzeranno quando non hanno interessi a lungo termine nel paese perché altrimenti, se pensano di tornare a operare, avranno concorrenti nel paese.  possono essere meno rischiosi di FDI convenzionali. SVANTAGGI:  se la tecnologia dell'azienda è una fonte di vantaggio competitivo, creerebbe dei concorrenti a cui trasferisce questa competenza. LICENZE → in questo caso un'impresa (licenziante) proprietaria di un brevetto per un'invenzione, di un marchio per un determinato prodotto, di una formula, un processo, un design o un diritto d‟autore da in licenza i diritti di proprietà intellettuale a un produttore nel paese straniero (licenziatario) in cambio di una royalty. VANTAGGI:  venderà questi prodotti realizzati con questo brevetto o i prodotti con il marchio senza dover andare a operare lì, non andrà a realizzare investimenti, per cui avrà minori costi - minori rischi - minori investimenti;  il produttore locale sarà vicino al mercato locale;  l'impresa magari in quei mercati geografici non vuole investire oppure i prodotti che andrà a realizzare il licenziante sono applicazione diverse in cui non sta investendo e riesce comunque a monetizzare sulle royalty/fee che pagheranno i produttori locali senza appunto dover investire in localizzazione del paese, realizzazione di prodotti specifici per quel paese etc. SVANTAGGI:  l'impresa non controlla il processo di produzione del prodotto, realizzazione del marchio.. tutti gli aspetti che porteranno l'invenzione data in licenza nel mercato di destinazione quindi l'impresa si ferma nella catena del valore alla realizzazione dell'invenzione e non ha più il controllo su produzione, marketing, strategie per realizzare economie di esperienza, personalizzazione del prodotto etc. perché tutto questo viene trasferito al licenziatario quindi il controllo è molto più basso;  limiterà la capacità dell'impresa di coordinare le strategie adottate in diversi paesi perché in ogni paese la strategia la definirà il licenziatario e non più l'impresa;  proprietà intellettuale, ovvero la diffusione/dispersione di conoscenze che dal licenziante vengono date al licenziatario. Se le invenzioni riguardano innovazioni importanti, nuove, non presenti sul mercato, protette, la fonte del vantaggio competitivo è l'invenzione etc. darlo in licenza significa trasferire competenze critiche ad altri che diventano dei nuovi concorrenti quindi in questi casi la licenza non è una scelta adatta. Ad esempio nella prova d'esame vista in aula riguardante il rivoluzionario pc l'export andava bene, la sussidiaria anche, ma la licenza NO perché con la licenza significava dare a un produttore in un paese avanzato una competenza di innovazione, di processo che invece l'impresa potrebbe tenere protetta. 90 Camilla Cavassa – Chiara Pace Nella scelta tra greenfield o acquisizione, l’acquisizione conviene:  quando il mercato ha già dei concorrenti affermati e quindi si acquisiscono già delle quote di mercato dei concorrenti entrando più rapidamente;  quando i concorrenti a livello mondiale sono interessati entrare in questi mercati ed acquisire delle quote di mercato attraverso la presenza sui mercati internazionali. Un'impresa greenfield conviene:  quando l'impresa ha bisogno di trasferire competenze radicate in un'organizzazione, cultura, routine, abilità es. negozi uguali in tutto il mondo come Zara, McDonald dove l'impresa vuole trasferire esattamente quel modello di business con un po' di adattamento, però sempre limitato. Per stabilire la modalità di entrata si guarda anche il tipo di strategia (Strategia di standardizzazione globale / Strategia di localizzazione / Strategia transnazionale / Strategia internazionale)  quando le esigenze di personalizzazione del prodotto rispetto al paese di destinazione sono importanti è tanto più rilevante avere accordi con imprese locali che conoscono bene la cultura della domanda, che si adattano al paese di destinazione, che modificano il prodotto, la strategia.. quindi nelle strategie di localizzazione le imprese spesso acquisiscono imprese locali, creano join venture con i paesi locali, utilizzano franchising cioè forme che permettono l'adattamento. Quando la pressione per la riduzione dei costi è alta, le imprese sono più propense a perseguire una combinazione di esportazione e società interamente controllata questo permetterà all‟azienda di raggiungere la posizione e le economie di scala, così come mantenere un certo grado di controllo sulla sua produzione di prodotti in tutto il mondo e la distribuzione; così, le imprese che perseguono strategia di standardizzazione globale o transazionale preferiscono creare sussidiarie di proprietà. L'elemento della strategia dell'impresa, quindi, è sempre rilevante nel dare più peso o meno peso ad una modalità di entrata piuttosto che un'altra. ALLEANZE STRATEGICHE  sono più spesso temporanee;  alleanze strategiche vanno dalle join venture formali ad accordi contrattuali che possono essere anche di breve termine;  non necessariamente portano alla creazione di una nuova unità ma consentono di mettere competenze e risorse differenti insieme;  il numero di alleanze è esploso negli ultimi anni. VANTAGGI:  agevolano l‟ingresso in un mercato estero;  consentono alle imprese di condividere i costi fissi (e rischi associati) di sviluppo di nuovi o processi;  mettono insieme competenze complementari e risorse che nessuno dei due partner potrebbe sviluppare facilmente da solo;  possono aiutare una società a stabilire standard tecnologici per l‟industria che andrà a beneficio della società. SVANTAGGI:  il limite delle alleanze è possono essere modalità di costo minore in tecnologie e mercati però può essere difficile poi gestire all'interno i rapporti di potere, quanto da o riceve ognuna delle aziende nelle alleanze. PRODUZIONE GLOBALE Abbiamo terminato le modalità di entrata per quanto riguarda l'internazionalizzazione volta ad aumentare il mercato di sbocco dei propri prodotti, però abbiamo detto che l'internazionalizzazione può avvenire anche solo per una funzione aziendale (es. per la produzione andando a spostare la produzione di determinati beni in altri paesi dove ci sono vantaggi di costo, di localizzazione etc.). L'internazionalizzazione della produzione non implica necessariamente che in quel paese poi si vadano a vendere i prodotti, può significare anche solamente andare a spostare tutta la produzione o buona parte della produzione in un paese dove ci sono dei vantaggi e poi da lì i prodotti sono esportati a volte nel paese d'origine, a volte sono soggetti ad ulteriori fasi di lavorazione, a volte sono poi esportati in altri mercati internazionali, magari anche nel paese in cui sono prodotti ma non necessariamente (es. Intel progetta negli Stati Uniti, ma progetta in Taiwan o in Sud Corea e da lì vengono esportati a tutti i produttori che utilizzano questi semiconduttori, ma non necessariamente è presente il mercato dei semiconduttori in Taiwan, si va a produrre in Taiwan perché ci sono delle condizioni di costo degli input e della manodopera che rendono la produzione conveniente). 91 Camilla Cavassa – Chiara Pace Per molti anni, quando le barriere doganali erano elevate, era difficile trasportare i prodotti in tanti paesi, quindi anche per ragioni di costo diverse imprese tendevano a produrre nel paese in cui andavano a vendere, mentre questo ad oggi è cambiato. Ad oggi le domande da porsi sono: In quale paese l’impresa deve produrre? Nel paese di origine o in un paese straniero? Produrrà in uno o pochissimi paesi, o in tanti paesi? I principali fattori che le imprese devono prendere in considerazione per scegliere dove produrre possono essere il costo della manodopera, dei fattori produttivi, agevolazioni fiscali, barriere doganali, costi di trasporto, complessità del prodotto in base alla manodopera specializzata che si riesce a trovare nel paese, etc. (nei prodotti che sono realizzati attraverso la produzione di componenti diversi, i diversi componenti possono essere prodotti in diversi paesi a seconda della convenienza della realizzazione di ogni singolo componente, magari in alcuni paesi ci si localizza per fornitura di materie, in un'altra per la manodopera specializzata etc., poi magari l'assemblaggio avviene in un altro paese che può essere il paese di origine o meno e tutta una serie di combinazioni a seconda del vantaggio o meno. Invece per prodotti simili, cioè che non riguardano diversi componenti le imprese possono scegliere di produrre in un unico paese, in pochi oppure in tanti paesi). Duplicare la produzione in tanti paesi significa duplicare i costi e ridurre la possibilità di ottenimento delle economie di scala perché se si creano tanti impianti ognuno degli impianti avrà una produzione più piccola, quindi per esempio il livello di costi fissi di produzione sarà un importante determinante della scelta, perché se i costi fissi saranno molto elevati sarà molto difficile duplicare gli impianti nei paesi, se invece gli i costi fissi sono bassi allora si possono realizzare anche impianti in più paesi (abbiamo infatti visto, con i casi Unilever e Procter & Gamble, che riducendo la produzione in tanti paesi hanno ottenuto dei grandi risparmi di costo poiché vi era un mancato sfruttamento delle economie di scala). Riordinando i fattori da tenere in considerazione per le scelte sul “dove produrre”, bisogna andare a guardare:  le caratteristiche del paese  le caratteristiche della tecnologia  le caratteristiche del prodotto FATTORE PAESE → le imprese dovrebbero localizzare le attività di produzione nei paesi in cui le condizioni economiche, politiche e culturali, inclusi i costi dei fattori, sono più favorevoli. Alcuni elementi che influenzano direttamente la scelta di localizzazione della produzione:  disponibilità di manodopera qualificata e di industrie di supporto;  presenza di barriere commerciali formali (ad esempio le barriere doganali) e informali, (per informali si intendono il sistema legislativo, burocratico, amministrativo locale e tutte le “formalità” che possono esserci);  aspettative sulle future variazioni dei tassi di cambio  all'interno dell'Unione Europea non c'è un tasso di cambio, ma quando si va a produrre in altri paesi bisogna tenere conto del tasso di cambio della moneta, nei paesi in cui la moneta è più debole con €1 si riescono a comprare molti più prodotti (o facendo riferimento alla produzione, a pagare molti più operai ad esempio) quindi con una moneta forte si acquista molto di più all'estero, quindi in termini produttivi andare in un paese con una moneta poco valutata può essere conveniente. Se poi la moneta si rivaluta, quella convenienza parzialmente viene meno (soprattutto se era l'unico fattore di convenienza), per cui le aspettative sul tasso di cambio e sulla volatilità di questo sono importanti nelle considerazioni da fare circa la localizzazione della produzione (ovviamente non solo per la produzione, ma sarà importante anche per quanto riguarda la vendita dei prodotti). *oggi l'euro ha bloccato la politica monetaria di cambio dei paesi, quando c'era la lira, questa era una moneta con valore più basso rispetto ad altre monete come il dollaro, il marco tedesco, la sterlina.., ma si utilizzavano queste politiche appositamente per favorire l’export, quindi la moneta non veniva rivalutata appositamente (una moneta poco valutata rendeva più possibile per le imprese esportare perché i prodotti erano relativamente più convenienti), la stessa cosa accade anche in Cina.  costi di trasporto (caratteristiche del paese, dove è localizzato, il tipo di infrastrutture che esistono, mezzi di comunicazione etc.);  regolamenti in tema di investimenti diretti all'estero (FDI). 92 Camilla Cavassa – Chiara Pace TECNOLOGIA, dobbiamo andare a guardare:  livello dei costi fissi  dimensione minima efficiente  flessibilità della tecnologia, se ho una tecnologia poco flessibile posso anche produrre in più paesi, ma in ognuno il processo produttivo deve essere necessariamente adattato; se, al contrario, ho una tecnologia flessibile anche da unico impianto posso riadattare l'impianto per una varietà di produzione necessarie nei diversi paesi.  TECNOLOGIA- COSTI FISSI Quando si hanno:  Alti costi fissi di creazione di un impianto di produzione è conveniente servire il mercato mondiale da una singola postazione o da alcune località. Riprendendo la curva delle economie di scala sappiamo che quando i costi fissi sono elevati abbiamo una curva delle economie di scala decrescente con una dimensione ottima minima più elevata perché sono necessari volumi di produzione importanti per poter raggiungere i costi medi unitari minimi. Quindi, quando i costi fissi sono elevati tendenzialmente si crea un impianto unico in una postazione oppure in poche.  Costi fissi relativamente bassi sono possibili più impianti di produzione. Il vantaggio di replicare, quindi di riprodurre in più sedi, consente alle imprese di rispondere ai mercati locali. Quindi in teoria sarebbe sempre molto bello produrre vicino al Paese di destinazione perché si è vicini, si ha il polso sulle caratteristiche dei mercati locali e poi si riducono anche i costi di trasporto. Inoltre, si riduce anche la dipendenza da un unico luogo. Quindi produrre in più di una sede può avere anche un vantaggio dal punto di vista di frazionamento del rischio e in più consente di rispondere ai mercati locali (quest‟ultimo aspetto si realizza sempre che il prodotto sia destinato al mercato in cui si va a produrre; in tanti casi è così mentre in altri no). TECNOLOGIA- DOM (dimensione ottima minima)  Maggiore è la dimensione ottima minima di un impianto, maggiore è la probabilità di centralizzare la produzione in un unico luogo o in un numero limitato di posizioni. “Unico luogo e numero limitato di luoghi” vanno insieme perché in alcuni casi si può decidere di produrre in un unico luogo o magari produrre in due o tre per frazionare il rischio perché comunque in due o tre si riesce comunque a raggiungere la dimensione ottima minima degli impianti e quindi si possono duplicare.  Una bassa dimensione ottima minima permette all'azienda di operare in localizzazioni multiple. Quindi, se i costi fissi sono bassi e quindi la dimensione ottima minima dell'impianto è più bassa, si può operare anche in localizzazioni multiple cioè in più Paesi. Operando in più Paesi si può godere di alcuni vantaggi: - Rispondere alle richieste del mercato locale è importante nelle strategie di localizzazione; quando la pressione sull'adattamento dei prodotti, sulla risposta al mercato locale è elevata allora può essere importante rispondere alle richieste del mercato locale. - Ci si può coprire contro il rischio di cambio non c'è più il tema della conversione delle valute; si produce nel Paese di destinazione e si vende nella moneta in cui si produce il prodotto (con lo stesso tasso di cambio). (sono tra di loro collegati)  in linea generale, se il livello dei costi fissi è elevato conviene produrre in uno o pochi paesi, se è basso possiamo produrre anche in più paesi; In questo modo si fraziona il rischio; parliamo rischio Paese, rischio instabilità, rischio monetario, rischio calamità naturale i rischi possono essere tanti e ad esempio il Covid ha fatto sì che si aprissero e chiudessero le frontiere in vario modo oppure un po' di anni fa quando c‟erano stati gli tsunami in Giappone alcune fabbriche come Sony hanno dovuto bloccare la produzione per alcuni periodi. Quindi i rischi possono essere non dipendenti da fattori economici. 95 Camilla Cavassa – Chiara Pace  SOCIETÀ DI CONSULENZA Sono società che hanno dei costi fissi molto bassi e costo del personale molto elevato. Il servizio viene fornito direttamente sul cliente e quindi in questi casi le società localizzano le proprie attività nei diversi Paesi in cui vanno ad operare le Big Four società di consulenza e revisione aziendale hanno le loro sedi in tutti i Paesi in cui operano perché i consulenti vanno direttamente a lavorare con i clienti, a conoscerli. Negli ultimi anni alcune cose in più si fanno a distanza però poi i consulenti vanno a lavorare dai clienti conoscendo l‟ambiente e verificandolo. Quindi, il servizio erogato personalmente richiede la localizzazione e l'estrema personalizzazione. TECNOLOGIA- FLESSIBILITA‟ Per flessibilità della tecnologia di produzione intendiamo la produzione snella (lean production), quindi la capacità di settare gli impianti per produzioni e varietà differenti. Le tecnologie di produzione flessibile sono progettate per:  Ridurre i tempi di set up per attrezzature complesse;  Migliorare l'utilizzo delle singole macchine attraverso una migliore programmazione per varietà differenti di prodotto;  Migliorare i controlli di qualità in tutte le fasi del processo di fabbricazione. SE LE TECNOLOGIE FLESSIBILI SONO DISPONIBILI, LE IMPRESE ANCHE DA UN IMPIANTO CENTRALE POSSONO PROGRAMMARE LA PRODUZIONE E PROGETTARLA PER VARIETÀ DI PRODOTTI DIFFERENTI CHE RISPONDONO ALLE ESIGENZE DIFFERENZIATE DI PAESI DIVERSI IN CUI SI VA AD ESPORTARE IL PRODOTTO. Quindi, se il prodotto dev‟essere adattato ad un mercato finale, l'impresa riesce ad adattarlo attraverso il proprio impianto di produzione, a progettare delle varianti, a settare l'impianto in modo da realizzare varianti diverse e rispondere ad esigenze diverse. = Dunque, quando gli impianti di produzione flessibili sono disponibili e le tecnologie sono efficaci, le imprese possono anche centralizzare la produzione in uno o pochi impianti e rispondere alla varietà necessaria nei diversi Paesi andando poi a consegnare i prodotti diversi nei differenti Paesi in cui sono richiesti. Si riesce a centralizzare ed ottenere economie di scala anche per produzioni differenti. In questo contesto possiamo anche collegare il tema della varietà dei prodotti e la dimensione dei mercati se la dimensione del mercato è grande si riescono ad ottenere economie di scala anche per varianti di prodotto e quindi l'impresa può raggiungere una convenienza anche producendo delle varianti di prodotto. Un tema importante per tutte le imprese (ma soprattutto per le piccole e medie) è rispondere a richieste di mercati di Paesi differenti per variazioni del prodotto un anno in aula era stato ospitato il Direttore Generale della New Factor- società/media impresa sulla strada di San Marino, che produce noccioline, nocciole e frutta secca tostata che va a finire nei bar e nei supermercati inscatolate anche con marchi noti- e raccontando della loro strategia di internazionalizzazione ha affermato che a volte hanno delle richieste da Paesi (come ad es. Albania) di confezioni non da 250 g ma da 200 g: questo per l‟impresa significava cambiare processo produttivo e packaging degli elementi, quindi portava a degli elementi di variazione del processo produttivo che sarebbero riusciti a realizzare solo se questi avessero acquistato un lotto di produzione importante (per un lotto piccolo non conviene modificare il processo produttivo). Quindi, rispondere a esigenze differenti nei Paesi può comportare dei costi di adattamento che si sostengono se la domanda è sufficiente per coprire tali costi quanto più i mercati sono grandi, tanto più si possono poi effettuare anche delle variazioni. Bisogna anche considerare i margini che le imprese possono ottenere da queste variazioni perché se i margini sono bassi, l'impresa potrebbe investire quel tempo e quell'investimento per dei mercati con dei margini più alti (soprattutto quando le imprese sono piccole-medie e quindi le risorse sono limitate, c‟è un tema di costo opportunità degli investimenti: mi conviene investire nel mercato albanese che oggi mi chiede un lotto che mi consente di arrivare al minimo della produzione ma non ho grandi prospettive future oppure mi conviene investire queste risorse in una variazione per un mercato che ha delle prospettive migliori?). Quindi il numero di Paesi in cui operare, scelte di internazionalizzazione, sequenza dei Paesi in cui investire sono temi concreti e rilevanti perché le imprese devono confrontare il costo di produzione, la domanda, il margine atteso in futuro e le possibilità di crescita dei mercati. 96 Camilla Cavassa – Chiara Pace Quindi, la flessibilità è un elemento importante perché se l‟impresa ha un impianto flessibile che le consente con costi minimi di rispondere al lotto dell'Albania significa che può realizzare quella produzione perché non ha un costo aggiuntivo importante. Se, invece, deve investire in un impianto con delle modifiche importanti e costose può essere difficile già rispondere a questa domanda. È importante il tema della flessibilità nelle strategie di internazionalizzazione perché rispondere a preferenze diverse dei Paesi, a delle variazioni implica a ritroso tutta una serie di variazioni nel processo produttivo del quale bisogna tenere conto in termini di costi, di fattibilità, di flessibilità e anche di tempi. Ricapitolando, le tecnologie di produzione flessibili consentono di ottenere grande varietà di prodotti finali ad un costo unitario che si può raggiungere attraverso la produzione di massa l‟impresa può riprogrammare gli impianti per più varietà mantenendo il costo unitario basso. La personalizzazione di massa implica che un'impresa può essere in grado di personalizzare i propri prodotti per soddisfare le esigenze dei mercati locali tenendo sotto controllo anche i costi. Quindi, macchine flessibili consentono alle imprese di aumentare l'efficienza migliorando l‟utilizzo delle capacità e riducendo il lavoro in corso ciò significa che QUANDO QUESTI IMPIANTI SONO DISPONIBILI, L'IMPRESA PUÒ ANCHE PRODURRE IN UNO O POCHI PAESI DEL MONDO RISPONDENDO ANCHE A ESIGENZE DI PERSONALIZZAZIONE DI TANTI ALTRI PAESI. Se invece queste tecnologie non fossero disponibili allora bisognerebbe avere più impianti, capire quali raggiungono le dimensioni ottime minime e quindi eventualmente anche aumentare il costo della produzione dei prodotti e non essere molto competitivi. CONCENTRAZIONE O PRODUZIONE IN PIÙ SEDI CONCENTRAZIONE DELLA PRODUZIONE QUANDO: PRODUZIONE IN PIÙ SEDI QUANDO:  I costi fissi sono elevati  I costi fissi sono relativamente bassi  La dimensione minima efficiente di produzione è alta  La dimensione minima efficiente di produzione è relativamente bassa  Le tecnologie di produzione flessibili sono disponibili  Le appropriate tecnologie di fabbricazione flessibili non sono disponibili Insieme a questi elementi poi ci sono altri elementi come fattori-Paese e costi degli input. Prima avevamo detto che la scelta su dove produrre si basa su tre elementi: - caratteristiche del Paese; - caratteristiche della tecnologia; - caratteristiche del prodotto Ora analizzeremo le caratteristiche del prodotto. CARATTERISTICHE DEL PRODOTTO Sono due i fattori principali legati alle caratteristiche del prodotto che influenzano le decisioni di localizzazione: 1. Rapporto valore-peso del prodotto: per il valore si intende il valore monetario del prodotto cioè il suo prezzo. Per peso si intende il peso fisico-materiale del prodotto in grammi, chilogrammi, tonnellate (ad es. il cemento che pesa molto avrà un valore unitario basso una tonnellata di cemento non costerà molto. Al contrario, un microchip avrà un peso basso è un valore abbastanza elevato. Scegliendo i componenti del laptop di un computer, se proviamo a cambiare il microchip il valore del PC può variare anche di 500/300 euro). Il rapporto valore-peso è importante perché incide sul costo di trasporto, infatti se è: o Elevato: è un prodotto che ha un valore elevato, un peso basso e i costi di trasporto incideranno poco sul valore complessivo del prodotto perché con un trasporto di un container/di un viaggio aereo (o nelle varie modalità con cui si trasferisce un prodotto) si potranno trasportare molti prodotti distribuendo il costo su tanti prodotti. Questo costo rappresenterà una piccola quota del valore complessivo ad esempio del microchip, dei €500 di tanti che ne ho trasportati. 97 Camilla Cavassa – Chiara Pace Quindi quando parliamo di microchip, gioielli in oro, computer, telefonini (hanno valore elevato ma peso basso) è preferibile produrre il prodotto in un unico luogo o in pochi luoghi ed esportare in altre parti del mondo; o Basso: se devo trasportare il cemento, con costi di trasporto importanti ma un valore del prodotto basso, quel costo di trasporto inciderà molto sul valore del prodotto portando ad un aumento dei prezzi. Per prodotti il cui valore rispetto al peso è basso (es. cemento), vi è una maggiore pressione per la produzione in più sedi nel mondo perché il costo di trasporto avrà un’incidenza importante. Soprattutto se il prodotto è indifferenziato, vi è una forte concorrenza di prezzo e ci sono anche una serie di altri elementi competitivi, la pressione sui costi è elevata, a quel punto la pressione sul costo di trasporto può incidere anche tanto e quindi può essere conveniente produrre e vendere vicino al consumatore. 2. Se il prodotto serve bisogni universali: consiste nel capire se il prodotto è globale o differenziato. Se il prodotto serve bisogni universali uguali in tutto il mondo, la necessità di reattività locale è bassa e allora si può produrre in maniera concentrata da una o poche posizioni centrali. Invece, se il prodotto dev’essere adattato alla domanda locale e quindi non serve bisogni universali allora può essere utile produrlo vicino al mercato di destinazione. Quindi, queste caratteristiche del prodotto influenzano la scelta. [NOTA PER L‟ESAME: quando viene chiesto se è meglio centralizzare o decentralizzare bisogna tenere in considerazione tutti i fattori che abbiamo analizzato dicendo perché potrebbe prevalere ad esempio la centralizzazione rispetto alla decentralizzazione. Dopo aver spiegato le diverse motivazioni bisogna prendere una decisione e dare una risposta. Quindi valutare sempre i pro e contro di ciascuna possibilità la valutazione viene prevalentemente fatta in base al ragionamento che viene fatto su ognuno dei fattori per ciascun caso e non per forza se la risposta finale è giusta o sbagliata. L‟importante è aver fatto il ragionamento in maniera corretta. È IMPORTANTE IL RAGIONAMENTO, MOTIVANDOLO, E NON LA RISPOSTA ESATTA. Non rispondere in maniera schematica ma ragionare sui diversi punti]. LOCALIZZAZIONE DELLE ATTIVITA‟ Due strategie di base per la localizzazione degli impianti di produzione: - Concentrazione nella posizione ottimale da cui servire il mercato mondiale; - Decentramento in varie sedi regionali e nazionali vicine ai principali mercati. Ad esempio, Barilla ha diversi stabilimenti produttivi, non è concentrata in un'unica posizione ottimale e non è decentrata in tutti i mercati ma ha un posizionamento distribuito. Lego effettua una concentrazione in più posizioni ottimali, non è una strategia di produzione in tanti mercati di sbocco ma pochi e regionali: oltre ai tre stabilimenti principali ha vari stabilimenti più piccoli sparsi in tutto il mondo. La fabbrica principale è rimasta in Danimarca per un forte legame con il territorio e il quartier generale. Quella in Ungheria esiste perché c‟è manodopera qualificata ed accordi con le autorità locali e il governo. In Europa, invece, per la posizione strategica e in Messico per essere più vicina ai mercati del Sud e Nord America. Unilever e Procter & Gamble partivano da una produzione decentrata in tutti i Paesi in cui operavano, fino ad andare a creare dei centri di produzione regionali (Europa, Stati Uniti etc.) nel mondo (6 centri di produzione). Bisogna tenere presente IL RUOLO STRATEGICO DELLA PRODUZIONE ALL'ESTERO:  il ruolo strategico delle fabbriche straniere e il vantaggio di una posizione particolare possono cambiare nel tempo, ad esempio localizzazione produttiva create inizialmente per sfruttare manodopera a basso costo possono evolvere in strutture con avanzate capacità di progettazione (es. alcune fabbriche inizialmente in Cina erano realizzate per sopportare i costi della manodopera più bassa, nel tempo gli skill del personale sono aumentati non solo di quelle impresa, ma anche per effetto di investimenti aggiuntivi nella formazione etc. e quindi quelle non sono diventate solo più fabbriche per la realizzazione dei prodotti semplici, ma anche per la progettazione etc.). Tuttavia ci può essere anche una direzione opposta cioè si localizza un'attività in un paese dove i costi dei fattori produttivi erano convenienti ma nel tempo questa convenienza si riduce e si può decidere di rispostare parte della produzione verso altri paesi con maggior convenienza oppure di riportarla al
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