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Stratificazione e classi sociali , Schemi e mappe concettuali di Sociologia

appunti sulla stratificazione sociale

Tipologia: Schemi e mappe concettuali

2015/2016

Caricato il 08/12/2016

maraceriani
maraceriani 🇮🇹

4.2

(42)

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Scarica Stratificazione e classi sociali e più Schemi e mappe concettuali in PDF di Sociologia solo su Docsity! STRATIFICAZIONE E CLASSI SOCIALI I sociologi hanno utilizzato il termine stratificazione sociale per definire il sistema delle disuguaglianze strutturali di una società, nei suoi due principali aspetti: • quello distributivo, riguardante l’ammontare delle ricompense materiali e simboliche ottenute dagli individui e dai gruppi di una società; • quello relazionale, che ha a che fare con i rapporti di potere esistenti tra di essi. Lo strato è un insieme di individui (o famiglie) che godono della stessa quantità di risorse (ricchezza, prestigio) o che occupano la stessa posizione nei rapporti di potere. UNIVERSALITÀ DELLA STRATIFICAZIONE SOCIALE Gli studiosi si sono chiesti se la stratificazione sociale sia universale, cioè sia esistita in tutte le società che conosciamo. Per chi adotta la definizione sopra la risposta è affermativa. Ci sono però società che pur presentando disuguaglianze di genere e di età sono tendenzialmente egualitarie dal punto di vista delle risorse materiali e simboliche di cui dispongono le famiglie. Sono società di caccia e raccolta e le orticole. Gli antropologi hanno individuato due motivi principali della natura egualitaria delle società di caccia e raccolta: • il nomadismo di queste popolazioni che ostacola l’accumulazione di grandi quantità di risorse; • l’applicazione del principio di reciprocità che porta a condividere con gli latri le scarse risorse disponibili e permette di massimizzare le possibilità di sopravvivenza. Il sociologo Gerhard Lenski ha tentato di individuare le condizioni che favoriscono le disuguaglianze sociali. Egli sosteneva che la disuguaglianza nella distribuzione della ricchezza fosse bassa nelle società di caccia e raccolta, cresciuta nelle orticole e ha raggiunto il punto massimo nelle società agricole. Le società industriali hanno un grado di disuguaglianza maggiore di quelle di caccia e raccolta ma minore di quelle agricole. La forma a campana della curva della disuguaglianza sociale dipende secondo Lenski da due fattori: • la dimensione del surplus economico; • la concentrazione del potere politico. Le disuguaglianze nella distribuzione della ricchezza crescono all’aumentare del surplus e all’aumentare della concentrazione del potere politico. TEORIE DELLA STRATIFICAZIONE • Teoria funzionalista della stratificazione sociale I sostenitori di questa teoria hanno cercato di spiegare le caratteristiche universali della stratificazione sociale. Essi ritenevano che l’esistenza delle disuguaglianze sociali fosse un fatto non solo inevitabile ma anche necessario al buon funzionamento della società. La stratificazione sociale svolge delle “funzioni vitali” indispensabili alla sopravvivenza del sistema sociale. • In tutte le società non tutte le posizioni (e le mansioni) hanno la stessa importanza funzionale: alcune sono più rilevanti di altre per l’equilibrio e il funzionamento del sistema sociale e richiedono capacità speciali; • in ogni società il numero di persone dotate di quella capacità che possono essere convertite nelle competenze appropriate ad occupare quelle posizioni è limitato e scarso; • la conversione delle capacità in competenze implica un periodo di addestramento durante il quale vengono sostenuti sacrifici di varia natura da parte di coloro che vi si sottopongono; • per indurre le persone capaci a sottoporsi a questi sacrifici è necessario dar loro delle ricompense materiali e morali, cioè far sì che le posizioni che tali persone andranno ad occupare godano di un livello di reddito e di prestigio maggiore di altre. • Teoria del conflitto I teorici del conflitto negano che la stratificazione sociale svolga una funzione vitale indispensabile alla sopravvivenza del sistema sociale. Ritengono che le disuguaglianze esistano perché i gruppi sociali che se ne avvantaggiano sono in grado di difenderle dagli attacchi degli altri in una situazione di conflitto continuo. Tra questi teorici ci sono due impostazioni diverse che si richiamano a Marx e a Weber. • Le classi sociali secondo Karl Marx. Il concetto di classe sociale fece ufficialmente la sua prima comparsa nel 1848 con un’affermazione estratta dal Manifesto del Partito Comunista di Marx e Engels. La teoria di Marx è che la base delle classi è nella sfera economica. In ogni società, l’asse portante delle classi si trova nei rapporti di produzione e nelle relazioni di proprietà. Un piccolo numero di persone ha la proprietà dei mezzi di produzione, mentre la maggioranza ne è esclusa. La forma di produzione e quella di proprietà variano a seconda del tipo di società. Gli schemi interpretativi di Marx si articolano e si complicano quando egli analizza società concrete, storicamente esistenti. Le classi sociali che prende in considerazione nelle sue analisi storiche possono essere collocate nel sue schema di fondo. La piccola borghesia o i contadini sono classi formate da persone che sono proprietarie dei mezzi di produzione e acquistano forza lavoro sul mercato, ma al tempo stesso svolgono un lavoro manuale. Altre classi non sono definite in termini di rapporti di produzione e di proprietà come il sottoproletariato, massa distinta dal sottoproletariato industriale dove si reclutano ladri e delinquenti di ogni genere che vivono dei rifiuti della società. Secondo la teoria di Marx le classi sociali sono dei raggruppamenti omogenei di persone che hanno lo stesso livello di istruzione, lo stesso livello di consumo, le stesse abitudini sociali, gli stessi valori e le stesse credenze, la stessa concezione della vita e del mondo. Sono potenzialmente dei soggetti collettivi, che vivono e pensano in modo simile, delle forze sociali, degli attori storici, capaci in certe condizioni di azione unitaria. Egli distingue tra: • classe in sé , insieme di individui che si trovano nella stessa posizione rispetto alla proprietà dei mezzi di produzione; • classe per sé, insieme di individui che prendono coscienza di avere degli interessi comuni e di appartenere alla stessa classe. Tre tipi di fattori che favoriscono il passaggio dalla classe in sé a quella per sé: • fattori che, facilitando le comunicazioni tra gli appartenenti ad una classe, aumentano la visibilità e la trasparenza della struttura di classe; • fattori che riducono la stratificazione interna ad una classe. Quanto più una classe è omogenea, tanto più facile è che i suoi componenti acquistino coscienza di farne parte. I processi migratori che fanno sì che una classe sia formata da strati culturalmente assai diversi ostacolano la formazione di classi per sé; • fattori che rendono più rigide le barriere di classe. Per Marx, quanto maggiore è la mobilità esistente in una società, tanto più difficile è che si formino classi per sé. • Classi, ceti e gruppi di potere secondo Max Weber. Weber ha elaborato la teoria della stratificazione sociale a più dimensioni. Egli era convinto che le fonti delle disuguaglianze e i principi fondamentali di aggregazione degli individui andassero ricercati in tre sfere: • l’economia, nella quale gli individui si uniscono sulla base di interessi materiali comuni, formando classi sociali; • la cultura, nella quale gli individui seguono comuni interessi ideali dando origine ai ceti; • la politica, nella quale gli individui si associano in partiti o in gruppi di potere per il controllo dell’apparato di dominio. Per Marx il criterio di fondo dell’appartenenza ad una classe è la proprietà o meno dei mezzi di produzione, per Weber è la situazione di mercato. I mercati sono: • del lavoro, nel quale si contrappongono la classe operaia (chi vende la propria forza lavoro) e gli imprenditori (che l’acquistano); • del credito, nel quale si contrappongono debitori e creditori; • delle merci, nel quale si contrappongono consumatori e debitori. Weber distingueva tra classi possidenti e classi acquisitive, privilegiate positivamente o negativamente: • le classi possidenti privilegiate in senso positivo sono costituite da redditieri che ricavano i loro redditi da schiavi, terre, miniere, impianti di lavoro, navi; • le classi possidenti privilegiate in senso negativo sono formate da coloro che non dispongono di nulla. Tra le due ci sono classi medie. • le classi acquisitive privilegiate in senso positivo sono composte da imprenditori di vario tipo e da professionisti forniti di un alto livello di preparazione; • le classi acquisitive privilegiate in senso negativo sono composte da lavoratori. I ceti si ritrovano invece nella sfera della cultura, essi sono comunità di persone con uno stesso stile di vita e un forte senso di appartenenza. Essi si distinguono l’uno dall’altro per il diverso grado di prestigio di cui godono. L’onore di ceti si esprime nell’esigere una condotta di vita particolare da tutti coloro i quali vogliono appartenere ad una data cerchia. Connessa a questo è la limitazione dei rapporti sociali che si esprime soprattutto nel connubium e nella commensalità. Ci si sposa e ci si siede a tavola preferibilmente con persone dello stesso ceto. Le relazioni tra classi e ceti sono molto complesse. Le classi hanno origine dalla divisione del lavoro, dall’articolazione in occupazioni, i ceti sono invece di origine etnica o religiosa. Le classi hanno una maggior eterogeneità interna dei ceti e per questo sono meno frequentemente comunità morali e più difficilmente si mobilitano per fini collettivi. Per migliorare la loro situazione i ceti seguono la strategia della chiusura sociale restringendo così gli accessi alle risorse e alle opportunità ad uno strato limitato di persone dotate di certi requisiti. • Lo squilibrio di status secondo i sociologhi americani. Lenski e gli altri sociologi americani che negli anni ’50 hanno proposto il concetto di squilibrio di status per spiegare alcune forme di comportamento si rifacevano a una concezione pluridimensionale della stratificazione sociale come quella di Weber. Essi sostenevano che in ogni società ci fosse una pluralità di gerarchie e ciascun individuo occupa una posizione in ognuna di queste gerarchie. Si parla di “equilibrio di status” quando una persona si trova in ranghi equivalenti nelle diverse gerarchie. Si parla invece di “squilibrio di status” quando un individuo non si trova allo stesso livello in tutte le gerarchie. Perché si abbia uno squilibrio di status non è sufficiente una differenza nelle posizioni occupate, è necessario anche che questa sia in contrasto con le aspettative della società.
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