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SUBLIME SPECCHIO DI VERACI DETTI, Appunti di Letteratura Italiana

analisi SUBLIME SPECCHIO DI VERACI DETTI

Tipologia: Appunti

2019/2020

Caricato il 25/04/2020

gioorgia_m
gioorgia_m 🇮🇹

4.2

(19)

11 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica SUBLIME SPECCHIO DI VERACI DETTI e più Appunti in PDF di Letteratura Italiana solo su Docsity! SUBLIME SPECCHIO DI VERACI DETTI Sublime specchio di veraci detti, mostrami in corpo e in anima qual sono: capelli, or radi in fronte, e rossi pretti; lunga statura, e capo a terra prono; sottil persona in su due stinchi schietti; bianca pelle, occhi azzurri, aspetto buono; giusto naso, bel labro, e denti eletti; pallido in volto, più che un re sul trono: or duro, acerbo, ora pieghevol, mite; irato sempre, e non maligno mai; la mente e il cor meco in perpetua lite: per lo più mesto, e talor lieto assai, or stimandomi Achille, ed or Tersite: uom, se' tu grande, o vil? Muori, e il saprai. Sublime specchio di detti veritieri (che dici cose vere) descrivimi come io sono sia nel corpo che nell’anima: capelli del tutto rossi, talvolta radi sulla fronte lunga statura, e capo sempre chino verso il basso (non per timidezza ma per superiorità) Una persona sottile su due stinchi sottilissimi; pelle bianca, occhi azzurri, aspetto sano; naso giusto, belle labbra, e denti pefetti; pallido in volto, più che un re sul trono: [temperamento] ora duro, acerbo, ora comprensivo e mite; sempre arrabbiato e mai maligno, la mente (ragione) e il cuore (sentimento) sempre in lite: per lo più triste, e talvolta assai lieto, ora mi ritengo Achille, ora Tersite: Uomo, tu sei grande o vile? Muori e lo saprai. Contenuto nella prima parte delle Rime, il sonetto risale al 1786. Noto come Sublime specchio di veraci detti, è un autoritratto in versi che inaugura un costume, quello del componimento autodescrittivo, che si sviluppa tra i poeti dell'Ottocento romantico, tra i quali Ugo Foscolo e Alessandro Manzoni. Posto davanti all’oggettività visiva dello specchio dai “veraci detti”, l’autoritratto delinea la figura dell’Alfieri in maniera “psicosomatica”: alle sembianze esteriori, realistiche e puramente fisiche del poeta infatti si sovrappone l’illustrazione di un temperamento focoso, ricco di sfaccettature e contraddizioni. Dopo l’invocazione, i primi versi sono dedicati alla descrizione fisica, che è realistica e dettagliata («bianca pelle», «occhi azzurri», «denti eletti»). L’ottavo verso introduce il motivo politico del tiranno tanto caro all’Alfieri (e già apparso negli altri componimenti dell’autore, sia nel trattato politico Della Tirannide, sia nella tragedia Saul ): «Pallido in volto, più che un re sul trono». Il paragone funge da cerniera tra la prima e la seconda parte, dedicata al ritratto morale. Il volto infatti, pallido come quello di un tiranno costantemente in ansia per la conservazione del potere, rivela gli aspetti più vari del suo carattere: rigido e brusco, può divenire buono e arrendevole, pur restando adombrato, anche se mai malevolo. Perennemente in lotta con se stesso, vittima dell’eterna contrapposizione tra mente e cuore, l’uomo descritto incarna perfettamente tutti gli elementi dello stereotipo dell’eroe romantico, solitario e scontroso, raffinato e scapigliato, ispirato e febbrile, sempre alla ricerca di un equilibrio nei suoi perenni conflitti col mondo e con se stesso. Proprio l’incapacità di trovare un equilibrio culmina nell’interrogativo che investe l’essenza stessa dell’identità del poeta: «Uom, se’ tu grande, o vil?». Ma il desiderio di una risposta netta non si può appagare che dopo la morte dell’«eroe», come in una tragedia: «Muori, e il saprai». Si tratta di uno dei passaggi in cui si fa più esplicita la natura tragica della poetica alfieriana: qui infatti la morte assume lo stesso significato che vale per i protagonisti suicidi delle sue tragedie (primo fra tutti Saul), ovvero una liberazione, un incontro con il proprio essere e la propria realtà morale, una definizione di se stessi. NOTE Seconda strofa -> tutti i canoni di bellezza della figura femminile (incentrati sulla misura e sulla proposizione) egli la applica alla sua descrizione. Ultimo verso seconda strofa -> cerniera tra seconda e terza strofa, tra la descrizione dei caratteri fisici e dei caratteri morali. Terza strofa -> da qui inizia descrizione dei caratteri morali contrapposti -> descrive il suo temperamento passionale Parlando dell’aristocrazia, appartenendo a questa classe sociale si sente quasi legittimato a criticarla, senza però rinunciare alle prerogative e ai privilegi di tale classe sociale. SOLCATA HO FRONTE (1803) – Foscolo Solcata ho fronte, occhi incavati intenti; Crin fulvo, emunte guance, ardito aspetto; Labbro tumido acceso, e tersi denti, Capo chino, bel collo, e largo petto; Giuste membra, vestir semplice eletto; Ratti i passi, i pensier, gli atti, gli accenti, Sobrio, umano, leal, prodigo, schietto; Avverso al mondo, avversi a me gli eventi. Talor di lingua, e spesso di man prode; Mesto i più giorni e solo, ognor pensoso, Pronto, iracondo, inquieto, tenace: Di vizi ricco e di virtù, do lode Alla ragion, ma corro ove al cor piace: Morte sol mi darà fama e riposo. Ho la fronte rugosa, gli occhi infossati e penetranti, capelli rossicci, guance pallide, aspetto fiero, labbra grosse, di colore acceso e denti bianchi, il capo chino, un bel collo, il petto ampio; braccia proporzionate, abiti semplici, ma eleganti; la camminata veloce, così come i pensieri, i gesti e le parole; sobrio, umano, leale, generoso, sincero; in aperto contrasto col mondo come il mondo lo è con me; valoroso sia nello scontro verbale che in quello fisico; malinconico e solo per la maggior parte del tempo, sempre pensieroso, pronto, facile all'ira, inquieto, tenace; dotato sia di vizi che di virtù, seguo la ragione, ma poi agisco secondo ciò che mi dice il cuore. Solo la morte potrà darmi fama e riposo.
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