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SUL PATHOS DELLA CONOSCENZA, Appunti di Estetica

appunti articolo "Sul pathos della conoscenza"

Tipologia: Appunti

2021/2022

In vendita dal 14/02/2023

sara-marchioro
sara-marchioro 🇮🇹

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Scarica SUL PATHOS DELLA CONOSCENZA e più Appunti in PDF di Estetica solo su Docsity! SUL PATOS DELLA CONOSCENZA. NIETZSCHE E LA SAGGEZZA TRAGICA └ le conoscenze vengono considerate non in base a un astratto “grado di verità” [come le cose sarebbero in se] ma sul piano della forza [deriva dall'eta delle conoscenze, dal loro essere incorporate nonché dal loro carattere di condizioni per la vita. “La 'ragione' della filosofia”, Crepuscolo degli idoli La 'Ragione' e irragionevole, perché filosofia = metafisica. L'irragionevolezza e attribuita a 2 idiosincrasie dei filosofi: 1. mancanza di senso storico, l'odio contro la rappresentazione stessa del divenire. I filosofi pensano di elevare le cose de-storicizzandole; MA scindere dalla storia, cioè dal flusso del tempo, significa produrre una copia pietrificata della vita, mummificarla. Procedendo meta-physika (oltre la natura) il metafisico fissa in un'immagine, l'idea platonica. Producono uno sterile e malinconico erbario, delle astrazioni; “non sorti vivo nulla di reale”>> de-vitalizzano. I metafisici pretendono di eliminare la morte ma eliminano l'intreccio di sorgere e perire a partire da cui si da la vita stessa. Si da a partire dal monismo [mimica da becchini] di Parmenide: il metafisico anela a ciò che e ma si trova immerso nel divenire + non potendo partecipare dell'essere e dell'eterno si sente defraudato e ha bisogno di trovare un colpevole>> la sensibilità. Morale [metafisica e morale sono interdipendenti]: 1. insegnamento ricavabile da un racconto o da un evento, le conclusioni che si possono trarre da determinate premesse [i sensi ci ingannano dunque bisogna liberarsi dei sensi]. 2. Fondamento della metafisica: l'assolutizzazione della verità ha basi morali, discende dalla distinzione tra un bene che va in ogni caso perseguito e un male che va in ogni caso evitato. Secondo Nietzsche l'uso di concetti stabili porta, in forza dell'abitudine e dell'oblio, a scambiare le convenzioni per qualcosa di naturale, di sussistente di per se e di per se vincolante. Il dualismo verità-menzogna si impone come un imperativo, un obbligo inderogabile che affonda le proprie radici in una dimensione superiore/metafisica. MA la morale e la menzogna più grande perché occulta il carattere menzognero stesso di ogni pretesa umana alla verità. La morale non viene liquidata ma ripensata nei termini della sua utilità per la vita [riacquisisce legittimità funzionalmente, perde la sua validità intrinseca>> prospettiva immorale per una morale metafisica cfr. Kant]. La morale come “conclusione” dipende dalla morale come “fondamento”. Per Nietzsche la volontà di verità in senso metafisico nasconde una volontà di morte (Fedone, Platone) e la filosofia e un'anticipazione della morte, una mimesi della morte>> il filosofo sa fare nella vita quello che e possibile solo nella morte: la separazione dello spirito dal corpo. Questo corrisponde a una negazione del mondo reale [del divenire, della sensibilità] e perdere la terrestrità. E Parmenide il responsabile del divorzio tra i sensi e l'intelletto [spirito/corpo] che da Platone grava sulla filosofia come una maledizione. La pluralità e la policromia del mondo viene gettata via come semplice illusione e follia>> diventa monocromia di astrazioni; Parmenide smette di essere un fisiologo [studioso della physis]: l'interesse per i fenomeni diventa un odio derivato dal non potersi liberare dall'inganno dei sensi. “La verità deve trovarsi nei vuoti gusci delle parole più indeterminate”. 2. Il livellamento dei fenomeni prodotto dal discorso metafisico e la seconda idiosincrasia, “consiste nello scambiare l'ultima cosa come la prima” I concetti più universali sono ciò che viene per ultimo, perché sono il risultato di un processo di astrazione della sensibilità e di suo svuotamento. I concetti sommi sono dei principi, sono l'ens realissimum, Dio; “Morale: tutto ciò che e di primo grado deve essere causa sui”. Grande sovvertimento: i concetti ultimi, pallidi e anemici, con un tenue contatto con la vita, vengono posti a fondamento della vita moderna. Conoscenza = del corpo, della sensibilità, del divenire [non metafisica>> non pretende un'universalità]. E costitutivamente singolare, situazionale, contestuale e biografica. In “Ecce homo” Nietzsche dimostra grande interesse per la sua biografia intellettuale e ciò dipende dalla consapevolezza che il pensiero e sempre legato al percorso esistenziale del pensatore, alla sua vicenda>> e sempre incarnato. Le opere di Nietzsche sono un continuo dar forma e dar conto della sua esperienza mediante un gioco di maschere. Prospettivismo = ogni conoscenza dipende dalla prospettiva di chi guarda. Se chi guarda e il soggetto e la conoscenza e relativa al modo in cui il soggetto si rappresenta l'oggetto allora il prospettivismo e anche soggettivismo e relativismo. Non esiste il mondo in se ma solo il mondo come oggetto di un sentire, non esiste la verità in se ma solo ciò che a ciascuno appare vero secondo il suo angolo visuale. Ne deriva una salvaguardia della pluralità e policromia dei fenomeni, alla resistenza a ogni astrazione concettuale uniformante, a ogni riduzione ad unum. >> liquidato il concetto di verità, il mondo vero finisce per diventare una favola: la verità si dissolve in apparenza, in inganno, in menzogna. MA ci si libera della verità in forza della verità: bisogna cambiare il concetto stesso di verità>> ci si libera della Verità [metafisica] in nome di un'altra verità. [[paradosso dello scettico che accantona la verità in nome di un'altra verità ultima, metafisica che rimane piena presenza]] L'ultimo uomo = [[Cosi parlo Zarathustra]] colui che incarna la verità dello scettico. Il suo carattere distintivo e quello di non sapersi disprezzare vale a dire il suo appagamento di se. Questo fa si che egli avverta come totalmente estranee le possibilità del superamento di cui parla Zarathustra. Riconduce tutto alla propria ristrettezza e “tutto rimpicciolisce”; la sua incapacità di disprezzarsi fa si che egli rimanga sempre lo stesso, non si superi. Crede di essere a conoscenza di tutto e non ha bisogno di domandarsi nulla; poiché non ha domande non può disprezzarsi e superarsi. L'esperienza dell'uomo si riduce a “vogliuzza e intrattenimento”; la felicita comprende le più varie esperienze ma di modo che il consumo delle esperienze vissute non faccia mai davvero la differenza. [soggetto sempre identico a se stesso] La molteplicità delle esperienze vissuto [del relativismo] comporta un appiattimento, un'uniformazione. Nel vortice delle esperienze l'ultimo uomo non fa mai esperienza, non (In fondo l’antico sole, ma attraverso nebbia e scetticismo; l’idea sublimata, pallida, nordica, königsbergica). 4. Il mondo vero – inattingibile. Comunque non raggiunto. E in quanto non raggiunto, anche sconosciuto. Di conseguenza neppure consolante, salvifico, vincolante: a che ci potrebbe vincolare qualcosa di sconosciuto?… (Grigio mattino. Primo sbadiglio della ragione. Canto del gallo del positivismo). 5. Il «mondo vero» – un’idea, che non serve più a niente, nemmeno più vincolante – un’idea divenuta inutile e superflua, quindi un’idea confutata: eliminiamola! (Giorno chiaro; prima colazione; ritorno del bon sens e della serenità; Platone rosso di vergogna; baccano indiavolato di tutti gli spiriti liberi). 6. Abbiamo tolto di mezzo il mondo vero: quale mondo ci è rimasto? forse quello apparente?… Ma no!col mondo vero abbiamo eliminato anche quello apparente! (Mezzogiorno; momento dell’ombra più corta; fine del lunghissimo errore; apogeo dell’umanità; INCIPIT ZARATHUSTRA). F. Nietzsche, Crepuscolo degli idoli, (1888) come il mondo vero fini per diventare favola, storia di un errore Il saggio incarna questa verità: [binomio teoria-pratica] la teoria e qualcosa che da forma alla vita e all'esistenza [nella passi], non e un concetto astratto. La teoria deve tradursi in una pratica di vita. Il mondo vero non e più direttamente attingibile dal saggio, da colui che dimostra grandezza d'animo, perché [idea cristiana] l'uomo può conoscere Dio solo attraverso la grazia di dio medesimo; l'uomo non conosce Dio attraverso le sue forze può farlo solo attraverso un atto di fede, non e qualcosa che dipende dalla virtù [capacita] dell'uomo>> l'uomo si rimette alla volontà di Dio. L'uomo deve essere un servitore; assumono centralità gli ultimi ≠ dai greci dove assume la conoscenza colui che spicca per la sua grandezza. “Ma quello che è stolto per il mondo, Dio lo ha scelto per confondere i sapienti; quello che è debole per il mondo, Dio lo ha scelto per confondere i forti;quello che è ignobile e disprezzato per il mondo, quello che è nulla, Dio lo ha scelto per ridurre al nulla le cose che sono,perché nessuno possa vantarsi di fronte a Dio.” Prima lettera ai corinzi 1,27-29 Gli ultimi sono coloro che stanno più vicino a dio, coloro che sanno che con solo le forze umane non ci si avvicina a dio. Nel cristianesimo i saggi sono degli stolti perché non hanno capito come arrivare a Dio, lo stolto e in realtà il vero sapiente. Nell'obbedienza, nell'umiliazione ci si avvicina a dio>> enorme discontinuità con prima dell'avvento del monoteismo. Il peccato originare e il simbolo della peccalita difettiva della creatura rispetto al creatore e la penitenza e farsi carico di questa deficienza. Il mondo vero diventa “inattingibile”>> riferimento a Kant. per Kant possiamo comprendere l'uomo che agisce moralmente solo come soggetto noumenico>> partecipa al mondo sovrasensibile, esce dal meccanicismo deterministico fenomenico. Kant fonda la visione della natura in senso newtoniano. Possiamo conoscere la realtà solo fenomenicamente, sulla base di rapporti spazio-tempo e causa-effetto. Dal punto di vista della natura noi siamo cose tra le cose, possiamo essere descritti in un modo meccanicismo-deterministico. Possiamo conoscere la natura [interna ed esterna] per come e costruito l'intelletto MA sul piano dell'agire morale, il soggetto che agisce moralmente deve partecipare del sovrasensibile>> soggetto noumenico. Il mondo metafisico che viene avvolto da una nube scettica ([come in Kant], noi possiamo conoscere le cose individuando delle leggi [facoltà a priori]) MA la cosa in se diventa l'oggetto dell'agire morale>> ciò che viene escluso a livello conoscitivo viene recuperato a livello morale). Positivismo = un'istanza anti-metafisica che riprende un'idea metafisica di Verità. La confutazione non e pienamente intellettuale, passa attraverso l'idea che tale idea ha esaurito la propria utilità per la vita, e diventata superflua. Il fatto che qualcosa diventi superfluo non porta con se una confutazione in senso logico [non vuol dire che non e vera]; il suo discorso non si muove sul piano logico → centralità della dimensione storica, una logica disincarnata e del tutto illogica. Entra in gioco la figura dello “spirito libero” >> che si e liberato, non più vincolato da tute le spiegazioni che si ritengono definitive; lo spirito libero viene dopo il positivismo che porta ancora con se l'idea di un mondo vero>> lo abbiamo eliminato. Alla fine della sua vita progetta di scrivere “volontà di potenza” che pero non scriverà mai; dopo la sua morte un'opera con questo titolo viene redatta dalla sorella>> composizione postuma. Quindi la “volontà di potenza” e “falsa”, messa assieme dalla sorella seguendo le indicazioni di Nietzsche. Tra le annotazioni scritte da Nietzsche nei suoi quaderni ce n'e una del 1886 [dopo Zarathustra] che e stata molto discussa: “contro il positivismo, che rimane fermo al fenomeno: ci sono solo i fatti. Io direi no! Proprio i fatti non ci sono, solo interpretazioni. Non possiamo accertare alcun fatto “in se”. Forse e un'insensatezza pretendere una cosa del genere, e tutto soggettivo dite voi. Gia questa e un'interpretazione, il soggetto non e nulla di dato bensì qualcosa di inventato. E in definitiva necessario porre ancora l'interprete dietro l'interpretazione? Anche questa e ipotesi. Nella misura in cui in generale la...”. Il positivismo si attiene solo al fenomeno e i fatti [ciò che e considerato indipendente da noi] vanno osservati e analizzati, rispecchiati il più fedelmente possibile>> conoscenza a distanza>> modo in cui i positivisti interpretano l'esperienza [[fenomeno inteso in senso radicale]]. Definire i fatti come un fenomeno significa svuotare il fatto della sua concezione usuale [indica la “cosa in se”]. Pretendere di conoscere la “cosa in se” e un'insensatezza → tutto e soggettivo MA anche questa e un'interpretazione>> per Nietzsche anche il soggetto non e nulla di dato. Il soggetto stesso e un'interpretazione, qualcosa che viene posto dietro; ci presenta il prospettivismo MA lo fa dopo una critica radicale del soggetto quindi il prospettivismo non va inteso in senso relativistico, soggettivista [la rappresentazione dipende dal soggetto, il modo in cui mi rappresento il mondo dipende da me]. Questa nuova concezione del prospettivismo apre nuove strade. Togliendo di mezzo il mondo metafisico non rimane neppure quel mondo apparente che si definiva in contrapposizione a esso. La coppia verità/apparenza viene meno e la nuova verità si da in sottrazione. Il sottrarsi della verità può essere colto solo in superficie, a ridosso del fenomeno, laddove gli opposti si toccano. Il libero scaturire del fenomeno costituisce l'autentica profondità della superficie>> la fedeltà alla terra coincide con una fedeltà al fenomeno. RUOLO DELLA DONNA: Prefazione, “Al di la del bene e del male”, “Posto che la verità sia una donna -, e perché no? non è forse fondato il sospetto che tutti i filosofi, in quanto furono dogmatici, s'intendevano poco di donne? che la terribile serietà, la sgraziata invadenza con cui essi, fino a oggi, erano soliti accostarsi alla verità, costituivano dei mezzi maldestri e inopportuni per guadagnarsi appunto i favori di una donna? - certo è che essa non si è lasciata sedurre e oggi ogni specie di dogmatica se ne sta lì in attitudine mesta e scoraggiata.” un seduttore goffo che tenta di conquistare la verità [fluida, in divenire] inserendola dentro un concetto rigido, dogmatico mantre essa andrebbe sedotta, invitata ad entrare nel suo essere in divenire. La donna e colei che da la vita; il dogmatico va a rifugiarsi nella formula, che in se stessa tende a rifuggire la vita. Nietzsche parla della verità come donna, cosa implica? La ricerca della verità e una dinamica di seduzione; seduzione=relazione. In questa relazione l'obbiettivo e conquistare attraverso il gioco della seduzione [un gioco complesso in cui e centrale la maschera, la messinscena, il detto/non-detto]>> si gioca sul filo di questa duplicità/ambiguità. Il dogmatico tenta di essere seduttore, tenta di impadronirsi della vita iscrivendola in una forma e tenta di dominarla. Tenta di ricondurre il molteplice [divenire, corporalità] all'uno e nel tentativo si rivela come un cattivo seduttore; la vita non si fa afferrare. Non esiste una ricetta generale, bisogna calarsi nella concretezza delle singole dinamiche, dei singoli rapporti; la verità ha a che fare con la vita, con l'atto generativo>> dare continuità alla vita, consentire lo sviluppo, l'avvenire. Nietzsche si considera “il primo filosofo tragico – e cioè l'estrema antitesi e l'antipodo di un filosofo pessimista”; il pathos della terrestrità [= pathos del fenomeno] si concretizza filosoficamente nella saggezza tragica>> solo Eraclito viene indicato [nel Crepuscolo degli idoli e in Ecce homo] come un fratello spirituale. La saggezza tragica e la verità nel suo darsi in sottrazione nella piena consapevolezza che ogni conclusione e una consolazione. Essa si esplica nel pathos della conoscenza: quella conoscenza inquieta, irrisolta, sempre incline a mettere in discussione, a dissolvere criticamente. Quella di Nietzsche e una filosofia sperimentale che fa un esperimento con la verità>> “la vita possa essere un esperimento dell'uomo della conoscenza”. “No! La vita non mi ha deluso! Di anno in anno la trovo semmai più vera, più desiderabile e più misteriosa: — dal giorno in cui venne su di me il grande liberatore, il pensiero che la vita potesse essere un esperimento di chi è dedito alla conoscenza — e non un dovere, non una fatalità, non un inganno!” F. Nietzsche, Gaia scienza, In media vita La vita può essere un esperimento dell'uomo con la conoscenza. La filosofia di N e una
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