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Vigilanza Finanziaria: Ruolo Banche e Ispettorato per Difesa Risparmio e Credito, Appunti di Diritto Bancario

La struttura di controllo introdotta dalla legge bancaria italiana per garantire la tutela del risparmio e l'esercizio del credito. Viene trattato il ruolo delle banche, dell'ispettorato per la difesa del risparmio e dell'esercizio del credito, del comitato interministeriale per il credito ed il risparmio e delle autorità creditizie. Vengono inoltre discusse le modalità di vigilanza informativa, regolamentare e ispettiva.

Tipologia: Appunti

2011/2012

Caricato il 03/03/2012

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Scarica Vigilanza Finanziaria: Ruolo Banche e Ispettorato per Difesa Risparmio e Credito e più Appunti in PDF di Diritto Bancario solo su Docsity! Lo sviluppo storico dell'attività bancaria Tutti sanno che le attività finanziarie di maggiore rilevanza svolte nel nostro mercato, unitariamente inteso, si contraddistinguono per la previsione di speciali operatori, legislativamente definiti “banche”, “intermediari finanziari non bancari” e “intermediari finanziari mobiliari”, ai quali viene affidato, con riferimento al pubblico, la custodia, la circolazione, la gestione e l’investimento del risparmio, e rispettivamente: l’esercizio dell’attività di raccolta di risparmio e l’esercizio del credito (artt. 10 e 11 t.u.b.); l’esercizio di attività di intermediazione finanziaria (artt. 106 e ss. t.u.b.); l’esercizio di attività di intermediazione mobiliare o di gestione collettiva di strumenti finanziari (art. 1, 18 e ss., 33 e ss. t.u.f.). Uno degli aspetti principali che differenzia notevolmente l’attività bancaria dall’attività degli intermediari finanziari non bancari e dagli intermediari mobiliari è la diversa imputazione del rischio derivante dall’impiego del risparmio da parte dell’operatore. Tale profonda differenza, che consente di riservare alle sole banche il ruolo tradizionale e storicamente consolidato della raccolta di risparmio a vista e conseguentemente della “raccolta collegata all’emissione o alla gestione di mezzi di pagamento a spendibilità generalizzata” (artt. 10 e 11 t.u.b.), si dimostra direttamente collegata alla capacità della banca: di poter trasformare la moneta legale raccolta dai risparmiatori in credito disponibile, ovvero in moneta scritturale, che, sebbene posizione giuridica di natura obbligatoria e non più reale come per la moneta legale, dimostra di avere il medesimo valore e le medesime caratteristiche di spendibilità e circolazione generalizzata proprie di quest’ultima; e di consentire ai propri clienti l’utilizzazione di tale particolare credito attraverso una serie diffusa e crescente di strumenti bancari di pagamento di generale circolazione e accettazione anche per l’adempimento delle obbligazioni pecuniarie. L’attività bancaria, che può dunque collocarsi fra le attività finanziarie rilevanti per il mercato, deve pertanto tenersi distinta dalle altre attività finanziarie il cui esercizio professionale non è riservato alle sole banche, quali in particolare: quelle che possono essere svolte da intermediari finanziari non bancari (assunzione di partecipazioni, concessione di finanziamenti, prestazione di servizi di pagamento e d’intermediazione in cambi) e dagli intermediari di valori mobiliari. È bene, infatti, ricordare che l’attività, precipuamente costituita da “la raccolta del risparmio tra il pubblico e l’esercizio del credito”, “è riservata alle banche”, anche se “le banche esercitano, oltre all’attività bancaria, ogni altra attività finanziaria” (art. 10 t.u.b.); e che le “altre attività finanziarie”, esercitate da intermediari non bancari, non possono comprendere anche l’attività bancaria. Già dal XIX secolo il capitalismo industriale ha presentato caratteristiche evidenti di una sua dipendenza dall’attività bancaria: il credito bancario rappresentava, ed ancora oggi rappresenta, la maggiore fonte del finanziamento dell’impresa. Tale dipendenza, tuttavia, grazie forse alla composizione del potere politico della fine dell’Ottocento, non ha determinato particolari ingerenze dei pubblici poteri sull’attività bancaria sino alla grande crisi dei primi decenni del Novecento. Occorre ricordare che sino all’emanazione del t.u.b. ora vigente la struttura del nostro sistema bancario era costituita da un corpo organico di norme, comunemente indicate come “legge bancaria”, dettate con r.d.l. 17 marzo 1936, n. 375, poi convertito con rilevanti modificazioni con l. 7 marzo 1938. In precedenza, all’indomani della prima guerra mondiale, una serie di provvedimenti in materia monetaria e bancaria (r.d.l. 7 settembre 1926, n. 1511 e 6 novembre 1926, n. 1833) dettavano talune disposizioni per le imprese bancarie. Tali precedenti disposizioni normative, invero dirette alla “tutela del risparmio”, abbozzavano un primo sistema regolamentato sia per le c.d. aziende di credito ordinario sia per gli istituti sorti per l’esercizio di crediti speciali. Esse, tuttavia, non eliminavano la frantumazione del potere di controllo, che rimaneva attribuito ad una pluralità di Ministeri (delle Finanze, dell’Agricoltura e Foreste, delle Corporazioni e dell’Economia nazionale) e alla Banca d’Italia. Un primo obiettivo da perseguire, conseguito dalla “legge bancaria” del 1936-38, fu quello di affidare ad un’unica struttura pubblica la “difesa del risparmio e la disciplina della funzione creditizia”. Non solo, ma a tale struttura furono riconosciuti poteri di controllo anche su buona parte del risparmio destinato agli investimenti. La nuova struttura di controllo era costituita da un Comitato di Ministri (Finanza, Agricoltura, Economia nazionale) presieduto dal capo del Governo, alle cui dipendenze veniva posto un organo statale, denominato “Ispettorato per la difesa del risparmio e per l’esercizio del credito”, a capo del quale era posto il Governatore della Banca d’Italia. Quest’ultimo, nella veste di capo dell’Ispettorato, partecipava alle riunioni del Comitato dei Ministri, il quale avrebbe dovuto inoltre sentire il Comitato corporativo centrale. In tal modo, di fatto, il controllo sulle banche fu affidato all’Ispettorato. La legge bancaria non si limitò, poi, a trasferire il controllo sulle banche dalla Banca d’Italia all’Ispettorato, ma attribuì a quest’ultimo poteri molto ampi senza una precisa indicazione dei loro limiti e senza neppure specificare i fini per il cui conseguimento gli stessi potevano essere esercitati. La legge bancaria aveva anche recepito e confermato la forte specializzazione che caratterizzava le imprese bancarie e la profonda differenza che caratterizzava gli statuti legislativi degli enti che esercitavano tale attività (c.d. pluralismo bancario). La più espressiva specializzazione bancaria fissata dalla legge bancaria era rappresentata, infatti, dalla distinzione fra aziende di credito e istituti di credito: la prima legge dettava due corpi di norme separate rispettivamente per i “raccoglitori del risparmio a breve termine” e per la “raccolta del risparmio a medio e lungo termine”. La distinzione fra aziende e istituti di credito, che ha caratterizzato il sistema bancario italiano fino ai primi anni novanta, era fondata sulla diversa durata della raccolta: la raccolta delle Aziende era a vista o a breve e quella degli Istituti a medio e lungo termine. La raccolta a vista e a breve imponeva una vigilanza più intensa e diversa specie in ordine alla liquidità e quindi alla capacità di far fronte alle richieste di rimborso dei depositari. Il pluralismo che caratterizzava il sistema bancario, vigente la legge bancaria, trovava riscontro, nell’ambito delle sole aziende di credito, ad una serie nutrita di categorie di enti: Istituti di credito di diritto pubblico, Casse di risparmio, Monti di crediti su pegno, Casse rurali artigiane, Banche popolari, Banche ordinarie in forma di società lucrativa. Ad essi si aggiungeva la miriade di istituti che operavano sul medio e lungo termine. Il crollo del regime, pur non determinando l’abrogazione della legge bancaria, comportò importanti modifiche del sistema dalla stessa preordinato specie con riguardo alla struttura dell’appartato pubblico. Soppresso il Comitato corporativo centrale, fu anche soppresso l’Ispettorato per la difesa del risparmio e per l’esercizio del credito e le relative facoltà e attribuzioni passarono al Ministro per il tesoro unitamente ai poteri e le attribuzioni in precedenza riservate al Comitato dei Ministri, al capo del Governo e al capo dell’ispettorato. La vigilanza sulle aziende di credito, invece, venne delegata alla Banca d’Italia, salva la facoltà del Ministro di “disporre nei casi in cui lo ritenesse opportuno, dirette ispezioni avvalendosi del personale proprio”. Di lì a poco anche tale sistema venne modificato. Veniva, infatti, istituito il “Comitato interministeriale per il credito ed il risparmio”, presieduto dal Ministro per il tesoro, al quale era attribuita “l’alta vigilanza in materia di tutela del risparmio, in materia di esercizio della funzione creditizia e in materia valutaria”, mentre le funzioni dell’Ispettorato venivano assegnate alla Banca d’Italia, la quale, pertanto, iniziò ad esercitare l’attività di vigilanza non in quanto delegata del Ministro per il tesoro, ma come titolare della relativa funzione. Il sistema bancario, come sopra revisionato, doveva rimanere sostanzialmente immutato fino alla seconda metà degli anni ’70. destinate anche a soggetti diversi da quelli sottoposti a vigilanza”, sulla Gazzetta Ufficiale (art. 8). Il Sistema Europeo delle Banche Centrali (S.E.B.C.), strumento essenziale dell’Unione economica e monetaria, è stato istituito dal Trattato di Maastricht nel 1992. Il Sistema è costituito dalla Banca Centrale Europea (B.C.E.) e dalle banche centrali nazionali dei paesi membri che hanno adottato la moneta unica. Il SEBC, privo di personalità giuridica, è governato dagli organi della BCE e sostiene le politiche economiche generali dell’Unione europea. La Banca Centrale Europea svolge tutte le funzioni di politica monetaria, ivi comprese le competenze in materia valutaria, e promuove il regolare funzionamento dei sistemi di pagamento. Inoltre, sempre la BCE, ha il diritto esclusivo di autorizzare l’emissione di banconote all’interno della comunità e quello di detenere e gestire le riserve ufficiali in valuta estera degli Stati membri. Si tratta di materie per le quali è attribuito alla BCE un potere normativo “primario”, nel senso che può dettare norme che derogano alle disposizioni delle legislazioni nazionali e che non possano essere contrastate dalle legislazioni nazionali. Peraltro, si è cercato il più possibile di istituzionalizzare l’indipendenza della BCE, non solo vietandole di concedere scoperti di conto o qualsiasi altra forma di facilitazione creditizia alle istituzioni comunitarie e nazionali, ma dotandola di autonomia personale. Tale forte indipendenza, secondo la prevalente dottrina, consente di considerare la BCE una vera “autorità indipendente”. La struttura organizzativa della BCE, che ora ha sede a Francoforte, prevede un Consiglio direttivo ed un Comitato esecutivo. Il Consiglio direttivo è composto dai Governatori delle Banche centrali nazionali e dai membri del Comitato esecutivo e si preoccupa in particolare di definire gli orientamenti della politica monetaria, oltre ad avere competenze in materia di organizzazione interna e di cooperazione internazionale. Il Comitato Esecutivo, che ha precipuamente il compito di attuare gli orientamenti deliberati dal Consiglio direttivo, è composto da sei membri: un Presidente, un Vicepresidente e quattro componenti, nominati di comune accordo dai Governi degli Stati membri tra persone di riconosciuta levatura ed esperienza professionale nel settore monetario e bancario, con un mandato, a tempo pieno, di otto anni non rinnovabile. Si è accennato che il compito principale demandato al SEBC è quello di definire ed attuare la politica monetaria dell’Unione europea. Tale funzione è attuata dalla BCE in particolare mediante determinate attività: operazioni di mercato aperto e di finanziamento nei confronti di banche e di altri operatori; determinazione del tasso di interesse a breve termine; determinazione degli ulteriori strumenti di controllo della liquidità dei sistemi, analoghi a quelli usati nel passato dalle Banche centrali, quali gli obblighi di riserva imposti agli intermediari, mediante i quali si controlla la liquidità dell’intero Sistema. Quanto alla competenza della BCE in materia valutaria è sufficiente ricordare che, a termini di statuto SEBC, le singole Banche centrali dei Paesi membri sono tenute a conferire alla BCE le proprie riserve in valuta. Con riguardo, infine alla funzione di sorvegliare il regolare funzionamento dei sistemi di pagamento, basta ricordare che la BCE si preoccupa della parte internazionale del sistema, ma detta i criteri ai quali debbono attenersi gli ordinamenti dei Paesi aderenti per assicurare l’uniformità del sistema. Le “autorità creditizie”, secondo la definizione del t.u.b. sono il Comitato interministeriale per il credito e il risparmio (C.I.C.R.), il Ministro del Tesoro, oggi dell’Economia e finanze, e la Banca d’Italia, quest’ultima in particolare è l’ente preposto ai controlli sulle banche. Il CICR, ai sensi dell’art. 2 t.u.b., è preposto all’alta vigilanza in materia di credito e di tutela del risparmio e delibera nelle materie attribuite alla sua competenza dal d.lgs n. 385/1993, o da altre leggi. Si tratta di un organo non di effettivo indirizzo, ma di “copertura”, cioè di assunzione formale di responsabilità per atti che non dovrebbero essere di indirizzo politico. Infatti è la Banca d’Italia che formula le proposte relative a deliberazioni di competenza del CICR. Il CICR attualmente è composto dal Ministro dell’Economia e finanze, che lo presiede, dal Ministro del commercio internazionale, dal Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, dal Ministro dello sviluppo economico, dal Ministro delle infrastrutture, dal Ministro dei trasporti e dal Ministro delle politiche comunitarie. Alle sedute partecipa di diritto il Governatore della Banca d’Italia, con funzioni consultive, ed il presidente può invitare a intervenire altri ministri e i Presidenti di altre Autorità competenti a prendere parte a singole riunioni in cui vengano trattati argomenti attinenti a materie loro attribuite dalla legge, connessi a profili di stabilità complessiva, trasparenza ed efficienza del sistema finanziario. Per effetto degli artt. 11 e 12 t.u.b. al CICR sono attribuiti alcuni poteri in materia di raccolta del risparmio e di emissioni obbligazionarie. Al CICR è altresì attribuito il potere di decidere sui reclami, da parte di chi vi abbia interesse, avverso i provvedimenti adottati dalla Banca d’Italia nell’esercizio dei poteri di vigilanza attribuitile dal t.u.b., entro i trenta giorni dalla comunicazione o dalla pubblicazione. Il Ministro dell’Economia e delle finanze convoca e presiede il CICR e, ai sensi dell’art. 3, t.u.b., adotta con decreto i provvedimenti di sua competenza previsti dal predetto decreto legislativo ed ha la facoltà di sottoporli preventivamente al CICR. In caso di urgenza sostituisce il CICR, ma dei provvedimenti assunti deve dare notizia al CICR nella prima riunione successiva da convocarsi entro trenta giorni. Il Ministro dell’economia e finanze ha altresì importanti funzioni, normative ed amministrative proprie in materia creditizia. Tra questi ricordiamo il potere di determinare, con propri regolamenti, i requisiti di onorabilità dei soci e di professionalità degli esponenti aziendali; di disporre, con decreto, l’apertura dei procedimenti di amministrazione straordinaria e di liquidazione coatta amministrativa delle banche, di ampliare, “in considerazione dell’attività svolta”, il novero dei soggetti destinatari delle norme in tema di trasparenza delle operazioni bancarie, di applicare, su proposta della Banca d’Italia o dell’U.I.C., le sanzioni previste per gli esponenti bancari. Ha altresì funzioni di politica monetaria (es. riscossione imposte, emissione titoli nel mercato monetario, vigilanza sul sistema dei cambi) ed in materia valutaria, nonché funzioni in materia di intermediazione finanziaria e di mercato mobiliare. La Banca d’Italia in quanto Banca centrale del nostro paese, pur avendo conservato ed anzi arricchito le proprie competenze in materia di vigilanza del sistema bancario, ha in parte perduto alcune sue funzioni tradizionali ora attribuite alla competenza della BCE. Essa, infatti, si limita a realizzare la politica monetaria definita dal SEBC, ad emettere gli euro destinati a circolare nel territorio italiano e garantire il buon funzionamento dei sistemi di pagamento sempre secondo le indicazioni del SEBC. Sono anche venute meno le sue attribuzioni in materia di regolamento dei cambi, anche se è abilitata a gestire le riserve di cambio dello Stato italiano, ma sempre per conto del SEBC. Lo statuto della Banca d’Italia, in seguito alla legge sulla tutela del risparmio, è stato adeguato alle disposizioni da questa dettate nell’art. 19. In base a questa disposizione viene normativamente e statutariamente ribadito il principio, fin ad allora implicito, dell’indipendenza della Banca d’Italia e la sua operatività nel rispetto del principio di trasparenza (art. 19, co. 3 e 4, l. 262/2005 e art 1. dello statuto). La Banca d’Italia è tenuta a determinare e rendere pubblici previamente i principi e i criteri dell’attività di vigilanza. La stessa stabilisce i termini per provvedere, individua il responsabile del procedimento, indica i motivi delle decisioni e pubblica i provvedimenti aventi carattere generale. In ogni caso gli atti emessi dagli organi della Banca d’Italia devono essere motivati e assumere forma scritta. Inoltre la Banca d’Italia è tenuta a trasmettere al Parlamento e al Governo, entro il 30 giugno di ogni anno, una relazione sull’attività svolta nell’anno precedente. Organi della Banca d’Italia sono (art. 5 statuto): - L’Assemblea dei partecipanti; - Il Consiglio superiore (composto da 13 membri eletti dai soci); - Il Collegio sindacale; - Il Direttorio (costituito dal governatore, dal direttore generale e da due vice direttori generali); - Il Governatore; - Il Direttore generale; - I Vice direttori generali. Fino alla predetta riforma erano attribuiti al Governatore della Banca d’Italia (la cui durata in carica era a vita) i poteri per l’adozione degli atti amministrativi generali previsti da dette disposizioni. In particolare al Governatore erano attribuite anche funzioni proprie molto ampie. È ora previsto che il Governatore duri in carica sei anni, con mandato rinnovabile una sola volta. Compete al Presidente del Consiglio, previa deliberazione dei ministri e sentito il Consiglio superiore della Banca d’Italia, la proposta di nomina, la quale, invece, è di competenza del Presidente della Repubblica. Le funzioni di controllo della Banca d’Italia sono finalizzate a garantire (art. 5 t.u.b.): - Una sana e prudente gestione dei soggetti vigilati; - La stabilità complessiva del sistema finanziario; - La competitività ed efficienza del sistema finanziario; - L’osservanza delle disposizioni in materia creditizia. Il tutto nel rispetto della supremazia del diritto comunitario, riconosciuto dall’art. 6 del t.u.b. Ai suddetti criteri va aggiunto il controllo sulla trasparenza delle condizioni contrattuali, previsto all’art. 128. Le banche sono infatti tenute a rendere noti ai clienti, con scrupolosa attuazione della normativa in tema di disciplina della trasparenza delle operazioni e dei servizi bancari, “gli elementi essenziali del rapporto contrattuale, e le loro variazioni, quale mezzo di promozione e salvaguardia del regolare esplicarsi della concorrenza dei mercati bancari e finanziari, nonché di tutela dei concorrenti deboli, senza limitare sostanzialmente l’autonomia negoziale delle parti”. All’art. 116 è poi attribuito al CICR il potere di individuare “le operazioni e i servizi da sottoporre a pubblicità”; di dettare disposizioni relative “alla forma, al contenuto, alle modalità della pubblicità e alla conservazione agli atti dei documenti comprovanti le informazioni pubblicizzate”; di stabilire criteri uniformi per l’indicazione dei tassi d’interesse e per il calcolo degli interesse e degli altri elementi che incidono sul contenuto economico dei rapporti; di individuare gli elementi essenziali, fra quelli previsti dal comma 1, che devono essere indicati negli annunci pubblicitari e nelle offerte, con qualsiasi mezzo effettuati, con cui le banche e gli intermediari finanziari rendono nota la disponibilità delle operazioni e dei servizi. Le funzioni di vigilanza della Banca d’Italia nei confronti delle banche italiane e delle succursali in Italia di banche comunitarie si distinguono in vigilanza informativa, regolamentare ed ispettiva: - La vigilanza informativa si estrinseca sulla base di segnalazioni periodiche inviate dalle banche alla Banca d’Italia, con le modalità e nei termini da essa stabiliti, nonché su ogni altro dato e documento richiesto, e sui bilanci annuali “nonché ogni altra informazione utile”; - La vigilanza regolamentare si estrinseca nell’emanazione di disposizioni di carattere generale da parte della Banca d’Italia in conformità delle deliberazioni del CICR. Esse vertono in materia di adeguatezza patrimoniale, contenimento del rischio, straniero dovrà richiedere l’autorizzazione all’autorità di vigilanza del paese straniero. Oltre al principio del mutuo riconoscimento, che consente ai soggetti che hanno già ottenuto un’autorizzazione ad esercitare le attività di cui all’art. 1 comma 2 dall’autorità del proprio paese di origine di operare le stesse attività nei paesi comunitari senza richiedere una nuova autorizzazione, la seconda direttiva CEE 646/1989 ha introdotto il principio dell’home country control, in base al quale il soggetto che sulla base dell’autorizzazione rilasciata dall’autorità del proprio paese d’origine esercita l’attività in uno stato europeo diverso, è sottoposto alla vigilanza dell’autorità del proprio paese d’origine. Tuttavia, l’autorità d’origine può delegare all’autorità ospitante alcune funzioni di vigilanza. Per quanto riguarda gli enti bancari non finanziari la norma di riferimento è l’art. 106 del t.u.b. Questo articolo individua gli intermediari finanziari sulla base di criteri soggettivi e oggettivi. Il criterio oggettivo è definito dal primo comma che prevede “l’esercizio nei confronti del pubblico di assunzione di partecipazioni, di concessione di finanziamenti sotto qualsiasi forma, di prestazione di servizi di pagamento e di intermediazione in cambi”. Il criterio soggettivo è definito dal terzo comma che prevede: - La forma di società per azioni, di società in accomandita per azioni, di società a responsabilità limitata o di società cooperativa; - Oggetto sociale conforme all’attività finanziaria svolta; - Capitale sociale versato non inferiore a cinque volte il capitale minimo previsto per la costituzione di società per azioni; - Possesso, da parte dei titolari di partecipazioni e dei responsabili dell’attività, dei requisiti di onorabilità e professionalità previsti dagli artt. 108 e 109. I soggetti che rispettano i requisiti sopra elencati ed intendano svolgere le attività previste nei confronti del pubblico devono richiedere l’iscrizione nell’elenco tenuto dall’UIC e una volta che vengono iscritti in questo elenco possono svolgere l’attività finanziaria. Qualora un soggetto operasse tali attività senza la necessaria autorizzazione sarà perseguibile sia in sede amministrativa sia in sede penale. Se invece l’attività non è svolta nei confronti del pubblico l’iscrizione nell’elenco UIC non è necessaria. Il sistema di vigilanza per gli intermediari finanziari si esaurisce nella verifica delle condizioni necessarie per ottenere l’iscrizione nell’elenco dell’UIC. Se l’attività svolta assume dimensioni rilevanti, il soggetto è tenuto all’iscrizione anche presso un elenco speciale tenuto dalla Banca d’Italia. I requisiti per l’iscrizione nell’albo speciale sono specificati nell’art. 107 e sono riferiti all’attività svolta, alla dimensione e al rapporto tra indebitamento e patrimonio. L’iscrizione nell’elenco speciale comporta la sottoposizione di questi organismi alla vigilanza della Banca d’Italia, la quale può effettuare ispezioni, richiedere informazioni o addirittura vietare di intraprendere determinate operazioni o disporre la riduzione delle attività. Questi controlli sono fatti perché qualora un intermediario di grandi dimensioni avesse una crisi questa potrebbe avere conseguenze sull’intero sistema. L’autorizzazione e la revoca all’esercizio dell’attività bancaria risultano oggi regolati dagli articoli 14 e seguenti del t.u.b. Tali norme stabiliscono la legittimità del potere regolamentare in materia in capo alla Banca d’Italia, sia in ordine all’autorizzazione all’esercizio dell’attività bancaria, che alla sua revoca. Il provvedimento di autorizzazione deve essere concesso, a mente dell’art. 14, comma 1, nel rispetto delle seguenti condizioni: - “Sia adottata la forma di società per azioni o di società cooperativa per azioni a responsabilità limitata” (nella forma della banca popolare o nella forma della banca di credito cooperativo); la prima forma è stata adottata per venire incontro a quelli che sono i modelli di banca presenti negli altri paesi europei, la seconda per rendere omaggio alle peculiarità dell’ordinamento italiano (nei quali in passato tale forma era molto diffusa); - “La sede legale e la direzione generale della banca siano situate nel territorio della Repubblica”; questo requisito è stato introdotto sei anni dopo l’emanazione del t.u.b. a causa di alcune banche, che per ottenere vantaggi normativi spostavano la propria sede legale in un paese estero continuando ad operare in Italia; - “Il capitale versato sia di ammontare non inferiore a quello determinato dalla Banca d’Italia”. La Banca d’Italia, esercitando il proprio potere regolamentare, potrà così fissare livelli di capitale diversi per le banche società per azioni e per le banche società cooperative ed ulteriori differenziazioni tra Banche popolari e Banche di credito cooperativo; - “Venga presentato un programma concernente l’attività iniziale, unitamente all’atto costitutivo e allo statuto”; in questo modo la Banca d’Italia è a conoscenza della politica imprenditoriale della banca ed è in grado di stabilire se questa è in grado di garantire la sana e prudente gestione; - “I titolari di partecipazioni rilevanti devono avere i requisiti di onorabilità stabiliti dall’art. 25 e sussistano i presupposti per il rilascio dell’autorizzazione prevista dall’art. 19”; partecipazioni rilevanti sono quelle che danno diritto di voto in assemblea e che superino il 5% del capitale sociale. Tali requisiti sono stabiliti dal ministro dell’economia e delle finanze e sono essenzialmente requisiti che riportano alla condotta del soggetto (non deve avere riportato reati penali previsti da decreto ministeriale); - “I soggetti che svolgono funzioni di amministrazione, direzione e controllo, devono avere i requisiti di professionalità, di onorabilità e di indipendenza indicati nell’art. 26”; i requisiti di onorabilità coincidono con quelli previsti per i possessori di partecipazioni rilevanti. I requisiti di professionalità sono dati dall’esperienza maturata nei settori bancari e finanziari; si richiede che questi soggetti abbiano maturato esperienze nella direzione, nell’amministrazione o nel controllo di altre società. Il requisito di indipendenza è stato introdotto in seguito alla riforma delle società di capitali; - “Non devono sussistere tra la banca o i soggetti del gruppo di appartenenza e altri soggetti, stretti legami che ostacolino l’effettivo esercizio delle funzioni di vigilanza”; questo requisito è stato introdotto nel 1989 e serve per garantire l’assoluta trasparenza della banca nei confronti dell’autorità di vigilanza; - “Deve essere prevista l’adesione ad un sistema di garanzia dei depositi”. A garanzia del rispetto delle norme, l’art. 14, comma 3, prevede che “non si può dare corso al procedimento per l’iscrizione nel registro delle imprese se non consti l’autorizzazione del comma 1”. La Banca d’Italia nega l’autorizzazione anche quando dalla verifica delle condizioni indicate nel comma 1 non risulti garantita la sana e prudente gestione. Ciò di fatto concede alla Banca d’Italia un potere molto ampio, in quanto è essa stessa a stabilire i requisiti in base alla quale la sana e prudente gestione è garantita. Le banche autorizzate, ai sensi dell’art. 13, vengono iscritte in un apposito albo tenuto dalla Banca d’Italia. La banca che esercita l’attività bancaria senza aver ricevuto l’autorizzazione della Banca d’Italia viene classificata come “banca di fatto”. Tale esercizio non autorizzato dell’attività bancaria non comporta l’invalidità degli atti compiuti, né comporta l’esclusione del carattere imprenditoriale della attività. Saremo così in presenza di una attività illecita, in contrasto con norme imperative, e per le quali sono previste sanzioni anche di carattere penale. Tuttavia, qualora tale soggetto andasse in crisi, incorrerà nei procedimenti previsti per le banche (amministrazione straordinaria e liquidazione coatta amministrativa). In merito alla revoca competente è il Ministro dell’Economia e delle finanze, che, ai sensi dell’art. 80, comma 1, t.u.b., su proposta della Banca d’Italia, può disporre con decreto – pubblicato per estratto nella Gazzetta Ufficiale – la revoca dell’autorizzazione all’attività bancaria e la liquidazione coatta amministrativa delle banche, anche quando ne sia in corso l’amministrazione straordinaria, ovvero la liquidazione secondo le norme ordinarie. Modalità di esercizio dell’attività bancaria Una volta che la banca viene autorizzata a svolgere l’attività bancaria può scegliere quale tipo di articolazione adottare. Il testo unico prevede due modalità di esercizio dell’attività bancaria: tramite l’apertura di succursali o tramite la libera prestazione di servizi. La differenza tra queste due forme è data dal fatto che per la succursale è necessaria l’apertura di una sede dislocata nel territorio mentre nella libera prestazioni di servizi la sede non è prevista; quest’ultima è quindi un’attività esercitata a distanza. Il risultato delle due attività non cambia, in quanto il servizio offerto è identico. La differenza sta nel fatto che nel primo caso il servizio è offerto da un’organizzazione con una sede stabile mentre nella libera prestazione il servizio è offerto a distanza (internet, telefono, etc). Con la legge bancaria del 36/38 erano le autorità creditizie a stabilire se si poteva aprire una nuova succursale e l’autorizzazione veniva negata quando in quello specifico territorio erano già presenti molti altri concorrenti. Attualmente la disciplina delle succursali e della libera prestazione dei servizi è molto articolata in quanto occorre distinguere tra apertura di succursali in Italia da parte di banche italiane, apertura di succursali in paesi comunitari o extracomunitari da parte di banche italiane, apertura di succursali in Italia da parte di banche comunitarie e apertura di succursali in Italia da parte di banche extracomunitarie. La stessa classificazione vale anche per l’attività svolta in modalità di libera prestazione di servizi. La banche italiane possono aprire succursali sia sul territorio italiano sia su territori di paesi comunitari. Sostanzialmente la disciplina è identica. L’apertura della succursale necessità di una comunicazione alla Banca d’Italia. La Banca d’Italia può vietare l’apertura della succursale, entro 60 giorni dalla data della comunicazione, solo per motivi di organizzazione della banca stessa e non per esigenze economiche del mercato. Qualora l’apertura avvenga in un paese comunitario la Banca d’Italia informa l’autorità di vigilanza del paese ospitante. Per l’apertura di una succursale in un paese extracomunitario è necessaria l’autorizzazione della Banca d’Italia Per quanto riguarda l’apertura di succursali in Italia da parte di banche provenienti da paesi comunitari è necessario distinguere tra il primo insediamento e quelli successivi. Il primo insediamento deve essere preceduto da una comunicazione alla Banca d’Italia da parte dell’autorità di vigilanza del paese d’origine della banca comunitaria. L’autorità di vigilanza competente su tale banca è l’autorità di vigilanza del paese d’origine. Tuttavia Banca d’Italia e Consob mantengono il potere di vigilanza complessiva e in caso di problemi informano l’autorità estera. Infine, anche per la banca extracomunitaria che vuole svolgere l’attività in Italia è necessario distinguere tra primo insediamento e insediamento successivo. Il primo insediamento deve essere preceduto da un’autorizzazione che viene rilasciata dal Ministro degli esteri. Per gli insediamenti successivi è invece necessaria l’autorizzazione della Banca d’Italia, la quale nel rilasciarla valuterà se il paese straniero è in grado di rispettare la condizione di reciprocità Tipologie di banche L’art. 7 stabilisce un dovere di collaborazione tra le autorità di vigilanza del nostro ordinamento con le autorità di vigilanza operanti in tutti gli altri ordinamenti europei, tra l’autorità di vigilanza del settore bancario e le autorità di vigilanza degli altri settori finanziari e infine l’obbligo del segreto d’ufficio per le informazioni raccolte con l’attività di vigilanza. Finalità della vigilanza: - Sana e prudente gestione: è un’espressione che nasce nella direttiva 646/1989 e definisce sia aspetti di natura prudenziale (es. rispetto di coefficienti patrimoniali) e aspetti organizzativi (organizzazione amministrativa contabile e controlli interni). La gestione è sana quando rispetta requisiti organizzativi e prudente quando rispetta determinati requisiti patrimoniali. Ovviamente la gestione sarà prudente quando questa sarà avversa al rischio; - Stabilità: obiettivo legato alla sana e prudente gestione. Si può dire che la sana e prudente gestione sta alla singola banca come la stabilità sta al sistema bancario. Sono dunque due finalità interconnesse in quanto si può dire che se le banche sono gestite in maniera sana e prudente allora il sistema sarà stabile. - Efficienza: viene favorita assicurando la competizione tra gli organismi che svolgono attività bancaria; - Competitività: un sistema è competitivo quando si creano condizioni di vantaggio per tutti gli operatori presenti sul mercato. I provvedimenti di vigilanza sono sottoposti ad un regime pubblicitario. L’art. 8 del t.u.b. prevede il “bollettino di vigilanza” nel quale sono pubblicati i provvedimenti di carattere generale emanati dalle autorità creditizie nonché altri provvedimenti rilevanti relativi a soggetti sottoposti a vigilanza. Le delibere del CICR e i provvedimenti di carattere generale del ministro dell’economia sono invece pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale, in quanto si tratta di provvedimenti a contenuto normativo e quindi devono essere pubblicizzati il più possibile. Sempre sulla Gazzetta Ufficiale devono essere pubblicati i provvedimenti di vigilanza assunti dalla Banca d’Italia quando questi hanno effetti anche su soggetti diversi da quelli sottoposti alla vigilanza della stessa (Sim, fondi pensione, imprese assicurative, etc). Contro i provvedimenti adottati dalla Banca d’Italia nell’esercizio dei poteri di vigilanza ad essa attribuiti è ammesso reclamo al CICR entro trenta giorni dalla comunicazione o dalla pubblicazione. Il CICR delibera previa consultazione delle associazioni di categoria dei soggetti sottoposti a vigilanza, nel caso in cui la delibera comporti la risoluzione di questioni di interesse generale per la categoria. La funzione di vigilanza può essere ripartita in tre settori fondamentali: la vigilanza informativa, la vigilanza ispettiva e la vigilanza regolamentare. Si tratta di tre funzioni completamente legate tra loro. Per quanto riguarda la vigilanza informativa (art. 51) questa si attua con un obbligo di informazione alla Banca d’Italia. L’art. infatti stabilisce che “le banche inviano alla Banca d’Italia, con le modalità e nei termini da essa stabiliti, le segnalazioni periodiche nonché ogni altro dato e documento richiesto. Esse trasmettono anche i bilanci con le modalità e i termini stabiliti dalla Banca d’Italia”. La vigilanza informativa presuppone dunque un obbligo da parte delle banche di comunicare alla Banca d’Italia tutta una serie di informazioni che essa stessa stabilisce. La vigilanza informativa denota una posizione di completa trasparenza della singola banca nei confronti della Banca d’Italia; nulla può essere nascosto. L’oggetto principale della vigilanza informativa sono le segnalazioni periodiche e i bilanci. Cosa si intenda per segnalazioni periodiche lo stabilisce la stessa Banca d’Italia. Attualmente si tratta di informazioni di vario contenuto che confluiscono nella matrice dei conti che è un documento fondamentale per le banche nel quale vengono inseriti tutta una serie di dati contabili che verranno poi registrati nello stato patrimoniale della banca. Il bilancio bancario ha una struttura completamente diversa da quello di una qualsiasi impresa industriale. La vigilanza informativa è una vigilanza di tipo cartolare che trova il suo logico completamento negli accertamenti relativi alla vigilanza ispettiva. L’autorità di vigilanza non è libera di chiedere tutte le informazioni possibili immaginabili al soggetto vigilato, ma può chiedere solo quelle che abbiano attinenza con la funzione di vigilanza. Qualora venga violato questo principio la banca può fare reclamo al CICR. La vigilanza ispettiva (art. 54) è un tipo di vigilanza che viene eseguita nella sede del soggetto vigilato. La Banca d’Italia invia nella sede del soggetto vigilato i propri ispettori affinché questi verifichino la qualità della gestione della banca. Questa vigilanza è strettamente legata alla vigilanza informativa. Questo tipo di vigilanza nasce infatti nel momento in cui la Banca d’Italia, visionando i documenti raccolti con la vigilanza informativa, nota delle irregolarità e dunque manda i propri ispettori per fare degli accertamenti. L’ispezione consiste nella richiesta di atti e documenti che vengono ritenuti necessari ai fini dell’ispezione. Sono ispettori i soggetti interni alla stessa Banca d’Italia i quali, nel momento in cui svolgono tale funzione, assumono la qualifica di pubblici ufficiali (art. 7). Questi sono vincolati al segreto d’ufficio e hanno l’obbligo di riferire esclusivamente al Governatore tutte le irregolarità constatate, anche quando assumono la veste di reati. Quest’ultima norma contrasta con una prevista nel codice di procedura penale, la quale afferma che il pubblico ufficiale che nell’esercizio delle sue funzioni riscontri irregolarità che assumano la veste di reato deve fare immediatamente rapporto all’autorità giudiziaria. La norma del t.u.b. deroga alla norma prevista dal c.p.p. cosicché il pubblico ufficiale è tenuto ad informare solo il Governatore. La motivazione di questa decisione è legata alla prevenzione delle crisi sistemiche. Esistono due correnti di pensiero circa l’interpretazione di questa norma: la prima sostiene che il Governatore nel momento in cui viene informato dagli ispettori del reato commesso dalla banca debba immediatamente informare l’autorità giudiziaria; la seconda sostiene invece che tale comunicazione debba avvenire dopo che lo stesso Governatore abbia adottato tutte le precauzioni necessarie per scongiurare una possibile crisi. Anche con l’ispezione c’è un limite al potere di vigilanza in quanto gli ispettori possono compiere solo le attività motivate da finalità di vigilanza. Esistono due tipi di ispezioni: generali e settoriali. La prima ha ad oggetto l’esame della gestione complessiva della banca mentre l’ispezione settoriale ha ad oggetto uno specifico ramo dell’attività svolta. Inoltre le ispezioni possono essere sia periodiche sia eccezionali. Questo potere ispettivo può essere esercitano nei confronti delle banche comunitarie solo su specifica richiesta dell’autorità di vigilanza del paese d’origine della banca straniera. Ovviamente, la Banca d’Italia potrà richiedere la stessa cosa alle autorità di vigilanza dei paesi comunitari nei quali sono situate succursali di banche italiane. La vigilanza regolamentare (art. 53) è una vigilanza di tipo normativo. Con questa vigilanza vengono emanate le norme di dettaglio a cui devono attenersi le banche. L’art. 53 prevede le materie su cui l’autorità di vigilanza può emanare la regolamentazione. A differenza della vigilanza informativa ed ispettiva, che sono di competenza esclusiva della Banca d’Italia, la competenza della vigilanza regolamentare è ripartita tra Banca d’Italia e CICR. Ai sensi del primo comma dell’art. 53, sono materie di competenza: - L’adeguatezza patrimoniale: ha come scopo quella di individuare una soglia minima di fondi propri al di sotto della quale si ritiene che la banca non possa operare senza mettere in pericolo la stabilità complessiva. Per questo motivo nelle istruzioni della Banca d’Italia viene individuato il “patrimonio di vigilanza” che è un patrimonio composto in maniera tale da avere una proporzione tra i fondi propri della banca e i fondi che invece non appartengono alla banca. Questo patrimonio di vigilanza è conforme a quelli che sono i dettami dell’UE necessari per poter godere del mutuo riconoscimento. Nell’individuazione del patrimonio di vigilanza devono essere inclusi elementi positivi (a piena disposizione della banca senza nessuna limitazione) e negativi. Nell’ambito dell’adeguatezza patrimoniale si è inserito l’accordo Basilea 2 con lo scopo di dettare una disciplina analitica e dettagliata alla misurazione degli elementi che sono in grado di misurare il rischio a cui va incontro la banca. Con Basilea 2 si è voluto avvicinare il patrimonio di vigilanza al patrimonio economico della banca, cioè a quel patrimonio di cui la banca ha l’effettiva disponibilità; - Il contenimento del rischio: serve per prevenire il pericolo di rischio sistemico. Il rischio bancario ha molte configurazioni: - Il rischio operativo: deriva dall’esercizio dell’attività. È il classico rischio a cui è sottoposto ciascun operatore, ossia quello di non riuscire a ricoprire i costi con i ricavi; - Il rischio di credito: è il rischio che si ricollega alla parte dell’esercizio del credito, ossia che non vengano restituiti i crediti concessi ai clienti. Per limitare questo rischio il cliente è tenuto a prestare delle garanzie. Rientra in questo ambito la “centrale dei rischi” che ha lo scopo di evitare che un soggetto possa ottenere un finanziamento superiore alle proprie capacità di rimborso (chiedendo magari più prestiti contemporaneamente in banche diverse). Poiché questa centrale registra solo crediti superiori ad un certo limite, esiste un’altra centrale (centrale di rischio a credito contenuto) nella quale vengono registrati i finanziamenti con limite massimo di trentamila euro. Esiste poi un servizio a pagamento denominato “a prima informazione” che consente alle banche di ottenere informazioni su soggetti anche se questi non hanno richiesto un finanziamento. Tale richiesta può avvenire solo con una motivazione che abbia a che fare con il contenimento del rischio. Esiste infine la centrale di allarme interbancaria nella quale sono segnalati i mancati pagamenti relativi all’uso di assegni bancari o carte di credito; - Rischio di liquidità: era un rischio molto temuto in passato. È il rischio insito nelle scadenze dell’attivo e del passivo (es. se io raccolgo a breve termine e concedo credito a lungo termine); ora questo rischio è scomparso; - Rischio di interesse: è il rischio legato alla differenza con cui la banca paga i depositi e quello con cui acquista denaro della banca centrale; - Rischio di cambio: deriva dalla variazione delle valute diverse dall’euro; Uno degli elementi creati per contenere il rischio è il coefficiente di solvibilità che individua il patrimonio che le banche devono possedere il relazione alla controparte che ad essa si rivolge. Un ulteriore elemento utilizzato sono le “black list” nelle quali vengono inseriti i soggetti considerati a rischio insolvibilità a cui le banche possono collegarsi per verificare se concedere o meno il prestito. Esiste poi il limite di fido, cioè la banca non può concedere tutto il credito ad un solo soggetto, ma deve diversificare il rischio concedendo credito a soggetti diversi. Si ha un limite di fido per il singolo cliente (25% del capitale) e un limite complessivo (800% del capitale); - Le partecipazioni detenibili: è importante perché l’investimento in partecipazioni limita il capitale della banca. Esistono dei limiti per quanto riguarda le partecipazioni in società non finanziarie (non più del dieci per cento del patrimonio di vigilanza). Se la partecipazione avviene in un’impresa industriale il limite è del quindici per cento del capitale dell’impresa(sette e mezzo se l’impresa è quotata in borsa); - L’organizzazione amministrativa e contabile e i controlli interni: si distingue a seconda della forma giuridica adottata dalla banca. L’obiettivo di questo punto è quello di garantire la sana e prudente gestione della banca che come abbiamo visto è un pilastro fondamentale per il corretto funzionamento di tutto il sistema. I crediti speciali intermediari finanziari e altri soggetti individuati dal Ministro dell’economia che svolgono la loro attività nel territorio della Repubblica. Art. 116 (pubblicità delle condizioni economiche dei contratti): in ciascun locale aperto al pubblico sono pubblicizzati i tassi di interesse, i prezzi, le spese per le comunicazioni alla clientela e ogni altra condizione economica relativa alle operazioni e ai servizi offerti, ivi compresi gli interessi di mora e le valute applicate per l'imputazione degli interessi. Per le operazioni di finanziamento, comunque denominate, è pubblicizzato il tasso effettivo globale medio. Non può essere fatto rinvio agli usi pena la nullità del contratto. Con riguardo ai titoli di Stato, il Ministro dell’economia, sentita la Consob e la Banca d’Italia, stabilisce: - Criteri e parametri per la determinazione delle eventuali commissioni massime addebitabili alla clientela in occasione del collocamento; - Criteri e parametri volti a garantire la trasparente determinazione dei rendimenti; - Gli ulteriori obblighi di pubblicità, trasparenza e propaganda, da osservare nell’attività di collocamento. Il CICR: - Individua le operazioni e i servizi da sottoporre a pubblicità; - Detta disposizioni relative alla forma, al contenuto, alle modalità della pubblicità e alla conservazione agli atti dei documenti comprovanti le informazioni pubblicizzate; - Stabilisce criteri uniformi per l’indicazione dei tassi di interesse e per il calcolo degli interessi e degli altri elementi che incidono sul contenuto economico dei rapporti; - Individua gli elementi essenziali che devono essere indicati negli annunci pubblicitari e nelle offerte, con qualsiasi forma siano effettuati. Infine, le informazioni pubblicizzate non costituiscono offerta al pubblico. Art. 117 (forma del contratto): i contratti sono redatti per iscritto e un esemplare è consegnato ai clienti. Il CICR può prevedere che, per motivate ragioni tecniche, particolari contratti possano essere stipulati in altra forma. Nel caso di inosservanza della forma prescritta il contratto è nullo. I contratti indicano il tasso d'interesse e ogni altro prezzo e condizione praticati, inclusi, per i contratti di credito, gli eventuali maggiori oneri n caso di mora. La possibilità di variare in senso sfavorevole al cliente il tasso d'interesse e ogni altro prezzo e condizione deve essere espressamente indicata nel contratto con clausola approvata specificamente dal cliente. Qualora nel contratto sia prevista una clausola che rinvia agli usi per la determinazione degli interessi, questa viene considerata nulla e al suo posto gli interessi sono calcolati in base al tasso nominale minimo e quello massimo dei buoni ordinari del tesoro annuali o di altri titoli similari eventualmente indicati dal Ministro dell'economia e delle finanze , emessi nei dodici mesi precedenti la conclusione del contratto, rispettivamente per le operazioni attive e per quelle passive. Art. 118 (modifica unilaterale dei contratti): nei contratti di durata può essere convenuta la facoltà di modificare unilateralmente i tassi, i prezzi e le altre condizioni di contratto qualora sussista un giustificato motivo nel rispetto di quanto previsto dall’articolo 1341, secondo comma, del codice civile. 2. Qualunque modifica unilaterale delle condizioni contrattuali deve essere comunicata espressamente al cliente secondo modalità contenenti in modo evidenziato la formula: ‘Proposta di modifica unilaterale del contratto, con preavviso minimo di trenta giorni, in forma scritta o mediante altro supporto durevole preventivamente accettato dal cliente. La modifica si intende approvata ove il cliente non receda, senza spese, dal contratto entro sessanta giorni. In tal caso, in sede di liquidazione del rapporto, il cliente ha diritto all’applicazione delle condizioni precedentemente praticate. Le variazioni contrattuali per le quali non siano state osservate le prescrizioni del presente articolo sono inefficaci, se sfavorevoli per il cliente. Art. 119 (comunicazioni periodiche alla clientela): nei contratti di durata le banche (o gli altri soggetti previsti dall’art. 115) forniscono per iscritto al cliente, alla scadenza del contratto e comunque almeno una volta all'anno, una comunicazione completa e chiara in merito allo svolgimento del rapporto. Il CICR indica il contenuto e le modalità della comunicazione. Per i rapporti regolati in conto corrente l'estratto conto è inviato al cliente con periodicità annuale o, a scelta del cliente, con periodicità semestrale, trimestrale o mensile. In mancanza di opposizione scritta da parte del cliente, gli estratti conto e le altre comunicazioni periodiche alla clientela si intendono approvati trascorsi sessanta giorni dal ricevimento. Il cliente, colui che gli succede a qualunque titolo e colui che subentra nell’amministrazione dei suoi beni hanno diritto di ottenere, a proprie spese, entro un congruo termine e comunque non oltre novanta giorni, copia della documentazione inerente a singole operazioni poste in essere negli ultimi dieci anni. Art. 120 (calcolo delle valute): gli interessi sui versamenti presso una banca di denaro, di assegni circolari emessi dalla stessa banca e di assegni bancari tratti sulla stessa succursale presso la quale viene effettuato il versamento sono conteggiati con la valuta del giorno in cui è effettuato il versamento e sono dovuti fino a quello del prelevamento. Il CICR stabilisce modalità e criteri per la produzione di interessi sugli interessi maturati nelle operazioni poste in essere nell’esercizio dell’attività bancaria, prevedendo in ogni caso che nelle operazioni in conto corrente sia assicurata nei confronti della clientela la stessa periodicità nel conteggio degli interessi sia debitori sia creditori. Contratti bancari tipici La disciplina dei contratti bancari tipici, siano essi attivi (la banca è creditrice) che passivi (la banca è debitrice), sono disciplinati dal codice civile agli artt. 1834 e seguenti. Il primo contratto che viene disciplina è il deposito bancario che il codice definisce come deposito di danaro per distinguerlo dagli altri tipi di depositi. Il deposito bancario è la base di tutti i contratti bancari sia attivi che passivi e l’art. 1834 lo definisce in questo modo: “Nei depositi di una somma di danaro presso una banca, questa ne acquista la proprietà ed è obbligata a restituirla nella stessa specie monetaria, alla scadenza del termine convenuto ovvero a richiesta del depositante, con l'osservanza del periodo di preavviso stabilito dalle parti o dagli usi. Salvo patto contrario, i versamenti e i prelevamenti si eseguono alla sede della banca presso la quale si e costituito il rapporto”. Il deposito bancario è un deposito “particolare” in quanto la banca acquista la proprietà del danaro, cosa che ovviamente non accade negli altri contratti di deposito. Tale caratteristica rende il deposito bancario un deposito cd “irregolare”. La modalità con cui si può chiedere la restituzione della somma versata (a scadenza del termine o a richiesta del depositante) è alla base della distinzione tra depositi vincolati e depositi non vincolati. I depositi vincolati fanno parte della categoria dei depositi semplici in cui non è prevista una movimentazione dell’importo versato. Tali versamenti prevedono un versamento iniziale, il decorso di un periodo prestabilito nel quale il denaro rimane di proprietà della banca e un prelievo finale. I depositi non vincolati comportano un’alternarsi di prelevamenti e versamenti; il danaro depositato non è quindi soggetto a vincoli. La documentazione del contratto di deposito è costituita dal libretto di deposito a risparmio il quale attesta sia l’esistenza del contratto sia l’evoluzione del rapporto. Il libretto fa piena prova nei rapporti tra banca e depositante. A seconda delle modalità con cui le parti pongono in essere il rapporto abbiamo diversi tipi di libretto di deposito: - Al portatore; - Nominativo (obbligatori per depositi superiori ai 2500€); - Nominativo al portatore. Il libretto nominativo è quel libretto intestato a nome di un determinato soggetto e la banca può pagare le somme presenti nel conto solamente a tale soggetto dopo averlo identificato. Il libretto al portatore è invece un libretto che non reca alcuna intestazione per cui sia i versamenti sia i prelevamenti possono essere effettuati da chiunque. In questo caso, “la banca che senza dolo o colpa grave adempie la prestazione nei confronti del possessore è liberata, anche se questi non è il depositante”. “La stessa disposizione si applica nel caso in cui il libretto di deposito pagabile al portatore sia intestato al nome di una determinata persona o in altro modo contrassegnato” (i libretti nominativi al portatore). Una sottospecie di deposito bancario è il deposito dei titoli in amministrazione (generalmente azioni) che prevede per la banca, oltre all’obbligo di custodia, la gestione delle operazioni di amministrazione (es. esigerne gli interessi, esercitare il diritto di voto, etc.). L’apertura di credito Tipico contratto bancario attivo è l’apertura di credito che è un tipico contratto di finanziamento di cui l’art. 1842 ne da la nozione: “L'apertura di credito bancario è il contratto col quale la banca si obbliga a tenere a disposizione dell'altra parte una somma di danaro per un dato periodo di tempo o a tempo indeterminato”. L’apertura di credito può essere utilizzata in un’unica soluzione (apertura di credito semplice) o in più soluzioni (attraverso la registrazione delle operazioni su un conto corrente). L’apertura di credito può essere garantita oppure allo scoperto. Se sono previste delle garanzie queste possono essere reali (pegno o privilegio) o personali (fidejussione) e le stesse non si estinguono prima della fine del rapporto per il solo fatto che l’accreditato cessa di essere debitore della banca. “Se la garanzia diviene insufficiente, la banca può chiedere un supplemento di garanzia o la sostituzione del garante. Se l'accreditato non ottempera alla richiesta, la banca può ridurre il credito proporzionalmente al diminuito valore della garanzia o recedere dal contratto”. “Salvo patto contrario, la banca non può recedere dal contratto prima della scadenza del termine, se non per giusta causa. Il recesso sospende immediatamente l'utilizzazione del credito, ma la banca deve concedere un termine di almeno quindici giorni per la restituzione delle somme utilizzate e dei relativi accessori. Se l'apertura di credito è a tempo indeterminato, ciascuna delle parti può recedere dal contratto, mediante preavviso nel termine stabilito dal contratto, dagli usi o, in mancanza, in quello di quindici giorni”. La sospensione del credito si ha quindi solo nel recesso dei contratti a tempo determinato. Spesso le banche si avvalgono del “patto contrario” stabilendo ad esempio la mancanza di giusta causa per il recesso dai contratti a tempo determinato, la cessazione dell’utilizzo del credito anche nel caso del recesso da contratto a tempo indeterminato e prevedendo tempi minori di preavviso (che comunque non può essere inferiore ai due giorni). Altro contratto attivo per la banca è l’anticipazione bancaria che è caratterizzato dalla particolare garanzia richiesta dalla legge che deve essere un pegno o su titoli o su merci. “La banca non può disporre delle cose ricevute in pegno, se ha rilasciato un documento nel quale le cose stesse sono individuate. Il patto contrario deve essere provato per iscritto”. Se il valore della garanzia diminuisce almeno di un decimo rispetto a quello che era al tempo del contratto, la banca può chiedere al debitore un supplemento di garanzia nei termini d'uso, con la diffida che, in mancanza, si procederà alla vendita dei titoli o delle merci dati in pegno. Se il debitore non ottempera alla richiesta, la banca può
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