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Svevo, Pirandello, Saba, Montale, Ungaretti, Marinetti e Quasimodo, Appunti di Italiano

Autori e analisi delle poesie con figure retoriche di letteratura Italiana di quinto superiore: Italo svevo Luigi pirandello Umberto saba Eugenio montale Giuseppe ungaretti Marinetti e il futurismo Quasimodo e l'ermetismo

Tipologia: Appunti

2020/2021

In vendita dal 27/06/2021

Evapastori5
Evapastori5 🇮🇹

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Scarica Svevo, Pirandello, Saba, Montale, Ungaretti, Marinetti e Quasimodo e più Appunti in PDF di Italiano solo su Docsity! 1 ITALO SVEVO LA COSCIENZA DI ZENO È il terzo romanzo di Svevo pubblicato nel 1923 dopo vent’anni di silenzio; un periodo nel quale l'autore ha avuto tempo per riflettere sulla propria attività narrativa e per compiere esperienze culturali, tra le quali l'interesse per la psicanalisi. Rappresenta la crisi di certezze e di valori (tipica dei primi anni del ‘900) STRUTTURA E TRAMA: Italo Svevo inizia la scrittura nel 1919, dopo l'ingresso delle truppe italiane a Trieste, e ne conclude la stesura nell'estate del 1922 e lo pubblica nel 1923. Possiede una struttura innovativa e complessa. Non vi è un narratore esterno, ma ci troviamo di fronte alla confessione di un soggetto che mescola nelle proprie affermazioni verità e bugie, secondo il flusso mobile e imprevedibile della propria coscienza. Il libro è aperto da una PREFAZIONE, firmata dal dottor S, che dichiara di pubblicare il testo di Zeno per vendicarsi della sua decisione di abbandonare il trattamento psicoanalitico, presa senza consultarlo. Segue un PREAMBOLO, scritto dal protagonista stesso, che afferma che quelle pagine sono state composte su consiglio dello psicanalista, a cui si era rivolto, all'età di circa sessant'anni, per guarire dal vizio del fumo. Si susseguono poi 6 capitoli tematici, in cui i ricordi, le sensazioni, le immagini non sono riportate secondo un ordine temporale (x es → Il fumo, La moglie e l'amante, Psico-analisi) Sono selezionati per illustrare i vari aspetti del carattere del protagonista e in questo modo il romanzo si pone come una sorta di "autoanalisi", per mettere in luce la sua malattia. Zeno è un uomo spesso bloccato nell'agire, è un inetto, cioè una persona incapace di vivere un’esistenza positiva e costruttiva: è perennemente indeciso. Il suo "male di vivere" è il vizio del fumo, di cui è succube da ragazzo e del quale, nonostante i numerosi tentativi, non è mai riuscito a sbarazzarsi. Non ha mai risolto il rapporto con il padre e morirà senza che si sia mai realizzata tra loro un'autentica comunicazione. Prima di morire il padre, non fidandosi del figlio, dispone per testamento che il proprio patrimonio sia messo sotto la tutela di un uomo assennato, l'amministratore Olivi: così Zeno potrà vivere di rendita, mentre altri si occuperanno dei suoi affari. In seguito Zeno decide di sposarsi ma, incerto tra le diverse sorelle Malfenti (Augusta, Ada, Alberta, e la piccola Anna), rifiutato prima da Ada e poi da Alberta, prende in moglie quella che gli piace di meno, Augusta. In seguito trova un'amante, Carla, una ragazza appassionata di canto, che vede nel denaro dell'uomo un'opportunità per migliorare la propria condizione. Dopo due anni dall'inizio della relazione, però, il protagonista si stancherà. Il suo matrimonio con Augusta si rivela in realtà tutt'altro che infelice: la donna è saggia e buona, e Zeno trova in lei stabilità e tranquillità. Invece Ada, la sorella più giovane, malata di ipertiroidismo, si è imbruttita dopo il matrimonio. Insieme a Guido Speier, fondano una società commerciale, ma la pessima conduzione degli affari da parte del cognato la conduce sull'orlo del fallimento. Per impietosire la moglie e convincerla a ripianare i debiti, Guido finge per due volte di volersi suicidare: la seconda volta sbaglia però la dose di barbiturici e muore. A questo punto Zeno prende in mano le redini della società e si dimostra abile negli affari. 2 L'opera termina con un ultimo capitolo composto da alcune pagine staccate dal resto della narrazione, una sorta di "diario" che si finge scritto mentre è in corso la Prima guerra mondiale. Zeno è deciso a interrompere la cura: dopo un anno ha riletto la sua autobiografia e ora manifesta tutta la propria sfiducia verso la psicanalisi e verso il dottor S. Si sente bene: dice che ha riacquistato la salute. I PERSONAGGI E I TEMI:  Zeno è un uomo pigro e svogliato; sente una differenza tra il proprio modo di considerare la vita e quello della maggior parte delle persone ("la gente normale"). È uno "straniero", come significa in greco il suo nome (da xenos). Per molti anni crede che questo sia un grave problema e prova in diversi modi a conformarsi ai modelli comuni; la stessa decisione di sottoporsi alla terapia psicanalitica è un tentativo. Alla fine del romanzo, però, sarà orgoglioso della propria diversità, che a quel punto percepirà come un elemento di forza.  Diversi personaggi del romanzo possono essere ricondotti alla figura archetipica del padre: Oltre al suo vero genitore, "padri" possono essere considerati il tutore Olivi e il suocero Malfenti. La figura paterna nella psicoanalisi rappresenta quella del rivale, il dottor S, che intende scrutare nei luoghi più reconditi della sua anima. Avversario in amore è invece Guido Speier, l'esatto opposto di Zeno.  Nel rapporto con le donne emergono le debolezze e le contraddizioni del protagonista. Lui afferma di essere innamorato della moglie, ma finisce per tradirla: Augusta è una sorta di moglie-madre, con la quale egli stabilisce un rapporto di tenero affetto, mentre Carla è oggetto di una passione puramente sessuale. Lungo tutto il romanzo Zeno ricerca sempre delle figure "sane", capaci di infondergli la sicurezza che non possiede: il padre, il suocero Malfenti, la moglie Augusta. Alla fine, però, giunge alla conclusione che la malattia è la condizione tipica di ogni essere umano e che soltanto la consapevolezza di questa realtà può aiutare a sopravvivere. Zeno impara così a convivere con la propria malattia, non considerandola più come una cosa negativa, ma come ciò che lo differenzia dagli altri. Il punto di vista di Zeno è però pur sempre personale ed inaffidabile, in quanto la sua interpretazione è provvisoria, non va presa alla lettera. LA PSICANALISI è il centro del romanzo, che viene immaginato come un quaderno scritto su indicazione del medico. Ma alla fine dell'opera il protagonista esprime tutto il proprio risentimento nei confronti del dottor S., che gli ha promesso di guarirlo, ma ha soltanto aggravato la situazione. Ad averlo risanato dalla malattia, come afferma lui stesso, sono stati invece gli affari, il commercio, in cui ha ottenuto un successo insperato. Svevo è uno dei primi scrittori italiani a essersi avvicinato alla psicanalisi (comincia nel 1908 a leggere gli scritti di Freud). 5  Le conseguenze sul piano formale: Dal punto di vista formale il rifiuto dello sperimentalismo metrico prevalente nella lirica europea tra 800 e 900, a vantaggio di un recupero della tradizione. Del patrimonio retorico e stilistico classico Saba fa un uso per così dire artigianale e anti eloquente: LA RIMA, L’IPERBATO, L’ENJAMBEMENT, L’USO SAPIENTE DELLA METAFORA  Il rapporto con Trieste: Trieste tra la fine dell'Ottocento e l'inizio del Novecento è una città importante dal punto di vista sia commerciale sia culturale, luogo di incontro e di confronto tra popoli e mentalità diverse ai margini delle tendenze intellettuali italiane con un’apertura internazionale L' attaccamento Trieste è motivato dalla vicenda biografica dell'autore, che vede la propria città Natale quasi come una personificazione della madre. Trieste è inferno e paradiso assieme, nessuno può vivere e commerciare a Trieste senza conoscere l'italiano. IL CANZONIERE Si tratta di un'opera autobiografica, un diario intimo, in una confessione dei toni medi. Strumento essenziale per la comprensione della poesia di Saba è la psicoanalisi. Nell'interpretazione psicanalitica delle dinamiche psicologiche, anche nelle liriche di Saba sono i dettagli che diventano rivelatori delle pulsioni violente presenti nell'inconscio. Saba comincia a pensare a una raccolta organica dei suoi componimenti, la intitola, Il Canzoniere, in omaggio a Petrarca. Il riferimento a Petrarca, e allo stesso tempo un avvicinamento e una presa di distanza dal modello. Entrambi i Canzonieri costituiscono Infatti un’attenta disamina del mondo interiore dell'autore. Struttura: La raccolta è divisa in tre volumi che comprendono le liriche. Ogni volume è a sua volta suddiviso in sezioni ciascuna ha un titolo e rimanda a un lasso di tempo più ristretto. Il Canzoniere si presenta come un diario i cui tre volumi corrispondono alle tre età della vita dell'autore: la giovinezza, la maturità e la vecchiaia. Vi sono simmetrie tematiche e strutturali che accomunano le tre parti rendendo un'opera profondamente unitaria. I TEMI L'autore racconta la propria vita come in una sorta di romanzo che ha i suoi personaggi e i suoi nuclei narrativi essenziali, come: la ricostruzione dell'infanzia, il conflitto padre-madre, l'amore per la moglie Lina, la contemplazione della natura e degli animali, il rapporto con i luoghi e in particolare con Trieste.  La celebrazione della vita: troviamo la celebrazione dell'esistenza nella sua totalità, la quotidianità è abbracciata come in un atto istintivo. Nietzsche = psicologia dell'essere umano, il filosofo che smaschera le ipocrisie.  L'acuto senso di esclusione: il poeta vive un’acuta sensazione di estraneità e di esclusione dal mondo e dagli altri. A questo sentimento corrisponde un senso di dolorosa scissione dell'io.  La diversità del poeta: separazione dell'intellettuale poeta dalle persone comuni, ma sembra anche legato, a tratti, a una diversità di tipo sessuale, che si esprime in una tensione omosessuale.  Gli altri e la storia: Saba manifesta una crescente apertura alle ragioni della Sofferenza altrui e alle vicende della storia collettiva sempre mantenendo la semplicità. Lo stile: Saba si forma soprattutto sui classici e i suoi autori prediletti sono Dante, Petrarca, Leopardi e poeti dell'800 fino a Carducci. Minore influenza hanno Pascoli e D'Annunzio, di cui non ama i preziosismi lessicali. Il gusto di Saba si arricchisce con la lettura degli autori del Romanticismo tedesco e slavo, nonché della poesia dialettale Veneta. 6 METRICA: Il Canzoniere si presenta come un'opera omogenea anche dal punto di vista metrico. L'impiego dei metri classici, non impedisce al poeta di manifestare una certa inquietudine sperimentale, tipica della poesia del Novecento, per esempio NELL'USO RICORRENTE DELL’ ENJAMBEMENT. Sistematico è il RICORSO ALLA RIMA, si tratta di una scelta consapevole ricercata, nei suoi componimenti, rime imperfette LA LINGUA: formule auliche e ricercate convivono con un linguaggio quotidiano e colloquiale. Esiste una corrispondenza tra le parole e le cose. Vi è una presenza di alternanza linguistica di alto e basso dove Saba tende a innalzare la dimensione dell’umile e del familiare, si parla di “epica del quotidiano”. POESIA: CITTÀ VECCHIA I temi trattati sono la solidarietà, il bisogno di comunicare con gli altri, il senso di mistero colto negli aspetti più umili della vita. Si può definire come un viaggio attraverso la città Trieste. Nel mondo umile che anima i vicoli stretti e bui Saba ritrova l’essenza dell’umanità e la consapevolezza che chiunque, buono o cattivo, è partecipe della vita. Riconosce negli aspetti più umili della vita l’infinito e vivere per lui significa soffrire ma anche respirare in una dimensione religiosa. È tipico di Saba il bisogno di unirsi agli altri uomini (sentimento religioso di fratellanza) TRE STROFE DI VERSI DISPARI (4-15-3) FIGURE RETORICHE:  Ossimoro: l'infinito nell'umiltà (vv. 9-10). l’umiltà non può contenere l'infinito, perché è una cosa infinita.  Iperbole: "tumultuante giovane impazzita d'amore" (vv. 15-16).  Assonanze: "casa-strada" (vv. 1-4), "va-umiltà" (vv. 5-10).  Antitesi: "viene-va" (v. 5), "della vita e del dolore" (vv. 17-18) "puro-turpe" (v. 22).  Anafora: "qui" (vv. 5-11-20).  Iperbato: "Giallo in qualche pozzanghera si specchia qualche fanale" (vv. 3-4).  Anastrofe: son merci ed uomini il detrito / s'agita in esse come in me, il Signore. "e affollata è la strada" (v. 4)  Metafora: "uomini il detrito si è di un gran porto di mare" (vv. 7-8)  Enjambement = vv. 3-4; 7-8; 13-14; 15-16; 17-18; 21-22. POESIA: “A MIA MOGLIE” 7 STROFE DISEGUALI IN SETTENARI, ENDECASILLABI E QUINARI LIBERAMENTE RIMATI, I VERSI SONO 87 E SONO SETTENARI E LE RIME SONO: BACIATO, INCLUSIVO, IDENTICO. Con termini di paragone legati a uno scenario domestico e attraverso toni di voluta ingenuità l'autore intesse un singolare elogio all'amata moglie Lina. Tema centrale: DONNA COME PARTE DELLA NATURA Stravaganza dei paragoni per parlare della moglie, le similitudini con una serie di animali domestici. Di norma, l'accostamento di una donna ha una gallina o una mucca non viene percepita in senso positivo, in effetti Lina non fu all'inizio entusiasta di questo componimento. In realtà, la comparazione con gli animali rappresenta un elogio sentito e commosso della moglie, per due volte definita indirettamente "unica" ( nella prima strofa al v.17 e all'ultimo verso della lirica ). Alla base di queste similitudini c'è un'idea precisa: e la sostanza dell'esistenza è la medesima per tutti gli essere viventi, ugualmente provati dalla sofferenza ( le voci delle gallinelle che ricordano i lamenti della moglie, vv. 19-22; la musica dei pollai soave ma anche triste, vv. 23-24 ; il muggito lamentoso della giovenca, vv. 32-34 ). Grazie alla semplicità gli animali sono in grado di avvicinarci a Dio molto più degli esseri umani, costretti all'ipocrisia e alla finzione.  si tratta di una concezione religiosa della natura, che avvicina la poesia di Saba a il Cantico delle 7 Creature di San Francesco e ad alcune pagine della Bibbia. In molti luoghi dell'Antico Testamento gli animali sono considerati simili agli esseri umani e perciò collocati sul loro stesso piano di fronte a Dio. FIGURE RETORICHE  Anafore: verso 1: donna-gallina; vv. 25 e 26: giovenca-donna; vv. 38 e 39 donna puttana; vv. 53 e 54 donna- coniglio; vv. 69: donna-rondine; vv. 77 e 78 formica donna; vv. 82 donna-ape;  Similitudini  Sinestesia: vv.30-31 rosa tenero  Metafore: vv.6-7, vv.23-24, vv.42-43  Metonimia: v.14-86 dio inteso come energia vitale della natura  Allitterazioni: v.5 pettoruta e superba  Enjambement: in ogni verso  Anastrofi: v.4 il collo china, vv.63-64 chi potrebbe quel cibo/ritoglierle, vv.29-30 il collo/volge  Iperbato: vv.3-4, vv.21-22, 80-81 POESIA: TREDICESIMA PARTITA 2 STROFE DISEGUALI PER LO PIÙ ENDECASILLABI E IL VERSO 2 È DIVISO IN DUE PARTI, Tema centrale: L’EPICA DELLO SPORT: In base a quanto scrive l'autore in storia e cronistoria del canzoniere, la partita di cui si racconta qui fu disputata a Padova: si trattava di una sfida decisiva, poiché ne sarebbe derivata la salvezza o la retrocessione della squadra cittadina per la quale tifavano Saba e la figlia dalla prima alla seconda categoria del campionato. Esprime il desiderio di stare in mezzo agli uomini, condividendo con loro la passione sportiva FIGURE RETORICHE  Anafore vv. 16-17: “si fa”;  Allitterazioni v. 2: ultima vana, contro terra cela; vv. 5-6: con parole e con mano, a rilevarsi, scopre pieni di lacrime i suoi occhi; v.9:al suo collo si gettano i fratelli; v.13: Presso la rete inviolata il portiere;  Enjambements vv. 1-2; 2-3; 4-5; 5-6; 7-8; 8-9; 10-11; 11-12; 13-14; 14-15;16-17;  Sinestesia v.3: “amara luce” (la luce del sole, un oggetto percepito con la vista, sembra essere divenuta amara, un aggettivo relativo al gusto);  Metafore v. 7: “La folla – unita ebbrezza”; vv.16-17 “si fa una capriola, si fa baci” (la gioia si trasforma in qualcosa di concreto e tangibile);  Antitesi v. 11: “odio” e “amore”;  Anastrofi vv. 8-9: “ Intorno al vincitore stanno, al suo collo si gettano i fratelli”; vv. 13-14: “ Presso la rete inviolata il portiere – l’altro – è rimasto”;  Iperbato v.6: “scopre pieni di lacrime i suoi occhi”; v.18: “Della festa – egli dice – anch’io son parte”;  Rime vv. 3-4:”luce”/”induce”; vv.6-7:”occhi”/”trabocchi”; vv.9-10: “fratelli”/”belli”; vv.12- 13:”vedere”/”portietre”; vv.15-16:”sola”/”capriola”;  Paronomasia vv. 4-6: “ginocchio”/”occhi”. 10 NON RECIDERE, FORBICE, QUEL VOLTO POESIA DI DUE STROFE DI QUATTRO VERSI ENDECASILLABI E SETTENARI Composta nel 1940, fa parte della sua seconda raccolta LE OCCASIONI. Non recidere, forbice, quel volto riporta in primo piano il tema della labilità della memoria. Il poeta si appella in maniera accurata alle risorse della propria memoria affinché possa trattenere nella mente l'immagine del volto della donna amata, Irma Brandeis, immagine infilzata dalla forza erosiva del tempo. Si parla della donna Angelo e riprende quella di Dante e Petrarca. la forza inesorabile del tempo cancella senza pietà anche ricordi più preziosi. Perduta la felicità, al poeta non resta neppure il confronto del pensiero, che non è più in grado di ricondurlo al viso amato, vicino a scomparire in una nebbia indistinta. Come l’acacia subisce il colpo di cesoia del giardiniere, così lui non può che assistere impotente alla propria disfatta. FIGURE RETORICHE  CORRELATIVI OGGETTIVI: la forbice, che è pregata di non tagliare via il volto della donna, il freddo che giunge improvvisamente e il guscio della cicala che viene fatto cadere dall’albero colpito da un colpo di accetta. La nebbia è una tipica immagine per indicare i ricordi che svaniscono.  Enjambements “scrolla / il guscio di cicala” (vv. 6-7);  Apostrofi “forbice” (v. 1);  Personificazione “forbice” (v. 1);  Metafore “Non recidere, forbice, quel volto” (v. 1); “la mia nebbia di sempre” (v. 3); “un freddo cala” (v.5);  Paronomasia “recidere/forbice” (v. 1); “acacia-cicala” (vv. 6-7); Reticenza “un freddo cala…” (v. 5). HO SCESO, DANDOTI IL BRACCIO, ALMENO UN MILIONE DI SCALE Datata 20 novembre 1967, la poesia fa parte della serie di Xenia (II, 5) composta per la moglie Drusilla Tanzi (la Mosca) scomparsa nel 1963. Il titolo ha un doppio significato, in quanto da un lato fa riferimento alla satira, cioè alla polemica nei confronti della società e degli pseudovalori del proprio tempo, e dall’altro alla mescolanza di cose di diverso tipo (dal latino satura). La poesia nasce, infatti, dal sentimento di dolore provato dal poeta che soffre la solitudine a causa dell’assenza della moglie. Al senso di vuoto causato dalla perdita della compagna corrisponde l'antica convinzione che la realtà non sia quella che si vede. Soltanto in questo momento Montale capisce che, nonostante la miopia, Mosca sapeva leggere più attentamente la realtà per quella era realmente e non per quella che appariva. Nonostante ciò che sembrava a prima vista non era lui ad evitare alla moglie d’inciampare, tenendole il braccio lungo il percorso, ma era lei a guidare il viaggio di entrambi nella vita e a penetrare nelle cose con uno sguardo più profondo. Montale offriva alla moglie il braccio e condivideva con lei le difficoltà quotidiane e ora sente la sua mancanza, nonostante il viaggio della loro vita sia stato al contempo lungo perché la loro relazione è duramente parecchi anni, e breve perché il poeta vorrebbe ancora condividere con la moglie emozioni e speranza. Nella seconda strofa di Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale, che riprende attraverso un’anafora il primo verso, emerge il contrasto fra la posizione del poeta di fronte alla vita e il modo più acuto della moglie di guardare il mondo. Montale esprime il contrasto fra la realtà e l’apparenza delle cose attraverso le immagini delle coincidenze, delle prenotazioni, delle trappole, degli scorni che nascondono la vera essenza della vita. 11 FIGURE RETORICHE  L’iperbole dei versi 1 ed 8 indica la vastità delle esperienze vissute in comune dalla coppia e la consuetudine del gesto di aiutare amorevolmente la compagna a scendere i gradini.  rime ai vv. 6,7 (crede-vede) e ai vv. 10,12 (due-tue)  assonanza ai vv. 3,8 (viaggio-braccio) SPESSO IL MALE DI VIVERE HO INCONTRATO In questo "osso breve" Montale rende esplicita, in forme estremamente sintetiche la propria concezione di un mondo caratterizzato dal male di vivere, cristallizzato in tre emblemi tratti dalla natura. L'unico rimedio è raggiungere la divina Indifferenza. La poesia risale probabilmente al 1924, fa parte di ossi di seppia. DUE STROFE, QUARTINE DI ENDECASILLABI, FATTO SALVO L'ULTIMO VERSO CHE È UN DOPPIO SETTENARIO. LO SCHEMA DELLE RIME È ABBA CDDA Nell’intera opera, Montale indaga il male di vivere, che si rivela nitidamente in un paesaggio scarno ed arido ed in cui tutta la vita si rivela nel suo sgretolarsi. Il poeta è intento, con difficoltà, ad interrogare la natura tentando di recuperare un qualche sterile segreto. lL male di vivere che Montale descrive è un male oggettivo, radicato ed evidente già dall’osservazione della natura quotidiana. Non c’è violenza nella poesia di Montale e la tecnica del correlativo oggettivo tende ad identificare questo male così radicato. Un dolore ed un male che è dunque presente nella normalità della vita e non derivante da un qualsivoglia atto violento. Montale individua l’unico bene esistente che risiede nel «prodigio/che schiude la divina indifferenza». Un bene che consiste in un puro esistere senza tempo e senza memoria; dunque la statua nella sonnolenza del meriggio, la nuvola e il falco alto levato. FIGURE RETORICHE  CORRELATIVO OGGETIVO: "era il rivo strozzato che gorgoglia" = correlativo oggettivo e simboleggia il suo stato d'animo.. "era l'incartocciarsi della foglia riarsa, era il cavallo stramazzato"= correlativo oggettivo come una metafora del male. "era la statua nella sonnolenza del meriggio, e la nuvola , e il falco alto levato" = correlativo oggettivo come metafora del bene.  Allitterazione "era il rivo strozzato che gorgòglia" (v. 2), "era l'incartocciarsi della foglia/riarsa" (vv. 3- 4), "era il cavallo stramazzato" (v. 4), "e il falco alto levato" (v. 8).  Enjambement: vv. 3-4; 5-6; 7-8.  Anafora: "era" (vv. 2-3-4-6-7)  Climax ascendente = "stramazzato" (v. 4).  Personificazione: Stato della sonnolenza  Antitesi = "stramazzato" (v. 4) che indica un movimento dall'alto verso il basso e "levato" (v. 8) che indica un momento dal basso verso l'alto. 12 GIUSEPPE UNGARETTI LE OPERE  ALLEGRIA: 1931, produzione giovanile. Versi scritti durante la Prima guerra mondiale. Si tratta di poesie innovative: supera la metrica tradizionale attraverso l’adozione di versi brevi (enfatizza le singole parole).  SENTIMENTO DEL TEMPO: 1933, divisa in 7 sezioni e segna il passaggio alla seconda fase della poetica ungarettiana. Recupera la tradizione per quanto riguarda il metro (endecasillabo e settenario). Le immagini della natura esprimono il trascorrere delle ore e delle stagioni. La poesia ungarettiana presenta un panorama dominato da suggestioni lugubri  gusto barocco e percezione dell’eterno vuoto. Il motivo centrale della raccolta è quello religioso  vissuto come contrasto tra peccato e ansia di redenzione.  IL DOLORE: poesia del 1947. Composte durante gli anni della 2WW e della morte del fratello e del figlio. Emerge idea secondo cui la realtà non è più decifrabile attraverso metafore ma va registrata quotidianamente come nel diario di una sofferenza grave. Articolata in 6 sezioni: raccolta dedicata al figlio  atmosfera di rassegnazione e immagine della morte. Troviamo una meditazione religiosa sulla sofferenza e la consolazione nella preghiera.  LA TERRA PROMESSA, 1950: la struttura frammentaria della raccolta porta a concepire l’opera come il libretto di un melodramma. Troviamo i motivi della morte e del nulla (riprende Leopardi) e atmosfera mitica.  UN GRIDO E PAESAGGI E IL TACCUINO DEL VECCHIO: crescente pessimismo sulla condizione umana e affiorare di una saggezza dolente. “Un grido e Paesaggi” (1952): minuscola raccolta di testi  evocazione del silenzio e solitudine; “Il taccuino vecchio” (1960): ricordi personali.  LE PROSE Attività ermeneutica  scritti in cui il poeta spiega i significati simbolici dei suoi versi. “Saggi e interventi”: definisce la sua concezione della poesia, Importante produzione giornalistica: come reportage. I GRANDI TEMI: Racconto e riflessione autobiografici  esperienza sul fronte e sua vita. Temi di un continuo interrogarsi sulla vita  bisogno di calarsi nelle situazioni concrete e nei luoghi reali. Metafora del viaggio: la sua meta consiste nella scoperta della condizione dell'uomo grazie a uno scavo nell’interiorità. La sua autobiografia non è soggettiva, ma allegorica  narrazione di un essere umano che sfrutta la propria vicenda come un'occasione per riflettere sui grandi temi universali. I testi di Ungaretti non sono mai immediati  sono frutto di una stratificazione compositiva (modifica e revisioni) quello scopo finale di conferire all' insieme dei testi la fisionomia di un libro assoluto. La letteratura costituisce per l'autore lo specchio rivelatore degli slanci e delle angosce personali, ma soprattutto racchiude una forte valenza etica ed esistenziale.  IL DOLORE PERSONALE E UNIVERSALE La poesia di Ungaretti si collegano alla consapevolezza del dramma esistenziale dell'uomo  la dimensione dell'essere umano è vista nella sua precarietà individuale e collettiva. All'origine di questa visione della vita vi è la conoscenza personale della sofferenza, ma il male del singolo si allarga fino a rappresentare metaforicamente una condizione 15 FRATELLI La poesia fa parte della raccolta de “il porto sepolto" ed è scritta in versi liberi. La poesia è stata scritta durante la guerra nel 1916 ed è ambientata proprio sul campo di battaglia, infatti si apre con il verso: di che reggimento siete fratelli? Proprio in questa parola e nella sua ripetizione emerge il sentimento d’amore verso i compagni poiché l'insensata crudeltà della guerra accentua la propensione a percepire la fraternità dell’altro e del prossimo, compresi coloro che si trovano sul fronte opposto. La guerra permette di riscoprire un’umanità solidale, una visione comunitaria della vita e l’amore e la fratellanza che la società borghese hanno estirpato. La minaccia della morte fa emergere questo sentimento di senso di appartenenza alla specie umana e di socialità unito dal solo sentimento di esistere, avere un’identità comune che cancella la differenze; le distanze e i confini sono abbattuti. Anche l’analogia successiva nel verso 5 “foglia appena nata" sottolinea quel sentimento, la fragilità dell’essere umano ma anche una sorta di speranza e il riconoscimento della dignità personale nella sofferenza comune. La solidarietà e la pietà verso l’altro si affermano quando gli uomini sono esposti al pericolo, quando l’esistenza è appesa ad un filo  verso 7 l’involontaria rivolta (allitterazione che vivifica il senso di umanità e di amore che nasce dalle della guerra) L’uomo è slegato da ogni vincolo sociale e scopre la sua vera natura e la sua identità di creatura unita alle altre in una comunione universale e solidale Dallo sconforto della guerra nasce inaspettatamente una sorta di speranza, una forza esplosiva che da vigore all’uomo e che gli fa rivedere in sé stesso e negli altri la fragilità della mortalità. Il concetto di fratellanza è enfatizzato anche dalla posizione del termine: nel titolo - nel secondo verso (Rivolto ai soldati di un altro reggimento) -nel verso che conclude (forma l’intera strofa) Enfatizzato anche dal piano fonico con l’allitterazione che lega il termine foglia con fragilità (verso 5 e 9) Utilizza anche altri mezzi per valorizzare le singole immagini e i concetti: - La ripetizione del verso fratelli a 2 e 10 - Le rime e le consonanze che legano reggimento v.1, tremante v.3, spasimante v.6 e presente v.8 FIGURE RETORICHE:  Personificazione : "tremante" (v. 3). Come se la parola fosse una persona che trema per l'emozione e per la paura (le parole non tremano, siamo noi a far tremare la voce), che quasi non osa essere pronunciata perché parlare di fratelli dove ci si ammazza quotidianamente è un'assurdità.  Metafora : "foglia appena nata" (v. 5). Si riferisce sempre alla parola "fratelli" che "trema" come una fogliolina appena nata.  Enjambement : "tremante / nella notte (vv. 3-4); rivolta / dell'uomo (vv. 7-8), alla sua / fragilità (vv. 8-9)".  Allitterazioni: foglia e fragilità (vv.5-9) e involontaria rivolta (v.7) SAN MARTINO DEL CARSO La poesia fa parte della raccolta de “il porto sepolto". La poesia è composta da versi liberi distribuiti in quattro strofe, le prime due composte di quattro versi, le ultime di due versi. Come sempre non abbiamo la punteggiatura. - 1° strofa: descrizione della città di San Martino bombardata. - 2° strofa: descrizione dei compagni. - 3° strofa: constatazione del poeta. - 4° strofa: sintesi fra la prima e la seconda strofa. 16 È scritta a Valloncello dell’albero Isolato il 27 agosto 1916 Il tema della poesia è la devastazione del paesaggio che si rispecchia nell’animo del poeta: entrambi sono devastati, il primo dalla guerra e il secondo dallo sconforto per i compagni perduti. I due piani, quello esterno e quello interiore subentrano l’uno all’altro: alla desolazione del borgo vi è la metafora di un cadavere dalla carne strappata (brandello di muro v.4) che segue quella del cuore del poeta (v.9) anche esso ridotto ad un cumulo di macerie, e come se fosse un desolato luogo di lutto vi custodisce il ricordo dei defunti. La parola cuore acquista centralità: prima usata come complemento v.9 poi come soggetto v.11 Entrambe le quartine, per precisare il poco che è sopravvissuto delle case e degli uomini, si aprono con i partitivi ( di queste v.1 e di tanti v.5) e presentano la stessa voce verbale (non è rimasto v.2 e v.7). Mentre nella prima strofa il poeta vede i resti degli edifici distrutti, nella seconda il massacro degli uomini non ha lasciato neppure tanto v.8, solo come si vede dopo il ricordo. Il blocco delle ultime due strofe si apre con una congiunzione MA v.9 che segna un cambiamento di ritmo ma anche il passaggio dalla dimensione esterna a quella interna dell'io. FIGURE RETORICHE:  Anafora : "di" e "di" (vv. 1 e 5). non è rimasto" (vv. 2 e 7). cuore (vv. 9 e 11). Per la ripetizione delle stesse parole.  Metafora : "brandello di muro" (v. 4). Si parla di muro, un oggetto, ma richiama l'immagine di un corpo lacerato, ovvero i brandelli di carne.  Epifora : "tanti" e "tanto" (vv. 5 e 8). Ripetizione di una stessa parola alla fine di più versi per rafforzarne l'importanza.  Metafora: "Ma nel mio cuore nessuna croce manca" (vv. 8-9). Il poeta con questo intende dire che se pur i suoi compagni sono morti, e di loro non restano nemmeno i corpi, nei suoi ricordi (nel suo cuore) ci saranno tutti (nessuna croce manca), come in un grande cimitero.  Analogia: "E' il mio cuore il paese più straziato" (vv. 10-11). Cuore-paese: con ciò il poeta afferma allegoricamente che la sua anima è più martoriata quanto la gente del paese, e il paese stesso. MATTINA Fa parte della raccolta intitolata “Naufragi”. Il motivo principale della raccolta è l’esperienza vissuta da soldato nella prima guerra mondiale dalla quale il poeta trae la volontà di vivere nonostante tutto: è proprio una riflessione sull’esistenza. Composta da due soli versi, è la più breve poesia di Ungaretti e sicuramente quella con il significato più profondo ed interpretativo. Fa parte dell'ermetismo e con questa poesia ha voluto esprimere tutto l'entusiasmo del nuovo giorno, la sua gioia nel vedere il mondo al mattino. I temi affrontati sono la tensione verso la luce, l'aspirazione all'armonia e la fusione con l'infinito. Qui Ungaretti si mette nei panni di un soldato che esce dalla trincea e si fonde con l'universo vivendo un sentimento di libertà. È scritta a Santa Maria La Longa il 26 gennaio 1917: è un paese friulano situato in una fertile pianura, dove il poeta scrive la maggior parte delle sue liriche. Ungaretti si alza di mattina, in riva al mare; qui il poeta s'illumina perché assiste al sorgere del sole, la cui luce si riflette sul mare. L'idea di immenso scaturisce invece dall'impressione che cielo e mare, nella luce del mattino, si fondono in un'unica, infinita chiarita. La luce che lo abbraccia e il calore che lo inonda gli permettono di percepire la vastità dell’infinito senza alcun ostacolo (come accadeva invece con Leopardi con la siepe) 17 È così “una poesia di un istante", di una percezione sensoriale che intreccia virtualmente un rapporto con il tutto (l’immenso). Ungaretti esprime lo stato del proprio io , invaso da una sorta di luce cosmica che rischiara dopo le tenebre. Il titolo "Mattina", o meglio il mattino, è il momento in cui la luce nascente vince le tenebre della notte, e rivela le cose prima adombrate dal buio. Quella luce che svela tutto e dà il senso dell'immensità. Il messaggio che la lirica vuol comunicare è la fusione di due elementi contrapposti: - da una parte il singolo, ciò che è finito (l'autore); dall'altra l'immenso, ciò che respira in una dimensione d'assolutezza. Ilegame tra interiorità (il mi) ed esteriorità è sottolineato dalla paronomasia, cioè dall'accostamento delle due parole chiave, diverse nel significato ma assai simili nel suono (illumino e Immenso). Vi sono diverse interpretazioni del significato della luce: - quella del sole oppure di una proiezione immaginaria legata alla scoperta della meraviglia dell’esistenza - il momento di vita iniziale pura e innocente che riafferma l’esistenza dopo il buio della notte - La luce dell’aurora che vince sull’oblio e sulla morte ribadendo l’importanza ineliminabile della vita - Metaforicamente la folgorazione del poeta che scopre la sua ispirazione, e gli detta verità nuove e non ancora pensate, che lo porta alla ricerca di parole chiave che, nella loro brevità esprimano tutti i significati possibili (immensi, quindi, perché inesauribili) FIGURE RETORICHE:  Sinestesia: "M'illumino d'immenso" (vv. 1-2) La lirica è costruita su un'unica sinestesia analogica, che mette in connessione campi diversi della percezione: - vista e tatto poiché la luce oltre a vedersi è anche calore; e - l'olfatto, perché è apertura all'aria fresca del mattino - l'udito, perché l'immensità è eco e silenzio. L'altra connessione è tutta interiore, in quanto l'immensità è il luogo dello spirito in cui si acquietano tutti i desideri di infinito e di eterno dell'uomo. Infine vi è una fusione spazio temporale poiché l'immensità è un luogo senza confini, che non può essere indicato se non in astratto.  L’analogia pone quindi in stretta relazione il finito, rappresentato dal poeta nella sua pochezza d'uomo, e l'infinito, rappresentato dall'immensità in cui terra, cielo e mare si fondono e confondono, così come il pronome "mi" che richiama l'individualità del poeta e della sua personale esperienza, attraverso l'elisione, è fuso e confuso con la luce che lo proietta nella dimensione dell'assoluto.
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