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Sviluppo sostenibile e diritti umani, Appunti di Economia Dello Sviluppo

Riassunto libro Il prisma della Flat tax

Tipologia: Appunti

2021/2022

Caricato il 03/02/2023

Moon13light
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Scarica Sviluppo sostenibile e diritti umani e più Appunti in PDF di Economia Dello Sviluppo solo su Docsity! IL PRISMA DELLA FLAT TAX La storia delle civiltà passate ci insegna che una qualche forma di tassazione è sempre esistita, mettendo in luce come il progresso economico sia stato scandito dalla formazione e dall’evoluzione dei sistemi fiscali. Tutti i sistemi economici necessitano infatti di determinati servizi generali, o beni pubblici, che il singolo non è in grado di fornire ; sono pertanto esterni al mercato ed offerti dallo Stato. Dal momento che non esiste un’economia senza Stato, è necessario provvedere al suo finanziamento attraverso un prelievo obbligatorio, ovvero con tasse e imposte. Il sistema tributario è essenziale. In merito si esprime Adam Smith, considerato il fondatore dell’economia come scienza e come il primo e più importante esponente del liberismo economico; egli assorbì il pensiero degli economisti dell’Illuminismo francese (lassez-faire) e lo riformulò nella celebre metafora della mano invisibile secondo la quale il massimo benessere per la società è raggiunto quando ciascuno persegue il proprio interesse privato, riducendo al minimo le interferenze da parte dello Stato. Parte della Ricchezza delle nazioni è dedicata allo studio delle entrate e spese del sovrano, oggi diremo al problema dell’attività dello Stato e del suo funzionamento. Anche gli altri esponenti della scuola classica si occuparono della spesa pubblica e della tassazione (D.Ricardo), a cui si aggiunge un altro importante economista inglese, McCulloch, che riprese ed estese le teorie di Smith e Ricardo: la nuova tassazione sul reddito (quella iniziale era la income tax) doveva essere utilizzata solamente in circostanze eccezionali, come ad esempio il finanziamento di eventi bellici. Doveva essere PROPORZIONALE e con una modesta ALIQUOTA (per l’economista garantiva equità del prelievo fiscale); i governi non devono interferire nel campo della distribuzione della ricchezza. Inoltre, pone l’accento sul fatto che l’imposta PROGRESSIVA avrebbe potuto portare ad un’irresponsabilità fiscale dei Governi. Proporzionale: quando l’aliquota di applicazione, ossia la percentuale dovuta, è costante e non muta qualunque sia la base imponibile (IVA). Progressiva: quando l’aliquota di applicazione cresce all’aumentare della base imponibile (IRPEF). Aliquota: tasso fisso o variabile, espresso in percentuale, che si applica alla base imponibile per calcolare il tributo. SMITH E I QUATTRO PRINCIPI UNIVERSALI DELLA TASSAZIONE Vengono presentati determinati beni che oggi diremo pubblici puri che effettivamente sono garantiti ancora oggi dallo Stato attraverso la fiscalità generale: spesa per la difesa nazionale, per la giustizia, per le opere pubbliche e le pubbliche istituzioni per agevolare il commercio, per l’istruzione religiosa e quelle per tutelare la dignità del sovrano. (NB: Smith fa riferimento alle spese del sovrano). Queste spese sono fatte per l’utilità di tutti indistintamente e dunque non possono essere coperte con un contributo individuale; occorre che ad esse si provveda con un prelievo di carattere generale: esiste un nucleo ristretto di beni e servizi che deve essere offerto dallo Stato e quindi occorre che vi sia disponibile un reddito da ottenere mediante la tassazione. Presupposti imprescindibili per realizzare qualunque sistema tributario: - I sudditi di ogni stato devono contribuire a mantenere il governo, in proporzione quanto più stretta possibile alle loro capacità contributive (principio della capacità contributiva: art.53 Costituzione); con questa prima massima Smith chiarisce che l’obbligo fiscale non ha nulla a che fare con i meccanismi di mercato che regolano la domanda e l’offerta di un bene. - la tassa deve essere certa e non arbitraria; ogni cittadino deve conoscere in anticipo le entità del pagamento dovuto e le sue modalità di esecuzione, e non essere sottoposto all’arbitrio dell’esattore. Il cittadino deve conoscere preventivamente e con certezza quali sono i suoi obblighi tributari. - Le modalità di pagamento devono essere comode per il contribuente (principio minimale di efficienza economica sul piano fiscale); i costi generali della riscossione devono essere tenuti al minimo possibile (oggi l’informatizzazione dell’amministrazione tributaria facilita la cosa). - L’imposta deve essere tale da non ostacolare l’industriosità delle persone: a) una tassazione elevata potrebbe scoraggiare l’attività economica ed un aumento delle aliquote può portare alla riduzione del gettito fiscale, invece che ad un suo aumento. b) una tassazione elevata può essere portata a giustificazione di comportamenti opportunistici da parte del contribuente, come ad esempio l’evasione o l’elusione fiscale. Prima e quarta massima, insorgono problemi: nella prima, determinare la capacità contributiva nel concreto non è così agevole; tassare i redditi o i consumi porta a risultati molto differenti, ad esempio in relazione al risparmio. Nella quarta, il livello di tassazione che spinge un individuo a ridurre la sua prestazione per evitare la tassazione o per agire in maniera opportunistica è questione di psicologia individuale. Queste massime dipendono fortemente dalla situazione culturale e sociale del momento. MILL E LA NASCITA DELL’IDEA DELLA FLAT TAX Mill si dichiara completamente d’accordo con le massime di Smith, ma ne offriva una nuova interpretazione: fortemente influenzato dalla filosofia utilitarista di J.Bentham, il punto di riferimento di ogni valutazione razionale del comportamento economico era il calcolo del piacere e della pena, e dunque una valutazione psicologica del beneficio e del costo associati ad un’azione, per il singolo individuo oppure per la collettività. Per Mill tale principio è da applicare anche al caso della ricerca di un criterio razionale per giustificare la ripartizione del carico fiscale. Anche il sistema fiscale doveva essere basato sul fondamentale principio di equità, cioè di un eguale trattamento di tutti i contribuenti. Questo risultato è ottenibile in due modi: a) principio della tradizionale giustizia commutativa secondo il quale il valore economico di un’imposta doveva essere commisurato al valore attribuito dal contribuente al bene offerto dallo Stato. Tuttavia Mill ritiene che un bene pubblico era offerto per definizione a tutti indistintamente e il valore soggettivo non aveva alcuna importanza. Il criterio del beneficio poteva valere solo per i beni visibili (beni acquistati e venduti separatamente sul mercato). Ma se si voleva interpretare correttamente il principio di eguaglianza, si doveva seguire una strada differente, b) eguaglianza di tassazione significa eguaglianza nel sacrificio, passando così all’aspetto soggettivo, ovvero come l’individuo valuta la sua perdita di benessere. (Le tasse potrebbero essere considerate come il contributo economico individuale ad un ordinato e pacifico svolgimento della vita sociale e non come mero sacrificio; nessuna attività economica pacifica e prospera sarebbe possibile senza l’azione di coordinamento dello Stato. Tuttavia, noi percepiamo le perdite in maniera molto più intensa rispetto ai guadagni; per questo motivo il sacrificio che deriva dalla riduzione dei redditi è sempre sentito in maniera maggiore rispetto al vantaggio che deriva dall’utilizzo dei beni offerti dallo Stato.) L’eguaglianza di sacrificio implicava per via logica una certa progressività del tributo, per cui il sacrificio economico doveva crescere in maniera più che proporzionale rispetto al reddito. L’aliquota proporzionale non è quella adatta; un sistema tributario equo doveva adottare un ‘imposizione progressiva, chi aveva di più doveva pagare in proporzione di più. La progressività dell’imposta era il canone fondamentale da seguire se si voleva che il sistema tributario rispettasse un principio di equità nel campo della tassazione. Tuttavia, la questione che ne deriva è quale sia la forma di progressività più opportuna da seguire. Per ottenere un effetto di progressività, la strada da seguire era quella di introdurre una tassa sul reddito con un’aliquota unica e con un’esenzione per coloro che disponevano di un reddito inferiore a 50 sterline: progressività per detrazione. Mill è dunque il primo che teorizza apertamente l’idea di una tassa sul reddito proporzionale, con l’esenzione di un minimo imponibile per garantire la progressività. Mill si dimostra appartenente al filone della Scuola Classica, cioè un economista che guardava fondamentalmente più al sistema di produzione della ricchezza che a quello della sua distribuzione. A contesto un sistema fiscale ottimale dovrebbe incentivare i contribuenti a fornire l’impegno massimo, e dunque a produrre il massimo risultato per sé e per la società. Per la società risulterebbe ottimale tassare in maniera decrescente i redditi più elevati. L’aliquota marginale per gli individui più abili, quindi più ricchi, dovrebbe essere zero. La riflessione sottostante è la seguente: l’imposta può ridurre l’impegno lavorativo degli individui più capaci e la perdita di reddito per società in questo caso sarebbe maggiore dell’imposta incassata. Converrebbe, al fine di massimizzare il benessere della società, che gli individui più capaci si impegnassero a fondo e per questo sarebbe ottimale sgravarli di ogni carico fiscale. Seguendo la scia del movimento della tassa piatta, Atkinson sostiene che lo strumento per far fronte alla povertà sia l’introduzione di un reddito minimo universale finanziato con una tassa ad aliquota costante, la tassa piatta; egli stimava che con un’imposta con un’aliquota unica del 30-40% si riuscirebbe a garantire un reddito minimo decente a tutta la popolazione, eliminando tutte le altre deduzioni e detrazioni che introducevano distorsioni ed elementi di arbitrarietà ingiustificabili sotto il profilo dell’equità. Il pinto di partenza è l’idea che gli individui rispondano agli incentivi fiscali: all’inizio quando l’aliquota è bassa l’offerta di lavoro tende a crescere; con essa anche il reddito e dunque anche il gettito fiscale aumenta; ma ad un certo punto quando l’aliquota diviene elevata, l’impegno lavorativo comincerà a ridursi perché ciascuno di noi preferirà altre attività, scoraggiato dalla pressione fiscale. In definitiva vengono analizzati due effetti in conflitto tra loro: il perseguimento dell’efficienza economica e l’equità distributiva. Il fatto fondamentale è che esiste un fondamentale trade-off tra equità ed efficienza, dove la priorità va data al secondo termine poiché non si può redistribuire ciò che non viene prodotto. Da qui il problema della scelta di una aliquota ottimale, cioè della combinazione migliore per la società tra politiche fiscali e politiche redistributive. SPESA PUBBLICA, TASSE E CRESCITA ECONOMICA Fino agli anni 80 si era fermi alla teoria della crescita di Solow, secondo il quale lo sviluppo economico era trainato dal progresso tecnico. Fattore esogeno. Successivamente si indagano anche i fattori endogeni: rendimenti crescenti di scala dovuti alla produzione e diffusione delle conoscenze tecniche e scientifiche, spesa per ricerca e sviluppo, risorse spese per la formazione di capitale umano e per l’istruzione. Per quanto concerne i beni pubblici offerti dallo Stato, nel 1990 viene proposto un modello in cui la spesa pubblica per beni e servizi contribuiva direttamente alla produttività delle imprese. Questa spesa era sostenuta da una imposizione fiscale proporzionale al reddito. Si dimostra in questo modo che il tasso di crescita dell’economia risulta endogeno, e in particolare è influenzato dall’aliquota fiscale. La relazione tra aliquota fiscale e crescita economica è complessa : all’inizio il contributo positivo della spesa pubblica produttiva è maggiore dell’effetto depressivo dovuto al carico fiscale. Ad un certo punto però la relazione si inverte e l’incremento dell’aliquota deprime la crescita economica. Mano a mano che la dimensione dell’intervento pubblico si fa più ampia l’aumento della tassazione riduce l’investimento e per questa via la crescita economica. NOVECENTO Cambiamenti: le imposte tradizionali, cioè quelle sugli scambi e quelle reali sui beni immobili, sono state integrate con un nuovo tipo di tassazione legata al reddito. Alla tradizionale imposizione indiretta si è aggiunta quella diretta sul reddito. A sua volta, l’imposizione sul reddito è stata rapportata alla capacità contributiva dei soggetti assumendo così la forma dell’odierna imposta personale; tale imposta avrebbe dovuto contenere una franchigia, cioè un livello minimo di reddito al di sotto del quale non era dovuta nessuna imposta. L’imposta avrebbe dovuto avere una aliquota proporzionale oppure progressiva? In Italia si optava per la proporzionale. Successivamente clima molto favorevole all’imposizione progressiva che sembrava risolvere il problema tra efficienza e equità. LIBERISMO CONSERVATORE LIBERALE IN FRIEDMAN Nell’idea di Friedman troviamo il tentativo di dimostrare come solo il libero mercato sia in grado di tutelare la sfera delle libertà individuali. Sul piano della teoria economica in senso stretto, Capitalismo e libertà rappresenta un deciso attacco alla teoria keynesiana allora dominante nella sua visione regolatrice. La tesi di fondo è quella tradizionale, secondo la quale solo un’economia basata sui meccanismi del libero mercato, e dunque di tipo capitalistico, sia in grado di realizzare quelle condizioni istituzionali che tutelano la libertà degli individui. La libertà economica è il mezzo indispensabile per la realizzazione della libertà politica e dunque la libertà dell’individuo nella società. Per quanto concerne il ruolo economico dello Stato in un’economia di tipo concorrenziale, le funzioni dello stato devono essere ridotte al minimo secondo una concezione del lassez-faire di tipo ottocentesco. L’azione statale è necessaria per garantire solo alcuni beni pubblici e in particolare per assicurare la tutela della legge e dell’ordine pubblico. F. presenta apertamente la sua proposta di tassa piatta: partendo dal presupposto che una larga parte della disuguaglianza del reddito che si può osservare nell’economia non dipende dalle scelte e dalle capacità dei singoli, ma è condizionata invece dalle differenze nelle dotazioni di partenza e dal contesto sociale di riferimento, è necessario che tali differenze siano rimosse per garantire una reale parità di condizioni ridisegnare le condizioni di partenza per rendere la competizione tra individui equa è un compito che non può essere affidato al mercato. Egli osserva che i Governi sono storicamente intervenuti per modificare la distribuzione del reddito attraverso: l’imposta progressiva sul reddito e quella sull’eredità. Le critiche di F. si concentrano sulla prima in quanto è pacifico nella tradizione liberale che i lasciti ereditari possano essere ampiamente tassati in quanto ricchezza non guadagnata con l'impegno individuale e dunque assimilabili ad una rendita fortuita; la sua proposta è quella di sostituire il sistema basato sulla progressività dell'imposta con una tassa piatta sul reddito con una singola aliquota finanziata abolendo tutte le forme di deduzione e detrazione. Le critiche verso l'imposta progressiva sono di due tipi: l'imposta sul reddito era diventata troppo complessa costosa e in definitiva iniqua; la seconda critica invece colpiva l'imposta progressiva sul piano logico poiché tende a scoraggiare l’accumulazione dei capitali e dunque l’attività economica in generale. Egli è il primo a proporre una tassa sul reddito basata su di una sola aliquota (23,5%). Tuttavia, negli anni Sessanta l’idea della tassa piatta era in circolazione, ma non trovò terreno fertile per una sua applicazione. L’imposta progressiva presentava dei problemi, era uneasy. Al posto della tassa piatta, quindi, F. avanza l’idea di una imposta negativa, un meccanismo diverso della flat tax, ma che ne condivideva lo spirito di una semplificazione fiscale e di una riduzione del carico tributario per i redditi medio alti. Cardine della proposta era la fissazione di un reddito minimo garantito: i contribuenti con un reddito inferiore a tale soglia avrebbero ricevuto un sussidio, mentre solo quelli con reddito superiore avrebbero pagato l’imposta sul reddito. In questo modo il sistema tributario avrebbe garantito un minimo di equità tra contribuenti; in pratica se il contribuente avesse percepito un reddito inferiore ad una soglia stabilita, il sussidio avrebbe coperto la differenza tra il reddito effettivamente percepito e l’ammontare del reddito standard minimo. Al fine di scoraggiare un disimpegno da parte del contribuente, la cifra corrisposta dallo Stato era comunque inferiore a questa differenza. Al di sopra di tale soglia l’imposta sarebbe diventata positiva e avrebbe contribuito ad alimentare, a sua volta, entrate sufficienti per pagare i sussidi. REGAN E LA CURVA DI LAFFER Post crisi petrolifera: forte aumento disoccupazione e aumento inflazione. Cambio scenario 1981 con Regan: programma con forte riduzione delle tasse, sia per le famiglie che per le imprese, e un ampio programma volto a deregolamentare l’economia. Tutte le aliquote subirono una diminuzione significativa (in particolare la marginale più elevata che dal 70% passa a 50% e anche il livello di reddito corrispondente venne dimezzato). Se anche tutti i contribuenti beneficiarono di una riduzione delle tasse, questa fu molto più consistente per i contribuenti più facoltosi. Tax Reform Act: diminuzione aliquote e drastica diminuzione scaglioni di reddito. Una politica così aggressiva dal lato delle entrate, non venne accompagnata da una eguale riduzione della spesa pubblica. Il debito pubblico esplose. Meno tasse per i più ricchi e più tasse per le generazioni future. Nei suoi studi, Laffer aveva focalizzato l’attenzione sul fatto che la tassazione poteva ridurre l’incentivo al lavoro e, per questa via, alla produzione del reddito, con una conseguente diminuzione del gettito fiscale. In generale la curva del gettito fiscale ha l’andamento di una parabola concava, cioè di una curva prima crescente e poi decrescente al variare dell’aliquota. In sostanza esisteva un’aliquota massima oltre la quale il gettito fiscale cominciava a diminuire; quando l’aliquota dell’imposta è nulla, anche il gettito tributario è zero. Il gettito fiscale poteva aumentare riducendo l’aliquota fiscale. A livello teorico la curva di Laffer è diventata poi il riferimento fondamentale della supply side economics, una corrente di pensiero anti keynesiana. Negli anni 80 la curva di Laffer diventerà il mantra della politica economica delle forze conservatrici negli USA e troverà un interprete ancora più convinto in Donald Trump. ( ideatore della Tax Cut che prevedeva tre aliquote del 10/20/25 %). Nella sua ingannevole semplicità, la curva di Laffer dimentica che il sistema fiscale degli stati moderni è progressivo, ma per scaglioni, per cui non è sempre lo stesso soggetto che subisce l’incremento delle aliquote. La curva trascura tale differenza. DOPOGUERRA IN ITALIA L’economia italiana arriva molto tardi, nel 1923, all’imposta progressiva sul reddito, chiamata imposta complementare perché si aggiungeva alle altre imposte sul reddito, ed è rimasta in vigore fino al 1973. Nel secondo dopo guerra il sistema tributario italiano appariva arretrato e bisognoso di profonde riforme. Le aliquote dell’imposta complementare erano aumentate per finanziare lo sforzo bellico. Alla fine degli anni 40 il sistema era antiquato, caratterizzato da una elevata frammentazione in una molteplicità di tributi, sia statali che locali. L’insoddisfazione verso il sistema tributario si era andato generalizzando e ciò a causa, oltre che all’aumento della pressione tributaria, anche di un’accentuata sperequazione dovuta alla complessità del sistema ed ad una stabile inefficienza amministrativa. Era inoltre caratterizzato da una diffusa evasione fiscale. Due sono le innovazioni più rilevanti che troviamo nella legge di perequazione tributaria del 1951, la riforma Vanoni: a) dichiarazione annuale dei redditi da parte del contribuente b) radicale riduzione delle aliquote dell’imposta complementare e nell’introduzione di nuove esenzioni e detrazioni di imposta. Gli scaglioni di reddito vennero rivisti e l’aliquota massima si abbassa per i redditi più elevati, mentre resta invariata quella minima. Il sistema tributario si ammodernava nel 1973 con l’introduzione di tre nuove imposte: IRPEF (imposta sul reddito delle persone fisiche), IRPEG ( imposta sul reddito delle persone giuridiche) e l’IVA ( imposta sul valore aggiunto); solo l’IRPEG è stata poi modificata assumendo la nuova definizione di IRES (imposta sul reddito delle società). Segni di cambiamento: volontà di dare attuazione all’art.53 della Costituzione. I due criteri fondamentali dell’imposizione tributaria dovevano essere quelli indicati dalla Carta Costituzionale della capacità contributiva e della progressività. In questi anni, la forte crescita della spesa sanitaria, innalza il livello di spesa pubblica. Vengono messe in luce le cause della debolezza del gettito dell’Irpef nei primi anni della riforma: - Deficienze nella tassazione degli immobili, dovute ad un catasto obsoleto e scarsamente rappresentativo di questa forma di ricchezza Nel corso del tempo l'imposta Irpef si è allontanata dalla sua originaria vocazione costituzionale. La spinta alla progressività, e dunque all'equità dell'imposta personale del reddito, si è di molto attenuata. Le aliquote, soprattutto quelle elevate, sono state drasticamente ridotte e anche la no tax area è stata notevolmente ampliata. Fatto più rilevante, alcune importanti categorie di reddito sono state escluse dal suo perimetro. L'estensione al lavoro autonomo della flat tax ha rappresentato un cambiamento radicale di prospettiva e una definitiva rottura del patto fiscale tra contribuenti. Questo intervento, di fatto, ha messo in crisi in maniera quasi definitiva la logica dell'imposta personale del reddito generando conflittualità fiscale tra corporazioni di contribuenti. POLITICA ITALIANA Come abbiamo già osservato, la rivoluzione della tassa piatta ha trovato solo una modesta applicazione a livello internazionale. I paesi che l’hanno adottata sono oggi una ventina. Si tratta per lo più di Paesi che appartenevano all’ex-blocco socialista oppure paesi che hanno un medio basso reddito pro capite e si trovano sulla soglia della povertà. La svolta improvvisa a favore della aliquota unica in sostituzione della vecchia e consolidata tassazione progressiva del reddito è generata da falsi miti evidenziati dai sostenitori della stessa flat tax: - è un tributo facile da comprendere per i contribuenti e da applicare per l’amministrazione finanziaria: mito della semplicità nonostante la situazione odierna del calcolo dell’Irpef, con sole quattro aliquote, non dovrebbe rappresentare una grossa complicazione, i sostenitori della flat tax sostengono che sia tutto il meccanismo fiscale a mettere in difficoltà il contribuente. Ma la semplicità a cui si fa riferimento, è un concetto relativo e non assoluto: ciò che è semplice per qualcuno, può risultare molto complicato per altri. Come nel caso della procedura 730, il desiderio di semplicità si scontra con un’altra esigenza fondamentale che è quella di calibrare l’imposta sulla situazione personale del contribuente. La semplicità viene a cozzare contro l’equità e più in generale sulle finalità sociali che si ritiene meritevoli di tutela. La parte complessa del modulo 730 difatti è quella che fa riferimento alle deduzioni di reddito e alle detrazioni di impresa; voci che ci possono essere oppure no, a seconda delle condizioni personali del contribuente. Il senso di un’imposta personale come l’IRPEF è proprio quello di andare ad incidere sulla specifica capacità contributiva del contribuente. Inevitabilmente comunque una certa dose di complessità dell’imposta è inevitabile. L’accusa all’Irpef pertanto deriva dal basso livello di educazione economica e finanziaria degli italiani. Come soluzione per semplificare vi è la proposta di ridurre le varie deduzioni e detrazioni : alla tassa lineare corrisponderebbe anche una detrazione in somma fissa. Tuttavia questo sfoltimento dei vantaggi fiscali per specifiche categorie di contribuenti si potrebbe ottenere anche senza intaccare la struttura dell’imposta progressiva. Con una aliquota unica molto bassa, finanziata eliminando le detrazioni e le deduzioni, i sostenitori della flat tax cercano una diversa ripartizione del carico tributario, certamente semplificata, ma sicuramente più iniqua. L’imposta manterrebbe una certa progressività a causa della detrazione pro capite, ma non sarebbe più personale, cioè legata alle condizioni specifiche dei singoli contribuenti. In definitiva non è l’aliquota fiscale unica che genera semplicità, ma piuttosto l’eliminazione di tutte quelle voci che rendono l’imposta sul reddito più equa. - ipotizzata riduzione dell’evasione fiscale e dell’economia sommersa; se il carico è modesto, il contribuente è invogliato a pagare la prima imposta piatta del nostro sistema tributario è l’IVA, la tassa sugli scambi e le prestazioni professionali; l’Italia per quanto riguarda l’evasione dell’Iva è al primo posto in EU in termini assoluti, la terza in termini relativi. Si tratta pertanto di una tassa proporzionale che però è ampiamente evasa. Le statistiche internazionali ci dicono che molti paesi in cui vige la flat tax sono anche tra quelli in cui l’evasione è molto alta. I promotori della flat tax sostengono che l’evasione dipenda dall’eccessiva pressione fiscale e che diminuendo quest’ultima, si diminuirebbe drasticamente anche l’evasione. I dati europei, però, smentiscono che vi sia una correlazione. Per combattere l’evasione e l’economia sommersa, pertanto, la tassa piatta non sembra essere lo strumento più adatto. - crescita economica: riduzione delle tasse conseguente all’applicazione di una flat tax darebbe di per sé una forte spinta all’economia e alla crescita del Pil. Nelle versioni più estreme, la riduzione di imposte potrebbe autofinanziarsi generando un incremento di reddito. l’introduzione della flat tax stimolerebbe la crescita economica attraverso la creazione del risparmio; è indubbio, infatti, che il risparmio sia la premessa necessaria per incrementare la spesa per investimenti e per questa via la produzione e il reddito. Il timore che una tassazione eccessiva possa scoraggiare il risparmio ha trovato un forte sostenitore in Einaudi: il risparmio è già tassato al momento della formazione e sottoporlo ad una doppia tassazione sarebbe un’ingiustizia tributaria. Posto che l’imposta proporzionale, così come viene proposta, determina una sostanziale riduzione delle imposte per i redditi medio alti, essa contribuirà sicuramente ad aumentare i loro risparmi finanziari. Seguendo la Tax Cut di Trump, per quanto concerne la spesa per investimenti, la riforma dell’ex presidente Usa si palesa come un trasferimento gigantesco di ricchezza verso la parte più ricca del Paese. I risparmi fiscali non hanno generato il boom sperato dagli investimenti, ma si sono trasformati in benzina per il capitalismo finanziario; la flat tax da questo punto di vista aggrava uno dei problemi più gravi del nostro tempo, una ripartizione sempre più concentrata della ricchezza nelle mani di una piccola e facoltosa frazione della popolazione. - Il termine flat sembra evocare qualcosa di più che un semplice “piatto”; la flat tax viene presentata come una tassa proporzionale con una sola aliquota molto bassa: il suo contenuto semantico cambia e diviene non solo tassa piatta, ma soprattutto tassa piatta che promette a tutti un maggior reddito disponibile a spese del bilancio statale; diverrebbe una forte riduzione fiscale a beneficio dei contribuenti. Ma questo effetto si potrebbe ottenere direttamente attraverso una rimodulazione delle aliquote della imposta sul reddito. Per abbassare le tasse non è necessario passare ad una sola aliquota, potrebbe essere sufficiente ridurre quelle attuali. LEGA Tale proposta gravita nell’area del populismo economico: la Lega non chiede solamente più risorse per il Nord, ma meno tasse per tutti (o quasi tutti). Analizzato il nostro sistema tributario, viene ampiamente criticato e accusato di trasformare il contribuente in un suddito vessato. La soluzione a tutti i nostri mali risiede nell’applicazione della tassa piatta sia all’Irpef che all’Ires, divenendo salvataggio per quel ceto medio di lavoratori autonomi che ha visto i suoi redditi falcidiati dalla crisi economica. Soluzioni (populiste) proposte dalla Lega: - Riduzione aliquota imposta sul reddito al 15% (scelta puramente politica ed elettorale); l'operazione politica della flat tax ha due elementi tradizionali: un gigantesco trasferimento di risorse dallo stato ai privati ed Un'eguale trasferimento di reddito dai ceti alti ai ceti bassi. Per conservare la progressività la proposta Siri-Lega prevedeva una deduzione forfettaria del reddito di 3.000 € per ogni membro del nucleo familiare che andava a sostituire tutte le detrazioni e deduzioni di imposta. La riduzione delle aliquote ad una sola aveva come naturale conseguenza una forte riduzione del gettito fiscale. - le risorse per la riduzione fiscale non vengono indicate in maniera precisa e convincente: l'introduzione di una tassa bassa avrebbe portato ad una naturale emersione dell'attività economica non osservata che oggi pesa sull'economia per centinaia di miliardi di euro. La maggiore disponibilità in campo alle famiglie avrebbe portato poi ad un aumento dei consumi e quindi per lo stato ad un maggiore incasso dell'Iva. Se poi le cose fossero andate male la riforma proponeva un contributo di solidarietà per i redditi sopra gli 80.000 € e un deciso taglio della spesa pubblica a cominciare dalle spese per il welfare: una mini patrimoniale da un lato è una forte riduzione dei servizi dall'altro. - principio che il contribuente avrebbe potuto scegliere se conformarsi alla nuova riforma oppure seguire il vecchio regime a seconda della sua convenienza fiscale. - sparivano i sostituti d'imposta, cioè era il lavoratore stesso che a fine anno compilava la sua dichiarazione, che a loro ovviamente diventava molto semplice. La flat tax diventa nella retorica di Siri e della Lega una specie di flirt tax, la promessa di una riduzione fiscale per tutti senza doversi preoccupare del suo finanziamento; a beneficiare del bonus fiscale sarebbero stati redditi medio alti mentre tutti gli altri sarebbero rimasti le briciole. Di sicuro si creerebbe una nuova contrapposizione fiscale tra dei contribuenti di serie A (agevolati) e contribuenti di serie B (tartassati) inasprendo evidentemente le tensioni sociali già esistenti. FORZA ITALIA La proposta di Forza Italia si distingue nettamente da quella della Lega sotto l'aspetto della sostenibilità economica. Si trattava di una proposta che intendeva essere tendenzialmente neutrale sul piano dei conti pubblici con valori economici coerenti. in teoria non prevedeva nessun impatto negativo sui conti pubblici e non sarebbe stata criticata dalle istituzioni europee; si sarebbe concretizzata in una gigantesca partita di giro tra contribuenti, essendo la riduzione delle tasse finanziata essenzialmente con l'eliminazione delle detrazioni e riduzioni. La semplificazione del fisco sarebbe avvenuta nel segno di una ripartizione del carico fiscale in maniera molto squilibrata tra contribuenti. I lavoratori dipendenti e pensionati fino ad un reddito di 30.000 € non sarebbero stati toccati da questa riforma. Il vantaggio fiscale risultava modesto fino alla soglia dei 55.000 € e poi diventava notevolmente elevato oltre questa soglia di reddito. Tale proposta si dimostrava responsabile verso i conti pubblici e rivolta essenzialmente ai percettori dei redditi medio alti. CENTRO-SX La proposta prevedeva una sola aliquota del 25% per tutte le imposte, sia dirette che indirette. In questo modo verrebbero parificati tutti i redditi e allargata la base imponibile, ora frammentata in differenti tipologie di reddito con aliquote differenti; molte mini-imposte verrebbero abolite secondo una logica di semplificazione fiscale; verrebbe introdotta una quota esente quantificata in 7.000 € variabile in funzione dei componenti del nucleo familiare e al di sotto di questa soglia il reddito verrebbe integrato; oltre ad una certa soglia di reddito molti servizi che ora sono gratuiti o quasi gratuiti si trasformerebbero in servizi a pagamento ad acquistare sul mercato. Da un punto di vista macroeconomico l'effetto della riforma era quello di ottenere una riduzione della spesa pubblica. Si trattava pertanto di realizzare una specie di rivoluzione copernicana del sistema tributario italiano sulla base della filosofia della tassa piatta, ma proprio perché i sistemi tributari non ammettono le riforme radicali, se non in circostanze eccezionali, ne fu difficile la realizzazione pratica. CONCLUSIONI Il 1848 è stato in Europa l’anno dei moti rivoluzionari democratici: le due proposte che domineranno per qualche decennio il dibattito sulla costruzione di un nuovo sistema fiscale sono ideate da due diversi attori. Mill: proposta progressista di una tassa sul reddito con aliquota costante ed un’esenzione per i redditi più bassi. Marx ed Engels: imposta sul reddito fortemente progressiva. Ecco quindi che imposta progressiva ed imposta proporzionale spuntano insieme; entrambe mirano allo stesso scopo ovvero migliorare le condizioni economiche dei lavoratori e delle masse di poveri notevolmente peggiorate con l'affermazione della prima rivoluzione industriale. La strada però è diversa: Mill opta per una aliquota costante con detrazione, mentre Marx ed Engels indicano la via di un aumento più che proporzionale del prelievo fiscale sui redditi elevati. L'imposta progressiva divenne il nuovo pilastro dei sistemi tributari del 900, nonostante fosse criticabile dal punto di vista scientifico perché il sacrificio per il contribuente non si può misurare.
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