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Analisi della frase e della proposizione: struttura, tipi e legame, Appunti di Lingua Italiana

Una dettagliata analisi della frase e della proposizione, spiegando la loro struttura, i tipi e i legami tra di esse. Vengono trattati enunciati, periodi, frasi semplici e complesse, argomenti, frasi interrogative, frasi relative e attributive, e relazioni logiche tra le proposizioni. Il testo include esempi e tipi di connettivi.

Tipologia: Appunti

2019/2020

Caricato il 14/12/2021

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Scarica Analisi della frase e della proposizione: struttura, tipi e legame e più Appunti in PDF di Lingua Italiana solo su Docsity! TECNICHE ESPRESSIVE DELL’ITALIANO (1° semestre) Capitolo 0 Unità fondamentale della comunicazione linguistica, e dunque unità di base, è il testo. Esso si caratterizza come tale per avere uno scopo comunicativo globale e un significato unitario e strutturato. La coerenza è formata da un’unità semantica (cosa dico) e una pragmatica (perché lo dico). Nei termini della teoria degli atti linguistici di Austin diremo che il testo ha una componente locutiva (ciò che dico) e una illocutiva (ciò che voglio fare dicendolo), non per forza in un rapporto diretto. Lo schema della comunicazione di Jakobson, concepito alla fine degli anni ’50, ci permette di individuare gli scopi fondamentali per cui l'emittente emette un messaggio e le funzioni dell'atto comunicativo. Tutti gli aspetti del testo concorrono alla costruzione dello scopo fondamentale del testo. Lo studio di Jakobson rielabora uno schema del funzionamento dell’atto comunicativo, e in particolare del segno, concepito da Buhler. Secondo lui, al centro dell’atto comunicativo vi è il segno, coinvolto in un triplice rapporto. il segno è in rapporto con oggetti e relazioni che costituiscono il suo referente, che il segno rappresenta, e in quanto la rappresenta il segno ha statuto di simbolo. Il segno è anche in rapporto con il mittente che lo emette, di cui costituisce l’espressione. Rispetto al mittente il segno ha statuto di un sintomo. Il segno è anche in rapporto con il destinatario, che il segno appella. Nei confronti del destinatario il segno ha funzione di appello, di segnale. Rispetto a questi 3 fattori il segno assume tre diversi statuti: simbolo, sintomo e segnale. E di conseguenza la comunicazione può svolgere tre funzioni differenti: esprimere il mittente, rappresentare la realtà e appellare il destinatario. L'atto comunicativo per Buhler coinvolge 4 fattori: segno, mittente, destinatario, referente. Jacobson si ispira a questo modello, in parte utilizzando una terminologia diversa, aggiungendovi due fattori supplementari: specificano la connessione tra gli interlocutori, e sono il codice (che devono decodificare gli interlocutori, ossia la lingua) e il contatto o canale (fisico o psicologico). | fattori per Jacobson sono 6: messaggio (ossia il segno di Buhler, per Jakobson è il testo comunicato dal mittente), mittente (colui che invia il messaggio), destinatario (cui il messaggio è rivolto), canale (il mezzo, fisico o psicologico, attraverso cui il messaggio si trasmette), codice (il sistema di segni linguistici, la lingua in cui è formulato il messaggio) e contesto (o referente, ciò di cui si parla, la realtà cui il messaggio si riferisce). Ognuno di questi fattori può avere maggiore o minore incidenza rispetto all'atto comunicativo complesso. Ogni elemento del messaggio concorre alla funzione che la comunicazione nel suo complesso svolgerà. Il testo, o messaggio, può assumere diverse funzioni: in relazione al mittente la comunicazione può assumere funzione emotiva o espressiva (comunicazione orientata dalla soggettività del mittente, “oggi purtroppo fa freddo”), in relazione al destinatario può assumere funzione conativo-suasoria (lo scopo è coinvolgere il destinatario, “ascoltami!”, “ti consiglio di vedere quel film”), in relazione al referente la funzione si dice referenziale (a scopo informativo, “la lezione inizia alle 11”), in relazione al codice la funzione diventa metalinguistica (si riferisce al codice linguistico attraverso cui si forma il messaggio, “piovere è un verbo impersonale”), la funzione fatica è relativa al contatto (si riferisce al canale, è una funzione vocativa, “mi senti?”, “mi hai capito?”), l'ultima funzione 1 è quella poetica, la quale è dominante quando la comunicazione è incentrata sul messaggio stesso, sui rapporti tra i segni (sintattici, morfologici, fonetici ed è centrale nei proverbi, nelle rime). Si adegua agli altri segni, questa funzione viene proiettata sull'asse sintagmatico. Quindi in ogni comunicazione secondo Jacobson, sono presenti tutte le funzioni, cioè le possiamo usare tutte. Specialmente sono presenti le prime tre, ossia emotiva, conativa e referenziale. Tuttavia, le funzioni che possono prendere parte nella comunicazione sono costruite in modo gerarchico, tutte servono la funzione dominante, che indica lo scopo pragmatico del testo e che è prevalente nel testo. In ogni testo c'è sempre una funzione dominante rispetto alle altre. Il rapporto tra le funzioni non è diretto. Il modello di Jakobson riflette una concezione “funzionalista” della comunicazione, ovvero l’idea che il testo si strutturi per rispondere all’assolvimento di un preciso compito in modo da svolgere una funzione dominante. Dato un certo intento comunicativo, la lingua offre per realizzarlo una molteplicità di risorse espressive. Tra i diversi testi possibili per assolvere ad un determinato compito si instaura dunque un rapporto di tipo traduttivo: l'uno è la traduzione endo-linguistica dell’altro. La diversa realizzazione dipende da diversi fattori: - La competenza linguistica del locutore, che può essere diversa in base ad età, grado di istruzione, esperienza... - Il condizionamento del codice: le strutture intermedie della lingua determinano una serie limitata di opzioni per esprimere una medesima struttura concettuale. - La situazione comunicativa concreta, in funzione della quale il testo è formulato, cioè lo spazio in cui si trova, il tempo a disposizione, la condizione culturale, sociale e psicologica del destinatario, le relazioni che intercorrono tra mittente e destinatario... | primi due fattori determinano il messaggio al di là dell’intenzione del mittente: il locutore non può modificare le strutture della lingua e nemmeno può agire al di fuori della propria competenza linguistica. Il terzo fattore coinvolge le scelte messe in atto dal mittente sulla base delle effettive risorse in suo possesso. Capitolo 1 La sintassi è una delle quattro strutture intermedie della lingua. La sintassi è lo studio delle regole che determinano il modo in cui segni semplici si combinano dando luogo a segni complessi. L’unità base della sintassi è la frase, unità minima in grado di trasmettere un significato completo anche al di fuori del testo o di una situazione enunciativa. E una struttura grammaticale autonoma e completa, costruita combinando unità inferiori in un’unità di ordine superiore secondo regole formali. Il rispetto delle regole combinatorie della sintassi (soggetto + predicato) non è di per sé sufficiente a realizzare un senso compiuto. Si possono utilizzare combinazioni sintattiche anomale (marcate o incomplete) per ottenere scopi espressivi particolari, come ad esempio il senso traslato o figurato. La frase è anche il modulo fondamentale di testi e discorsi, ma in questo senso viene detta enunciato, ovvero un frammento di testo o discorso compreso tra due segni di pausa importanti, che riesce a soddisfare la funzione di trasmettere un messaggio compiuto anche se formalmente incompleto. L’enunciato può anche essere sintatticamente incompleto. Esso si distingue dalla frase propriamente detta, in quanto quest'ultima è una 2 Un altro tipo di frase argomentale è l’interrogativa indiretta, che occupa la posizione di oggetto del verbo se l'oggetto corrisponde a una domanda (“o non so dove egli sia” oppure “mi informo se treno delle 11”). Un tipo particolare di interrogativa indiretta è la frase disgiuntiva, che pone un’alternativa fra sue soluzioni (“mi informo se il treno c'è o è sospeso”). L’interrogativa, diretta o indiretta, può essere completa o parziale: si dice completa quando il nocciolo della domanda verte su elementi del nucleo e a cui si risponde “sì” o “no”, mentre di dice parziale se si fanno domande relative ad elementi extra-nucleari e la risposta è diversa da “sì” o “no”. Un altro tipo è la frase dichiarativa, in cui la subordinata specifica un elemento della frase principale, e spiega, illustra o precisa questo elemento della frase reggente (“sono stata chiara su questo punto, che le stesse regole devono valere per tutti”). | rapporti/legami tra le proposizioni possono essere di due tipi: - Formali, grammaticali, collegano il verbo e i suoi argomenti attraverso legami formali obbligati (regole, segnalati da //), essi completano il significato della principale, che se rimanesse da sola non avrebbe senso. | legami grammaticali completano “dichiaro /di/ essere innocente”; - Concettuali, collegano il nucleo alle sue espansioni attraverso legami concettuali, liberi, realizzabili in modi diversi, tra cui il periodo è solo una delle possibilità (scelte, segnalati da +); sono esprimibili con la subordinazione, con la coordinazione e con la giustapposizione “ho voglia di rivedere Maria per questo penso di accettare il tuo invito”; La frase attributiva è un tipo particolare di subordinata dipendente da un nome. Una caratteristica fondamentale delle attributive è il fatto di condividere con la frase matrice di cui fanno parte un elemento detto “antecedente”: “il ragazzo con cui stai parlando si chiama Pietro” = stai parlando con un ragazzo. Il ragazzo si chiama Pietro. La subordinata dipendente dal nome più frequente è la relativa. Le subordinate relative si riferiscono a un solo elemento della frase reggente (l’antecedente) e sono introdotte da un pronome relativo, da un pronome relativo indefinito o doppio (chi, chiunque...) o da un avverbio relativo (come, dove). “La persona che ho incontrato è interessante”. Ve ne sono di due tipi: 1) Relative restrittive: restringono l'ambito di riferimento del nome cui si riferisce; “la casa che vedi oltre la staccionata è quella dove sono cresciuta”, mi sto riferendo a una casa precisa, non in generale; 2) Relative appositive: si appone, si pone accanto al nome cui si riferisce che ha già un ambito di riferimento determinato “La casa dei miei genitori, che puoi vedere guardando oltre la staccionata, ora è abitata da un'altra famiglia.”, le appositive contengono informazioni supplementari all’'antecedente che tuttavia risulta individuato anche senza di esse. Un altro tipo di frase attributiva è la participiale, con funzione e significato restrittivo che si può sostituire con una relativa: “le decisioni riguardanti (= che riguardano) l'immigrazione devono essere riviste”, “l’uomo politico espulso (= che è stato espulso) ieri dal suo partito si era opposto alla costruzione di una diga”. Una stessa relazione logica si può esprimere in modi diversi, cioè con soluzioni morfo- sintattiche e lessicali diverse, e può essere codificata in modo più o meno esplicito. Le principali relazioni logiche che si possono stabilire tra le frasi, tra porzioni di testo, gruppi di enunciati sono relazioni concettuali, mediante frasi subordinate extra-nucleari, che si possono ricomprendere nelle macro-categorie seguenti: - Tempo - Causa - Conseguenza - Concessione - Condizione - Opposizione - Comparazione - Rielaborazione linguistica o semantica - Aggiunta - Disposizione testuale A seconda dei tipi di processi espressi dalle frasi coinvolte, le relazioni logiche si possono osservare a uno o più dei seguenti livelli: 1. Relazioni tra eventi: riguardano il modo in cui nel testo sono ricostruiti eventi, processi o fenomeni nel mondo reale o fittizio e sono riferite al mondo extra- testuale. Sono prevalenti nei testi narrativi e sono relazioni di tempo, causa e conseguenza; 2. Relazioni di organizzazione testuale: indicano il modo in cui vengono concatenati i processi logici che presiedono allo sviluppo del discorso; riguardano il pensiero che dà forma al testo e sono relazioni di rielaborazione, specificazione, motivazione, consecuzione e sono importanti nei testi argomentativi ed espositivi; 3. Relazioni di disposizione testuale: riguardano i rapporti a disposizione delle informazioni del testo, segnalata da espressioni come “innanzitutto”, “poi”, “in seguito”. Costituiscono una specie di segnaletica all’interno del testo (logo-deissi) che fornisce al lettore indicazioni su come sono disposte le diverse porzioni del testo, ed è tipico dei testi espositivi a scopo didattico; La relazione di tempo colloca un evento nel tempo rispetto ad un altro evento; può esprimere contemporaneità, anteriorità o posteriorità. “Mentre venivo all’università ho incontrato Riccardo”, “sono arrivata. Gli studenti erano già in aula”, “esco di casa e mi chiama Luca”. Le relazioni di tempo sono necessariamente implicate nelle relazioni di causa, conseguenza, condizione e concessione. La relazione di causa indica l'evento che si trova all'origine di un evento successivo, chiamato effetto, non dipendente dalla volontà del parlante. “Non si è sentito bene. Ha mangiato troppo”. La relazione di motivazione è formata da un'affermazione, un'ipotesi seguita da un’altra affermazione che ne giustifica il contenuto grazie ad un ragionamento. Si parla anche di “motivo del pensare”. E una casualità ragionativa. La relazione di fine indica lo scopo, l'intenzione in vista di cui è compiuta un’azione; anche il fine è una forma di casualità: si può dire infatti che lo scopo, l’intenzione è causa dell’azione. Il fine si caratterizza in quanto richiede un soggetto dotato di volontà propria. Esiste poi la causa intensificata, che esprime una causa intensa per cui si è o non si è verificata un’azione: “sono così stanca che non ho voglia di uscire”. Rientra nelle relazioni di conseguenza. Causa e conseguenza sono strettamente legate, dato che la prima costituisce necessariamente l’antecedente della seconda: se B è conseguenza di A, allora A è causa di B. La relazione di conseguenza indica la conseguenza provocata da un evento: “non ho visto il gradino e sono caduta”. La relazione di consecuzione invece è formata da un'affermazione, ipotesi o giudizio che risulta da un insieme di premesse grazie ad un ragionamento; è l’inverso della motivazione; segnala un ragionamento deduttivo “non è venuto all'appuntamento quindi non gli importava di uscire con noi”, “Tutti gli uomini sono mortali, Socrate è un uomo. Quindi Socrate è mortale”. | sillogismi rientrano nelle relazioni di consecuzione. Anche questa è una casualità ragionativa. La relazione di concessione presenta due eventi, dove l'opposizione si risolve a favore di uno dei due eventi, mantenendo nel contempo l’esistenza dell'altro. Anche questa relazione, come tutte le 6 altre, si può esprimere con subordinazione, coordinazione e giustapposizione. La concessione si può intendere come “causa attesa negata” o “causa frustrata” in quanto non si verifica l’azione che ci si aspetta: “anche se sono stanco, esco con Mario”, essa sottintende quindi una relazione di causa, che però viene negata. A causa della stanchezza potrei non uscire, ma esco lo stesso. La causa diventa così inattesa. Inoltre, la concessione segnala che un contenuto è presentato come valido (e quindi concesso) ma al contempo si afferma un altro contenuto che entra in contrasto con esso, in modo esplicito o implicito. La relazione di condizione o causa ipotetica presenta un'ipotesi che, se realizzata, provoca un certo evento. Dato un certo evento, se si realizza l'ipotesi, l'evento sarà la conseguenza e l’ipotesi realizzata ne sarà la conseguenza. L’ipotesi può avere diversi gradi di realizzabilità: la sintassi dei modi del verbo concorre in modo fondamentale ad esprimere questa relazione. “Se vieni con noi ti diverti”, “se verrai con noi ti divertirai’, “se venissi con noi ti divertiresti’» Nel caso si verifichi la causa, necessariamente si verificherà la conseguenza. La relazione di opposizione (oppositiva) presenta due eventi come opposti, alternativi o sostitutivi. Sul piano della composizione testuale, la relazione di opposizione segnala che due concetti si contrappongono. Essa può essere specificatamente una relazione di: - Contrasto: due concetti sono in contrasto tra loro, ma entrambi rimangono validi. “io sono venuto, ma Federico è rimasto a casa” - Sostituzione: un contenuto sostituisce l’altro. “invece di ascoltarmi ha fatto di testa sua”; - Alternativa / disgiuntiva: un contenuto è alternativo all’altro. “l casi sono due: o Luca è uscito o non ha voglia di rispondere al citofono”; La relazione di comparazione paragona due eventi sulla base del valore di un certo parametro. “Vivere a Milano costa tanto quanto vivere a Roma”. La relazione di aggiunta è la relazione più semplice. Questi processi trovano una coerenza agganciandosi ad un terzo elemento, gli elementi si accostano quindi l’uno all’altro senza presentare nessuna relazione specifica. Eventualmente possono intrattenere un’identica relazione logica con un altro contenuto. “Negli USA ogni anno 26.000 bambini si feriscono cadendo dal carrello dei supermercati. La ragione? | carrelli sono costruiti male: le ruote piccole offrono una base d'appoggio insufficiente, e il carrello, troppo in alto, sbilancia il centro di gravità. Senza contare i genitori distratti”. La relazione di rielaborazione semantica e linguistica sono relazioni di composizione testuale che interessano soprattutto i testi argomentativi ed espositivi e ne esistono di vari tipi: - Relazione di specificazione: un’espressione di contenuto povero viene successivamente spiegata. È una relazione tra un concetto più generale e uno più particolare. “c’è solo una possibilità per raggiungerli: andare a nuoto!” - Relazione di esemplificazione e di illustrazione: un'affermazione, ipotesi sono seguite da un esempio, un caso particolare o un fatto concreto volti a motivare o chiarire il concetto precedentemente espresso. “ci sono tre tipi di vino: un esempio è il vino rosso”; - Relazione di riformulazione: si riprende un contenuto del testo esprimendolo in altro modo, in altre parole. Il contenuto rimane invariato: tra i due componenti vi è equivalenza semantica. Vi sono tre tipi: espansione (il contenuto riformulato è espanso), riduzione (il contenuto riformulato è ridotto), variazione (il primo contenuto è riformulato in altri termini). - Relazione di rettifica: la validità di un contenuto è ridimensionata o annullata da un altro contenuto. È una riformulazione che si sostituisce a quella precedente. “sono d’accordo con te, o almeno, condivido gran parte del tuo pensiero”. Le proposizioni al participio presente si comportano come gli aggettivi e hanno funzione attributiva: “le decisioni riguardanti l'immigrazione devono essere riviste”. Quelle al participio passato hanno funzione attributiva oppure circostanziale: “la pizza cotta nel forno a legna ha un altro sapore”. Il modo non marcato delle proposizioni di modo finito è l’indicativo; il congiuntivo compare solo in determinate circostanze. Nella principale il congiuntivo ha valore modale: può indicare augurio o desiderio, supplire alle forme marcanti dell’imperativo e lo si usa anche nell’esclamativa non realizzabile “se solo ti avessi ascoltato!”. Nella subordinata il congiuntivo si differenzia dall’indicativo, innanzi tutto per il rapporto sintattico più stretto che istituisce con la reggente. La consecutio temporum è più rigida: “non sapevo (passato) / che Maria è (presente)-era (passato) ammalata”, “non sapevo (passato) / che Maria fosse malata”. Inoltre, si può omettere la congiunzione. Con alcuni verbi il congiuntivo è obbligatorio, in altri casi sono ammessi congiuntivo e indicativo, ma con differenza di significato, o con differenza di registro. Nella consecutio temporum il congiuntivo esprime simultaneità con i tempi semplici (presente e imperfetto) e anteriorità con i tempi composti (perfetto e piuccheperfetto) e con l’imperfetto. Non ha una forma per indicare posteriorità, per cui si utilizza la stessa forma che per la simultaneità, oppure usando futuro semplice e condizionale composto. Dal punto di vista del significato, gli usi del congiuntivo si possono dividere in tre categorie: - congiuntivo volitivo (eventi desiderati): si usa in proposizioni argomentali dipendenti da verbi, aggettivi o nomi che esprimono volontà, desiderio, attesa (aspettare, desiderare, ordinare, permettere, temere, volere...) e dunque, tra le proposizioni extra-nucleari, nelle proposizioni finali “gli ho detto cosi perché/affinché capisse”. Inoltre, è impiegato con la medesima struttura finale, nelle relative, con alcuni verbi come “cercare”: “sto cercando una camera che mi permetta di studiare in pace”; -. congiuntivo dubitativo (eventi la cui realtà è messa in dubbio): si usa in proposizioni argomentali dipendenti da verbi, aggettivi o nomi che esprimono dubbio, opinione, assunzione (credere, dubitare, ignorare, negare, supporre...). Con i verbi dichiarativi si usa il congiuntivo se il discorso è riportato, se il verbo è negato e se il contenuto del detto è considerato non vero. Con “succedere” si può usare il congiuntivo se il contenuto si riferisce non a un evento singolo ma una serie di eventi possibili, mentre si usa l’indicativo se il riferimento è a un evento concreto. Nelle proposizioni extra-nucleari si usa ad esempio nelle frasi temporali, per riferirsi ad eventi non ancora verificati al momento indicato nella principale (posteriorità) “Piero è partito prima che lo potessero avvisare”. In questi casi il congiuntivo non dipende dal fatto che l'evento non si verifica così incerto, ma dal fatto che nel momento in cui è evocato non si è ancora verificato. si può usare il congiuntivo anche nelle causali, quando si riferiscono a cause non vere o incerte. Si usa anche nelle ipotetiche nelle temporali con valore ipotetico. E dunque obbligatorio con qualora, purché, a meno che, solo che, a patto che... Nelle comparative ipotetiche introdotte da come.se ho da quasi si usa l'imperfetto o piuccheperfetto del congiuntivo. Si usa nelle relative quando la antecedente negativo ho considerato come puramente possibile “non conosco nessuno che sappia/sa il cinese”. Ancora, si può usare il congiuntivo quando la antecedente contiene un indicatore indefinito del tipo ogni tutto qualsiasi, nelle relative senza testa, negli elementi relativi generalizzanti e se la antecedente contiene un superlativo o un aggettivo come solo, unico, primo, ultimo. 10 - congiuntivo tematico (eventi la cui realtà viene presupposta, data per acquisita): Si usa in proposizioni argomentali che si possono riformulare con “il fatto che...” “mi fa piacere che tu venga” (= il fatto che tu venga). si distingue dagli altri due anche dal punto di vista sintattico, perché in genere non è possibile omettere la congiunzione che. abbiamo il congiuntivo tematiche nelle proposizioni argomentali dipendenti da verbi oggettivi o nomi che esprimono una valutazione logica o affettiva sul contenuto della subordinata (disapprovare, lamentare, meravigliarsi, preoccuparsi, rallegrarsi, contento, orgoglioso...). Se invece una argomentale che ha l’indicativo in posizione post-verbale è anteposta al verbo, può reggere il congiuntivo: “è sicuro che verrà. Che venga è sicuro”. Fra le subordinate extra- nucleari si possono ascrivere al congiuntivo tematico le fattuali introdotte da benché, malgrado, nonostante, sebbene, Dove la subordinata esprime il fatto che non influenza l'evento della principale: “benché si trattasse di notizie riservate, ne parlavano ormai un po' tutti.” All'interno di un testo la punteggiatura svolge una serie di funzioni: funzione segmentante (segnala confini della frase e del periodo, le suddivisioni del testo, le eventuali pause, sospensioni e interruzioni); Funzione intonativa e prosodica (fornisce importanti indicazioni sull'intonazione di una frase, sul ritmo e sull’intonazione del testo); funzione sintattica (indica i rapporti logico-sintattici tra i membri di una frase o di un periodo); funzione testuale (indica i legami logici tra le varie parti del testo); funzione metalinguistica (indica che la parola è usata in senso metalinguistico che non deve essere interpretata nel senso più comune). Il punto fermo Divide le frasi semplici e periodi, dunque segmento un testo in porzioni più piccole. La virgola è un segno di pausa breve all'interno della frase del periodo. Non perciò è debole, perché il suo diverso uso modifica sensibilmente il testo. Essa riveste numerose funzioni e va usata: nelle enumerazioni, nelle coordinazioni asindetiche, negli incisi, prima o dopo le subordinate che possono assomigliare agli incisi, prima di un’apposizione, per introdurre un vocativo senza interiezione, nelle ellissi. Non va usata: all'interno di un blocco compatto (soggetto + predicato; predicato + complemento oggetto, elemento reggente + complemento specifico). I due punti hanno la funzione di introdurre: una spiegazione, una specificazione (la frase introdotta dai: fornisce informazioni ulteriori e più dettagliate rispetto a ciò che è stato detto precedentemente). La specificazione può prendere forma di enumerazione. Quando però l’enumerazione fa corpo con la frase che precede i due punti non vanno usati. | due punti possono introdurre inoltre un discorso diretto, una citazione, una relazione logica di riformulazione, di consecuzione, di opposizione. Il punto e virgola è un segno che ricopre diverse funzioni che però in parte sono svolte anche dal punto fermo e dalla virgola. Il suo utilizzo dipende da scelte personali dello scrivente. In generale si può dire che il punto e virgola segnala un confine tra due porzioni di testo in modo più marcato rispetto alla virgola, meno marcato rispetto al punto. Il punto e virgola va sempre usato: nelle enumerazioni complesse, per dividere due o più frasi coordinate o giustapposte di un periodo complesso, per dividere due frasi giustapposte nelle quali la seconda introduca una conclusione, per dividere due frasi giustapposte nella quale si verifichi un cambiamento di soggetto. | puntini di sospensione indicano che nel testo manca una parte. Più in particolare si indicano: - una semplice omissione volontaria di una parte di una citazione; - un elenco non esaustivo che potrebbe essere quindi allungato; 11 - un rimando implicito, sottointeso, ha conoscenze condivise tra mittente ricevente che crea complicità; - particolari sfumature del significato che si vuole attribuire al testo, si tratta di situazioni il cui significato può rimanere ambiguo; - un elemento imprevedibile all'interno di un testo, cioè di un elemento che non ci si aspetterebbe; Le virgolette vengono utilizzate per indicare una citazione, per introdurre un discorso diretto, per indicare che una parola o un'espressione non si deve interpretare in senso letterale, per indicare che una parola è usato in senso metalinguistico. La punteggiatura è regolata da norme, ma segue convenzioni condivise e sedimentate con l'uso; in molti casi mete più possibilità di scelta e dunque può anche rispondere a un uso stilistico individuale dello scrivente. È da considerarsi francamente errata laddove compromette la comprensione della frase. Il valore normativo delle convenzioni interpunitive varia in relazione al genere testuale e al registro. Per “stile” si intende la scelta prevalente più o meno consapevole di un particolare modo di esprimersi con particolari effetti comunicativi. Lo stilema è un tratto caratteristico dello stile, è il modo di esprimersi. Vi sono diversi tipi di stile: - per le frasi complete lo stile è detto proposizionale, e può essere ipotattico o paratattico; - per le frasi incomplete lo stile può essere nominale (o a testa non verbale) oppure giustappositivo (con l'utilizzo della giustapposizione, l'abuso del punto fermo e la presenza di frasi frammentate); Anche se prive di verbo, le frasi a testa non verbale hanno senso compiuto e autonomia sintattica. Esse possono essere formate da: - aggettivo + sintagma nominale: “ottimo quel sushi - sintagma nominale + sintagma nominale: “mal comune, mezzo gaudio” - aggettivo + infinito: “difficile ipotizzarlo” - sintagma preposizionale + sintagma nominale: “Sopra tutto Fernet Branca” Tra le forme ricorrenti di frase complessa a testa non verbale c’è il costrutto nome/aggettivo + (che) + completiva, che agisce come interiezioni secondarie: “peccato che sia una canaglia!”. Caratteristica delle interiezioni è quella di sintetizzare in un’unità lessicale un contenuto frasale; è possibile, nell'ambito del linguaggio olofrastico, che un’interiezione sostituisca una proposizione principale, non solo come frase semplice, ma anche come testa di una frase complessa. Tipico di scritture che ricorrono spesso alle frasi a testa non verbale sono anche le principali all'infinito: “andare a Vancouver restando a casa”. Un costrutto a valore enfatico è ecco + infinito, che introduce l’irrompere di una novità: “ecco arrivare il testimone dell'accaduto”. Un altro modulo che impiega la principale all'infinito è l’infinito narrativo, generalmente preceduto dalla preposizione “a”: “...e tutti noi a scrivere della diversità dell’Italia”. In presenza di molte frasi a testa non verbale si parla di stile nominale; al contrario, laddove prevalgono frasi con testa verbale e di modo finito si parla di stile proposizionale. Mentre lo stile proposizionale mette in evidenza le relazioni, i rapporti logici che si instaurano fra gli elementi del periodo conferendo a ciascun elemento un ruolo all'interno del periodo e un peso nella gerarchia delle informazioni fornite, lo stile nominale, enfatizzando le singole unità informative che lo costituiscono, tende conferire al testo una maggiore carica empatica. La scelta tra stile proposizionale stile nominale a due importanti ricadute sulla strutturazione del testo, sulla sua ricezione, dunque sulla sua efficacia. Lo stile nominale è tipico del parlato, del digitato e dunque dei registri meno formali. 12 Quando la lingua non è in grado di modellare i significati con i suoi tempi, essa deve ricorrere a un sistema di concetti e oggetti in rapida formazione, provenienti da un ambito linguistico diverso (prestito). Si tratta dei settori tecnici o specialistici in cui si sviluppano le terminologie o lessici settoriali o di specialità, ovvero insieme di termini propri di quel settore. Questi termini servono a individuare nel modo più neutro o diretto possibile oggetti o concetti specifici e sono perciò monosemici. | procedimenti di formazione delle lingue settoriali coinvolgono il neologismo e la ri-semantizzazione. Se ci poniamo sull'asse sintagmatico osserviamo come tra parole simultaneamente presenti si instaurino rapporti di solidarietà, particolari relazioni combinatorie: le combinazioni preferenziali che si instaurano tra diverse classi di lessemi e tra un termine relazionale (verbo o aggettivo) e un termine classificatorio che ne costituisce l'argomento (nome) sono chiamate solidarietà lessicali. “Abbaiare” ad esempio è per forza riferito ad un cane. La polisemia si verifica quando uno stesso segno linguistico ha più significati, legati tra loro, che fanno parte di una stessa famiglia/campo. La polisemia è un processo fisiologico che permette alla lingua di aumentare in egual misura i significanti. | diversi significati di un medesimo segno nascono e si codificano nel corso dello sviluppo della lingua sfruttando legami di parentela concettuale di tipo metaforico e metonimico. La maggior parte dei segni linguistici ha una molteplicità di significati: nell'atto concreto di comunicazione si attiva un processo di disambiguazione, il contesto del discorso permette al destinatario di capire quali dei significati possibili di una parola il locutore ha inteso veicolare. La polisemia può essere sfruttata volontariamente nella comunicazione, diventando una tecnica espressiva: viene sfruttata la possibilità dell’ambiguità semantica. Ciò avviene in alcune tipologie testuali dal forte intento suasorio (pubblicità, titoli di articoli, libri, film...). Le diverse accezioni di un lessema polisemico hanno solidarietà lessicali diverse ed entrano in relazioni lessicali diverse nell’attualizzazione dei significati: detto del clima, “fresco” si oppone a “clima caldo” o “clima freddo”; detto del pane, si oppone a “pane raffermo”. L’omonimia si verifica quando uno o più segni linguistici hanno uguale significante ma diversi significati. Essi sono omografi e omofoni, ma hanno origini etimologiche diverse e sono semanticamente lontani (es. lama [animale]/ lama [coltello]). L’omonimia, diversamente dalla polisemia, è un fenomeno “patologico” del codice, cioè un punto del codice in cui la funzione di “correlazione oppositiva” non funziona correttamente: per un errore di differenziazione, accade che più segni, che dovrebbero differenziarsi sul piano del significante come su quello del significato hanno in realtà un medesimo significante. Alcune parole possono essere legate solo da omografia, si pronunciano quindi in modi diversi: àncora/ancòra. Altre invece possono essere legate solo da omofonia, scrivendosi quindi in modi diversi: anno/hanno. Capitolo 3 Il testo è l'unità fondamentale della comunicazione linguistica, caratterizzato da uno scopo comunicativo globale e un significato unitario e strutturato. Secondo i linguisti Robert-Alain de Beaugrande e Wolfgang Ulrich Dressler sono sette i requisiti che il testo deve soddisfare per essere considerato tale (sette criteri di testualità). 15 coerenza coesione intenzionalità accettabilità informatività situazionalità . intertestualità L’intenzionalità riguarda chi produce il testo, la sua disposizione a creare un testo coeso e coerente che soddisfi un certo progetto comunicativo. L’accettabilità riguarda chi riceve e interpreta il testo, disponendosi a riceverlo come tale, creandosi delle aspettative. Essa può essere infranta o delusa, e su questo fanno leva i testi pubblicitari. L’informatività riguarda i contenuti del testo, nel quale devono essere presenti informazioni note e nuove in modo bilanciato. La situazionalità riguarda l'adeguatezza e la pertinenza del testo rispetto alla situazione comunicativa. L’intertestualità riguarda l'insieme dei rapporti che il testo intrattiene con altri testi, indipendenti o parti interne allo stesso testo. La coerenza è il primo criterio cui tutti gli altri sono subordinati. Riguarda l’unitarietà del testo a livello del pensiero organizzato che lo sottende: è la qualità logico-semantica del testo. Essa è l'insieme di relazioni concettuali che permettono ai contenuti dei vari singoli enunciati di un testo di formare un messaggio complesso e unitario. Un testo è coerente se il suo significato complessivo è unitario, continuo, progressivo e gerarchizzato, ovvero riconducibile a un numero finito di temi e sotto-temi ad essi sotto ordinati. Nell’orale essa è implicita e risulta dall’inferenza del destinatario cooperativo. La coerenza può anche essere sostenuta dall’intervento di segnali linguistici specializzati, che la rendono manifesta all’interlocutore attraverso procedure di coesione, basate sull’uso di avverbi, connettivi, pronomi, ripetizioni, sinonimi, reggenze, concordanze... Un testo coerente ma non coeso può comunque essere compreso, se il destinatario coopera, postulando un modello di coerenza e compiendo le inferenze necessarie. Un testo coeso e non coerente non può essere compreso. Alla base dell’unitarietà del testo vi è dunque la coerenza, che la coesione può o meno rendere esplicita attraverso segnali linguistici appropriati. Poiché poggia sulle risorse morfosintattiche più complesse della lingua, la coesione è appannaggio di un registro medio-alto o alto; la sua messa in opera richiede un certo grado di pianificazione, motivo per cui è più diffusa nello scritto che nell’orale; poiché sfrutta e rende esplicite le relazioni semantiche tra le varie parti del testo, la coesione testuale è piuttosto caratteristica dei testi di carattere argomentativo ed espositivo. La possibilità di cogliere la coerenza di un testo poggia su diversi piani del significato, i quali concorrono globalmente alla coerenza dell’insieme. Coerenza concettuale: Un testo è coerente se gli enunciati che lo compongono non sono auto-contraddittori e riescono nell'intento di evocare un mondo, reale o fittizio. Una frase come “dormono i sassi” è auto-contraddittoria, ma questo tipo di incoerenza può essere a volte sfruttata a scopi persuasivi, usando le figure retoriche che violano questo livello di coerenza creando enunciati auto-contraddittori. | nomi classificatori o saturi sono quei nomi che rimandano a un referente da soli, sostantivi che individuano individui e costanze, non hanno bisogno di altro per riferirsi a qualcosa. Mentre i nomi relazionali o insaturi sono nomi che assegnano qualità (aggettivi) e definire processi (verbi), essi hanno bisogno di altro per riferirsi a qualcosa. Quando tra un nome classificatore e un nome relazionale si instaura l’unica relazione possibile, per quello schema argomentale, si ha solidarietà lessicale (es. il_gatto miagola). 16 NORNAON- Coerenza tematica: un testo è coerente se la progressione tematica tra gli enunciati (dal noto al nuovo) è coerente. Ciò significa che introduce gradualmente informazioni nuove appoggiandosi su informazioni note in modo tale che ogni nuova porzione di testo riprenda una porzione del testo precedente (continuità semantica) e insieme la arricchisca (progressione tema/rema) sotto qualche aspetto concorrendo allo svolgimento di un significato globale unitario. La mancanza di questo tipo di coerenza difficilmente può servire scopi espressivi. La coerenza tematica può essere sospesa o differita, per creare una specie di attesa nel lettore che non sa “dove il testo vada a parare”. La progressione tematica che il testo istituisce tra il dato (T) e il nuovo (R) è di diversi tipi spesso combinati tra loro: 1. progressione lineare: il rema della frase precedente il tema della successiva. Es. “Ernesto (T1) / vorrebbe giocare con suo fratello Bartolomeo (R1)” (R1=T2) “Bartolomeo (T2) / vorrebbe giocare con il gatto (R2)”; 2. progressione a tema costante: il tema non varia. “Caterina (T1) / è una strana bambina (R1). Le (T1) / piacciono i vestiti gialli e le scarpe arancioni (R2)”; 3. progressione per derivazione: temi e/o remi sono derivati da ipertema e/o iperrema precedente. “La città (T1) / sembrava un fantasma (R1). | quartieri (T1.1) / erano immersi nell'oscurità (R1.1). Le vie (T1.2) / erano deserte (R1.2). Le finestre (T1.3) / erano senza luce (R1.3)”; 4. progressione per dissociazione: dove un tema e/o rema composto viene sviluppato successivamente nelle sue parti. “Giovanni (T1) / andrà al cinema con Luca e Martina (R1+R2). Luca (R1=T1) / vuole vedere una commedia. Martina (R2=T2) / preferisce un film di fantascienza”; 5. progressione a salti: la progressione avviene senza una apparente coerenza. “Un cane (T1)/ attraversava il sentiero (R1). | rami (T2) / degli alberi erano spogli (R2)”. La coerenza tematica si appoggia su rapporti tra campi semantici, e cioè su legami di continuità semantica che collegano le varie unità informative. Nell'esempio 5, ricompongo la coerenza tematica tra T1 e T2 perché colgo la co-appartenenza di “cane, rami, albero” all'ambito semantico del paesaggio naturale abitato dall'uomo. | due enunciati, pur avendo remi e temi diversi e non continui, compongono coerentemente, grazie alla continuità semantica che collega le varie unità informative, il senso unitario del testo. Coerenza logica: un testo è coerente se gli enunciati sono collegati tra loro in modo sensato secondo relazioni logiche comprensibili. Un testo come “oggi fa molto freddo, metti il costume” non è coerente perché stabilisce una relazione logica impossibile. Anche questo tipo di incoerenza può essere sfruttato a scopi comunicativi tramite le figure retoriche. La coesione riguarda la sottolineatura della coerenza del testo ed è la segnaletica della coerenza. Essa è maggiore nello stile ipotattico, mentre è minore in quello paratattico, nominale e nelle frasi marcate. La coerenza può essere resa esplicita da specifiche procedure di coesione, che operano principalmente su due piani: segnalando l'identità e la continuità dei referenti evocati (coerenza tematica); segnalando le concatenazioni logiche tra i vari processi in cui tali referenti sono coinvolti (coerenza logica). La coesione del testo si attua attraverso una rete di collegamenti linguistici che segnalano legami di dipendenza e di sintonia tra elementi del testo e del co-testo. La coesione è la manifestazione linguistica della coerenza. La coerenza è lo scopo della coesione, la quale si analizza attraverso rapporti di dipendenza, di ripetizione/sostituzione, di collegamento. 17
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