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Tecnologia meccanica, Appunti di Tecnologia Meccanica

Appunti lezioni Tecnologia meccanica

Tipologia: Appunti

2019/2020

In vendita dal 29/07/2020

Daniela__z
Daniela__z 🇮🇹

4.4

(7)

19 documenti

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Scarica Tecnologia meccanica e più Appunti in PDF di Tecnologia Meccanica solo su Docsity! Processi di fonderia I processi di fonderia prevedono l’introduzione di una massa di metallo fuso all’interno della cavità di una forma, dove solidifica. I fattori più importanti da considerare in un processo di fonderia sono: • La solidificazione del metallo fuso, con conseguente ritiro volumetrico • Il flusso del metallo all’interno della cavità della forma • Lo scambio termico durante la solidificazione ed il raffreddamento • Il materiale della forma e la sua influenza sul processo di fonderia I metalli puri presentano punti di fusione e di solidificazione ben definiti, e questi due processi sono isotermi. Al contrario le leghe solidificano in un intervallo di temperature, e quindi a T non costante. La solidificazione comincia quando la T scende al di sotto della T di liquidus e termina quando raggiuge quella di solidus. Le leghe sono formate da un soluto, disciolto in un solvente, che rappresenta il componente presente in maggiore concentrazione. Quando la struttura cristallografica del solvente viene mantenuta in lega, essa si chiama soluzione solida. Esse si dividono in soluzioni solide interstiziali e sostituzionali. La particolare struttura cristallografica che si forma in fase di solidificazione dipende dalla composizione chimica del metallo, dall’entità dello scambio termico e dal flusso del metallo liquido in fase di colata. Una tipica struttura di solidificazione di un metallo puro presenta una pelle esterna formata da piccoli grani equiassici. Questo fenomeno è dovuto all’alta velocità di raffreddamento della superficie esterna, che entra a contatto con la terra fredda. Il volume interno, che ha un raffreddamento più lento, subisce la formazione di grani colonnari, orientati lungo la direzione dello scambio termico, perpendicolarmente alla superficie di scambio. In una lega, quando la T è compresa tra quella di liquidus e quella di solidus, la struttura è semisolida a dendriti colonnari. Tale intervallo di T si dice intervallo di solidificazione. Per le leghe varia da 50°C a 110°C. Velocità di raffreddamento basse o lunghi tempi di solidificazione localizzati danno luogo a microstrutture dendritiche grossolane, con ampi spazi tra i bracci delle dendriti, mentre per velocità di raffreddamento elevate le dendriti hanno una struttura più fine, fino a raggiungere una struttura amorfa per velocità elevatissime. A velocità di raffreddamento diverse corrispondono proprietà meccaniche differenti: per grani più piccoli aumentano resistenza meccanica e duttilità, diminuisce la microporosità del getto e la probabilità di formare cricche a caldo. La velocità di raffreddamento, oltre a influenzare la dimensione dei grani e delle dendriti, influisce anche sulla loro composizione chimica. Un raffreddamento lento produce una composizione chimica delle dendriti circa uniforme. Un raffreddamento veloce, al contrario, produce sulla superficie delle dendriti una concentrazione maggiore degli elementi in lega rispetto al cuore, a causa della loro espulsione dal liquido durane la solidificazione (al diminuire della T, diminuisce la solubilità del soluto nel solvente). Questo fenomeno è detto microsegregazione. Analogamente si può osservare che il fronte di solidificazione si muove in modo piano verso il centro, quindi la parte centrale del getto, che solidificherà alla fine, avrà un contenuto maggiore di costituenti a basso punto di fusione. Questo fenomeno è detto di segregazione normale. Il risultato opposto si osserva, come già descritto, nelle dendriti, in cui la superficie esterna ha una maggior concentrazione di soluto (segregazione inversa). Infine si può osservare la segregazione per gravità, se i componenti in lega hanno densità molto diverse. I costituenti a densità maggiore si accumuleranno verso il basso, e viceversa. Una stuttura equiassica può essere favorita rispetto alla formazione delle dendriti attraverso agenti nucleanti o aumentando i fenomeni di convezione interna. Questi ultimi possono essere favoriti da agitazione, vibrazioni o tecniche elettromagnetiche. La convezione provoca infatti il movimento del fuso, che spezza facilmente le dendriti. Queste tecniche producono un fuso più uniforme. La solidificazione del getto Il ritiro volumetrico è un fenomeno da tenere in conto in quanto può causare la formazione di cricche interne al materiale, o di un cono di ritiro. La contrazione avviene durante il raffreddamento del fuso, durante il cambiamento di fase e durante il raffreddamento del solido. L’entità maggiore si osserva nella terza fase. Alcune leghe come alcune ghise grigie, presentano una dilatazione durante il cambiamento di fase, poiché i grani di grafite che si formano hanno una densità molto bassa, quindi incrementano il volume del getto. L’acciaio ha una contrazione volumetrica del 2.5-4%. Si definisce modulo di raffreddamento il rapporto tra il volume del getto e la superficie di scambio termico. Considerando una piastra, divisa in cubetti elementari, le uniche facce che hanno uno scambio termico con l’esterno sono quella superiore e inferiore, quindi il modulo di raffreddamento in questo caso si calcola come: Spinte metallostatiche In fonderia si deve dare particolare attenzione alla densità della lega fusa, e ai relativi fenomeni di impatto sulla terra e spinte metallostatiche sulle staffe. Tali spinte possono deformare la terra o allontanare le staffe, formando pezzi imperfetti e bave. Conoscendo le superfici su cui agisce la pressione generata dal fluido si possono dimensionare i pesi da posizionare sulla superficie libera per evitare che la struttura si muova. Inoltre le anime in terra non possono essere troppo piccole, poiché la spinta le sgretolerebbe. Bisogna tener conto della spinta che agisce sull’anima, uguale al peso del liquido spostato meno il peso dell’anima stessa. Questa spinta si scarica sulle portate d’anima, per cui queste ultime vanno dimensionate con attenzione. Al fine di ridurre le spinte è preferibile posizionare la cavità che ospiterà il getto il più in alto possibile, in modo da ridurre la pressione sviluppata. Il tempo di solidificazione è funzione del volume di fuso e della superficie di scambio, secondo la legge di Chvorinov: dove C è una costante che dipende dal materiale della forma, dalle proprietà del metallo fuso e dalla temperatura. Lo spessore di raffreddamento dipende dalla radice quadrata del tempo di raffreddamento e da una costante k. Il pezzo è solidificato quando x=M, da cui si può ricavare il tempo di solidificazione. k vale 0,088 per un acciaio, 0,115 per l’alluminio e 0,07 per il rame. Dimensionamento della materozza Si parte dal considerare il ritiro volumetrico della materozza pari al 14-20% del volume iniziale. Inoltre il volume di ritiro è anche uguale al volume totale, di materozza + pezzo, moltiplicato per una percentuale di ritiro b. Mettendo a sistema le due equazioni si ricava il volume della materozza. Con x=14% per materozze cilindriche e ovali, e 20% per materozze sferiche ed emisferiche. Caratteristiche della terra Le terre da fonderia sono il prodotto del fine sminuzzamento di rocce di composizione controllata. Il processo di polverizzazione è detto molazzatura. Spesso è prodotta artificialmente in modo da avere una composizione più precisa. La maggior parte delle operazioni di colata utilizza terre silicee. Una terra a grani fini e arrotondati presenta una buona permeabilità ai gas e vapori che si generano durante la colata. Una terra a granulometria troppo fine ha migliori proprietà meccaniche ma è meno permeabile ai gas. Una buona terra da fonderia deve anche avere una buona capacità di deformarsi in modo da evitare difetti dovuti al ritiro. In generale, una terra da fonderia è composta da: • Silice granulare 85% • Bentonite 10% argilla, agisce da legante • Additivi 2%. Gli additivi sono composti che vengono aggiunti per migliorare le caratteristiche della terra, e i principali sono: o Amido: aumenta la scorrevolezza o Farina di cereali: contrasta la dilatazione della forma e aumenta la plasticità della terra, per produrre forme più complesse o Nero fumo: aumenta la refrattarietà e contrasta l’ossidazione del getto • Acqua 3% consente di dare una consistenza più lavorabile alla forma. Essa deve essere eliminata tramite essiccazione oppure tramite sfiati che facciano fuoriuscire il vapore prodotto. La forma può essere utilizzata tal quale (fusione al verde) o può essere essiccata. Le forme essiccate all’aria o in forni hanno una resistenza meccanica migliore, e quindi vengono realizzate per getti di grandi dimensioni. Garantiscono inoltre migliori tolleranze dimensionali, ma sono più suscettibili a cricche a caldo. La terra deve essere caratterizzata da: • Buona refrattarietà, cioè resistenza alle alte T e comportamento inerte rispetto alla lega • Coesione, cioè resistenza meccanica, funzione del legante (bentonite) • Permeabilità ai gas • Scorrevolezza, cioè capacità del materiale di insinuarsi in tutte le cavità del modello per riprodurlo il più fedelmente possibile • Sgretolabilità ovvero la capacità di essere rotta una volta terminato il processo di formatura A diverse terre sono associati diversi meccanismi di indurimento. I principali sono: • Meccanico: compattando la terra tramite azioni meccaniche • Chimico: la solidificazione avviene per reazioni chimiche all’interno della terra • Termico: la solidificazione avviene tramite un processo di cottura Processo di formatura meccanica La terra può essere compattata in diversi modi, in funzione dell’automazione del processo e delle caratteristiche del pezzo. Nella formatura a pressione la terra viene compattata tramite una pressa, che preme sulla parte libera della staffa. Questo processo produce un compattamento maggiore in prossimità della pressa, e minore intorno alla forma. La compattazione, quindi, non è uniforme, a differenza di quella manuale. Le grandi pressione possono deformare la forma, che quindi deve essere preferibilmente metallica. Affinché questo processo sia adatto la sabbia deve possedere buona scorrevolezza. Questa tecnica è di facile applicazione, poco costosa, con una produzione di 20 pz/h, bassa qualità dimensionale, per masse inferiori ai 100 kg. Con questo processo si può recuperare fino al 70% della terra, in base agli additivi. Nella formatura a tavola vibrante è richiesta una sabbia scorrevole, ma il grado di compattazione è molto basso. Il processo è abbastanza rapido. Nella formatura a lancio il materiale viene lanciato da delle pale rotanti. È un processo molto automatizzabile e controllato, la compattazione è uniforme e si riducono al minimo gli sprechi. La formatura ad aria compressa prevede una differenza di pressione tra la staffa e l’esterno, per cui la sabbia è spinta ad uscire dalla camera in pressione, compattandosi. Processo automatizzabile. La formatura in motta è un processo di formatura tradizionale senza staffe, per cui la terra deve possedere un elevato grado di compattazione in modo da reggere le spinte metallostatiche. È un processo facilmente automatizzabile: le motte possono essere accoppiate in modo che il getto venga effettuato tra due motte successive. Esse possono essere prodotte da presse e tramogge automatizzate, poste su un nastro trasportatore su cui va effettuata la colata, e infine rotte al termine del nastro. La formatura in fossa viene utilizzata per produzioni di grandissime dimensione. Si basa sulla produzione di motte singole, con elevata resistenza meccanica. Le motte vengono impilate e incastrate all’interno di una fossa a formare un’unica struttura autoportante. Devono essere previsti molti sfiati e di diametri importanti. È un processo artigianale, per produrre pezzi fino a 100t, e con necessità di inserire pesi per bilanciare le spinte metallostatiche. Spesso le motte vengono sigillate con paste adesive in modo che aderiscano tra di loro. Processi di formatura chimica Nei processi cold box il legante della terra è una resina con catalizzatore gassoso. La reazione chimica avviene a freddo, in camere chiuse in cui avviene il gasaggio. Sono di solito operazioni brevi. I principali tipi di processo sono: • Ashland: la resina è formofenolica e il catalizzatore è trietilammina. Produce una buona finitura superficiale, per pezzi dell’ordine dei 100kg. Tuttavia la resina utilizzata è igroscopica, il catalizzatore è tossico e la terra non è riutilizzabile • SO2: la resina è fenolica o furanica, mentre il catalizzatore è anidride solforosa. Come nel caso precedente i reagenti producono sostanze pericolose e tossiche (acido solforico), ma si riesce ad effettuare un recupero parziale fino all’80% della terra utilizzata. È un processo con buona finitura superficiale ed elevata velocità di formatura • CO2: la resina è silicato di sodio, il catalizzatore è anidride carbonica. La finitura è poco inferiore rispetto alle altre. Si riesce a recuperare fino al 40% del materiale. Meccanismi di formatura termica Il più utilizzato è la colata in guscio o shell mold casting. Consente di produrre componenti con buone tolleranze dimensionali a basso costo. In questo processo un modello realizzato in metallo ferroso o Al viene scaldato a 175-370°C, rivestito con un agente distaccante e ricoperto di terra, per cui uno strato sottile in prossimità del modello di indurisce. Si rimuove quindi la terra in eccesso. I gusci ottenuti sono molto sottili, 5-10mm di spessore. I gusci vengono quindi uniti e immersi nella terra, che agisce da rinforzo alla flessibilità dei gusci. Questo processo produce pezzi con ottima finitura superficiale, e conviene per la produzione di grandi quantità di pezzi di piccole dimensioni. È un processo facilmente automatizzabile. Il recupero della terra non è possibile in quanto la resina è termoindurente, tuttavia per la formazione di ogni guscio si utilizza poca terra, in quanto il guscio è molto sottile. La sabbia è di solito prerivestita con fenolo e formaldeide, con un 10% di un indurente. La finitura ottenuta è di 2,5-3μm, la precisione dimensionale del 0,3-1% e per una massa massima di 30 kg. Questa tecnica consente anche di produrre più pezzi da un’unica conchiglia. sottili fino a 1mm e con buona finitura superficiale 0,8-1,5μm. Si raggiungono produttività di 1000pz/ora. Bisogna porre attenzione alla corretta evaquazione dell’aria. Pressocolata in camera fredda Nella camera dello stantuffo viene introdotto solo il metallo necessario, e quindi non è direttamente collegato alla siviera. Il tempo di esecuzione si allunga, poiché si deve tener conto dello spostamento della lega dalla siviera allo stantuffo. Produttività massimo di 700pz/ora. Pressocolata sottovuoto Il processo comprende la rimozione di aria e gas all’interno della forma prima di cominciare il getto. Parte del metallo fuso risale nella conchiglia per l’effetto di risucchio, la restante parte viene spinta da un pistone. In tutti i processi di pressocolata le conchiglie possono essere formate da singole o multiple cavità. Si possono anche introdurre parti metalliche all’interno della conchiglia prima della colata, in modo da ottenere oggetti bicomponente. Squeeze casting Lo squeeze casting, anche detto liquid metal forging, è un processo che combina colata e forgiatura. Il metallo viene versato in una conchiglia fissa. Un punzone scende sulla conchiglia e applica una grande pressione, che mantiene i gas generati in soluzione. Le pressioni in gioco sono maggiori rispetto alla pressocolata, quindi il costo della conchiglia è maggiore. La rugosità è di circa 2μm, lo scarto è minimo. Le componenti metalliche e le grandi pressioni favoriscono lo scambio termico, che portano ad alte velocità di raffreddamento e grani piccoli. Colata centrifuga La colata centrifuga sfrutta le forze centrifughe generate durante la rotazione della conchiglia. Questo processo si può dividere in: • Colata centrifuga vera e propria: usata per parti cilindriche cave assialsimmetriche. Il metallo fuso viene versato in una conchiglia posta in rotazione. Grazie alla minore densità, le impurità tendono a depositarsi sulla superficie interna dell’oggetto. • Colata semi centrifuga: la tavola rotante ospita la forma cava. Utilizzata per elementi come cerchi a razze. • Colata per centrifugazione: le cavità delle forme, che possono avere qualsiasi geometria, sono posizionate alla periferia del piano rotante, e collegate tramite attacchi di colata. Il metallo fuso è versato al centro e riempie le forme cave per forza centrifuga. Difetti I processi di formatura per colata possono essere: • Visibili, e si dividono in: o difetti nella forma del getto: deformazioni, spostamenti delle staffe, bave o difetti sulla superficie del getto: aspetto, sfoglie, caduta di sabbia e tacconi o difetti su tutto il getto: saldature, incompletezze, fughe di metallo, cedimenti • Nascosti: o Cavità interne: porosità (<1mm), bolle (>1mm), soffiature (bolle con forma allungata), risucchi, cricche. o Difetti di struttura: durezza diffusa e locale, segregazioni o Inclusioni: di gocce fredde, scorie o sabbia Processo Vantaggi Svantaggi Colata in terra Colata in guscio Modello a perdere Forma in gesso Forma in ceramico Cera persa Forma permanente Pressocolata Colata centrifuga Quasi tutti i metalli possono essere colati; nessun limite di dimensione, forma 0 peso; bassi costi delle forme. Buona accuratezza dimensionale e finitura superficiale; elevata produttività. La maggior parte dei metalli possono essere colati senza limitazioni in dimensioni; forme complesse. Forme complesse; buona accuratezza dimensionale e finitura superficiale; bassa porosità Forme complesse; tolleranza strette; buona finitura superficiale. Forme complesse; eccellente finitura superficiale ed accuratezza dimensionale; quasi tutti i metalli possono essere colati. Buona finitura superficiale e accuratezza dimensionale; bassa porosità; elevata produttività Eccellente finitura superficiale e accuratezza dimensionale; elevata produttività. elevata produttività. Grandi componenti cilindrici di buona qualità; 8 Die cast 7 #6 È d s s: st i and ca: 4 È 2 3 (©) 2} Permanent-mold casting ib d 1 N 1 1 L 10° 10* 10° 10° 10% 10° 10° Number of pieces Processi fusori Rugosità Ra (um) | Pressofusione 0.5-3 Microfusione 1.5-3 Shell Moulding 3-7.5 Colata in forme permanenti (centrifuga) | 0.5 - 7.5 Colata in forma permanenti (statica) 5 -10.5 Colata in sabbia ( non ferrosi) 7.5 -14 Colata in sabbia (ferrosi) 14 - 23 Tipo di fusione Tolleranza (mm) Terra nera +0.5-4 Cold box + 0.25 -1.2 Shell molding + 0.25 -1.2 Richieste alcune operazioni di finitura; finitura abbastanza grossolana; tolleranze ampie. Dimensioni del pezzo limitate; richiesti modelli e attrezzature costosi. I modelli hanno bassa resistenza meccanica € possono essere costosi quando in numero limitato. Limitato a metalli non ferrosi; dimensioni e volumi produttivi limitati; tempo per realizzare la forma abbastanza lungo. Dimensioni del pezzo limitate. Dimensioni del pezzo limitate; modelli, forme e manodopera dai costi elevati Elevati costi delle forme; forme dalla complessità limitata; non adatto per metalli a elevato punto di fusione. Elevati costi delle forme; forme dalla complessità limitata; generalmente limitato a metalli non ferrosi; lunghi tempi di attraversamento Attrezzature costose; forme dalla comples: limitata. Dove m è l’esponente di sensibilità e C coefficiente di resistenza. Il valore del coefficiente m va da 0.05 a 0.85, e diminuisce all’aumentare della resistenza del materiale. Questo coefficiente ha una grande influenza sulla strizione: infatti, materiali con m maggiore, in seguito alla strizione, possono essere sottoposti ad un allungamento maggiore prima della rottura. La velocità di deformazione e la T di deformazione sono strettamente collegate, poiché v più alte creano nel materiale una generazione di calore interna molto più alta, aumentando la T. In generale, la sensibilità alla velocità è funzione della temperatura: il modulo elastico varia poco al variare di v se la T è bassa. A T alte, una piccola variazione di v provoca un grande aumento di E. Prova di compressione È una prova più rapida, meno affidabile ma che idealizza meglio molti processi meccanici, i quali lavorano per compressione. Questa prova ha il difetto di non poter evitare l’attrito tra provino e piani della pressa, per cui si osserva un imbarilimento del provino, che corrisponde ad una deformazione non uniforme. Prove di durezza La durezza è la capacità di un materiale di opporre resistenza all’indentazione. La durezza di un materiale è direttamente collegata alla resistenza all’usura, ed è indicativa della tensione di snervamento. Queste prove sono estremamente veloci e possono essere effettuate su una qualsiasi superficie di un oggetto. La durezza viene calcolata come rapporto tra forza applicata e area dell’impronta. Esistono diversi tipi di misurazioni che variano per forza applicata, dimensione dell’impronta, forma dell’indentatore, precarico applicato. L’unione di queste variabili definisce il tipo di grandezza fisica misurata, che può essere macrodurezza, microdurezza del singolo grano ecc. • Brinnel HB: l’indentatore è una sfera, e si misura il diametro dell’impronta. Il carico applicato è di 500/1500/3000kg. È una prova distruttiva, a causa dei carichi utilizzati. Il rapporto tra diametro dell’impronta e diametro dell’indendatore è di circa 0,25-0,5 • Vickers HV: l’indendatore è una piramide di diamante a base quadrata. I carichi sono di 1-120kg • Knoop HP: come Vickers, ma con dimensioni diverse. Carichi da 25g a 5kg. Prova poco invasiva, non fa perdere la funzionalità al componente. Si misura la diagonale dell’impronta • Rockwell: è la prova più immediata, poiché misura la profondità di penetrazione t, che viene restituita dalla macchina stessa. Ne esistono due tipi: o HRC (piramide): 100-500 t o HRB (sfera): 130-500 t Queste prove di durezza sono fortemente condizionate dal fenomeno dell’incrudimento, dai trattamenti superficiali e dalla posizione rispetto ai bordi del pezzo. Deformazione plastica I processi di deformazione plastica si basano sull’applicazione di una forza sul pezzo grezzo usando diversi tipi di stampi e attrezzature. Si dividono in: • lavorazioni primarie: producono un semilavorato che deve successivamente essere rifinito. Di solito si parte da oggetti provenienti da processi di fonderia, e avviene a caldo. • lavorazioni secondarie: portano il pezzo alla forma di utilizzo. Avvengono a caldo o freddo. Considerando la temperatura di fusione del metallo Tm, le lavorazioni si dicono: • A freddo: T/Tm <0,3. I processi a freddo garantiscono finiture superficiali e tolleranze migliori. • A media temperatura: 0,3 < T/Tm < 0,5 • A caldo: T/Tm > 0,6. Utilizzate quando le deformazioni da imporre al materiale sono importanti. Si ha il problema della formazione di ossidi fragili sulla superficie a causa del contatto con l’aria. Forgiatura a stampo aperto Nella forgiatura a stampo aperto lo stampo non presenta contenimenti laterali. Come in tutte le prove di compressione si osserva l’imbarilimento. Questo fenomeno può essere causato, oltre all’attrito pezzo- pressa, dalla compressione di un pezzo caldo con uno stampo freddo. In questo caso la parte del pezzo a contatto con lo stampo si raffredda, la sua resistenza al flusso plastico diminuisce localmente, quindi la deformazione avviene in modo più accentuato dove il pezzo è più caldo, cioè al centro. L’imbarilimento può essere ridotto scaldando gli stampi o ricoprendoli di isolante termico e lubrificante, oppure sottoponendo gli stampi a vibrazione ultrasonica. Si deve tener conto anche della generazione interna di calore dovuta agli attriti interni, che può provocare fatica termica. Il lavoro di deformazione è somma di lavoro ideale, di attrito e ridondante, causato dall’imbarilimento I lavori di attrito e ridondante sono difficilmente calcolabili e dipendono da processo, forma da realizzare e materiale. Considerando una deformazione unica, e ideale, con l corsa della pressa, V volume del pezzo, Y flusso plastico medio, posso utilizzare l’eq di Hollomon: Il processo di forgiatura è un processo a volume costante, poiché si trascurano i piccoli volumi di ossidi che si distaccano durante il contatto con l’aria. Gli ossidi rischiano di essere inglobati nel pezzo, formando dei difetti superficiali. Il grezzo deve essere preparato considerando le perdite di materiale a causa di formazione di bave e lavorazioni successive per asportazione di truciolo. La formazione di bava è un parametro molto importante perché è la zona in cui si concentrano maggiormente gli attriti durante la forgiatura, quindi le due semi metà degli stampi devono avere una distanza adeguata. Gli stampi devono essere inoltre lubrificati e preriscaldati. Per effettuare la forgiatura si utilizzano macchinari detti magli. Un maglio è un dispositivo per forgiatura formato da una mazza e un’incudine fissa. Il pezzo viene inserito tra mazza e incudine e colpito ripetutamente. La macchina funziona per conversione dell’energia potenziale della mazza in energia cinetica, e quindi sono macchine limitate in energia. Eseguono cicli in modo molto rapido, limitano il raffreddamento del pezzo, sono produttive ma pericolose e rumorose. Essendo la velocità di deformazione alta aumenta anche la resistenza alla deformazione del materiale, poiché la duttilità diminuisce e incorre l’incrudimento, quindi ad ogni azione successiva aumenta il coefficiente n, e quindi la σ necessaria. Con questo tipo di lavorazione si può controllare il flusso del materiale tra un colpo e l’altro, si ottengono manufatti con buona resistenza meccanica e tenacità, prossimi alla forma finale e con geometrie complesse. Tuttavia i semi stampi sono molto costosi e la manodopera deve essere altamente specializzata. Le forti deformazioni provocano tensioni residue che dovranno essere corrette con adeguati trattamenti termici. I magli si dividono in: • Magli a semplice effetto: sfrutta unicamente l’energia potenziale della mazza. • Magli a doppio effetto: viene utilizzato un pistone azionato idraulicamente che aumenta l’effetto del colpo. Si raggiungono 250kN e 8m/s • Maglio a contraccolpo: sia mazza che incudine si muovono, aumentando l’effetto del colpo. Fino a 2000kN e 10m/s In generale i processi di formatura a stampo aperto sono semplici, economici, permettono di ottenere forme varie con gli stessi utensili, permette di produrre pezzi molto grandi, o in generali semilavorati che poi dovranno subire altri processi, come lo stampaggio massivo. Gli svantaggi sono l’imbarilimento e le tensioni residue sviluppate. Rullatura obliqua Simile alla forgiatura a rullo, è utilizzata per la produzione di sfere per cuscinetti. Questa tecnica consiste nel far avanzare un barra tra rulli cilindrici sagomati ad assi sghembi. Le sfere devono essere successivamente trattate. È una tecnica con elevata produttività. Un’altra tecnica si basa sulla semplice forgiatura, meno produttiva. Difetti di forgiatura Un difetto molto frequente è causato dall’instabilità di sezioni sottili. Quando le costole presentano una quantità di materiale troppo alta si formano quindi delle pieghe nella sezione sottile interna. Se la zona di collegamento tra le due costole presenta invece troppo materiale, esso comincerà a fluire verso le costole, formando dei flussi interni e provocando difetti. Se i raggi di raccordo sono troppo piccoli il materiale può fluire su se stesso, creando delle saldature a freddo, che possono portare a rottura per fatica durante la vita del componente. Si deve tener conto degli ossidi che possono rimanere intrappolati all’interno del pezzo. Forgiabilità Si definisce forgiabilità la capacità di un materiale di essere deformato plasticamente senza che si abbia la formazione di cricche, tramite l’applicazione di forze contenute. Piccoli difetti o inclusioni possono dare grande variabilità di questa proprietà. Esistono due prove per quantificare questa proprietà: • Test di compressione: un provino cilindrico viene compresso finchè non presenta la formazione di cricche sulla superficie esterna, che presenta imbarilimento. • Test di torsione a caldo: Il provino viene sottoposto a torsione fino a rottura, a T variabili. Maggiore è il numero di giri che sopporta, maggiore è la forgiabilità. Inoltre si osserva che un’elevata pressione idrostatica ha un effetto positivo sulla forgiabilità dei materiali. Questa proprietà viene sfruttata per leghe di Al, Mg, Cu e acciai a basso tenore di C Progettazione degli stampi Per la scelta degli stampi si deve porre particolare attenzione alle caratteristiche del materiale di cui è composta la bielletta. Gli stampi devono presentare un’elevata rigidezza, in modo da non deformarsi sotto l’azione delle forse in gioco. Si devono preferire operazioni di preformatura in modo da ridurre lo stress sugli stampi e prolungarne la vita di esercizio. La linea di separazione è di solito sul piano di simmetria del pezzo, tuttavia il suo posizionamento deve prendere in considerazione i flussi di materiale, la posizione della bava ecc. Il canale di bava deve essere correttamente dimensionato in modo da non essere troppo sottile (tensioni troppo alte) e troppo lungo (troppi scorrimenti). Esso deve terminare con una cavità ampia che contenga il flash senza provocare ulteriori tensioni. La geometria dello stampo deve consentire l’estrazione, anche tramite estrattori. Devono essere previsti degli angoli di sformo di 3-10° in funzione di materiale, T e geometria. Gli stampi devono essere fatti in materiali ad elevata resistenza meccanica e tenacità ad alte T, temprabilità, resistenza agli shock termici e all’usura. Sono solitamente realizzati con acciai rapidi e super rapidi alto legati, con Cr, Ni, Mo. Le superfici degli stampi devono essere lubrificate, in modo da creare anche una barriera termica. Laminazione La laminazione è un processo continuo mediante il quale si ottiene la riduzione di spessore o il cambiamento della sezione trasversale di una bielletta mediante forze di compressione applicate da rulli. L’operazione di base è chiamata laminazione piana, nella quale i prodotti sono piatti e lamiere. Si definiscono piatti quei componenti con spessore maggiore di 6mm che hanno un ruolo strutturale, mentre lamiere hanno uno spessore minore di 6mm e possono essere reperite sotto forma di fogli piani o bobine dette coils, che vanno poi incontro a lavorazioni successive. La laminazione di forma produce oggetti di forme varie come tubi, travi o binari. Il lingotto o il pezzo da colata continua passa prima di tutto attraverso una laminazione a caldo che oltre a uniformare il pezzo dimensionalmente e chiudere la porosità, produce una grana fine e regolare che ne aumenta la duttilità. Inoltre si osserva un’affinamento del grano (ricristallizzazione) che migliora le proprietà meccaniche di duttilità e capacità di deformazione plastica. Le temperature utilizzate sono quelle della forgiatura a caldo. Si produce così la bramma (bloom, di sezione quadrata) o lastre (slab, sezione rettangolare). Dalle bramme si producono travi di varia sezione oppure rotaie. Dalle lastre si procede ad ulteriore laminazione per produrre laminati come lamiere e piastre. Possiamo avere anche billette (più piccole, quadrate o tonde) da utilizzare per successiva trafilatura. Di solito le ultime fasi della laminazione avvengono a freddo, in modo da far incorrere l’incrudimento e consentire di ridurre gli spessori. Si definiscono: • Lastra o bramma: sezione di almeno 14400mm2 a sezione rettangolare e con lati con rapporto circa 4:1 • Blumi: come lo slebo ma a sezione quadrata • Billetta: sezione quadrata dai 40 ai 150 mm. Vengono lavorate a caldo • Vergella: filo avvolto in bobine con sezione di vario tipo per la produzione di chiodi o bulloni. Si presta molto bene alla trafilatura. Il diametro è solitamente maggiore dei 5mm Si usa sempre un lubrificante per ridurre l’attrito. La rimozione degli ossidi può essere fatta, tra una passata e l’altra, tramite il decapaggio, che consiste nel passaggio delle lamiere in bagni di acidi, oppure tramite spazzole, getti d’acqua, oppure tramite fiamme. Laminazione piana In questo processo i rulli ruotano con una velocità periferica vr. Essendo il processo a volume costante, al diminuire della sezione aumenta la velocità della lastra, per cui la velocità di uscita sarà maggiore della velocità di ingresso. La velocità vr è compresa tra le precedenti due, quindi in una determinata sezione velocità del materiale sarà Vr. Questo punto si dice punto neutro e giace sull’asse neutro, anche detto asse a scorrimento nullo. Le forze di attrito sono maggiori prima dell’asse neutro, e minori dopo. Il risultato è una forza risultante che trascina il pezzo tra i rulli, rendendo possibile la laminazione. Inoltre la risultante delle forze di attrito e la velocità periferica dei rulli devono avere la stessa direzione. Affinché questi requisiti vengano soddisfatti, l’asse neutro deve essere posizionato verso l’uscita. Si definisce rapporto di laminazione il rapporto tra le altezze di ingresso e di uscita. Si osserva quindi che nel primo tratto AB la velocità periferica del rullo è maggiore di quella del laminato, mentre nel tratto BC la situazione è inversa. L’avanzamento si osserva a causa della componente orizzontale dell’attrito. Dove w è la lunghezza dei rulli. La pressione che si sviluppa nel contatto rullo pezzo varia in funzione del coefficiente d’attrito e della posizione angolare, raggiungendo il massimo nel punto neutro. Il punto neutro, inoltre si sposta verso l’uscita al diminuire di μ. Analogamente si osserva una dipendenza dell’andamento delle pressioni dall’entità della riduzione di spessore. Maggiore è la riduzione, maggiore è la lunghezza di contatto rullo-materiale, maggiore è l’entità del picco. In queste curve, una maggiore area sottesa corrisponde ad un maggior consumo energetico. Se μ è troppo basso, i rulli slittano senza far avanzare il materiale. Se μ è troppo alto, il punto neutro è molto vicino all’ingresso, e c’è un grosso spreco energetico. Processo Mannesmann È un processo a caldo utilizzato per la produzione di tubi senza saldature, che porta ad una maggiore resistenza meccanica. Si basa su due rulli ad assi sghembi che comprimono una barra cilindrica, al cui interno si forma una cricca, la quale viene allargata da un mandrino calibrato. A causa della grande deformazione plastica che la barra subisce, c’è bisogno di un materiale di partenza di buona qualità. Rullatura di tubi Avviene tramite cilindri sagomati, e si parte da barre cave. Il mandrino può essere presente, ma si può utilizzare in sua sostituzione un’asta metallica da rimuovere in seguito, oppure non lo si utilizza. Estrusione Nel processo di estrusione una billetta circolare è posizionata in una camera e forzata a passare attraverso una matrice. Può essere condotta a freddo o a caldo. Ogni billetta viene estrusa individualmente, quindi è un processo discreto, non continuo. Esistono diversi processi di estrusione. Estrusione diretta È un processo simile all’estrusione del dentifricio. La billetta o carica viene spinta da un pistone contro una matrice sagomata. In questo tipo di estrusione la carica crea attrito contro la camicia interna del contenitore della carica, necessitando di una forza maggiore. Carica e pistone possono essere separati da un tampone di diametro leggermente inferiore della matrice, in modo da non introdurre nell’estruso gli ossidi superficiali. L’estrusione diretta (a) presenta un picco di pressioni prima di cominciare l’estrusione a causa degli attriti statici. Estrusione indiretta Non c’è attrito tra la carica e la camicia interna, poiché la billetta è ferma, mentre si muove la matrice. Di conseguenza le forze necessarie al completamento del processo sono minori. L’estrusione avviene grazie al movimento di un cilindro cavo nella direzione della carica. L’estruso si muove in direzione inversa rispetto al pistone. In questo caso l’estrusione non è completa, per cui l’estruso dovrà essere diviso dalla billetta non estrusa. A differenza dell’estrusione diretta, quella indiretta (b) non presenta il picco di pressioni dovuto all’attrito statico. Le pressioni applicabili sono inferiori, a causa del pistone cavo. Estrusione idrostatica La pressione viene trasmessa attraverso un fluido di lavoro, e la billetta viene estrusa tramite una matrice. In questo modo vi è assenza di contatto, e quindi di attrito, tra billetta e pareti della camicia del contenitore. Ad ogni estrusione va introdotto del nuovo fluido, che si disperde all’estrazione dell’estruso. Estrusione a impatto Molto produttiva e adatta per produrre forme cave. L’estrusione avviene grazie alla risalita del materiale nella direzione opposta rispetto al movimento del postone. Variabili di processo Le principali variabili che definiscono il processo di estrusione sono il rapporto di estrusione, definito come il rapporto tra area iniziale e finale, l’angolo di apertura della matrice α, il coefficiente d’attrito e quindi la lubrificazione, la velocità di estrusione (0.1 ÷ 40 mm/s) e la temperatura del massello. Essendo una trasformazione a volume costante, al diminuire della sezione, il materiale ha una velocità di uscita dalla matrice maggiore rispetto a quella di ingresso. Lavoro di deformazione per l’estrusione indiretta Lavoro di deformazione per l’estrusione diretta Il primo termine rappresenta l’attrito sulla superficie laterale, mentre il secondo la forza di attrito frontale sulla matrice. Flusso del materiale La direzione del flusso del materiale dipende principalmente dall’attrito sviluppato e dalla T di estrusione. Nell’estrusione inversa o diretta con ottima lubrificazione (a) non si sviluppa attrito tra billetta e camicia, quindi il flusso del materiale è ordinato e omogeneo. Nell’estrusione diretta si cominciano ad osservare zone morte, in cui il materiale resta fermo. In questo caso le superfici esterne della billetta rischiano di essere estruse, insieme alle impurità e ossidi di cui sono ricoperti. Se la lubrificazione è inefficace, oppure per materiali in cui la tensione di flusso scende rapidamente al crescere della T, le linee di flusso tendono all’orizzontale quasi ad accavallarsi. Per ridurre quest’effetto si può anche ridurre l’angolo della matrice. Trafilatura di tubi I tubi prodotti per estrusione vengono ulteriormente ridotti in spessore o diametro per trafilatura. Possono essere utilizzati diversi tipi di mandrino se si vuole ridurre solo lo spessore (mandrino cilindrico), anche il diametro (mandrino troncoconico) o se si vogliono ottenere spessori minimi (la trazione avviene tramite un afferraggio attorno ad un mandrino cilindrico). Difetti di trafilatura Si osservano difetti simili a quelli dell’estrusione, soprattutto cricche interne centrali che aumentano all’aumentare dell’angolo di trafilatura, diminuendo la riduzione per passata, aumentando gli attriti. In entrambi i casi aumenta la deformazione disomogenea. Si può avere la formazione in superficie di striature, piegature o cricche longitudinali che possono poi crescere in seguito a lavorazione successive. Pratica della trafilatura Il primo processo si basa su dei bagni chimici a cui vanno sottoposte le vergelle, allo scopo di rimuovere gli ossidi, oppure tramite rimozione meccanica. La lubrificazione avviene solitamente in sapone, che ricopre la superficie del filo. Il tondino o filo viene inizialmente rastremato all’estremità per inserirlo nella filiera, poi viene preso negli afferragli della macchina trafilatrice. Si può effettuare la trafilatura in tandem facendo passare il filo attraverso più filiere in serie. Per ridurre le tensioni interne, prima dell’avvolgimento del filo intorno al tamburo si ineriscono dei rulli avvolgitori motorizzati su cui il filo compie 1 o 2 giri, i quali oltre a trascinare il filo in uscita applicano una tensione antagonista su quello in entrata successiva facilitando la trafilatura, come avviene nella laminazione. Si può migliorare la rettilineità dei fili facendoli passare in flessione attraverso più filiere disallineate. Sezioni più larghe vengono trafilate a temperature elevate. La trafilatura a freddo incrudisce il materiale, quindi non è possibile effettuare passate troppo drastiche. Per trafilature in serie a freddo bisogna procedere ad una distensione, detta annealing, tra una passata e l’altra. Il Bundle drawing è un processo che viene utilizzato per la trafilazione di più cavi contemporaneamente. Per prevenire l’incollaggio tra un filo e l’altro si inserisce del materiale opportuno, in genere polimerico, che funge anche da protettivo per cavi in acciaio. La filiera È la matrice di trafilatura. I materiali utilizzati sono di solito acciaio per utensili (𝐷 > 16 mm), carburi Metallici (1 < 𝐷 < 16 mm) o diamante (𝐷 < 1 mm). Se il materiale della filiera è molto costoso, si possono realizzare solo degli inserti da posizionare nell’alloggiamento in acciaio della filiera. La zona di maggior usura è la zona di primo contatto con il materiale. La filiera è composta di un raccordo all’ingresso, angolo di imbocco, tratto cilindrico di calibrazione e angolo di uscita. La zona di calibrazione è di solito abbastanza lunga in modo da contenere il ritiro elastico del materiale. Si possono avere due tipi di trafilatura in base alla lubrificazione: • Trafilatura a secco: si rimuove prima di tutto l’ossido superficiale per attacco chimico e poi il materiale passa attraverso un bagno di sapone in polvere prima di entrare nella filiera. Nel caso di metalli ad alta resistenza come acciai si riveste il filo o la barra con metalli duttili (rame o stagno). Per il titanio si usano polimeri. Queste tecniche di ricoprimento limitano il danneggiamento della filiera. • Trafilatura ad umido: il pezzo e la matrice sono completamente immersi nel lubrificante (oli e emulsioni) durante la trafilatura. In questo caso l’olio assolve anche ad una funzione di raffreddamento e di lavaggio delle superfici. Si possono usare ultrasuoni per ridurre ulteriormente l’usura e migliorare sia la finitura superficiale (livelli estremamente alti) che permettere alte riduzioni per passata. Lavorazione delle lamiere La lavorazione delle lamiere, denominata anche stampaggio, presenta caratteristiche di maggiore leggerezza, estensione superficiale e complessità di forme. Sono processi che vengono sempre preceduti dalla laminazione e dal taglio con cesoie, lame rotanti o seghe. I processi di lavorazione possono essere di punzonatura, tranciatura, piegatura, rollatura e così via. La lavorazione termina con sbavatura, pulizia e rivestimento. Il tipo di sollecitazione a cui va incontro la lamiera è generalmente una trazione che porta ad una riduzione dello spessore per effetto Poisson. In generale la riduzione di spessore è solo un effetto collaterale, e non l’obiettivo della lavorazione. La tensione di compressione può portare alla formazione di grinze e all’instabilità della lamiera, ed è un effetto che si osserva nelle operazioni come la piegatura. La trazione può invece portare a cricche. Si deve inoltre tener conto del ritorno elastico del materiale, che ha un entità importante a causa dello spessore molto sottile in confronto alle estensioni. Di solito si considera la ε in funzione dell’estensione, e non dello spessore. Le lamiere possono essere classificate in funzione della dimensione del grano cristallino, ovvero rispetto al processo di laminazione, in cui si modifica la dimensione del grano. Il grano deve essere tendenzialmente fine in modo da poter essere deformato plasticamente. La lavorabilità della lamiera dipende quindi da fattori come la dimensione del grano, trattamenti superficiali, attriti, tutti effetti legati allo scorrimento dei materiali. Allungamento al limite di snervamento Negli acciai a basso contenuto di C si osserva il fenomeno dell’allungamento al limite di snervamento. A causa di questo fenomeno lo snervamento comincia da una zona localizzata e si espande, finchè tutta la zona circostante ha snervato. L’effetto visivo che si crea sono delle Bande di Lueder, depressioni allungate sulla superficie della lamiera, che possono creare problemi a livello di finitura superficiale e verniciatura. L’allungamento al limite di snervamento può essere ridotto o eliminato tramite l’incrudimento di uno strato superficiale di lamiera tramite rullatura a freddo, detta in questo caso laminazione a freddo finale o skin rolling. Tuttavia a causa della veloce diffusione degli atomi di C all’interno dell’acciaio, le successive lavorazioni devono essere effettuate nelle ore successive, il prima possibile, in modo da evitare la ricomparsa della zona di snervamento non omogeneo. Anisotropia Un altro fattore che influenza la formatura delle lamiere è l’anisotropia, dovuta alla direzionalità dei processi precedenti di laminazione, e alla direzionalità dei difetti. L’anisotropia si può dividere in: • Anisotropia normale, quando si osserva nella direzione del suo spessore. • Anisotropia planare, quando si osserva nel piano della lamiera. Le macchine piegatrici lavorano in un unico passaggio su tutta la lunghezza della lamiera, quindi hanno grandi estensioni, e capacità che variano dai 300 ai 3200 KN. Solitamente, accoppiato alla piegatura eseguono anche il taglio. La piegatura in pressa può produrre diversi risultati tra cui angolo retto, disassata, raggiata, angolo acuto, ricalcatura e appiattimento (per evitare spigoli taglienti, di solito viene fatta prima l’angolo acuto). Piegatura con stampo elastico (embossing) Viene utilizzato un punzone metallico che opera contro una matrice flessibile, di solito composta di poliuretano. In questo modo possono essere riempite anche piccole cavità dello stampo, impossibile con una matrice metallica a causa della difficoltà di estrazione. La matrice polimerica è poco costosa, quindi può essere sostituita non appena si usura. Processo utile per lamiere di piccolo spessore. Utilizzata anche per creare scritte sulle lamiere. Modanatura Utilizzata per creare occhielli alle lamiere in modo da aumentarne la resistenza o nasconderne bordi affilati. Un processo simile è utilizzato per collegare lamiere in modo da creare delle tenute stagne, e viene detto aggraffatura. Bordatura Processo di piegatura dei bordi in modo da migliorarne la rigidezza. Permette anche di irrigidire un foro sollevandone i bordi. Tuttavia nella bordatura dei fori c’è bisogno di praticare un prefoto tramite un punzone e in seguito eseguire la bordatura, eventualmente con la stessa pressa, in modo da ottenere un bordo liscio. Rullatura La lamiera viene inserita in una serie di rulli che hanno lo scopo di piegarla cambiandone la forma in più fasi. La piegatura avviene in modo indefinito e per produzione in larga scala di grondaie, telai, tubi ecc. Le lamiere lavorabili hanno uno spessore molto variabile e una velocità di avanzamento fino a 1,5m/s. I rulli sono tipicamente in acciaio o ghisa grigia, e possono essere cromati per migliorarne resistenza e finitura superficiale del prodotto. La lubrificazione aiuta la durata e la dissipazione del calore. Piegatura dei tubi Nella piegatura dei tubi è imporrante evitarne lo schiacciamento e il collasso tramite anime e mandrini di varia forme come sfere, laminati o cavi, oppure vengono riempiti con sabbia. Piegatura e foratura sotto stampo In questo caso la lamiera viene contemporaneamente piegata e forata tramite un punzone. Taglio con cesoia Nel taglio tramite l’utilizzo di cesoie, le lame penetrano per una certa profondità all’interno della lamiera, fino a creare una rottura con lacerazione che separa le lamiere. Le lame hanno un leggero angolo di spoglia di piccola entità (1-2°) in modo da facilitare il taglio, e un gioco in modo da facilitare la lacerazione. Taglio con lame rotanti Permette di effettuare tagli con maggiore precisione e di forme diverse da quella rettilinea. Il taglio causa la formazione di una bava, e le lame possono essere motrici o folli. Tranciatura e punzonatura Sono processi che avvengono grazie ad una matrice che sostiene una lamiera e un punzone che la trancia. Il punzone presenta sempre gioco con la matrice, e il pezzo tranciato presenterà bave e flessione. La finitura della lamiera tagliata si può dividere in 4 zone diverse: • Un raccordo dovuto alla flessione della lamiera a causa del gioco punzone- matrice • Una zona liscia dovuta allo scorrimento del punzone lungo la lamiera, detto bordo ricalcato • Una zona di frattura con angolo di spoglia, dovuta alla decoesione del materiale • La bava finale, che sporge dal piano della lamiera. Lo sfrido presenterà le stesse zone, ma in ordine invertito, causate dal contatto con la matrice, invece che dal punzone. La formazione di queste zone compone un difetto, e quindi questo metodo non sempre è utilizzabile. La modalità di separazione dello sfrido varia in funzione del gioco tra punzone e matrice. Se il gioco è maggiore o uguale dello spessore della lamiera il materiale presenta un grande scorrimento, presentando le zone descritte in precedenza molto accentuate. Se il gioco è minore dello spessore, il taglio avviene quasi completamente per frattura, quindi la zona causata dal trascinamento è di minor entità. Presenta un taglio più corretto. Le forze in gioco sono: Dove kp indica la percentuale di penetrazione del punzone prima che cominci la formazione della frattura, e vale da 33 a 50 per gli acciai, in funzione della composizione. È un valore alto all’aumentare della duttilità del materiale. Il gioco tra punzone e matrice è di solito il 10-15% dello spessore della lamiera. Nella punzonatura lo sfido è la parte interna, cioè quella che viene rimossa. Mentre nella tranciatura lo sfrido è la parte esterna al punzone. In entrambi i processi è richiesto uno stampo con elevata resistenza meccanica e precisione. Stampo progressivo di tranciatura In questo tipo di lavorazione il taglio avviene in diverse fasi e in modo graduale, per produrre forme più complesse o sottili. È composto di successive punzonature che termina con una tranciatura per estrarre il pezzo finito della lamiera, che alimenta la macchina. Per limitare lo spreco di materiale devo accostare il più possibile. I materiali utilizzati per gli utensili sono: • Acciai al carbonio: sono acciai di costo contenuto con una percentuale di carbonio attorno all’1% ; si usano per la tranciatura di leghe di alluminio e acciai dolci quando è richiesta una durata non molto alta dello stampo (< 100.000 pezzi) • Acciai ad alto tenore di carbonio e cromo: sono i più usati, hanno percentuali di carbonio sino al 2% e cromo sino al 12% (es. X210Cr12). Si possono usare per tranciare una vasta quantità di materiali dall’acciaio dolce all’acciaio inossidabile, dall’ottone all’acciaio per molle o all’acciaio per lamierini elettrici. • Acciai rapidi: sono acciai legati contenenti tungsteno, cromo, molibdeno e vanadio (es. X80WCrMoV6 5); presentano una migliore resistenza all’abrasione dei precedenti. Molto usati nella tranciatura dei lamierini elettrici. • Carburi metallici: in particolare il carburo di tungsteno (noto anche col nome commerciale di Widia o semplicemente carburo): risultano ancora più resistenti all’usura degli acciai rapidi e hanno delle durate sino a 10 volte superiori. Si può passare da2-300.000 a oltre1-1.500.000 di pezzi prima di dover riaffilare punzone e matrice. Operazione mista tranciatura + piegatura Gli stampi per queste operazioni possono raggiungere grandi complessità a causa del gran numero di parti mobili, grazie ai quali possono essere effettuati movimenti multipli in successione. Pressa meccanica Si definisce potenza di una pressa la massima forza che la pressa, in fase di lavoro può esercitare e per cui i suoi organi sono stati dimensionati. Una pressa meccanica può raggiungere una “potenza” compresa tra 500 e 40.000 kN. È uno strumento meno preciso ma più economico rispetto ad una pressa idraulica, ed è inoltre limitata per quanto riguarda gli spessori. Roditrice È una macchina a controllo numerico che azione un punzone che si muove in modo alternativo ad alta frequenza. Sulla lamiera vengono effettuati fori parzialmente sovrapposti, per realizzare forme complesse a partire da punzoni di forma semplice. Per questo motivo è una macchina molto flessibile al variare della produzione, conveniente per produzioni piccole e varie. È utilizzata per fori, scanalature, asole. Tranciatura fine È una tecnica di tranciatura che produce un taglio molto più preciso rispetto alla tranciatura tradizionale. In particolare non si formano raccordi o bave, ma tutta la superficie del taglio è liscia, risultato dello scorrimento del punzone, e perpendicolare alla lamiera. Questi risultati si ottengono grazie a dei giochi dell’ordine dell’1% dello spessore e grazie ad un rompigrinza (graffa) che blocca 5. Principi fondamentali del taglio dei metalli Il principale vantaggio dei processi per asportazione di materiale è la qualità della finitura superficiale, che presenterà una rugosità molto bassa e variabile in un campo molto ristretto, a scapito della lentezza del processo e dei costi. Questo tipo di lavorazione può quindi risultare conveniente quando la produzione è piccola e molto varia, per cui non sarebbero giustificati i costi degli stampi, molto costosi, oppure quando si cerca una finitura superficiale molto fine. Il taglio si produce grazie al movimento relativo dell’utensile rispetto al pezzo. Il materiale in eccesso che viene asportato si dice truciolo. I processi per asportazione si dividono in: • Taglio: si dividono in lavorazioni che producono solidi di rivoluzione e lavorazioni che producono forme varie. Al primo appartengono tornitura, foratura, alesatura • Abrasivi: si utilizzano grani abrasivi tenuti insieme da un legante. Ne sono un esempio rettificatura e lappatura. • Fisico-chimici: sono lavorazioni non convenzionali quali laser, jet cutting ecc. I principali tipi di lavorazione sono: • Tornitura: un utensile mobile avanza lungo il profilo del pezzo posto in rotazione. In questo caso il moto di taglio è posseduto dal pezzo, il moto di avanzamento è posseduto dal tagliente. • Foratura: il pezzo è bloccato, l’utensile possiede moto di avanzamento e di taglio • Alesatura: movimento come la foratura. L’utensile non ha una punta, poiché ha il solo scopo di rifinire un foro • Fresatura: l’utensile ruota senza spostarsi, mentre il pezzo si muove. Quindi l’utensile possiede il moto di taglio mentre il pezzo possiede il moto di avanzamento. Ha lo scopo di spianare una superficie. • Mortasatura: per effettuare lavorazioni passanti all’interno del pezzo. L’utensile da il moto di taglio, il pezzo quello di avanzamento. Utilizzato per lavorazioni semplici come sedi di linguette • Brocciatura: è un utensile multi tagliente per lavorazioni passanti, come per la mortasatura, ma il risultato è più preciso e l’utensile più costoso. La cavità avrà quindi la forma del fianco dei denti • Rettificatura: il pezzo si sposta assialmente provocando strisciamento con una mola. Gli affondamenti sono molto ridotti, dell’ordine del 1/100mm Durante una lavorazione per asportazione di truciolo si osservano tre fenomeni principali: il locale incremento della temperatura, lo spessore del truciolo maggiore rispetto a quello del truciolo indeformato, e l’incremento della durezza del truciolo rispetto al materiale di base. Queste osservazioni sperimentali sono giustificabili dalla grande deformazione plastica che il truciolo subisce a livello granulare. Infatti, i grani del truciolo presentano una forma molto più allungata di quelli del materiale di base. Nei materiali molto duttili si definisce un angolo di scorrimento φ come l’angolo che si forma tra la direzione di movimento dell’utensile e l’interfaccia tra la zona indeformata e il truciolo deformato. Nei materiali più fragili l’interfaccia non è netta, ma si individua una zona intermedia tra le due. Taglio ortogonale libero Il taglio si definisce ortogonale quando lo spigolo tagliente è perpendicolare alla direzione del taglio, mentre libero quando lo spigolo tagliente ha un’estensione maggiore dell’oggetto. Lo spigolo tagliente è anche detto tagliente. La superficie che resta dopo la lavorazione si dice superficie lavorata. La velocità del tagliente si dice velocità di taglio. La superficie superiore dell’utensile, su cui scorre il truciolo, si dice petto dell’utensile, caratterizzato da un’inclinazione γ con la normale alla superficie. Il piano opposto dell’utensile è detto dorso. γ è detto angolo di spoglia principale. Analogamente l’angolo α è detto angolo di spoglia dorsale. φ è l’angolo di scorrimento, che definisce l’inclinazione del piano di scorrimento. h0 è lo spessore del truciolo indeformato, distanza tra la superficie originale e il tagliente, mentre h1 è lo spessore del truciolo. Si osserva che h1 > h0 sempre. Si definisce fattore di ricalcamento: Rappresenta un fattore di resistenza alla formazione del truciolo. Il taglio risulta più facile all’aumentare di γ, tuttavia l’angolo tra petto e dorso del pezzo non deve essere troppo piccolo, altrimenti il tagliente risulta troppo fragile. Valgono le considerazioni trigonometriche: ℎ0 = 𝐴𝐶 ∗ sin(𝜑) ℎ1 = 𝐴𝐶 ∗ cos(𝜑 − 𝛾) = 𝐴𝐵 Quindi all’aumentare di γ, diminuisce φ, il taglio è facilitato e lo spessore del truciolo è ridotto. Il modello di Pijspanen approssima il meccanismo della formazione del truciolo come scorrimento di singole parti quadrilatere lungo la direzione di scorrimento. Tali elementi sono definiti da una dimensione parallela al dorso dell’utensile, Δx e una perpendicolare Δs. La deformazione di taglio γs subita dal materiale risulta quindi Δs/Δx. Dove γ è noto in quanto proprietà geometrica dell’utensile. Si possono diagrammare le funzioni cotgφ e tg(φ-γ) in funzione di φ e γ. Si osserva dal grafico che tg e cotg hanno andamenti simmetrici, quindi presentano un minimo nella loro intersezione. Il minimo si sposta verso il basso (γs minori) e destra (φ maggiori) all’aumentare di γ. Il valore minimo indica il minor dispendio energetico. Il valore del minimo si ha ponendo la derivata nulla. Da questa teoria risulta quindi che il truciolo indeformato ha lo stesso spessore di quello deformato che risulta una condizione non vera. Questo risultato è causato dalla mancanza delle forze di attrito all’interno della trattazione matematica, per cui presenta un limite. Considerando ora le velocità di traslazione, posso individuare la velocità di taglio vt, conosciuta poiché è quella del tagliente, la velocità del flusso vf, assunta dal truciolo relativamente al sr del tagliente, e la velocità di scorrimento vs, che rappresenta la velocità assoluta del flusso rispetto al pezzo. La velocità di deformazione: vengono fissati al braccio dell’utensile tramite un bloccaggio meccanico a vite o tramite brasatura. L’inserto poggia sul portautensile attraverso un supporto che lo sostiene, di solito di un materiale molto fragile, per evitarne la rottura per flessione. Di solito la resistenza aumenta all’aumentare dell’angolo di lavoro del tagliente, per cui la forma più resistente è quella circolare, quella meno resistente è una forma a punta. Inoltre un angolo del tagliente piccolo produce un pezzo con una maggiore rugosità, a causa dell’avanzamento. Quindi una rugosità bassa si ottiene con un’avanzamento lento e con un utensile che abbia un raggio di raccordo del tagliente alto. Inoltre l’utensile può essere fornito di una gola in cui si incanala il truciolo, il quale per uscirne viene deformato e si rompe. Un metodo alternativo è l’applicazione di una piastrina rompitruciolo sul petto dell’utensile. Materiali per utensili Gli obiettivi principali nella progettazione di un utensile da taglio sono la bassa usura, che si ottiene tramite un’alta durezza, la bassa frequenza di sostituzione, ed alta produttività, ovviamente nel modo più economico possibile. L’attrito nel taglio, oltre a generare forze che provocano l’usura, provocano grandi innalzamenti di T, per cui c’è bisogno di un materiale che possegga una buona conduttività termica in modo da dissipare velocemente il calore. Il materiale con cui si crea l’utensile da taglio deve avere alcune caratteristiche fondamentali: • Durezza a freddo e a caldo, in modo da diminuire l’usura e aumentare la durata • Tenacità, infatti i pezzi lavorati non sono omogenei né a livello geometrico nè strutturale, quindi durante la lavorazione avverranno degli impatti che potrebbero danneggiare la punta. • Stabilità e inerzia chimica rispetto al materiale lavorato • Alta conducibilità termica • Bisogna inoltre tener conto dell’entità della riduzione di durezza all’aumentare della T di esercizio. I principali materiali che possiedono queste caratteristiche sono: • Acciai: è il materiale più antico, e si può a sua volta dividere in: o Acciai al carbonio: sono economici e facilmente formabili, e quelli basso e medio legati hanno una durata più lunga. Non sono adatti a lavorazioni ad alta velocità poiché le alte T fanno crollare la durezza dell’utensile. La durezza a freddo è di 900HV, hanno una T di rinvenimento di 250°C. Sono praticamente in disuso. o Acciai rapidi (HS) o super rapidi (HSS): progettati per lavorare a velocità maggiori, sono altolegati, ancora facili ed economici da produrre, buona resistenza all’usura. Ottima tenacità e resistenza a rottura, quindi adatti a lavorazioni interrotte. Ancora utilizzati quando ci sono alte vibrazioni o per forme dell’utensile complesse, come punte di trapano. La durezza a freddo si aggira intorno a 850HV e hanno una T di rinvenimento di 350°C. Gli acciai super rapidi presentano piccole percentuali di Co, alzando la T di rinvenimento a 600°C in modo da aumentare la velocità di taglio. La durezza è simile a quella degli acciai rapidi. Inoltre in lega possono essere presenti altri elementi come Cr, V, W che ne migliorano le prestazioni. Un esempio di composizione di un acciaio super rapido è: 0,8% C, 18% W, 4% Cr, 1% V, 10% Co • Leghe fuse, dette stellite: sono caratterizzate da elevata durezza anche ad alte T e buona resistenza all’usura. Sono meno tenaci degli acciai rapidi e sono sensibili agli urti. Sono utilizzati in lavorazioni di sgrossatura profonda e continua, a velocità anche doppie rispetto agli acciai, e quindi ad elevata produttività. Hanno composizione tipica di 50%Co, 25-30%Cr, 10-15%W e Mo, Fe e C in piccole %. La durezza a freddo varia intorno ai 700-800HV e le T di rinvenimento sono maggiori di 800°C. Non possono essere riaffilati • Carburi metallici o carburi sinterizzati o metalli duri: a differenza dei precedenti, hanno una maggiore resistenza meccanica e durezza, soprattutto ad alta temperatura. Hanno inoltre grande modulo di elasticità, conducibilità termica e bassa dilatazione termica. Per questi materiali gli urti o oscillazioni del braccio della macchina risultano molto pericolosi. Hanno una composizione che comprende WC: 94% max; Co:6-10%; TiC, TaC, NbC. La durezza raggiunge i 1300-1600HV, T di utilizzo di 800°C , ottima resistenza all’usura, dissipazione del calore. I principali carburi utilizzati sono carburi di tungsteno WC, di Ti, di tallio Ta, e Nb. Il legante, in tutti i casi è il cobalto. In particolare, il carburo di tallio aumenta notevolmente la resistenza alla formazione di crateri, ma forma precipitati che possono alterare il materiale. Per limitare la formazione di precipitati posso compensare con carburo di niobio. Per questi carburi si utilizza una notazione che li divide in 3 gruppi in funzione del metallo da lavorare, nei quali si suddividono in base alle concentrazioni degli elementi. o K: WC+Co, ghise e materiali non ferrosi o M: WC+Co+TiC, ghise e leghe termoresistenti o P: WC+Co+TiC+TaC+NbC, acciai e ghise a truciolo lungo • Ceramici: sono il materiale con cui si producono inserti, essendo fragili. Vengono fissati tramite brasatura e non tramite fissaggio meccanico. Non sopportano urti, ma presentano elevata durezza a freddo e caldo, e possono lavorare ad alte velocità. Sono tutte a base di allumina Al2O3. Presentano durezza intorno ai 1650HV, tenacità intorno ai 600MPa e T di utilizzo di 1100°C. I principali sono: o Ceramica pura (Al2O3+ZrO2): 1650 HV a freddo, utilizzo fino a 1100° C, tenacità: 550 Mpa o Ceramica mista (Al2O3+TiC): 1800 HV a freddo, utilizzo fino a 1100° C, tenacità: 550 MPa o Ceramica rinforzata (Al2O3+SiC (whiskers)): 2000HV a freddo, utilizzo a 1200° C, tenacità: 650 MPa o Ceramica pura (Si3N4+Al2O3): 1700 HV a freddo, utilizzo: 1100° C, tenacità: 650 MPa • Diamante sintetico: utilizzato come rivestimento, ma inadatto alla lavorazione del carbonio a causa dell’affinità chimica, poiché il C tende a migrare nel diamante indebolendolo. • Nitruro di boro cubico policristallino CBN: anch’esso utilizzato come rivestimento in sostituzione del diamante sintetico in modo da ovviare al problema dell’affinità chimica. Gli utensili possono inoltre essere rivestiti in materiali quali nitruri e carburi di titanio TiN e TiC, carbonitruro di titanio TiCN e ossido di alluminio Al2O3. Gli spessori dei rivestimenti sono di circa 2-10μm e migliorano la durezza ad alte T, inerzia chimica bloccando la diffusione di C del sottostrato, bassa conducibilità termica, buona adesione al substrato, porosità molto bassa o assente. I rivestimenti possono essere multistrato e ripetuti fino a 13 strati. Tutte queste caratteristiche del tagliente sono quindi accoppiate ad una buona tenacità dell’utensile dovuta al cuore. Usura degli utensili L’usura degli utensili è un aspetto da tenere in considerazione a causa delle ricadute che ha sulla qualità della superficie lavorata e sui costi. L’usura è causata da materiali di utensile e pezzo, geometria, lubrificanti, velocità e profondità di passata. L’usura sul fianco prende il nome di labbro di usura. È la parte che sfrega con la superficie appena lavorata. Il labbro inoltre si presenta più profondo agli estremi, e meno profondo al centro. Una soluzione può essere l’aumento dell’angolo di spoglia. Sul petto invece si forma il cratere di usura, causato dallo sfregamento con il truciolo e dalle elevate temperature. Infatti il cratere di usura è più profondo nella zona in cui la temperatura è massima, cioè a contatto con il truciolo appena deformato. Inoltre la velocità con cui il cratere cresce, aumenta velocemente con la T. Dalla raccolta di dati sperimentali si possono formare le curve di Taylor, che diagrammano la velocità di crescita del cratere di usura in funzione della T e del materiale utilizzato. In questo caso sono stati analizzati acciaio rapido (a), carburo C1 (b) e carburo C5 sono diametro e lunghezza massima del pezzo lavorabile e lunghezza del basamento. Un tornio parallelo può essere schematizzato dal motore che trasmette coppia ad un gruppo motoriduttore. All’uscita del CVT si trova il mandrino, mentre all’uscita del CVA si trova la barra scanalata che regola l’avanzamento. Le principali operazioni di tornitura sono: • Tornitura esterna: di pezzi cilindrici, conici o sferici. Nella tornitura conica il movimento parallelo è accoppiato ad un movimento trasversale, mentre nella profilatura il movimento è circolare. • Utensili sagomati: per la realizzazione di forme varie • Tornitura piana esterna, o sfacciatura: permette di realizzare una superficie piana all’estremità di un pezzo • Scanalatura frontale: permette di creare gole sulla parte frontale del pezzo, ad esempio per l’alloggiamento di guarnizioni • Foratura: di solito seguita da alesatura o maschiatura • Barenatura: è un’operazione di tornitura interna che permette di allargare un foro o tubolari oppure permette la creazione di gole interne • Troncatura: per tagliare un componente. L’utensile deve essere molto sottile in modo da non sprecare materiale, e la testa avrà una precisione non eccellente, quindi dovrà essere rilavorata • Filettatura interna o esterna • Zigrinatura: permette di modificare la geometria superficiale di un utensile, per renderlo ad esempio meno scivoloso al tatto Tornitura longitudinale L’utensile, una volta terminata la passata si allontana in direzione radiale prima di ritornare nella posizione iniziale, in modo da evitare il contatto con il pezzo in rotazione, a causa del ritorno elastico in seguito alla rimozione della forza esercitata dall’utensile sul pezzo. L’avanzamento è sempre longitudinale. Sfacciatura e tornitura di spallamento Per la sfacciatura possono essere utilizzati diversi utensili, in base a se si vuole ottenere una sfacciatura oppure uno spallamento. Varia quindi anche la direzione d’avanzamento dell’utensile e la finitura superficiale. Se l’avanzamento è trasversale la velocità relativa diminuisce all’avvicinarsi all’asse del pezzo. Per evitare che la velocità iniziale sia troppo alta o quella finale troppo bassa, si imposta come velocità di rotazione del pezzo un valor medio accettabile per tutte le distanze. Se le profondità di passata sono basse si può utilizzare un utensile con χ=90°, ma per profondità di passata importanti si deve utilizzare una punta con χ>90°,per poi rifinire lo spallamento mentre l’utensile esce in direzione radiale. Tornitura interna Di solito il foro deve essere di almeno 16-20mm in modo da poter inserire l’utensile e permetterne il movimento. Filettatura interna Di solito le filettature esterne vengono realizzate per rullatura, mentre quelle interne tramite un utensile detto maschiatore, tuttavia possono essere anche prodotte al tornio se si devono filettare grandi diametri oppure se la superficie del filetto deve essere rettificata, per assicurare una migliore accuratezza superficiale. Troncatura In seguito alla troncatura il pezzo può essere sfacciato in modo da migliorarne la finitura superficiale. Il diametro del pezzo non deve essere troppo grande, a causa dello sviluppo di grossi momenti torcenti sul pezzo. Mandrino autocentrante Nel mandrino autocentrante le griffe sono elementi che si possono muovere radialmente, essendo dotate di una dentiera che si accoppia con una scanalatura elicoidale piana presente sul disco sottostante. Il disco presenta, sull’altra faccia una ruota piano-conica, accoppiata con un pignone conico regolato da una brugola. In questo modo l’attrito degli accoppiamenti non permette l’allargamento delle griffe, e le griffe si muovo contemporaneamente grazie alla rigidezza dell’accoppiamento, assicurando la coassialità tra pezzo e mandrino. Le griffe possono anche essere mosse in modo indipendente in modo da fissare pezzi in modo eccentrico, nel caso in cui la lavorazione lo richiedesse. Lunetta Utilizzata per pezzi particolarmente lunghi e flessibili, in modo da aumentarne la rigidezza e diminuirne l’inflessione causata dalle forze di taglio. Viene montata su una guida parallela all’asse della macchina. Contropunta È un elemento inserito all’interno della controtesta e permette di reggere spinte assiali. Il pezzo va preparato tramite un piccolo foro dove va alloggiata la contropunta. La controtesta va accostata tramite un volantino. La contropunta può essere fissa o mobile, sostenuta da cuscinetti reggispinta. Il foro di centratura è fatto tramite una punta che pratica un foto di centraggio e avanzando apre un foro conico dove alloggia la contropunta. Brida Se il pezzo è sostenuto tramite punta e contropunta, al fine di avere una corretta trasmissione della velocità senza strisciamenti, sul pezzo può essere montata una brida, composta da una vite che si serra sul pezzo e da una sporgenza sul lato opposto. Sul mandrino di monta quindi la menabrida, provvista di una punta di serraggio del pezzo e di piolo che trascina il piolo della brida, trasmettendo il movimento senza strisciamenti. Forze di taglio e tornitura La valutazione delle forze scambiate è importante sia per la progettazione di macchina e utensile, sia per la valutazione delle inflessioni in lavorazioni di alta precisione. Nelle lavorazioni di tornitura la velocità radiale è nulla, quindi Pr=Fr*vr=0, mentre le potenze nelle altre due direzioni sono non nulle. Considerando Fn ed Ft come risultanti dalla teoria del taglio ortogonale, e introducendo χ come angolo tra il tagliente e l’asse di rotazione: Alesatura L’alesatura è un’operazione di finitura che migliora l’accuratezza dimensionale e la finitura superficiale di un foro già esistente. I fori più accurati vengono eseguiti con questa sequenza: contratura, foratura, barenatura e alesatura. La finitura può essere ulteriormente migliorata tramite operazioni di rettifica e levigatura. L’alesatore è uno strumento pluritagliente a taglienti dritti o elicoidali che rimuovno piccolissime quantità di materiale. Le tolleranze di cilindricità sono inferiori a 0,02. A differenza della punta da foro, l’alesatore non ha una punta conica, ma solo un’angolo di imbocco, quindi esso lavora sul fianco grazie ai colletti. Barenatura È un processo che permette di allargare un foro o realizzare spallamenti interni retti o per lavorazioni profonde. L’utensile è molto piccolo, facilmente sostituibile, ma produce molte vibrazioni. Maschiatura La maschiatura è un processo di realizzazione di filettature interne. Il maschio è un’utensile costituito da una serie di denti, dotato di tre o quattro scanalature. I maschi possono essere conici, per la filettatura di fori passanti con una coppia richiesta bassa, oppure finitori, che permettono di filettare un foro cieco per tutta la sua profondità. L’avanzamento del pezzo deve coincidere con il passo della filettatura. Forze di foratura In questo caso f corrisponde all’avanzamento a. Le forse normali al tagliente sono simmetriche essendo i taglienti due, quindi la componente F0 si annulla. Il punto di applicazione delle forze si assume come a distanza D/4 rispetto all’asse. La componente Ft definisce la coppia necessaria. I ciefficienti C, x e y sono tabellati in funzione del materiale. Fresatura La fresatura si basa sull’utilizzo di utensili rotanti multitaglienti per lavorazioni molto versatili. Le frese sono utensili cilindrici che si possono muovere in diverse direzioni relativamente al pezzo. Sono di solito a denti dritti o elicoidali. La fresatura si dice periferica se l’asse di rotazione della fresa è parallela alla superficie lavorata, o frontale se l’asse di rotazione è perpendicolare alla superficie. Per la fresatura periferica l’utensile può ruotare in concordanza o in discordanza con l’avanzamento del pezzo. Nella fresatura in discordanza o opposizione, la più utilizzata, il massimo spessore del truciolo si raggiunge nella parte finale del taglio, e la fresa può essere a denti dritti o elicoidali. Il taglio inizia nella zona in cui il truciolo ha spessore inore, qundi è un processo quasi senza urti. In questo tipo di lavorazione le impurita superficiali hanno un effetto di usura minore sui taglienti poiché l’utensile effettua il taglio dal basso verso l’alto, tuttavia l’utensile tende a vibrare e la forza che si sviluppa tra i due componenti è discorde all’avanzamento, quindi c’è bisogno di un corretto derraggio del pezzo. La finitura superficiale non è ottima, la fresa respinge il pezzo. Nella fresatura in concordanza, il taglio inizia in direzione verticale, perpendicolarmente alla superficie da lavorare, quindi contribuisce al bloccaggio del pezzo. Tuttavia il taglio inizia dalla zona in cui il truciolo ha spessore maggiore, e inoltre sulla superficie del pezzo, quindi presenterà urti e non sarà adatto a pezzi che presentano scaglia superficiale dura, come forgiati e getti. Adatta per pezzi snelli e tipica per la finitura di componenti in alluminio. La finitura superficiale è buona, e la fresa trascina il pezzo. La finitura superficiale ottenuta è tuttavia migliore grazie al fatto che la zona di distacco del truciolo viene raccordata meglio. Il concetto di fresatura deriva dalla limatrice, una macchina monoutensile che avanza in modo alternato sul pezzo, causando un’elevata lentezza. La macchina per fresatura periferica presenta un albero motore orizzontale, mentre in quella per fresatua frontale è verticale. Entrambe sono composte da basamento, albero motore che porta la fresa, e slitte che permettono il movimento del pezzo nelle tre direzioni. Le tre direzioni sono profondità di taglio, avvicinamento al montante e scorrimento. In alcuni tipi di macchine anche la testa della macchina può ruotare, formando un angolo con la verticale e lavorando superfici inclinate. Parametri di taglio L’avanzamento del dente è un parametro necessario a valutare la sollecitazione sul singolo dente. Analogamente, la velocità di avanzamento deve essere strettamente collegata al materiale della fresa e per velocità di avanzamento alte c’è bisogno di utilizzare inserti in materiali duri. Fresatura periferica Nella fresatura periferica si osserva che lo spessore del truciolo è crescente con l’avanzare del taglio, raggiungendo lo spessore massimo, e di conseguenza forza massima, in corrispondenza della superficie. Quindi i taglio comincia con spessore del truciolo e forza nulla, e termina con spessore e forza massimi. Nel taglio in opposizione il tagliente entra in contatto con il pezzo in modo tangenziale alla superficie, per poi scendere cominciando ad asportare truciolo. Nel contatto iniziale, a causa del fatto che la velocità tangenziale del tagliente è parallela alla superficie del pezzo, il taglio non avviene, ma avviene uno schiacciamento del pezzo, per cui c’è bisogno di dimensionare correttamente l’angolo di spoglia in modo da ridurre gli attriti. Inoltre il taglio avrà una direzione verso l’alto, per cui la forza di contatto tenderà a sollevare il pezzo. C’è quindi bisogno di un corretto serraggio. Se si considera lo spessore di trucillo indefrormato, si possono indiviare l’angolo di contatto φ0 e lo spessore del truciolo h0. Nei calcoli approssimati di forza si può considerare uno spessore medio pari alla metà dello spessore massimo. La viaribile az indica anche la distanza tra l’asse della fresa a inizio taglio, q eulla al termide del taglio. Se la fresa presenta un solo dente in presa si può usare il metodo del ks. Per capire quanti denti sono in presa contemporaneamente bisogna conoscere l’angolo tra i denti α. Se α>φ0 si ha meno di un tente in presa contemporaneamente, quindi la lavorazione sarà discontinua. Viceversa si avrà più di un dente in presa contemporaneamente, quindi la lavorazione sarà più continua ma la forza media sarà maggiore, ma distribuita su più denti. I materiali più utilizzati sono (i valori rappresentano lla durezza Knoop): • Ossido di alluminio, per acciai: 2000-3000 • Carburo di silicio, per ghise o materiali non ferrosi: 2100-3000 • Nitruro di boro cubico CBN: 4000-5000 • Diamante, superabrasivo: 7000-8000 Ogni mola abrasiva è caratterizzata da una sigla che ne identifica le proprietà. Le sigle XX e YY dipendono dal tipo di codifica che sceglie di utilizzare l’azienda. I vari tipi di legante sono: • Vetrificato: un ceramico la cui produzione è simile alla metallurgia delle polveri, viene infatti iniettato nello stampo ad alta pressione ed infine cotto per fondere il vetro ed ottenere una resistenza strutturale. Sono le più diffuse, ma sono suscettibili a shok termici e meccanici. Velocità limitate • Silicato: molto utilizzato per l’affilatura degli utensili, le velocità sono limitate • Gomma: Si possono ottenere mole molto sottili utilizzate anche per il taglio I parametri principali di una mola sono durezza e porosità. La durezza (si riferisce alla durezza del legante) influisce sull’autoravvivatura, infatti in una mola a bassa durezza il grano di abrasivo si scalza più velocemente, consentendo un ricambio veloce ma anche un elevato consumo. Inoltre la durezza è un parametro che dipende anche dalla quantità di legante utilizzato. Una mola ad elevata porosità presenta grandi vuoti interni, che possono contenere del lubrificante in modo che la mola sia autolubrificante, senza l’utilizzo di fluidi esterni. Un certo grado di porosità è necessario in modo da contenere parte del truciolo prodotto, in modo che non interferisca con il processo. Gli abrasivi nobili o superabrasivi sono di solito utilizzati solo come rivestimento di mole in materiali metallici o compositi, mentre il legante è solotamente una resina. Per i superabrasivi si utilizza una nootazione diversa, dove la concentrazione può essere espressa in C, cioè grani per centimetro cubico, oppure in V, come percentuale in volume. Le mole in CBN sono mole costituite da un corpo metallico ricoperte o da un monostrato di CBN oppure diamantabile, cioè la superficie abrasiva è composta da più strati di CBN che utilizzano un ceramico o resinoide come legante. Si definisce rapporto di rettificsatura il rapporto tra il volume di materiale asportato e il volume di usura della mola. Quindi più G è alto, maggiore sarà la produttività della mola. I superabrasivi presentano i valori di G più alti, alti costi e non possono essere ravvivate. Rettificatrice Le macchine rettificatrici sono scelte in funzione della forma della superficie da rettificare, dalle dimensioni e dalla produttività richiesta. Le principali tipologie sono: • Rettifica in piano: riguarda le superfici piane. Il pezzo è solitamente fissato alla tavola portapezzo, la quale si sposta in orizzontale e entra a contatto con la mola, che ruota lungo un asse orizzontale. • Rettifica cilindrica: il pezzo viene fissato tra due punte o in un mandrino autocentrante, e viene fatto ruotare con il suo asse parallelo a quello di rotazione della mola. Le due velocità di rotazione sono diverse. • Rettifica per interni: analogamente alla precedente, ma per superfici interne. La macchina rettificatrice può presentare punta e contropunta in modo da far ruotare il pezzo mentre la mola avanza e ruota, in modo da rettificare esternamente cilindri, oppure una tavola su cui il pezzo va fissato. Per una rettifica convenzionale di solito la velocità periferica dell’utensile raggiunge i 1500-3000 m/min, mentre quella di avanzamaneto delpezzo varia tra 10 e 60 m/min. Formazione del truciolo La deformazione del materiale a causa del grano di abrasivo si può dividere in 3 zone: una prima zona di deformazione elastica, seguita da una deformazione plastica e infine una terza zona di formazione del truciolo, dove si presenta l’azione di scorrimento. Lateralmente al truciolo si forma la bava, che viene rimossa dal passaggio dei grani successivi. Si può definire un’energia specifica relativa alle tre fasi: Dove ng è il numero di grani attivi che partecipano al taglio e k è un fattore di scala funzione della dimensione dei grani e dell’altezza del truciolo indeformato h0. K può essere individuato graficamente tramite hmedio=hmax/2. Vp è la velocità periferica del pezzo, vm della mola, p profondità di passata, D diametro dell mola, c concentrazione, r raggio della mola. Nelle mole la cui composizione impedisce l’autoravvivatura, la si può indurre esternamente tramite un ravvivatore che faccia scalzare i grani usurati. Economia delle lavorazioni per asportazione Le lavorazioni ad asportazione di truciolo sono molto versatili, tuttavia sono lente e producono molto più sfrido rispetto alle lavorazioni per deformazione plastica. Prima di scegliere il orocesso produttivo bisogna quindi analiizare con attenzione i costi del processo. I criteri principali sono costo basso, massima produttività e massimo tasso di profitto, inteso come utile prodotto, nasce dal bilancio tra produttività e qualità. In generale, il costo di produzione Cp si può ricavare come somma di diverse voci: • Csu: costo di setup, necessari per preparare la macchina alle lavorazioni. Τsu è il tempo di setup, M il costo orario e N il numero di pezzi del lotto, per i quali è sufficiente un solo setup. • Cimp: costo improduttivo, inteso come tempo sprecato in cui la macchina è ferma, a causa di procedure come controlli qualità. • Cte: costo del tempo di taglio effettivo. • Cut: costo utensile, inteso come costo di acquisto. Cta è il costo del tagliente, τcu è il tempo di cambio utensile, Np numero di pezzi lavorati con quell’utensile, T tempo di durata del taglio e τte tempo di taglio effettivo Il costo orario della macchina M comprende varie voci: ammortamento, interessi passivi, consumo di energia (elettricità, fluidi, gas), spazio occupato, materiali ausiliari, spese generali (assicurazione, pulizia ecc). Il costo di produzione è invece espresso tramite i parametri di taglio, alla base di cui si trova il volume di truciolo rimosso. Considerando l’esempio della tornitura: i G & Gromo G, 3 v £ 1 tolo de proderion notrml.nnel illo AL 7,10 Cl 349° De. ._1 e, t *((,* +]01 e nt hh (,° NV v 10004, Sr = ‘logo nt Apr Sh Lod. pl We n (BILI 1 LA) tei "NV V 0 ep 100py.T ld bud A - & ‘up DALILA «T>c 5 re) “> > G° Ad A,* »(54* d+R, A a gl" o ( 9125 eci , Esodo MAI 9928 tolanb/ D 71° 26 I U EAAMs MP tok sii mo‘ t NE colo nivina È => Avi, 4 (YI, C A n LA da gel » TREE du" ( Zrn C(k, =) da Alt) 1000. a- P rl a) Del Meet (7 = Moi predizione. 60 i Rfrio pugolaltinita e Una A pedina. Il ciclo di lavorazione Il ciclo di lavorazione è, in senso lato, la successione logica di tutte le operazioni necessarie per trasformare un pezzo grezzo o un semilavorato in un prodotto finito. Il processo di trasformazione di un prodotto parte dal progetto, che contiene informazioni dettagliate sulle parti e sull’assemblaggio. Dal progetto si passa alla produzione, che si basa suprecise istruzione volte ad una produzione economica ed efficiente. Infine il prodotto deve rispondere alle specifiche di progetto richieste. Un risultato accettabile può essere raggiunto con procedimenti diversi, che possono quindi essere ugualmente validi. In generale, la produzione segue questo flusso logico: progetto, specifiche del disegno, ciclo di lavorazione, documenti per la produzione, fasi preparatorie, produzione, assemblaggi, controllo, prodotto finale. I principali elementi di influenza sulla produzione sono: • Tempo richiesto e complessità di programmazione, che ricadono direttamente sui costi dovuto al prolungarsi nel tempo. • Produttività, si basa sull’eliminazione dei costi non necessari, ridurre i tempi improduttivi, minimizzare i movimenti manuali e i trasporti • Competitività: cioè fare bene il necessario. Il ciclo di lavorazione può essere suddiviso in: • Fase: insieme di operazioni svolte con la stessa macchina utensile • Sottofase: insieme ordinato di operazioni realizzate su una stessa MU e con stesso posizionamento del pezzo. Rappresenta la singola lavorazione. • Operazione elementare: insieme ordinato di operazioni realizzate su una stessa MU, con stesso posizionamento del pezzo e con stesso utensile La stesura del ciclo di lavprazione deve avvenire attraverso una serie di operazioni ordinate: 1. Analisi critica del disegno del pezzo. Il disegno contiene una grande quantità di informazioni: quote, toleranze dimensionali e geometriche, rugosità, tipo di grezzo, materiali, numero di pezzi da produrre. Alcune informazioni fissano già dei parametri sulla lavorazioni, adesempio la rugosità permette di fare una selezioni di utensili da utilizzare. Bisogna inoltre correlare i valori di tolleranza IT (di solito da 4 a 11, minore è il valore maggiore è la precisione). Posso inoltre apportare delle modifiche al disegno qualora delle lavorzioni non siano possibili, come ad esempio un foro su una superficie inclinata. Si può risolvere il problema inserendo, ad esempio, una superficie piana che permetta l’appoggio della punta. 2. Scelta dei processi e della sequenza delle fasi. Si raggruppano tutte le superfici lavorabili in un’unica macchina e si fissano le regole di precedenza. In particolare si devono lavorare prima le superfici di riferimento per le successive lavorazioni. 3. Raggruppamento in sottofasi 4. Scelta della sequenza delle operazioni 4. Scelta utensili. In particolare se ne devono definire materiale, in funzione del materiale del pezzo, parametri di taglio e costi, e l dimensioni, tra cui angoli, raggio di arrotondamento del tagliente e stelo. La scelta di alcuni parametri è fissata dal risultato da ottenere, come ad esempio la dimensione del raggio di raccordo dell’utensile è collegata alla rugosità ottenuta. Si sceglie quindi l’utensile da catalogo. 5. Scelta dei parametri di taglio. In base all’utensile scelto sarà associata una velocità di taglio e un avanzamento consigliati, che dovranno essere corretti tramite coefficienti in funzione della durezza del pezzo da lavorare. Di solito la durezza presa come riferimento è 180HB, e la durata di riferimento è 15 minti. 6. Attrezzature per posizionamento. Il bloccaggio del pezzo definisce anche il risutato ottenuto dalla lavorazione. Un bloccaggio corretto deve avere almeno 3 supporti di base, due frontali e uno sul lato. 7. Strumenti e procedure di controllo 9. Calcolo dei tempi e dei costi 10. Stesura dei fogli di lavorazione e del part program per MU Esempio di ciclo I numero delle fasi si esprimo in decine in modo da poterne aggiungere di intermedie. Rappresento il pezzo con il sistema di ammorsamento schematiddato da delle frecce. Se la punta è semi annerita allora rappresenta un bloccaggio. Se la punta non è annerita rappresenta un riferimento, come ad esempio una contropunta. Posso inserire una quota L che rappresenta il posizionamento del sistema di ammorsamento e una quota x che rappresenta la massima escursione dell’utensile necessaria per quella lavorazione. La prima operazione è una sfacciatura, da φ85 a φ0. Nella tabella sono specificati tutti i parametri come numero e profondità delle passate, macchina, utensile, velocità avanzamento, tempo impiegato ecc. Se un parametro è manuale il tempo non è segnalato. Un parametro manuale può essere ad esemio l’avanzamento nell’esecuzione di un foro. Le superfici lavorate sono di solito evidenziate o rappresentate con linee spesse. Di solito gli smussi sono da 2x45°. In ogni caso è meglio effettuare prima la foratura e poi la sfacciatura. Proprietà e lavorazione dei materiali polimerici I materiali polimerici son costituiti da molecole di grandi dimensioni, il che li rende altamente plastici, con una temperatura di lavorabilità molto bassa e un’energia specifica di lavorazione molto bassa. I polimeri sono sostanze composte da macromolecole, cioè molecole molto grandi formate dalla successione di un piccolo gruppo molecolare, caratteristico del polimero stesso, che si ripete in modo uguale per centinaia o migliaia di volte. Le principali caratteristiche di un polimero sono grado di polimerizzazione n, peso molecolare PM, grado di polidispersità e di reticolazione, temperatura di transizione vetrosa Tg, temperatura di fusione Tf. A pesi molecolari alti corrisponde alta viscosità e alta resistenza all’impatto. Il peso molecolare è distribuito in modo non uniforme all’interno del volume del polimero, quindi si parla di peso molecolare medio, definito su base statistica. Ai PM si associa la polidispersità, che indica quanto i PM sono dispersi rispetto al PM medio. Le molecole più piccole agiscono da plasticizzanti abbassando la rigidezza del polimero ed impediscono un corretto impacchettamento delle strutture più grandi per formare una struttura cristallina. La temperatura di transizione vetrosa separa il comportamento da solido a quello pastoso. Invece la temperatura di fusione è la temperatura alla quale scompare l’ultima struttura cristallina. Nella fusione infatti fondono prima i cristalli più piccoli ed imperfetti. I polimeri si possono classificare in diversi modi: • Classificazione storica: o Materie plastiche da sostanze naturali o Materie plastiche da condensazione di resine o Prodotti di polimerizzazione. • Classificazione tecnico economica o Fibre chimiche o Gomma sintetica e prodotti in gomma o Resine sintetiche • Classificazione chimico tecnologica o Termoplastici o Termoindurenti o Elastomeri Il tipo di lavorazione più comune per i materiali plastici è lo stampaggio ad iniezione, seguono altri tipi di processo specifici per il tipo di produzione: • Soffiatura di corpi cavi: viene prodotto innanzitutto un semilavorato estruso in cui iene introdotta aria per farlo gonfiare all’interno di uno stampo. • Stampaggio a rotazione: il materiale liquido viene inserito al centro dello stampo in rivoluzione, fino a giungere alla solidificazione. • Termoformatura: il materiale è inizialmente in lastre e viene chiuso all’interno di stampo e controstampo. Il processo avviene in compressione o depressione e con apporto termico. • Stampaggio: processo molto simile allo stampaggio massivo per i metalli • Termoindurenti: avviene la colata del materiale all’interno della cavità. Possono essere utilizzati una grande gamma di additivi: • Rinforzi come fibra di vetro, di carbonio ecc • Coloranti, circa 1-3% • Stabilizzanti contro l’invecchiamento • Ritardanti di fiamma quando il materiale abbia un utilizzo a rischio di combustione • Rimacinato, ma al di sotto del 30% in modo da non indebolire troppo la resina madre • Riempitivo tra cui materiali inerti come talco o gesso • Plasticizzanti, che migliorano anche l’elasticità • Agenti schiumanti, che migliorano porosità e leggerezza Lo stampo deve essere mantenuto ad una determinata T in modo non produrre uno shok termico. Il processo di stampaggio si può dividere in diverse fasi: 1. Chiusura degli stampi 2. La vite punzonante spinge il fuso nella cavità (riempimento, pressurizzazione). Il riempimento è un’operazione molto veloce, ha una durata molto minore rispetto al raffreddamento 3. La vite punzonante applica una pressione (mantenimento) al fuso in raffreddamento nella cavità finché il gate si sigilla 4. La vite si ritrae e contemporaneamente gira, in modo da preparare del nuovo materiale per la stampata successiva (plastificazione). Il fuso nella cavità continua a raffreddarsi 5. Apertura degli stampi ed estrazione. Il pezzo non è accora completamente solidificato ma ha raggiunto una rigidezza sufficiente a poter essere estratto. Durante il processo lo stampo è chiuso per la maggior parte del tempo, e viene aperto solo per il tempo necessario a permettere l’estrazione del pezzo. Lo stampaggio può essere fatto anche iniettando materiali diversi o di colori diversi, purché i materiali siamo compatibili e aderiscano in modo corretto. Se lo stampaggio avviene in contemporanea si parla di bi- iniezione, mentre se avviene in modo sequenziale si dice co-iniezione. Nella co-iniezione il prodotto può essere composto da un materiale interno che ne costituisce il cuore e uno che ne ricopre la superficie. Utile quando si vogliono sfruttare proprietà di materiali diversi. Stampaggio assistito dal gas Questa tecnica viene utilizzata per la produzione di manufatti cavi. Dopo l’iniezione del fuso viene iniettato del gas pressurizzato 0,5-30MPa in modo da creare una bolla che spinga il materiale fuso verso le pareti dello stampo. Il fuso viene quindi leggermente compresso a causa della pressione a cui viene iniettato il gas, e il raffreddamento avviene sottopressione. In seguito al raffreddamento del polimero il gas viene scaricato e gli stampi aperti. Di solito il gas utilizzato è azoto ma si può utilizzare anche acqua, che presenta vantaggi sul raffreddamento. Occorre tuttavia adottare alcuni accorgimenti in modo da ottenere uno spessore omogeneo, come spigoli raccordati ecc. I processi di giunzione Possono essere distinti in permanenti e non permanenti e comprendono la saldatura, fissaggio meccanico e incollaggio. In generale si possono raggruppare in funzione di diversi parametri come resistenza, dimensioni, tolleranze, affidabilità, costo, facilità di manutenzione ecc. Saldatura La saldatura è un processo di unione permanente che viene effettuato tramite l’alterazione metallurgica del componente con apporto di calore grazie ad un sistema elettrico. La terminologia principale comprende: • Metallo base: il metallo di cui sono composti i lembi da saldare • Metallo d’apporto: il metallo aggiunto esternamente. Deve avere proprietà simili a quelle del metallo base • Lembi o bordi: sono le superfici che sono interessate dalla saldatura in tutta la loro lunghezza. Il processo di preparazione dei lembi si dice cianfrinatura, e si basa sulla realizzazione di smussi. Di solito è un’operazione che viene effettuata quando gli spessori da saldare sono maggiori di 5mm • Bagno di fusione: è il metallo allo stato liquido che si forma durante la saldatura • Cordone di saldatura: è la zona composta da entrambi i metalli solidificati nella zona di saldatura L’orientamento spaziale del cordone di saldatura da effettuare limita anche le tecniche utilizzabili (problemi di caduta del bagno di fusione), quindi si possono definire le posizioni di saldatura: in piano, verticale, frontale e sopra testa. Inoltre, in base alla posizione relativa dei due pezzi da saldare si distinguono giunto di testa, a L, a T, a sovrapposizione e di spigolo. L'attitudine dei metalli a saldarsi si chiama saldabilità: un materiale ha buone proprietà di saldabilità quando un suo pezzo, prima diviso e successivamente saldato, conserva lungo il giunto saldato caratteristiche meccaniche non inferiori a quelle precedenti la rottura. La saldatura deve quindi avere caratteristiche meccaniche migliori rispetto a quelle del metallo base. La saldabilità è condizionata da molti fattori, come composizione chimica del materiale e sua microstruttura, temperatura di fusione del metallo base, temperatura di fusione e massa volumica degli ossidi del metallo base e del metallo d 'apporto, conducibilità termica del metallo base, conducibilità elettrica (nel caso di saldatura elettrica), trasformazioni strutturali, coefficiente di dilatazione termica, tipo di processo impiegato (temperature sviluppate e loro distribuzione, presenza di gas protettivi), tensione interne causate da fusione e solidificazione del materiale. Vengono riportate le caratteristiche di saldabilità di alcuni materiali comuni: • Acciai al C: saldabilità eccellente quando il tenore di C è basso. • Acciai altolegati: saldabili solo in particolari condizioni • Acciai zincati e prelubrificati: gli strati di zinco e di lubrificanti influenzano negativamente la saldabilità, quindi è preferibile rimuoverli prima della saldatura. • Alluminio e sue leghe: saldabili con elevate potenze • Ghise: saldabili, anche se con difficoltà. Poco utilizzato • Magnesio e sue leghe: saldabili con gas protettivi e flussi, poiché il Mg reagisce con l’ossigeno dell’aria. Le saldature possono essere classificate in prima battuta in autogene ed eterogene. Una saldatura è detta autogena quando il materiale base fonde e prende parte alla composizione del giunto. Una saldatura è detta eterogena quando il materiale base non fonde e non prende parte alla composizione del giunto che è formato dal solo materiale d’apporto. In tutte le saldature bisogna tener conto della zona termicamente alterata ZTA, ovvero la zona nell’intorno del cordone di saldatura che presenta caratteristiche metallurgiche diverse rispetto al metallo base causa del ciclo termico subito. Quindi una saldatura che concentri le potenze termiche in zone ristrette è preferibile poiché riduce la ZTA. Saldatura con gas (alla fiamma) Comprende tutti i tipi di saldatura che utilizzano un combustibile gassoso combinato con ossigeno, che viene utilizzato per fondere l’interfaccia dei metalli da unire. La più comune utilizza come combustibile l’acetilene C2H2. La fiamma viene prodotta all'estremità di un cannello nel quale i due gas si combinano in rapporti ottimali, tali da produrre la cosiddetta fiamma neutra. Il cannello deve essere dimensionato in modo che la velocità della miscela dei due gas sia superiore alla velocità di propagazione della fiamma, così da evitare accensioni nella parte interna del cannello. Le componenti del cannello sono di solito in ottone in modo da evitarne l’ossidazione. La pressione a cui si trovano le bombole è di solito minore di 1,5 bar. I vantaggi dell’utilizzo di ossigeno e acetilene sono alta temperatura di fiamma, elevato contenuto termico, bassa reattività della fiamma con il metallo base e d'apporto, facilità di regolazione della fiamma. La fiamma può essere suddivisa in diverse zone in cui si differenzia anche la reazione che avviene: • Dardo: è la prima zona della fiamma, di colore bianco abbagliante, dove avviene la reazione esotermica principale che raggiunge i 3000-3300°C. C2H2 + O2 → 2CO + H2 + Calore • Zona di saldatura: è la zona in cui si combinano i prodotti della combustione: ossido di carbonio e idrogeno con l’ossigeno dell’aria, secondo le reazioni esotermiche secondarie: 2CO + O2 → 2CO2 + Calore H2 + ½O2 → H2O + Calore • Fiocco: è costituito dai prodotti finali della combustione che si trovano a temperatura più bassa La fiamma si può dividere in funzione del rapporto di miscelazione tra ossigeno e acetilene: • Neutra: il rapporto di miscelazione è 1:1 Saldatura ad arco sommerso In questo tipo di saldatura, l’arco è protetto da un flusso granulare che viene convogliato sul cordone tramite una tramoggia. Lo spesso strato di flusso, composto principalmente di carbonati, silicati, ossidi e ferroleghe, copre completamente arco e metallo fuso, previene la formazione di spruzzi e scintille, blocca l’intensa emissione di fumi e raggi UV, funge da isolante termico, contiene agenti scorificanti. Il flusso che non si è fuso viene recuperato. L’elettrodo non è rivestito e viene spinto attraverso la torcia. La corrente raggiunge i 300-2000A. Il flusso si deposita per gravità, quindi le applicazioni sono limitate a superfici orizzontali o solo leggermente curve. Automatizzabile, con velocità fino a 5m/min. Utilizzato per la saldatura di recipienti in pressione, lamiere spesse ad utilizzo navale. Molto produttiva e il risultato è di buon qualità. Le leghe saldabili con questo procedimento sono: gli acciai non legati, debolmente legati o mediamente legati, gli acciai inossidabili, il nichel e le sue leghe. Non vengono solitamente saldate le leghe leggere, la ghisa e gli acciai fortemente legati. Saldatura ad arco elettrico con gas protettivo Di solito sono più costose a causa del costo del gas protettivo. Saldatura TIG Tungsten Inert Gas welding o saldatura ad arco elettrico con elettrodo in tungsteno (infusibile) entro atmosfera protettiva inerte. Può essere utilizzato del materiale d’apporto, in forma di bacchette, e il gas protettivo è solitamente argon o elio, quest’ultimo è più economico. Grazie al fatto che l’elettrodo non si consuma la distanza elettrodo-pezzo è più costante e l’arco è più stabile. La corrente è di solito 200A DC, più bassa per spessori sottili, o 500A AC. Metodo ampiamento utilizzato per alluminio, magnesio, titanio e altri metalli refrattari, ma adatto a tutti. Adatto per saldare lamiere sottili. Il cordone di saldatura non richiede operazioni di pulizia in seguito alla saldatura. In questo tipo di saldatura bisogna evitare il contatto tra l’elettrodo in tungsteno e il bagno di fusione. Il contatto contamina sia ‘elettrodo che il bagno di fusione con i rispettivi metalli e causa una minore stabilità dell’arco e possibili inclusioni di W nel pezzo. Questo tipo di saldatura permette una concentrazione puntuale dell’energia, e quindi un’alta precisione del cordone. L’elettrodo può essere in W oppure in lega di zirconio 0,15-4% utilizzata in DC la quale garantisce un arco più stabile, oppure torio 1-2% in AC. Il costo è molto elevato. L’arco viene acceso da una scintilla pilota che provocando la ionizzazione del gas protettivo, lo rende conduttore. Il metallo d’apporto viene utilizzato quando gli spessori superano il mm. Saldatura MIG-MAG Sono processi di saldatura ad arco elettrico con elettrodo fusibile in gas protettivo. La zona della saldatura è protetta da gas come argon, elio, anidride carbonica o miscele, che fluiscono attraverso la torica. L’elettrodo è alimentato da una bobina e contiene elementi disossidanti. È economica e versatile, le potenze raggiungono i 20kW e 500A. è anche facilmente automatizzabile. Le principali categorie sono: • MIG: metal inert gas, utilizza argon o elio • MAG: metal active gas, utilizza gas ossidanti come CO2, economica Le modalità di trasferimento delle gocce di elettrodo fuso dipendono dai parametri di saldatura, V, I, gas utilizzato, diametro dell’elettrodo, AC o DC, e sono: • Spray transfer: il metallo d’apporto si sposta in goccioline, di solito centinaia al secondo. Permette di evitare spruzzi indesiderati ed è molto stabile. Si ottiene con elevati valori di V e I in DC. Si usa per spessori elevati, il bagno di fusione è molto fluido. • Globular transfer: vengono usati gas ricchi di CO2 e valori di I e V in DC inferiori rispetto a prima. Il risultato sono gocce più grandi, decine al secondo, che possono provocare schizzi indesiderati e un risultato più irregolare. Si ottengono penetrazioni e velocità di saldatura maggoiri. • Short circuiting: il metallo viene trasferito una goccia alla volta, circa 50 al secondo. Una volta creata, la goccia si accresce finchè non entra i contatto con il bagno di fusione. Si crea quindi un cortocircuito, la goccia viene catturata dalla tensione superficiale del bagno di fusione e l’arco si ripristina. Vengono usati gas ricchi di CO2, bassi V e I, con elettrodi di piccolo diametro. Le potenze richieste sono circa 2kW. Le T raggiunte sono relativamente basse quindi è adatta per spessori inferiori a 6mm. Molto impiegata nella saldatura di metalli ferrosi. Utilizzabile in qualsiasi posizione, per qualsiasi spessore e materiale, anche se la penetrazione garantita è minore. • Pulsed: è una via di mezzo tra spray e globulare. Saldatura al plasma Questo tipo di saldatura utilizza un gas fortemente ionizzato ad elevata T, fino a 33000°C. Il plasma è generato tra l’elettrodo in W e l’orifizio, impiegando un arco pilota a bassa corrente, meno di 100A. La protezione di arco e zona di saldatura è affidata a gas inerti come argon ed elio. L’argon è quello che produce un risultato migliore. L’azoto N crea un cono di diffusione del calore più aperto, quindi produce una ZTA maggiore, usato per lamiere sottili e acciai legati. L’ossigeno ha una buona affinità con il ferro. Il gas ionizzato passa attraverso un ugello che lo concentra in una zona ristretta, rendendo la saldatura concentrata. Ne esistono due metodi diversi: • Ad arco trasferito: l’arco scocca tra elettrodo e pezzo • Ad arco non trasferito: l’arco scocca tra l’elettrodo e l’ugello, e il calore viene trasportato sul pezzo tramite il flusso di plasma. Questo tipo di saldatura è caratterizzata da maggiore concentrazione dell’energia (saldature più profonde e strette), arco stabile, minore distorsione termica, velocità di saldatura più elevate (120- 1000mm/min). Utilizzata per una grande varietà di materiali, di solito con spessori inferiori ai 6mm. Saldatura con fasci di energia concentrata Sono saldature utilizzate a livello industriale grazie all’elevata qualità e al basso costo. Saldatura laser O Laser Beam Welding LBW, utilizza raggi laser ad elevata potenza come sorgente termica, che possono essere concentrati su diamentri anche inferiori a 10μm, ottenendo una grande concentrazione di energia e quindi profondità di saldature molto alte. Il raggio laser può esser pulsato, con frequenze nell’ordine dei kHz e potenze fino a 100kW par saldature di lamiere sottili oppure in continuo, per saldature profonde su cordoni spessi. L’efficacia di questa saldatura diminuisce all’aumentare della riflettività della superficie. Utilizzata per saldare alluminio, titanio, leghe ferrose, rame, superleghe e metalli refrattari, con spessori fino a 25mm e velocità di 2,5-80mm/min. Va posta particolare attenzione alla pericolosità che il fascio laser ha per occhi e pelle. Produce saldature di buona qualità con ritiri termici minimi. Il fascio laser è una radiazione monocromatica generata da un cristallo solido come rubino o CO2 o ittirio-alluminio (YAG), da cui dipende la lunghezza d’onda e quinid la potenza erogata. l’efficienza dei processi che utilizzano il laser dipende quindi, oltre che dalle proprietà del raggio stesso (intensità, lunghezza d’onda, frequenza di pulsazione e divergenza ), dal coefficiente di assorbimento α della superficie. Quando la radiazione laser colpisce la superficie metallica, il valore della riflettività è elevatissimo per cui solo una piccola parte dell’energia irradiata viene assorbita. Tuttavia in un breve intervallo di tempo, (≈ 102 ns), comincia a formarsi il bagno di fusione: allo stato liquido il valore della riflettività precipita. Quando il materiale comincia ad assorbire energia, entrano in gioco le sue proprietà termofisiche. Appena formatosi il bagno di fusione l’energia viene maggiormente assorbita e si forma il foro di penetrazione (keyhole) con temperature dell’ ordine dei 20.000 °C. Il fascio penetra nel keyhole e viene assorbito dalle sue pareti generando vapori metallici ionizzati che escono dalla superficie del foro; tanto maggiori quanto più è profondo (“nube di plasma”). Questa emissione di plasma al di sopra della superficie del pezzo assorbe e disperde il fascio prima che esso arrivi nel keyhole, limitando molto l’energia che penetra in esso e aumentando la ZTA. Questo tipo di saldatura produce cordoni di saldatura sottili, è possibile saldare materiali diversi e non richiede flusso o materiale d’apporto, è inoltre molto veloce. Metallurgia del giunto In un giunto saldato si possono individuare tre zone diverse: • La zona fusa nella quale il metallo base e quello d'apporto sono arrivati alla fusione. Solidificando si formano dei grani, orientati nella direzione del flusso termico di conduzione ovvero perpendicolari alle superficie del metallo base, che possono essere grandi o piccoli in funzione della velocità di raffreddamento. Per avere elevata resistenza meccanica è preferibile una struttura a grana fine. • La zona termicamente alterata, dove il metallo base ha subito trasformazioni strutturali allo stato solido a causa del ciclo termico subito. Il suo stato finale e le relative proprietà meccaniche dipendono dalla composizione della lega e dal tipo di raffreddamento subito. Per gli acciai a medio tenore di carbonio, i cicli termici di saldatura possono provocare strutture fragili di tempra che danno origine a cricche sotto cordone. In questo caso per addolcire il ciclo si preriscaldano i pezzi e si fanno raffreddare, a saldatura ultimata, in modo controllato. Per diminuire l’effetto della tempra locale dovuto al veloce raffreddamento della struttura si può utilizzare un elettrodo che presenti Ni. Negli acciai ad alto tenore di C è favorita la formazione di cricche da tempra. Brasatura È simile alla saldobrasatura con l 'eccezione della cianfrinatura dei lembi dei pezzi da saldare. Infatti in questo caso i pezzi sono semplicemente appoggiati l'uno sull'altro: lo spazio capillare che rimane tra i due viene riempito dal metallo d'apporto fuso, che ha una grande scorrevolezza e capacità di bagnare il metallo. Il giunto è costituito quindi da uno strato sottilissimo di metallo d'apporto che ha formato una lega di superficie col metallo base. Per tale motivo il giunto ha scarsa elasticità e resistenza meccanica. In funzione della temperatura di fusione del metallo d'apporto le brasature possono essere: • Dolci, nel caso di uso di leghe con temperatura di fusione < 450°C (Sn) • Forti, nel caso di uso di leghe con temperatura di fusione di 600-700 °C (Cu, Ag e leghe). È un tecnica molto utilizzata in ambito idraulico ed elettrico. Giunti incollati Gli adesivi utilizzati per i giunti incolati possono essere naturali, inorganici e organici sintetici. Quest’ultimi sono i più utilizzati grazie alle loro proprietà coesive. La resistenza del giunto incollato dipende da forse adesive e coesive. L’adesione è l’intima forza che lega due materiali tra loro. La resistenza per adesione è relativa alla tensione che un adesivo è in grado di sviluppare ancorandosi al materiale. La coesione è la forza prevalente tra le molecole interne di un adesivo che tengono insieme il materiale. La resistenza per coesione è la resistenza che possiede l’adesivo stesso e che si oppone alla sua rottura. Nella maggior parte degli adesivi non c’è bisogno di energia termica per fissare il giunto, quindi non ci sarà nemmeno alterazione metallurgica del metallo base. Questo tipo di giunto è economico, non crea deformazioni, è ermetico ed ha proprietà smorzanti, e può essere anche utilizzato accoppiato ad altri tipi di giunti, generano un carico distribuito su tutta la superficie e hanno un peso basso. Tuttavia hanno T di esercizio basse, tempi diapplicazione lunghi, c’è bisogno di preparare le superfici e si degradano nel tempo. Adesivi strutturali Sono quelli che garantiscono prestazioni maggiori, e le principali sono: • Resine epossidiche: la T di utilizzo è abbastanza ampia, non sono infiammabili, resistenti ai solventi, modesta resistenza meccanica • Resine poliuretaniche: migliore resistenza, leggermente tossiche, utilizzate anche a livello edile • Resine acriliche: elevata adesività, tossiche, infiammabili, buona resistenza meccanica, le superfici devono essere lisce • Cianoacrilati: veloce solidificazione • Adesivi anaerobici: utili e con elevata durezza La valutazione della forza necessaria a provocare la decoesione dell’adesivo viene fatta con unna prova a strappo. Se l’adesivo è fragile (a) cede improvvisamente e con un carico più alto, mentre un adesivo più tenace e duttile (b) lo strappo è più lento e avviene con un carico più basso ma in modo più graduale. Giunzioni meccaniche Un giunto meccanico può essere preferito ad altri tipi per la facilità di fabbricazione, di assemblaggio, disassemblaggio, manutenzione e sostituzione. I componenti principali sono bulloni, viti, chiodi, perni ecc, che richiedono la preparazione del pezzo tramite foratura. Uno dei metodi più utilizzati è quello della rivettatura. Essi possono essere pieni, tubolari o a strappo. Questi ultimi vengono utilizzati quando un foro ha accesso da un solo lato. L’aggraffatura si basa invece sul piegare insieme due sottili strati di materiali. Viene effettuata senza l’utilizzo di elementi esterni e migliora anche la rigidezza della lamiera La crimpatura o raggrinzitura non utilizza materiali esterni e si basa sulla deformazione locale dei materiali in modo da garantire una giunzione tra tubo e manicotto. Gli elementi di fissaggio a pressione e a molla sono economici e permettono un rapido assemblaggio e disassemblaggio. Si basano di solito su fermagli o lamierini elastici. Linee guida per i giunti saldati In questo caso il cordone di saldatura a sinistra è inutile poiché la forza crea un momento di compressione su di esso. Per saldature ad angolo (L o T) bisogna controllare la perpendicolarità delle parti, aiutandosi con maschere e se necessario eseguendo la cianfrinatura del pezzo. Negli accoppiamenti mozzo-flagia è sempre meglio creare un invito sia per una più uniforme trasmissione delle tensioni sia per un grande squilibrio termico che ci sarebbe durante la saldatura, dovendo accoppiare un pezzo sottile ad uno molto spesso. Se il pezzo prevede una successiva lavorazione superficiale la saldatura deve essere posizionata in modo da non intralciare la lavorazione successiva. Per le saldobrasature bisogna aumentare il più possibile la capillarità del metallo d’apporto, pulendo in modo accurato i lembi e aumentando il più possibile la superficie di contatto, poiché la saldobrasatura ha una resistenza bassa. Per quanto riguarda i giunti incollati bisogna aumentare il più possibile l’area di contatto e quindi è preferibile una sovrapposizione delle superfici oppure aggiungendo superfici di supporto esterne, oppure combinando l’incollaggio con altri metodi di giunzione come i rivetti.
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