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Tecnologie e Studi di Fabbricazione - 2° parziale, Schemi e mappe concettuali di Tecnologie Meccaniche

Riassunto della seconda parte del corso (dalla fusione in poi) utile per prepararsi al secondo parziale.

Tipologia: Schemi e mappe concettuali

2019/2020

In vendita dal 27/12/2022

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Scarica Tecnologie e Studi di Fabbricazione - 2° parziale e più Schemi e mappe concettuali in PDF di Tecnologie Meccaniche solo su Docsity! FUSIONE Prodotti bassi costi fissi e geometrie complesse, la fusione si utilizza per piccole e a volte medie serie. La capacità di realizzare vuoti è uno dei punti forti del processo di fusione. Le finiture superficiali della fusione sono abbastanza povere. Con la fusione non si riesce a raggiungere gli spigoli vivi. Per fare il processo fusione, devo fare raggi di raccordo più ampi possibili. Problema: la corrente fluida può portare la sabbia fuori dallo stampo e depositarla in zone critiche non prevedibili, che compromettono tutto il pezzo. Durante il processo di fusione si cerca di evitare la formazione di punti caldi (hotspot): sono punti che, poiché sono gli ultimi a solidificare, potrebbero mancare di materiale e quindi si potrebbero formare cricche. La fonderia ha il vantaggio di permettere la creazione di oggetti estremamente complessi (è possibile modellare sia la geometria esterna che quella interna). La fusione è caratterizzata da bassi costi fissi e medi costi variabili. La dimensione effettiva dello stampo in cui sarà effettuato il processo di fusione deve essere maggiore di quella richiesta in quanto il metallo tenderà a restringersi durante la fase di raffreddamento. La differenza tra le dimensioni dello stampo e quelle del pezzo richiesto è detta “tolleranza di restringimento”. La contrazione della colata ha luogo in tre fasi: 1. Contrazione del liquido dalla temperatura di colata a quella di solidificazione 2. Contrazione associata al cambiamento di fase 3. Contrazione del solido che passa alla temperatura ambiente Stampo in sabbia: Componenti che fanno parte dello stampo: bacino di colata, materozze, anima (serve per creare la geometria interna del componente). Si utilizzano sabbie estremamente spigolose. La rottura avviene su macchine vibranti (su grandi serie), oppure a martellate. La pulizia finale si fa con tecniche di burattatura o air blasting. A volte le sabbie utilizzate sono ricoperte da leganti. Il processo dello stampo in sabbia è progressivo: essa viene compattata passo passo. L’anima serve per andare a creare vuoti all’interno del componente: le anime sono realizzate con le sabbie migliori. In generale, la sabbia viene riutilizzata più volte, fino a stondarsi. 1 In sostanza, la sabbia buona si usa per le zone a contatto col metallo, per il resto si usa una sabbia di riempimento. Con lo stampo in sabbia, non tutte le geometrie sono realizzabili: la fase di scampanatura è la più critica all’interno del processo, perché durante l’estrazione del modello di legno dalla sabbia (scampanatura, appunto) si può verificare la rottura del modello. Per evitare questo problema, si usa sabbia estremamente adesiva. Il modello, poi, deve avere una conicità, definita dagli angoli di sformo. Per questo i pezzi realizzati con questo metodo non hanno mai pareti diritte. L’ampiezza dell’angolo di sformo dipende dai materiali utilizzati: su sabbia bagnata devono essere un po’ più ampi. Alla fine, per ottenere il componente voluto, dopo la fusione si fanno anche asportazioni di truciolo per eliminare parti in eccesso. Esiste anche la tecnica del match-plate: si crea un modello solido scomponibile, poi si divide in 2. Poi si attaccano le due parti su due piastre metalliche e poi per ciascuna piastra aggiungo le componenti necessarie alla fusione (canali di colata, materozze, ecc.). Poi si aggiunge la piastra alla staffa. Questo metodo permette di avere nell’azienda solo il modello in legno, sena canali di distribuzione, di colata ecc. Con questo metodo creo una staffa alla volta. Approccio flaskless: non creo una staffa superiore e una inferiore, ma creo dei pezzi ripetuti. Processo pensato su media serie. Creo un oggetto unico. Svantaggio: le geometrie devono essere abbastanza semplici. In generale, la sabbia deve essere caratterizzata da elevata spigolosità e deve essere traspirabile: durante il processo di fusione si creano dei gas che devono fuoriuscire, perché se rimangono all’interno del componente creano porosità e la porosità può provocare la rottura del componente. All’interno dello stampo di fusione per creare i vuoti si mettono le anime. L’anima si fa con la sabbia migliore ed è accompagnata da supporti chiamati portate d’anima. I supporti devono essere scavati fin dall’inizio. Le anime più critiche sono quelle a sbalzo che spesso vengono fissate da chiodi che vengono fusi anch’essi durante la fusione (essendo dello stesso materiale di quello colato). L’anima deve avere sempre il centro di gravità all’interno della staffa. Il baricentro dell’anima deve essere sempre sulla staffa. Spesso le anime hanno rinforzi di tipo metallico (lanterne) e spesso si aggiunge all’interno dell’anima una parte vuota per permettere il passaggio dei gas. 2 Le materozze sono delle zone che vengono aggiunte al componente per proteggerlo dal cono di ritiro; sono degli elementi sacrificabili che vengono messi nelle zone più calde del componente in modo che solidifichino per ultimi. Di solito hanno un modulo termico maggiore del 20% della zona del componente col modulo termico più alto (il m.t. dipende essenzialmente dallo spessore del materiale da solidificare). Le materozze hanno bisogno di due dimensionamenti: del modulo termico e del volume alimentabile. Alla fine del processo di fusione le materozze vengono asportate (-> asportazione di truciolo). Si posizionano abbastanza lontano dal componente per essere tagliate ed abbastanza vicine in maniera che siano l’ultima parte a solidificare (per fare questo, il baricentro termico del componente deve trovarsi all’interno della materozza). Devono essere presenti sulla staffa modello. Dopo essere state tagliate, le materozze possono essere rifuse ed utilizzate in altre colate. Il modulo termico è il rapporto tra volume e superficie che scambia calore. Si usa per capire dove mettere la materozza. La materozza si dimensiona in maniera che abbia tutto il cono di ritiro al suo interno. Nel caso di materozze cilindriche, il volume di ritiro può essere il 15% della materozza; negli altri casi è il 20%. Il raggio di influenza della materozza è di circa 5 volte lo spessore del pezzo su cui è applicata. Ci sono, inoltre, zone che non hanno bisogno di essere protette perché sono le prime a solidificare. RIFINITURA DEI COMPONENTI Trimming: si taglia la parte che non serve, dove sono presenti i gate (collarini ristretti per facilitare la rimozione delle zone inutili). Per vibrazione si tolgono le anime. Si ripulisce la superficie attraverso air blasting. A volte si fa anche un trattamento termico e per ultimo si fa un processo di ispezione a raggi x. Per le fusioni che non sono con sabbia al verde non dobbiamo tenere conto dell’angolo di sformo, perché il modello non deve esser estratto. Devono comunque tenere conto del ritiro termico. Altri tipi di fusione non permanente: 5  Shell molding: lo stampo consiste in un piccolo strato di sabbia tenuta insieme da un legante in resina. Lo stampino viene riscaldato e posto come coperchio di una scatola contenente la sabbia; il coperchio viene poi rigirato e la sabbia viene fatta aderire allo stampino, dal quale riprende la forma. A questo punto la sabbia viene staccata dallo stampino e a sua volta riscaldata, per poi essere usata per la colata. Si utilizza per processi medio-piccoli con buone finiture superficiali.  Modellatura a vuoto: la sabbia è tenuta insieme da una pressione di vuoto (e non da reagenti chimici). Si usa per processi di piccole dimensioni.  Modellatura in gesso: il materiale di modellatura è, appunto, il gesso. Permette di avete un’ottima rifinitura delle superfici, ma è adatta solo alla fusione di materiali non ferrosi.  Modellatura a schiuma: usa uno stampino di sabbia posto intorno ad una forma fatta di schiuma di polistirolo che vaporizza quando il flusso viene inserito nello stampo. Il polistirolo si taglia molte bene. L’oggetto può avere una complessità qualsiasi. È un processo principalmente manuale, pensato per medie dimensioni in piccolissima serie. L’oggetto in polistirolo viene prodotto manualmente. Questo processo non ha costi fissi (non devo creare placche o modelli in legno). La creazione dello shell è simile a quella dello shell molding. Il rischio è che i gas vengano intrappolati. È un processo che si fa a temperatura un po’ più alta di quella di fusione. Il principale problema è la porosità, appunto. È un processo che comporta un po’ di problemi dal punto di vita ambientale.  Modellatura a cera persa (ha costi fissi elevati): si creano oggetti a elevata precisione: è il processo che garantisce miglior accuratezza dimensionale e miglior finitura superficiale. Si usa per la gioielleria complessa. Prima si crea lo stampo dell’oggetto che voglio andare a realizzare in cera (attraverso materiali metallici), si creano poi effettivamente gli oggetti in cera e si collegano a un canale di distribuzione, scaldando la cera. Una volta ottenuto l’oggetto in cera, immergo l’oggetto in un bagno di sabbia con un po’ di legante, dopo una prima immersione vado a essiccare il componente. Ripeto il processo una 15ina di volta, per creare un guscio di materiale refrattario intorno all’oggetto. Dopo metto il componente in forno, sia per evitare il problema delle inclusioni e in più il calore indurisce il guscio. Come nello shell 6 molding, la sabbia usata in questi casi è molto tondeggiante, molto fine, così si raggiungono finiture superficiali estremamente dettagliate. Poi colo il metallo fuso (non ci sono problemi di porosità) e aspetto il raffreddamento. Dopo rimuovo in modo meccanico lo strato che si è creato intorno e il pezzo viene separato dal canale di colata. La fusione a cera persa su oggetti di grandi dimensioni crea molti problemi. Di solito si fanno oggetti di max 0,5 kg. DEFORMAZIONE PLASTICA Man mano che deformo il componente, mi sposto lungo la curva tensione- deformazione. Inizio deformazione con epsilon = 0. Via via che la deformazione procede, l’area cresce (così come la Y). L’effetto dell’attrito è quello di fare imbarilire un componente. Esistono due tipi di attrito: fino a una certa pressione si parla di attrito Coulombiano, ovvero l’attrito è proporzionale alla forza applicata sulla superficie normale (siamo nella prima fase della curva); il comportamento cambia quando si raggiungono pressioni tali che si raggiunge lo snervamento del materiale: l’attrito diventa di tipo adesivo, ossia il materiale a contatto con lo stampo si incolla sulla superficie su cui avviene la deformazione e lo strato subito successivo ci scorre sopra. Quindi da questo punto in poi il materiale non scorre più, ma si allarga. Nel primo caso la forza di attrito sarà proporzionale alla forza di pressione, nel secondo caso sarà pari alla tensione di snervamento. Nel secondo caso, la distribuzione delle pressioni seguirà un andamento lineare. In stati tridimensionali la tensione necessaria per deformare il materiale può essere diversa da quella di snervamento puro. GRAFICO DI DEFORMAZIONE PLASTICA Un oggetto realizzato per deformazione plastica è un oggetto che ha subito incrudimenti e quindi ha tensioni di snervamento più elevate e quindi è un materiale più resistente. La deformazione plastica migliora le caratteristiche meccaniche del componente. Ci sono anche degli svantaggi: un materiale incrudito altera la sua 7 Le maggiori deformazioni si creano sul canale di bava e qui si ha anche una laminazione del materiale che crea pressioni interne su tutto lo stampo. RICALCATURA (dalla seconda metà della lezione 10/04 – parte 2) È un processo che prevede, in generale, il riscaldamento del pezzo e la sua deformazione plastica utilizzando uno stampo di geometrie estremamente semplici (piani, stampi a V, semicirconferenze…) che serve per creare un oggetto di forma qualsiasi andando a posizionare il pezzo con varie angolazioni sotto la pressa. Le tecniche di stampo aperto, che sono molto manuali, si usano per grandi pezzi e in pochi casi. Prende il nome di upsetting (ricalcatura). L’upsetting non ha costi fissi e quindi si presta benissimo per la piccola serie (alberi di turbine per esempio). È un processo che avviene sempre a caldo, proprio perché è pensato per oggetti di grandi dimensioni. Si usa per oggetti di geometria molto semplice o per oggetti massivi. Esistono vari tipi di presse:  Presse oleodinamiche (0,03-0,06 m/s): sono molto lente, ma erogano un tonnellaggio estremamente elevato.  Presse meccaniche (0,06-1,5 m/s): tonnellaggi più bassi, ma velocità maggiori.  Magli (qualche m/s): sono macchine molto semplici che prevedono la caduta di un grave (la forza potenziale si trasforma in cinetica e poi in energia di deformazione). Sono estremamente veloci, ma le forze disponibili sono relativamente piccole. Il difetto principale dei magli è quello delle vibrazioni: non crea problemi per quanto riguarda la produzione del pezzo, ma ha riscontri sia sulla parte strutturale dell’azienda, sia sulle altre macchine circostanti (si pensi ai problemi causati dalla vibrazione del pavimento a macchine che richiedono un’alta precisione). Per questo motivo esistono i magli a contraccolpo che limitano leggermente le vibrazioni. Le macchine lente si usano quando le deformazioni sono molto elevate (cioè la ℇ che devo raggiungere è elevata), viceversa si usano macchine molto veloci quando ho bisogno di incrudire fortemente il componente (la forza di deformazione è legata alla temperatura ed alla velocità di deformazione) [NB: un pezzo incrudito ha una più alta resistenza meccanica. È utile per componenti strutturali (es. bielle) -> i pezzi che hanno bisogno di essere resistenti sono lavorati a freddo e ad alta velocità]. 10 Le caratteristiche del materiale, quindi, dipendono fortemente dal processo di lavorazione che scelgo; in particolare, i processi di deformazione plastica sono quelli che alterano maggiormente le caratteristiche alla fine della lavorazione. Pressione media per oggetti assialsimmetrici: pmedia=Y f (1+ µ∗D3h ) Y f=k∗ℇ n F=k∗Y f∗A Il rapporto nella parentesi è generalmente compreso tra 0,2 e 1. Yf è la tensione di snervamento. K è il coefficiente di complessità dell’oggetto. Per oggetti assialsimmetrici, la forza necessaria alla deformazione è legata all’area del componente (trascurabile), alla tensione di snervamento calcolato con y medio e ad altri parametri, quali coefficiente di attrito, altezza del componente e variazione del raggio sempre del componente. F=K f Y f A La tensione di flusso plastico può essere media o massima, a seconda dei casi. Prova dell’anello: si prende un anello di dimensioni standard e lo si schiaccia: in funzione della riduzione del diametro interno mi posso calcolare l’attrito. NB: la formula della forza è la stessa che vale anche per la forgiatura, dove K è il coefficiente di complessità dello stampo e può variare in un intervallo compreso tra 3 e 12, mentre nel caso della ricalcatura varia da 1,2 fino ad un massimo di 2 -> nella forgiatura sono in gioco forze più elevate a parità di area e di tensione di snervamento (vedi grafico su quaderno lezione 29/04). LAMINAZIONE Gli oggetti lavorati tramite laminazione sono caratterizzati da una sezione costante (a differenza dei processi di forgiatura e ricalcatura che prevedevano oggetti più 11 complessi). Il prodotto che si verrà a creare sarà caratterizzato da un’elevata lunghezza (si raggiungono anche le centinaia di metri con la laminazione continua). La laminazione classica è quella che serve a creare le lamiere (sono tra i semilavorati più usati in ambito industriale in quanto è possibile, con le tecniche di boxing, creare scatolati e forme più complesse semplicemente tranciandole e piegandole). Il processo di lavorazione ha una durata variabile: per ottenere lamiere più sottili sarà necessario far passare la lamiera sotto dei rulli per più volte. La laminazione permette anche di lavorare dei semilavorati di profilo quadrato per ottenere dei tubi senza saldatura (è un processo particolare che sfrutta tre rulli conici leggermente inclinati e fuori asse inclinati a 120° l’uno rispetto all’altro) [vedi piegatura dei tubi a fine riassunto]. Laminazione conformale: per ottenere oggetti più complessi (ad esempio una rotaia) si usano dei rulli che hanno una geometria ben specifica; la lavorazione, inoltre, viene effettuata in più passaggi da una serie di rulli messi in sequenza, ognuno dei quali aggiunge una piccola deformazione allo stato precedente. Non è possibile ottenere il profilo finale in un unico passaggio a causa delle forze in gioco (ho un’energia erogata dalle macchine limitata -> non sarebbe sufficiente a fornire la deformazione desiderata). Il pezzo entra nella zona di laminazione solo se la differenza di altezza tra stato iniziale e stato finale è sotto certi limiti; questo perché il pezzo viene trascinato grazie alla forza d’attrito, quindi se la deformazione è troppa la forza non è sufficiente a far entrare il componente nei cilindri di laminazione (questo è un altro motivo per cui si preferisce “spezzare” il processo in più fasi). Le formule che entrano in gioco sono simili a quelle della prova di trazione: la deformazione si calcola: ℇ=ln ( h f h0 ) Nella maggior parte dei casi si assume che non ci sia una variazione di larghezza della lamiera in quanto l’attrito che agisce lungo la direzione dello scorrimento del rullo è molto minore di quello che agisce lungo la larghezza -> si considera la lamiera come se fosse sottoposta ad uno stato di deformazione piana. Quindi, in fase di laminazione i cilindri schiacciano il materiale e, essendo controrotanti, applicano la pressione lungo l’arco di contatto (VEDI DISEGNO SUL 12 In generale, la laminazione è un processo che viene fatto a caldo perché le forze in gioco sono più basse, ma anche perché di solito viene effettuata subito dopo il processo di colata -> ottimizzazione dei tempi (non aspetto che si raffreddi). Slitting: lavorazione che viene effettuata alla fine della linea di laminazione; in pratica, ci sono due coltelli rotanti che tagliano la lamiera in porzioni che possono poi essere facilmente rivendute. I problemi principali che si possono verificare in laminazione sono legati alle fratture che si possono verificare sul bordo laterale o sulla parte centrale della lamiera stessa. In generale, può succedere che ci siano delle zone a velocità differenti rispetto ad altre (a causa delle forze d’attrito che agiscono in maniera più massiccia su alcune zone). Teoricamente la velocità centrale è maggiore rispetto a quelle laterali -> si ha uno scollamento della lamiera. L’unico modo per limitarli è cercare di correggere la flessione del cilindro con una serie di cilindri di laminazione che vanno ad aumentare la rigidezza del sistema (“mulino di laminazione”) oppure andando ad agire direttamente sulla geometria del cilindro tenendo conto della sua deflessione. Ring rolling: tipologia di laminazione che non si svolge più su un piano, ma ha un’asse di rotazione principale. Si parte da un oggetto già tubolare (i laminatoi, in questo caso, non sono dei coni, ma dei cilindri) [ha fatto vedere un filmato] Partendo da un oggetto massivo (un cilindro di materiale pieno) si riesce ad ottenere un anello -> si ha un oggetto assialsimmetrico. Il coefficiente d’attrito richiesto in questo caso è abbastanza basso -> si preferisce lavorare in un ambiente lubrificato per aumentare la durata della vita dei rulli (tanto l’attrito gioca un ruolo minore). I cilindri di laminazione sono estremamente costosi -> la laminazione è un processo che prevede alti costi fissi -> processo pensato per produzioni in grandissime serie. [esempio fatto nella lezione 03/05: quale processo utilizzo per fare un profilo a T di 1,5m? -> mi serve un processo caratterizzato da costi fissi molto bassi -> saldatura] ESTRUSIONE (03/05) Estrusione e trafilatura sono gli ultimi processi che andremo a vedere di deformazione massiva. 15 L’estrusione nasce come processo alternativo alla laminazione per creare oggetti in piccola serie. È un processo a caldo in cui avviene una deformazione massiva del materiale che viene spinto attraverso una matrice calibrata (un foro che ha le dimensioni e la forma dell’oggetto che voglio creare) con l’uso di un pistone. È possibile creare geometrie anche molto complesse e profili forati (fare quest’ultimi con la laminazione sarebbe un processo estremamente complicato e costoso). Il problema dell’estrusione è che le forze necessarie per deformare il componente possono essere importanti (posso fare forme molto complesse quando il materiale è facilmente deformabile, e.g. alluminio, mentre ho delle forti limitazioni sulla lavorazione dell’acciaio). La differenza dell’estrusione con o senza foro è che all’interno del pistone che spinge il materiale è presente un mandrino che va a formare la geometria interna del pezzo. Il materiale viene inserito nella macchina di estrusione ad una temperatura che corrisponde circa ai 2/3 della temperatura di fusione del materiale stesso. L’estrusione può essere continua o interrotta: con la prima è possibile creare profili a C, L ecc. con lunghezze anche importanti, mentre quella interrotta [fa vedere un video, minuto 27 circa]. Sui profili estrusi il processo di deformazione è continuo (non ho un istante in cui tutto il materiale ha subito la deformazione oppure è all’inizio, ma durante tutto il processo ho parte del materiale in via di deformazione e parte completamente deformata -> la sigma di flusso plastico sarà di tipo medio anche in questo caso). Per calcolare la deformazione media di un prodotto realizzato per estrusione si farà riferimento alla variazione di area (o di sezione), cioè sarà il logaritmo del rapporto tra le aree (rapporto di riduzione: rapporto tra le aree, r x= A0 A f ). Esistono tre tipi di estrusione: 1. Diretta: il processo parte da una billetta di materiale messa all’interno della camera di estrusione, viene premuta e fatta passare attraverso una matrice dalla quale esce con una sezione cambiata. La parte finale del materiale non può essere “spremuta” perché il materiale tende a deformarsi troppo e raggiunge delle tensioni di deformazione eccessive che potrebbero provocare la rottura del materiale o dello stampo. La forza di estrusione sarà più o meno costante nella fase in cui la maggior parte del materiale viene estruso, ma tenderà ad avere un incremento esponenziale man mano che mi avvicino all’ultima parte -> la parte finale viene persa in quanto deve essere tagliata. 16 In questo tipo di estrusione il materiale fluisce nella stessa direzione del pistone. Quando il materiale viene spinto, esso si muove tutto in avanti attraverso la camera di estrusione -> ho delle forze di attrito che si vanno a sommare a quelle di deformazione; su carichi molto grandi, quella d’attrito può essere addirittura maggiore di quella di deformazione. 2. Inversa: il materiale fluisce nella direzione opposta rispetto al pistone. Si ha un contenitore per il materiale, il pistone (cavo) si avvicina ed inizia a spremere, mentre il materiale risale al suo interno. Non ho forze di attrito (il materiale sta fermo e viene deformato solo quando entra in contatto col pistone di deformazione) -> ci sono forze in gioco più basse (solo quelle di deformazione). 3. Radiale (non la facciamo) La lubrificazione viene sempre fatta nei processi di estrusione (lubrificazione in polvere -> se usassi quella di tipo liquido avrei dei problemi dovuti alla alta temperatura del materiale). Estrusione interrotta: non ho un profilo continuo, ma mi fermo ad un certo livello. La parte che non passa attraverso la matrice (quella finale) è, in genere, funzionale alla geometria del materiale; non viene tagliata (e.g. creo una coppetta -> non taglio la parte finale, ossia il fondo). Estrusione a impatto: il pistone si muove ad altissime velocità che fanno risalire il materiale verso l’alto. Le forze in gioco sono molto più elevate -> la tensione di flusso plastico è molto grande. Viene utilizzata solo per oggetti di piccole dimensioni. Spider gate: sono dei mandrini attaccati direttamente all’interno della matrice di estrusione e tenuti fermi dalle spider leg. Si usano quando è necessario effettuare l’estrusione per pezzi lunghi (oltre i 6m). [fa vedere un’immagine] Durante il passaggio del materiale nel foro, la parte centrale non subisce deformazione e quindi mantiene la stessa velocità di ingresso, mentre la velocità delle parti più esterne tende ad aumentare dopo che queste hanno oltrepassato il foro. All’uscita, quindi, si ha un materiale che tende a scollarsi. Questo è il problema principale dell’estrusione, noto come central burst, che consiste nella mancanza di materiale nella parte centrale legata al fatto che la zona centrale è più lenta rispetto alla zona esterna. Per ovviare a questo problema è necessario scegliere un angolo 17 Quasi sempre c’è la necessità di dover effettuare più piegature per ottenere la forma desiderata -> rischio piuttosto elevato di commettere degli errori -> diffusione sempre maggiore delle piegatrici automatiche. In piegatura si riescono a creare oggetti con una produttività più bassa, ma con una maggiore flessibilità (nell’imbutitura, ad esempio, devo cambiare stampo ogni volta che devo creare un oggetto differente). IMBUTITURA Il foglio di lamiera viene trattenuto sui bordi e viene fatto scendere un pistone per fargli assumere la geometria definita dallo stampo (in genere concavo per ottenere oggetti come pentole, bossoli ecc.). In generale, tutti i prodotti realizzati per imbutitura devono avere un buon grado di assialsimmetria -> il componente deve avere delle deformazioni abbastanza costanti. Ho una deformazione plastica sulla lamiera: parto da un disco di lamiera e nel momento in cui viene schiacciato sullo stampo la parte centrale appena sotto al punzone non subisce deformazione, mentre le parti laterali devono totalmente cambiare la loro geometria [fa riferimento a un disegno sulle slide (quello coi triangolini sulle pareti verticali)]. Durante il processo di imbutitura si cerca di limitare il più possibile la variazione di spessore iniziale della lamiera (ovvero si cerca di fare in modo che la deformazione sia di tipo piano); variazioni di spessore accettabili vanno dal 3% al 5%. Il problema delle deformazioni è che non sono costanti su tutto l’oggetto, ma si concentrano soprattutto sulle pareti verticali. Un altro problema dell’imbutitura è quello delle grinze esterne in quanto la lamiera è costretta a comprimersi per passare da un diametro più grande ad uno più piccolo (compressione radiale); per ovviare a questo fenomeno ci sono dei sistemi che premono la lamiera cercando di ridurre la compressione radiale. Questi sono fondamentali per la rifinitura dell’oggetto in uscita, ma creano delle forze d’attrito che limitano il tiro della lamiera da parte del pistone centrale. Il processo avviene a freddo perché, come nella trafilatura, chi resiste alla forza della deformazione è la lamiera che viene tirata sul fondo (quando le forze diventano eccessive si ha uno strappo sul fondo della coppetta -> le forze in gioco sono tali da far raggiungere le tensioni di snervamento all’area sottostante). Una delle parti fondamentali del dimensionamento dello stampo di imbutitura è la definizione della pressione che voglio dare al premi-lamiera e la presenza dei rompi- 20 grinze (sono dei sistemi aggiuntivi che provocano una piccola deformazione alla lamiera per permettergli di fare una piccola curva). Formula della forza: Fmax=π∗D p∗T∗(UTS )∗[( D0 D p )−0,7] Dove π∗Dp∗T è la superficie del pistone per lo spessore della lamiera, mentre UTS è il punto in cui ℇ=n (-> UTS=K∗nn). NB: La lamiera viene creata da un processo di laminazione -> subisce una deformazione di tipo piano -> quando esce ha esattamente la stessa larghezza, mentre varia in spessore e in lunghezza -> l’incrudimento è differenziale: è elevato nelle due direzioni di deformazione, mentre non ne ho lungo la larghezza -> ha un comportamento anisotropo (ha una resistenza più bassa in quella direzione) -> le lamiere si comportano in modo particolare in base al modo in cui sono state laminate -> spesso i rompi-grinze devono essere adattati perché magari i fogli di lamiera che arrivano sono stati laminati in direzioni differenti. TRANCIATURA (08/05) Permette, tramite l’utilizzo di un punzone, di ottenere sulla lamiera dei fori o anche dei pezzi pieni. Posso andare a realizzare una vasta gamma di geometrie piane, anche molto complesse. È un processo che garantisce alte accuratezze dimensionali e superficiali -> spesso non c’è bisogno di lavorazioni successive. Diversamente dagli altri processi, è possibile lavorare anche con spessori più importanti (intorno alla decina di millimetri) -> è un processo versatile. La lamiera viene appoggiata su uno stampo (che ha in negativo la sezione del materiale che devo togliere), dopodiché il punzone scende e va a tranciare l’oggetto. Il gioco che ci dev’essere tra punzone e matrice è molto piccolo (circa 1/10 dello spessore della lamiera – a differenza dell’imbutitura, dove dev’essere pari allo spessore della lamiera stesso). Il processo viene effettuato a secco (la lamiera non deve scorrere, ma deve restare ferma mentre viene tranciata). La lamiera ha spesso un profilo caratteristico: nella prima parte si ha una zona di invito del materiale (il punzone sceso non ha ancora inciso il materiale, ma l’ha deformato plasticamente verso il basso), mentre nel punto in cui le forze in gioco diventano tali da incidere il materiale si crea uno spigolo dritto [fa riferimento alle slide]. 21 Tranciatura fine: è esattamente lo stesso processo, ma cambia il gioco che c’è tra punzone e matrice. Se quest’ultimo è molto piccolo, la superficie di frattura (che si verifica nel momento in cui il pezzo tranciato si stacca dalla lamiera) si ha solo nella parte finale (è il punzone che striscia sulla lamiera e la va a tranciare). Più piccolo è il gioco, maggiore è la finitura della tranciatura [fa riferimento alle slide]. La tranciatura fine, pur essendo più precisa, porta con sé maggiori forze di attrito -> diminuisce la vita utile degli attrezzi -> si usa solo in casi particolari. La formula della forza in tranciatura dipende da tre parametri: un coefficiente empirico che tiene conto che non tutta la lamiera viene effettivamente tranciata (-> non ho una forza di deformazione su tutta la lamiera, ma il processo procede anche per frattura fragile), dalla sezione resistente del materiale e la tensione di rottura del materiale. La sezione resistente è data dallo spessore del materiale per lo sviluppo del bordo di taglio [farsi dare la formula da qualcuno]. PROFILATURA È una lavorazione analoga alla piegatura, ma si usa per lamiere di grosse dimensioni. È un tipo di piegatura rotante -> il punzone non scende, ma ruota, dando una piegatura progressiva alla lamiera; è necessario predisporre di una serie di rulli accoppiati per dare piegature successive alla lamiera. Il problema è lo stesso della piegatura: è necessario andare a considerare uno spin back della lamiera, ovvero ogni volta che la piego a causa delle forze interne restano delle zone in campo elastico che provocano il ritorno elastico della lamiera (-> apertura dell’angolo che ho dato). I rulli, quindi, devono essere dimensionati tenendo conto del ritorno elastico che la lamiera può avere. Dato che ogni materiale presenta un ritorno elastico differente, il sistema di rulli va calibrato ogni volta che devo effettuare lavorazioni su un materiale differente -> prima di ogni lotto di produzione è necessario effettuare la fase di aggiustamento; se c’è una grossa differenza tra il materiale precedente e quello in ingresso al nuovo processo, allora è necessario fare una piccola pre-serie per mettere a punto i nuovi parametri di lavorazione. CALANDRATURA Si effettua una piegatura rotante dell’oggetto andando a porre la lamiera su tre rulli (due inferiori ed uno superiore). Abbassando il rullo centrale vado a variare la curvatura che assume la lamiera. Il processo è progressivo: la lamiera va avanti e 22
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