Docsity
Docsity

Prepara i tuoi esami
Prepara i tuoi esami

Studia grazie alle numerose risorse presenti su Docsity


Ottieni i punti per scaricare
Ottieni i punti per scaricare

Guadagna punti aiutando altri studenti oppure acquistali con un piano Premium


Guide e consigli
Guide e consigli

Tecnologie per il controllo dell'inquinamento (seconda parte), Sbobinature di Ingegneria industriale

Appunti ed esercizi sul funzionamento delle apparecchiature per il controllo dell'inquinamento. La seconda parte riguarda torri di raffreddamento ed evaporatori.

Tipologia: Sbobinature

2021/2022

In vendita dal 05/12/2023

federica-bruno-34
federica-bruno-34 🇮🇹

13 documenti

1 / 28

Toggle sidebar

Spesso scaricati insieme


Documenti correlati


Anteprima parziale del testo

Scarica Tecnologie per il controllo dell'inquinamento (seconda parte) e più Sbobinature in PDF di Ingegneria industriale solo su Docsity! I due termometri sono i vestiti da una corrente d’aria alla temperatura ta: il termometro col bulbo asciutto misura ta, mentre quello col bulbo avvolto dalla garza bagnata misura tbb. Da quest’esperienza si verifica che tbb<ta. La temperatura di bulbo bagnato è numericamente circa uguale alla temperatura adiabatica di saturazione, questo è vero solo per il sistema aria-acqua, ma in generale sono concetti diversi. Perché? La temperatura adiabatica di saturazione è la temperatura a cui si porta una corrente di aria non satura quando viene saturata in condizioni adiabatiche (la temperatura si abbassa perché il calore di vaporizzazione viene sottratto all’aria stessa). La temperatura di saturazione adiabatica è una proprietà termodinamica/dato di equilibrio termodinamico (quindi è sempre valida), mentre la temperatura di bulbo bagnato non è una grandezza termodinamica, bensì è una temperatura costante, quindi potrebbe sembrare una temperatura di equilibrio, in realtà dipende dall’instaurarsi di una condizione di regime stazionario, quindi non cambia valore nel tempo. Se abbiamo una corrente a temperatura ta che investe una superficie bagnata che è ha una sua temperatura tw: se le due temperature sono diverse (dell’acqua e dell’aria) ci sarà un flusso di calore qc. Allo scambio di calore (dovuto alla differenza di temperatura) si aggiunge un s econdo fenomeno, che avviene contemporaneamente: se la corrente d’aria è caratterizzata da una generica umidità Ya (umidità dell’aria) avremo un trasporto di materia e quindi un flusso di materia N di tipo diffusivo. Da questa quantità di materia scambiata (mol o kg di acqua evaporata nell’unità di tempo), possiamo ricavare la quantità di calore sottratto qDIFF moltiplicandola per il calore latente di vaporizzazione λvap. Dato che solitamente il λ è espresso in [kcal/kg] (λvap,acqua=539kcal/kg), il ΔY è espresso in [mol], quindi si moltiplica tutto per il peso molecolare PM. A un certo punto i due flussi di calore si eguagliano e la temperatura del termometro non cambia più, quindi il flusso di calore di tipo diffusivo (dovuto al trasporto di materia) eguaglia quello convettivo e posso scrivere che le due espressioni sono uguali qc=qDIFF Ora bisogna esprimere la dipendenza funzionale tra i coefficienti h e k: In un fenomeno in cui la fluidodinamica è la stessa sia per il trasporto di calore che per quello di materia, di fatto possiamo affermare che β’=β e allo stesso modo γ≈γ’ e α=α’. Questo ci consente di dire che: Il numero di Lewis numero per un sistema aria-acqua è circa uguale a 1, ed è per questo che per un sistema aria-acqua che la temperatura adiabatica di saturazione coincide numericamente con la temperatura di bulbo bagnato Re descrive la fluidodinamica del sistema Pr e Sc descrivono le caratteristiche del mezzo (aria) Ma in realtà, dato che quest’uguaglianza non è dimensionalmente corretta, si ottiene quest’altra relazione che ci restituisce il numero di Lewis Se il numeri di Lewis è pari a 1, il calore specifico: Riprendiamo la relazione in cui si eguagliano i flussi di calore: Questa relazione coincide con la temperatura adiabatica di saturazione se al posto di tw (temperatura bulbo bagnato) utilizzo ts (temperatura adiabatica di saturazione) e quindi ci consente di fare l’affermazione che tw≈ts È importante rendersi conto che la temperatura di bulbo bagnato è uno strumento utilissimo, specialmente in passato, per misurare l’umidità di un sistema, ma è uno strumento tecnico e non una grandezza termodinamica. Sul diagramma psicometrico abbiamo sull’asse x: temperatura dell’aria sull’asse y: l’umidità [kg vapore/kg aria secca] Il luogo dei punti in cui Y=Ys è detta curva di saturazione. Un sistema-aria acqua si definisce per due grandezza, una temperatura e un’umidità (che possono essere ottenute anche a partire da altre grandezze): possiamo avere l’umidità assoluta e la temperatura e possiamo ricavare il punto sul digramma. Da questo possiamo ricavare l’entalpia, l’umidità relativa, la temperatura di bulbo bagnato. Per la temperatura di bulbo bagnato, dato che siamo in un sistema aria-acqua, coincide con la temperatura adiabatica di saturazione che si ricava considerando l’isoentalpica passante per quel punto e successivamente la sua intersezione con la curva di saturazione. Torre di raffreddamento SCELTA DEI GRADI DI LIBERTÀ Pressione: il gas che utilizziamo per raffreddare la portata liquida è aria, che generalmente è disponibile alla pressione atmosferica (stesso discorso dell’assorbimento). Bisogna fare delle considerazioni riguardo alla posizione della ventola: il gas deve muoversi dal fondo (b) fino alla testa (a) della torre di raffreddamento, quindi c’è bisogno di una macchina operatrice (deve fornire la potenza necessaria a vincere le perdite di carico), ad esempio un ventilatore centrifugo, che può lavorare in mandata (b), o in aspirazione (a). In mandata: pa=patm, pb=patm+perdite di carico (caduta di pressione Δp) In aspirazione: pb=patm ; pa=patm+le perdite di carico (caduta di pressione Δp) Se considero il diagramma p-Z: In generale le ventole lavorano meglio in aspirazione, ma metterlo in aspirazione (sezione a) comporta la difficoltà di andare a trattare un’aria calda e umida (la palettatura è sottoposta a maggiori sollecitazioni), e le ventole in queste condizioni lavorano male, al contrario lavorano meglio con un’aria fredda e secca. In più, farle lavorare in aspirazione, vuol dire trattare una portata volumetrica più elevata perché il gas caldo ha un volume specifico più elevato. Tendenzialmente il modo più semplice è farle lavorare in mandata (sezione b) Variabili G L ta tb Ta Tb Ya Yb pGa pGb pLa pLb caratteristiche riempimento Z D Ha, Hb Nvariabili=17 Nvincoli esterni=3 Dalle 2 equazioni di definizione di entalpia, possiamo ricavare Ha e Hb. Se consideriamo il diagramma psicometrico, il punto dell’aria d’ingresso (b) sarà caratterizzato dalla temperatura Tb e dall’umidità Yb; in uscita (a) abbiamo un generico punto di cui conosciamo solo l’entalpia Ha, quindi il punto rappresentativo dell’aria in uscita si troverà sull’isoentalpica Ha, ma non sappiamo dove precisamente: possiamo scrivere un’equazione che esprime Ya come funzione di tante variabili che dipendono dalle scelte di progetto (come abbiamo fatto per l’altezza) Vincoli 1 bilancio di energia 2 equazioni di definizione dell’entalpia 3 equazioni di vincolo per le pressioni 1 equazione di vincolo per l’altezza 1 equazione di vincolo per l’umidità Ya Nvincoli=8 Ngdl=17-8-3=6 tb: non possiamo sceglierla senza considerare l’umidità del gas in ingresso Yb, e quindi, di fatto stiamo considerando un’unica grandezza che è l’entalpia del gas in ingresso Hb. Ci serve tb più bassa possibile perché deve raffreddare la portata liquida, e quindi anche Hb deve essere quanto più bassa è possibile. Non è possibile intervenire su questa grandezza, perché abbiamo a che fare con un sistema di raffreddamento, e non possiamo raffreddare l’aria di cui disponiamo, per cui lavoriamo con l’aria atmosferica (senza trattarla preventivamente). Il problema è che non possiamo scegliere la temperatura ambiente: la torre di raffreddamento deve funzionare tutto l’anno, per cui dobbiamo progettarla tenendo conto dell’incertezza che abbiamo sul valore della temperatura. Quindi potremmo, ad esempio, considerare la temperatura (entalpia/umidità) più alta degli ultimi 50 anni del luogo in cui installo l’apparecchiatura, e questa misura risulterebbe essere molto cautelativa, cioè l’apparecchiatura sarebbe sovradimensionata e quesa misura di prevenzione sarebbe utile per quei pochi giorni all’anno in cui si verificano queste temperature. Per cui questa scelta non è sbagliata, perché l’apparecchiatura funzionerà sicuramente, ma sarà più costosa di un’altra scelta. Un’altra possibilità è quella di considerare una temperatura media annua, che mi consente di realizzare un’apparecchiatura più piccola (vantaggio=risparmio), ma durante le giornate più calde l’apparecchiatura va in difficoltà. In quest’ultimo caso bisogna chiedersi se c’è un modo per far funzionare comunque l’apparecchiatura, spendendo in termini di energia solo nei suddetti giorni: è possibile se ad esempio aumento la portata… La torre di raffreddamento va dimensionata sulla temperatura media dell’anno/ultimi 5 anni, ma durante la progettazione si deve verificare se funziona anche in caso di temperatura massima (è così che si dimensiona in caso di incertezza). Materiale di riempimento: valgono le stesse valutazioni fatte per l’assorbimento, tranne per il fatto che queste apparecchiature sono meno costose e quindi il materiale di riempimento deve essere quanto più economico è possibile. Chiaramente, più superficie di scambio abbiamo, meglio è, ma si preferisce sceglierlo poco costoso. Diametro: valgono le stesse considerazioni dell’assorbimento (si considera la portata di allagamento…) G: Bisogna fare un bilancio di energia tra una generica sezione e la testa: Questa equazione è valida tra una generica sezione e la testa,e quindi possiamo anche valutarla tra la testa e il fondo dell’apparecchiatura Ora dobbiamo lavorare sul diagramma psicometrico: questo diagramma riporta le condizioni dell’aria (temperatura dell’aria e umidità dell’aria), mentre la nostra equazione dipende dal l’entalpia dell’aria. Se consideriamo un generico punto del diagramma psicometrico, posso ricavare l’entalpia dell’aria, ma non ho nessun riferimento sull’acqua. Però, esiste una condizione in cui la temperatura dell’aria coincide con quella dell’acqua, ovvero la condizione di saturazione: a partire da questa considerazione, posso costruire il diagramma H-T (entalpia del gas-temperatura dell’acqua). A questo punto l’equazione ricavata dal bilancio di energia rappresenta una retta sul piano H-T. Conosciamo (Tb,Hb) e Ta, ma non Ha, quindi dobbiamo ricavare la retta di lavoro per Gmin (tangente alla curva di saturazione o intersezione con il punto di ascissa Ta) che mi consente di ricavare la retta di lavoro per la portata di progetto G tramite un fattore di maggiorazione F.M. Meccanismi di trasporto Anche in questo caso abbiamo un’interfaccia gas-liquido: lo scopo è quello di trasferire calore, quindi deve esserci un gradiente di temperatura, e più precisamente, la temperatura del liquido deve essere maggiore di quella del gas. Le due fasi all’interfaccia sono a contatto e quindi le loro temperature si eguagliano. A fronte di queste condizioni avremo un flusso di calore dal liquido al gas. Oltre al trasferimento di calore, dobbiamo considerare il trasferimento di materia perché l’acqua evapora, ciò implica che l’umidità dell’aria varia. Questo è possibile perché è presente anche un gradiente di concentrazione: in particolare, il profilo di concentrazione dal lato del liquido è costante (non si traccia) perché anche se evapora, l’acqua della portata liquida non cambia la sua concentrazione, quindi nel liquido avviene solo il trasferimento di calore. Dobbiamo considerare che il trasporto di calore in fase liquida deve eguagliare quello in fase gas: posso scriverla anche per yi Sia crea una condizione particolare in cui (valida solo per il sistema aria acqua), per cui schematizziamo il sistema: Lato liquido Lato gas In corrispondenza del gas abbiamo resistenza conduttiva e diffusiva, ma per il sistema aria-acqua si crea una condizione particolare per cui le due resistenze sono trattabili come se fosse un solo meccanismo di trasporto in cui la forza spingente è una differenza di entalpia Calcolo dell’altezza ZD Risolvere l’integrale numericamente (con trapezi o Simpson lez.16) Metodo dei trapezi Metodo di Simpson Salvare i valori di ZA e di ZD e ripetere il procedimento per una nuova xa Quanti kg di vapore si devono spendere per realizzare questa operazione? Evaporatore (o concentratore) Viene utilizzato per trattare una corrente liquida a una determinata concentrazione suddividendola in due correnti: entra una corrente F a concentrazione xF e la si suddivide in una portata liquida L e una portata di vapore V. Chiaramente la composizione xL≠xF se la portata di vapore V>0. Si può assumere che la concentrazione xV≈0, cioè gli inquinanti, i sali che sono presenti in F, non sono presenti nella corrente V (il vapore è “pulito”). Per ripulire la corrente F si utilizza un sistema costituito da uno scambiatore che viene alimentato con un vapore in condizione di saturazione ws. Proviamo a fare delle assunzioni per valutare l’ordine di grandezza del problema : Dato che siamo in condizione di saturazione Abbiamo ipotizzato che F entri a temperatura ambiente e che l’evaporatore sia a T=100°C La corrente F ha bisogno di un’aliquota di calore pr riscaldarsi da un temperatura d’ingresso e una di uscita, ma solo V viene vaporizzata. Nello scrivere quest’equazione, abbiamo ipotizzato che il calore specifico di F sia uguale al calore specifico di L (acqua=1) Quantità di calore necessaria a vaporizzare V La quantità di vapore necessario è circa uguale alla quantità di vapore da vaporizzare. Se azzerassimo il ΔT (facciamo entrare un liquido già caldo nell’apparecchiatura), V=ws. Quindi il vapore serve a riscaldare il liquido, ma la maggior parte del vapore viene impiegato per vaporizzare V. Sarebbe un peccato non sfruttare la portata di vapore V, perché ha un contenuto energetico molto elevato: non posso circuitarlo con ws nello scambiatore perché è a 100°C e quindi non c’è più differenza di temperatura; ws dev’essere a temperatura superiore di TE=100°C. Quanto superiore? Ci devono essere almeno 5-10°C di differenza tra ws e TE (meno di questo, richiederebbe superfici di scambio enormi). Almeno 5°-10°C significa che il vapore di linea utilizzato è saturo, ma non a pressione atmosferica (sarà ad esempio a 1,2 bar), per cui la sua temperatura di condensazione non sarà 100°C, ma 110-115°C. Quindi ws ha una temperatura di saturazione che è maggiore della temperatura dell’ evaporatore, che poi è la temperatura a cui si libera ws. Quindi non possiamo utilizzarlo al posto di ws, ma possiamo mandarlo in un altro evaporatore: la corrente di liquido in uscita dal primo evaporatore viene inviata al secondo evaporatore; e la portata di vapore in uscita dal primo evaporatore viene inviato allo scambiatore di calore del secondo evaporatore: Considerando i dati precedenti, avremo che ora è x2 a essere pari a 0,2 (perché, per il nostro vincolo esterno, è la corrente in uscita che vogliamo alla composizione x=0,2). Ora è V1+V2=50 kg/h. Se ipotizziamo (valida) che i due evaporatori funzionano allo stesso modo,e quindi V1≈V2, allora ws≈V1≈V2 e quindi sarà circa 25 kg/h A questo punto potrei continuare a inserire evaporatori in serie: Nella configurazione con 3 evaporatori ws è la terza parte di quello che avrei con un evaporatore (16,67kg/h) Dev’esserci differenza di temperatura tra tutti gli evaporatori altrimenti non avremmo scambio di calore; questo vuol dire che dobbiamo garantire un differenza di circa 10°C tra un evaporatore e l’evaporatore successivo, e quindi anche una differenza di pressione: Il vantaggio ottenuto dal passaggio fa 4 a 5 è solo di 0,05/1, quindi è marginale; invece per passare da 1 a 2 ho un vantaggio di 0,5/1. Qual è la considerazione da fare? Da un punto di vista del costo di esercizio, mi converrebbe mettere quanti più evaporatori è possibile, ma devo valutare i costi d’impianto… Ragioniamo sulla sequenza degli scambiatori, dobbiamo avere che la temperatura del vapore V uscente da un evaporatore (che coincide con quella dell’ evaporatore stesso) deve essere maggiore della temperatura a cui opera l’evaporatore successivo, quindi dobbiamo avere questa sequenza: Questo garantisce che ci sia una forza spingente è quindi che ci sia scambio di calore Lavoro a pressione e temperatura decrescenti, e più evaporatori metto più risparmio in termini di costi di esercizio. Se consideriamo il piano p-T, la funzione p=p(T) ha un andamento crescente di natura esponenziale: Se ragioniamo in una zona di bassa temperatura, a fronte di un certo ΔT, il Δp1 da fornire sarà piccolo, ma se a parità di ΔT, considero temperature più elevate, il Δp2 aumenta (Δp2>Δp1). Questo significa che se lavoro a temperature al di sopra dei 100°C: se considero il 5° evaporatore a 105°C, e tra ogni evaporatore impongo una differenza di temperatura di 10°C, avrò E4 a 115°C, E3 a 125°C, E2 a 135°C, ed E1 a 145°C. La pressione di E5 sarà di poco superiore a quella atmosferica (perché siamo a 105°C≈100°C), ma il rischio è che la pressione di E1 si trovi a pressioni elevate del tipo 20-30 bar (p aumenta all’aumentare di T). Questo non è un problema perché l’industria riesce a lavorare a pressioni così elevate, ma così facendo, avrei un evaporatore che lavora a TE1 e pE1 è uno che lavora a TEN e pEN, questo comporta che dovrei costruire tutte macchine diverse; neanche questo è un problema, ma non è conveniente. Non è conveniente per un motivo di natura tecnologica: io dovrei costruire macchine diverse, e se una di queste avesse un malfunzionamento, dovrei avere il ricambio di quella macchina. È molto più semplice realizzare macchine tutte uguali e ne ho una di riserva che è in grado di sostituire ognuna di loro, ma per farle tutte uguali devo sfruttare la zona di bassa temperatura, perché in questa zona, a fronte di un certo ΔT, ho Δp circa uguali. Quindi non si opera con il primo evaporatore con alte pressioni e temperatura e gli altri evaporatori con pressioni e temperature decrescenti, ma con il primo evaporatore intorno a pressione atmosferica e tutti gli altri con temperature e pressioni decrescenti. Se volessimo considerare dei valori, avemmo: Nell’ultimo evaporatore avrò una pressione minore di quella atmosferica, e quindi ci sarà una portata di vapore in uscita che non può essere scaricato direttamente in atmosfera, perché altrimenti entrerebbe aria nel sistema (p<patm). Per far uscire la portata di vapore dovrei mettere in depressione V3, ma è un procedimento costoso, e quindi si condensa la portata V in uscita. Immaginiamo di lavorare in un sistema chiuso in cui ho p=1atm e ho del vapore (quindi siamo a 100°C); se questo sistema di vapore lo metto a temperatura ambiente e lo faccio raffreddare fino a 25°C, il vapore condensa e poi implode perché da un certo volume passa a un volume molto più piccolo (1000 L di vapore sono circa 1 L di liquido) e quindi la pressione sarà la tensione di vapore dell’acqua a 25°C che è molto più bassa della patm. Quindi il sistema si restringe perché la pressione al suo interno non sarà più 1atm, ma sarà ≈0,15atm. In questa nuova configurazione, il volume del sistema (se potesse cambiare) si adegua al fatto che la pressione è cambiata e in questo modo, se riusciamo a condensare, riusciamo a realizzare una depressione sul vapore. Come si fa? Si segmenta il vapore con un condensatore che introduce una portata di acqua per condensare che entra a una temperatura Twc, e il vapore esce dal basso in fase liquida. Quindi il vapore viene raffreddato e viene trasformato in una corrente liquida. All’interno dell’apparecchiatura ci sarà una temperatura Tc media tra la temperatura del vapore e quella della dell’acqua di condensazione (più aumento la portata di condensazione, più Tc si avvicina alla temperatura ambiente. Quindi la temperatura del condensatore Tc sarà compresa tra Twc e TN (N=numero di evaporatori). Se T3=60°C e Twc=25°C, Tc=35-40°C, allora la pressione al suo interno sarà la tensione di vapore a 35-40°C, che è comunque più bassa della tensione di vapore dell’ultimo evaporatore E3; questo significa che se faccio un foro per far uscire la portata condensata, potrebbe comunque entrare aria,ma qui gioca un ruolo fondamentale la gravità: si inserisce uno scarico con una canna lunga 10,33 m (altezza in m della colonna d’acqua alla patm); quindi se realizzo un sistema del genere, si chiama condensatore con canna barometrica e in questo modo impedisco che entri aria dall’esterno e riesco a tenere la pressione del condensatore pc<patm e quindi avrò che pN<patm e a cascata tutti gli altri evaporatori. Posso lavorare a p<patm con questo semplice accorgimento che è rappresentato dalla condensazione del vapore in uscita. Nello schema in equicorrente, il vapore ws entra nello stesso evaporatore in cui entra la soluzione da concentrare F; questo schema prosegue con il vapore che esce dal primo effetto che viene alimentato come fluido caldo nel secondo effetto e così via… fino all’ultimo evaporatore che è collegato con un condensatore barometrico. Nello schema in controcorrente il vapore entra nel primo effetto, e la soluzione entra nell’ultimo effetto. Ci sono differenze nei due schemi: Nello schema in equicorrente, il primo effetto sarà caratterizzato dall’avere una pressione è una temperatura superiori rispetto a quelle degli effetti successivi; possiamo anche dire che i fluidi i fluidi si muovono nella stessa direzione per differenza di pressione, quindi il moto dei due fluidi non ha bisogno di pompe, perché si muove da una pressione più alta verso una più bassa (all’interno dello schema, perché ovviamente per portare i fluidi all’interno elle apparecchiature ci vorranno delle pompe). Nello schema in controcorrente, è necessario interporre delle pompe tra i vari evaporatori per far fluire la soluzione F da un effetto all’altro. Per quanto riguarda la composizione della soluzione da concentrare aumenterà tra un effetto e quello successivo, quindi: In equicorrente aumenterà passando dal primo all’ultimo, mentre in controcorrente aumenterà passanti dall’ultimo al primo. Se consideriamo i fenomeni di scambio, e quindi i coefficienti di scambio di materia e di calore, nella configurazione in equicorrente, in corrispondenza della massima concentrazione abbiamo la minima temperatura: dobbiamo considerare che i coefficienti di scambio aumentano all’aumentare della temperatura, perché all’aumentare della temperatura diminuisce la viscosità; bisogna tener conto anche del fatto che la viscosità aumenta all’aumentare della concentrazione. Quindi nella zona in cui abbiamo max concentrazione e min temperatura, siamo nelle condizioni peggiori per lo scambio perché la viscosità è incrementata dalla massima concentrazione e dalla minima temperatura, di conseguenza l’andamento in controcorrente mi porta a operare con coefficienti di scambio di calore che sono fortemente decrescenti nel passaggio dal primo all’ultimo evaporatore. Nello schema in controcorrente: l’andamento temperatura-concentrazione coincide (entrambe decrescenti tra il primo e l’ultimo effetto), quindi abbiamo massima concentrazione (viscosità aumenta) e massima temperatura (viscosità diminuisce) e quindi i due effetti si annullano, per cui il coefficiente di scambio è costante (conveniente perché cerchiamo di ottenere apparecchiature tutte uguali). Da queste considerazioni, potremmo pensare che lo schema in controcorrente sia migliore di quello in equicorrente, ma dobbiamo tener conto di un’altra cosa: molte molecole all’aumentare della concentrazione e della temperatura , aumenta anche la degradabilità delle molecole; quindi la configurazione di max temperatura e max concentrazione è una condizione critica per la stabilità delle molecole. Nello schema in equicorrente: concentrazioni più elevate sono in corrispondenza di basse temperature Nello schema controcorrente: concentrazioni più elevate sono in corrispondenza di alte temperature. In generale nel trasferimento di qualcosa si preferisce lo schema in controcorrente, ma in questo caso è indifferente. Per lo schema in equicorrente, l’andamento invertito di temperatura e concentrazione è sfavorevole o favorevole? Quindi lo schema è in controcorrente è vantaggioso perché presenta coefficienti di scambio costanti lungo la numerazione degli evaporatori, ma ha come controindicazione il fatto di mettere in condizioni di temperatura massima anche la temperatura massima. Ovviamente se parliamo di inquinante, questo problema è marginale: questa apparecchiature può essere utilizzata quando abbiamo una soluzione F che è un rifiuto, da cui preleviamo la parte pulita, e quindi abbiamo un rifiuto più concentrato; se passiamo da una concentrazione del 10% a una del 20%, dobbiamo smaltire il 50% in meno. Come sono fatti gli evaporatori? C’è una batteria di tubi che viene chiamata fascio tubiero: all’interno dei tubi scorre la soluzione da concentrare e i tubi sono riscaldati dal vapore attraverso la superficie esterna. Il liquido all’interno dei tubi bolle; queste bolle si muovono verso l’alto. La bolla, nel salire verso l’alto trascina con sé anche il liquido soprastante, quindi crea un moto del liquido verso l’alto. Al centro c’è un tubo più grande definito downtake che consente al liquido di tornare verso il basso. Il vapore invece va verso l’alto e viene espulso. Questi evaporatori si definiscono evaporatori a circolazione naturale perché non c’è bisogno di aggiungere pompe o sistemi di agitazione del liquido: il moto è spontaneo ed è realizzato dalla formazione delle bolle all’interno dei tubi. Nella sezione in pianta D-D’ vediamo come sono disposti i tubi: gli spazi liberi sono localizzati dove entra il vapore, perché questo prima di condensare deve raggiungere tutti i tubi; quindi i tubi sono posizionati in modo da lasciare una sezione maggiore dalla parte d’ingresso del vapore, perché poi il vapore condensando, si riduce la portata è quindi ha bisogno di sezioni via via minori per far passare il vapore. Con questa disposizione si garantisce che tuti i tubi siano investiti siano investiti dal vapore e quindi funzionino come superfici di scambio con la soluzione da concentrare. Variabili F xF tF pF ws ts ps t1 t2 … tN p1 p2 … pN w1 w2 … wN x1 x2 … xN A1 A2 … AN N Equicorrente/controcorrente Nvariabili=9+5N Temperature degli effetti Pressioni degli effetti Corrente da concentrare Corrente di vapore Portate di vapore in ingresso negli effetti Composizioni delle correnti da concentrare uscenti da ogni effetto Superfici si scambio in ogni effetto Numero degli evaporatori Ora valutiamo sui gradi di libertà: tF e pF non sono vincoli esterni perché nulla vieta di modificarle, ma se tF è già calda, nel primo evaporatore spendiamo meno energia,viceversa se tF è fredda, ma nel secondo caso non scaldiamo la corrente prima di immetterla nell’ evaporatore perché altrimenti avrei bisogno di uno scambiatore di calore. Stesso discorso su pF. Si usa lo schema in controcorrente perché consente di avere un coefficiente di scambio costante lungo l’apparecchiatura. Si usa lo schema in equicorrente se vogliamo evitare fenomeni di degradazione nell’ evaporatore laddove la concentrazione è massima. Vincoli 2N bilanci di materia N bilanci di energia N+1 vincoli sulle pressioni N equazioni di scambio Nvincoli=4N+1 Nello schema abbiamo utilizzato già il bilancio di materia per definire L (sul vapore non serve perché quello che entra poi esce) N bilanci di materia per ogni evaporatore Riepilogo passaggi per ricavare la curva di saturazione: Ipotizziamo che sia costante al variare di T (in realtà varia al variare di T) Tracciare la retta di lavoro Hb possiamo calcolarlo conoscendo Tb e φ Conduzione di tangenza per ricavare m Verifica che m sia quello giusto Potrebbe essere necessario restringere l’intervallo in cui viene tracciata la curva di saturazione per far aderire meglio la curva interpolante Va tracciata in [Ta;Tb] Scriviamo le equazioni per un sistema costituito da 3 evaporatori: EQUICORRENTE CONTROCORRENTE Se N=3, dobbiamo risolvere 13 (=4*3+1) equazioni. Come si procede? Si cerca di disaccoppiare le equazioni, per farlo dobbiamo ragionare su quali sono le variabili e quali sono le incognite: Per il 1º set di equazioni (3 bilanci di materia), conosciamo F, xF e x3, per cui le incognite sono w1, x1, w2, x2, w3 (5 incognite). Quindi abbiamo 3 equazioni in 5 incognite, quindi non possiamo risolvere questo set di equazioni senza tener conto degli altri set di equazioni. Con le equazioni del bilancio di energia aggiungiamo alle incognite ws, T1, T2, T3, che di fatto sono riconducibili ai vincoli delle pressioni p1, p2, p3. Quindi non possiamo disaccoppiare i primi due set di equazioni perché abbiamo 6 equazioni in 9 incognite. Il 3º set non risolve la situazione perché aggiunge comunque le variabili p1, p2, p3. Quindi dobbiamo considerare anche le equazioni di scambio in cui sono presenti le incognite A1, A2, A3, ma è anche vero che le tre superfici di scambio sono uguali A1=A2=A3; per cui queste equazioni di scambio (noti i coefficienti) ci consentono di risolvere tutto. Quindi non possiamo disaccoppiare le equazioni, ma possiamo fare delle considerazioni per fare delle ipotesi di soluzione che dovranno poi essere verificate. Quando si ragiona in termini di ipotesi di tentativo è individuare quello che può essere un set di equazioni più vicine alla soluzione. La temperatura più elevata è quella del vapore ws, che è ts, mentre la più bassa è T3 (che ricaviamo da p3 imposto come g.d.l.), quindi conosciamo l’intervallo [T3; ts]. In questo intervallo saranno comprese T1 e T2, per cui posso suddividere l’intervallo [T3; ts] in 3 parti e ottenere una prima stima di T1 e T2. Questo mi consente di risolvere i primi due sistemi, perché saranno di 6 equazioni in 6 incognite. EQUICORRENTE In questo modo ottengo i valori di w1, w2, w3, x1, x2, ws, ma ho bisogno di un sistema che mi permetta di verificare le mie ipotesi su T1 e T2. Il sistema di verifica è quello delle equazioni di scambio in cui valuto che le superfici di scambio A1 , A2 e A3 siano uguali tra loro. Se non sono uguali, allora dovrò fare una nuova ipotesi: ottengo un valore di area media, lo imponiamo nel sistema delle equazioni di scambio e ricaviamo T1 e T2 con cui faremo un nuovo giro di calcolo. Come si sceglie il numero degli evaporatori? All’aumentare del numero degli effetti, diminuisce il costo di esercizio: Il costo d’impianto aumenta all’aumentare del numero degli effetti (teniamo conto del fatto che se scegliamo N evaporatori, in realtà ne compriamo uno in più in caso di guasto): Quindi il costo totale sarà: K2= costo dell’energia K1= costo del singolo evaporatore Per ottenere il valore minimo dei costi totali, dobbiamo derivare i costi rispetto a N e imporre che sia nulla Dicendo che i costi d’impianto sono proporzionali a N+1 vuol dire che il costo del singolo evaporatore è sempre lo stesso (se ne scelgo 3, ognuno costa K1, e se ne metto 4 ognuno costa K1). Se ho 3 effetti, per passare da xF a x3, spendo ws, ma in realtà sottraggo alla soluzione w1, w2, e w3; quindi ogni evaporatore dovrà scambiare del calore per ottenere w1, w2, w3. Se ho 4 evaporatori non dovrà scambiare 1/3 di ws, ma dovrà scambiare 1/4 di ws. Quindi potremmo pensare che con 4 effetti, dovrei scambiare meno calore in ogni effetto e quindi dovrei realizzare evaporatori più piccoli. Però dobbiamo anche considerare che all’aumentare di N le forze spingenti su ogni effetto diminuiscono. Quindi, la dimensione degli effetti non dipende dal numero degli effetti, ed è il motivo per cui posso considerare che ogni effetto costi K1. Reintegro prima dello spurgo (b) Bilancio di materia sul sale (V.C. Nodo di separazione)Non modifica le concentrazioni cs è la concentrazione di sali che si accumulano nel sistema, ma ora non possiamo dire che S ha la concentrazione cs perché i sali entrano anche dal reintegro La stima sull’evaporato è la stessa La soluzione (a) spurgo prima del reintegro è migliore perché ci permette di reintegrare e spurgare di meno (lo notiamo soprattutto per m bassi) Per conoscere l’andamento della temperatura del gas, adottiamo un approccio grafico detto metodo Mickley. Il punto di partenza è quello di eguagliare due forme di calore: da un lato abbiamo la quantità di calore lato gas che viene trasportata per convezione attraverso la fase gassosa; dall’altro abbiamo la quantità totale di calore che viene trasportata attraverso la fase gassosa, non solo per convezione, ma anche a causa del trasferimento di materia (per l’umidità) Si fa il rapporto tra queste due quantità e dividiamo entrambi i membri per il calore specifico dell’aria: Numero di LewisPer il sistema aria-acqua il numero di Lewis=1 Quindi questa quantità differenziale può essere ritenuta finita: Dal punto di vista operativo si lavora nel piano H-T in cui riportavamo HV=f(TL): noi conosciamo il punto F=(tb;Hb) (stiamo riportando il caso di tb>Tb, ma non cambia nulla se tb>Tb) e il punto C=(Tb;Hb); dal punto C traccio il corrispondente punto sulla curva di saturazione D (si ricava dall’uguaglianza dei due flussi); uniamo D con F, e sul segmento DF posso prendere un segmento FG arbitrario (e quindi avrò una certa differenza ΔTFG a cui corrisponde una certa differenza ΔHFG, e più piccolo è FG, e meglio l’infinitesimo approssima il finito. Individuato FG tracciamo l’orizzonte le in modo da individuare un nuovo punto H sulla retta di lavoro; da H ricavo il corrispondente punto sulla curva di saturazione I; congiungo I e G e individuo un altro segmento IJ…. (proseguire fino all’entalpia Ha) Per il momento F, I e J sono tre punti della curva che descrive l’andamento della temperatura del gas tV È utile conoscere l’andamento della temperatura dell’aria all’interno della torre di raffreddamento, perché se questo rimane nel semipiano inferiore, la torre funziona regolarmente e tutto l’approccio teorico adottato per il dimensionamento è valido; se invece l’andamento della temperatura interseca la curva di equilibrio ci troviamo in condizione di sovrasaturazione, e cioè si forma della nebbia in una porzione della torre. Nel caso di sovrasaturazione, il dimensionamento è sbagliato.
Docsity logo


Copyright © 2024 Ladybird Srl - Via Leonardo da Vinci 16, 10126, Torino, Italy - VAT 10816460017 - All rights reserved