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Origini e Caratteristiche del Procedimento Legislativo Decentrato nelle Commissioni, Tesine universitarie di Diritto Costituzionale

Il procedimento legislativo decentrato nelle commissioni in sede deliberante o legislativa, che è una parte integrante del processo formativo della legge in italia. La preparatoria, costitutiva o della perfezione, e integrativa dell'efficacia delle fasi del procedimento, oltre alle critiche mosse alla procedura e il ruolo delle commissioni nel bilancio dei rapporti tra parlamento e governo.

Tipologia: Tesine universitarie

2021/2022

In vendita dal 25/03/2024

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elena-varotto 🇮🇹

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Scarica Origini e Caratteristiche del Procedimento Legislativo Decentrato nelle Commissioni e più Tesine universitarie in PDF di Diritto Costituzionale solo su Docsity! ORIGINI E CARATTERISTICHE DEL PROCEDIMENTO LEGISLATIVO DECENTRATO NELLE COMMISSIONI IN SEDE DELIBERANTE O LEGISLATIVA Le Camere adempiono alla funzione legislativa con l'emanazione di quel tipico atto di produzione di norme giuridiche che è definito in dottrina, come “atto complesso eguale” in un procedimento rigorosamente predefinito. Nella nostra forma repubblicana in modo peculiare, il Presidente della Repubblica non partecipa all'attività legislativa (la promulgazione è assimilabile ad una attività di controllo costituzionale di regolarità, declinantesi in un requisito di efficacia dell'atto approvato. In relazione al processo formativo della legge, è possibile distinguere tre fasi: quella “preparatoria”, che concernente la questione della così chiamata“ iniziativa”; la fase «costitutiva o della perfezione», che si concreta nell'approvazione parlamentare;la fase «integrativa dell'efficacia», in cui la legge già perfetta acquisisce con la «promulgazione» e la «pubblicazione», il suo carattere vincolante. La definizione dei contenuti del procedimento ordinario è quella prevista dal primo comma dell’art. 72 Cost.; ogni progetto presentato ad una delle due Camere è esaminato, in base a norme del Regolamento, in un primo momento da una Commissione e quindi in Assemblea, dove è approvato articolo per articolo e con votazione finale. E’ importante considerare, per i riverberi sul tema in discussione, che questo procedimento, fu a lungo precorso da due diversi sistemi di origine inglese e francese, denominati rispettivamente « delle tre letture » e « degli Uffici ». Il tentativo d’immettere nel Regolamento della Camera il sistema delle «tre letture» (introdotto per un breve periodo tra il 1868 e il 1873 e poi per altri sessant’anni tra il 1888 e il 1948) non procurò alcun risultato di rilievo. Tale procedura si caratterizzava per l'evidenza di una matrice del tutto formalistica; ad esempio, la discussione generale era aperta prima di ogni esame del progetto e e la terza discussione era intralciata dalla possibilità di avanzare ulteriori emendamenti. Tale impianto si rinviene, in qualche modo, nella caratteristica sede redigente delle Commissioni, sistema che dopo essere stato fortemente contrastato, è ritenuto disfunzionale e modestamente usato ad ogni legislatura per l’insediamento di un numero eccessivo di Commissioni. Il secondo sistema vigente in Francia fino allo scadere del XIX secolo, ed in Italia a partire dal Regolamento provvisorio del 1848 al periodo del regime fascista, prevedeva, ogni due mesi, il sorteggio dei deputati in nove Uffici, incaricati separatamente all’esame preliminare di ogni progetto presentato. Ogni Ufficio provvedeva di seguito alla nomina di un delegato “referente” in Commissione. Quest’ultima era designata a condurre un esame tecnico sul progetto e incaricava infine un relatore per l'Assemblea (tale procedura è oggi presente per analogia nel « Comitato dei nove »). Nei fatti, dunque, l’istituto della Commissione si è stabilita in Italia per superare ogni traccia di Comitato generale affidando il controllo preliminare delle leggi ad organi permanenti, composti in modo da rispettare l'equilibrio tra le forze politiche (a differenza degli Uffici) e competenti in forma prestabilita per grandi settori della pubblica amministrazione. Svoltasi la discussione generale a seguito della relazione della Commissione e al termine della discussione degli eventuali ordini del giorno, si procede all'esame di articoli ed emendamenti, alla votazione e alla delibera conclusiva. Al termine del procedimento ordinario (e allo stesso modo in ogni altro procedimento relativamente a questa fase), se il progetto è approvato, il Presidente dell'Assemblea lo invia con suo « messaggio » all'altro ramo del Parlamento o al Capo dello Stato, mediante il Governo, per la promulgazione. L'ultimo comma dell'art. 72 Cost. aggiunge infine che la forma normale di esame deve essere adottata sempre per i progetti di legge in materia costituzionale ed elettorale e per quelli di delega legislativa, di autorizzazione a ratificare trattati internazionali, di approvazione di bilanci e consuntivi: tali categorie del « procedimento abbreviato» sono indicate nel secondo comma dell'art. 72 Cost. che, Un istituto analogo è stato accolto dal Senato (art. 36-bis Reg.) e si configura come procedimento intermedio tra la sede referente e la sede deliberante, che sin dall’origine viene scelto dal Presidente e che affida all’aula la votazione di articoli, quella finale e le relative dichiarazioni di voto. Vi è discussione per i criteri informativi mediante apposito ordine del giorno e vi è diritto a rimessione in Assemblea. Ma questa procedura ha sollevato in sede politica e in dottrina dubbi e controversie di ordine costituzionale in riferimento al disposto dell'art. 72 della Cost. Per espressa prescrizione costituzionale, poi, una nuova approvazione parlamentare può rendersi necessaria ove il Presidente della Repubblica, entro il termine fissato per la promulgazione, utilizzi il potere di rinvio, previsto nell'art. 74 Cost., al fine di richiedere alle Camere una nuova deliberazione mediante messaggio motivato in funzione di “ veto sospensivo” giacché le Camere possono riapprovare la legge senza alcuna specifica maggioranza e il Capo dello Stato non potrà sottrarsi dal promulgarla. Le norme del Capo VIII del Regolamento della Camera, intitolato “Della discussione”, sono tra quelle che risentono maggiormente della sistemazione degli istituti parlamentari mediante un legame inscindibile con il processo di generale adattamento delle istituzioni e con il cambiamento delle condizioni storico- politiche del nostro paese. Il Regolamento provvisorio del 1848 della prima Camera del Parlamento Subalpino, basato quindi sul sistema degli Uffici, prevedeva per tutte le proposte (e dunque anche di quelle a contenuto legislativo) una « discussione generale » ed una « discussione particolare sugli articoli ». A non più di due anni dall'adozione del medesimo ne seguiva tuttavia una serrata critica, che ne proponeva la sostituzione con il sistema «delle tre letture ». Ciò nonostante tale proposta di riforma si arrestava senza alcun esito e conseguentemente il sistema degli Uffici veniva incrementato da sette a nove. Questo processo, permase per lungo tempo, con qualche modifica susseguente: l'introduzione della Giunta delle elezioni e l'abolizione degli Uffici, sostituiti, dalla Camera stessa costituita in Comitato privato per accelerare l'esame dei progetti e il successivo ripristino del 1873. Si perviene dunque nel periodo compreso tra il 1886 e il 1890, al celebre gruppo di riforme Bonghi sostanzialmente incluse nelle successive revisioni regolamentari d’inizio Novecento, rimaste inalterate nelle legislature repubblicane. Queste riforme sorgono dall'abbandono del programma di difficile realizzazione volto ad una sostituzione totale del vecchio testo regolamentare e alla contemporanea adozione di un sistema di variazioni parziali con la creazione di una Giunta per il Regolamento. La stabilità affermatasi con le riforme Bonghi durata per poco meno di un decennio a seguito di avvenimenti esterni all'Assemblea si ristabilisce in seguito alla nomina di una Commissione con l'incarico di preparare un nuovo Regolamento nel 1900; questo testo resistito per quasi venticinque anni, seppure con alcune modifiche poneva le basi per la successiva adozione di un nuovo sistema elettorale: lo scrutinio di lista proporzionale che disponeva il ricorso, ad un sistema fondato su organismi nuovi, stabili e multifunzionali in cui si rifletteva l'equilibrio politico dell'Assemblea: le Commissioni incaricate dell’ esame preliminare dei progetti, della potestà legiferante in forma « decentrata » e del resoconto stenografico. La Camera funzionalmente ripartita in Gruppi politici di almeno venti deputati stabiliva per ogni Gruppo la costituzione di un Ufficio, convocato dal Presidente della Camera per designare, i delegati alle Commissioni permanenti in numero di nove (diventate successivamente dodici). A conclusione della presente trattazione possiamo riportare che il decentramento legislativo poteva avviarsi con la legge 19 gennaio 1939, n. 29 e si realizzava attraverso organi interni al Parlamento. Secondo questa impostazione, erano attribuite all'Assemblea della nuova Camera dei fasci e delle corporazioni le sole leggi costituzionali, quelle indicate nella legge n. 100 del 1926 sulla potestà del Governo di emanare norme giurìdiche, quelle di delega e quelle di bilancio. Tutte le altre spettavano alle Commissioni legislative. La competenza di tali Commissioni si poteva aggiungere a quella stessa di Assemblea, ove stabilito dal Capo del Governo per ragioni di urgenza. Finito il regime fascista, con decreto legislativo luogotenenziale n. 539 del 1945, si decise che la Consulta nazionale potesse impiegare provvisoriamente le vecchie norme della Camera vigenti prima del 1922: nell'anno successivo, venivano sostanzialmente riprodotte le linee del Regolamento della Camera del 1900 ove si ristabilivano le Commissioni di natura consultiva; al vecchio Regolamento, si rifaceva poi l'Assemblea Costituente, pur inserendo nell’anno del suo insediamento (1946) alcune norme supplementari per la nomina di varie Commissioni con funzioni referenti, tra cui la celebre « Commissione dei 75 ».
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