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Tema sul ruolo della donna nel Novecento, Guide, Progetti e Ricerche di Italiano

Tema sul ruolo della donna nel Novecento, con relativi esempi

Tipologia: Guide, Progetti e Ricerche

2020/2021

Caricato il 22/03/2021

Eleogermani
Eleogermani 🇮🇹

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Scarica Tema sul ruolo della donna nel Novecento e più Guide, Progetti e Ricerche in PDF di Italiano solo su Docsity! La “questione femminile” Eleonora Germani 5E A partire dalla metà dell'Ottocento tutte le disparità di genere vennero a galla e le donne le combatterono per far sì che rimanessero negli abissi più oscuri della storia. Nel 1860 al congresso della Prima Internazionale, era stato dichiarato che “la donna ha per scopo essenziale quello di essere una madre di famiglia, la donna deve restare in casa, il lavoro deve essere proibito”; nel 1891 Papa Leone XIII nella Rerum Novarum, dichiarò che “certe specie di lavoro non si confanno alle donne, fatte da natura per i lavori domestici, i quali grandemente proteggono l’onestà del debole sesso […]” e che “l’uomo è a capo della donna come Cristo è a capo della Chiesa”. Non era possibile sfuggire alla società maschilista, alla donna non erano riconosciuti gli stessi diritti perché considerata inferiore; dunque non poteva guadagnare lo stesso stipendio e così non aveva la possibilità di avere una carriera e inseguire le proprie passioni. Era portata di conseguenza a sentirsi inferiore, e si cercava di dimostrarlo anche scientificamente, tanto che si discutevano le possibili cause di come essa “abbia minor tempo per conquistare grandi organi e un cervello potente” (Devaux); come in essa “sussistano tendenze quali la civetteria, la dissimulazione, la ammirazione per la forza fisica” (Spencer); come essa “sia più irritabile” (Sighele); come “la menzogna normale e patologica sia, in sostanza, affare delle donne” (Battistelli, Paulhan); come “la donna possieda una scarsa attitudine a passare dal particolare al generale” (Comte). Le donne vengono da sempre presentate in rapporto agli uomini: “[…] non solo viste dall’altro sesso, ma viste solo in relazione all’altro sesso. E che piccola parte della vita di una donna è questa! E anche di questa, quanto poco può saperne un uomo, quando la osserva attraverso gli occhiali scuri o rosei che il proprio sesso gli ha messo sul naso.” (Virginia Woolf, Una stanza tutta per sé). Nel 1868 fu fondato il giornale “La Donna”, il quale proponeva un cambiamento concreto nella sfera dei diritti femminili, sostenendo: l’abolizione della prostituzione di Stato, la parificazione salariale e la partecipazione politica attiva delle donne. Nel 1912 Giolitti decise di varare il suffragio universale, che concedeva il diritto di voto persino agli uomini analfabeti che avessero compiuto il trentesimo anno di età; così il partito socialista presentò un emendamento su istanza di Anna Kuliscioff chiedendo il voto anche per le donne, ma la richiesta fu respinta: le donne erano state considerate inferiori, in questo ultimo caso, agli uomini analfabeti. La rivista “Almanacco della donna italiana”, fondata nel 1920, si era prefissata come scopo quello di “coniugare una forte specificità con uno spiccato ruolo informativo - e insieme educativo - piuttosto aperto e progressista”, diffondeva il ruolo intellettuale e professionale della donna. La donna al tempo era padrona di casa, madre e moglie, niente di più. Pirandello direbbe che quella era solo una delle tante maschere che una donna doveva indossare per relazionarsi, eppure essa era ridotta a quella unica maschera dalla società, uccidendone la vera essenza: la donna non poteva ricoprire più ruoli, quello era e quello era giusto che fosse. Tanto che le donne nel Novecento sono tutte rappresentate in cucina, in attesa che il marito, padre, figlio o fratello ritorni dalla guerra. Questa immagine della donna come “angelo del focolare” è la più comune e la più usata per descriverla, ma dovrebbe essere differente: le donne hanno dovuto prendere il posto degli uomini e per un periodo sono state tutto ciò che non avevano mai potuto essere. Dalla fine degli anni Sessanta, le donne sono uscite di casa per manifestare la loro protesta contro l’uomo e non più a fianco di esso: sono queste manifestazioni la dimostrazione più evidente e clamorosa di un nuovo atteggiamento che esse hanno assunto, mettendo in discussione la loro stessa condizione di donna. Esiste una questione femminile in tutto il mondo, realizzabile solo se vengono modificate le leggi e i costumi, i quali sono strettamente legati tra di loro. “Fin dall'inizio la soluzione della “questione femminile” fu legata indissolubilmente alla soluzione della “questione sociale””. (Victoria De Grazia, Le donne nel regime fascista) In seguito al boom dell’industrializzazione verificatosi con la seconda rivoluzione industriale le condizioni degli operai e le profonde disuguaglianze sociali aumentarono a dismisura e sono proprio fattori economici specifici le ragioni alla base della subordinazione delle donne. Sono state le condizioni e le forme di produzione ad aver assoggettato le donne, ma non solo: da una prospettiva consumistica era la capacità di produzione il valore più alto nella società, dunque le donne e gli uomini che non fossero ritenuti utili alla produzione non potevano ricoprire ruoli rilevanti nella società. Una vera liberazione della donna non potrà mai realizzarsi fino a quando ci sarà gente piena di privilegi e gente che invece stenta a vivere, fino a quando a comandare saranno in pochi e le masse non avranno il diritto di partecipare attivamente alla politica. La condizione della donna è da sempre, e sempre sarà, emarginata se la società continuerà a essere basata sul profitto, se l’economia sarà riservata a un solo strato della popolazione e la cultura patrimonio di pochi. Non è sufficiente una lotta culturale per liberarsi dei condizionamenti sessuali imposti all’uomo e alla donna, ma è necessaria una lotta per cambiare la struttura della società, così che sia gli uomini, sia le donne, siano liberi, perché il vero nemico non è l’uomo, ma la società che sfrutta l’essere umano. Le donne dovevano combattere mentalità e costumi antichi, è così che negli anni di inizio Novecento nacquero molti movimenti femministi. Maggiore coscienza, rifiuto di passività antica e volontà di contare nella società moderna, sono questi i cambiamenti che si diffusero in Italia, soprattutto grazie al pensiero marxiano che alimentò grandi movimenti di donne, diffondendo gli ideali di uguaglianza e giustizia. Le donne che più hanno influenzato il pensiero femminista del Novecento, e grazie alle quali, ad oggi, possiamo ritenerci un passo più vicine alla parità dei sessi, a mio parere, sono state: la scrittrice Simone de Beauvoir con il suo saggio “Il secondo sesso” e Virginia Woolf con “Una stanza tutta per sé”, la stilista francese Coco Chanel, la pittrice messicana Frida Kahlo, la poetessa italiana Alda Merini, l’educatrice Maria Montessori e la senatrice Liliana Segre. Simone de Beauvoir passa in rassegna i ruoli attribuiti dal pensiero maschile alla donna (sposa, madre, prostituta, vecchia) e i relativi attributi (narcisista, innamorata, mistica). La donna, per Simone de Beauvoir, deve “assolutamente assumersi il rischio della sua esistenza e diventare finalmente soggetto”. Critica le leggi repressive in materia di contraccezione e aborto, di matrimonio, di alienazione sessuale, economica e politica. Secondo la scrittrice una donna non può ritenersi libera perchè ha tra le mani un scheda elettorale, continuando a dipendere economicamente dall’uomo. Attraverso il lavoro la donna ha potuto superare quella distanza che la separava dall’uomo, in quanto una volta che non deve più essere mantenuta, il sistema fondato sulla sua dipendenza crolla, non
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