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Tema sulla Guerra in Ucraina, Prove svolte di Maturità di Italiano

Il file contiene un elaborato utile a coloro che dovranno affrontare la prova scritta di maturità o la prova scritta in qualsiasi concorso pubblico.

Tipologia: Prove svolte di Maturità

2023/2024

In vendita dal 13/04/2022

Roberto.Forcetti
Roberto.Forcetti 🇮🇹

4.5

(96)

133 documenti

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Scarica Tema sulla Guerra in Ucraina e più Prove svolte di Maturità in PDF di Italiano solo su Docsity! Il file contiene un elaborato sulla Guerra in Ucraina. Il seguente materiale è utile per chi dovrà affrontare concorsi con prova scritta di cultura generale sia per coloro che si preparano per l’esame di maturità. GUERRA UCRAINA Il primo scorcio del 2022 ha visto una nuova escalation delle tensioni tra Russia e Ucraina sotto lo sguardo preoccupato dell’Occidente. Le origini di queste tensioni sono note. Infatti da tempo l’Ucraina cerca di entrare nella Nato, mentre Mosca vuole preservare la propria influenza su un’ex- repubblica sovietica con cui condivide oltre 1500 chilometri di confine e da cui transita quasi il 40% del gas russo destinato all’Europa. La Russia non ha mai nascosto di non tollerare ulteriori espansioni a Est della Nato dopo l’adesione delle repubbliche baltiche e dei paesi dell’ex Patto di Varsavia. Per scongiurare uno scenario simile Putin minaccia un intervento armato come quello che nel 2014 ha condotto all’annessione della Crimea e alla creazione di repubbliche separatiste filo- russe nel Donbass orientale. Nel 2014 la situazione economico-finanziaria della Russia presentava diverse vulnerabilità legate, tra l’altro, al calo dei prezzi del petrolio, alle sanzioni della Nato e al deprezzamento del rublo. Nel tentativo di contrastare le pressioni al ribasso sulla divisa domestica scatenate dal conflitto, in pochi mesi la Cbr bruciò 134 miliardi di dollari di riserve ufficiali. Alla fine il rublo si svalutò di oltre il 50% rispetto al dollaro e a novembre 2014 la CBR dovette abolire il regime di cambio ibrido in favore di uno pienamente flessibile, riservandosi comunque prerogative d’intervento in caso di minacce alla stabilità finanziaria. Nel periodo successivo le divisioni all’interno della società e della politica ucraine sono rimaste e, specie nel Donbass, hanno alimentato continui scontri tra i civili. Poi, dal 2019, una serie di avvenimenti tra cui il riavvicinamento dell’Ucraina alla NATO ha deteriorato ulteriormente i rapporti russo-ucraini sfociando negli eventi delle ultime settimane. Rispetto al 2014 la ripresa è iniziata a fine 2016 e si è consolidata nel triennio successivo attestandosi su una crescita media del 2% annuo. Dopo la contrazione del 2020 dovuta al Covid e al connesso calo della domanda globale di energia, il 2021 ha visto un forte rimbalzo economico che ha portato il PIL sopra i livelli pre-pandemici, sebbene la Banca Mondiale si attenda un rallentamento già da quest’anno. La crescita dello scorso anno è stata supportata dall’allentamento delle restrizioni anti-Covid, dalla ripresa dei consumi e dall’apprezzamento dei cereali e, soprattutto, delle commodities energetiche, principale carburante dell’economia russa. Va peraltro ricordato il ruolo di Mosca nell’influenzare i prezzi delle principali fonti fossili, dosando sapientemente il rubinetto del gas all’Europa e sfruttando la sua posizione nell’OPEC che ad aprile 2020 ha deciso un drastico taglio alla produzione per contrastare il collasso delle quotazioni del petrolio. Una notevole fetta delle entrate pubbliche provenienti da gas e petrolio confluisce nel National Wealth Fund (NFW), un fondo sovrano creato nel 2008 per supportare il del gas russo, anche se Cina e Russia si sono accordate per la costruzione di un nuovo gasdotto che porterà il gas in Cina dagli stessi giacimenti da cui esso parte oggi per l’Europa, rendendo in 2-3 anni la Russia meno dipendente dalle vendite in Europa. Intanto ci sono le entrate derivanti dalla vendita del gas in Occidente e che non sono certo trascurabili, mentre la Russia continuerà a cedere il suo gas e il suo petrolio anche a molti altri paesi del mondo. La Russia sta cercando, apparentemente con successo, di stringere più forti accordi con l’India, terzo più grande paese importatore di energia al mondo offrendo prezzi scontati e l’utilizzo negli scambi delle rispettive valute nazionali, utilizzando come punto di riferimento lo yuan cinese, sia per il petrolio come per i fertilizzanti. Gli Stati Uniti e la Gran Bretagna hanno annunciato l’8 marzo il blocco delle importazioni russe di petrolio. Di fatto, nonostante diverse dichiarazioni contrarie, tra cui anche quelle del sempre meno credibile gruppo dirigente della UE a Bruxelles, l’UE non può fare a meno del gas russo, se non in un’ottica di medio termine. Mentre con l’invasione dell’Ucraina l’UE ha mancato l’ennesima occasione per mostrare una sua voce autonoma rispetto a quella degli Stati Uniti a Bruxelles c’è un clima di grande preoccupazione per le forniture di gas e di petrolio. Le stesse centrali a carbone europee hanno un ruolo chiave ancora oggi per assicurare gli approvvigionamenti del continente e non si saprebbe come sostituire il carbone russo con quello proveniente da altre fonti, almeno nel breve termine. Le fabbriche dell’auto europee, soprattutto quelle tedesche, si devono fermare perché mancano ormai i cavi elettrici, prodotti in Ucraina da importanti imprese, mentre tale difficoltà si aggiunge alla chiusura delle fabbriche dell’auto europee in Russia e mentre continua anche la carenza di semiconduttori. Le fabbriche occidentali in Russia hanno comunque chiuso. L’Ucraina vende circa il 90% del gas neon, usato in particolare nella produzione di semiconduttori. Sempre l’Ucraina vende il 40% del kripton, altro gas raro. Anche i prezzi di alluminio e nickel, di cui la Russia è un importante produttore, appaiono sotto tensione. La Russia e l’Ucraina sono poi dei grandi produttori ed esportatori di cereali. Con i processi di riscaldamento climatico, la Russia in un paio d’anni ha sviluppato prodigiosamente i suoi raccolti ed oggi è il primo esportatore mondiale di grano, mentre l’Ucraina è poco da meno. I due paesi rappresentano oggi un terzo degli scambi mondiali e da quando è scoppiata la guerra i prezzi, che erano già prima in rilevante salita, sono aumentati ancora intorno al 40%. Le conseguenze della crisi ucraina sull’economia globale potrebbero dunque, ovviamente, essere molto rilevanti. I primi mesi del 2022 registrano una crescita ulteriore del tasso di inflazione in Occidente, anche se va sottolineato che le ragioni dell’aumento dei prezzi sono in parte diverse tra Stati Uniti e UE. Intorno al 10 marzo il prezzo del gas ha raggiunto i 200 dollari per megavattora, mentre quello del petrolio brent era l’11 marzo a 112 dollari al barile e anche i prezzi del carbone sono aumentati moltissimo. Anche se nei giorni successivi c’è stato qualche ripiegamento dei valori, in concomitanza a qualche spiraglio che sembra aprirsi al tavolo delle trattative tra i due contendenti. Ci si può così chiedere se ne seguirà anche una forte caduta dell’economia. Molto dipenderà dalla durata della guerra e dai risvolti economici e politici della stessa. In ogni caso per il 2022 si può prevedere come minimo una forte riduzione dei tassi di crescita, se non una vera e propria recessione in Occidente, in particolare in Europa, recessione che appare sempre più probabile man mano che passano i giorni e i complessi fili che legano tra di loro tutte le economie si dipanano. In ogni caso gli Stati Uniti sembrano più protetti con il loro isolamento geografico, l’abbondanza delle risorse energetiche, il relativamente basso livello di scambi commerciali con il resto del mondo.
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