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tema tempo e spazio maturità, Collegamenti Interdisciplinari di Italiano

nodo concettuale tempo e spazio, tutto il discorso da portare all'esame

Tipologia: Collegamenti Interdisciplinari

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Caricato il 30/01/2023

paola-dituri03
paola-dituri03 🇮🇹

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Scarica tema tempo e spazio maturità e più Collegamenti Interdisciplinari in PDF di Italiano solo su Docsity! TEMPO E SPAZIO ITALIANO: SVEVO La struttura del tempo umano e del tempo narrativo nell’opera di Svevo si modifica da un romanzo all’altro, e cambia radicalmente nel lasso di tempo che interviene fra i primi due romanzi (“Una vita” del 1892 e “Senilità” del 1898) e il terzo romanzo (“La coscienza di Zeno” 1923). Si passa, in primo luogo, da un tempo romanzesco genericamente lineare, a un tempo ben più complesso e dinamico, che diventa sempre più centrale anche tematicamente; al punto che La coscienza di Zeno si potrebbe tranquillamente definire «il romanzo del tempo» di Svevo. La temporalità diventa cruciale non solo in una prospettiva psicologica e in un’ottica teoretico-letteraria, ma anche in una dimensione filosofica. Dal punto di vista del terzo romanzo poi è possibile vedere come anche i due libri precedenti costituiscano il resoconto di una progressiva scoperta, che in effetti è, da un lato, la presa di coscienza della finitezza della vita. UNA VITA Nel primo romanzo, Una vita, siamo in presenza di una narrazione anonima in terza persona, completamente lineare. Alfonso, il protagonista, non ha un’intensa e diretta nozione del tempo, anche se naturalmente vive nel tempo, è occupato in dei «progetti» che hanno una dimensione temporale (vuole scrivere un libro, vuole progredire socialmente, vuole fare carriera ecc..). Il tempo non è per lui «visibile» in quanto categoria, ma solo necessario nello scorrere della vita quotidiana. Alfonso, dunque, certamente opera nel tempo, ma non ha un vero «sentimento del tempo». È troppo giovane e preoccupato dai dettagli della sua esistenza presente per averlo. L’anonima voce narrativa riflette questa mancata sensibilità alla dimensione temporale: in tutto il libro non c’è una sola riflessione astratta dedicata al tempo o alla percezione di esso. Neppure la malattia con successiva morte della madre, e poi la propria malattia generano in lui un radicale cambiamento di prospettive e una consapevolezza del peso specifico della temporalità nella sua vita. Alfonso muore poi, troppo improvvisamente per aver modo di acquisire una coscienza del tempo. L’intera narrazione non devia dal racconto nel tempo passato; la voce narrante dice freddamente la storia di Alfonso, senza immedesimarsi, senza aprire rivalutazioni del passato. SENILITÀ Anche in Senilità siamo in presenza di una narrazione lineare in terza persona e in tempo passato. Il romanzo gode di una più elevata prospettiva temporale, quella che forse Alfonso avrebbe acquisito se gli fosse stato dato più tempo di vivere. Nasce al punto di incontro fra una vita (quella del protagonista) e l’angosciosa realizzazione del passare del tempo, e cioè della sua inevitabile conclusione. È proprio questo il significato del titolo: la condizione di «senilità» non corrisponde a un’età precisa ma invece alla percezione che il tempo comincia a mancare. Anche nel secondo romanzo la problematica del tempo non è direttamente concettualizzata o apertamente affrontata, però vengono già messe in campo le categorie che saranno centrali nell’opera successiva, e principalmente quella di «malattia». Emilio è infatti visto come malato, la sua malattia non è fisica, infatti traspare soltanto attraverso una serie di sintomi secondari. La malattia del protagonista è però proiettata e quasi trasferita sulla figura della sorella, Amalia, che in effetti si ammala davvero e muore. La malattia che affligge entrambi i fratelli è il tempo, non in quanto vecchiaia fisica, ma in quanto consapevolezza di un’esistenza vuota e fredda. Nell’insieme il testo si apre sulla concezione del tempo come qualcosa che fugge, e fuggendo trascina con sé la vita verso la morte. Alla fine, l’idea della morte diventa centrale. LA COSCIENZA DI ZENO La coscienza di Zeno ci presenta invece una sorta di divinizzazione del tempo. Fin dall’inizio è chiaro che si tratta del ‘tempo della vita’ e, più precisamente, il tempo quando esso comincia a mancare o, detto altrimenti, il ‘tempo malato’. La narrazione, come in Senilità, comincia in concomitanza con un generale malessere del protagonista, che non ha altra causa se non l’opprimente sensazione del chiudersi del tempo; ma, a differenza del romanzo precedente, troviamo un tentativo di controllare il tempo con le armi della memoria e della scrittura, tentativo destinato a un totale fallimento. In primo luogo, la narrazione nel terzo romanzo è quasi interamente basata su differenze temporali, piuttosto che semplicemente appoggiata su livelli temporali distinti. Ad esempio il primo romanzo si apre con una lettera del protagonista indirizzata alla mamma; il terzo con una ‘lettera’ del dottore indirizzata al futuro lettore. Anche la velocità narrativa cambia visibilmente: mentre in generale l’attenzione ai dettagli è intensa, e richiede un rallentamento cospicuo del corso del tempo, in GLI INDAFFARATI SONO COLORO CHE SPRECANO IL TEMPO: colui che spreca il tempo e che si dedica a occupazioni vane, causa di infelicità. Chi pone infatti i suoi obiettivi in oggetti e in circostanze indipendenti da lui, si priva della possibilità di assicurarsi l’autárkeia, l’autosufficienza, la libertà da ogni condizionamento esteriore, che può assicurare pace e serenità. In particolare nel “De brevitate vitae”, che è tra i “Dialoghi” più famosi di Seneca, composto probabilmente dopo il ritorno dall’esilio (nel 49 d.c.) ed è dedicato al suocero Pompeo Paolino, Seneca passa in compendio il concetto del tempo. La prima cosa da considerare, secondo il filosofo, è che la durata della vita degli uomini sia sufficiente a condurre una vita piena. Il problema, invece, sussiste su come il tempo a disposizione venga speso. Per Seneca la maggior parte degli uomini non è consapevole di quanto sia prezioso il tempo, di come esso debba essere usato in modo da vivere veramente fino in fondo ogni secondo. Seneca è infatti convinto del fatto che la vita non sia breve come molti affermano, ma che anzi sia per sino lunga, se il tempo viene gestito bene. Il tempo a disposizione è più che sufficiente per compiere anche i più alti e nobili propositi. Una gran parte del nostro tempo ci sfugge mentre siamo impegnati a fare nulla o a farlo male, quando non ci rendiamo conto che mentre il tempo passa moriamo sempre un po’, perché infatti tutti i giorni che abbiamo già vissuto sono alle nostre spalle e sono già passati. Per Seneca è necessario vivere pienamente l’oggi, vivere quindi il presente senza fare grandi progetti per il futuro considerando l’oggi come una vita intera. Per il filosofo non ha senso fare progetti in futuro poiché tutto ciò che deve ancora accadere è dominato dall’incertezza, perciò è necessario affrettarsi a vivere. Il De brevitate vitae” costituisce dunque un invito a intraprendere un percorso per liberarsi dai costumi corrotti e per raggiungere una stabile e duratura condizione di felicità. Un’altra opera dove Seneca analizza la concezione del tempo sono le “Epistulae ad Lucilium”. Seneca la scrisse al termine della sua vita, sono 124 lettere suddivise in 20 libri, e non tutte sono arrivate fino a noi. Lettere piene di consigli e di riflessioni. Seneca in questa lettera vuole guidare il suo amico Lucilio sul cammino verso il raggiungimento della saggezza. L'atteggiamento di Seneca verso Lucilio è quello di una guida affettuosa e rispettosa della libertà del discepolo, il quale viene sempre spinto ad essere "maestro di sé stesso" attraverso "esame di sé stessi". Seneca, infatti, facendo spesso auto-critica, dice di non aver raggiunto la saggezza, ma di essere ancora in cammino. I temi trattati sono soprattutto quattro: 1 LA "SAPIENTIA": Seneca esorta ripetutamente Lucilio, che da varie lettere risulta impegnato nella sua carica di funzionario imperiale in Sicilia, a lasciare le occupazioni politiche e relativi doveri sociali per dedicarsi allo studio alla pratica della Sapientia. Seneca ha capito infatti che solo nella Sapientia risiedono la vera gioia e i veri valori, e che si può realizzare soltanto impiegandosi totalmente nella lotta contro le passioni, gli impulsi e desideri razionali che privano l’uomo della pace dell’anima. 2 L'"OTIUM": perfezionamento morale 3 IL TEMPO: Seneca parla all’amico consapevole di aver sprecato gran parte della sua vita, e quindi esorta Lucilio a non commettere lo stesso errore. Egli spinge l’amico a non dipendere da domani, dal futuro incerto, ma di impadronirsi dell’oggi, e vivere il presente intensamente nella ricerca della virtù. Ad abbandonare le preoccupazioni e far proprio il tempo, a non perdere di vista ciò che è importante. In primo luogo, Seneca invita a individuare proprio ciò che conta nella nostra esistenza quotidiana, ciò che conta è fare nostro il tempo e tutti i minuti che lo compongono 4 LA MORTE: Come spendiamo questo tempo è una nostra scelta e prendere consapevolezza che “moriamo ogni giorno” significa riappropriarsi del proprio tempo. Ovvero, la più alta forma di libertà a cui ognuno di noi può e deve aspirare. Seneca si prepara a morire, convinto che liberarsi della paura della morte sia compito specifico del filosofo: chi ha realizzato il vero scopo dell'esistenza, ossia la virtù, è pronto a morire in qualsiasi momento senza rimpianti né timori, egli in questo modo ha conquistato l’autarkeia propria del sapiente. Potrebbe chiedere: (Agostino misura il tempo sulla base delle impressioni provate intimamente e non degli eventi che le hanno generate, dove il presente può essere presente stesso ma anche contemporaneamente rievocazione del passato e anticipazione del futuro. Le tre dimensioni (passato, presente e futuro) non sono altro che tre obiettivi del distendersi dell’anima: il ricordo, il prestare attenzione a qualcosa, l’attesa. L’anima consente di connettere le tre dimensioni temporali in un’unità. La conseguenza è che, se non ci fosse quell’anima, non ci sarebbe il tempo. Seneca si era soffermato sulla misurazione del tempo nella dimensione dell’animo ma quest’ultimo aveva riflettuto in particolare sulla rievocazione del passato sottolineando come essa fosse possibile solo per gli uomini saggi perché per costoro non avrebbe costituito un trauma ripensare all’inconsistenza delle azioni compiute) STORIA: PRIMA GUERRA MONDIALE: Il tempo fu un fattore fondamentale nello svolgimento della prima guerra mondiale poiché inizialmente tutti i piani di guerra erano basati sulla previsione di un conflitto di pochi mesi o addirittura di poche settimane, infatti nessuna fra le potenze in guerra aveva elaborato concezioni strategiche diverse da quelle utilizzate nella guerra di movimento. Si passò, dunque, da una guerra lampo a una guerra di posizione. Una serie di causa ed effetti portò allo scoppio della guerra. Ciò che scaturì il casus belli, ovvero l’occasione, per l’inizio del conflitto fu l’attentato di Sarajevo. Il 28 giugno 1914, uno studente bosniaco di nome Gavrilo Princip uccise l'arciduca Francesco Ferdinando, e sua moglie. La morte dell'arciduca divenne subito un caso internazionale. L'attentatore e i suoi complici facevano parte di un'organizzazione che si batteva per l'indipendenza della Bosnia dall'Impero asburgico e aveva la sua base operativa in Serbia. Il 28 luglio il governo austriaco dichiarò guerra alla Serbia avendo l’appoggio della Germania. Si formarono 2 alleanze: -TRIPLICE ALLEANZA: Austria-Germania e Italia (che però si dichiarò neutrale) Questo passo suscitò una reazione a catena che, in poco più di una settimana, portò all’esplosione del conflitto. -TRIPLICE INTESA: Francia, Gran Bretagna e Russia La Russia schierò le forze armate lungo tutto il confine della Germania, così la Germania dichiarò guerra alla Russia e subito dopo alla Francia puntando Parigi. In risposta la Gran Bretagna dichiarò guerra alla Germania. Fu dunque l’iniziativa del governo tedesco a far precipitare la situazione. Mentre sul fronte orientale i russi vennero sconfitti (Tannenberg e Laghi Masuri). La minaccia russa si rivelò più seria di quanto si aspettassero, e ciò spinse i comandi tedeschi ad allontanare una parte dell’esercito sul fronte occidentale. Il 6 settembre, i francesi contrattaccarono e i tedeschi furono costretti a ritirarsi vicino ai fiumi Aisne e Somme. Quindi il piano tedesco fallì, così gli eserciti si ritirarono in trincee che andavano dal mare del Nord al confine svizzero. Sul fronte occidentale cominciò un nuovo tipo di guerra tra Gran Bretagna, che poteva contare sulle risorse del suo impero coloniale e sulla sua superiorità navale, e Russia col suo enorme potenziale umano. Nell'agosto 1914 il Giappone dichiarava guerra alla Germania Nel maggio 1915 l'Italia entrava in guerra contro l'Austria-Ungheria. -A fianco della Germania e dell'Austria sarebbe poi intervenuta la Bulgaria, -A fianco della Gran Bretagna, della Russia e Francia si sarebbero schierati il Portogallo, la Romania e la Grecia e soprattutto gli stati uniti -Nell'agosto 1914, l’Italia era neutrale questa decisione, aveva Questa disfatta però ebbe ripercussioni positive sul corso della guerra italiana. La ritirata sul Piave consentì un notevole accorciamento del fronte e quindi un minor consumo dei reparti combattenti. Anche grazie alla superiorità militare conseguita con l’intervento americano, nel novembre 1918 la guerra terminava con la vittoria dell’Intesa: un esito che fu accelerato dalla dissoluzione interna dell’Austria-Ungheria, causata dal distacco delle varie nazionalità, e dalla rivoluzione scoppiata in Germania, che portò alla caduta della monarchia. Alla conferenza della pace, che si tenne a Versailles, il compito dei vincitori si rivelò difficilissimo. Nelle dure condizioni imposte alla Germania risultò evidente il contrasto fra l’ideale di una pace democratica e l’obiettivo francese di una pace punitiva. La carta dell’Europa fu profondamente mutata, soprattutto in conseguenza del crollo dell’impero zarista e della dissoluzione dell’impero asburgico, che permisero la nascita di nuovi Stati. L’ideale wilsoniano di un organismo internazionale che potesse evitare guerre future in sostanza non si realizzò: la società delle nazioni nacque minata da profonde contraddizioni. ARTE IL CUBISMO Al tempo è correlato il cubismo, in quanto la realtà cubista tiene conto della variabile tempo nonostante sia difficile da rappresentare con i mezzi delle arti figurative. Il pittore si figura di ruotare tra le mani l’oggetto da rappresentare cogliendo in tal modo non più un solo aspetto univoco e limitato ma diversi in successione. Il cubismo si sviluppò come momento di definitiva rottura con tutte le modalità tradizionali di interpretazione della realtà, introducendo una nuova visione dello spazio che annulla completamente l’uso della prospettiva unicentrica. Il Cubismo nacque a Parigi nel 1907 dalle ricerche di Pablo Picasso e Georges Braque e si concluse nel 1914.Fu il critico d’arte Louis Vauxcelles a dare il nome al movimento, osservando alcune opere di Braque, in cui si vedevano “solo cubi e schemi geometrici”. I pittori cubisti si proponevano di rappresentare la realtà raffigurando gli oggetti non come appaiono ma come li percepisce la nostra mente. L’artista dipingeva lo stesso oggetto come se fosse visto contemporaneamente da vari punti di vista; inoltre queste immagini venivano intersecate per ricomporre la totalità dell’immagine. È una percezione del tutto nuova per lo spettatore, accentuata dall’utilizzo di una gamma cromatica ridotta, dai toni sobri. Prima ancora di Picasso e Braque, le prime forme di arte cubista nascono con le opere del pittore francese Paul Cézanne, che fu tra i primi a rifiutare le tradizionali regole della prospettiva, per mostrare il soggetto ritratto da diversi punti di osservazione. Furono proprio i dipinti di Cézanne, e in particolare “Le bagnanti”, a ispirare Picasso nella creazione di una delle sue opere più celebri “Les demoiselles d’Avignon” (1907), che secondo molti critici ha segnato l’inizio dell’età moderna dell’arte e ha dato il via al movimento cubista. (Immaginiamo un cubo, da ogni punto di vista esso ci mostrerà al massimo solo tre delle sue 6 facce che, pur essendo quadrate, ci appariranno a forma di parallelogrammi irregolari, mentre gli spigoli risulteranno disuguali e convergenti. Nonostante tutto, però, la visione di questo cubo la riconosciamo come perfettamente verosimile. Se poi osserviamo un altro Cubo ed esso ha tutte le sei facce perfettamente quadrate uguali, con spigoli fra loro sempre perpendicolari, tale cubo è molto più vero del precedente anche se assai meno verosimile. Quindi la realtà che percepiamo attraverso il senso della vista è spesso diversissima dalla realtà vera). CUBISMO ANALITICO: periodo di massimo splendore del movimento, quando l’amicizia tra Braque e Picasso diventa più solida tanto che le rispettive opere sono indistinguibili. È il momento in cui ci sarà lo scomporre i semplici oggetti dell’esperienza quotidiana secondi principali piani che li compongono. Tali piani vengono poi distesi e ricomposti sulla tela. I colori impiegati in queste operazioni sono solitamente terrosi e di tonalità neutra. CUBISMO SINTETICO: tra il 1912 al 1913 Braque e Picasso indirizzano le loro ricerche verso una ricomposizione degli oggetti precedentemente frammentati, in oggetti nuovi e spesso fantastici che vivono una loro realtà autonoma caratterizzata anche dall’uso di colori brillanti e non verosimili. In questo secondo passaggio acquisterà un ruolo fondamentale anche Juan Gris. In questa fase si attua un’equivalenza tra pittura e natura rivoluzionaria, cioè l’artista arriva a creare forme e situazioni che non hanno più alcun rapporto con quelle già note. LES DEMOISELLES D’AVIGNON: È considerato il manifesto del cubismo. L’ispirazione arriva da Cézanne e dalle mostre d’arte africana a cui aveva partecipato. Nel dipinto usa il nudo femminile visto da più punti di vista. Troviamo cinque figure nude e in parte a volte da teli, con pose scomposte senza spazi e senza continuità. I volti delle due donne posti a destra richiamano la scultura africana di cui l’autore era appassionato studioso. Il volto della donna seduta a destra in basso evoca i dipinti egizi INGLESE: BERGSON, WILLIAM JAMES and BERGSON THE IDEA OF TIME WAS ALSO QUESTIONED. -WILLIAM JAMES: IN HIS ‘THE PRINCIPALES OF PSYCHOLOGY’ HELD THAT OUR MIND RECORDS EVERY SINGLE EXPERIENCE AS A CONTINUOUS FLOW OF ‘THE ALREADY’ INTO ‘THE NOT YET’ -BERGSON: MADE A DISTINCTION BETWEEN HISTORICAL TIME AND PSYCHOLOGICAL TIME. HISTORICAL TIME IS EXTERNAL, LINEAR AND MEASURED IN TERMS OF THE SPATIAL DISTANCE TRAVELLED BY A PENDULUM OR THE HANDS OF A CLOCK. PSYCHOLOGICAL TIME IS INTERNAL, SUBJECTIVE AND MEASURED BY THE RELATIVE EMOTIONAL INTENSITY OF A MOMENT (BECKETT: IN ‘WAITING FOR GODOT’ THE PLAY HAS NO DEVELOPMENT IN TIME, SINCE THERE SEEMS TO BE NO PAST OR FUTURE, JUST A REPETITIVE MEANINGLESS PRESENT) SCIENZE LE PROTEINE A FUNZIONE CATALITICA Il ruolo del catalizzatore può essere considerato un ruolo temporale in quanto agisce accelerando il processo delle reazioni chimiche Gli enzimi sono proteine specializzate per la funzione catalitica e agiscono accelerando le reazioni chimiche. Un enzima mostra 3 caratteristiche fondamentali: -agisce in piccole quantità -è strutturalmente inalterato al termine della reazione -diminuisce l’energia di attivazione della reazione. Il catalizzatore è una sostanza che accelera una reazione chimica: riduce l’energia di attivazione senza alternarne l’equilibrio, ma permettendo di raggiungerlo più velocemente. denaturazione dell’enzima che perde la sua attività. Esiste quindi un valore di temperatura ottimale al quale l’attività enzimatica è massima -concentrazione del substrato: viene elaborata un’equazione nota come equazione di Michealis-Mendel che viene rappresentata graficamente da un’iperbole. La velocita della reazione (attività enzimatica) aumenta all’aumentare della concentrazione del substrato e tende a un valore massimo che viene raggiunto quando i siti attivi delle molecole vengono saturati. In queste condizioni la velocità è massima e non ci sono molecole di enzima libere KM= costante di Michealis, corrisponde alla concentrazione di substrato FISICA: LINEE DI CAMPO Possiamo rappresentare il campo tramite linnee orientate, chiamate linee di campo, che ne indichino la direzione e il verso. Le linee del campo elettrico sono linee orientate la cui tangente, in ogni punto, è diretta come il campo elettrico in quel punto. Se i campi elettrici sono generati: -da una carica positiva: le linee del campo sono semirette uscenti dalla carica -da una carica negativa: le linee del campo sono semirette entranti dalla carica Le linee sono più fitte nelle zone più vicine alle cariche, in cui campi sono più intensi, mentre si diradano nelle zone in cui i campi sono più deboli Criterio di Faraday: se in un certo punto dello spazio si costruisce una superficie unitaria perpendicolare al campo in quel punto, il numero di linee di campo che attraversano la superficie deve essere direttamente proporzionale al modulo del campo. LE LINEE DI CAMPO NON POSSONO MAI INTERSECARSI Anche il campo magnetico può essere rappresentato da linee di campo, tangenti in ogni punto al vettore B e orientate secondo il suo verso. Esternamente le linee sono più ravvicinate in prossimità dei poli del magnete, dove il campo è più intenso, escono dal polo N e rientrano nel polo S, quindi sono linee chiuse Fra le estremità di un magnete ripiegato le linee di campo , orientate dal polo N al polo S , sono equidistanti e parallele fra loro, ciò significa che il campo elettrico è uniforme. Le linee si deformano vicino ai bordi della regione in cui il campo è uniforme MATEMATICA: INTEGRALE DEFINITO Data una funzione f(x), l’integrale definito in un certo intervallo [a,b] ha un significato geometrico preciso: rappresenta l’area A compresa tra il grafico della funzione f(x) l’asse x e le due rette verticali x=a e x=b Se la migliore approssimazione per difetto e per eccesso coincidono, diremo che tale numero è il valore dell’integrale definito della funzione, cioè dell’area A. Nella pratica, il procedimento per trovare l’area A non tiene conto di tutte queste sottigliezze tecniche. Esiste infatti il teorema fondamentale del calcolo integrale, che ci permette di calcolare il valore dell’integrale definito seguendo questo procedimento: trovare una primitiva di f(x), cioè una funzione F(x) tale che F’(x)=f(x) calcolare F(a)F(a) e F(b)F(b); sfruttare il teorema, che afferma questo: A=∫a b f(x) dx=F(b)−F(a)A =∫abf(x)dx=F(b)−F(a)
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