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Teologia 2. Prof. GAIA DE VECCHI (non frequentanti), Dispense di Teologia II

Riassunto dei tre libri: UOMO; IL MATRIMONIO CRISTIANO; CHE COS'E' LA CHIESA

Tipologia: Dispense

2019/2020

In vendita dal 11/02/2020

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Scarica Teologia 2. Prof. GAIA DE VECCHI (non frequentanti) e più Dispense in PDF di Teologia II solo su Docsity! TEOLOGIA II Prof. Gaia De Vecchi CHE COSA È LA CHIESA (Salvador Piè-Ninot) Il concilio Vaticano II ha formulato una sintesi dell’ecclesiologia che ha caratterizzato due millenni di vita della chiesa:  1 Millennio: quella che dominava era un’ecclesiologia sacramentale di comunione tra le chiese diocesane con i loro vescovi, sotto la presidenza della chiesa di Roma.  2 Millennio: inizia con la rottura delle chiese ortodosse (1054) in cui si sviluppa un’ecclesiologia più unitaria e universale con una visione della chiesa come un solo corpo. Il Concilio pur partendo da un’ecclesiologia più universale, propone come chiave di lettura il recupero dell’ecclesiologia sacramentale di comunione, basata sull’esperienza concreta delle comunità locali. 1. CHE POSTO HA LA CHIESA NELLA FEDE CRISTIANA? Per il Credo del cristianesimo (Simbolo apostolico) la chiesa non è al centro e oggetto della fede, ma essa è il modo, il contesto e il luogo in cui si crede in Dio grazie all’impulso che lo stesso Spirito dà. 2. COME DESCRIVERE E NOMINARE LA CHIESA? La chiesa può essere descritta come sacramento, vale a dire come segno e strumento che attualizza la memoria e la presenza di Gesù Cristo oggi nel mondo, mediante la Parola di Dio e i sacramenti, vissuti nella testimonianza dei cristiani. 3. L’ORIGINE DELLA CHIESA A PARTIRE DALL’ANNUNCIO DEL REGNO DI DIO 1) L’ANNUNCIO DEL REGNO DI DIO DA PARTE DI GESÙ Gesù annunciava la vicinanza del regno di Dio, vale a dire come presenza amorosa e decisiva di Dio per tutta l’umanità, e spronava all’accettazione di questa presenza nella vita personale e collettiva. A dimostrarlo è l’invocazione di Dio come Padre all’inizio del Padre nostro, dove la novità è quella di invocare Dio non come un essere lontano, bensì come un padre vicino; novità di qualificare tutti gli uomini come fratelli, senza distinzione di razza, sesso o nazione, cosa che porta alla fraternità umana tradotta da Gesù come amore dei nemici, degli stranieri e dei peccatori. REGNO DI DIO = realtà di filiazione divina e fraternità umana in Cristo. POPOLO DI DIO = il Regno ha bisogno di un popolo che lo accetti, lo renda visibile e lo annunci agli altri. Gesù volle convocare il popolo d’Israele perché accettasse il regno di Dio e per questo cercò di promuovere la riunione definitiva d’Israele in cui ci fu l’elezione dei 12 apostoli che rappresentavano la speranza del ristabilimento delle 12 tribù. 2) L’AMPIO ‘MOVIMENTO’ DI SEGUACI SUSCITATO DA GESÙ Quello creato da Gesù poteva essere descritto come un movimento intragiudaico di rinnovamento dato che Gesù non rinunciò alla propria identità giudaica ma ne promosse il significato. Movimento che aveva una concezione aperta all’identità giudaica, che divenne a mano a mano universalmente accessibile. Vengono dunque ‘universalizzati’ i valori d’Israele per tutti i credenti e vengono ‘snazionalizzate’ le sue tradizioni e in questo modo le persone convocate a questo regno superavano le barriere culturali e nazionali. 3) ‘CHIESA’: IL NOME PREFERITO DALLA COMUNITA’ DEI SEGUACI DI GESÙ Questo movimento di rinnovamento interno al giudaismo viene progressivamente riconosciuto come diverso dal popolo giudaico e qualificato come ‘Chiesa’. Tutto ciò comportò un allontanamento dal mondo giudaico da parte dei cristiani e un rifiuto a Gesù come messia. In questo contesto i seguaci di Gesù adottarono il nome di ‘chiesa’ che nell’Antico Testamento voleva dire assemblea fondazionale del popolo ebreo sul monte Sinai, con il significato di ‘comunità convocata’ da Dio per comunicarle l’alleanza del popolo eletto da lui. In questo 2 3) LA VITA CONSACRATA È la prima volta che un concilio tratta dei religiosi che sono testimoni specifici del momento e della pienezza escatologica. Ha origine carismatica e articolazione ecclesiale tenendo presente i consigli evangelici quali celibato/verginità, povertà e obbedienza, e altri come amore, rinuncia ecc… 7. CARATTERISTICHE DELLA CHIESA COME COMUNITÀ CRISTIANA La Chiesa viene qualificata come ‘una, santa, cattolica e apostolica’ ed essa costituita e organizzata in questo mondo come società, è presente e operante oggi in modo concreto e storico nella chiesa cattolica. Ciò vuol dire che nella chiesa cattolica c’è la pienezza dei mezzi di salvezza. Riguardo alla salvezza bisogna tener conto dei due livelli impliciti: - Il livello personale soggettivo, cioè la possibilità individuale della salvezza a tutte le persone che ignorano il vangelo senza loro colpa e compiono la sua volontà attraverso la coscienza. - Il livello reale-oggettivo afferma che la chiesa cattolica è quella vera perché possiede la pienezza dei mezzi di salvezza, ma riconosce che le altre chiese sono pure esse strumenti di salvezza ma non in forma piena e integra. Ciò non significa che la chiesa cattolica è migliore di altre ma che essa ha mezzi più pieni per conseguire la salvezza. 1) LA CHIESA COME COMUNITÀ CRISTIANA ‘UNA’ La piena unità ecclesiale aveva dei vincoli: - Vincolo della fede : la professione di fede è il principio di unione tra i credenti in quanto produce unità interna nella chiesa attorno ad un unico centro di fede che è la rivelazione di Dio per mezzo di Gesù. La professione di fede è anche però principio di unità esterna in quanto comporta alcune mediazioni visibili comuni. - Vincolo dei sacramenti : il vincolo iniziale è il battesimo che insieme all’eucarestia significa e realizza la chiesa infatti vengono considerati come sacramenti maggiori. La loro forma simbolica è acqua per il battesimo e sangue per l’eucarestia che provennero dal costato di Cristo. L’eucaristia ha l’effetto di unità della chiesa come corpo mistico ed ecclesiale di Cristo e di tutti i credenti. - Vincolo della comunione ecclesiale : i primi due vincoli sono quelli fondamentali che rendono possibile l’appartenenza alla chiesa. La comunità della chiesa è il riflesso dell’unità del Dio dei cristiani. - A questa unità sono chiamati tutti gli uomini, ma si possono notare diversi gradi di appartenenza alla chiesa: comunione piena e totale come in principio dev’essere per i cattolici; e una comunione parziale come avviene per i cristiani non cattolici ai quali manca la pienezza (cioè l’uno o l’altro dei tre vincoli), oppure per tutte le persone di buona volontà non cristiane che cercano la verità e sono anch’esse ‘ordinate dalla chiesa’. - Contenuti espliciti della professione di fede: bisogna considerare la fede cristiana in chiave di ‘gerarchia delle verità’ per concentrarsi su quelle essenziali come il credere in Gesù come Dio e Salvatore. - Bisogna inoltre realizzare spazi e reti di appartenenza ecclesiale che creino relazione, gruppi animati da cristiani largamente aperti a persone che condividono poco la fede. 2) LA CHIESA COME COMUNITÀ CRISTIANA ‘SANTA’ <<SANTA>> è stata la prima caratteristica che la chiesa ha ricevuto. La chiesa è insignita di vera santità già sulla terra anche se in modo imperfetto poiché non si è ancora realizzata pienamente in tutti e ciascuno dei credenti. Il Vaticano II sottolinea con forza che la chiesa necessita di purificazione e rinnovamento poiché essa ha carattere pellegrinante comprendendo al suo interno i peccatori. Essa è chiamata da Cristo a una perenne riforma della quale essa, in quanto istituzione umana e terrena, ha continuo bisogno. È così nella chiesa esistono due dimensioni: è santa poiché comunica con lo spirito; dall’altra è peccatrice in quanto include i peccatori. 3) LA CHIESA COME COMUNITÀ CRISTIANA ‘CATTOLICA’ 5 L’attributo ‘cattolico’ ha un duplice significato: Universalità e autenticità. La fede è cattolica perché si presenta a tutti per la sua veracità e autenticità, ed è universale poiché si estende in ogni parte. Il concetto di chiesa locale (o diocesi) è costituito da diversi elementi: Elemento fondamentale: quello nel quale troviamo gli altri elementi che formano la chiesa diocesana è l’espressione <porzione del popolo di Dio>. Gli elementi costitutivi che rendono possibile quello fondamentale sono: - origine trascendente : lo Spirito che inabita nella Chiesa; - elementi visibili-sacramentali : quali la Parola o vangelo e sacramento o eucarestia (due mense) - elemento ministeriale : formato dal vescovo in collaborazione con i presbiteri. Il vescovo rappresenta il principio visibile dell’unità della sua chiesa. - elemento determinativo : della realizzazione della chiesa di Dio in un luogo, che è la diocesi. 4) LA CHIESA COME COMUNITÀ CRISTIANA ‘APOSTOLICA’ Affermare l’apostolicità della chiesa è come affermare la sua autenticità. Tale apostolicità comporta tre aspetti inseparabili: - Apostolicità dottrinale e missionaria : è necessario riferirsi sempre alla dottrina della fede attestata dagli apostoli e al compito di realizzare la loro missione apostolica; - A. ministeriale e personale : si riferisce ai vescovi e ai loro collaboratori; - A. esistenziale e vitale : la chiesa fonda la propria vita sul carattere apostolico del vangelo. Nel II secolo si arriva al riconoscimento dei vescovi qualificati come successori degli apostoli, che formano il collegio episcopaleformato da tutti i vescovi presieduti dal vescovo di Roma, il papa, ha la responsabilità ultima sulla chiesa intera. La successione del vescovo di Roma rientra nella concezione dell’apostolicità della chiesa cattolica. Simon Pietro fu uno dei primi seguaci di Gesù ad essere chiamato, primo che vide Gesù risorto e svolse un’attività missionaria tra i giudei. Egli è pastore che esercita l’autorità pastorale in virtù delle chiavi del regno e del compito del chiudere e aprire affidatogli da Gesù; visto anche come debole e peccatore, rinnega Gesù ma si pente e viene riabilitato e salvato da Gesù. La prima riflessione teologica importante è quella del papa Leone Magno che spiega la relazione tra Cristo e Pietro e tra Pietro e il vescovo di Roma; afferma che Cristo ha istituito il primato petrino e continua a guidare la chiesa attraverso un’autorità petrina vivente che è il vescovo di Roma (successore di Pietro). Il concilio Vaticano I definisce il papa come successore di Pietro, che ha piena potestà e ‘primato di giurisdizione’ cioè capacità di pronunziare l’ultima parola rispetto all’unità di fede e di comunione di tutta la chiesa. L’insegnamento papale è infallibile quando: egli parla come pastore universale; quando lo fa in forma solenne; quando si riferisce a questioni proprie di fede o morale. Il concilio Vaticano II ratifica quanto definito dal Vaticano I ma aggiunge delle spiegazioni: - Il sostantivo ‘giurisdizione’ non viene usato, non si vuole interpretare il primato del papa in forma politico-civilista. - Il titolo di ‘vicario di Cristo’ viene applicato sia al papa quanto ai vescovi per sottolineare il fatto che tutti i vescovi sono successori degli apostoli. - Trattando della relazione tra vescovi e papa, viene precisato che si tratta di due autorità non in concorrenza ma articolate tra di loro. - Il valore delle definizioni irreformabili del papa è radicato sul fatto che tali dottrine sono state proclamate con l’assistenza dello Spirito Santo. - La parola della chiesa non sta sopra la Parola di Dio, ma ad essa serve per interpretarla autenticamente. Oltre al magistero infallibile, solenne e straordinario del papa (affermato dal Vaticano I), esiste un magistero ‘ordinario’ il quale si attiva con l’uso di tre criteri: natura del documento, tenore delle parole usate e frequente riproporre la stessa dottrina. 6 8. LA CHIESA È CREDIBILE? IL PARADOSSO CHE CIRCONDA LA SUA REALTÀ MISTERIOSA La chiesa appare come una realtà complessa e paradossale. Paradosso non significa contraddizione o negazione, ma una realtà formata da aspetti diversi ma senza reciproca esclusione. Per questo il paradosso supera la logica e la trascende. La chiesa oltre ad essere una realtà complessa formata da un elemento divino quale realtà misteriosa, e insieme di un elemento umano per essere entrata nella storia degli uomini. Il vangelo è pieno di paradossi; l’essere umano stesso è un paradosso vivente; ma il <paradosso supremo> è l’incarnazione del verbo di Dio nella umanità di Gesùda qui deriva la chiesa quale comunità storica. Per questo motivo la realtà misteriosa della chiesa non può essere colta con uno sguardo diretto e semplice, bensì con uno sguardo complesso e articolato. La TESTIMONIANZA è segno ecclesiale di credibilità e paradigma per l’ecclesiologia. Il segno della chiesa è costituito dagli stessi cristiani con la loro vita santa e dalle comunità di cristiani con la loro vita di unità e di carità. Per far sì che la testimonianza sia pienamente ecclesiale è necessario che: si colleghi storicamente con la testimonianza apostolica fondante della chiesa; si concretizzi nella testimonianza vissuta da ciascun credente e della chiesa; queste due prime dimensioni devono essere fecondate dalla testimonianza dello Spirito che vive nella chiesa, che è colui che la anima e la santifica. IL MATRIMONIO CRISTIANO (Walter Kasper) L’amore tra uomo e donna assume la sua forma duratura nel matrimonio e nella famiglia. È un patto voluto da Dio tra uomo e donna, che è allo stesso tempo immagine dell’alleanza tra Dio e l’essere umano che è stata conclusa in Gesù Cristo (simbolo dell’amore e della fedeltà di Dio per gli esseri umani). Il matrimonio è dunque realtà della creazione e della salvezza. Per molti cristiani praticanti la dottrina della chiesa sembra essere oggi molto distante dalla vita, a causa di cambiamenti intervenuti nell’autocomprensione dell’uomo e della società, soprattutto nel rapporto tra i due sessi. Da qui nasce la distanza di molti cristiani dalla chiesa e l’identificazione con essa. 1. I VALORI UMANI DEL MATRIMONIO 1) LA DEFINIZIONE CLASSICA DELLA NATURA DEL MATRIMONIO Nella moderna ricerca storico- culturale è molteplice, trova risposte differenti da parte dei vari popoli e delle diverse culture. - Per W. Schmidt, prima vi era la monogamia e poi interviene successivamente la poligamia; - Per Johann Jakob Bachoten è l’opposto, per lui l’evoluzione è partita dalla promiscuità originaria generale per poi passare a matrimoni di gruppi e tra più persone per poi arrivare alla monogamia (deriva da presupposti liberali). - Fino all’epoca moderna in cui matrimonio e famiglia furono visti in stretta relazione con il clan o la grande famiglia  ognuno dei grandi movimenti spirituali dell’epoca moderna (liberalismo, socialismo, conservatorismo...) ha sviluppato una specifica condizione della sessualità umana e del matrimonio. - Tommaso d’Aquino ritiene che esiste una inclinazione naturale dell’uomo verso il matrimonio ma che la sua concreta realizzazione avviene mediante la libertà umana. Egli ritiene che la natura umana non è immutabile, quindi è pensabile che nei diversi stati della storia dell’umanità vi sia stata una molteplicità di forme di realizzazione del matrimonio. Il matrimonio esiste quindi in forme storiche di realizzazione. Secondo lui la rivelazione storico-salvifica del matrimonio ha il compito di aiutare l’essere umano peccatore a conoscere più a fondo il senso della natura umana. Anche l’ordinamento cristiano del matrimonio è quindi un ordinamento storico, ma con Gesù Cristo è stata raggiunta la pienezza del tempo ciò ha carattere definitivo e universale, e proprio per 7 chiesa di peccatori, la purifica e la santifica, anche i coniugi si dovranno continuamente accettare, con tutti i conflitti che sopravvengono, in tutta la loro insufficienza e con tutte le loro colpe. L’aspetto negativo della partecipazione dell’amore cristiano alla realtà di Gesù Cristo fu sottolineato dai teologi del medioevo che indicavano il matrimonio come un rimedio contro la concupiscenzasignifica lacerazione interiore e disintegrazione dell’uomo causate dal peccato che deve essere sanata dal sacramento del matrimonio. Questo aspetto positivo può essere definito come ‘santificazione dei coniugi’ che comprende due elementi: assunzione al servizio di Dio e per la sua opera di creazione e redenzione; reale ed interiore abitazione a questo servizio per mezzo della grazia santificante. I due elementi significano che i coniugi, nella loro fedeltà e nel loro amore reciproco, sono stati inseriti nell’amore e nella fedeltà di Dio in Gesù Cristo. b) Il matrimonio come sacramento della chiesa Matrimonio e famiglia sono in maniera particolare ‘chiesa in piccolo’. Il Vaticano II li definisce <chiesa domestica>. Essi cooperano attivamente all’edificazione della chiesa, collaborano in modo speciale alla crescita interiore es esteriore della chiesa con l’accoglienza e l’educazione dei figli che sono stati loro donati. L’intima connessione tra matrimonio e chiesa emerge nella stipulazione del matrimonio. È importante il fatto che il matrimonio non è solo una faccenda privata, ma per la sua intima natura, un evento ecclesiale-pubblico. È significativo celebrare il matrimonio alla presenza e con l’attiva partecipazione della comunità. Il concilio Vaticano II non parla di contratto matrimoniale, ma parla invece di istituzione del matrimonio, anche se il termine più adatto è quello di ‘alleanza’ che esprime il carattere personale del consenso matrimoniale, ma anche un evento pubblico-giuridico. c) Il matrimonio come segno escatologico La chiesa è anticipazione simbolica della riunificazione e riconciliazione finale dell’umanità e della pace escatologica tra i popoli; così come il matrimonio è un segno della speranza escatologica. Il matrimonio, in una visione cristiana, non è un valore ultimo ma penultimo poiché è Dio la grandezza ultima. La riserva escatologica: è la ragione della libertà cristiana del matrimonio. La libertà cristiana presuppone che il matrimonio non sia la sola possibile vocazione e realizzazione dell’essere umano, poiché vi è il carisma del celibato. Il celibe/nubile ha scelto di propria volontà questa condizione per amore del regno di Dio, ed è un segno fondamentale nella chiesa, è necessario in ogni epoca per essa anche per la riuscita di matrimoni cristiani. 3. UNITÀ E INDISSOLUBILITÀ DEL MATRIMONIO 1) GESÙ PARLA DI FEDELTÀ ASSOLUTA Colui che fa dono di sé ad un altro non appartiene più a sé stesso, ma all’altro. Il vincolo della fedeltà matrimoniale è, per sua essenza, orientato all’esclusività ed alla definitività. La fedeltà matrimoniale è considerata immagine della fedeltà di Dio all’alleanza; l’adulterio invece è visto come conseguenza e simbolo dell’infedeltà verso Dio. L’unione matrimoniale rappresenta un’attualizzazione sacramentale dell’alleanza di Dio in Gesù Cristo. 2) LA PRASSI ECCLESIALE NELLA SCRITTURA E NELLA TRADIZIONE a) La tradizione biblicaè presente il divieto e l’impossibilità del divorzio. Chiunque ripudi la moglie e ne sposa un’altra commette adulterio, così come chi sposa una donna ripudiata dal marito commette adulterio; e lo stesso vale per la donna. A questo divieto però si aggiunge la clausola di Matteo ‘’eccetto in caso di fornicazione’’ (incesto, prostituzione, adulterio…) anche se non si può respingere il partner definitivamente. b) La tradizione della Chiesa Nonostante il principio secondo cui un secondo matrimonio era proibito anche dopo la morte del primo coniuge, ancora di più lo era quello di risposarsi fintanto che l’altro 10 partner era ancora in vita. Malgrado ciò alcuni secondo alcuni Padri della chiesa era concesso che persone che si ritrovavano separata, non per loro colpa, si risposassero. Nella chiesa orientale si sviluppò la prassi di permettere un secondo matrimonio; tuttavia in situazioni difficili è necessario offrire una nuova possibilità di esistenza umana, cristiana ed ecclesiale a colui che è disposto a far penitenza che si fonda sulla misericordia di Dio. Nella chiesa cattolica il papa, in determinate situazioni può sciogliere il vincolo di matrimoni non sacramentali; l’assoluta indissolubilità del matrimonio vale solamente per i matrimoni conclusi in maniera valida e consumati. c) La dottrina del concilio di Trento Lutero sosteneva con fermezza l’indissolubilità del matrimonio, tuttavia fece una critica alla dottrina cattolica: egli riconosceva nel caso di adulterio, dove un coniuge si comporta da non credente e vuole separarsi per sempre dall’altro, la libertà alla parte innocente di contrarre un nuovo matrimonio. La prassi opposta della chiesa cattolica era definita tirannica. Il concilio di Trento escluse chiaramente l’eresia che era in questione parlando dell’indissolubilità del matrimonio e il divieto di risposarsi. 3) PROBLEMI PASTORALI DI OGGI Di fronte al fenomeno del divorzio, con conseguente nuovo matrimonio civile, la comune mentalità sociale oggi si comporta in modo tollerante ed è anche indifferente. In questa situazione molti divorziati, che si sono risposati civilmente, vedono la loro azione come poco naturale, o addirittura come un loro diritto; altri divorziati, risposatisi civilmente, hanno vissuto il primo matrimonio come una prigione, mentre hanno trovato una felicità umana nel loro secondo matrimonio; altri soffrono di questa situazione, sono coscienti del contrasto con l’ordinamento di Dio. Sono proprio questi ad aver bisogno di aiuto pastorale nella loro difficile situazione. Bisogna però ricordare tre punti di vista: a) Il primo è la fedeltà assoluta alla parola di Gesù. La chiesa non può costruire nessuna casistica o legge speciale che comporti eccezioni alla parola di Gesù. Ha una sola possibilità dunque che è l’assoluta fedeltà. b) Il secondo è la parola di Gesù sull’indissolubilità del matrimonio, è parola di salvezza non legge che uccide. Il diritto della chiesa deve essere di grazia nello spirito di Gesù; essa deve sempre domandarsi se il suo ordinamento giuridico è all’altezza di situazioni umane difficili o se invece ferisce persone che sono disposte alla conversione. c) Il terzo è il più discusso e riguarda la questione di come valutare teologicamente un secondo matrimonio concluso civilmente quando il primo coniuge è ancora in vita. Una cosa è certa: qualunque sia la colpa soggettiva, il secondo matrimonio rappresenta oggettivamente una contraddizione rispetto all’ordinamento stabilito da Dio. Un matrimonio civile di questo tipo che contiene valori umani essenziali (amicizia, amore, fedeltà, e altro) e si manifesta nella penitenza per la colpa avuta nella rottura del primo matrimonio, un secondo matrimonio entra a far parte anche della dimensione spirituale della vita ecclesiale. La chiesa, in quanto universale sacramento di salvezza, è infatti anche la chiesa dei peccatori. Seconda la normativa ufficiale, l’ammissione ai sacramenti di persone separate che si sono risposate civilmente non è possibile, se non in caso di pericolo di morte o dietro la promessa di convivere come fratello e sorella. A motivazione di ciò è che il secondo matrimonio contratto mentre è in vita il primo partner, è in oggettivo contrasto con la parola di Gesù e rappresenta pertanto uno scandalo pubblico. Però allo stesso modo, il Dio che Gesù Cristo ha annunciato, concede ad ogni essere umano (quindi proprio al peccatore) una possibilità di salvezza. La condotta della chiesa dovrebbe corrispondere a questo modo di agire di Dio pertanto secondo questo modo di vedere, un’ammissione ai sacramenti è possibile a tre condizioni:  Quando ci si pente di una colpa commessa e la si ripara per quanto si può; 11  Quando è stato fatto tutto ciò che è umanamente possibile per arrivare ad una riconciliazione con il primo coniuge;  Quando il secondo matrimonio è divenuto un legame moralmente vincolante che non può essere sciolto a sua volta senza una nuova ingiustizia. Poiché tutti hanno bisogno di conversione e di riconciliazione, e nessuno ha motivo di puntare il dito contro altri. 4. IL MATRIMONIO CRISTIANO NELLA SOCIETÀ MODERNA 1) RAPPORTO TRA MATRIMONIO ECCLESIALE E MATRIMONIO CIVILEdevono esprimere la pluridimensionalità dell’unica stipulazione del matrimonio. Lo stato deve regolare gli effetti giuridici del matrimonio; la chiesa invece deve mettere in evidenza la dimensione essenziale nella concezione cristiana per il matrimonio, talmente importante che senza di essa un matrimonio tra cristiani non può avere piena validità. 2) IL MATRIMONIO COME SACRAMENTO DI FEDEil matrimonio può essere contratto come sacramento solo nella fede. Problema: vi sono cattolici battezzati ma non praticanti che non pongono alcun valore al matrimonio ecclesiale e si accontentano di sposarsi civilmente; questo secondo il diritto canonico non è valido ma esso può essere retroattivamente riconosciuto come canonicamente valido sanandolo alla ‘radice’ in base cioè all’esistenza della volontà di matrimonio. È riconosciuta quindi la presenza si una volontà umana di matrimonio. Ogni volontà umana di matrimonio è un’imperfetta realizzazione del mistero di Cristo e della chiesa. Ciò è importante quando non è possibile un matrimonio ecclesiale-sacramentale ed è comunque presente una volontà di matrimonio non solamente umana ma anche cristiana (come nel caso di separati che si sono risposati). Problema: il matrimonio di un cattolico non praticante in chiesa è sacramentale? Ogni matrimonio canonicamente valido è un matrimonio sacramentale. Bisogna però distinguere tra:  validità oggettiva: basata sull’oggettiva attuazione; la presenza di un’intenzione, anche se minimale, di chi amministra e di chi riceve il sacramento è un elemento integrante dell’attuazione oggettiva.  la fecondità della grazia che presuppone la disposizione soggettiva. Poiché gli sposi si amministrano a vicenda il sacramento, sono contemporaneamente ministri e destinatari poiché essi devono avere l’intenzione come aspetto integrante del loro consenso di contrarre il loro matrimonio nel Signore. Diversamente non si avrebbe né un matrimonio canonicamente valido, né un matrimonio sacramentale. Non vi è matrimonio valido e sacramentale senza almeno un minimo di fede, e in assenza si rinvia il matrimonio. APPENDICE 2 – LA FAMIGLIA, CHIESA DOMESTICA Tutti parlano dell’amore; secondo una statistica è il termine più frequentemente utilizzato nella nostra lingua. Esso ha molte dimensioni: o amore sessuale: la sessualità è un dono della creazione di Dio che ha dato all’essere umano per la sua felicità; o amore erotico: l’essere personalmente colpiti, affascinati e incantati da un partner, la gioia per il fatto che c’è, che lo si è trovato, e l’essere colmi di gioia per il fatto di poter stare insieme a lui. o amore oblativo: è un amore che dona, non rendere felice se stessi ma gli altri ed è proprio in questo che trova la vera gioia. Queste tre dimensioni dell’amore formano un tutt’uno. Da ciò deriva un’importante conseguenza: l’amore si realizza nella fedeltà. Amare un’altra persona significa accoglierla e affermarla assolutamente nella sua incondizionata dignità personale. Se l’amore tra uomo e donna è immagine 12 È un essere religioso e cioè un essere convinto che esista una realtà superiore che viene costantemente invocata dalla sua coscienza. Non riesce mai ad esprimere adeguatamente l’identità di tale realtà superiore, di questo Dio, ma ne fa esperienza anche quando questa non è facilmente traducibile. - La religiosità dell’uomo coinvolge tutta la sua esperienza: le percezioni, i sogni, le fantasie, le paure, le gioie, le emozioni… - Una volta riconosciuta questa realtà superiore entra nel suo mistero. Il credere pone l’uomo in una relazione con questo Diol’accoglimento di Dio prende integralmente l’esperienza dell’uomo che si affida a lui, gli affida gli interrogativi fondamentali. L’uomo che crede esalta la vita perché spera in un Dio che lo salverà oltre la morte. - L’uomo che crede prende conoscenza dei suoi limiti e della finitezza delle sue realizzazioni, ma lo impegna e lo incoraggia nel cammino della vita. - L’uomo che crede non è mai solo. L’esperienza del credere lo mette in relazione con gli altril’uomo è partecipativo, relazionale e non chiuso in sé, comunicativo e non silenzioso. 7) L’UOMO È UN ESSERE CHE SPERA L’uomo spera perché la vita lo spinge a guardare avanti, al domani, con la persuasione che il futuro gli potrebbe riservare qualcosa di importante per sé, per gli altri e per il mondo. È però consapevole che il suo sforzo di cercare cose buone è limitato. - È difficile sperare per lui quando si assiste al fallimento delle proprie aspettative piccole o grandi che siano. - Speraresignifica sfidare l’imprevedibilità del futuro, combattere contro ogni forma di opposizione alla vita e alla sua riuscita, volontà di superare barriere, amare e credere in questo tracciato di bene universale. 2. L’UOMO SECONDO I SAPERI I saperi sono indispensabili nel percorso di comprensione del mistero dell’uomo. Di essi non si può fare a meno, a condizione che si abbia fiducia nella ragione e che si istruiscano percorsi interdisciplinari di comprensione, anche se a volte risultano faticosi. È importante conoscere cosa dicono i diversi saperi. 1) L’UOMO È UN ESSERE ‘APERTO AL MONDO’ Riflessione di Arnold Gehlenconsidera l’uomo un essere vivente che tra le sue caratteristiche più rilevanti ha quella di dover prendere posizione circa se stesso, ovvero circa le proprie pulsioni e qualità percepite, ma anche circa i propri simili. L’uomo cioè è costretto a strutturarsi mediante l’agire verso l’esterno, che gli permette di acquisire e mantenere una forma. Gehlen sviluppa l’idea dell’uomo come un ‘essere aperto al mondo’ e tale apertura pone l’uomo nella condizione di dover padroneggiare la profusione di stimoli (impressioni che lo raggiungono) che gli pervengono dall’ambiente. - Il linguaggio costituisce la misura dell’azione dell’uomo. - Secondo Gehlen dunque l’uomo è un essere che crea se stesso mediante il dominio del mondo in cui vive, essendo auto-creatore del suo essere. 2) L’UOMO È UN ESSERE FUNZIONALE ALLA TECNICA Umberto Galimberti definisce la tecnica come ‘essenza dell’uomo’. La tecnica da vita a un mondo molto particolare, con caratteristiche proprie, abitato dall’uomo, che esprime tutto se stesso attraverso essa. Tecnica: - costituisce il rimedio all’insufficienza biologica dell’uomo. 15 - è l’ambiente dell’uomo, ciò che lo costituisce secondo criteri di funzionalità ed efficienza al punto che le stesse esigenze dell’uomo sono subordinate alle esigenze dell’apparato tecnico (dominio della tecnica). - La tecnica è fine perché essa permette di conquistare tutto ciò che l’uomo si propone. Essa è la vera protagonista della storia; la tecnica costituisce l’assoluto mentre l’uomo è un essere inferiore poiché è solo un funzionamento dell’apparato tecnico. 3) L’UOMO È ESSENZIALMENTE UN ESSERE NEURONALE L’indagine sull’uomo, a partire dalla seconda metà del secolo scorso, trova collocazione nell’ambito delle neuroscienzeè una metodologia che vede la collaborazione di tutte le scienze che mirano alla comprensione di quella realtà complessa che è il cervello, ma anche dei linguaggi e dei concetti essenziali che ne esprimono la funzione. - L’essere umano è un essere celebrale, poiché tutte le sue caratteristiche sono realizzate da attività neuronali. - Che l’uomo sia un essere neuronale è visibile già dai primi istanti della sua vita. La permanenza nell’utero materno, la nascita e lo sviluppo del neonato sono significamente determinati dal cervello. Il cervello non è solo un complesso organo biologico, ma è un vero e proprio elemento di determinazione dell’identità dell’uomo, anche di quella sessuale, dell’orientamento sessuale e il relativo comportamento; è anche alla base della coscienza, della felicità/infelicità. - Il cervello determina anche la spiritualità dell’uomol’ambiente in cui si cresce fa sì che durante le fasi iniziali dello sviluppo la religione dei genitori si fissi nei nostri circuiti celebrali, in modo analogo alla lingua materna. 4) L’UOMO È L’ESSERE DELL’ASSOLUTA TRASCENDENZA DI DIO L’uomo ha in Gesù Cristo il suo riferimento più proprio. - Secondo Rahner l’uomo deve essere pensato come persona e soggetto, a partire dall’esperienza che l’uomo ha di sé stesso. Egli si vede come un estraneo a se stesso, come un prodotto che è imposto a se stessosi svela in termini di realtà complessa e incomprensibile nella sua totalità, come un essere indefinibile che non si può possedere in tutti i suoi elementi. - L’uomo può essere definito ‘l’essere della trascendenza’ poiché si affaccia all’orizzonte dell’infinito. Egli si sperimenta come spirito che possiede possibilità inesauribili, mai sazio di risposte (che sono provvisorie), aperto all’ampiezza assoluta della trascendenza, al mistero. - L’uomo è infatti orientato al mistero assoluto di Dio (orientamento trascendentale) e da esso dipende radicalmente. L’uomo si scopre come aperto all’assoluto, come partecipe al mistero di Dio; non esiste altra via che gli faccia capire la sua realtà più propria. 3. L’UOMO E LA RIUSCITA DELLA VITA L’uomo che comprende sé stesso, in modo permanente, avverte che nella vita si rivela (e si nasconde anche) un senso che gli promette felicità, pienezza e che per questo è fortemente desiderabile. L’uomo sembra essere guidato nella sua esistenza da una naturale aspirazione alla pienezza della vita, a una vita riuscita. Il senso della vitaè tendere alla sua riuscita, alla sua compiutezza antropologica, compresa nell’esperienza dei giorni in modo anticipato e parziale e desiderata per sempre in totalità. L’aspirazione alla riuscita della vita si offre sì come dono, ma anche come compito etico che esige un paradigma del vivere concreto. 1) LA RIUSCITA DELLA VITA SECONDO IL PARADIGMA DEL NEOPAGANESIMO Il suo maggior esponenteSalvatore Natoli. Arriva ad una visione della vita che si caratterizza come neopaganaè quell’atteggiamento, o quel punto di vista, che coincide con l’etica del finito o che comunque l’assume come 16 propria. Si tratta di una prospettiva che non è cristiana ma non è necessariamente neanche anticristiana. - Il neopaganesimo si presenta come un progetto antropologico. - Etica del finito: Eticaindica un modo concreto di abitare la terra, una comprensione della vita che determina scelte, azioni, percorsi, intenzioni, che hanno una loro configurazione in termini di senso. Finito è il luogo proprio, la dimora abitata dall’uomo. L’uomo assume il finito come entità sufficiente a se stessa e in tal modo egli si determina solo nel tempo che gli è dato; la finitudine costituisce la base dell’autorealizzazione umana. Natoli afferma che la salvezza è solo nel presente, nel finito; la vita è riuscita solo se l’uomo riesce a cogliere le occasioni del tempo che gli è dato, se riesce a trovare in sé e non in altro la forza per esistere. 2) LA RIUSCITA DELLA VITA SECONDO IL PARADIGMA DELL’ATEISMO LIBERAL E LIBERATORIO Stato di crisi della civiltà occidentale, Paolo Flores d’Arcais invoca un riscatto in favore ‘dell’irriducibile ciascuno’ di ogni uomoIl progetto si configura come una ripresa da parte dell’individuo umano della capacità di scegliere autonomamente, di autodeterminarsi liberamente. 3) LA RIUSCITA DELLA VITA SECONDO IL PARADIGMA DELLA FEDE IN GESÙ CRISTO Questo paradigma può essere compreso e vissuto solo nell’esperienza della fede che si fa strada nella vita come qualcosa di inaspettato, non dovuto. Il dinamismo della fede vede come protagonisti Dio e l’uomo, anche se in maniera asimmetrica e si svolge in una relazione di reciproco affidamento, di amore. - La persona di Gesù viene compresa come il modo concreto del legarsi di Dio all’umanità: è colui che rivela la decisione di Dio di concedersi agli umani. Dio si presenta in Gesù come colui che si concede all’uomo senza chiedergli particolari prestazioni se non quella di vivere nell’amore autentico per lui e per i suoi fratelli. Questo perché Gesù si manifesta come colui che compie la sua esistenza storica in un modo perfettamente unico. - La fede esalta l’umano ed esclude il negativo, ciò che è contrario alla vita, ciò che è di ostacolo all’amore e alla speranza. 17
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