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teologia 3 da lezione 0 a lezione 4, Appunti di Teologia II

Dispense di teologia 3 completate con gli appunti da lezione 0 a lezione 4

Tipologia: Appunti

2020/2021

Caricato il 18/05/2022

giovanna-amaglio
giovanna-amaglio 🇮🇹

4.5

(13)

12 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica teologia 3 da lezione 0 a lezione 4 e più Appunti in PDF di Teologia II solo su Docsity! 0. L’AGIRE MORALE E LA TEOLOGIA Tutti hanno un’idea di cosa sia la morale, tuttavia è necessario precisare meglio i contorni di questa disciplina, dal momento che spesso è soggetta a molti fraintendimenti. Il malinteso è maggiore quando non si tratta solo della disciplina morale, considerata filosoficamente, ma della teologia morale. Si intuisce che vi è un nesso con il comportamento, tuttavia difficilmente si riesce a comprendere se questo si lega anche alla libertà propria dell’umano, infine quale sia il ruolo giocato da Dio nel rapporto già intricato tra coscienza, libertà, agire, legge. A livello introduttivo ci si può riferire al brano evangelico che narra l’incontro di Gesù con il «giovane ricco» e alla rilettura offerta dal teologo morale Giuseppe Angelini. TEOLOGIA MORALE parte della scienza teologica che indaga sul significato, i valori e le norme dell’agire umano alla luce della rivelazione 0. L’AGIRE MORALE E LA TEOLOGIA Cfr. TESTO 0 L’attenta lettura del brano consente di evidenziare alcuni elementi fondamentali: - innanzitutto si tratta di considerare l’agire umano: l’interlocutore di Gesù si domanda che cosa possa fare - L’agire è definito come buono. Si intende quindi una connotazione secondo il bene e il male - L’agire non ha solo un rilievo immediato,non risolve semplicemente una situazione, non si esaurisce con il risultato che ho ottenuto, ma anche se il *risultato è fondamentale ha anche una dimensione più profonda ma si lega con la vita eterna, quindi ha valore assoluto, mette in gioco l’intera esistenza, la mia esistenza e dice chi io sia..si parla di un agire che ha come scopo la vita eterna e questo richiamare la vita eterna mi dice che l’agire morale mi connota, mi dà la possibilità di essere scegliendo di fare il bene; ha una portata assoluta che non si esaurisce con l’effetto della sua azione. Gesù introduce subito la questione teologica cioè dice al giovane ricco(vangelo Luca) “solo uno è buono” e rimanda al fatto che il criterio della bontà è Dio stesso. Nel vang di Matteo “interrogarmi in generale su ciò che è buono non è possibile se non facendo riferimenti a Dio. BENE e MALE non in senso filosofico ma intesi partendo dalla rivelazione cristologica e quindi riferiti alla TEOLOGIA MORALE. Quando facciamo un discorso di Teologia Morale non possiamo fare riferimento solo alle norme ;il bene non è dato solo dal seguire o non seguire le regole e si tratta di avere come punto di riferimento(questione sorgiva) la figura di Gesù che nel vangelo (Testo 0) dice “quello che ti manca è di potermi seguire e avere me come riferimento”Ma non dobbiamo fare la fotocopia della vita di Gesù perché non emergerebbe la nostra identità, unicità.La libertà individuale non si può costruire in solitudine perché siamo già immersi nel legame con gli altri(padre- madre), nel legame con Gesù Es: soccorro una persona che sta male perché è bene, il mio agire è buono. Quell’agire buono , quella mia identità non si esaurisce solo nel fatto che una persona ha avuto un beneficio, ma è un agire che mi definisce, che mi identifica e non finisce solo nel bene che ho compiuto, un agire che mi definisce a partire dal discrimine tra il bene e il male. Io voglio agire il bene, fare ciò che è buono quindi mi riferisco all’essere me stesso , come singolo, individuo persona diversa dagli altri. Ma Gesù riporta a qualcosa che è condiviso, universale cioè i Comandamenti. In che modo una questione morale che è singolare personale si riferisce ad una dimensione generale ,universale come i Comandamenti .perchè i comandamenti erano la legge ricevuta, per tutti. I Comandamenti non vanno contro l’individualità. La norma che è universale non limita la mia possibilità del mio emergere individuale. La risposta di Gesù è plausibile per un ebreo di quel tempo ed è seguire i Comandamenti e glieli elenca (In Luca troviamo solo i comandamenti, in Matteo aggiunge anche “amerai il prossimo tuo come te stesso” . Ciascuno di noi vive in una società caratterizzata da leggi che garantiscono il vivere comune 0. L’AGIRE MORALE E LA TEOLOGIA - La forma dell’agire si concretizza nell’osservare una norma, più precisamente nell’osservanza dei comandamenti, cioè la Legge ricevuta dal popolo di Israele tramite la mediazione di Mosè - La forma dell’agire secondo il comandamento è riconosciuta 1 ambivalente: necessaria, ma non ancora capace di esprimerne completamente la pienezza. - La bontà ricercata all’inizio non si risolve in un atto determinato, ma ha un rimando teologico preciso: «solo Dio». - La ricerca non ha una risposta immediata, ma avviene tramite la sequela. Il riferimento alla figura di Gesù è determinante NON è solo un discorso orizzontale , quando parliamo dell’agire che determina il nostro essere noi stessi nelle relazioni con gli altri, intuiamo un rimando teologico cioè questo agire, fare, in qualche modo decide costruisce il legame , la risposta a Dio. Per la Teologia Morale questo legame con Dio non è vago, indeterminato ma si esplica nella sequela . In riferimento esplicito a come Dio si è compiutamente rivelato nella storia di Gesù. L’agire morale si capisce nella misura in cui si confronta direttamente con la storia di Gesù , con la possibilità di avere una relazione con questa storia *ES: definisco come agire buono il fatto di aiutare una persona in difficoltà perché è senza lavoro.la invito a cena. Questa azione ha un risultato immediato: questa persona non ha dovuto comprare cibo. Nessuno mette in dubbio la bontà della mia azione, e quell’azione ha la potenzialità di dire qualcosa di chi io sono. Si può raggiungere il risultato di aiutare una persona (pagargli la cena= azione buona) sia se io gli faccio pesare il mio aiuto , sia che non si accorga del mio aiuto. Perciò l’azione morale non riguarda solo il risultato ma anche il modo in cui l’ho ottenuto , ma come ho costruito il legame con l’altro e come mi sono definito. ES Ci sono delle relazioni che ci sono date ma io scelgo come viverle : i genitori hanno il dovere di allevare i figli quando sono piccoli, ma non sono un buon genitore semplicemente perché la legge mi dice di farlo e io lo faccio. Ma dico di me per come lo faccio, per lo stile , per quanto mi coinvolgo .L’AGIRE BUONO NON E’ SEMPLICEMENTE IL FARE CHE SI ESAURISCE NEL SUO SCOPO , non solo farlo perché deve essere fatto perché lo dice la legge ; ma non è neppure farlo perché ho deciso di farlo. Lo sperimentiamo sempre nel nostro vivere quotidiano noi siamo noi stessi in base a come facciamo le cose , il bene. LA LEGGE 1-Il termine legge, in senso generale ancor prima che teologico, ha almeno due accezioni fondamentali: al singolare con legge si intende quel principio generale che esprime l’ordine e la giustizia, nel regno della natura e nella dimensione antropologica. Al plurale le leggi sono le norme che regolano vari ambiti del vivere, sono definite dagli uomini, hanno tra loro un rapporto gerarchico, possono anche mutare in virtù del contesto sociale o culturale determinato. La legge ha poi un nesso inscindibile con la morale, nesso che può trasformarsi in un rischio, ovvero far ritenere che l’agire morale sia il mero rispetto di norme che prescindono dalla libera attuazione della coscienza. Le leggi hanno un’origine specifica, sono scritte dagli uomini, sono necessarie ad una società per vivere, possono avere un rapporto tra loro e un’importanza differente. La costituzione ha un valore massimo e le altre dipendono da lei. Le leggi sono anche modificabili per rispondere alle esigenze di un dato periodo, e rispondono a delle motivazioni culturali( le leggi possono essere differenti tra stati).Le leggi permettono agli uomini di vivere insieme con rapporti giusti. Ci sono dei criteri per stabilire le leggi : in modo democratico, o in dittatura dove sono utilizzate per accentrare il potere nelle mani del più forte.In democrazia le leggi favoriscono il bene, ma vi sono anche gli obiettori di coscienza che non sono d’accordo con alcune leggi.ES servizio militare-abaorto.. ATTENZIONE non tutte le leggi hanno lo stesso valore, sono frutto della storia e della cultura che le ha fatte nascere.Ci sono delle leggi non scritte, a altre che hanno valore universale.. NON UCCIDERE è percepita dallo stato italiano come diritto 2 lbertà perciò il Decalogo è dato come una promessa, un anticipo del futuro..”.tu potrai semprevivere rapporti buoni quando sarai nella terra promessa seguendo queste istruzioni..”ma quella vita non c’è ancora Israele è in viaggio. Il DECALOGO reca la traccia della promessa della possibilità di vivere in pienezza qualcosa che ancora in pienezza non si dà. Non è un NON FARE ma è UN COSTRUISCI ,SECONDO questa logica, i tuoi rapporti ….ciò è possibile se guardi indietro e ciò ti riporta all’origine della tua storia…Come il bambino indirizzato dai genitori….” Quello che ho intuito ricevendo potrò costruirlo io, ma quello che ho ricevuto diventa l’imprinting, la traccia che mi dice che poi io potrò vivere pienamente” Nel momento in cui io non ho più ciò che mi delimita, recinti (..genitori) mi impedisce di sbagliare ho bisogno della legge che mi istruisce non più semplicemente di non fare qualcosa di sbagliato perché me l’hanno impedito ma perché sono io a sceglierlo a farlo. 4- 1 Questi sono i comandi, le leggi e le norme che il Signore, vostro Dio, ha ordinato di insegnarvi, perché li mettiate in pratica nella terra in cui state per entrare per prenderne possesso; 2 perché tu tema il Signore, tuo Dio, osservando per tutti i giorni della tua vita, tu, il tuo figlio e il figlio del tuo figlio, tutte le sue leggi e tutti i suoi comandi che io ti do e così si prolunghino i tuoi giorni. 3Ascolta, o Israele, e bada di metterli in pratica, perché tu sia felice e diventiate molto numerosi nella terra dove scorrono latte e miele, come il Signore, Dio dei tuoi padri, ti ha detto. 4Ascolta, Israele: il Signore è il nostro Dio, unico è il Signore. 5Tu amerai il Signore, tuo Dio, con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutte le forze. 6Questi precetti che oggi ti do, ti stiano fissi nel cuore. 7Li ripeterai ai tuoi figli, ne parlerai quando ti troverai in casa tua, quando camminerai per via, quando ti coricherai e quando ti alzerai. 8Te li legherai alla mano come un segno, ti saranno come un pendaglio tra gli occhi 9e li scriverai sugli stipiti della tua casa e sulle tue porte. (Dt 6,1-9) Nel Deuteronomio possiamo comprendere il senso pieno della legge (verso 3) , la prima cosa che viene chiesta ad ISRAELE è l’ascolto. Di solito noi pensiamo : prima cosa eseguire e fare invece qui si dice ASCOLTA. La persona che ascolta scopre di non essere la prima cioè io ascolto e poi rispondo. Con la legge è la stessa cosa prima ascolto, ricevo qualcosa che mi viene da altro cioè riconosco che non posso essere l’origine di me stesso, l’artefice della mia esistenza, ma che posso costruire la mia esistenza rispondendo a qualcosa. La facoltà principale che Israele deve mettere in campo per vivere la Legge è ascoltare e ricevere NON FARE;NON AGIRE, NON DECIDERE. E’ l’ascolto ciò che ti consentirà di mettere in pratica la legge perché” tu sia felice e molto numeroso”Dio consegna la legge per la felicità dell’uomo. Ritorna l’idea delle istruzioni perché se non farai queste cose probabilmente non sarai felice. Israele quando avrà la sua terra sarà tanto più ricco se avrà figli …. Verso 4 “Ascolta… il signore è unico..in conseguenza di ciò tu lo amerai con tutto il tuo cuore, con tutte le tue forze e la tua anima” questi precetti ti saranno fissi nel cuore. Non saranno solo per te ma li consegnerai alle generazioni successive. TESTO 1 prologo , introduzione fondamentale- Decalogo si inserisce in una storia-Dio si presenta come colui che ha liberato e per questo consegna il Decalogo -Le parole arrivano. DECALOGO struttura generale : - divisione i primi riguardano Dio ,e anche osserva il sabato, e la seconda riguarda il rapporto con gli altri ; dal 4 comandamento (onora il padre e )che è un comandamento cerniera tra la prima e la seconda parte. Il 4 è cerniera perché i genitori sono l’origine per noi, sono coloro che hanno dato origine alla nostra vita, parlare di loro ci rimanda all’ORIGINE al principio e ci consentirà di fare quel salto all’origine ultima che è Dio. Ci consente di intendere una questione della TEOLOGIA MORALE le 2 dimensioni: 1-TEOLOGICA che riguarda Dio. 2-ANTROPOLOGICA ciò che riguarda l’essere umano, il prossimo. Ma che non sono separate e come se il rapporto con Dio(dimensione Teologica) potesse essere vissuta solamente se viviamo positivamente il rapporto con gli altri, non è possibile concretizzare l’una senza l’altra, si tratta sempre di un rapporto ternario IO-GLI ALTRI-DIO. E’ necessario il rapporto con gli altri per costruire il rapporto con Dio , non posso pensare di avere un rapporto solo con Dio. 5 5- Cfr. TESTO 1: Es 20,1-21 Dt 5,1-33 Aspetti fondamentali del Decalogo: - forma negativa tranne quando dice “onora il padre..e ricordati di santificare il Sabato. Tutti gli altri comandamenti sono negativi, ma è la forma negativa che mi consente la libertà, Dio non impone - non si trasforma in uno scambio …devi fare così per fare qualcosa per me, Dio ti dice di seguire la legge non per Lui ma per l’uomo stesso. Tolto il pericolo che avresti di eliminare tuo fratello (non uccidere) perché non potresti più vivere il legame con lui (solo se viviamo nel legame siamo noi stessi)., puoi scegliere come costruire il legame con tuo fratello e la tua libertà, la tua creatività, tutto il positivo sarà tuo. Il tuo desiderio non dovrà essere distrutto nei confronti di tuo fratello,, - indeterminatezza - dimensione teologica (teofania) - dimensione antropologica (il prossimo) - legame tra le due: dimensione pratica della fede cfr. TESTO 2: C. DI SANTE, Decalogo: le dieci parole, pp. 31-37. Immagine . LA LEGGE MARC CHAGALL, Mosè riceve le tavole della Legge, Nizza, Museo del Messaggio Biblico 1960-1966 1-GESU’ E LA LEGGE Il rapporto di Gesù con la legge può essere compreso se si considera il rapporto generale che intercorre tra Gesù e il Primo Testamento. Una semplice contrapposizione di Gesù con la Legge sarebbe del tutto errata, dal momento che Gesù è un ebreo che vive pienamente inserito nella storia e nella cultura del suo popolo. Questo fraintendimento avviene già ai tempi di Gesù, lui stesso si preoccupa di smentirlo: «non crediate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; Non sono venuto ad abolire, ma a dare pieno compimento» (Mt 5,17) Gesù viene accusato di violare la legge perché la intende in un modo tale che per lui sarà portarla a compimento, perché coloro(farisei, sacerdoti) che dovevano custodire la legge e svelarne il senso più profondo erano caduti nell’errore di farne un idolo. Troviamo nel Vangelo ,come sintesi dell’AGIRE MORALE , il Discorso della montagna (TESto 3). Vang Matteo : egli costruisce il discorso sulla Montagna (A) basandosi sul fatto che l’uditore (di quel tempo) esperto nelle scritture di Israele sa che un momento fondamentale è stato sul Monte Sinai quando Dio consegnò a Mosè le tavole della legge. Matteo vuole fare intendere che sta succedendo qualcosa di importante come sul monte Sinai e che ha che fare con la legge. LUCA dice che il discorso delle Beatitudini avviene in pianura. Anche il discorso della Montagna ha uguale importanza come sul monte Sinai il decalogo, in qualche modo si vuole istituire un parallelo: come MOSè sul Sinai riceve le tavole della LEGGE così sulla Montagna Gesù sta dando la legge (le Beatitudini). La nuova Legge (Beatitudini), Gesù non si limita alle Beatitudini 2. Comprendere che cosa significhi portare a compimento la Legge significa innanzitutto eliminare le due posizioni estreme: la Legge non è abolita, ma nemmeno accolta come avveniva abitualmente. Gesù ne svela il senso pieno, il quale è comprensibile legando le sue parole al suo agire, cioè avendo come riferimento determinante lui stesso. Infatti, Gesù non si limita a dare una interpretazione della Legge, ma il suo agire mostra come viverla fino in fondo. La Legge rischia infatti di trasformarsi in un idolo quando si ritiene che il suo valore risieda nella mera applicazione, nell’esteriorità della norma. Si dimentica il suo fondamento, ovvero il dono gratuito da parte di Dio e la sua destinazione, la libertà donata, per tutti. 3. Se la Legge fosse rispettata solo formalisticamente, allora l’alleanza donata dal Signore non avrebbe alcun senso, sarebbe un sovrappiù non necessario, Dio stesso sarebbe accantonato in quanto la ragione del vivere sarebbe già raggiunta. Al contrario, le parole e l’agire di Gesù (che si implicano vicendevolmente) 6 mostrano e fanno accadere il senso pieno della legge, quindi riportano al centro il legame con Dio che si attua nel legame tra gli umani. «Se il Decalogo non dà luogo a un dialogo, non è altro che un catalogo» (X. LÉON-DUFUR, Agire secondo il Vangelo, p. 44) 4. Il Discorso della Montagna può essere considerato come la sintesi della proposta morale del vangelo. Esso si pone in continuità con il Decalogo: - l’attenzione rivolta al prossimo - Il nesso tra la cura del prossimo e l’alleanza con il Signore Ma implica anche una discontinuità, le antitesi proposte da Gesù si discostano chiaramente da una interpretazione riduttiva, anzi ne svelano la forma piena. Cfr. TESTO 3: Mt 5. La proposta di Gesù che passa attraverso lui, attraverso il fatto che quanto lui dice in realtà trova conferma solo perché lui l’ha fatto, vissuto. Quanto lui dice è la descrizione del suo modo di vivere il rapporto con il Padre che si concretizza nel rapporto con i fratelli: Gesù vive la legge pienamente rendendola un dialogo, realizzando la corretta interpretazione della legge, che è la possibilità di creare un dialogo pieno con Dio tramite la relazione con i fratelli. IL DISCORSO DELLA MONTAGNA E’ IN CONTINUITA’ COL DECALOGO, NON VUOLE Cancellarlo, la montagna rimanda al Sinai, al decalogo. L’AGIRE MORALE è la costruzione di un legame col prossimo, questo legame col prossimo diventa l’unica occasione, l’unica possibilità per vivere pienamente il legame con Dio. Ma questa continuità , per essere attuata, richiede una discontinuità, fare pulizia da quella interpretazione riduttive del DECALOGO che faceva si che il Decalogo, diventato IDOLO, facesse pensare che bastava seguire la legge ed era già risolto il rapporto con Dio , dimenticando quel DI PIU?, mettendo addirittura tra parentesi DIO perché non è più la mia salvezza, la mia possibilità di vita piena proveniente da Dio, MA mi salvo se rispetto la legge punto per punto ( come un esercizio in palestra). Questo pericolo è entrato come chiave di lettura della prima Beatitudine. 5. Innanzitutto le Beatitudini rovesciano la logica ordinaria, sono l’accadere compiuto dell’alleanza, quindi una promessa per ciascuno. Quella promessa trova attuazione in Gesù, colui che vive pienamente il Regno che annuncia vicino. Per accogliere il dono è necessaria la disposizione pratica che consente di riconoscersi poveri. In caso contrario, sentendosi già giustificati dalla Legge, non avverrebbe nessun mutamento, la rivelazione di Dio in Gesù non sarebbe ritenuta necessaria, nessuna liberazione verrebbe ricercata. Le Beatitudini rovesciano le priorità tra compito e dono perché pongono al centro non la norma ma la persona. Cfr. TESTO 4: G. LOHFINK, Per chi vale il discorso della montagna, 59-65. BEATI I POVERI DI SPIRITO che è quell’atteggiamento per cui la consapevolezza di sé passa dal fatto di sapere di avere bisogno degli altri, perché noi siamo pieni, completi nella misura in cui siamo nel legame con gli altri. Essere poveri, in questo caso, non è una mancanza ma è essere disposti, aperti ad accogliere ciò che mi viene da altrove in relazione con gli altri. ES non riusciamo a migliorarci in una disciplina sportiva leggendo un manuale perché ci serve un allenatore.Perchè è nel rapporto con gli altri che emerge il meglio di noi. La LEGGe è efficace nel momento NON SONO VENUTO AD ABOLORE… MA IO VI DICO……. 6- Le antitesi che seguono le Beatitudini entrano in dialogo con il Decalogo: - selezionando il Decalogo (uccisione, adulterio, spergiuro) - dilatando il Decalogo - rafforzando l’attenzione al prossimo - mostrandone il compimento cristologico - svelando Dio come Padre e il prossimo come fratello - evidenziando il legame tra le due questioni - allargando a una dimensione universale Fa riferimento al Decalogo , ma fa riferimento alla seconda parte della Legge, non parla di Dio e del Sabato. Seleziona il rapporto con gli altri e c’è un ALLARGAMENTO, le Antitesi riprendono qualcosa del Decalogo ma riportando a 3 dimensioni fondamentali 1-il rapporto con l’altro in generale 2- il rapporto particolare (adulterio non adulterio, la relazione stretta con l’altro come compagno-a 3- la relazione attraverso la parola, evitare l’uso malvagio della parola che è lo spergiuro 7 fa esperienza di una vita buona. Parola di Dio, che però non si identifica con lui, il sabato attesta una assolutezza e una universalità che gli derivano dall’essere manifestazione di Dio (teofania), ma è legato alla storicità e alla singolarità (culturale) del popolo di Israele. Nel suo contesto particolare, essa rivela il senso universale che oggi deve essere ricontestualizzato in un’incessante opera di interpretazione» M. CHIODI, Teologia Morale fondamentale, Queriniana, Brescia 2014, p. 237. SABATO norma positiva perché dice di osservare qualcosa , ma negativa perché non si deve fare. E’rivolta a Dio perché osservando il sabato, astenendosi dalle opere, Israele riconosce il primato di Dio,ma è rivolta anche al prossimo. E’ riportata la dimensione ETICA, ANTROPOLOGICA perché in esso si custodisce il legame di alleanza nel quale ogni uomo fa esperienza di una vita buona . Apre alla dimensione TEOLOGICA, rimanda a Dio, non tutto nell’esistenza dell’uomo si può concretizzare in quello che fa,il Sabato l’uomo vive senza definirsi con le sue forze, è spinto a fare memoria di Dio. Il valore espresso dal comandamento nel sabato ha una dimensione che va oltre la sua realizzazione nella Bibbia, l’idea che l’essere umano non si risolve solo in quello che fa e che ci possa essere una sospensione dall’Agire è un valore universale che tocca gli uomini in quanto tali, anche le società, il modo che abbiamo di intendere la società e i suoi fondamenti. L’orizzonte sarebbe puramente Antropologico ed escluderebbe Dio se tutto fosse riconducibile a me, la mia vita dipende solo da me, io sono quello che faccio , la mia vita è più o meno riuscita in base a quanto produco. Se va bene ho valore, se va male sono un fallito e questo stabilisce una gerarchia tra gli esseri umani. Il sabato libera da tutto questo, dal pericolo di ridurre l’altro a strumento e dal dimenticare Dio.. E’ il giorno del respiro 5.- Il comandamento relativo al sabato emerge rispetto all’intero Decalogo, è descritto con abbondanza di parole ed esprime un contenuto del tutto particolare. Questo comandamento ha a che fare con l’idolatria, cioè un rapporto inautentico a JHWH che accade sia rendendo culto ad altro rispetto a lui, sia trasformando JHWH in un idolo. L’idolo è ciò che è fatto dalle mani umane e inverte il rapporto a Dio, che invece ha fatto l’umano. Innanzitutto l’idolatria è quella relativa al fare: ritenere che la salvezza non sia donata da Dio, ma dalla propria opera. L’idolatria si può radicalizzare fino a ritenere che l’esecuzione formalistica della Legge sia già in sé sufficiente per essere salvati, facendo perdere il legame di alleanza e promessa. L’ideologia di oggi dice che tu vali in base a quanto tu riesci a realizzare. Se non riesci a raggiungere certi standard lavorativi o di agiatezza economica NON vali. E’ un giudizio morale che ci fa identificare in base a quello che facciamo e realizziamo. IL SaBATO vuole sospendere questo modo di dare valore agli esseri umani , è un giorno nel quale gli esseri umani non si distinguono per ciò che fanno perché gli si chiede di non fare nulla. Non fare di sé stessi il proprio Dio,” così riconosci che molto ti è stato dato in dono” ritorna (idea della Creazione, secondo la Bibbia, il popolo di Israele è qualcuno che ha ricevuto( la nascita) io sono così perché mi è stato dato di essere. Concretamente il sabato mi permette di non idolatrare il mio lavoro e me stesso. Il SABATo non insiste sulla logica dell’AGIRE buono o malvagio,ma insiste sul senso che ha l’agire , il fare. L’uomo ha esperienza della sua potenza quando fa.Sviluppo scientifico, andare sulla luna…), si esprime con la sua potenza. Il Sabato ci consente di non idolatrare il fare ma è un valore in cui riconosciamo che non ci esauriamo in ciò che facciamo ma c’è qualcosa di più. 6- Il sabato fa, è un argine contro l’idolatria, questa è sempre vietata, ma grazie al sabato si evita la trasformazione in idolatria delle attività quotidiane e dei comandamenti universali. Il sabato insiste non sullo spazio dell’agire, ma sul tempo dell’essere, la sospensione che propone corrisponde a una purificazione che ricade sulle attività degli altri giorni. Il tempo del sabato è apertura a una forma dell’agire che non si riduce al fare e alla produzione, ma si riferisce al legame che gli esseri umani possono vivere tra loro e quindi con JHWH. Eppure proprio il sabato si può trasformare nella forma più radicale di idolatria, la sua profondità mette in gioco costantemente l’agire morale di ogni essere umano. Il sabato libera dal pericolo di ridurre l’altro a strumento, di dimenticare Dio. E’ il giorno del respiro, Dio si riposa dopo una fatica, rimanda all’idea della vita rispetto a una vita condannata alla produttività e al lavoro. Il sabato libera l’uomo perché è la prescrizione di avere un giorno nel quale non ci si definisce a partire dal fare, non si ha 10 bisogno di accumulare azioni per essere se stessi, perché l’uomo è qualcosa di più. , è perché è in relazione non ha partire da ciò che fa, questo annulla e disattiva le gerarchie umane fatte in base alla produttività. Il SABATO per Israele viene dedicato al Signore, allo studio della parola si fa memoria del giorno della liberazione: alle prime luci del tramonto di venerdì si riunisce per la cena creando relazioni e non azioni. SABATO prescrizione rovesciata dice di non fare niente, evita l’idolatria. Non dice che agire fare il bene è una cosa sbagliata, dice che c’è qualcosa di più dell’azione, dice di trovare il senso profondo delle mie azioni sospendendole per un giorno. Può diventare idolo anche enfatizzare il nostro AGIRE buono perché trovo la misura di me in quanto bene faccio quindi io sono l’origine di me stesso, io sono il criterio di misure di tutte le cose SE il bene che compio diventa solo lo strumento per dire “IO SONO”. Mi esaurisco lì,tutto dipende da una scala di produttività anche il bene. In questo modo l’altro non diventa colui che ha valore in sé perchè entro in realzione con lui , ma diventa solo lo strumento del mio potermi identificare, mi serve per fare del bene “è il mezzo , non il fine” (Kant). Sarebbe riduttivo relizzarsi solo in base a ciò che si fa, si produce. Il Decalogo , in particolare il SABATO, cerca di istituire un corretto rapporto , che fa vivere e non apparire, con gliu altri esseri umani e con Dio.IL sabato fa ricordare che si è sé stessi perché si ha ricevuto di poter essere, di tenere aperta la relazione con Dio che ci consente di riposizionarci, di non essere inseriti in una scala di valori di produttività,dove mi salvo perché posso creare la mia vita. Ci permette una dimensione consolante cioè che anche la disgrazia non è opera mia. Oggi siamo colpevplizzati se non ci realizziamo , ma il nostro valore deriva anche dalle relazioni. 7- Il sabato è una delle norme della Legge con le quali Gesù si scontra più volte. Anche nel caso del sabato si verifica la struttura di compimento, per cui Gesù non abolisce il senso del sabato, ma lo purifica. Il sabato diventa facilmente oggetto di una interpretazione formalistica, si trasforma in un idolo smarrendo il suo senso. Gesù si confronta con questa norma aprendo una dimensione nuova: non solo l’alternativa tra agire buono o malvagio, ma il cuore dell’agire morale, la vita. «È lecito in giorno di sabato fare del bene o fare del male, salvare una vita o ucciderla?». (Mc 3,4) Cfr. TESTO 5: P. BEAUCHAMP, La legge di Dio, pp. 188-200. Il comandamento del sabato è quello che dovrebbe evitare l’idolatria di me stesso, del lavoro e di intendere l’esistenza umana oltre l’operare, il fare. Ma si era trasformato in una norma da eseguire perfettamente nella sua forma esteriore, era un’opera, lo strumento formale per vedere se si era ligi alla legge o no.. Questo diventerà il problema di Gesù perché compie un miracolo di sabato, trasgredisce il comandamento più identificante per Israele. Gesù sembra trasgredire apparentemente il sabato perché lo vuole portare al suo valore più autentico,così facendo mette in luce come il Sabato si era trasformato semplicemente in una legge che veniva interpretata formalisticamente. Il rapporto che Gesù ha con il sabato ci consente di comprendere che l’alternativa tra agire buono e malvagio non si riduce al fatto di seguire delle semplici indicazioni su ciò che è buono o malvagio date dalla legge (non basta seguire le istruzioni).C’è differenza di tono e qualità se tu compi un’azione perché ti è stato comandato o perchè ne scopri il senso: il risultato non cambia ma diverso è il peso morale dell’azione buona.L’essere umano non può essere lo strumento , il mezzo per compiere azioni buone ma trova nelle azioni buone l’occasione di realizzarsi. Il lavoro diventa lo strumento attraverso il quale la mia esistenza si dispiega, posso trovare soddisfazione in quello che faccio o sono schiavo di quello che faccio. Esternamente non vi è differenza , è la qualità che differenzia. Il sabato mi permette di non diventare schiavo del mio lavoro, mi ricorda che valgo di più di quello che faccio, che ho valore anche se non faccio nulla. Sperimento il mio valore nelle relazioni che vivo.IL sabato va oltre la dimensione teologica religiosa dice qualcosa sul nostro modo di essere, quale che la nostra fede,ci dà la possibilità di comprendere che cosa comporti il nostro agire morale, un agire che a volte non è pienamente equivalente al fare, ma è un AGIRE PIU’ AMPIO che mette al centro la relazione più che il risultato come criterio di giudizio 8- Legare la questione dell’agire al vivere pienamente quale aspetto fondamentale per l’essere umano è possibile proprio comprendendo quale forma abbia l’agire che favorisce la vita e non la ostacola. Il 11 riferimento al sabato operato da Gesù mostra che la vita è autentica proprio nella misura della sospensione del fare, perché consente di riconsiderare l’agire di Dio e la risposta umana. Le azioni buone non possono essere vietate, ma si evita che esse divengano un idolo, ovvero un fine in sé, un utile. Posizionandosi relativamente al sabato Gesù dilata la questione portandola sulla libertà e sul desiderio umani 9.- Gesù stesso è misura piena del sabato, il suo agire si compirà sulla croce, il momento sommo dell’abbandono, la decisione di fare coincidere la propria volontà con quella del Padre. Solo sospendendo il proprio fare l’essere umano può comprendere che esso è preceduto dall’agire di Dio e quindi coglierne il senso. Ciò non significa la negazione dell’agire, ma la costante vigilanza a non essere principio e fine della propria libertà. Il sabato può fare intendere diversamente il rapporto, non qualitativo, tra azione e contemplazione, agire operoso e agire celebrativo, riconoscendone il nesso stringente. Profondità e dilatazione dell’agire in senso inoperoso, quindi libero. Cfr. TESTO 6: G. ANGELINI, La testimonianza, pp. 118-127. 3. IL SABATO A. RODIN, Cattedrale, Parigi – Musée Rodin 190 . Agire = possibilità di definire sè stessi( non solo dall’efficacia immediata) ha il suo paradigma nell’esistenza stessa di Gasù, percè per la Teologia cristiana non viene dall’efficacia dell’azione di Gesù, perché dal punto di vista del risultato pratico la vità di Gesù è fallimentare: muore in Croce. Ma croce e morte sono proprio il momento in cui non si può agire, Gesù sulla Croce si abbandona al Padre però ha la tentazione di salvarsi ma rifiuta quell’azione e in quel rovesciamento dell’agire, che non è fare miracoli , si dispiega il modo di vivere la relazione di Gesù con Dio e i fratelli. E’ un agire differente che non si riduce alla misura della propria potenza che Gesù non esercita. Qui capiamo che la norma del sabato NON è una condanna, una negazione dell’agire ma è la possibilità di disattivare il pericolo che L’agire sia il principio e il fine della libertà della persona. TESTO Angelini distingue un agire che si esaurisce nell’opera e un agire che celebra. Guardini gioco e celebrazione. La forma piena dell’agire è inoperosa , è un farsi coinvolgere, è un agire che non si riduce all’opera. I FARISEI AVEVANO ROVESCIATO IL SABATO CIOè L ‘AVEVANO CONSIDERATO CHE FOSSE UN’OPERA CHE FACEVA ASTENERE DA TUTTO ANCHE DALLE RELAZIONE ma nel testo 5 il sabato è occasione di creare la relazione andando oltre l’interpretazione formalistica della norma del sabato. Quindi Gesù non abolisce il culto del sabato ma lo porta a compimento purificandolo: Questa purificazione non è indolore, Gesù sembra smentire questa norma, in realtà svela il suo senso pieno: l’essere a favore dell’essere umano. SENSO DEL comandamento : è un ‘interruzione rispetto all’agire ordinario, per riportarci all’agire ordinario. 1. LA COSCIENZA La nozione di coscienza, anche quando non è chiaramente tematizzata, subito viene associata alla morale. Più precisamente, la coscienza pare legata a una forma, ancora indistinta, della percezione della colpa, relativa a una inadempienza costitutiva rispetto a una legge universale. Coscienza è però anche li termine usato per dire il soggetto, ovvero la singolarità in accezione psicologica. Nella contemporaneità, soprattutto, la coscienza è tesa a indicare la libera decisione di sé, la disposizione personale, non costretta da norme, ma autonoma. In sintesi, coscienza indica tanto la consapevolezza di sé, quanto la dimensione morale. 2 -Bisogna comprendere se e come i due aspetti possano intrecciarsi o se risultino irrimediabilmente contrapposti. Si tratta inoltre di definire per quale motivo un discorso sulla coscienza implichi la considerazione della dimensione religiosa e più propriamente teologica. Infine, se la coscienza è intimamente legata alla morale, allora è opportuno stabilire quale sia il ruolo giocato dall’agire nella formazione e nella attuazione della coscienza. Per introdurre la questione si può considerare ciò che la costituzione conciliare Gaudium et spes propone in proposito. 12
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