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Teoria della Relatività - Einstein, Tesine di Maturità di Fisica

La teoria della relatività. Spiegazione dettagliata con immagini ed esempi

Tipologia: Tesine di Maturità

2020/2021

In vendita dal 03/07/2022

anitaesposito
anitaesposito 🇮🇹

4.5

(8)

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Scarica Teoria della Relatività - Einstein e più Tesine di Maturità in PDF di Fisica solo su Docsity! ALUNNA: Anita Esposito CLASSE: VC/scientifico 1 Il 1905 viene ricordato come l’annus mirabilis poiché Einstein pubblicò, sugli Annalen der Physik, tre articoli scientifici che cambiarono il nostro modo di vedere l’universo, dalle più piccole particelle che costituiscono la materia alle imponenti galassie. 1. Nel primo lavoro ipotizzava che la luce avesse una duplice natura 2. Il secondo articolo mise le basi per l'ipotesi della natura atomica della materia. Esso riguardava il moto browniano 3. Nel terzo lavoro veniva formulata la teoria della relatività ristretta grazie alla quale veniva meno l’incongruenza tra le leggi di trasformazione valide per la meccanica e quelle valide per i fenomeni elettromagnetici. La teoria della relatività si divide in due parti fondamentali: quella ristretta o speciale formulata nel 1905 e quella generale, del 1915, che estendeva i concetti fisici della prima anche ai sistemi di riferimento in moto accelerato, con importanti conseguenze sulla teoria della gravitazione universale. LA TEORIA DELLA RELATIVITÀ RISTRETTA Qual è il significato del termine relatività? Relatività in fisica non vuol dire che “tutto è relativo”, al contrario significa definire quali siano le condizioni che rendono invarianti nella forma le leggi della natura, quando si passa da un sistema di riferimento a un altro (cioè da un osservatore a un altro) in moto relativo. Per comprendere la teoria della relatività di Einstein si deve partire dalla meccanica classica, e cioè dalle leggi che Newton introduce nel 1687 nella sua opera “Principi Matematici della filosofia naturale”. Newton sottende in modo naturale quello che è stato chiamato verso la fine dell’Ottocento principio di relatività galileiana. Secondo questo principio, dato un sistema in cui vale il principio di inerzia, qualunque altro sistema che si muove di moto rettilineo uniforme (cioè con velocità costante) rispetto a questo è ancora un sistema inerziale, e le leggi della meccanica newtoniana restano invariate in forma in tutta la classe dei sistemi inerziali. In quest’opera compare definitivamente il PRINCIPIO DI INERZIA: Per “sistema di forze in equilibrio” si intende un insieme di forze, grandezze vettoriali, la cui somma vettoriale sia nulla. SISTEMA DI RIFERIMENTO INERZIALE Un sistema di riferimento è l'insieme degli elementi geometrici che servono per determinare la posizione di un punto nello spazio e per descrivere il suo moto e le azioni che agiscono su di esso. I sistemi di riferimento inerziali sono quelli in cui valgono le leggi fondamentali della meccanica classica. In tale sistema di riferimento vale il principio di inerzia; un sistema che si muove di moto rettilineo uniforme è un sistema di riferimento inerziale, mentre non lo è, per esempio, un sistema rotante. Se su un corpo non agiscono forze o agisce un sistema di forze in equilibrio, il corpo persevera nel suo stato di quiete o di moto rettilineo uniforme. ALUNNA: Anita Esposito CLASSE: VC/scientifico 2 Eppure, a un certo punto, la meccanica di Newton, che per circa due secoli era stata considerata la “teoria universale” (cioè valida per tutti i fenomeni naturali), viene declassata a teoria approssimata con la teoria della relatività ristretta. La teoria delle relatività ristretta si basa su due postulati fondamentali. Il termine “ristretta” fa riferimento al fatto che essa si limita a considerazioni su sistemi non accelerati (inerziali). PRIMO POSTULATO Le leggi della fisica hanno la stessa forma in tutti i sistemi di riferimento inerziali. Il primo postulato estende il principio di relatività galileiano, che è valido per le leggi della meccanica newtoniana, a tutte le leggi della fisica (anche fenomeni elettrici e magnetici). Di conseguenza qualunque esperimento di fisica eseguito sulla Terra fornisce gli stessi risultati che fornirebbe se fosse seguito a bordo di una navicella spaziale che viaggia a velocità costante. Tutti i sistemi inerziali sono fisicamente equivalenti, cioè non è possibile distinguerli sulla base di risultato di un qualsiasi esperimento di fisica effettuato in ognuno di essi. SECONDO POSTULATO La velocità della luce nel vuoto, c= 300 000 km/s, è la stessa in tutti i sistemi di riferimento inerziali ed è indipendente dal moto della sorgente e da quello dell’osservatore. Esso stabilisce che la luce viaggia nel vuoto sempre alla stessa velocità, indipendentemente dal fatto che la sorgente oppure l’osservatore siano in movimento. Per comprendere al meglio il concetto si può introdurre un esempio. Considero un’auto A che viaggia alla velocità 𝑣𝐴 di 50 km/h e un’auto B che viaggia alla velocità 𝑣𝐵di 75 km/h. Per calcolare la velocità 𝑣’ con cui un osservatore presente nell’auto A vede avvinarsi l’auto B utilizziamo generalmente le leggi di composizione galileiana della velocità. Nella relatività galileiana, la velocità dipende dall’osservatore in modo molto semplice. Se 𝑣𝐵 è la velocità dell’auto B rispetto a un osservatore fermo, e 𝑣’ è la velocità del corpo rispetto a un altro osservatore in movimento in A, le due velocità sono legate dalla formula: v’ = vA – vB Quindi v’ = vA – vB + → 𝑣’ = 50 km/h - (-75 km/h) = 125 km/h ALUNNA: Anita Esposito CLASSE: VC/scientifico 5 • Cateto maggiore: la distanza tra i due specchi d • Cateto minore: l’orologio, essendo in moto, si è mosso di un tratto 𝑣(𝛥𝑡/2). • Ipotenusa: la velocità della luce è sempre la stessa ma considerando solo un “tic” il tempo va dimezzato. Il tratto è 𝑐(𝛥𝑡/2). Applico il teorema di Pitagora: (c (Δt/2))2 = (v Δt/2)2 + d2 dalla quale ricavo Δt: ∆𝑡 = 2𝑑 √𝑐2 − 𝑣2 Ricordando che 𝛥𝑡0 = 2𝑑 𝑐 , possiamo mettere in relazione i due intervalli: ∆𝒕 = ∆𝒕𝟎 √𝟏 − 𝒗𝟐/𝒄𝟐 se v = 0 se v > 0 e v < c se v > 0 e v→c Il denominatore è uguale a 1→ Δt = Δt0. Questo è il caso in cui entrambi gli orologi sono stazionari. Il denominatore è minore di 1, quindi Δt > Δt0. Il denominatore tende a zero quindi l’intervallo Δt → ∞ A questo punto è importante definire il FATTORE LORENTZIANO γ, che mette in relazione Δt e Δt0: γ = 𝚫𝐭 𝚫𝐭𝟎 = 𝟏 √𝟏− 𝑽𝟐 𝑪𝟐 Dal grafico si nota che: • γ vale 1 quando la velocità relativa è zero, e rimane praticamente uguale a 1 per tutte le velocità della vita quotidiana, che sono molto minori della velocità della luce. • Quando ci si avvicina alla velocità della luce, la curva del fattore γ si impenna e tende rapidamente all’infinito. Quindi man mano che la velocità relativa si avvicina a quella della luce l’orologio rallenta fino a fermarsi. La velocità della luce c è quindi una velocità limite, cioè la massima possibile nell’universo. ALUNNA: Anita Esposito CLASSE: VC/scientifico 6 Nelle situazioni di vita quotidiana, come detto in precedenza, ritroviamo velocità molto piccole rispetto a quella della luce. La massima velocità raggiunta al giorno d’oggi da un essere umano è la velocità di una navicella spaziale in orbita, che è soltanto 1/39000 della velocità della luce. Ad esempio un orologio a bordo di una navicella spaziale va più lentamente di un fattore 1,00000000033, ossia occorrono almeno 100 anni perché l’orologio perda 1 secondo rispetto ad un orologio sulla Terra. LA CONTRAZIONE DELLE LUNGHEZZE Quando la velocità di un corpo diventa molto elevata, e può essere approssimata alla velocità della luce, la dilatazione del tempo non è l’unico fenomeno che si può individuare; anche le lunghezze dei corpi vengono modificate. Per capire le implicazioni di questa affermazione, dobbiamo definire due tipi di lunghezze riferite al corpo che stiamo considerando: la lunghezza propria e la lunghezza impropria del corpo. → La LUNGHEZZA PROPRIA, indicata con L0 : è la lunghezza di un corpo a riposo, cioè a velocità nulla; si può anche definire come la distanza tra due punti misurata in un sistema di riferimento che è in quiete rispetto ad essi. → La LUNGHEZZA IMPROPRIA di un corpo L, invece, è la lunghezza contratta, che si ha quando il corpo si sta muovendo a velocità v. Non si deve mai assumere che se un osservatore misura il tempo proprio, allora misura anche la lunghezza propria. Consideriamo due osservatori posti in sistemi di riferimento differenti; il primo (A) è fermo sulla Terra, mentre il secondo (B) si sta muovendo a velocità v, prossima a quella della luce, verso una stella lontana. Stabiliamo chi misura il tempo proprio e chi la lunghezza propria. A B ALUNNA: Anita Esposito CLASSE: VC/scientifico 7 TEMPO IMPROPRIO i due eventi (partenza dalla terra – arrivo sulla stella) avvengono in due luoghi diversi. PROPRIO B si trova in un sistema di riferimento solidale con la durata del fenomeno. LUNGHEZZA PROPRIA A si trova in quiete rispetto ai due punti. IMPROPRIA B misura una lunghezza contratta. La distanza misurata dall’osservatore A vale quindi: 𝐿0 = 𝑣 𝛥𝑡 mentre quella misurata dall’osservatore B in moto vale: 𝐿 = 𝑣 𝛥𝑡0 Poiché per entrambi gli osservatori la velocità è la stessa, possiamo uguagliare le due espressioni: 𝑣 = 𝐿0 ∆𝑡 ; 𝑣 = 𝐿 ∆𝑡0 → 𝐿0 ∆𝑡 = 𝐿 ∆𝑡0 → 𝐿 = ∆𝑡0 ∆𝑡 ∙ 𝐿0 → 𝐿 = 𝐿0 ∙ √1 − 𝑉2 𝐶2 Quindi le lunghezze L e L0 sono legate dalla relazione: 𝑳 = 𝑳𝟎 𝜸 Anche qui compare il fattore lorentziano: Dal grafico si nota che: • Se v = 0 → L = L0 quindi, ad esempio, la lunghezza di un metro vale sempre un metro. Questo è il caso in cui γ =1. • Se v → c la lunghezza contratta L tende a zero. Quindi man mano che la velocità relativa si avvicina a quella della luce la lunghezza diminuisce fino ad azzerarsi. Quindi, in generale, la lunghezza di un corpo in moto è sempre minore della sua lunghezza propria. ALUNNA: Anita Esposito CLASSE: VC/scientifico 10 Se la velocità della luce fosse infinita, c → ∞, il rapporto v/c tenderebbe a zero e le trasformazioni di Lorentz si ridurrebbero a quelle di Galileo. Dunque, il valore finito della velocità della luce è il responsabile degli effetti relativistici. Dalle trasformazioni di Lorentz Einstein ricavò il modo corretto di comporre le velocità. LA COMPOSIZIONE RELATIVISTICA DELLE VELOCITÀ Considero un’astronave che viaggia ad una certa velocità v (sistema di riferimento S’) ed un osservatore fermo su un asteroide (sistema di riferimento S). Ad un certo punto l’astronave lancia una sonda che viaggia a velocità u’. Utilizziamo la composizione relativistica delle velocità ricavata dalle trasformazioni di Lorentz. Per calcolare la velocità della sonda dal punto di vista dell’osservatore in S: 𝑢 = 𝑢′ + 𝑣 1 + 𝑣 𝑢 𝑐2 ′ Se, invece della sonda, l’astronave attiva un fascio di luce avremo il caso in cui u’ = c. Quindi 𝑢 = 𝑢′+𝑣 1+ 𝑣 𝑢 𝑐2 ′ → 𝑢 = 𝑐+𝑣 1+ 𝑣𝑐 𝑐2 = 𝑐+𝑣 𝑐+𝑣 𝑐 = 𝑐 ALUNNA: Anita Esposito CLASSE: VC/scientifico 11 Bisogna infatti ricordare che la luce nel vuoto viaggia alla stessa velocità relativa c rispetto a tutti gli osservatori inerziali. Ritroviamo quindi di nuovo il concetto di costanza del valore della luce nel vuoto in qualsiasi sistema di riferimento inerziale. La relatività ha rivoluzionato la nostra comprensione dell’universo. È chiaro che essa ci presenta un mondo molto più ricco e vario nei suoi comportamenti di quanto non si fosse mai immaginato prima. Uno degli aspetti che strani della relatività del tempo riguarda la simultaneità degli eventi: due eventi che appaiono simultanei in un sistema di riferimento S non appaiono necessariamente simultanei in un altro sistema di riferimento inerziale S'. LA RELATIVITÀ DELLA SIMULTANEITÀ Innanzitutto bisogna specificare che cosa si intende per eventi simultanei e per farlo utilizziamo un esperimento ideale. Immaginiamo di vedere un treno che viaggia con una certa velocità v e di considerare due diversi osservatori: uno seduto sul treno (S') e l'altro fermo sulla banchina (S). Improvvisamente due fulmini colpiscono la testa e la coda del treno nei punti A e B della banchina. L'osservatore sulla banchina si trova in M ed è situato esattamente nel punto medio tra A e B. Immaginiamo che, nel momento (per chi sta sulla banchina) in cui cadono i due fulmini, le posizioni A e B della banchina coincidano con le posizioni A' e B' del treno e che il passeggero si trovi nel punto medio M' del treno, che coincide con M. IN M: se i due lampi di luce giungono agli occhi dell'osservatore collocato in M nello stesso momento, allora egli dirà che i due fulmini si sono abbattuti sul treno simultaneamente. Diciamo dunque che due eventi sono simultanei se la luce che proviene da essi impiega lo stesso tempo a raggiungere il punto medio tra le posizioni in cui sono accaduti i due eventi. ALUNNA: Anita Esposito CLASSE: VC/scientifico 12 IN M’: il punto M' si muove verso destra con una certa velocità v, per cui il passeggero del treno va incontro al raggio di luce proveniente da B mentre scappa via da quello proveniente da A. Il passeggero pertanto vedrà prima il fulmine caduto sulla testa del treno nel punto B e, in un istante di tempo successivo, quello caduto in coda al treno nel punto A. Il passeggero giunge così alla naturale conclusione che i due eventi non sono simultanei perché avvenuti in tempi diversi. Nello specifico i due tempi misurati dall’osservatore in M’ saranno: 𝑡′(𝐴) = 𝛾 (𝑡 − 𝑣 𝑐2 𝐴) 𝑡′(𝐵) = 𝛾 (𝑡 − 𝑣 𝑐2 𝐵) Quindi i due eventi sono simultanei in S, ma non lo sono in S’. Se il treno fosse rimasto fermo allora anche il passeggero, come l'osservatore sulla banchina, avrebbe giudicato i due fulmini simultanei, ma poiché il treno si muove rispetto alla banchina con velocità v, ecco che la simultaneità diventa relativa e dipende dall'osservatore e dallo stato di moto del sistema di riferimento in cui si trova. Si osserva che l’effetto della relatività della simultaneità è proporzionale a v/c, ma può essere ragguardevole anche a velocità basse se la distanza tra A e B è molto grande.
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