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Teoria e tecnica dei nuovi media aa2022/2023, Appunti di Tecnica Ed Organizzazione Dei Cantieri

Appunti delle lezioni e slide, riassunto del documentario Feels Good Man di Arthur Jones

Tipologia: Appunti

2022/2023

In vendita dal 25/05/2023

vickibi
vickibi 🇮🇹

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Scarica Teoria e tecnica dei nuovi media aa2022/2023 e più Appunti in PDF di Tecnica Ed Organizzazione Dei Cantieri solo su Docsity! Teoria e tecnica dei nuovi media (2023, P. Brembilla) Lezione 1 → Cultura digitale partecipativa: es. i meme nel lockdown sono diventati un ricordo condiviso della nazione (o di una certa fascia d’età). Ogni comunità crea un linguaggio condiviso, comprensibile all’interno di essa (es. fandom); la creazione di una comunità può dipendere da diversi fattori come l’età, i media fruiti, le passioni e gli interessi. → Media: strumenti che permettono la comunicazione tra le persone.
 Secondo Lisa Gitelman si dividono in due livelli: uno tecnologico e uno dei protocolli. → Livello della tecnologia: si tratta del mezzo in sé, es. dello sviluppo del telefono o del computer. → Livello dei protocolli: all’interno della tecnologia noi troviamo un insieme di pratiche sociali e culturali (i protocolli) che si cono sviluppati sulla base della stessa tecnologia.
 È l’interazione tra i due livelli che permette un’evoluzione costante: es. l’aumento di qualità delle fotocamere negli smartphone (→ non solo non serve più avere una fotocamera in tasca, ormai siamo abituati ad avere un’esperienza di qualità sempre maggiore).
 Il contenuto di un medium si può modificare, ma una volta che un medium soddisfa un bisogno o una domanda, esso continuerà ad assolvere il suo compito in un sistema di opzioni più ampio. È il motivo per cui un telefono di cinquant’anni fa è obsolescente ma non “morto” → si può ancora usare, i protocolli sono gli stessi; semplicemente non ha tutte le comodità a cui siamo abituati. Internet explorer non si usa più ma esistono nuovi browser che funzionano meglio; i browser però non sono morti, è solo Explorer ad essere obsolescente.
 Lezione 2 I MEDIA DIGITALI. 4 teorie sociologiche per spiegare il rapporto tra media e società: → Determinismo tecnologico: deriva dal pensiero di Marx (lavoro in fabbrica: il telaio ha determinato lo sviluppo della catena di montaggio e di conseguenza quello della società capitalista). Le tecnologie sono in grado di determinare lo sviluppo delle società umane. Le caratteristiche dei media digitali determinano i modi in cui gli individui interagiscono tra loro, creando nuove forme di organizzazione sociale o portando cambiamenti nella struttura economica e politica di una società. Critiche = non abbiamo voce in capitolo, è un rapporto mono-direzionale. NON SI TORNA INDIETRO. → Costruzione sociale delle tecnologie: la società decide cosa farne della tecnologia; metafora della costruzione = la società si costruisce utilizzando le tecnologie a disposizione (= partecipa attivamente). Possiamo fare usi dei media che non erano previsti da chi li ha progettati, esempio: il viagra è nato per curare il parkinson ma oggi ha altri scopi; durante il lockdown, Twitch veniva usato per i concerti live (es. concerto dei Metallica) → ricostruzione delle modalità d’uso. → Tecnologie politiche: Winner sostiene che le tecnologie abbiano una politica; il modo in cui sono progettate o la decisione di adottarle non è che ribadire una forma di potere. Es: Twitter, usato da Trump per l’attacco a Capital Hill e dal popolo durante le proteste in Cina. → Co-produzione di tecnologie e società: tecnologie e società crescono insieme e si co- producono (teoria ibrida). Esiste un continuo rimbalzo di effetti tra tecnologie e società. “Nuovi media” = ogni medium quando viene lanciato nella società à nuovo, finché non si evolvono e diventano qualcos’altro, es: televisione, non più “scatola nera” ma uno schermo che trasmette contenuti. Definizione problematica, perché: il termine “nuovo” implica una sostituzione del vecchio. Oggi è più corretto parlare di ibridazione tra vecchio e nuovo. → è meglio parlare di media digitali, basati su tecnologie digitali e con caratteristiche comuni (che li rendono diversi dai media che li hanno preceduti). 1 Tecnologia analogica: es. giornale: l’utente compra una copia che diventa sua, non esiste più sul mercato. Si rappresenta l’info. attraverso un segnale continuo, entro un insieme finito di elementi. Es. vecchio segnale televisivo: numero finito di canali. Tecnologia digitale: spazio infinito, abbondanza di informazione. → cambia la concezione di mezzo di comunicazione: esperienza interattiva con il contenuto, vasta disponibilità di informazione. → Il computer viene inizialmente utilizzato nel settore militare: - Colossus, 1943: primo dispositivo elettronico programmabile. Decifrava i codici nazisti per l’Inghilterra → primo computer programmabile: doveva “imparare” i codici e tradurli. - Arpanet, 1969: rete comune che metteva insieme alcuni calcolatori programmabili → internet. Elaborato da alcune università e poi usato in ambito militare. Verso i media digitali: 1971: R. Tomlinson inventa la posta elettronica (nessuno aveva internet in casa, serve solo alle aziende o enti pubblici). Anni ’80: si capisce il potenziale della rete, si definiscono i protocolli TCP/IP. TCP: trasnimssion control protocol (controlla la trasmissione di dati), IP: internet protocol (controlla l’istradamento dei dati nei giusti computer). = nasce un linguaggio comune dei computer. Anni ’80: si mettono in commercio i PC (personal computer), a basso prezzo perché pensati per un facile uso (non si dovevano decifrare i codici nazisti come faceva Colossus). (Pubblicità “1984” del Macintosh: parallelismo con Orwell = “connettiti al mondo per essere libero”). 1991: T. Berners Lee introduce il World Wide Web (www) → sistema informatico accessibile attraverso internet con cui le persone potevano cercare informazioni senza “parlare la lingua del computer”. URL e ipertesti ci permettono di navigare da pagina a pagina senza bisogno di conoscere gli indirizzi di queste. Server e browser ci aiutano a trovare subito quello che cerchiamo (il pc e la rete diventano user friendly). Anni 2000’: emerge il “web collaborativo” con cui gli utenti possono produrre e distribuire contenuti tramite software e piattaforme. Con i dispositivi mobili l’esperienza della rete passa da domestica a pervasiva. La rete passa da → settoriale → nei luoghi pubblici → domestica → pervasiva. La teoria del piccolo mondo: tutte le reti complesse presenti in natura sono tali che due qualunque nodi possono essere collegati da un percorso costituito da un numero relativamente piccolo di collegamenti, cioè = ognuno di noi è collegato con massimo 6 gradi di separazione da chiunque nell’universo online. Internet è un piccolo mondo dove tutti sono collegati da massimo 6 gradi di separazione. Es. degli studenti di ingegneria in America hanno creato ⚠ “the oracle of Bacon” pensando l’attore Kevin Bacon al centro dell’universo. Il sito mostra come chiunque sia collegato più o meno lontanamente a Bacon. Internet è: → una struttura a rete distribuita e ridondante. Distribuita = non c’è un nodo centrale in controllo, ma tutti i computer sono collegati tra loro da vari nodi (o server). Tutti i nodi hanno lo stesso valore e trasmettono la stessa quantità di info. Ridondante = il passaggio di info. non è univoco o a senso unico. → un sistema aperto: posso sempre aggiungere nodi, è costantemente aggiornabile. → basato sul principio di neutralità: net neutrality, tutti i dati sono uguali e non ci deve essere alcuna gerarchia. Es.: Netflix stipula accordi con le compagnie che forniscono internet per far sì che il suo streaming fosse più veloce = ha violato la net neutrality. Il web2.0: il web1.0 è quello che arriva fino agli anni 2000 = solo poche persone avevano accesso a internet e potevano modificarlo. La seconda fase, 2.0, inizia con il web collaborativo. Diventa facile passare dal consumo passivo delle info, al consumo attivo → web partecipativo, possiamo creare contenuti e creare siti web. Con questo obiettivo nascono i social media: sono gli utenti stessi che forniscono contenuti. → adesso, più che di web2.0, si parla di social media, rete sociale: il web da la possibilità di costruire una nuova rete sociale, delle comunità virtuali. 2 • Internet e l’informatica seguivano il modello a cattedrale: la cattedrale diventa emblema e centro della città → internet ha dei grandi colossi e si sviluppa intorno a quelli. In questo modello il codice sorgente è disponibile in ogni versione del software, ma le modifiche tra versioni sono limitate a un gruppo esclusivo di sviluppatori (es. GNU, Emacs). Raymond accusa Stallman: state ricreando ciò che stavate combattendo (in GNU il codice sorgente andava pagato e ci si faceva pagare per il modello modificato). • Modello a bazar: non c’è un’organizzazione centrale, il codice viene sviluppato in maniera orizzontale online (es. Linux di Linus Torvalds). LINUS TORVALDS E L’OPEN SOURCE 1991: uno studente di Helsinki, L.inus Torvalds, riesce ad accedere al codice di Unix e ne imita le funzionalità in un nuovo sistema operativo. Sviluppa il kernel (cuore) di Linux e lo condivide online solo con i suoi collaboratori affinché potessero migliorarlo. Così nasce Linux, distribuito con licenza libera: diventa il primo vero progetto open source, ovvero che fa affidamento sulla collaborazione online per migliorarne il codice. Finora i free software erano sviluppati secondo progetti prestabiliti da un ristretto numero di persone. Es. di software open source: Firefox, VLC, Gimp, OpenOffice, LibreOffice, Media Wiki. ✓Linu’s Law: “given enough eyeballs, all bugs are shallow” (con un certo numero di occhi, tutti i bug vengono a galla) = quando rendo pubblico il software, anche se lo rileggo molte volte non vedo i bug → le altre persone li vedono e possono correggerli. FREE SOFTWARE vs. OPEN SOURCE • Quasi tutti i software open source sono software liberi MA la differenza fondamentali sta nei valori: l’open source è una metodologia di sviluppo (io NON rilascio la versione definitiva, lascio che gli altri migliorino il mio lavoro), il software libero è un movimento sociale. • Per il movimento del free software, il software libero è un imperativo etico: si deve rispettare la libertà degli utenti. La filosofia dell’open source tratta la questione solo in termini pratici, per come migliorare tecnicamente il prodotto. • Se l’open source dice che il software proprietario non è praticamente ottimale (se c’è un bug in Microsoft, devi aspettare che i suoi programmatori lo risolvano), per il movimento free software è invece un problema sociale. Punti di vista non distanti, ma mossi da due presupposti diversi: Free software → libertà Open source → praticità RIASSUMO: …detto questo, abbiamo imparato: → nuove forme di cooperazione mediate dalle tecnologie digitali: es. io scrivo un libro che non dovrà essere necessariamente pubblicato per conto di una casa editrice, piuttosto ci metto le creative commons e scelgo i diritti di attribuzione. → sistemi competitivi quanto quelli proprietari, perché anche tra free software e open source c’è competizione (si può creare un sistema a cattedrale). → forme alternative di protezione dei contenuti sono possibili e danno vita a “beni comuni”: con la pirateria è possibile per chiunque possedere un contenuto (film, serie tv…) e rimodificarlo = c’è necessita di nuove forme di protezione.→ diffusione dei fenomeni di produzione non FREE SOFTWARE OPEN SOURCE GNU Linux 1983 - Richard Stallman 1991 - Linus Torvalds vuole una società collaborativa vuole maggiore praticità a pagamento gratuito modificabile da poche persone modificabile da tutti free as in free speech, not free beer given enough eyeballs, all bugs are shallow 5 commerciale: es. wikipedia = chi scrive le sue pagine lo fa gratuitamente = si condivide per il solo pacere di condividere. → l’informazione costituisce sia l’input che l’output dei progetti P2P (peer to peer, da pari a pari), ma il costo marginale della produzione di informazione tende a zero: a un certo punto internet diventa importante per la condivisione indi info, ma questo circolare di contenuti non ha costo. → forme di organizzazione orizzontali, flessibili e non-gerarchiche: non c’è un rapporto tipo azienda-utente, c’è un rapporto P2P, senza un “capo”. Innovazioni dell’open source: • movimento open content/open access: non è disponibile il codice sorgente, ma i contenuti editoriali e la possibilità di modificarli sì. Es. Wikipedia, la pagina migliora grazie all’interazione degli utenti); Library Genesis, motore di ricerca per scaricare testi accademici; Sci Hub: attraverso link di articoli a pagamento, fornisce gli stessi articoli gratuiti. • SETI@HOME: progetto di calcolo distribuito volontario che inserisce i computer su cui è installato in una rete di processori che lavorano all’analisi di segnali radio nello spazio. Progetto di ricerca aperto: i ricercatori non hanno abbastanza fondi per calcolatori on grado di elaborare dadi dallo spazio, hanno bisogno di un sacco di computer = internet collaborativo. • Cloud Computing: computer virtuali che usano il potere di calcolo di processori fisicamente separati. Es. google drive. • Tools di sviluppo applicazioni secondarie nel settore sella telefona mobile. Lezione 5 (Copyright e culture del remix). “L’ambiente digitale di rete è caratterizzato dalle maggiori possibilità a disposizione degli individui per assumere un ruolo attivo all’interno del sistema dei media. Allo stesso tempo, però, questo ambiente è denso di scontri proprio sul futuro delle relazioni fra gli agenti che lo compongono: es. copyright, proprietà intellettuale, gestione delle infrastrutture tecnologiche, organizzazione del lavoro, informazione e censura” - A. Ardvisson, Introduzione ai media digitali. = con il digitale la possibilità di modificare contenuti da parte degli utenti è intrinseca al prodotto, cioè non devo avere competenze specifiche per scaricarlo, modificarlo e condividerlo. Gli individui sono invitati a prendere parte al sistema media. Tuttavia ci sono scontri sul futuro dei suoi agenti (caso copyleft opposto al copyright). Es: TITANIC SUPER 3D (vedi video su youtube di PistolShrimps): io posso prendere il film, lo metto su un programma di editing e lo modifico a mio piacimento. Questo canale youtube ne è un esempio. Es: Call me by your name (but it’s Monsters University): vedi video youtube di Mikey Heller. Le immagini sono di Monsters University e i dialoghi sono di Call me by your name. Abbiamo due aziende di proprietà intellettuali: Sony che ha prodotto Call me by your name, e DisneyPixar; c’è un riuso delle loro proprietà intellettuali per dare a queste un altro senso. La proprietà intellettuale serve a controllare i contenuti. Come i software proprietari vendono la licenza per l’uso del prodotto, questo avviene per i contenuti online. CONTROLLO DEI CONTENUTI COPYRIGHT - DIRITTO D’AUTORE TRADEMARK - MARCHIO Tutela i frutti dell’attività intellettuale attraverso il riconoscimento all’autore originario dell’opera una serie di diritti di carattere sia morale, sia patrimoniale. Si applica naturalmente, senza farne richiesta. Si può cedere, anzi, spesso si cede alla casa editrice. Scade, dopo la sua scadenza non può essere rinnovato (dopo 75 anni dalla morte dell’autore, l’opera diventa dominio pubblico). Tutela qualunque segno rappresentabile graficamente: parole, disegni, lettere, cifre, forma di un prodotto, ecc. Può essere rinnovato. Al principio si usava solo per loghi, poi: es: i classici Disney: a un certo punto la Disney smette di creare i suoi personaggi e li va prendere da fiabe esistenti. Non paga i diritti, ma altre aziende vogliono usare gli stessi personaggi → ci mette il trademark (sull’ estetica dei personaggi) 6 Es. → ⚠ nel 2023 è uscito un film horror con protagonista Winnie the Pooh (Winnie-the-Pooh: Blood and Honey) perché il diritto d’autore di Winnie the Pooh è scaduto (= la licenza della Disney per poterlo utilizzare è scaduta). Allora la Disney mette il trademark sulle mutandine rosse → si può utilizzare il personaggio ma non lo si può rappresentare come ha fatto la Disney. Es. → una scuola elementare a Berkeley (California) ha realizzato un murales con i personaggi Disney. La Disney l’ha denunciata per appropriazione del trademark. Successivamente, i proprietari di Tom&Jerry le hanno regalato il diritto d’autore per poter realizzare un murales di Tom&Jerry. (Poi il ceo di Disney si è scusato e ha fatto una donazione alla scuola → questione di reputazione" " ). Es. → ⚠ scena delle principesse in Ralph Spacca-Internet (guarda video su YouTube): esempio di come la Disney gioca con i suoi trademark, viene fatto un re-branding delle sue principesse, finora protagoniste in ambienti maschilisti ecc. (Stessa cosa succede con la Marvel: con Black Panther e Shang-Chi si sposta l’attenzione su protagonisti neri e asiatici, quindi non più solo bianchi e americani → re-branding del marchio Marvel). → L’impatto visivo deve riuscire a distinguere un prodotto con marchio da quelli senza marchio. Per esempio, un altro motivo per cui la Disney insiste sui suoi trademark è l’industria del porno: protegge i suoi prodotti non solo dal riuso, ma anche dalla diffamazione, per la quale si andrebbe a deteriorare il valore. Non ci si può vestire da personaggi Disney nei film porno. Es. → serie Sabrina su Netflix: Sabrina va in una scuola di streghe in cui si venera Satana. Gli sceneggiatori sono andati alla ricerca di simboli e architettura satanista nella vita reale (negli USA il satanismo è registrato come religione) e ricreano una statua di Satana realmente esistente. Si scopre che quella vera è protetta da trademark e Netflix viene denunciato. Perde la causa → non si può raffigurare Satana come l’hanno fatto quelli che per primi hanno creato la statua. Nella seconda stagione Sabrina distrugge la statua. LA PIRATERIA Nasce con la violazione del copyright. Appropriazione e ridistribuzione non autorizzata di contenuti coperti da copyright in ambito commerciale. Tecnicamente è illegale perché “depreda l’autore del suo profitto”, tuttavia calcolare il danno effettivo è complicato. Come si calcola il danno??? Con l’analogico era semplice: il DVD esce sul mercato, qualcuno lo duplica, ci mette l’etichetta e lo rivende. Ogni copia venduta dai pirati è una copia in meno venduta dal detentore dei diritti → danno fisico. Qualcuno pensa che la vendita piratata non sia effettivamente una vendita persa per il produttore del dvd, poiché inizialmente costavano tanto e magari le persone non li avrebbero mai comprati originali per questo motivo. Il danno prodotto dalla pirateria digitale è più ambiguo dell’atto esplicito e pratico di copiare, perché nel mondo digitale le leggi fisiche della pirateria tangibile (fisica) sono diverse da quelle della pirateria intangibile (digitale): se in un negozio rubo un CD, il negozio ne avrà uno in meno; se scarico illegalmente un mp3 non privo nessuno di quel file. Per la registrazione gratuita di un film su un sito streaming, come capisci di chi è la colpa? Possiamo considerare la proprietà creativa/intellettuale come qualsiasi altra proprietà? Nella teoria sì… ma nella pratica? Se io faccio un remix di un contenuto e lo carico online senza ricavarne profitto? 7 Approccio economico: → Motivazioni e giustificazioni: cosa mi porta a utilizzare questi mezzi? Il mio background economico. L’università di Lund effettua uno studio sugli utenti di The Pirate Bay: si chiede loro se siano coscienti dell’illegalità delle loro azioni. Molti rispondono sì. Emerge inoltre che un’altra giustificazione era di natura ideologica: il prodotto culturale non ha parametri di scambio inibitori, non si percepisce quest’azione come illegale data la facilità di accesso ai contenuti piratati. → Funzionamento e inquadramento nella struttura politica e sociale contemporanee: gap tra norma sociale e norma legale. → Distinzione tra economia formale e informale: l’economia non richiede necessariamente l’uso del denaro; si parla per esempio di economia reputazionale: sulla base della mia reputazione posso acquisire un contenuto = economia informale, all’interno della quale posso entrar a far parte di una comunità (eMule, cyberlockers, ecc.) che divaricano ulteriormente la nostra percezione sulla legalità di ciò che stiamo facendo. → Ricchezza di fonti accademiche. Criticità: → Difficoltà dell’approccio ad affrontare un fenomeno inevitabilmente nebuloso e in costante veloce evoluzione: la pirateria è già molto cambiata (deep web, condivisione di abbonamenti ecc.) e siamo sempre in ritardo rispetto ai cambiamenti. → Difficoltà nel rintracciare fonti e casi di studio locali, riguardanti una certa piattaforma, economia o contenuto. → “Conflitto d’interessi” analitico = interferenza dell’industria culturale: l’industria culturale richiede delle analisi economiche per capire quanto la pirateria influisca sul mercato. Ci sono delle istituzioni che si occupano di queste analisi: es. FAPAV, nasce nel 1988 come federazione per la tutela delle industrie dei contenuti audiovisivi e multimediali, e ogni anno stila un report sulle condizioni della pirateria in Italia. Approccio legislativo: → Inquadramento nella struttura politica e sociale contemporanee. → Azioni del legislatore (sia locali che internazionali). → Interferenze reciproche e gap tra norma legale e sociale: la pirateria viene percepita quasi come qualcosa di legittimo in quanto valutiamo il contenuto come appartenente alla comunità, questo perché lo interpretiamo e lo rendiamo nostro. → Rapporto istituzione/cittadini (utenti): cecità dell’industria culturale verso la pirateria. Criticità: → Approccio monodirezionale. → Tendenza a riconoscere l’illegalità del fenomeno senza considerarne la profondità storico- culturale. → Tendenza a rintracciare solo forme di lotta alla pirateria senza studiarne cause ed effetti. Approccio sociologico & Media studies (più indicato) che individua: → Motivazioni e giustificazioni. → Comportamento sociale. → Rapporto pubblico/privato: il consumatore diventa produttore di contenuti, es. se io continuo a parlare di Harry Potter permetto al suo produttore di continuare a monetizzare il suo prodotto. → Approccio metaforico: termini di difficile definizione, metaforici = pirateria (proviene dal contesto marittimo), spreadability (capacità del prodotto culturale contemporaneo di mantenersi in vita online grazie alla capacità degli utenti di condividere, il prodotto si spalma sul web), ecosistema narrativo, rizoma ecc. Parlando di pirateria, si riscontrano due difficoltà: quella di definizione e quella del metodo di analisi. La pirateria è un fenomeno esteso, paradigmatico, non circostanziato a una singola pratica/ singolo gruppo di attività. Fenomeni associati: • read write culture, cultura del riutilizzo. Contraria al copyright. L’opera perde la sua aura di unicità, cessa di essere irriproducibile. 10 • post-truth. • liquid modernity. • spreadability. La pirateria contemporanea è riconducibile a un nuovo contesto culturale, la GIF CULTURE, che si basa su fenomeni di depredazione e ri-semantizzazione di contenuti. La gif è un prodotto culturale che ci permette di comunicare emozioni/aspetti della nostra quotidianità/pensieri tramite contenuti già esistenti. Questo riutilizzo nasconde un bagaglio di contenuti provenienti dal testo precedente a cui viene dato un nuovo significato; questo non vuol dire che debba conoscere il suo vecchio significato. PARALLELISMI tra pirateria e gif culture: Quando ri-utilizzo un contenuto secondo le mie giustificazioni, do la possibilità agli altri di riconoscere i miei interessi → creo una comunità (es. se uso una gif di Harry Potter, non solo esprimo un mio pensiero, esprimo anche la mia appartenenza a la comunità a cui piace Harry Potter). PIRATERIA NEL 900 Periodo 1: prima dell’home video. Periodo 2: home video su supporto (VHS e DVD). → Modalità: pellicole pirata = bycicling, jackrabbiting, duping (⚠ cerca definizioni). → Legislazione: legge n.633/1941 = legge con cui si amplia il campo di azione del diritto d’autore, quindi si estende anche alla cinematografia e gli altri nuovi media (radio, tv…). durante il periodo fascista. Accordo Italian Film Export, 1951 = accordo con gli USA per garantire un accesso facilitato ai prodotti italiani sul suolo americano. → Pirateria sulla produzione di contenuti: spesso la pirateria si connette alla cinefilia. Spesso l’estetica di alcune pellicole strizzava l’occhio alla pirateria = es. prodotti di Guy Debord. → VHS: home piracy favorita da diverse nuove tecnologie; es. caso Betamax, un primo sistema di home video antecedente al vhs. Inizialmente viene riconosciuto sì come rivoluzionario, ma anche pericoloso; es. si dava la possibilità agli utenti di registrare i programmi per non perdersene nessuno MA questo faceva sì che non li guadassero attraverso i canali ufficiali. Il Betamax viene considerata una tecnologia pirata. Negli anni ’80 con Fuori orario e Blob, nascono trasmissioni televisive in qualche modo complici con la piarateria: depredano e si riappropriano di frammenti di film/programmi tv per risemantizzarli (tipo gif). → DVD: digitalization of piracy, nuove pratiche = CamRip (si registra il film in sala), Pre-Release (si distribuisce il film prima della sua pubblicazione), DVD ripping (si copiano i dvd). Migliora la tecnologia e migliorano le capacità dei pirati. RETORICA ANTI-PIRATERIA Anni ’90 e 2000: nascono alcuni principi. Quali: → la creazione artistica non dipende dalle industrie culturale. → la copia di contenuti non è un falso. → l’anti-pirateria porta avanti una cultura dell’originale che coincide con la cultura della sala (del cinema). Lo spettatore vuole vedere contenuti a casa!! Viene creato uno spot anti-piratreia da trasmettere in sala (vedi su YouTube). La tecnologia avanza, e la piratreia con lei. Oggi i sistemi più utilizzati nella pirateria (es. BitTorrent, Cyberlocker) sono molto efficienti e garantiscono l’anonimato. Nuova impostazione ideologica: Internet is free, i contenuti non hanno proprietà, è l‘artificio della legge che la impone. L’accesso è facilitato. BitTorrent: riduzione delle dimensioni, rete decentralizzata, sistema reputazionale, sistemi di anonimizzazione. Cyberlocker: incremento del sistema reputazionale, decentralizzazione delle responsabilità di diffusione. 1. DEPREDAZIONE di contenuti originali, autoriali 2. APPROPRIAZIONE (giustificazione → ri-appropriazione) 3. RIDEFINIZIONE = distribuzione informale non necessariamente finalizzata agli stessi scopi della distribuzione formale. 11 Lezione 7 CULTURA CONVERGENTE di S. Guerini Rocco Cultura convergente = concetto introdotto da un sociologo, I. De Sola Pool. In Tecnologie di libertà, 1983, dice: “La ‘convergenza dei processi’ sta confondendo i confini fra i media […]. Un singolo strumento fisico può offrire servizi che in passato erano offerti da mezzi separati. Al contrario, un servizio che era dato da un unico mezzo - che fosse il broadcasting, la stampa o il telefono - oggi può provenire da mezzi diversi. In questo modo sta erodendo il rapporto uno a uno che esisteva fra uno strumento e il suo uso.” Partendo da questo concetto, H. Jenkins scrive Cultura Convergente, 2006. In questo testo sostiene che i mezzi di comunicazione di massa (stampa, radio, cinema…), che abbiamo sempre considerato come diversi tra loro, adesso si piegano ai nostri bisogni sovrapponendosi. Le nuove tecnologie permettono ai contenuti di viaggiare attraverso canali diversi e assumere diverse forme. I nuovi assetti proprietari cross-mediali. fanno sì che più media, più piattaforme diverse, asseriscono alle stesse proprietà: i media conglomerate rendono più vantaggiose per le imprese le distribuzioni di contenuti su vari media. Es: caso Murdoch e la news Corporation. Quindi, premesse della convergenza = il digitale e i conglomerati mediali. Tuttavia, per Jenkins, la convergenza non può essere ridotta solo a un processo industriale e non può essere dettata dal processo tecnologico: inizia a parlare di cultura convergente (e non di convergenza). Stiamo parlando di un cambiamento culturale, che riguarda anche i consumatori e non solo le aziende. Dobbiamo ridefinire il concetto di sistema dei media. Qual è l’identità di un medium? Se non è rintracciabile solo in quelle date premesse, dove la troviamo? Ne parla F. Casetti in La Galassia Lumière, 2015. → Dobbiamo rintracciare l’identità di un medium nella sua natura esperienziale. Il consumatore e la sua esperienza diventano il centro di un processo che apporta significative mutazioni alla produzione e alle pratiche di consumo dei prodotti mediali. Il nocciolo identitatrio del medium è la maniera in cui mobilita i nostri sensi; questo è un modo di vivere e non è legato alla sola macchina che gli ha dato vita. → Quindi, Jenkins: “Benvenuti nella Cultura Convergente, dove i vecchi e nuovi media collidono, dove si incrociano i media grassroots e quelli delle corporation, dove il potere dei produttori e quello dei consumatori interagiscono in modi imprevedibili.” = non c’è più l’idea di separazione tra media, secondo cui alcuni sono adibiti a certi compiti e altri media ad altri compiti; non si pensa più che quelli nuovi sostituiscano quelli vecchi. (Media grassroots = media nati dagli utenti). ↳ Questa definizione mette insieme 3 concetti: CONVERGENZA MEDIATICA - CULTURA PARTECIPATIVA - INTELLIGENZA COLLETTIVA Premesso che, CONVERGENZA = • non un processo tecnologico, ma culturale. • flusso di contenuti su più piattaforme. • cooperazione tra più settori dell’industria dei media. • migrazione del pubblico alla ricerca continua di nuove esperienze di intrattenimento. Es. Sesame Street e il caso Bert is evil: Sesame Street è una serie per bambini che si ritrova al centro di proteste anti-americane. Questo perché nel 2001 un ragazzino (Dino Ignacio) aveva foto- montato Bert, un personaggio di Sesame Street, accanto a Osama Bin Laden. Un editore del Bangladesh cerca su internet delle foto di Bin Laden per stamparle per delle proteste: si imbatte in quella di Bert e la stampa portandola con sé alla protesta. La CNN trasmette questa immagine e le reazioni del pubblico statunitense si fanno molo forti, innestando però molti imitatori. → capacità dei prodotti mediali di fare il giro del mondo passando per media commerciali (serie tv, CNN…) e media grassroots (ragazzino con photoshop). 12 relazioni tra fan e industria.” - P. Booth, Playing Fans: Negotiating Fandom and Media in the Digital Age, 2015. = nel momento in cui la cultura partecipativa è la norma, ci sono delle negoziazioni costanti tra consumatori e produttori; anche i produttori iniziano a comportarsi secondo la cultura partecipativa. ⚠ Es. film in uscita Barbie di Greta Gerwig: una volta uscite le locandine del film con i vari personaggi, è stato aperto Selfie Generator, un sito che permette agli utenti di realizzare la loro personale locandina → è stata usata la funzione promozionale della cultura partecipativa. LA SPREADABILITY = spalmabilità. → Jenkins: “potenziale - sia tecnologico, sia culturale - che hanno le audience di condividere contenuti per i propri scopi, a volte con il permesso dei detentori dei diritti, a volte contro il loro volere”. → User-circulated content + user-generated content. ↳ Se il contenuto non è condivisibile, è morto. Da quanto YouTube ha messo il tasto “condividi” è stata data alle audience la possibilità di condividere il contenuto su altre piattaforme. ↳ Es. caso Susan Boyle: concorrente di un talent show, il video della sua esibizione è stato ampiamente condiviso e lei ha fatto successo. → Due elementi di base: 1. Predisposizione del video a diventare virale (non c’è una regola da seguire). Es. video di Luis Sal durante le proteste in Francia: contenuto destinato a un pubblico internazionale, parla di cibo, c’è la polizia… Es: scena di Wednesday che balla; gli utenti hanno rifatto il balletto, ci hanno messo una musica diversa… il personaggio è iconico ed è facile replicarlo. 2. Capacità del pubblico di essere coinvolto attivamente nella circolazione dei contenuti mediali attraverso le reti sociali - e di espandere così il loro valore economico e culturale. Lezione 9-10 IL TRANSMEDIA STORYTELLING - LA CONVERGENZA MEDIATICA ↳Transmedia storytelling: inserito in uni degli elementi della cultura convergente, parte dell’industria. Sistema plurale, non basato sull’adattamento, ma sull’intera acquisizione. ↳Convergenza mediatica: ogni storia importante viene raccontata, ogni marchio viene venduto e ogni consumatore viene corteggiato attraverso molteplici piattaforme mediatiche e attraverso diversi sistemi concorrenziali dei media, anche oltre i confini nazionali. È sempre più possibile che i media si fondino tra di loro influenzandosi; questi media possono viaggiare attraverso altri media. É davvero difficile trovare un prodotto che sia solo su un solo medium (che siano film, serie tv). Queste sono tutte le aziende che adesso fanno parte della Disney (cerca su google immagini ⚠ every company disney owns), e che possono o meno avere a che fare con il mondo Disney che conosciamo. Dal punto di vista delle aziende conviene sempre di più inglobare altre compagnie per soddisfare i diversi compratori. Questa conformazione permette di creare i franchise. I franchise secondo Bob Iger: “qualcosa che crea valore attraverso business e territori multipli su un luogo periodo di tempo”. La dimensione nuova, in questa definizione, è il tempo che deve essere prolungata per allungare l’esperienza, quindi che essa sia continuativa e che non finisca mai. I MEDIA FRANCHISE = strategia industriale, modello di sfruttamento delle risorse e di organizzazione della produzione basato sul controllo della proprietà intellettuale e dei trademark, sfruttato attraverso reti di relazioni che includono proprietà diretta e accordi di collaborazione occasionale. Es. la Disney che acquisisce la Fox grazie al fatto che la Fox ha i Simpson, che sono molto famosi e vengono sempre fatte vedere in TV. 15 Il franchise contemporaneo come “sistema plurale”, da disseminare in diverse piattaforme attraverso un processo world-building. Non abbiamo più una semplice trasposizione diretta (libro → film), è sempre più difficile trovare il centro del prodotto. Es. quando la Disney ha comprato i Marvel Studios, alcuni personaggi erano già stati acquistati da altri, come spiderman che era della Sony; solo dopo un po’ di tempo si viene a un accordo, ovvero che quando spiderman è nei film di altri personagg,i la Marvel allora lo “presta”, altrimenti per i film solo di spiderman vengono girati solo dalla Sony. In questo caso la compagnia Disney non compra solo il personaggio ma tutta la Marvel è questo il significato del sistema plurale. Al centro del “sistema plurale” abbiamo le risorse narrative dei gruppi mediali. IL TRANSMEDIA STORYTELLING Jenkins dice che il transmedia storytelling è una storia introdotta, per esempio la storia di un film, che viene poi integrata ed espansa attraverso serie TV, fumetti, videogiochi. Es. Matrix (il primo uscito): sembra un film autoconclusivo, che fa molto successo e quindi si decide di espanderlo. Pensano di integrare la storia facendo dei “cartoni” dove spiegano un qualcosa in più sul mondo di Matrix. Ogni produzione può essere fruita indipendentemente dalle altre ma, allo stesso tempo, funge da punto d’entrata all’interno franchise. Crossmedia → quando uno stesso prodotto lo vedo su più medium. Transmedia → ampio il mondo di quel prodotto. Jenkins sviluppa 7 principi ricorrenti: 1. spalmabilità e penetrabilità → la spalmabilità (spreadability) che è la capacità del pubblico di essere coinvolto attivamente nella circolazione dei contenuti mediali attraverso le reti sociali, e di espandere così il loro valore economico e culturale. Mentre per penetrabilità (drillability), sembra contrastante al concetto spiegato prima ma in realtà collabora con essa, dove i contenuti portano gli spettatori a scavare più a fondo, scrutando sotto a superficie per capire la complessità della storia. Mentre i media spalmabili incoraggiano la diffusione orizzontale, non necessariamente portano a un coinvolgimento sul lungo periodo. Ovvero una volta contestualizzati rimangono così. Entrambe le potenzialità possono essere costruite nello stesso franchise mediale, anche se rappresentano dimensioni diverse dell’esperienza; perché ciò che conta è la diversificazione del mio pubblico. 2. continuità e molteplicità → la continuità è quando i franchise presentano plausibilità e coerenza fra i racconti transmediali, invitano i fan a raccogliere i pezzi e assemblarli in un tutto dotato di senso. Mentre la molteplicità è mettere in discussione l’idea di esperienza unificata distribuita su testi multipli, perchè porta in primo piano l’esistenza di diversi versioni di un personaggio, di una storia, di un'esperienza. Es. spiderman che ha una molteplicità di versioni dello stesso personaggio. Questi due elementi si collegano con lo transmedia storytelling tramite la rielaborazione dello stesso materiale. 3. immersione ed estraibilità → relazione percepita fra la fiction ed vita quotidiana. Per immersione si intende che il consumatore entra nel mondo della storia, alcuni esempi possono essere Pottermore e i parchi a tema. Per estraibilità si intende che il fan prende con sè alcuni aspetti della storia e dispiega tali risorse negli spazi della vita quotidiana, alcuni esempi possono essere il cosplaying e i simboli mediali come oggetto di proteste (Handmaind’s Tale). 4. world-building → processo di costruzione di un universo finzionale completo di storia, geografia, ecologia, mitologia. Spesso di natura narrativa (storyworlds - universi narrativi), implica anche la creazione di mappe, personaggi e backstories. Per questo, le sue potenzialità di espansione sono virtualmente infinite. Non corrisponde necessariamente al transmedia storytelling (esempio Il Signore degli Anelli che nasce esclusivamente come saga letteraria), ma negli ultimi tempi si sviluppa sempre più su diversi media. Es. il mago di Oz, Star Wars, Zelda, Game of Thrones. 5. serialità: un serial crea pezzetti di storia significativi e coinvolgenti, e poi disperde la storia intera in molteplici occorrenze. Il transmedia storytelling è una versione iperbolica del serial, in cui pezzi di storia non sono solo dispersi temporalmente, ma anche in più sistemi mediali. Es. progettualità nelle uscite del Marvel Cinematic Universe, ma anche serie TV che espandono i loro confini mediali e approdano al cinema, o nei fumetti. 6. soggettività: le estensioni transmediali possono mostrarci la prospettiva di personaggi secondari - gli “spin-off” . Attingono al classico interesse del pubblico nel comparare e confrontare molteplici esperienze soggettive degli stessi eventi funzionali. 16 7. performance: strategie di “invito” dei produttori verso spettatori e fan a partecipare ai loro universi (es. invito a partecipare a contest - es. Springsteen and I). Anche senza invito, i fan possono comunque identificare gli spazi per una potenziale performance dentro e attorno alla narrazione transmediale, spazi in cui possono dare il loro contributo (es. Star Wars Uncut, o altri UGC in cui i fan si mettono in scena). QUINDI: Lezione 11 LE PRATICHE DEI FANDOM → come la cultura partecipativa contribuisce al World Building. Fandom = (fan + kingdom) comunità di fan che partecipano attivamente ad attività e interagiscono fra loro in vari modi, sia attraverso discorsi sociali che produzioni creative. ↳ FRUIZIONE, PRODUZIONE, COMUNITÀ. “I fan costruiscono la loro identità sociale e culturale prendendo in prestito e rimodulando immagini della cultura popolare, esprimendo preoccupazioni a cui spesso non viene data voce nei media dominanti. […] La cultura popolare non è né interamente corrotta, né interamente autentica, ma piuttosto è profondamente contraddittoria, caratterizzata da un doppio movimento di contenimento e resistenza”. - H. Jenkins, Textual Poachers. Television Fans & Participatory Culture, 1992. → Jenkins scrive questo libro prima dei social network; si parla di fan-zine, ovvero magazine prodotti dai fan. La prima vera e propria comunità di fan nasce con Star Trek: si danno un nome (Trekkies), pubblicano magazine, si iscrivono a una mail-list (cartacea) ecc. PRATICHE DEI FANDOM FANACTS FANWORK Spalmabilità/Penetrabilità il pubblico si interessa ai contenuti, cerca più informazioni e ne favorisce la circolazione Continuità/Molteplicità i vari contenuti sono legati da un unico senso ma ogni storia può avere la sua unicità Immersione/Estraibilità il consumatore entra nel mondo della storia e ne prende dei pezzetti per portarli nella sua quotidianità World Building costruzione di un universo finzionale attorno alla storia Serialità la storia viene divisa in pezzetti significativi e la si disperde in diverse occorrenze Soggettività spin off - il pubblico vuole vedere diverse prospettive degli stessi eventi Performance invito rivolto ai consumatori di partecipare agli universi 17 Attività svolte dai fan che non comprendono necessariamente la creazione di altre opere (es, convention, pagine Wiki…) Produzione concreta di opere (testi, immagini, video, oggetti…) chiamati solitamente derivative works perché derivano da un testo originale/ canone Lezione 12 GLI INTERNET MEME ⚠ Copertina del 2007 del Time, Person of the year: elegge noi come persone dell’anno. “You. Yes, you. You control the Information Age. Welcome to your world.” → Nel 2007, con l’arrivo dei pc e di internet nelle case, siamo entrati nell’era dell’informazione. Cambia il modo di scambiarsi informazioni e di conseguenza cambiano i linguaggi; l’informazione (come contenuti) diviene decentralizzata, e gli utenti diventano i protagonisti. L’80% della produzione mediale deriva dagli utenti (= bottom-up). Non c’è un’economia dei meme, solo maniere per capitalizzarli. ! Meme come quintessenza della cultura partecipativa = contenuti già esistenti vengono decontestualizzati. ⚠ Es. meme confused Travolta da Pulp Fiction. • Sono aperti, progettati in maniera collaborativa, remixabili. Pulp Fiction non nasce come film aperto, ma lo diventa. L’immagine di John Travolta che si guarda intorno ha assunto un nuovo senso condiviso, e la si piò inserire in qualsiasi contesto. • Si diffondono in maniera decentralizzata e non gerarchica. Quentin Tarantino non ci voleva regalare questo meme, lo è diventato in maniera spontanea. • Possono raggiungere una massa di utenti e propagarsi tra le piattaforme in poco tempo. Sono crossmediali: viaggiano su tutte le piattaforme e raggiungono grandi masse di utenti. • Si basano su un modello di cultura digitale dipendente dagli usi e dalle attività degli utenti. • Sono replicabili e si inseriscono nelle culture del remix. John Travolta viene propagato sempre uguale a sé stesso, ma in base a dove lo metto può assumere significati diversi. Che cos’è un meme? Vocabolo di uso comune, che contiene modelli molteplici. Artefatti culturali che evidenziano un ruolo centrale nella narrazione che circoscrive il XXI secolo. Parte integrante della vita culturale del 21 secolo, lo narrano. Diventano anche un linguaggio comune: es. battaglia di meme tra istituzioni dopo l’attacco della Russia in Ucraina. All’interno di un ecosistema mediale ibrido, grazie ai processi di digitalizzazione, i meme sono diventati una forma culturale rilevante per comprendere i paradigmi comunicativi che si stanno sviluppando negli ambienti digitali. Da dove nasce il termine meme? Coniato da Richard Dawkins, con “The Selfish Gene”, 1976. Rivede alcune parti della teoria dell’evoluzione di Darwin e dice che in realtà tutto dipende molto di più dai geni, che stanno al centro del processo di adattamento, e quindi evolutivo. → Gene come elemento centrale della selezione naturale nel processo evolutivo. Il meccanismo chiave del processo evolutivo è la trasmissione: i geni sono dei replicatori che passano da un organismo all’altro. Nel farlo, da una parte rimangono uguali a se stessi, dall’altro si trasformano quanto basta per garantirsi la sopravvivenza. A partire da qui, Dawkins cerca di spiegare i meccanismi di trasmissione culturale all’interno della società: utilizza il termine “meme”, dal greco “mìmema”, cioè “qualsiasi cosa sia imitata”. Come i geni si propagano nel corredo genetico, i meme si propagano infettando i cervelli attraverso un processo di imitazione. Questo garantisce conservazione e sopravvivenza attraverso continua evoluzione. Il meme è una trasmissione culturale: per tanto tempo parliamo solo di un’informazione proprio perché la sua diffusione garantisce la sua sopravvivenza. Sono oggetti culturali che si diffondono nei media. “Meme: un elemento culturale o un modo di comportamento la cui trasmissione e permanenza in una data popolazione, benché non avvenga per via genetica (ad es., per imitazione) è considerato simile all’eredità genetica.” - Oxford English Dictionary. 20 Si rielabora la definizione di Dawkins: Limor Shifman, “Memes in Digital Cultures”, 2013. Shifman concorda con Dawkins e dice che i meme, al pari dei geni, competono per ricevere l’attenzione dei loro ospiti umani. Sopravvivono se c’è attenzione. Elemento del fitness: capacità di adattarsi all’ambiente circostante. I meme con fitness più elevata sopravvivono, si propagano, si evolvono nell’ambiente culturale. Nell’ambiente, vengono selezionati e premiati con la propagazione; non tutto diventa meme. Maggiore è la capacità di adattarsi (= essere rielaborati) e più sopravvivono. Il processo memetico trova massima reificazione con Internet e culture digitali, viene amplificato. A un certo punto Shifman si distacca da Dawkins: I meme sono elementi della cultura popolare che vengono diffusi, imitati e trasformati dagli utenti della rete, che creano un’esperienza culturale condivisa. Si mette al centro la cultura partecipativa. → Meme come strumento sociale per la circolazione di idee. Iniziano a portare significati più profondi, ideologici. → Due modalità di propagazione: Mimicry + Remix. Mimicry: imitazione del meme così com’è, replicazione. Remix. Cambia l’uso e anche la definizione. “Meme: un’immagine, un video, un testo, ecc., tipicamente di natura umoristica, che viene copiato e diffuso rapidamente dagli utenti internet, spesso con alcune varianti” - Oxford English Dictionary, 1998. Il meme diventa concreto. L’ITER MEMETICO Il ciclo di vita del meme. Shifman, 2013, dice: • Utenti riprendono un’idea, la variano, la ricondividono in un sistema aperto in cui il ciclo può ricominciare. Es. meme del Papa che benedice → utenti montano baby Yoda nelle mani del Papa, carta che scoppietta ecc… il ciclo ricomincia. • Amplificato da partecipazione digitalmente mediata e connessioni personali negli ambienti digitali; es. account Instagram dedicati solo alla fabbricazione dei meme, i follower poi li propagano. • Varia la velocità di trasmissione e modifiche. • Un contenuto virale si propaga sempre uguale a se stesso, invece un meme viene costantemente modificato dagli utenti. • La presenza dell’autore svanisce progressivamente in favore della creatività collettiva e partecipativa. Risulta difficile risalire all’inventore di un certo meme. In realtà, a volte, il successo di un meme e la sua trasmissione risalgono al lavoro di tanti autori che lo hanno remixato e hanno creato un significato collettivo. LA POPOLARITÀ DI UN MEME Knobel & Lankshear, “Online Memes, Affinities and Cultural Production”, 2007. Si parla degli effetti sulla cultura e dei contenuti dei meme. Notano: → Presenza di diverse gradazioni di humour. L’umorismo diventa la base del meme. → Mix di intertestualità; si uniscono testi diversi: cultura popolare + vita quotidiana = relatable meme. → Accostamento inusuale di elementi simbolici che producono cortocircuiti comunicativi. Si uniscono elementi che nella vita normale non verrebbero mai uniti (es. Papa che benedice Simba). → Spazi di affinità e community; a volte solo una certa comunità può apprezzare un certo meme. LIVELLI DI ANALISI • Contenuti: significati che i meme veicolano. • Forma: tipo di incarnazione fisica che assume il contenuto del meme. • Relazioni sociali: sistema in cui si diffondono. • Sistema ideologico: valori, credenze e visioni del mondo che portano con sé - la ricondivisione o rielaborazione può rivelare la lettura più intima del fenomeno che si sta commentando. 21 TIPOLOGIE DI MEME (Knobel & Lanskshear 2007) COMMENTO SOCIALE Social commentary purpose • Associa idee serie e chiavi di lettura vernacolavi. • Sono elementi di critica politica socialmente orientati. • Alimentano attivismo sociale all’interno di determinate comunità ideologiche. Tuttavia, l’online è uno spazio in cui in realtà è favorita la polarizzazione: vediamo quello che l’algoritmo ci propone in base alle nostre preferenze → i meme non influiscono granché sull’orientamento politico del paese. MEME POLITICI Due livelli interpretativi: 1. Elemento pop legato a un prodotto dell’industria culturale. Si accostano più campi, es. video di Nardella che corre accostato a Baywatch. I personaggi politici diventano pop. 2. Elemento legato a un fatto di cronaca coperto dai media. I meme politici funzionano se fanno riferimento a un fatto di cronaca. Lezione 13 MEME A SCOPO UMORISTICO - Grundlingh, “Memes as Speech Acts”, 2018. LA FAMIGLIA MEMETICA “Meme che sono l’unione di più unità semantiche e che richiedono una conoscenza pregressa del loro storytelling e del sistema di idee cui si riferiscono per essere interpretati” - Lolli, “La guerra dei meme”, 2017. “L’interpretazione, però, non è univoca. Ogni meme porta con sé una costellazione di significati, ma dipende dalla conoscenza e dagli usi che ne fanno i diversi utenti.” Grundlingh, 2018. → La famiglia mimetica sono meme che mettono insieme diversi modi di comunicare (immagine + testo) che però richiedono delle conoscenze pregresse (sapere da dove vengono le immagini e il contesto in cui circolano). L’interpretazione, dice Grunlingh, è diversa per ognuno degli utenti. SPAZI DI AFFINITÀ Knobel & Lankshear, 2007. • Spazi di affinità: spazi entro i quali avviene il recesso di attribuzione dei significati che, nella sua totalità, può essere riservato anche solo a coloro che sono adeguatamente alfabetizzati. = esistono spazi in cui alcuni meme hanno più fitness perché i membri di quella comunità hanno più conoscenze pregresse, es. un meme su mare fuori in una pagina di mare fuori ha più successo che su una pagina di un’altra serie. • Hanno un ruolo basilare nel determinate la diffusione e la radicalizzazione di un meme online. • Più i meme si sviluppano in un campo semantico generalista, più utenti riusciranno a comprenderli. • Più i meme sono stratificati, più saranno complicati da interpretare per molti la loro diffusione sarà limitata a determinate subculture. AS JOKES AS HUMOROUS COMMENTS Produzioni mirate all’intrattenimento, senza livelli di significato nascosti e che spesso esasperano la dimensione dell’appartenenza a una subcultura geek. Non criticano davvero quello che stanno rappresentando. Nascondono, dietro tratti di humour, commenti, opinioni e chiavi di lettura su questioni sociali, politiche, etc. Hanno tratti di politonalità e attivismo sociale in Rete. 22
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