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teorie e pratiche dei gruppi nella prima infanzia, Appunti di Psicologia Sociale

lezioni di teorie e pratiche dei gruppi nella prima infanzia

Tipologia: Appunti

2020/2021

Caricato il 01/04/2021

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Scarica teorie e pratiche dei gruppi nella prima infanzia e più Appunti in PDF di Psicologia Sociale solo su Docsity! 1 TEORIE E PRATICHE NEI GRUPPI DELLA PRIMA INFANZIA Capitolo 1) INTRODUZIONE ALLA PSICOLOGIA SOCIALE  La psicologia sociale è lo studio scientifico del modo in cui le persone e i gruppi percepiscono e pensano gli altri, li influenzano e si pongono in relazione con essi.  La psicologia sociale è la disciplina che collega l’analisi dei processi degli individui con l’analisi delle dinamiche sociali nelle quali i primi sono coinvolti, in particolare studia i modi con cui l’esperienza, l’attività mentale e i comportamenti si articolano con il contesto sociale  La psicologia sociale studia il modo in cui le persone percepiscono gli altri e interagiscono con loro, come le persone si percepiscono in relazione agli altri. La psicologia sociale si trova a metà tra la psicologia (mondo psichico degli individui) e la sociologia (fenomeni collettivi) È lo studio scientifico: 1) Della percezione e del pensiero sociale  percezioni, credenze sociali, giudizi sociali, atteggiamenti 2) Dell’influenza sociale  la pressione a conformarsi, la persuasione, le interazioni nei e tra i gruppi 3) Delle relazioni sociali  il pregiudizio, l’aggressività e il conflitto, l’attrazione e l’intimità, l’altruismo e la prosocialità Capisaldi della psicologia sociale - Sociocostruttivismo  noi costruiamo la realtà - Le nostre intuizioni\ i nostri giudizi sono a volte sbagliati (ad esempio ci sono delle tendenze sistematiche a giudicare la realtà che si sono rivelate sbagliate bias della retrospezione, bias= errore sistematico) - Gli altri influenzano i nostri comportamenti= influenza sociale - I nostri atteggiamenti guidano i nostri comportamenti - Psicologia sociale= lente per leggere la quotidianità Le radici europee della psicologia sociale: - Psicologia delle folle, Francia, di Gustav Le Bon  la folla come un qualcosa di irrazionale ed aggressivo - Volkerpsichologie, Germania, Wundt  studia i costumi, le abitudini, i riti, sguardo neutro Entrambi hanno attenzione sui fenomeni collettivi e la metodologia privilegiata osservazione e non metodologia sperimentale. In America l’espansione della psicologia sociale si ha dopo il 1946 perché molti psicologi sfuggono dall’Europa in seguito alle persecuzioni razziali e si stabiliscono in America dove possono sviluppare le loro ricerche. 1963= CONFERENZA EUROPEA DI PSICOLOGIA SOCIALE SPERIMENTALE in cui criticano la psicologia nord-americana ritenendola troppo individuale, non riguarda il gruppo e propongono la psicologia sociale “più sociale”. Secondo la psicologia sociale europea l’io guarda ad: - Oggetto fisico= computer - Sociale= immigrati - Immaginario= 5G che diffonde il COVID - Reale= pandemia L’io guarda all’oggetto in base alla mia relazione con l’altro Due dei fondatori della psicologia sociale europea: Tajfel (1919-1982) e Moscovici (1925-2014) Lo psicologo sociale si occupa di capire il significato del gruppo, capire perché i due gruppi sono in conflitto  interessante guardare al gruppo, alle relazioni tra i gruppi e non il singolo individuo. 2 Capitolo 3) IL SE’ IN UN MONDO SOCIALE Cosa succede all’interno della testa degli individui quando ci si trova in mezzo agli altri, cosa succede a me singolo individuo quando sono tra le altre persone. Chi sono io? Dipende:  dalla mia identità sociale ovvero dipende dai gruppi a cui appartengo  teoria di Tajfel  Teoria del confronto sociale di Festinger (1954)  quando sono incerte, le persone apprendono le proprie qualità personali confrontandosi con altre persone simili a sé.  Esperienze quotidiane  successi e insuccessi  Giudizi degli altri  La cultura dominante collettivista oppure individualista AUTOSTIMA= giudizio\valutazione che una persona ha di sé, è una percezione del proprio valore. Giudizio personale circa quanto valgo e cosa succede quando l’autostima è minacciata  chi ha un’autostima bassa non solo pensa a se stesso come persona di poco valore ma ciò potrebbe avere delle conseguenze sociale. BANDURA percezione della propria efficacia e competenze, autoefficacia= se io affronto un esame a scelta e penso che ce la posso fare, ovvero la percezione di quanto io mi sento in grado di affrontare i compiti che mi vengono proposti. È quindi quanto io percepisco soggettivamente di essere in grado di affrontare i compiti. LOCUS OF CONTROL  la misura in cui le persone percepiscono i risultati ottenuti come internamente oppure esternamente determinati. Scala (= batteria di domanda, questionario) di Rotter (1973) • Ciò che mi accade è frutto delle mie azioni • A volte mi sembra di nona vere sufficiente controllo sulla direzione che la mia vita sta prendendo Locus of control interno  hanno maggiore successo, buoni risultati scolastici, obiettivi a lungo termine  avere maggiore successo sociale Che cosa è l’impotenza appresa? È il contrario della percezione di autoefficacia, se le persone più volte sperimentano eventi negativi, più o meno controllabili, fanno si che io percepisca di nona vere il controllo su ciò che mi succede le persone imparano che non possono controllare ciò che succede, si rassegnano e non ci provano più. SELF-SERVING BIAS  tendenza sistematica a percepire se stessi in maniera eccessivamente positiva e favorevole a sé. Nel caso di eventi negativi , tendiamo ad attribuirli a fattori esterni, nel caso di eventi positivi, tendiamo ad attribuirli a fattori interni  non mettiamo in discussione la nostra autostima.  Eventi negativi  locus of control esterno  Eventi positivi  locus of control interno (self-serving bias) Ottimismo irrealistico -> tendenza a essere particolarmente ottimisti verso eventi futuri (es. interrogazione a scuola: non ho studiato ma vado a scuola comunque perché tanto non mi interroga). Tendenza a distorcere i giudizi in maniera ottimistica verso il futuro. Un altro effetto interessante è quello del falso consenso, cioè le persone a volte tendono a sopravvalutare quanto le proprie opinioni sono diffuse. Per es. io voto per un certo partito politico e penso che tutte le persone che mi conoscono votano nella stessa direzione in cui voto io. Oppure si può avere anche l’effetto contrario: consideriamo i nostri talenti e caratteristiche come assolutamente singolari. Oltre al sel-serving bias c’è anche il group serving bias: è un giudizio favorevole al proprio gruppo, quindi è la tendenza a favorire il proprio gruppo attribuendo i fallimenti dell’ingroup a fattori esterni e viceversa i successi dell’outgroup a fattori esterni e viceversa. 5 Conseguenze comportamentali - Conformismo - Accettazione o adesione interiore profonda  mi uniformo al comportamento degli altri perché sono profondamente convinto - Accondiscendenza o acquiescenza adesione superficiale alle regole e ai comportamenti degli altri, non implica un cambiamento profondo nel mio modo di vedere i comportamenti, mi uniformo per non essere considerato diverso. - Obbedienza  obbedire ad un’autorità di stato superiore. Studi classici sul conformismo e sull’obbedienza  studio di Sherif sull’effetto autocinetico. Ha chiesto ad alcune persone di partecipare ad uno studio, i partecipanti devono guardare il muro su cui viene proiettata una luce bianca su un muro nero e devono capire di quanto si sposta. Col passare dei giorni, le persone tendono a convergere verso una stima comune (circa 2 cm). La luce in realtà non si stava spostando, era ferma  effetto autocinetico come quando si guardano le stelle che sembra che si muovano ma in realtà non è così. Lo studio ci mostra come su uno stimolo fisico le persone tendono a mettere in atto questo fenomeno di convergenza verso un punto di vista comune spontaneamente senza pressioni.  Esperimento di Asch sulla lunghezza delle linee ha proiettato sullo schermo la linea standard che successivamente viene tolta. Vengono proiettate 3 linee e devono capire quale delle 3 ha la stessa lunghezza della prima linea proiettata (2 linea). Esperimento con base oggettiva. Mentre ad un gruppo c’era un partecipante ingenuo e 7 complici, mentre nel gruppo di controllo ci sono 8 partecipanti ingenui. I complici davano risposte errate. Nel gruppo sperimentale le valutazioni erronee della maggioranza influenzano il 36% delle risposte ovvero 3 quarti delle persone si conformano almeno una volta. Nel gruppo di controllo con 8 partecipanti ingenui non c’è nessun giudizio errato perché danno la risposta oggettivamente corretta. Anche in un compito con soluzione oggettiva corretta, le persone si basano sul giudizio degli altri per formulare proprie opinioni che vanno in contrasto con le proprie percezioni  Esperimento di Milgram sull’obbedienza 2 persone in laboratorio e a sorteggio uno sarà lo studente e l’altro sarà insegnante. Allo studente vengono attaccati degli elettrodi perché l’insegnante legge una serie di coppie di parole (rosso\nero, marmellata\automobile) e lo studente dovrà dire la seconda parola della coppia mentre la prima viene detta dal maestro. Ogni volta che lo studente sbaglia, l’insegnante preme una leva e da una scossa elettrica allo studente, con l’aumentare dei tentativi sbagliati la scossa elettrica ha intensità crescente. Ad un certo punto lo studente smette di parlare, non dà segni di dolore  in realtà non c’è nessuna scossa elettrica perché lo studente è un amico dello sperimentatore che fa finta di ricevere queste scosse elettriche e di rispondere sbagliato. Si misura fino a che punto l’insegnante arriva a somministrare scosse elettriche ad un ipotetico studente. Hanno scoperto che all’aumentare delle scosse elettriche, l’obbedienza diminuisce ma il 60% dei partecipanti arriva a fondo scala ovvero ad una scossa mortale. È stato fondamentale per gli psicologi circa gli effetti dell’obbedienza. Nel momento in cui c’è contatto fisico tra allievo e insegnante l’obbedienza diminuisce perché l’insegnante tiene la mano sulla piastra. Quando l’insegnante è una donna l’obbedienza diminuisce. Fanno anche capire come alcune persone hanno messo in atto comportamenti atroci tra cui olocausto, persecuzioni razziste  la maggior parte delle persone hanno obbedito all’autorità. Milgram è stato messo sotto una commissione etica perché si ritiene che quelle ricerche erano molto forti, le persone uscivano molto provate perché il problema era che l’insegnante aveva provocato scosse elettriche ad altre persone. Ora prima di poter fare delle ricerche bisogna chiedere ad un comitato etico per la ricerca in psicologia perché serve monitorare bene il benessere dei partecipanti prima e dopo gli esperimenti. - Approccio situazionale di Milgram, punto di vista contrario all’errore fondamentale di attribuzione  i comportamenti di violenza non dipendono da persone sadiche ma è la situazione, la pressione sociale che si spinge verso l’obbedienza. 6 - Hanno modificato 4 fattori: distanza emotiva dalla vittima, vicinanza o legittimità dell’autorità, autorità istituzionale, effetto liberatorio dell’influenza del gruppo. La psicologia non giustifica i comportamenti ma li comprende per capire il perché sono avvenuti per non farli riaccadere. Ma quando ci si uniforma agli altri?  CONFORMISMO. L’influenza di un gruppo di cui si fa parte è maggiore di quella di un gruppo di cui non si fa parte in quanto si tende ad avvicinarsi alle norme del gruppo. L’influenza sociale può essere: 1- Normativa: ci si uniforma alle richieste del gruppo per uniformarsi agli altri  compiacenza pubblica. (es. io mi vesto come loro). 2- Informativa: ci si uniforma e ci si adegua alle opinioni degli altri prendendoli come prove di realtà  conformismo privato più duraturo. (es. io di sinistra esco con persone di destra e sento le loro ragioni comprendendole). Capitolo 8) INTERAZIONE NEI GRUPPI Definizioni di gruppo: “Individui in interazioni faccia a faccia” (anni 50) “Esperienza di una certa struttura sociale formale o implicita” (Sherif 69) “Autocategorizzazione: un gruppo esiste se uno o più membri percepiscono sé stessi come membri della categoria sociale” (Turner 82) “Un gruppo esiste quando due o più persone definiscono sé stessi come membri e quando la sua esistenza è riconosciuta da almeno un’altra persona” (Turner; Brown).  ampliamento della categorizzazione. L’interdipendenza del destino è la consapevolezza di andare contro allo stesso destino (es. se la barca affonda, tutti annegano); interdipendenza del compito, cioè con l’aiuto di tutti si arriva all’obiettivo. Grazie a questo si ha un vero e proprio gruppo. L’interdipendenza negativa si ha quando il successo di un individuo del gruppo produce l’insuccesso dell’altro  competizione. (es. progettare aule più grandi dell’uni; su 5 progettisti ne verrà assunto solo uno); l’interdipendenza positiva si ha quando si coopera tutti insieme per raggiungere l’obiettivo cooperazione. (es. tutti insieme costruiscono l’aula per l’uni). Trajfel (1978) pensa che ogni interazione si collochi su un continuum dal polo personale a quello intergruppi. (es. io che presto gli appunti ad un’amica  interpersonale) (es. io che spargo voci negative su altre università  intergruppi). Quando gli atteggiamenti sono simili, si va verso un comportamento intergruppi. A livello interpersonale sono più specifici e meno omogenei. Teoria dell’identità sociale -> è una delle teorie più potenti che abbiamo, e ha ricevuto numerosi sostegni empirici. Essa ci dice qualcosa non solo sulla nostra identità ma la aggancia al comportamento intergruppo, cioè aggancia la nostra identità a come noi ci comportiamo in relazione con gli altri. questa teoria, identifica due tipi di identità, cioè una personale e una sociale. -identità sociale: descrizione che le persone danno di sé sulla base di caratteristiche individuali. Es. mi piace andare a giocare a pallavolo, mi chiamo Francesca - identità sociale: dipende e coincide con i gruppi a cui apparteniamo e con il valore emotivo dell’appartenenza a questi gruppi. Raggruppa gli aspetti del concetto di sé che derivano dall’appartenenza al gruppo e dal sentimento associato es. vengo da…, sono studentessa (faccio parte del gruppo degli studenti che ha delle proprie caratteristiche e relazioni con gli altri gruppi e che ha dei propri valori). Anche se sembra strano, in realtà è una teoria molto intuibile: se pensiamo ad esempio al gioco chi sono io e il tipo di descrizione che ne deriva fa riferimento a caratteristiche dell’una e dell’altra identità. 7 La teoria dell’identità sociale è stata messa a punto a partire da un celebre esperimento di Tajfel e collaboratori fatto negli anni 70 che si chiama il paradigma dei gruppi minimi. A un gruppo di ragazzini ( che non si conoscevano tra loro) Tajfel e collaboratori chiedono di partecipare a un esperimento, e veniva chiesto ad essi di entrare uno alla volta. Quando entra gli si fanno vedere dei quadri di Klee e dei quadri di Kandinsky e gli si chiede quali gli piacciono di più. Sulla base della loro preferenza vengono assegnati al gruppo Klee o al gruppo Kandinsky. Poi viene presentata al bambino la matrice e gli si dice che deve assegnare dei punti a un componente proprio gruppo e a un componente dell’altro gruppo. I punti accumulati daranno diritto a piccole somme di denaro. Considera che se ti sposti nella prima colonna, tu dai tantissimi soldi a il componente dell’altro gruppo, ma molti anche al tuo gruppo. Se invece vai nell’ultima colonna, tu dai di più al tuo gruppo, di meno all’altro e hai la maggiore differenza, ma non è il massimo che puoi ottenere. I ragazzini tendevano a collocarsi nella zona cerchiata di rosso, cioè favorivano il proprio ingroup dando più punti a sé rispetto agli altri pur accettando di non avere il massimo. Gli autori hanno scoperto che anche quando non c’è un gruppo o esso è molto minimo contemporaneamente le persone tendono a favorire spontaneamente il proprio gruppo. Essi hanno quindi pensato che le persone avessero come bisogno di differenziare il proprio gruppo dall’altro anche in questa condizione minima e hanno capito che è necessaria una categorizzazione minima in noi e loro per dare inizio a un favoritismo per l’ingroup. L’idea è che le persone hanno bisogno di avere un’immagine positiva di sé stessi e per fare ciò confrontano la propria posizione con quella dell’outgroup, e le persone tendono a fare immagini distorti e sfavorevoli per l’outgroup e favorenti l’ingroup, perché la mia identità sociale è legata ai gruppi a cui appartengo. Se favorisco l’ingroup favorisco anche me stesso. Gli individui cercano di appartenere a gruppi che abbiano un’identità positiva e distinta da altri gruppi. Per sapere se il mio gruppo lo è faccio un confronto sociale inter gruppo che determina se l’individuo ne ottiene un’identità sociale adeguata o inadeguata. Se è un gruppo di basso status (identità inadeguata) cerco di cambiare o a livello individuale o a livello di gruppo, ci possono essere quindi strategie che metto in atto o a livello individuale o a livello di gruppo. Per esempio se posso cambiare gruppo tenderò a una mobilità sociale, migliorando la mia posizione nel gruppo. Se invece non è possibile cambiare gruppo posso o aumentare la competizione, cioè trovare altre occasioni di confronto, oppure con la creatività trovare un’altra dimensione oppure posso ri-categorizzarmi, cioè cercare di cambiare il gruppo, se posso. Queste sono tutte forme di cambiamento sociale. Quando invece gli individui capiscono di essere in un gruppo di alto status che gli consente di avere un’identità sociale adeguata allora da un lato favoriscono l’ingroup per mantenere la superiorità dall’oggetto di confronto e dall’altro si cerca di estendere la propria superiorità dall’oggetto di confronto attraverso confronti distorti volti a favorire il proprio ingroup. Quello che è importante di questa teoria è che mette insieme dimensioni assolutamente individuali con la dimensione più sociale, ma mette in atto anche la teoria del confronto sociale, che vuol dire che io per capire dove mi trovo devo confrontarmi con gli altri. l’esito di questo confronti influisce sulla mia identità. Aspetti strutturali del gruppo: sono presenti in ogni gruppo e hanno a che fare con la struttura e l’organizzazione del gruppo. Un aspetto è lo status di una persona nel gruppo. Esso ha riferimento a una gerarchia, dove c’è uno status alto e un basso. Esso è la posizione che una persona occupa all’interno di un gruppo sociale e la valutazione della posizione su una scala di prestigio. Un ruolo sociale invece sono le aspettative riguardo al modo in cui una persona deve comportarsi in riferimento alla posizione che occupa nel gruppo. Sono le aspettative rispetto al modo in cui una persona che ricopre un ruolo si deve comportare e come si devono comportare le altre persone riguardo a chi occupa quel ruolo. 10 2- Teoria del conflitto realistico: conflitto tra due gruppi, pregiudizio tra due gruppi per delle risorse che sono limitate  Sherif&Sherif  esperimento: due gruppi di ragazzi in competizione sportiva; nascono le ostilità tra due gruppi. Il pregiudizio può nascere quando gruppi competono per delle risorse limitate. 3- Teoria della deprivazione relativa: nascono dei pregiudizi. Si trova nella teoria del conflitto realistico perché si basa sull’idea che c’è un conflitto per delle risorse limitate ma è sulla percezione che si ha della limitatezza delle risorse; è un sottotipo della teoria del conflitto realistico. a) Teorie dell’identità sociale di Turner e Tajfel Alla base del pregiudizio ci sono delle motivazioni: migliorare sé stessi per migliorare il proprio gruppo. - Identificarsi con il gruppo  identificazione - Categorizzazione - Confronto con altri anche a livello di gruppo  confrontarsi Si parla perciò di Bias a favore di ingroup, ovvero, tendenza a favorire il proprio gruppo per poter valutare positivamente sé stessi. Il pregiudizio è un modo dove il confronto viene distolto a favore dell’ingroup. b) Terror managment theory (greenberg) Riguarda la morte. Tanto più si ha paura della morte quanto più deve essere controllata. La persona mette a tacere gli stimoli che ricordano la paura della morte. L’importante è abbassarla. I pregiudizi sono sostenuti da: -categorizzazione sociale: spontanea, si categorizzano a gruppi. Si fa in modo automatico, non viene fatto pensandoci. I componenti dell’outgroup sono tutti diversi perché non si conoscono. Anche quando giudicano gli oggetti sembrano uguali tra loro anche se non lo sono. Percezione distorta dell’omogeneità dell’outgroup. Il bias della propria etnia è una tendenza dove si riconoscono le differenze della propria etnia. Si parla di teoria del mondo giusto  quando vengono denigrate le vittime si giustifica il sistema sociale. Questi processi concorrono al pregiudizio  sono le basi del pregiudizio. c) teoria del mondo giusto: credenza (Lerner 1980). Si è osservato che porta a denigrare le vittime  si giustifica la situazione. Questi processi concorrono al pregiudizio. Funzionano come basi cognitive su cui si muove il pregiudizio. Il favorire l’ingroup diventa una tendenza  tendenza favorevole. L’outgroup viene percepito come omogeneo, mentre l’ingroup sono tutti uguali. Le conseguenze del pregiudizio: -si autoalimentano: sono pericolosi perché una volta condivisi dal gruppo è difficile individuarli e combatterli. Lo stereotipo diventa una minaccia, una preoccupazione della persona di venir giudicata a causa di stress, self- monitoring, sopprimere i pensieri ed emozioni indesiderati. Gli stereotipi infatti condizionano i giudizi delle persone. La minaccia dello stereotipo agisce come un peso che lo conferma; hanno una “mano lunga” riguardo i giudizi delle persone. Ha un’influenza su giudizi e comportamenti delle persone. È molto difficile ridurre il pregiudizio e sono presenti degli aspetti che vengono discussi: 1- Autoregolazione: poco efficace e si prende coscienza del pregiudizio e si cerca di limitarlo. 2- Contatto di Allport: teoria molto vecchia, negli anni aggiustata. Si dice che si ha un pregiudizio verso un alto gruppo perché non lo si riconosce. Per superarlo si deve aumentare la conoscenza. Il contatto deve essere prolungato nel tempo. Deve avvenire tra pari e porta alla diminuzione del pregiudizio. Capitolo 10) AGGRESSITIVITA’ L’aggressività è un comportamento verbale o fisico che ha l’intento di causare sofferenza. Si divide in: -aggressività ostile: alimentata dalla rabbia e fine a sé stessi -aggressività strumentale: mezzo per raggiungere un altro scopo ed un altro obiettivo. 11 1. AGGRESSIVITA’ COME FENOMENO BIOLOGICO L’energia aggressiva è istintiva, se non viene liberata si accumula fino ad esplodere  innesco. Questa teoria però non spiega i livelli di aggressività diversi tra persona e persona e tra cultura e cultura. Si parla di influenze genetiche in quanto il carattere viene dato alla nascita, dipende tutto dalla reattività del nostro sistema nervoso. Natura ed educazione però interagiscono tra loro. Le influenze biochimiche di questa influenza riguardano l’alcol, il testosterone e la biologia con interazione sociale. 2. AGGRESSIVITA’ COME RISPOSTA ALLE FRUSTRAZIONI La teoria della frustrazione-aggressività riguarda la dislocazione e degli esperimenti di laboratorio in cui vengono mostrati messaggi contradditori: a volte la frustrazione aumenta mentre altre volte diminuisce l’aggressività. Questa teoria viene rivista da Berkowits  la frustrazione ingiustificata provoca rabbia e segnali di aggressività che portano ad una vera e propria aggressività. La deprivazione relativa riguarda la percezione di discrepanza tra aspettative e situazione reale. può scaturirsi dal paragonarsi ad altri gruppi oppure all’esposizione a programmi televisivi. 3. AGGRESSIVITA’ COME COMPORTAMENTO SOCIALE APPRESO Teoria di Bandura  apprendimento sociale. Questa teoria riguarda la famiglia e la cultura. Le esperienze avverse e le ricompense e i costi attraverso la sollecitazione emotiva e le conseguenze previste in anticipo portano a dipendenza, raggiungimento dello scopo, ritiro e rassegnazione, aggressività, sintomi fisici, auto-anestetizzazione mediante droghe e alcol, risoluzione costruttiva dei problemi. La sollecitazione emotiva derivata da un’esperienza avversiva può motivare l’aggressività. Il fatto che l’aggressività o altro tipo di reazione violenta si verifichi effettivamente dipende da quali conseguenze si sono imparate ad aspettare. L’aggressività viene influenzata da delle esperienze avversive come il dolore e la sofferenza (dolore acuisce l’aggressività), alle temperature ambientali, affollamento, attacchi, aggressioni. Le provazioni e le sollecitazioni possono avvenire anche da stimolazioni fisiche, gli stimoli legati all’aggressività sono ad esempio sentimenti di rabbia o pensieri ostili. Una situazione avversiva è in grado di innescare aggressività provocando idee ostili, sentimenti di animosità e sollecitazioni fisiche. Queste reazioni rendono più propensi a percepire intenti dannosi contro noi e a reagire in modo aggressivo. L’aggressività viene influenzata dai media, dalla televisione, si sono fatti degli studi sui detenuti e si è notata la correlazione tra comportamento e visione di programmi violenti. -visione di scene di violenza a 8 anni  comportamenti violenti a 30 anni. -visione di atti violenti in adolescenza  maggiore probabilità di essere consapevoli di aggressività, furto e minacce di morte. -visione di atti violenti in età scolare  coinvolgimento in zuffe e litigi da due a sei mesi dopo. La televisione influenza il comportamento, è una sollecitazione prodotta che tende a riversarsi all’esterno, visione di atti violenti che disinibisce e immagini violente che suscitano limitazione. La tv influenza anche il pensiero, desensibilizzazione, script sociali: copioni, serie di sequenza mentali fornite dalla cultura che suggeriscono come comportarsi, alterazione delle percezioni, attivazione degli schemi cognitivi, video violenti che sollecitano idee legate alla violenza, consumo di tempo. Anche i videogiochi influenzano a volte più della tv, i giocatori si identificano nel personaggio, commette in prima persona atti violenti, coinvolto nell’intera sequenza, coinvolto in violenza ed aggressività, comportamenti violenti, ricompensa per l’aggressività. I videogiochi aumentano l’aggressività nei bambini e nei giovani perché aumentano i pensieri aggressivi, sentimenti aggressivi, comportamenti aggressivi, desensibilizzazione verso crudeltà, si riducono i comportamenti pro sociali. L’aggressività è influenzata anche dal gruppo, diffusione di responsabilità, contagio sociale e polarizzazione, il gruppo violento fornisce una nuova identità sociale, Maggiore aggressività è accompagnata da: presenza di persone di sesso maschile, personalità aggressiva, consumo di alcol, visione di scene violente nei media, anonimato, provocazione, presenza di armi da fuoco, interazione di gruppo. L’aggressività può essere ridotta da: - Catarsi: assistere o prendere parte ad azioni violente non funziona 12 - Apprendimento sociale: ignorare il comportamento violento e premiare il comportamento non violento; le punizioni generano frustrazione, ripropongono un modello violento. Capitolo 13) CONFLITTO E RICONCILIAZIONE Il conflitto viene generato quando l’interesse individuale è in contrasto con il benessere comune. Le persone prendono le decisioni nell’incertezza generando un dilemma prigioniero: - Se confessa uno questo ne esce pulito - Se confessano entrambi la pena è moderata - Se nessuno dei due confessa la condanna è lieve per il reato minore I conflitti nascono spesso nei giochi a somma zero, ogni gioco contrappone interessi personali con il benessere del gruppo. I dilemmi sociali vengono risolti attraverso: - Regole per salvaguardare il benessere comune - Piccoli gruppi dove ognuno ne è responsabile - Comunicare per aumentare la fiducia reciproca e la collaborazione - Variare la matrice di risposta: aumentare i compensi legati alla cooperazione e ridurre quelli di competizione - Norme altruistiche: responsabilità sociale, giustizia. La competizione è studiata nella teoria del conflitto realistico di Sherif, dove l’ostilità tra i gruppi nasce dalla competizione per le risorse materiali. Vengono confermate da ricerche successive, la competizione aumenta il conflitto soprattutto quando le risorse sono percepite come limitate e l’outgroup è percepito come potenziale competitore. La percezione di giustizia: chi percepisce che il proprio gruppo è stato trattato ingiustamente, allora possono accattare la propria posizione oppure chiedere una compensazione o ribellarsi  teoria della deprivazione relativa di Runciman come percezione di iniquità che si divide in deprivazione relativa egoistica e fraterna. Gli errori di percezione: - Errore fondamentale di attribuzione: ogni atto ostile dell’altro è percepito come riflesso di una disposizione negativa. - Come conseguenza della categoria sociale e della motivazione ad avere un’identità sociale positiva, formando delle immagini distorte dell'altro. - Percezione dell’immagine allo specchio: visione reciproca dell’altro posseduta da ciascun gruppo in conflitto. Pensiero semplicistico: noi buoni, loro cattivi. La teoria del contatto ha avuto molte conferme empiriche, elimina le segregazioni e discriminazioni, il pregiudizio riduce i contatti e ignoranza pluralistica, si percepisce che l’altro non ha desiderio di avere contatti. Il conflitto viene gestito dall’amicizia che riduce l’ansia, aumenta l’empatia, aumenta la conoscenza, diminuisce le minacce percepite. Viene diminuito anche grazie al contatto alla pari, grazie alla cooperazione, le minacce esterne provocano coesione nel gruppo, gli obiettivi sovraordinati provocano cooperazione tra gruppi solo in caso di successo, in caso contrario si addossa la colpa. L’apprendimento cooperativo migliora gli atteggiamenti interetnici. Il conflitto viene gestito anche grazie all’identità di ruolo e sociale, essere consapevoli delle proprie identità sociali multiple, sapere di appartenere a più gruppi  coesione. Le persone bi-culturali hanno un concetto di sé più positivo, aperti e tolleranti verso culture diverse. La comunicazione è un altro aspetto che si utilizza per gestire il conflitto attraverso: - Trattativa: risoluzione di un conflitto attraverso la negoziazione diretta tra pari - Mediazione: tentativo di una terza persona di facilitare la comunicazione e risolvere il conflitto - Ridurre gli errori percettivi attraverso la comunicazione - Arbitrato: studia la situazione che impone un accordo Un ulteriore modo per gestire il conflitto è la conciliazione, chi si presenta troppo cooperante e conciliante viene spesso sfruttato, strategia per ridurre tensioni internazionali che pare funzionare nel mondo reale  ma GRIT. 15 su valori che diventano oggetto di comunicazione. Credenze e valori comunicati nei rituali, nelle routine, per esprimere valori e credenze in maniera coordinata (tutti partecipano). Sono contesti ritualizzati, con dei riti ben organizzati e ripetuti dalla famiglia ogni giorno. Questi contesti sono fonte di continuità in cui trasmettere valori e creare appartenenza della famiglia. Si appartiene alle norme del gruppo, si acquisiscono per essere accettati ed entrare a farne parte. Il gruppo accetta solo chi si uniforma alle caratteristiche ritenute valori all’interno. Questi rituali formano un clima, una cultura familiare, importante per la crescita del bambino. La competenza genitoriale ha tre obiettivi: -sopravvivenza dei figli -benessere economico -autorealizzazione dei figli Sono connotate culturalmente, ogni cultura vede da sé come organizzare questi obiettivi. Non è stabile ma dipende dal contesto sociale di riferimento, dalle caratteristiche dei genitori e del bambino. la responsabilità fa emergere quali sono le credenze e i valori condivisi. C’è un legame tra la responsabilità delle persone e quello che c’è in una comunità più ampia. Il concetto di ruolo si applica al genitore: cosa e come il genitore faccia, trasmetta e si comporta  comportamenti e doveri dei genitori. Le famiglie scelgono modo e stile più appropriato per crescere i figli. Alcune volte fanno riferimento al polo del controllo  stile autoritario; altre volte a quello dell’autonomia  stile trascurante. La flessibilità a livello comportamentale si ha valutando di situazione in situazione il proprio stile educativo in funzione dell’educazione. Le credenze sono dei principi guida che influiscono sul modo di comportarsi del genitore  ruolo e comportamenti. Queste credenze influenzano la vita quotidiana e le pratiche genitoriali. Il comportamento influenzato dei genitori influenza a sua volta quello dei bambini. Si parla di norma di internalità quando in una società è normale. La tendenza a fare attribuzioni interne  si comporta così perché è fatto così. I comportamenti vengono attribuiti a cause individuali sottovalutando il peso delle circostanze. L’errore fondamentale di attribuzione è una tendenza sistemica a sopravvalutare le caratteristiche individuali svalutando il peso delle circostanze quando cerchiamo di spiegare la responsabilità degli avvenimenti  conseguenza  le persone che fanno attribuzioni interne hanno maggiore successo scolastico e sociale. I bambini che danno spiegazioni interne dei loro comportamenti sono valutati in modo positivo dagli insegnanti  basata su una credenza in cui il singolo ha un ruolo importante nella propria vita, ciò che succede. Capitolo 4) GENITORIALITA’ IN CONTESTI TRIADICI Prende in esame i contesti triadici, cioè interazioni tra madre, padre e bambino  forma familiare (triade). Luoghi dove il bambino apprende a stare in relazione con solo uno oppure entrambi i genitori; impara a relazionarsi in un contesto triadico. I momenti di transizione sono i momenti di passaggio che passa da una forma triangolare all’altra  decostruzione e costruzione dell’interazione precedente. Ogni passaggio è necessario con una fase di decostruzione perché ogni triade è diversa. Lo svincolo è lo slegarsi dalla relazione precedente, l’affidamento è l’adulto che affida il bambino al nuovo adulto; l’accoglienza del nuovo adulto e condivisione del bambino con attività nella relazione del nuovo adulto. I genitori possono avere senso di colpa perché la madre che porta i figli al nido è una cattiva madre  credenza culturale. Questo senso di colpa dei genitori influisce sulla positività della relazione del bambino con le varie triadi. Le strategie triangolari fanno riferimento ai bambini molto piccoli che sanno gestire bene le relazioni triangolari anche attirando l’attenzione. Si parla di livello triadico interattivo e simbolico. Nel primo si parla di ruolo rivestito nel momento in cui non sono immediatamente presenti. Il ruolo sostegno sociale è una rete di relazione sulla quale si può contare (aspetti strumentali, aspetti emotivi  per affrontare la quotidianità, molto importante). Il sostegno sociale istituzionale, invece, si tiene da chi fa una professione d’aiuto (non i gruppi di auto aiuto in quanto quello sarebbe un sostegno tra pari); questi invece possono essere i servizi sociali e gli enti istituzionali. Questo momento trova nell’accoglienza all’asilo nido un passaggio in cui il bambino si svincola dai genitori e viene affidato all’educatore. Questo passaggio dipende molto dalla qualità delle relazioni tra genitori ed educatori. Importante per tutti è restaurare una buona relazione grazie a momenti di conoscenza che facilitano la costruzione di una buona qualità; con questo l’affidamento al nido diviene più facile per tutti  si parla di circolo virtuoso quando ha esito positivo e di circolo vizioso quando ha esito negativo. 16
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