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YouTube e il fenomeno del journalismo dei cittadini: statistiche e tendenze, Appunti di Teorie E Tecniche Del Linguaggio Giornalistico

La crescente importanza di YouTube nella copertura di eventi di interesse nazionale e globale, con un focus sulle statistiche e le tendenze del journalismo dei cittadini. la relazione simbiotica tra YouTube e i giornalisti amatoriali, la durata e la frequenza dei video, il processo di editing e la monetizzazione dei contenuti. Vengono inoltre citati casi specifici di video popolari e controversi.

Tipologia: Appunti

2017/2018

Caricato il 16/07/2018

luc_ssa
luc_ssa 🇮🇹

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Scarica YouTube e il fenomeno del journalismo dei cittadini: statistiche e tendenze e più Appunti in PDF di Teorie E Tecniche Del Linguaggio Giornalistico solo su Docsity! 7 maggio 2018 lezione n. 8 Videosharing In Italia c’è un prevalere della cultura della parola su quella dell’immagine: le fotografie sono solo di accompagnamento. Inoltre, l’immagine non sempre viene usata in modo appropriato. Solo ultimamente le cose stanno cambiando. C’è un’eccezione: Epoca, che si ispira alla testata statunitense Life. Il paradosso è che l’Italia è stata per secoli il Paese della cultura dell’immagine: la sua egemonia, nel Rinascimento, era schiacciante. La cultura dell’immagine ha raccontato la storia. Questo dominio si è poi pian piano sgretolato. La cultura dell’immagine è pop / la cultura della parola è snob. Infatti, il racconto per immagini è stato delegato in Italia ai grandi rotocalchi popolari ed alla tv (il più pop fra i media). Epoca è una storia a sé, era il giornale della borghesia. C’è voluta la rivoluzione digitale per far rinascere la cultura dell’immagine in Italia. L’editoria professionale ricorre infatti oggi alle foto ed ai video pubblicati dai citizen journalists (essi erano rispettivamente prerogativa di poche testate/ della sola tv fino a poco tempo fa). I due (che poi sono 3) pionieri inconsapevoli dell’open journalism visivo: Dallas, 22/11/63 Abraham Zapruder ha 58 anni, è ucraino ed è emigrato degli USA con la famiglia nel ’20. È un piccolo imprenditore tessile e va al lavoro come tutti i giorni. Il 22 novembre non è però un giorno come tutti gli altri: sotto alla finestra del luogo dove lavora sfilerà il corteo presidenziale. Quindi Abraham Zapruder che è evidentemente un uomo di grande intelligenza e prontezza decide di non portare con sé la sua macchina da ripresa. Una sua impiegata lo convince a tornare a casa per prenderla: lui scende in Dealey plaza, sale su un muretto ed in 22 secondi fissa per sempre le immagini dell’assassinio di Kennedy. Quelle immagini sono le uniche immagini che abbiamo dell’omicidio: da lì a poche ore faranno il giro del mondo. Questo è un esempio di video sharing di altri tempi -> è la prima volta che il materiale filmico di un cittadino finisce per essere al centro del sistema geografico mondiale. NY, 15 gennaio 2009 Janis Krums ha 23 anni, è lituano e è emigrato negli USA nel 2005. Quel giorno sale sul traghetto sul fiume Hudson ed ha ovviamente con sé il proprio iPhone. Il suo obiettivo quell’anno era quello di raggiungere i 1000 followers su Twitter (ne aveva circa 300). Sta andando in New Jersey a recuperare la sua auto, quando vede un aereo adagiato sul fiume. È un volo di linea: dopo solo 6 minuti di volo il pilota ha deciso un ammaraggio d’emergenza per un guasto ai motori. Il fotografo vede i passeggeri in piedi sulle ali dell’aereo. Scatta delle fotografie e twitta “There's a plane in the Hudson. I'm on the ferry Pagina 10 di 10 going to pick up the people. Crazy.” L’immagine fa rapidamente il giro del mondo ed entra nella storia. Krums ha battuto sul tempo l’intero giornalismo planetario, che si è visto costretto ad usare la sua foto per documentare il fatto. Se oggi sembra normale e scontato, nel 2009 non lo era ancora ed il suo scoop è stato fondamentale per lo sviluppo dell’open journalism. YouTube è il più grande fenomeno di video sharing del nostro millennio. Nasce nel 2005, quando Javed Karim, uno dei 3 fondatori (gli altri sono Chad Hurley e Steve Chen) posta il primo video della durata di appena 19 secondi, intonato Me at the zoo, realizzato davanti alla gabbia dei leoni dello zoo di San Diego in California. Quel giorno è partita una cavalcata inarrestabile che ha letteralmente sconvolto il sistema mediatico globale. Nel 2011, un terremoto colpisce il Giappone ed innesta uno Tsunami che uccide più di 18000 persone. Tutti i media del pianeta ovviamente coprono questo evento, e fra loro c’è YouTube. Nei 7 giorni successivi i 20 video più cliccati di YouTube sono quelli relativi allo Tsunami. Dietro i numeri da record, c’è anche da dire che quasi tutti quei 20 video sono stati girati e postati da testimoni oculari. Il più visto è stato realizzato dalla telecamera di sorveglianza di un aeroporto. La copertura degli eventi dello Tsunami da parte di YouTube può essere considerata la terza pietra miliare della storia del video sharing dopo i casi di Zapruder e Krums. Anzi, potremmo dire che il terremoto giapponese ha portato alla normalizzazione quel fenomeno che era iniziato col Terremoto di Haiti, quando i primi contributi erano arrivati dai cittadini. Nel 2006, Googla compra YouTube pagandolo una cifra che oggi è irrisoria ed interamente in azioni Google. Si tratta sicuramente di uno dei più grandi accordi di vendita della rivoluzione digitale. Un grosso centro di ricerca negli USA fra il 2011 ed il 2012 ha analizzato il settore attualità e politica di YouTube: c’è una relazione simbiotica fra citizen journalists e YouTube. Non solo: anche le news organizations tradizionali postano su Youtube, andando a costruire una piattaforma che offre news on demand e che non è molto lontana da un canale di news tradizionale. Non sempre è chiara la provenienza dei video, e mai va data per scontata la loro attendibilità. Non bisogna dimenticare che i citizen journalists non si preoccupano di violare il copyright. Lo studio fissa 7 punti chiave: i video più popolari sono quelli di disastri naturali o di sconvolgimenti politici i video di news hanno una durata più breve rispetto a quelli di intrattenimento, ma in ogni momento possono superarli in termini di visualizzazioni 39% dei video sono realizzati da gente comune 58% dei video più visti sono sottoposi ad un processo di editing 42% dei video è andato online senza manomissioni Pagina 10 di 10 Oggi nessuno, né i professionisti né i non professionisti, rinunciano ad integrare le notizie con contenuti multimediali. Photosharing Instagram nasce nel 2010, il su fondatore è Kevin Systrom, che pubblica una foto del suo cane fotografato dall’alto. L’applicazione debutta soltanto sull’App store (no Android). È gratuita ed il concept è facile e vincente. Instagram ha un sistema di ricerca basato su Twitter e Facebook -> mette subito in contatto gli utenti con i contatti che vengono dagli altri social. La vera forza di Instagram sta nel fatto che la foto possa essere personalizzata prima di essere condivisa con filtri ed effetti. Si possono aggiungere hashtag e localizzazione. La foto può essere condivisa anche su Facebook e Twitter e nel 2012 si può usare anche da Android. Nel 2012, Facebook annuncia l’acquisizione di Instagram, per una cifra che oggi sembra irrisoria (soprattutto in azioni). Instagram è un’acquisizione chiave per Facebook, perché gli permette di consolidare la leadership nel photosharing. Instagram esplode, supera Twitter, e viene anche usato per fare pubblicità. La società che ha prodotto l’applicazione aveva inizialmente solo 13 dipendenti. Tutte le testate si buttano su Instagram. I fotografi dell’Associated Press sono stati invitati dall’agenzia ad usare il loro canale di feed a titolo professionale #uponethetrail, il quale ha regalato contenuti di alcune delle fasi più intime della campagna elettorale USA (che prima dell’invenzione di Instagram sarebbero rimaste private). Ha dimostrato che self-publishing e fotogiornalismo professionale possono convivere. Instagram è uno strumento per entrare in contatto con pubblico, per ricevere feedback, per vedere quali immagini hanno un maggiore impatto. Santiago Lyon di The Columbia Review (testata della Scuola di giornalismo della Columbia University) ha detto che l’inserimento di Instagram nelle attribuzioni dei giornalisti ha rafforzato Associated Press. La testata francese Culture Visuelle ha indagato la nuova forma di comunicazione giornalistica per immagini. Il punto di vista della rivista molto critico: c’è per loro quasi un prevalere dell’esporre sé stessi e nel dare la testimonianza della propria presenza su un fatto piuttosto che raccontare un fatto. Prende in esame in modo particolare il fenomeno dell’uragano Sandy (che ha colpito New York nel 2012 ): sono state analizzate le fotografie fatte dalla popolazione -> per quanto riguarda gli hashtag, i più popolari sono infatti #hurricane, #hurricaneparty, #hurricaneclub, #hurricanefood. L’uso di fotografie private a fini pubbliche crea degli interrogativi legati al tema della proprietà intellettuale: le foto scattatate dai citizen journalists vanno pagate o no? 3 episodi risultano centrali: Pagina 10 di 10 Nel 2013 cade un elicottero nel quartiere londinese di Vauxhall, e le prime immagini trasmesse dalle tv erano state tutte prese dai profili sui social network dei passanti, i quali reclamano un pagamento È fallita Big pictures, celebre agenzia di paparazzi accusata di non aver pagato la percentuale ai fotografi. Il titolare si giustifica dicendo che ormai con l’era digitale e la diffusione di immagini, è impossibile farlo. Un fotografo fa causa alla France Press e Washington Post per aver venduto e pubblicato foto del terremoto ad Haiti che erano state prese da Twitter Sottolineiamo come: Sempre più i media professionali facciano ricorso ai social network per i contenuti multimediali Arrivare primi è fondamentale per le immagini relativi alle news ancora più che per le news stesse I prezzi delle immagini stanno crollando -> entra in crisi la figura del fotoreporter professionale. Native digital journalism I pure players sono testate giornalistiche di news lanciate e cresciute esclusivamente online. Sono orientate verso un’informazione indipendente. Se le testate tradizionali rimandavano lo sbarco sul web per poi approcciarsi ad esso molto gradualmente, nuovi soggetti editoriali sono sbarcati in rete che hanno riconcentrati fin da subito il favore dei lettori. Sono state fondate da persone che avevano compreso l’impatto della rivoluzione digitale sul giornalismo (e non solo). Sul web, sono fiorite a migliaia. Non tutte, ovviamente, hanno avuto successo, ma tutte assieme hanno avuto un grande impatto sull’editoria tradizionale perché: hanno fatto diminuire i ricavi in edicola hanno sottratto quote via via crescenti di investimenti pubblicitari hanno messo a nudo l’autoreferenzialità dei giornalisti. Hanno sovvertito un ordine che da decenni se non da secoli consentiva a pochi (editori e giornalisti) di influenzare la vita di molti (cittadini e lettori). Ci sono 4 diverse tipologie: pure players internazionali: offrono informazioni a 360° e reportage da tutto il mondo. Es. Global post (Italia) pure players nazionali: offrono notizie ed approfondimenti di ogni genere a livello nazionale. Es. Huffington Post (che da nazionale poi si è declinato ad internazionale) pure players specializzati (genere specializzato, a volte di nicchia). Es. Politico (USA) Pagina 10 di 10 pure players locali ed iper locali: restringono il campo dell’informazione a livello locale. Es. Varese news. 5 modelli di giornalismo: Daily news: segue la via tradizionale della creazione e della pubblicazione delle notizie sul modello del giornale cartaceo. Es. Lettera 43 (Italia) Giornalismo investigativo di analisi e d’opinione: raccoglie, commenta e approfondisce, spesso con degli scoop, notizie di pubblico interesse. Es. Media part (Francia) Aggregation and commentary: aggrega le informazioni da fonti terze e le rielabora per renderle più accessibili e commentarle. Es. Il Post (Italia) Citizen journalism: la pubblicazione dei contenuti è affidata alla community che partecipa attivamente e collabora alla redazione Es. Agoravox (Francia) Web magazine: ha un design più complicato, è un modello solitamente adottato da testate più specializzate. Es. The Daily Beast, USA (che ha inglobato il settimanale USA Newsweek) 5 modelli di business: Advertising online: il finanziamento si basa esclusivamente sugli introiti pubblicitari. Es. Lettera 43 Premium content: gli utenti pagano un abbonamento per poter fruire dei contenuti. Es. Media part Donazioni: la community fa offerte volontarie in nome della qualità dell’informazione a cui ha accesso (Es. Propublica, USA) Servizi di sindication: la testata vende i propri contenuti ad altri editori, ad altri media. Es Politico Servizi di consulenza: servizi che la redazione propone per la realizzazione e/o la distribuzione dei contenuti. Hanno lo scopo di migliorare l’attività online e la visibilità del cliente. Es. Rue 89 (Francia), The European (Germania). Gli USA sono i protagonisti indiscussi dell’esplosione di startup online. Sono stati i primi, ed alcune testate online statunitensi sono oggi ai vertici dell’informazione. I due casi più clamorosi sono Huffington post e Politico, ma meritano la nostra attenzione anche realtà più piccole e locali tipo The Alaska Dispact, Batavian, State e Salon. Huffington Post è un Daily News, ma è anche un aggregatore di contenuti ed una piattaforma di blogging. Fra i blogger ci sono Obama e la Clinton. Nasce nel 2005 ed appartiene oggi ad America Online, a cui l’ha venduto la fondatrice Arianna Huffington. Nasce a Chicago, nel 2008 escono poi le versioni di New York e di Los Angeles, a cui seguono nel 2012 le versioni Pagina 10 di 10
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