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Terminologia linguaggi specialistici, Appunti di Linguistica

linguisticaSemanticaComunicazioneLingue speciali

Terminologia linguaggi specialistici

Tipologia: Appunti

2020/2021

Caricato il 14/01/2021

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Scarica Terminologia linguaggi specialistici e più Appunti in PDF di Linguistica solo su Docsity! 6/2/20 LEZIONE 1 La lingua→ nostra capacità di comunicare attraverso linguaggi verbali una lingua codici che sono solitamente culturalmente formali determinati e dei quali possiamo descrivere le caratteristiche. Sono prodotti culturali e funzionano nell’ambito di precise convenzioni tra parlanti. La terminologia specialistica è metalinguaggio, cioè linguaggio specialistico che tratta della lingua in quanto tale. Ai fini della linguistica ‘lingua’ è un termine, identifica in maniera univoca un certo contenuto semantico. La nozione di ‘convenzione’ e il fatto che la lingua sia una struttura astratta, coerente, fatta di segni in cui il valore si determina in maniera negativa, cioè distintiva e oppositiva di segni, è un paradigma fissato da Saussure. I parlanti si distinguono da altri esseri viventi in quanto utilizzano il linguaggio verbale. È una capacità innata, fa parte del nostro patrimonio genetico. Riusciamo ad articolare dei suoni, ma in quanto esseri umani usiamo questa capacità in maniera scontata, inconsapevole. Scopo TLS: adottare nei confronti di questa capacità una capacità critica. Nei contesti specialistici si usano molto spesso delle collocazioni (→“parlerà” : “effettuerà una conferenza”. Si vuole sottolineare o attribuire a quell’occasione un prestigio. Il mezzo è il messaggio, ogni canale prevede un messaggio codificato per quel canale. Ad ogni canale corrisponderà un pubblico diverso. Programmazione linguistica: lo scritto richiede attenzione perché il nostro contenuto rimane, anche se modificato (tipo con screenshot). Su Instagram i testi non catturano molto l’attenzione. C’è una tecnica di marketing narrativo: lo storytelling. Se io ad un prodotto abbino una storia lo vendo di più. Oggi dell’oggetto non conta il valore economico, conta quello percepito (tramite racconto). Il valore percepito aumenta il valore commerciale, per cui una cosa che non ha valore in termini di materiale di cui è fatto viene venduto ad un prezzo abbastanza alto. Il valore percepito è quello che chi lo compra ha deciso di pagarlo. Questo succede oramai anche nei musei, per ogni oggetto viene raccontata relativa storia. La struttura della fiaba è partire da una situazione di comfort (uccellini cinguettare ad esempio). Poi succede un evento che cambia la situazione, che ci fa capire il passato del personaggio, la sua mente e il pericolo. Di solito nelle fiabe quando il protagonista è in difficoltà arriva l’aiutante. E da qui si sviluppa un ulteriore passaggio per poi arrivare al finale. Questo meccanismo narrativo viene spesso applicato al contesto pubblicitario. Ogni ditta promuove prodotti in maniera diversa a seconda dei paesi, in quanto prodotti culturali. Lingua comune può fungere solo da base in contesti di specialità, tipo il linguaggio amministrativo. Usare un termine per un altro può cambiare completamente il risultato. Per questo chi lavora nel settore giuridico non semplifica, non fa cambiamenti perché cambierebbe situazione della realtà. Ci sono diversi piani di lettura e diversi fattori da tenere in considerazione quando si affrontano testi specialistici. Ci sono verbi di modo (formati con -mente) che dicono “come”. Di solito tra parentesi c’è una parola più semplice per spiegazione. Nel linguaggio specialistico di solito c’è un mediatore, tipo l’avvocato, non solo in codifica ma anche in decodifica: serve una figura specializzata. Nel linguaggio amministrativo e giuridico è tipico l’utilizzo dell’infinito e dell’impersonale (“è vietato”, “è fatto obbligo”). Una delle caratteristiche fondamentali dei linguaggi specialistici è l’univocità semantica. Il termine a differenza della parola indica un preciso contenuto, laddove la parola della lingua comune ha la caratteristica della plurivocità, della potenza semantica (una delle caratteristiche più sfruttate nel campo poetico). Uno dei fattori che distingue termine e parola è che la parola può avere più significati su piano denotativo/connotativo. Il termine invece è univoco, tendenzialmente individua un solo significato. Questo ci aiuta ad individuare quei periodi cronologici in cui la nostra lingua si è arricchita di linguaggi specialistici. Nella divulgazione medico- scientifica (la stampa ha avuto un grande ruolo in questo) viene spiegato in termini comprensibili il linguaggio medico: (parlando degli effetti collaterali della marijuana) “danni neurologici (linguaggio specialistico), ansia, depressione, ossessioni vere e proprie frequentissimi in chi fa uso di queste sostanze (spiegazione, fa esempi)”. Una delle caratteristiche della terminologia è quella di arricchire il lessico di una lingua. In inglese ad esempio ci sono molti termini corti e altri lunghi, perché il lessico dell’inglese è frutto di una base di anglosassone (anglosassoni conquistati da francesi e romani, quindi le popolazioni di lingue diverse si mescolano e devono comunicare. Il francese era quello trovadorico, dal quale sarebbe poi nato nel tardo 1200 la poesia italiana. L’inglese dell’epoca era quello di un popolo basato sulla navigazione, agricoltura, quindi un lessico ricco di termini che rientravano in queste sfere economiche e sociali. I francesi conquistano ed è come un’iniezione di termini di un popolo che aveva già sviluppato una complessità sociale, linguistica, lessicale: termini come mànagement vengono introdotti → manage + mento latino. Questo meccanismo è un meccanismo di formazione delle parole, evidentemente management già esisteva in inglese e poi è stato diffuso da un certo settore. Diventa parola di uso comune, perde la sua specializzazione. I puristi dicono che utilizziamo troppe parole straniere, la lingua perde nell’uso tante parole che prima erano più utilizzate; questo è un rischio, cercheremo di vedere in prospettiva diacronica e sincronica non solo i processi di formazione e arricchimento del lessico ma anche quali sono i processi che valgono per tutte le lingue. 14/02/2020 Lezione 2 Evidentemente quello della terminologia specialistica è una delle più grandi difficoltà che ci ritroviamo nel percorso di studi/professionale. Ad un concetto corrisponde un termine, la parola ha una potenza semantica diversa dal termine, che è invece la definizione esatta di un concetto, i confini semantici del termine devono essere precisi, è la necessità di ciascuna disciplina avere una terminologia esatta. È necessario che questi confini siano poi accettati dalla comunità scientifica della disciplina per cui la terminologia ha vigore. Può esistere lo stesso termine applicato da più discipline, ma questo non significa che ha lo stesso significato nelle varie discipline: ciascuna disciplina ridetermina semanticamente il significato di quel termine, il concetto a cui fa riferimento anche se minimamente. Noi sappiamo anche che i nomi non sono etichette: per almeno due millenni la riflessione sul pensiero e sulla lingua in occidente c’è stato, l’atto del nominare è l’atto fondamentale per i testi di riferimento di più religioni (il verbo), perché attraverso l’atto del nominare l’essere umano cataloga la realtà che lo circonda → La tassonomizzazione della realtà avviene dal punto di vista di ciascuna cultura, e per questo ci si trova in difficoltà nel tradurre da una lingua ad un’altra perché non si sa come esprimere un certo concetto ad esempio in cinese, inglese. Se guardiamo al mondo esterno, reale, globalizzato, le distanze sembrano avvicinarsi anche concettualmente. Quelle tra discipline invece rimangono fisse nel tempo. Campo giuridico → in italiano è contratto, in inglese non è contract che significa altro ma agreement perlopiù. Basti pensare al diritto della roman law e quello della common law: hanno un percorso tracciato, divergenze molto ampie anche se poi ci si ritrova ad un confronto giornaliero tra ambiti giuridici differenti. Qual è l’opportunità ulteriore? Quella di un diritto espresso nell’inglese della legislazione europea, non quello della Gran Bretagna. In diverse epoche di cambiamento nella società è corrisposto un cambiamento della lingua che vive coi parlanti, grazie all’uso che questi ne fanno della lingua. Si creano nuovi settori di specializzazione, ci sarà un’estensione lessicale e concettuale di riflesso nella lingua. Quanti la utilizzeranno? Dipende da quanto quella lingua di specialità è vicina alla lingua comune. È una delle sigle in cui sono contenuti gli estremi identificativi del nome, del luogo di nascita, del genere. Codice fiscale → è un elemento di estrema sintesi delle nostre caratteristiche personali che servono al nostro primo incontro col linguaggio amministrativo, appena nati. Queste occasioni di incontro con l’amministrazione aumentano col crescere di una persona e aumentano anche i problemi. È una disciplina laddove i linguaggi specialistici che seguono questa etichetta ci parlano della declinazione concreta di questa disciplina teorica nella vita: linguaggio della matematica, giuridico, medico, dei colori. Tutti questi linguaggi sono improntati da una serie di presupposti teorici elaborati poi dalla disciplina. Un nucleo primigenio di questa disciplina si concretizza nella fase di catalogazione del reale del ‘700 quando si crea la necessità di un’applicazione concreta ad esempio nella chimica e nella botanica. Nell’800 poi i diversi volgari europei acquisiscono un proprio statuto autonomo e identità di lingua nazionale e si confrontano tra nazioni attraverso queste lingue. 1861-metà ‘900. Nel frattempo, ci sono due guerre mondiali e soprattutto interviene un cambiamento tecnologico: radio, televisione → migliaia di telespettatori, un messaggio espresso in lingua neo-standard arriva a molti più soggetti che rispetto all’influenza dell’insegnante a scuola. La radio è stata uno strumento fondamentale di trasmissione di comunicazioni nel periodo fra le due guerre. Radio e tv hanno fatto sì che si desse all’italiano lo status di norma, cioè quella era la lingua che si insegnava a scuola. Nell’800 la necessità di uniformazione da parte delle singole lingue nasceva dalla necessità di confrontarsi tra stati. Nei primi anni ’20 del ‘900 la terminologia diventa disciplina in quanto bisognava attribuire una denominazione esatta ai concetti, il metodo onomasiologico usato dai terminologi: si parte dal concetto e si arriva al termine e alla sua designazione. Semasiologico è invece il metodo usato da lessicologi e lessicografi, si parte dalla denominazione. Il principio cardine della disciplina della terminologia è quello del primato del concetto sul termine, è questa la differenza con la lessicologia. I concetti non vanno studiati isolatamente ma all’interno di un sistema concettuale. Questo può essere quindi ricostruito rivelando quelle che sono le relazioni tra concetti (campo semantico, albero semantico, rete concettuale). Questo era un principio considerato cardine della disciplina dal 1931 da Eugen Würster, ossia il fondatore della disciplina come teoria. La definiva la zona di confine tra la linguistica, logica, informatica e scienza delle cose. I concetti fondamentali della terminologia che definiamo oggi tradizionale (sistematizzazione teorica della disciplina) devono essere studiati all’interno di un sistema concettuale (Saussure, sistema è un concetto strutturale). A seconda della posizione che occupano in questo sistema concettuale, i concetti possono essere rappresentati attraverso definizioni intensionali o estensionali. Un termine viene associato ad un concetto in base all’uso linguistico che ne fanno gli esperti della disciplina. Questi aspetti li chiamiamo comunità scientifica: il termine viene presentato alla comunità. L’uso di un termine segue lo stesso meccanismo della parola nella comunità di parlanti. Se riconosco a quella parola utilità la utilizzerò, e così la parola si diffonde; questo meccanismo può avvenire anche nella comunità scientifica (in cui ci sono esperti, semi esperti. Da esperto a semi esperto c’è una comunicazione verticale; è orizzontale nei convegni, in cui c’è una pari conoscenza dei membri). Ad ogni termine corrisponde un concetto, questo è il principio dell’univocità. Altro principio è la sincronia: la terminologia studia il sistema concettuale che sottende ogni lingua speciale. Da tutto ciò consegue che la terminologia tradizionale è una disciplina che tratta un argomento preciso: il vocabolario delle lingue speciali sulla base di una teoria e di un metodo ben definiti. Quindi dal punto di vista di Wüster non si dovrebbero considerare gli aspetti morfologici e sintattici. La terminologia tradizionale muoveva dalla necessità di standardizzare un metodo e un apparato terminologico perché aveva la necessità di farsi riconoscere come disciplina autonoma. La normalizzazione della terminologia non garantisce l’uso da parte degli esperti, col consolidarsi di una disciplina possono nascere al suo interno varie correnti scientifiche (linguistica → teorica, applicata, testuale, sociolinguistica ..). ad esempio la parola TESTO. ambito virtuale abbiamo l’ipertesto (iper- affisso di origine greca, hypertext calco dall’inglese ma di formazione greca. Text viene da tessuto) → termine che definisce il testo in ambito digitale. Cosa cambia rispetto al testo scritto sulla pagina fisica? È un testo che ha una profondità esperienziale, possiamo viverla attraverso i link che ci permettono di muoverci da una pagina all’altra. L’ipertestualità è un termine utilizzato in letteratura per parlare dei “rimandi”. I pilastri della terminologia classica, fondata a Vienna da Wüster: • primato del concetto sul termine, • univocità dei termini, • importanza del sistema concettuale e quindi della definizione. Il compito della terminologia è di standardizzare concetti e termini. È solo grazie a questo che la comunicazione specialistica può essere efficiente ed accurata. Alla scuola di Vienna segue quella di Praga, anche detta funzionale. Lo scopo dei lavori terminologici della scuola Praghese era la descrizione strutturale e funzionale delle lingue speciali, quelle in cui i termini hanno un ruolo predominante. La standardizzazione muove solo da una comunità scientifica a cui viene riconosciuto prestigio scientifico, quindi competenza. LEZIONE 1 ONLINE Fondamenti della disciplina e suo sviluppo Fondatore della disciplina della terminologia: Eugen Wüster Teoria cosiddetta classica o tradizionale della disciplina e che è incardinata intorno al principio del primato del concetto di termini. Quindi del principio che distingue il metodo terminologico da quello lessicologico, che permette di distinguere le differenze tra terminologia e lessicologia. Metodo onomasiologico: utilizzato dai terminologi, di attribuire una denominazione ai concetti e così facendo partire dal concetto per arrivare al termine e alla sua designazione. Metodo semasiologico: utilizzato dai lessicografi che nello svolgimento del proprio ruolo partono dalla denominazione (che va a costituire l’entrata del dizionario o messa a lemma) e la definiscono, dal termine si arriva alla nozione. Semaion= segno (nel senso linguistico), sempre è fondamentale il proprio apparato terminologico. Termini: denominazioni specifiche di concetti esclusivi di questa disciplina, l’importanza del termine rispetto alla parola: il termine individua e si propone di specificare un concetto, in questa presupposta univocità risiede la specificità rispetto alla plurivocità della forza semantica della parola e di più ampio uso nella lingua comune. È la forza semantica della parola che consente di attribuire più connotati a uno stesso piano denotativo e arricchendo il campo semantico di singoli lemmi. Wuster e disciplina che egli elabora a partire dalla scuola di terminologia di Vienna, individuata poi teoria generale o classica della terminologia. 1. Primato del concetto sul termine 2. Univocità del termine e dei termini 3. Importanza del sistema concettuale e della definizione Sulla scorta della scuola di Vienna ha preso il via successivamente la scuola di Praga, ci troviamo nell’ambito della linguistica funzionale, in ottica funzionale anche i lavori dei terminologi cecoslovacchi riguardano la descrizione strutturale e funzionale delle lingue speciali. In questo ambito i termini assumono un ruolo predominante. In queste prime 2 scuole l’orientamento della disciplina è definibile come normalizzatore come prescrittivo di normalizzare e individuare e dettare le norme di quella disciplina. Successivamente una terza scuola di ambito sempre terminologico è quella di Mosca, dove trovano un ruolo attivo ricercatori terminologici e ingegneri sovietici e che per sviluppare la scuola dell’orientamento riprendono i lavori di Wuster, in particolare Lotte che affrontò temi fondamentali come i metodi, quindi metodologia per la normazione della terminologia scientifica e tecnica, individuò quelli che erano i problemi legati alla selezione, alla struttura della terminologia e alla creazione di sistemi concettuali, e quindi anche all’elaborazione di terminologie che si proponessero come accurate ambigue. Accuratezza diventa un carattere costitutivo di questa disciplina, siamo in un’epoca in cui si mettevano a fuoco i procedimenti per l’autonomia, per la standardizzazione di una disciplina scientifica e che aveva l’ambizione di differenziarsi da altre discipline come la linguistica. Fra gli anni ‘30 e ‘40 del ‘900, fino a quando la 2 guerra mondiale non ha sconvolto tutte le relazioni anche nell’ambito del mondo scientifico e restringendo e ostacolando le possibilità di dialogo. Più tardi, negli anni ‘70 del ‘900 in Canada si sviluppa la scuola canadese per rispondere a questioni terminologiche urgenti dettate dalla situazione di bilinguismo di quel paese, furono i canadesi fra i primi a coniugare la terminologia con l’informatica e ad aggiungere anche alla vocazione normalizzatrice della terminologia anche quella traduttiva. Sulla spinta dei grandi accordi ci si trova in maniera sempre più pressante e diventa una necessità imprescindibile quella di tradurre terminologie specialistiche. In un’ottica di pacificazione e redazione di trattati su più fronti (non solo politico o giuridico, ma anche finanziario o economico) si pone in maniera ineluttabile, bisognava trovare una risposta, anche a rapporti di tipo traduttivo fra mondi prima apparentemente molto distanti. L’univocità auspicata, obiettivo, fondamento, criterio, indica che la disciplina della terminologia va intesa come monovalente. Cabret già nel 1996 ci dice che la terminologia rappresenta in sé la diversità di quelli che sono i fruitori, fermo restando che alla base ci deve essere un’unica disciplina terminologica. Auger (1988) distingueva tre grandi correnti in materia terminologica: 1. Corrente della terminologia orientata alla linguistica 2. Corrente della terminologia orientata alla traduzione comune per il fatto di designare un oggetto in maniera impersonale, oggettiva senza connotazioni di sorta. > il fine della terminologia dovrebbe essere quello di una STANDARDIZZAZIONE dei vari termini che indicano uno stesso referente e rendere così la comunicazione più efficace possibile perché NON dovrebbero esserci termini concorrenti per uno stesso referente (pensate al lessico del mondo agricolo pieno di pseudo-sinonimi di referenti dal mondo naturale su base regionale). Terminologizzazione = (almeno idealmente) impiego rigoroso di una sola denominazione per un unico referente linguistico. Il processo di T si rende necessario quando la comunicazione deve essere rapida ed efficace, tipicamente fra esperti > principio 'mini-max' = si deve fornire il massimo d'informazione impiegando il minor numero possibile di parole. N.B. La comunicazione specialistica deve avvalersi di parole dal significato univoco, quindi di "termini". Efficienza e rapidità dipendono in misura significativa dal fatto che a un significante si associa solo e soltanto un significato (schema mentale) ben preciso di un referente (oggetto materiale o immateriale) dai contorni netti. Triangolo di Ogden & Richards Questo triangolo ci consente di rappresentare il termine con un modello in cui sia presente l'immagine mentale del referente. 1. - il termine è un etichetta affissa non solo a un determinato oggetto di volta in volta diverso, ma a una classe di oggetti. 2. - i termini non solo denominano referenti concreti, ma anche quelli non concreti che cercano di fissare e di far comprendere in modo univoco. > aumenta il livello di convenzionalità nel rapporto fra i componenti del segno specialistico. > ideale allontanamento dell'ambiguità della lingua comune. Problema della Terminografia plurilingue: difficoltà di armonizzare realtà culturali a volte analoghe ma spesso solo parzialmente o in nulla simili. → considerare il termine fuori dal contesto specifico (se ci si trova in una dimensione traduttiva in cui è importante riflettere su termini che designano concetti determinati culturalmente, cioè che si trovano in un determinato contesto culturale). Da un punto di vista esclusivamente teorico la terminologia prescinde dal contesto d’uso, mira a standardizzare. In un secondo tempo, subentra la questione traduttiva e cioè, l’applicazione di una certa terminologia ad ambiti scientifici che si inseriscano in contesti culturali diversi (terminologia giuridica che incombe in maniera pregnante nella seconda metà del ‘900 in poi quando si trovano a confrontarsi sistemi giuridici). “Il comune denominatore sembra consistere nel fatto che un termine è un’etichetta generalmente di natura lessicale nella lingua speciale di un determinato settore che designa un determinato concetto noto in quel settore e che probabilmente a livello semantico è meno dipendente dal contesto di una parola della lingua comune” Resta il fatto che un termine rientra nel campo lessicale. Da Terminology di Cabret (1999) “I termini non sembrano essere molto differenti dalla parole se li si considera da un punto di vista semantico o formale, essi sono diversi dalle parole se li si considera come unità pragmatiche e comunicative” Peache e Drascau in Terminoly and Introduction (1985) “A prescindere da determinati fenomeni caratteristici delle lingue speciali si può affermare che dal punto di vista della forma linguistica è praticamente impossibile isolare gli elementi distintivi del termine rispetto alle parole della lingua generale”. Qui siamo nel piano del contenuto, della semantica, del significato. La questione della limitazione degli ambiti tra parole e termine è una questione piuttosto problematica o che può presentarle nei confini che sono netti. I termini sono elementi lessicali che molto spesso non riescono ad essere registrati dai dizionari, perché sono neologismi o risemantizzazioni talmente recenti da rimanere esclusi dalla rilevazione terminografica, sono parole di uso così ristretto da non esserne giustificata la rilevazione o possono essere parole ritenute obsolescenti, cioè in progressivo disuso o sintagmi di vario tipo che per ragioni pratiche non possono essere lessicalizzati. L’elemento caratterizzante del termine è quello di essere delimitato ad ogni livello, ci ricollega alla etimologia del termine, esso si rifà al latino terminus, confine o limite. Come individuiamo un termine per registrarlo come lemma? ➔ Rilevazione terminografica, c’è una buona dose di arbitrarietà, viene lasciato un margine all’esperto che esegue o al quale è affidata questa rilevazione terminografica. L’interpretazione è rimandata al livello di specializzazione del fruitore. Termini di linguaggi specialistici, ovvero terminologia dei linguaggi specialistici, quelle parole di significato tecnico che formano il lessico specialistico dei diversi settori. “È il lessico a fornire elementi distintivi che individuano una lingua speciale sia rispetto alle altre lingue speciali, sia rispetto alla lingua comune” → Il livello lessicale di analisi è quello che risulta come confine evidente fra ambiti diversi di specialità e fra lessico o lingua di specialità settoriale e lingua comune. Il lessico può essere esclusivo di un LSP, language for specific purpose, mentre peculiarità si manifestano con frequenza più o meno incisiva anche se non in maniera esclusiva, perché il veicolo primario dei contenuti specialistici restano comunque le lingue naturali (lingua comune – italiano, inglese, francese, cinese…). Il lessico di un LSP è solitamente identificato con la sua nomenclatura. Sobrero (1993) specifica che “il lessico specialistico è un insieme di termini ciascuno dei quali ha una definizione concettuale esplicita all’interno di una tassonomia gerarchica determinata da una classificazione scientifica o tecnica che dipende dalle strutture concettuali tipiche della disciplina”. Il rigore terminologico delle scienze dure, più vicine alla matematica, chimica, fisica … vale secondo Cortelazzo e Belardi in ambito strettamente sincronico e all’interno di una stessa scuola di pensiero→ i criteri per la formazione del lessico sono fissati nell’ambito di un certo percorso scientifico. Questo per sottolineare il fatto che evidentemente (alcuni termini della sociolinguistica e linguistica storica saranno apparentemente gli stessi) , “un termine tecnico è tendenzialmente monoreferenziale”, punta a fissare un rapporto definito di biunivocità con il concetto che il termine stesso designa. Sotto questo aspetto il termine specialistico non subisce un’influenza da parte del contesto in cui è inserito, ma si pone in una relazione multilaterale con tutti gli altri termini del vocabolario e della disciplina che lo sta usando, la sua specificità è data dai rapporti che si istituiscono in questa costellazione di termini. I procedimenti sono: 1. RIDETERMINAZIONE SEMANTICA→ processo per cui una parola della lingua comune assume un significato diverso nel linguaggio specialistico. 2. TRANSFERT O TRAVASO LESSICALE→ trasferimento di singoli vocaboli o intere categorie, o interi domini lessicali da un linguaggio scientifico al linguaggio specialistico di un’altra disciplina. 3. NEOLOGIA→ creazione di parole nuove. La creazione di un termine è sempre il risultato di un processo di lessicalizzazione e arriva a pieno compimento quando quel termine è riconosciuto e quindi utilizzato in maniera concorde, cioè tutti gli specialisti di quella disciplina lo utilizzano. Questo è quello che ne certifica la TECNIFICAZIONE. LEZIONE 3 ONLINE Secondo Cortelazzo, è il lessico a fornire gli elementi distintivi che individuano una lingua speciale, sia rispetto ad altre lingue speciali, sia rispetto alla lingua comune. Una lingua speciale può presentare peculiarità sul piano morfologico, sintattico e della progressione tematica perché vi sono aspetti che si manifestano nella lingua specialistica con una frequenza tale da essere definiti tipici di una lingua speciale, questo perché possiamo immaginare come un nucleo pulsante, quello della lingua comune, attorno al quale si aggiungono ambiti di specialità. Il lessico specialistico come si forma? 1. Rideterminazione semantica o risemantizzazione 2. Transfert o travaso lessicale 3. Processo neologico o neologia Non sono percorsi esclusivi, ovvero se avviene un arricchimento non avviene la creazione neologico, si possono invece intrecciare e per ricostruirne lo sviluppo è necessario ripercorrere la storia di un lessico specialistico per capire come mai abbia assunto quella forma in cui viene utilizzato oggi. Processo di lessicalizzazione → realizzazione di un temine è il risultato di questo processo che può essere più o meno lungo nel tempo, ha una durata variabile. Quel termine nella forma così come arriva ad essere lessicalizzato sia riconosciuto dalla comunità scientifica. Questo ne sancisce la TECNIFICAZIONE. 1- RISEMANTIZZAZIONE → processo per cui una parole della lingua comune assume un significato diverso in un ambito specialistico, avviene un cambiamento di significato. Se la utilizziamo in un contesto di scambi frequenti in circostanze non specialistiche, avrà un significato, se utilizzata in un contesto di specialità tecnico assumerà un altro significato, La Fraseologia costituisce uno degli elementi che contribuiscono all’orditura del tessuto che dà vita al testo >>> problemi legati all’individuazione, alla scelta e all’inserimento nelle raccolte terminografiche. Fraseologia = combinazioni più o meno fisse di parole, vale a dire sintagmi costituiti da due o più parole che tendono a comparire insieme con una certa frequenza. In senso ampio, con F intendiamo frasi idiomatiche, collocazioni, formule fisse, proverbi. Se parliamo di fraseologia in senso stretto intendiamo quanto detto, eccetto proverbi e citazioni. Frasi idiomatiche = costruzioni cristallizzate e non modificabili con un significato che non è dato dalla somma dei significati delle parti >>> la loro trasparenza semantica è variabile, possono essere anche del tutto opache. Collocazioni = combinazione più o meno fisse di due o più parole (solitamente 2 o 3) in cui vari elementi che compongono la collocazione mantengono il loro significato. Es: ‘tirare le cuoia’ = frase idiomatica perché né il verbo né il sostantivo può essere sostituito con sinonimi. ~ ‘avanzare una proposta’ = collocazione tecnica perché sia ‘avanzare’ sia ‘proposta’ conservano il proprio significato e il loro impiego emerge in lessici di specialità. Le formule fisse si differenziano dalle frasi idiomatiche e dalle collocazioni per il tipo di significato che portano e per il livello di struttura al quale operano. Con il tempo assumono una forma cristallizzata, ma il loro significato deriva dalla situazione pragmatica (cioè comunicativa) in cui vengono utilizzate (How do you do?). Nelle lingue speciali e nei linguaggi settoriali sono da segnalare formule come ‘a parità di condizioni’ (l. dell’economia), ‘ceteris paribus’ (lingua del diritto) >>> esprimono un concetto non parafrasabile unicamente sulla base dei significati delle singole parti, ma dalle parti considerate nell’insieme dell’espressione in cui vengono utilizzate >>> in una raccolta terminografica vanno trattate come entrate a sé stanti. In ambito terminologico la fraseologia viene ristretta alle collocazioni (quelle di cui più spesso abbiamo pensato): Tecnicismi collaterali = sintagmi di varia natura e complessità >>> Hausmann (“Le dictionnaire des collocations – critèries de son organisation”, 1999) individua 7 tipologie grammaticali di collocazioni: Base Collocatore Sostantivo (N) Aggettivo (AGG) Sostantivo soggetto Verbo (V) Verbo Sostantivo oggetto Sostantivo Preposizione + sostantivo Verbo Preposizione + sostantivo Verbo Avverbio Aggettivo Avverbio Benson (“The BBI dictionary of word combinations“, 1997) forniscono una classificazione in base alla quale distinguere tra: - collocazioni grammaticali = sintagma N/AGG/V (parola dominante) + PREP/struttura grammaticale - collocazioni lessicali = sintagma N/AGG/V/AVV (questo tipo di collocazioni vanno considerate tutte ai fini della raccolta terminografica). Grammatical Collocations Examples N + PREP Argument about N + to + V (infinitive) They had instructions to do it N + that clause We reached an agreement that she would represent us in court PREP + N By accident AGG + PREP Angry at someone AGG + to + V (infinitive) It was necessary to work AGG + that clause She was afraid that she would fail V pattern To act as Lexical Collocations Examples V+N7/PRONOUN/PREP phrase To reach a verdict Eradication/multification of a N To reject an appeal AGG + N Chronic alcoholic N + V Bombes explode N + PREP + N Colony/swarm of bees AVV + AGG Strictly accurate V + AVV To anchor firmly Si dicono Binomi irreversibili per la possibilità di formazione dei sintagmi solo secondo un determinato ordine dei componenti espressioni come ‘domanda e offerta’, ‘cash and carry’. N.B. L’ordine non può essere irreversibile o essere invertito a seconda della lingua in cui occorre il binomio: ‘supply and demand’. Come inserire una fraseologia in una raccolta terminologica? - All’interno della singola voce - Sotto forma di entrate lemmatizzate - All’interno della voce come i termini polilessicali/polirematici - Sia come entrate indipendenti sia all’interno delle singole voci Nella terminologia orientata alla traduzione la fraseologia riveste grande importanza. Nella terminografia la fraseologia ha lo scopo di integrare le informazioni inserite fornite dal contesto d’uso, che possono quindi aiutare alla comprensione di un testo. Le collocazioni vengono individuate: - sulla base della frequenza di occorrenza (più sono frequenti più è facile individuarle) - sul legame semantico fra le parti del sintagma - sull’esame di un insieme di tipologie, ecc. (materiale osceno) Quali sono i confini tra LSP e Lingua Comune? Premessa di qualunque LSP -> trasmettere un messaggio nel modo più chiaro e preciso possibile. Ma la comunicazione specialistica ha mostrato incertezze nella scelta dei termini che servono per definirla > scarsa univocità in ambito italiano riguardo l'etichetta da usare per descrivere la dimensione dei linguaggi specialistici. N.B. LSP - Language for Special Purpose, Fachsprache, langue de spécialité, ecc. Perché in italiano non sembra non esserci univocità? Lingua speciale, linguaggi specialistici, linguaggi settoriali. Perché gli assunti di partenza sono diversi! Scegliere lingua speciale o linguaggi specialistici dipende da cosa vogliamo mettere in evidenza: il tipo di destinatario o gli studi di riferimento. LSP corrisponde a: • In italiano è lingua speciale, lingua per scopi speciali, linguaggio settoriale, micro lingua, sottocodice, linguaggi specialistici • In inglese language viene usato sia per lingua (linguaggio storico-naturale) che per linguaggio (facoltà umana del linguaggio). • Lo stesso vale per il tedesco: Sprache Linguaggio umano: capacità degli essere umani di comunicare in un sistema strutturato di segni secondo regole stabilite (vs linguaggio animale, alfanumerico, dei colori). Lingua: una realizzazione del linguaggio in un particolare contesto storico culturale, una forma specifica di comunicazione in una data comunità linguistica. La lingua è un sistema che racchiude dentro di sé altri sistemi legati alle sue realizzazioni a diversi livelli di comunicazione. In quanto sistema (come diceva Saussure, ou tout se tient), il linguaggio verbale e la lingua come sua realizzazione sono costituite da un insieme di elementi che presentano proprietà comuni. Queste interagiscono fra loro e, a seconda della combinazione fra elementi, modificano il sistema. I linguaggi specialistici fanno parte di una lingua: il linguaggio della letteratura, della storia, della filosofia rientrano nell'ambito della lingua italiana, che però a sua volta è figlia della capacità di comunicare → il linguaggio umano. Alla problematica del LSP in Italia è mancato un coordinamento generale che la inquadrasse in un panorama organico, complessivo. Risaliamo a "Lingua Nostra", una rivista degli anni '30 del secolo scorso: per prima tratta le tematiche, soprattutto lessicali, riferite ai LSP. L'approccio è quello di tipo funzionale: vale a dire, sono le esigenze che si propongono nella prassi didattica e nella sua teorizzazione >> nuovi modelli di insegnamento specialistico: aspetti linguistici legati ai testi e alle tipologie testuali e, per le scuole di interpreti e traduttori, la terminologia specialistica per scopi professionali. La ricerca italiana, rispetto a quella straniera, si è dedicata più alla didattica dei linguaggi specialistici che alla teoria. L'approccio pragmatico (pratico) nasce dall'esigenza concreta di diffondere i linguaggi specialistici nell'ambito scolastico e lavorativo. Nel nostro paese, una svolta nella ricerca è stata la pubblicazione di Gian Luigi Beccaria, i linguaggi settoriali in Italia (1973), perché ha trattato per la prima volta in maniera sistematica la questione dei linguaggi specialistici, distinguendoli da quelli settoriali che associano "il massimo della divaricazione terminologica al massimo della tecnificazione". La terminologia adottata in Italia ricalca la provenienza scientifica dell'autore (orientamento sociolinguistico, glottodidattico o terminologico). - Prima attestazione del sintagma 'lingua speciale' si trova in Severino, Manuale di nomenclatura linguistica (1937). - Inizio della ricerca italiana sul tema con Giacomo Devoto, "Lingue speciali. Dalle cronache alla finanza", in Lingua Nostra ora in Scritti minori, II, Firenze 1967. - L'espressione viene poi impiegata in campo sociolinguistico da Gaetano Berruto, Sociolinguistica dell'italiano contemporaneo, 1990 e da Alberto A. Sobrero, Introduzione all'italiano contemporaneo, Roma-Bari 1993. - Michele Cortelazzo in "Lingue speciali", Padova, Unipress, 1994. Berruto usa, in modo sinonimico, il termine 'sottocodice'. Berruto (Lingue speciali, 1990) - Lingua speciale in senso stretto: sottocodici veri e propri, con lessico e morfosintassi caratteristica (linguaggio giovanile); - Lingua speciale in senso lato: senza lessico specialistico, legata ad aree particolari di uso, con scelte lessicali e testuali adeguate alla situazione comunicativa (linguaggi professionali). LEZIONE 5 ONLINE Sintassi→ caratteristiche peculiari dei linguaggi specialistici individuati da Alberto Sobrero. 1. Nominalizzazione → Condensazione sintattica con aumento di densità semantica = risparmio di materiale linguistico (la cute si esfolia > esfoliazione della cute) 2. Depotenziamento del verbo 3. Uso ridotto o cancellazione dei connettivi subordinati 4. Uso del passivo e delle forme impersonali più accentuate → Spersonalizzazione, deagentivizzazione La preferenza per le forme impersonali è un’ eredità dell'approccio descrittivo della scienza positivista 800esca. Alla spersonalizzazione contribuisce anche l'uso delle costruzioni passive, molto presenti nella scrittura scientifica inglese, dato che in questa lingua manca una forma impersonale con soggetto omologa all'italiano. Forme impersonali e passive combinate con la riduzione di tempi e modi verbali contribuiscono a complicare i processi di traduzione e comunicazione interlinguistica. La nominalizzazione Processo che trasforma la frase predicativa (che contiene un verbo V al suo interno) in una frase nominale (N) in cui il V è cancellato e le sue funzioni sono acquisite dal N. La nominalizzazione può essere graduale e lineare, come in questo es. (Casadei, 1991): 1. Noi localizziamo le particelle 2. Si localizza la particella 3. La particella viene localizzata 4. La localizzazione della particella Effetto = elevata densità sintattica = alta frequenza (relativa) del materiale lessicale, e quindi dei N rispetto ai V, rispetto al numero totale di parole contenute in una singola frase o testo. Processo di condensazione → può portare ad una sintassi caratterizzata da sequenze di subordinate incassate, rette cioè da un sostantivo, specie in costrutti di tipo dichiarativo (l'idea che; il fatto che; l'ipotesi che). Si tratta di costrutti che tendono alla linearità: assenza di incisi, scarsa profondità ipotattica e, quando ci sono, le ipotattiche sono per lo più delle relative. Nei testi specialistici quasi del tutto assenti le interrogative dirette, le ottative e le interiezioni. Nominalizzazioni + semplificazione sintattica: In quelle tipologie testuali in cui la funzione descrittiva è prevalente (manuali d'istruzione); Quando la comunicazione avviene fra esperti (referti analisi cliniche) > si può arrivare alla completa eliminazione dell'elemento predicativo: 'non versamenti' per non si osservano versamenti, assenza di versamenti. Questo si chiama Depotenziamento del verbo: 1. Riduzione della gamma dei tempi, dei modi, delle persone verbali e uso più frequenti di forme nominali, come participi passati e presenti; 2. Svuotamento semantico e conseguente preferenza - per verbi copulativi (essere, avvenire, costituire, consistere, diventare, esistere, rappresentare, realizzare, significare, svolgere, ecc.) - che esprimono uno stato o una condizione (stare, trovarsi, ecc.) - che indicano relazioni o processi (comportare, confermare, dimostrare, dipendere, dipendere, illuminare, indicare, suggerire, ecc.) Tutti semanticamente generici o polivalenti. Persona del V→ Prevale la 3a persona singolare. Molto rare altre Tempi del V - Il più frequente è il presente indicativo - le forme del passato possono ricorrere nelle sequenze storiche-narrative (imperfetto) - Il futuro iussivo e l'imperativo per esprimere ordini o ingiunzioni Modi del V → Più frequente è l'indicativo; seguono condizionale e congiuntivo. Potenziamento di N = alta frequenza strutture V+ N in cui N assume il carico semantico fondamentale > aumento densità semantica dei N. Connettivi e collegamenti del periodo Nei LSP i connettivi sono usati in modo rigido, formalizzato ma il testo specialistico si orienta tipicamente a una progressiva riduzione di connettivi espliciti. > aumentano le giustapposizioni nominali, che tendono a lessicalizzarsi > il destinatario del messaggio deve ricostruire il rapporto gerarchico, di subordinazione o di coordinazione, tra i componenti = condensazione come in dispositivo input-output, interruttori fine-corsa, rapporti costi-benefici > si preferiscono costrutti con forme nominali o indefinite del V (participi, gerundi, infiniti) >i connettivi si riducono a introduttori di frasi relative e dichiarative (si ipotizza che..) N.B. Il ventaglio delle possibilità varia a seconda dei LSP: oltre alla cancellazione e alla riduzione degli elementi grammaticali può esserci, pur sempre nello stile nominale, una specializzazione dei connettivi che vengono utilizzati per formare i tecnicismi collaterali microsintattici (Serianni), spesso trasversali a tipi e generi testuali. Nei testi sintatticamente molto articolati, specializzazione e formalizzazione degli usi finiscono per diventare abitudini stilistiche, che rendono questo settore d'analisi importante in prospettiva traduttologica e interlinguistica (Visconti, 2000). Condensazione sintattica e potenziamento di N rispetto a V: > aumento di densità semantica che consente di risparmiare materiale linguistico MA > nel passaggio da V a N si perde dinamismo (Prandi, 2006) = la lunghezza della frase media si riduce, ma lo stile nominale può risultare oscuro e generare ambiguità nell'interpretazione dei nessi logici (di concatenazione, deduzione, implicazione, causa-effetto, ecc.) = questo si traduce in una maggiore difficoltà nella traduzione Il passivo > L'uso del passivo e delle forme impersonali viene definito spersonalizzazione, deagentivizzazione per via della cancellazione dell'agente (cioè il soggetto che all'attivo compie l'azione) > Questo risponde a precise esigenze del genere LSP: > orientamento dei LSP sugli eventi, sui processi, soprattutto nella loro astrattezza, generalizzabilità, atemporalità > concentrazione su un agente non più individuale, ma epistemico per dare valore oggettivo e universale alle informazioni e alle nozioni esposte >credibilità dell'approccio descrittivo della scienza positivista L'uso delle costruzioni passive contribuisce alla spersonalizzazione e deriva dalla scrittura scientifica di ambito anglosassone: in questa lingua manca una forma impersonale con soggetto che corrisponda all'it. si, al fr. on, al ted. man. Forme impersonali e passive + riduzione dei tempi e modi del V = lavoro del traduttore più complesso. Ordine delle parole → successione con la quale i componenti della frase si dispongono. L'obiettivo della linearità sintattica si traduce in una preferenza dei LSP per l'ordine normale (NON MARCATO) della frase, vale a dire TEMA-REMA, che risponde all'esigenza di una comunicazione referenziale e oggettiva. Nominalizzazione (> condensazione semantica e ridotta dinamicità) significa: 1. Strumento di controllo della progressione tematica e dell'impianto logico dell'argomentazione 2. Maggiore astrazione e formalizzazione 3. Condizionamento dell'ordine delle parole Serianni (2007) propone la seguente analisi del rapporto Tema-Rema: in un testo o in una sua sezione • Il tema è ciò di cui si parla, l'informazione data • Il rema è ciò che si dice del tema "Il suono non si propaga nel vuoto" Tema/dato Rema/nuovo Il tema in genere è anche l'elemento dato > quasi sempre il T coincide col soggetto Il rema è l'elemento nuovo > quasi sempre il R coincide col predicato e i suoi argomenti - L'oralità spontanea (concentrata sul punto di vista del parlante) spinge a focalizzare l'attenzione su chi compie l'azione, anche il soggetto non coincide col tema. Si producono così fenomeni di sintassi marcata (Dislocazioni, temi sospesi, ecc.) (A Marco gli ho dato il pane - dislocazione a sinistra). - La scrittura e il parlato sorvegliato, che sono forme espressive preferite dalla comunicazione specialistica, deve concentrarsi sul tema e cercare di seguirne i movimenti nel testo in maniera più chiara e lineare possibile. (Es.1) il cloro è usato dall'industria come energico disinfettante (Es.2) l'assegno circolare deve essere presentato all'incasso dal possessore entro trenta giorni dall'emissione Se volessimo nominalizzazione le frasi verbali degli esempi? 1. L'uso del cloro da parte dell'industria è [quello] di energico disinfettante 2. La presentazione del l'assegno circolare per l'incasso deve essere fatto da parte del possessore entro trenta giorni dall'emissione Con la nominalizzazione, il rema precede il tema: il rema porta l'elemento nuovo ed è il soggetto, il tema è l'argomento del verbo assorbito nel nome d'azione e la sequenza garantisce tanto la progressione tematica quanto l'arricchimento delle informazioni con la messa in rilievo delle nozioni nuove espresse dal rema. Maggiore chiarezza informativa da una ulteriore condensazione: - Uso del cloro nell'industria: energico disinfettante - Presentazione dell'assegno circolare: entro 30 giorni dall'emissione come già nel caso delle scritture scientifiche, i loro estensori curano particolarmente l'accuratezza e l'esplicitezza della strutturazione, la non-ambiguità del lessico; in questo caso, però, non impiegano le risorse grafiche che sono tipiche della testualità scientifica e tecnica. Anche nel caso di quelle giuridiche la particolare obbligatorietà discenderebbe dai loro fini istituzionali; quelli di imporre in modo non ambiguo alcuni comportamenti e di inibirne altri. Testi tecnici Pure i testi tecnici condividono con quelli scientifici e con quelli giuridici la tendenza di fondo alla precisione ed alla chiarezza. A differenziarli è soprattutto l'intento eminentemente pratico per cui vengono realizzati che consiglia agli autori di mirare soprattutto a migliorarne la leggibilità, l'usabilità e l'accessibilità attraverso una serie di specifici accorgimenti di tipo para testuale, testuale e propriamente linguistico. In particolare, il testo tecnico potrebbe avvantaggiarsi: ➢ dell'uso di esemplificazioni e di parafrasi e dell'impiego di alcuni artifici grafici, come l'uso di font particolari ➢ uso del colore ➢ ampio apparato iconografico ➢ layout non necessariamente istituzionali ➢ spazio ad esempi e non disdegnerebbe l'impiego di parafrasi ➢ uso di lessico non strettamente specialistico I testi con discorso mediamente vincolante rientrano nelle scritture con finalità eminentemente informativa pensati per lettori non specialisti. →Scritture giornalistiche; testi didattici di supporto allo studio; documenti con funzione divulgativa (trasmissioni Alberto Angela). LEZIONE 6 ONLINE La terminologia è la disciplina che studia sistematicamente i concetti e le loro denominazioni, cioè i termini, in uso nelle lingue specialistiche di una scienza, un settore tecnico, un’attività professionale o un gruppo sociale, con l’obiettivo di descriverne e/o prescriverne l’uso corretto. Con il termine terminologia si designa anche “l’insieme dei termini che rappresentano un sistema concettuale di un dominio particolare” (ISO, Norma internazionale 1087). La terminografia è invece l’attività che, applicando i principi e metodi della terminologia, si occupa della registrazione, elaborazione e presentazione dei dati terminologici, acquisiti mediante la ricerca terminologica. Il ruolo del terminografo è quello di lavorare alla descrizione del lessico degli LSP. Se determinare un significato equivale a un processo di creazione di senso, i testi forniscono dati sul mondo in cui particolari autori intendono i fatti del mondo ecc. Ne consegue che la definizione può essere intesa come la descrizione del contenuto di un concetto, sulla base del significato convenzionalmente rappresentato nei testi della comunità in questione. La Terminografia consiste invece nella raccolta sistematica e nella descrizione dei termini che costituiscono il lessico LSP. Scopo e metodo della terminografia è di redigere la scheda terminografica che si integra con le altre schede nelle quali si dà la descrizione dei termini contenuti nella prima. LSP - l'insieme dei discorsi scritti e orali di una data comunità, attorno ad uno specifico campo di conoscenze Fasi dell'attività terminografica: 1. Determinare il campo di indagine, dello scopo e dei destinatari del glossario 2. Selezionare e analizzare le fonti (ogni LSP è conservato in data-base o archivi testuali) E all'interno di questi che il terminografo deve: • Individuare una bibliografia di testi autorevoli e aggiornati • Studiare la materia • Operare una prima selezione di termini • Cogliere gli usi o le convenzioni linguistiche che caratterizzano la comunicazione all'interno di quella comunità di specialisti. 3. Elaborare schemi concettuali, cioè la rappresentazione grafica delle relazioni esistenti tra i concetti che costituiscono il campo d'indagine (ipertesto del glossario che darà la forma alle singole schede terminografiche) 4. Compilare schede terminografiche: nelle schede la descrizione dei termini avviene con la compilazione dei diversi campi previsti dalla scheda che sono generalmente: DEFINIZIONE, CONTESTO, RELAZIONE CON ALTRI CONCETTI, TIPO DI RELAZIONE, NOTA D'USO. N.B. il terminografo deve essere in grado di selezionare le caratteristiche necessarie e sufficienti a descrivere il concetto, di costruire attraverso le sue definizioni un ipertesto coerente e coeso. Non sempre il terminografo possiede conoscenze specialistiche che gli consentano di redigere le definizioni in autonomia. È quindi necessario l'intervento dell'esperto del settore sia nella fase iniziale che in quella di revisione finale. 5. Rivedere (fare la revisione) della terminologia. Si controllano la coerenza e la coesione interna del glossario ed è spesso portato a termine in collaborazione con gli esperti della disciplina. N.B. - In terminologia, dunque, la "definizione" prima ancora che analisi del concetto significare analizzare le definizioni coniate per quel determinato concetto degli esperti del settore. Per cui il processo di definizione, in terminologia, è in funzione di una serie di criteri che consentono di descrivere il significato convenzionalmente attribuito ad un termine dalla comunità scientifica di riferimento. Per realizzare questa operazione bisogna partire dalle rappresentazioni che di quei termini vengono date nei testi della comunità di specialisti e adottarle allo scopo e ai destinatari del glossario. - La definizione è un'equazione: a sinistra riporta il concetto espresso dalla denominazione (Definiendum) cioè ciò che dev'essere definito, a destra il (Definiens) cioè la descrizione del contenuto e del concetto. Il Definitor collega i due elementi (solitamente : o =). N.B. La definizione NON riporta tutte le caratteristiche del concetto, ma solo quelle necessarie e sufficienti a creare un'identificazione esclusiva di un concetto di riferimento al sistema concettuale di cui esso è parte. La definizione può essere di 3 tipi: a. Definizione terminologica - riporta le caratteristiche necessarie e sufficienti a distinguere un determinato concetto all'interno di un determinato sistema di conoscenze b. Definizione lessicografica - illustra il significato di una parola nel contesto di altre parole (sinonimi, parafrasi, elenchi, ecc.) e riporta anche le connotazioni o gli altri significati associati al lemma descritto. c. Definizione enciclopedica - un discorso pedagogico, cioè finalizzato alla didattica. • La definizione Analitica (o intensionale) è quella che meglio soddisfa le esigenze della terminologia tradizionale. Es. L'uomo è un bipede senza piuma; l'uomo è un animale = si costruisce fornendo le caratteristiche o i tratti pertinenti che permettono di includere un oggetto in una classe. • Si tratta di un'equazione definitoria, cioè più ampia che si presume già conosciuta o comunque già definita in quel lavoro classificatorio. Il Definiens specifica quindi gli elementi che contraddistinguono il definiendum (indica il termine generico) degli altri concetti. Es. Otto giuridico, otto illecito, otto lecito, ecc.. • Non tutti i concetti si prestano ad una riduzione tassonomica (cioè una classificazione), quindi si incontrano, nella prassi terminografica, altri tipi di definizione: 1. Definizione estensionali - che riporta tutti gli eponimi del definiendum. Es. Requisiti del contratto: accordo tra le parti, causa, forma.. Si costruisce enumerando gli oggetti che fanno parte di un insieme, i referenti del significato di una parola. 2. Definizione sintetica - che identifica le relazioni Es. Cessione del credito: negozio con il quale il creditore (cedente) trasferisce a un altro soggetto (cessionario) il proprio diritto di credito 3. Definizione Mediante Parafrasi - es. debito-capitale: debito riferito al capitale 4. Definizione Mediante Sinonimi - es. causam - dans: dante causa/ causa habens 5. Definizione Mediante Implicazione - che presenta il definiendum all'interno di un contesto esplicativo. Es. Il contratto preliminare: il C.P è nullo, se non ha la stessa forma che la legge prevede per il contratto definitivo. 6. Definizione Ostensiva - mediante fotografie, disegni, schemi, ecc.. • La definizione terminologica mira a descrivere il contenuto del concetto designato dal termine, così come esso si è convenzionalmente rappresentato negli archivi testuali di una lingua speciale, per un determinato scopo e destinatari. • Nella traduzione specializzata come in terminologia, la definizione terminologica si presta ad essere usata in modi diversi: - Serve ad identificare i termini che costituiscono una lingua speciale, vale a dire distinguere i termini dai non-termini - Offrire l'accesso al loro contenuto concettuale - Aiutare a comprendere un testo specialistico - Formulare il testo specialistico in modo corretto dal punto di vista lessicale e stilistico La comunicazione specialistica Le caratteristiche di un testo: Le condizioni per la testualità (Beaugrande/Dresslet) A. condizioni costitutive (coesione/coerenza) B. condizioni incentrate sugli attori della comunicazione (intenzionalità, accettabilità del ricevente, informatività, situazionalità, intertestualità) C. Principi regolativi (efficienza, efficacia, appropriatezza) • Sabatini (1990) semplifica i requisiti di qualità del testo: 1- Unità - unico tema di fondo 2- Completezza - trattare il tema di fondo in modo che corrisponda con i desideri e intenzioni del destinatario 3- Coerenza - congruenza fra le varie parti (può essere logica, stile, registro) - Alcune figure professionali del mondo greco e romano, come i medici e gli avvocati, avevano un rapporto privilegiato col mondo religioso, depositario a sua volta di un linguaggio proprio, anche simbolico, consapevolmente distinto da quello quotidiano e dotato di forte prestigio. - Nel Medioevo con lo sviluppo delle corporazioni artigianali e degli studi universitari, cominciano a fissarsi e ad essere registrate le nomenclature scientifiche e tecniche e la variazione diatopica è fortissima (trasmissione manoscritta); - Nell’età contemporanea nella diffusione degli LSP (Devoto e Migliorini, in Italia Nostra) Se nell'ambito del parametro di variazione relativo al canale passiamo dal parlato allo scritto, come nel caso di un referto medico o dell'articolo di una rivista scientifica, e ci troviamo di fronte a testi prodotti da esperti e destinati a esperti, l'oscurità risulterà ancor più accentuata dalla riduzione di forma della lingua comune non solo nel lessico ma anche nella morfologia e nella sintassi > ricorso a tecnicismi collaterali che sono invece assenti nella conversazione fra esperti. Nella variazione diatopica la scomparsa di forme di regionalismo o dialettali sarà controbilanciata dall'aumento di forestierismi e di termini del lessico colto. Comunicazione esperto-non esperto→ la scrittura didattica e divulgativa occuperanno una zona intermedia tra periferia e centro. Si limiteranno i forestierismi che se introdotti saranno per lo più accompagnati da una spiegazione. Si eviteranno i gergalismi, regionalismi, dialettismi. Il verso periferia – centro → prevarrà anche nel parametro diacronico, perché la divulgazione e la didattica non possono fare a meno di ricorrere anche a parole e concetti del passato, ancora vivi nella competenza del parlante non esperto. Non tutte le discipline e i linguaggi hanno uguale riconoscimento di specialismo nell'opinione comune. Lerat (1995) distingue fra: 1. Linguaggi delle cd. Scienze dure (linguaggi forti, Dardano 1994) come la matematica, la fisica e la chimica, ossia le scienze fondate su pochi assiomi ricavati attraverso procedimenti di riduzione, con un forte impianto teoretico e strutturate attorno ad un ridotto numero di termini specifici, difficili da esporre con i mezzi delle lingue naturali. 2. Linguaggi delle cd. Scienze molli (linguaggi deboli, Dardano 1994) cioè quelle scienze costrette a comunicare i loro contenuti differenziandosi dalla lingua comune per affermare il loro statuto (sociologia, giurisprudenza, psicologia, antropologia, filosofia, ecc.). Nel tempo, la gerarchia dei saperi è stata molto diversa: basti pensare all'importanza che avevano le scienze naturali e la filosofia nel mondo greco (V-VI sec. a.C.), oppure il diritto nel mondo romano, le arti liberali nel Medioevo, ecc. Se consideriamo le realizzazioni testuali ogni testo specialistico intrattiene con altri testi dello stesso ambito di conoscenza o di altri ambiti "rapporti di adeguamento, di trasferimento, di opposizione, riguardanti sia forme che significati". La rete dei saperi non è composta da sistemi isolati > si tratta di strutture instabili sia nell'estensione sia nella sagoma e nella consistenza, a seconda che una disciplina abbia più importanza di altre in un stessa area di conoscenze in termini di prestigio, possibilità applicative, ecc. La dimensione verticale ordina il modo in cui comunicano gli specialisti "in una scala di progressiva formalità e complessità; corrisponde a quella che, in sociolinguistica, è denominata variazione diafasica, legata alle funzioni del messaggio, dipendente dalle concrete situazioni d'uso e che si traduce nelle forme espressive ritenute di volta in volta più appropriate". Formalità (o formalizzazioni): 1. La definizione di un codice comunicativo all'interno di una disciplina e che ha stretta relazione con la sua nascita, la sua evoluzione e il suo consolidamento nel tempo col conseguente riconoscimento nella società che la impiega; 2. Le forme con cui i contenuti disciplinari sono comunicati, sia tra gli specialisti sia all'esterno della comunità scientifica. Attraverso quali passaggi si formalizza il codice comunicativo di una disciplina? 1. La determinazione dei significati di vocaboli destinati ad apparire nei discorsi di quella disciplina; 2. La selezione del piano di esperienza su cui possano collocarsi i sensi (i referenti) delle frasi, dei discorsi e dei testi di quella disciplina; 3. L'esplicitazione dei criteri di definizione dei termini e di scelta del piano di riferimento Questi 3 primi passaggi, nei loro insieme, segnano "il discrimine tra tecnica e scienza" (Dardano) perché: - La scienza rende espliciti i criteri e i termini con i quali opera - La tecnica fonda le proprie asserzioni e descrizioni su quanto la scienza ha determinato - Le scienze dure - fondate su assiomi- hanno un bisogno ridotto di termini sconosciuti alla lingua comune; - Le scienze deboli o molli tendono a produrre terminologie ricche e instabili, nomenclature con un altro tasso di variazione interna. Testo e testuale vanno usati nell'accezione ampia: quella funzionale definita da Halliday negli anni '80 del Novecento secondo la quale un 'testo' si definisce in relazione ai modi in cui un contenuto specialistico viene espresso nella comunicazione. Testi diversi per funzioni diverse (Werlich, 1975) definiti cioè in riferimento alla funzione comunicativa che svolgono: 1. Descrittivi, che forniscono i particolari, anche fisici, spaziali, utili a descrivere un fatto 2. Narrativi, che narrano uno o più fatti in una certa sequenza temporale 3. Argomentativi, che forniscono spiegazioni e giudizi su un fatto Mortara Garavelli (1988) aggiunge: 4. Prescrittivi o regolativi, che contengono istruzioni su come fare qualcosa, come ottenere un certo risultato o come comportarsi in determinate situazioni 5. Informativi o espositivi, che elencano in modo ordinato gli elementi costitutivi di un fatto o portano dati utili a comprenderlo. Come classificare le tipologie testuali? Sulla base del vincolo interpretativo (Sabatini) si dividono in molto vincolanti, mediamente vincolanti e poco vincolanti, da un grado massimo di rigidità interpretativa (testi scientifici, normativi e tecnico-operativi) ad un massimo di elasticità interpretativa (testi letterari). N.B. Il vincolo interpretativo deriva dal 'patto comunicativo' fra chi emette e chi riceve il messaggio. LEZIONE 7 ONLINE Rapporto terminologia – linguaggi specialistici: L'attività metalinguistica dello specialista: scegliere correttamente i termini = 1a condizione di un'esposizione scientifica chiara e rigorosa, efficace ed efficiente. I requisiti propri dei LSP, in particolare dei linguaggi scientifici, sono: - Precisione - Non emotività - Economia Vengono realizzati a tutti i livelli linguistici del testo specialistico, ed in particolar modo nel lessico, specie nella terminologia, che è la componente più studiata delle lingue speciali perché rappresenta l'aspetto linguistico che più di ogni altro si sviluppa in risposta alla specifica necessità di descrivere e spiegare i fenomeni scientifici e tecnici. Riconoscere preminenza alla componente lessicale NON significa che a livello lessicale vada ricercata l'unica differenza tra lingue speciali e lingua comune (→LSP si contraddistinguono per il lessico ma anche per caratteristiche sintattiche, morfologiche e testuali). Nella terminologia questi requisiti si traducono in: 1. Requisito della precisione → monoreferenzialità e rigore >>> rapporto biunivoco tra termine e concetto designato 2. Non-emotività → oggettività, impersonalità 3. Economia → equilibrio tra esigenza di massima differenziazione degli elementi linguistici e quella di minimo sforzo di elaborazione per il destinatario. >>> procedimenti tipici delle lingue speciali come uso di simboli (lettere alfabetico greco ecc.), l'affissazione (-ismo), derivazione (bypass> bypassare), compressione (sigle, acronimi), meccanismi di giustapposizione. Quali rapporti intercorrono fra termini e parole della lingua comune? Bisogna distinguere: - Termini specifici di una disciplina normalmente usati da soli specialisti (neoformazioni assolute, parole della lingua comune rideterminate semanticamente); - Parole della lingua comune che vengono usate nelle lingue speciali senza variazione di significato. - Trasversalmente, in tutte le discipline (definizione, legge, metodo, dato, ecc.) - Limitatamente, in un singolo ambito specialistico (raffreddare, bollire, mescolare, in chimica, ma usate anche nella lingua comune). - Parole della lingua comune che vengono usate con un'accezione ristretta, o comunque modificata, in un singolo ambito specialistico (dispersione in fisica; dispersione della luce, dispersione della carica elettrica, ecc.) Nel linguaggio specialistico delle scienze dure, il gruppo più numeroso è l'ultimo, quello cioè costituito dalle parole che si collocano nel vocabolario comune ma che vengono usate nella lingua speciale con un'accezione diversa. Secondo uno studio di Casadei pubblicato nel 1994, nel linguaggio della fisica soltanto il 7% del lessico complessivo è costituito da tecnicismi esclusivi dell'uso scientifico. Dunque, terminologia come: 1. attività: si tratta delle procedure e dei metodi usati per la raccolta, la descrizione e la presentazione dei termini in una o più lingue; 2. disciplina: si tratta della riflessione teorica, cioè l'insieme dei principi, delle argomentazioni e delle conclusioni necessarie per spiegare le relazioni tra concetti e termini; 3. termini: come apparato terminologico, quell’ insieme dei quei termini di un settore specialistico come la terminologia medica, giuridica, economica, ecc. derivati dal nome degli scienziati che hanno inventato o descritto per primi un fenomeno come nel linguaggio della medicina (morbo di Parkinson, area di broke up ecc.) e in quello della fisica (la legge di Pascal, ecc.) Unici procedimenti di formazione di parole esclusivi delle lingue speciali sono l'uso e la lessicalizzazione di sigle e acronimi come pure la fusione di due lessemi per formare un solo termine. Esempi: [mod(dulatorie)+dem(odulatore)] = modem RMN (Risonanza Magnetica Nucleare) GDP (Gross Domestic Product) KB (kilobyte) Acronimi pronunciati come un'unica sequenza fonica: PIL (Prodotto Interno Lordo), ISA (Industry Standard Architecture) Forme abbreviate: Drive al posto di Hard drive, ultrasound al posto di diagnostic ultrasound Una categoria particolarmente importante nelle lingue speciali è quella del Prestito Linguistico, che può assumere 4 forme: - prestito non integrato = il termine può essere preso in prestito senza subire alcuna modifica formale (slot, Hard, disk) - calco omonimico = il termine può subire un processo di adattamento alla lingua di arrivo (inizializzazione, formattazione) - calco sinonimico o calco-traduzione = il termine può essere tradotto letteralmente (memoria di sola lettura) - calco semantico = il termine nella lingua di arrivo acquista un nuovo significato dal termine della lingua straniera (WINDOWS - compatibile). Terminologia come comunicazione Premessa: l'univocità semantica e la stabilità della terminologia (funzione rappresentativa) sono idealizzate e vengono smentite dalla variazione sociale e funzionale tipica delle lingue naturali (funzione comunicativa della lingua speciale). Ciascuna lingua speciale non è un sistema chiuso , perché esiste un continuo interscambio tra i tecnicismi delle diverse aree specialistiche = intersettorialità. N.B. Anche all'interno di una lingua speciale, i confini fra categorie dei termini tecnici diventano sfumati e lo stesso termine può esprimere funzioni diverse anche in discipline molto astratte. Esiste sistematicità nel disegnare zone di concetti anche importanti nelle discipline specialistiche? Nei settori di recente formazione la mancanza di standardizzazione terminologica costituisce un problema sia per i comunicatori 'indiretti' (es. traduttori) sia per gli specialisti. Alcune discipline come la botanica, la zoologia, la medicina, ecc. hanno adottato nomenclature internazionali di base neolatina, ma l'internazionalizzazione e le multidisciplinarietà, che hanno caratterizzato discipline come la medicina negli ultimi decenni, hanno decretato la fine del ruolo fondamentale svolto nei secoli scorsi dalle lingue classiche nella creazione di nuovi termini. In discipline come l'informatica, che ha avuto uno sviluppo rapidissimo tanto quanto la tecnologia che la disciplina fra le altre cose codifica, l'iniziale (e per certi versi perdurante) mancanza di standardizzazione era dovuto al mondo rapido e disordinato con cui il settore si è sviluppato come pure ad una mancanza di interesse per i problemi di natura linguistica da parte delle maggiori aziende produttrici del settore. Mancanza di standardizzazione terminologica = ad uno stesso concetto corrisponde l'uso di più termini >>> ambiguità semantiche ed errori referenziali Utenti diversi e diversi livelli di specializzazione portano a differenziazioni di ordine socio- funzionale nell'uso dei termini >>> le cd. varianti d'uso non causano problemi alla comunicazione. - Esempi di varianti d'uso sono le fraseologie e i termini che si diversificano nella lingua speciale e nella lingua comune - Tendenza da parte di tecnici e specialisti ad usare con disinvoltura prestiti dall'inglese, soprattutto nella lingua parlata. Sinonimia problematica: quando varianti sinonimiche vengono usate nello stesso contesto e si verifica concorrenza di due o più termini, di cui uno è un prestito che viene preferito per motivi di brevità. Le varianti sinonimiche possono essere: - di ordine temporale - di ordine commerciale - di ordine grafico Varianti temporali Quando due o più termini concorrenti vengono usati entrambi per un certo periodo, che si conclude con la prevalenza di uno sull'altro a motivo dell'evoluzione tecnologica avvenuta nel frattempo. → es. floppy (disk) - dischetto Varianti commerciali Quei termini introdotti dalle aziende per differenziare il proprio prodotto da quelli di altre aziende e una variante si impone sull'altra perché un prodotto ha più successo dell'altro sul mercato. → es. navigare in internet <<< to navigate The Internet è una collocazione della terminologia informatica coniata sul nome del Browser Netscape Navigator, il primo prodotto impostosi al grande pubblico. N.B varianti commerciali sono anche gli eponimi commerciali, cioè quei derivati che, per la loro brevità e/o maggiore facilità di memorizzazione, si sono imposti nell'uso linguistico finendo per designare l'intera classe di prodotti con caratteristiche simili (come nel caso di plexiglas, scotch). Variante grafiche Rientrano in questa categoria la variante ortografiche: - l'uso del trattino (retest vs re-test) - diverso uso della preposizione in italiano (sistema di qualità - sistema qualità) - diversa grafica per le sigle (HEPA/Hepa = high efficiency particulate air) - varianti geografiche come drug Product (USA) vs medicinal product (EU) - varianti di forma breve vs forma lunga con uso prevalente della prima (active ingredient vs active pharmaceutic) Economia Il principio dell'economia linguistica è alla base delle modalità di formazione dei termini delle lingue speciali. Nella terminologia come comunicazione, la condensazione semantica è una via obbligata e deriva dalla continua crescita e differenziazione del sapere e dalla conseguente necessità di comunicazione delle informazioni nel minor tempo possibile. >>> destinatari non esperti o meno esperti >>> evitando di incorrere in una mancanza di trasparenza semantica Per evitare che si creino queste problematiche, il ruolo del linguista è quello di lavorare a favore dell'appropriatezza della lingua speciale rispetto alla situazione della comunicazione = requisito pragmatico che tiene conto del contesto comunicativo e destinatario della comunicazione.
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