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Terzo canto Inferno Dante Alighieri, Appunti di Letteratura Italiana

Breve riassunto del terzo canto dell'inferno, con testo e parafrasi

Tipologia: Appunti

2019/2020

Caricato il 28/11/2022

carlotta-bernardini-1
carlotta-bernardini-1 🇮🇹

4.7

(3)

9 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Terzo canto Inferno Dante Alighieri e più Appunti in PDF di Letteratura Italiana solo su Docsity! CANTO III Dante e Virgilio giungono alla porta dell'Inferno. Ingresso nell'Antinferno, dove incontrano gli ignavi (tra loro Celestino V). Incontro con Caronte, traghettatore dei dannati sul fiume Acheronte. Terremoto e svenimento di Dante. È la sera di venerdì 8 aprile (o 25 marzo) del 1300. Il canto si apre con la famosa descrizione della porta infernale: non viene detto dove essa precisamente si collochi, qui viene citata soltanto la scritta che campeggia su di essa, di colore oscuro. L'ingresso nell'Inferno ha un effetto traumatico per Dante, colpito da sensazioni visive (l'oscurità fitta) e uditive (le disperate grida dei dannati) che lo fanno angosciare e provocano in lui il pianto, come altre volte avverrà nella Cantica. Il Vestibolo (o Aninferno) è il primo luogo dell'Oltretomba a essere visitato. Esso è abitato dagli ignavi, non propriamente dannati ma in ogni caso condannati a una pena molto severa, in cui è visibile un contrappasso: l'insegna che essi devono inseguire è senza significato, come priva di scopo è stata la loro vita terrena. Difficile scelta sul piano razionale e teologico: gli ignavi non sono dannati né salvi. È scelta politica La Bibbia non cita angeli neutrali nello scontro fra Dio e Lucifero: era tradizione popolare Gli ignavi corrono dietro a un’insegna, una banderuola che si muove continuamente: allude al cambio di opinione secondo la convenienza Sono inoltre nudi e continuamente punti da insetti che provocano loro ferite sanguinose: allude alla stimolazione per chi rifiutò sempre di muoversi, di prendere posizione. È contrappasso per opposizione. Insieme a loro vi sono anche gli angeli che, al momento della ribellione di Lucifero contro Dio, non si schierarono né da una parte né dall'altra, restando neutrali; la presenza di questi personaggi nell'Antinferno è motivata da Virgilio col fatto che i dannati potrebbero attribuirsi dei meriti rispetto a loro, il che spiega anche il disprezzo mostrato dal maestro e il suo invito a Dante affinché non si soffermi troppo sulla loro pena. Il vero protagonista dell'episodio è poi Caronte, il traghettatore delle anime dannate che Dante descrive traendo spunto dal personaggio virgiliano del libro VI dell'Eneide: rispetto al Caronte classico, tuttavia, quello dantesco appare con tratti decisamente demoniaci (soprattutto gli occhi circondati di fiamme) e ciò è coerente con la interpretazione in chiave cristiana delle figure mitologiche, in quanto le divinità infere venivano spesso considerate personificazione del diavolo e lo stesso farà Dante con altre creature infernali, come ad esempio Minosse, Cerbero, Pluto. La reazione del demone all'apparire di Dante è analoga a quella degli altri guardiani infernali che il poeta incontrerà più avanti, in quanto anche Caronte tenta di spaventarlo e di impedire il suo viaggio attraverso l'Inferno: queste figure simboleggiano gli impedimenta di natura peccaminosa che ostacolano il cammino di redenzione dell'anima umana, non a caso infatti è sempre Virgilio (allegoria della ragione) a zittirli e a consentire il passaggio di Dant Significativo è il fatto che qui Caronte predica a Dante la sua salvezza, dicendogli che approderà ad altri porti e che sarà portato da una barca più lieve della sua, ovvero quella dell'angelo nocchiero del Purgatorio; Virgilio lo riduce al silenzio con una formula che userà, con lievi varianti, anche con Minosse e con Pluto. Alquanto enigmatica, infine, la chiusa dell'episodio col terremoto la cui causa non è chiarita da Dante, e che sembra avere l'unica funzione di espediente narrativo per descrivere lo svenimento del poeta e farlo poi risvegliare al di là del fiume infernale (qualcosa di molto simile avverrà anche alla fine del Canto V, dopo l'episodio di Paolo e Francesca). IL GRAN RIFIUTO v. 60 Molti commentatori antichi ritengono che qui Dante alluda a Pier da Morrone, eremita diventato papa col nome di Celestino V. Dopo 5 mesi abdicò, sostituito da Bonifacio VIII. Pietro Alighieri propone di identificarlo con l’imperatore Diocleziano, che divise l’impero romano Benvenuto ritiene si tratti di Esaù, il più grande dei figli di Isacco, che rinunciò alla primogenitura per un piatto di lenticchie Non pare troppo probabile che Dante potesse accanirsi così tanto, contro Celestino V, la cui rinuncia fu dettata piuttosto dall’estraneità alla corruzione ecclesiastica e che già allora era considerato un santo (canonizzato nel 1313). I “TRE ANZIANI” DELLA COMMEDIA un vecchio, bianco per antico pelo: è Caronte, figlio di Erebo e della Notte, primo personaggio della mitologia classica vidi presso di me un veglio solo (Pg. I, 31): Catone Uticense, guardiano del Purgatorio, suicida per non cadere nelle mani nemiche credea veder Beatrice e vidi un sene (Pd. XXXI, 59): San Bernardo da Chiaravalle, monaco cistercense devoto della Vergine Caccianli i ciel per non esser men belli, né lo profondo inferno li riceve, ch’alcuna gloria i rei avrebber d’elli». 42 I cieli li cacciano per non perdere la loro bellezza, né l'Inferno li accoglie nelle sue profondità, poiché i dannati (rei) potrebbero ricevere alcuna gloria dalla loro presenza». E io: «Maestro, che è tanto greve a lor, che lamentar li fa sì forte?». Rispuose: «Dicerolti molto breve. 45 E io: «Maestro, che cosa è tanto fastidioso per loro, da farli lamentare così forte?» Mi rispose: «Te lo dirò molto brevemente. Questi non hanno speranza di morte e la lor cieca vita è tanto bassa, che ’nvidiosi son d’ogne altra sorte. 48 Queste anime non possono sperare di morire, e la loro attuale condizione è tanto spregevole che invidiano qualunque altra sorte. Fama di loro il mondo esser non lassa; misericordia e giustizia li sdegna: non ragioniam di lor, ma guarda e passa». 51 Il mondo non lascia che ci sia di loro alcun ricordo; la misericordia e la giustizia divina li sdegnano; non perdiamo tempo a parlare di loro, ma da' una rapida occhiata e passa oltre». E io, che riguardai, vidi una ’nsegna che girando correva tanto ratta, che d’ogne posa mi parea indegna; 54 E io, guardando, vidi una insegna che, girando su se stessa, correva tanto rapidamente che mi sembrava non dovesse fermarsi mai; e dietro le venìa sì lunga tratta di gente, ch’i’ non averei creduto che morte tanta n’avesse disfatta. 57 e dietro di essa veniva una fila di anime tanto lunga, che non avrei mai creduto che la morte ne avesse disfatte tante (che ci fossero stati tanti defunti). Poscia ch’io v’ebbi alcun riconosciuto, vidi e conobbi l’ombra di colui che fece per viltade il gran rifiuto. 60 Dopo che ebbi riconosciuto qualcuno di loro, vidi e riconobbi l'ombra di colui che per viltà fece il grande rifiuto. Incontanente intesi e certo fui che questa era la setta d’i cattivi, a Dio spiacenti e a’ nemici sui. 63 Capii all'istante e fui certo che questa era la schiera dei vili che spiacevano tanto a Dio quanto ai suoi nemici (diavoli). Questi sciaurati, che mai non fur vivi, Questi sciagurati, che non vissero mai veramente, erano nudi e punti erano ignudi e stimolati molto da mosconi e da vespe ch’eran ivi. 66 continuamente da mosconi e vespe tutt'intorno. Elle rigavan lor di sangue il volto, che, mischiato di lagrime, a’ lor piedi da fastidiosi vermi era ricolto. 69 Esse facevano sanguinare il loro volto, che cadeva a terra frammisto a lacrime ed era raccolto da vermi ripugnanti. E poi ch’a riguardar oltre mi diedi, vidi genti a la riva d’un gran fiume; per ch’io dissi: «Maestro, or mi concedi 72 E quando spinsi il suo sguardo oltre, vidi delle anime sulla sponda di un grande fiume; allora dissi: «Maestro, ora concedimi ch’i’ sappia quali sono, e qual costume le fa di trapassar parer sì pronte, com’io discerno per lo fioco lume». 75 di sapere chi sono quelle anime, e quale istinto le fa sembrare così ansiose di passare dall'altra parte, proprio come mi sembra di vedere nella poca luce». Ed elli a me: «Le cose ti fier conte quando noi fermerem li nostri passi su la trista riviera d’Acheronte». 78 Ed egli mi rispose: «Le cose ti saranno chiare quando noi giungeremo sulla triste sponda del fiume Acheronte». Allor con li occhi vergognosi e bassi, temendo no ’l mio dir li fosse grave, infino al fiume del parlar mi trassi. 81 Allora, abbassando gli occhi con vergogna, nel timore che parlando potessi dargli fastidio, non pronunciai parola fino al fiume. Ed ecco verso noi venir per nave un vecchio, bianco per antico pelo, gridando: «Guai a voi, anime prave! 84 Ed ecco che un vecchio, dal volto coperto da una barba bianca, veniva verso di noi su una barca, gridando: «Guai a voi, anime malvagie! Non isperate mai veder lo cielo: i’ vegno per menarvi a l’altra riva ne le tenebre etterne, in caldo e ’n gelo. 87 Non sperate di poter mai vedere il cielo: io vengo per condurvi all'altra sponda, nelle tenebre eterne, tra le fiamme e il ghiaccio. E tu che se’ costì, anima viva, pàrtiti da cotesti che son morti». Ma poi che vide ch’io non mi partiva, 90 E tu che sei lì, anima viva, allontànati da costoro che sono morti». Ma poiché vide che io non me ne andavo, disse: «Per altra via, per altri porti verrai a piaggia, non qui, per passare: disse: «Tu giungerai all'approdo per un'altra via, per altri porti, non certo qui per passare (nell'Aldilà); più lieve legno convien che ti porti». 93 è stabilito che ti porterà una nave più leggera della mia». E ’l duca lui: «Caron, non ti crucciare: vuolsi così colà dove si puote ciò che si vuole, e più non dimandare». 96 E il maestro gli disse: «Caronte, non ti preoccupare: si vuole così lassù (in cielo) dove è possibile tutto ciò che si vuole, quindi non dire altro». Quinci fuor quete le lanose gote al nocchier de la livida palude, che ’ntorno a li occhi avea di fiamme rote. 99 Da lì in avanti si acquietarono le guance coperte di pelo del traghettatore di quella sozza palude, il quale aveva gli occhi circondati da ruote di fiamme. Ma quell’anime, ch’eran lasse e nude, cangiar colore e dibattero i denti, ratto che ’nteser le parole crude. 102 Ma quelle anime, che erano nude e impaurite, cambiarono colore e batterono i denti, appena udirono le sue parole crude. Bestemmiavano Dio e lor parenti, l’umana spezie e ’l loco e ’l tempo e ’l seme di lor semenza e di lor nascimenti. 105 Bestemmiavano Dio e i loro genitori, la specie umana, il luogo, il momento e il seme del loro concepimento e della loro nascita. Poi si ritrasser tutte quante insieme, forte piangendo, a la riva malvagia ch’attende ciascun uom che Dio non teme. 108 Poi si portarono tutte insieme, piangendo disperati, alla sponda del fiume infernale che attende ogni uomo che non teme Dio. Caron dimonio, con occhi di bragia, loro accennando, tutte le raccoglie; batte col remo qualunque s’adagia. 111 Il demonio Caronte, con gli occhi fiammeggianti come brace, facendo loro dei cenni le raccoglie tutte; batte col suo remo qualunque di essi che si stenda (sul fondo della barca). Come d’autunno si levan le foglie l’una appresso de l’altra, fin che ’l ramo vede a la terra tutte le sue spoglie, 114 Come d'autunno cadono le foglie, una dopo l'altra, finché il ramo vede a terra tutte le sue vesti similemente il mal seme d’Adamo gittansi di quel lito ad una ad una, per cenni come augel per suo richiamo. 117 allo stesso modo la cattiva discendenza di Adamo (i dannati) si getta da quella riva ad una ad una, rispondendo ai cenni di Caronte, come un uccello risponde al
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