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Tesi burnout e Maslach burnout inventory, Tesi di laurea di Metodi E Tecniche Del Servizio Sociale

Breve descrizione del burnout con maslach burnout inventory

Tipologia: Tesi di laurea

2021/2022

Caricato il 24/01/2023

giusy-gandolfo-1
giusy-gandolfo-1 🇮🇹

3.8

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Scarica Tesi burnout e Maslach burnout inventory e più Tesi di laurea in PDF di Metodi E Tecniche Del Servizio Sociale solo su Docsity! INDICE INTRODUZIONE………………………………………………………… 2 PRIMO CAPITOLO……………………………………………………… 3 1. LA SINDROME DEL BURNOUT…………………………………… 3 1.1 I fattori di rischio burnout 1.2 Le fasi e le dimensioni del burnout 1.3 Strategie d’intervento per la cura e la prevenzione del burnout 1.4 Christina Maslach e il “Maslach Burnout Inventory” SECONDO CAPITOLO 2. IL RISCHIO DI BURNOUT NEL SERVIZIO SOCIALE DEL IV MUNICIPIO DI ROMA CAPITALE 2.1 Il contesto: Servizio Sociale del IV Municipio di Roma 2.2 Metodologia della raccolta dei dati 2.3 Tabelle dei dati 2.4 Analisi dei risultati 3. CONCLUSIONE 4. BIBLIOGRAFIA 1. LA SINDROME DEL BURNOUT Al giorno d’oggi il lavoro è diventato un ambiente che pone l’individuo ad ostilità in termini economici e psicologici. È molto difficile ottenere il successo, poiché le richieste continue della famiglia, del lavoro e di tutto il resto rendono i soggetti cinici; dunque, si tengono a distanza per non farsi coinvolgere troppo. Negli ultimi anni, il luogo di lavoro si è evoluto in termini di umanità e si è andato via via allontanandosi dallo sfruttamento abusivo usato dalle fabbriche e dalle miniere nel periodo della Rivoluzione Industriale. Purtroppo, la concezione di posto di lavoro come macchina efficiente ultimamente si sta rafforzando, ingannando l’idea di luogo di lavoro nella quale le persone possono manifestare le loro capacità attraverso un servizio soddisfacente. “Il burnout è una sindrome di esaurimento emozionale, di spersonalizzazione e di riduzione delle capacità personali che può presentarsi in soggetti che per professione si occupano della gente. Si tratta di una reazione alla tensione emozionale cronica creata dal contatto continuo con altri esseri umani, in particolare quando essi hanno problemi o motivi di sofferenza.”1 L’idea comune è che il burnout sia un problema dell’individuo; pensiamo che qualcosa al suo interno logori la persona stessa in quanto abbia delle manchevolezze insite nel proprio carattere o nella propria abilità produttiva. Recenti ricerche ci dimostrano che questo disturbo sia causato dal contesto sociale in cui il soggetto opera. Il funzionamento del posto di lavoro e la struttura creano il modo con il quale le persone interagiscono tra di loro e svolgono il loro lavoro. Quando il contesto 1 Christina Maslach 1997, “La sindrome del burnout, il prezzo dell’aiuto agli altri”, Città di Castello, Cittadella Editrice. anche se il giudizio comune solitamente dà la colpa principale all’individuo.”3 1.1 I FATTORI DI RISCHIO BURNOUT Come abbiamo già visto nel precedente paragrafo, le ragioni di rischio burnout possono dipendere più dal contesto lavorativo che dall’individuo; ma per avere un quadro molto più chiaro dei fattori scatenanti, di seguito si elencano le cause maggiormente rilevanti: 1. SOVRACCARICO DI LAVORO: Il carico di lavoro da parte delle organizzazioni è sinonimo di produttività; diversamente, dal punto di vista dell’individuo è considerato come consumo di tempo e di energia. La causa comprende maggiormente la quantità di ciò che si fa piuttosto che la qualità. Infatti, possiamo dire che il lavoro è molto più intenso, richiede molto più tempo ed è più complesso. 2. MANCANZA DI CONTROLLO: Il burnout è elevato quando la persona perde il controllo dell’assistenza che fornisce. Questo può derivare dal fatto che gli operatori non sono lasciati liberi di agire e di conseguenza di non poter partecipare attivamente alle decisioni che condizionano il proprio lavoro. Questo causa un contrasto emozionale della relazione di aiuto. “La persona può sentire di non avere il controllo sul proprio lavoro perché non ha nessuna voce in capitolo nella formulazione delle metodologie che influenzano il suo operato.”4 3. GRATIFICAZIONE INSUFFICIENTE: 3 Christina Maslach e Michael P. Leiter 2006, “Burnout e organizzazione”, Trento, Erickson. 4 Christina Maslach 1997, “La sindrome del burnout, il prezzo dell’aiuto agli altri”, Città di Castello, Cittadella Editrice. Secondo il punto di vista dell’operatore, il superiore ha parametri di valutazione quantitative delle prestazioni irrilevanti o trascurabili, ma essendo criteri importanti, al fine di ottenere maggiori promozioni, l’individuo si adegua a soddisfare quelle esigenze. Un problema relativo alle valutazioni qualitative, è che questi non possono essere misurate. A differenze dei metodi quantitativi, quelli qualitativi in che modo possono essere considerati scarsi o sufficienti? Dunque, le stime vengono adattate ancora alla quantità. Un assistente sociale può valutare che un colloquio continuo con un utente possa essere il modo migliore per creare un rapporto e aiutarlo ad affrontare il problema; il superiore invece può pensare che questo metodo non porti a risultati significativi e quindi non possa recare cambiamenti. Questo esempio per spiegare che quando non c’è accordo tra le parti, gli operatori si sentiranno insoddisfatti del loro lavoro e produrranno di meno. Gli assistenti sociali hanno bisogno di sapere quando stanno svolgendo un buon lavoro e questo è molto importante, d’altro canto, perché gli si dimostra che il suo lavoro è apprezzato e stimato. Di solito si tende a fare commenti negativi su azioni sbagliate piuttosto che riconoscere quelle fatte bene. “Anche coloro che aiutano possono aver bisogno di aiuto, ma se non possono ottenerlo dai superiori gli viene a mancare una fonte potenziale di sostegno contro l’insorgenza del burnout.”5 4. CROLLO DEL SENSO DI APPARTENENZA COMUNITARIO: La vita dentro un’organizzazione gira attorno alle relazioni che si hanno con le persone. Quando questa sicurezza viene a mancare, ovvero le organizzazioni riducono l’attenzione verso i propri dipendenti, questi non sono stimolati ad impegnarsi l’uno con l’altro. La mancanza di comunità costituisce un peggioramento della 5 Christina Maslach 1997, “La sindrome del burnout, il prezzo dell’aiuto agli altri”, Città di Castello, Cittadella Editrice. prestazione di gruppo che grava soprattutto sull’organizzazione stessa la quale riceve meno in termini di produttività. rvizi 5. ASSENZA DI EQUITÁ: Il luogo di lavoro è riconosciuto come adeguato quando esistono tre elementi principali: lealtà, fiducia e rispetto. Questi sono fondamentali per conservare l’impegno del soggetto nel suo lavoro; viceversa, la mancanza contribuirebbe al burnout. Nell’odierna crisi del lavoro, i servizi hanno maggiori difficoltà a mantenere questo senso di fiducia poiché non sono interessati a garantire il benessere del dipendente ma, piuttosto, a prendere decisioni riguardanti operazioni con rendimento a breve termine, rovinando la costruzione di una forte comunità professionale. “Dare risalto all’interesse per la fiducia, la lealtà e il rispetto riguarda i valori. La comunità di un’organizzazione è costruita su valori condivisi. Quando i valori sono in conflitto, non c’è una base di accordo sulla quale costruire un senso di comunità.”6 Questi sono alcuni dei fattori di rischio burnout riguardante l’aspetto organizzativo dei servizi; a livello personale ci sono anche delle cause che stimolano la comparsa del burnout, ad esempio: 1. La personalità. L’individuo con una personalità tendenzialmente fragile è maggiormente predisposto al burnout poiché non è totalmente coinvolto dal suo lavoro e ha un peso emozionale eccessivo che potrebbe indurlo ad un esaurimento emozionale. “L’individuo con tendenza al burnout è impaziente e intollerante; una persona di questo tipo prova facilmente collera e frustrazione per qualsiasi ostacolo che trovi sul suo cammino e può trovare 6 Christina Maslach e Michael P. Leiter 2006, “Burnout e organizzazione”, Trento, Erickson. 1.3 STRATEGIE D’INTERVENTO PER LA CURA E LA PREVENZIONE DEL BURNOUT “Un grammo di prevenzione vale quanto un chilo di cura.”9 In linea con il pensiero di Christina Maslach, l’approccio preventivo indica una concezione duratura e non una visione invisibile del problema. Per prevenire il burnout serve promuovere l’impegno nel lavoro, ossia aumentare gli aspetti positivi come l’efficacia, l’energia e il coinvolgimento. Per andare in questa direzione bisogna focalizzarsi sia sull’individuo che sul luogo di lavoro, programmando interventi che prima di tutto operino sulla comparsa del disturbo. Il processo di problem solving si concentra sia sulla persona che sul lavoro e analizza il modo in cui i cambiamenti condizioneranno le dimensioni del burnout e favoriranno l’impegno. Nel primo caso il disturbo è una realtà presente; nell’altro caso, c’è la possibilità che si verifichi in futuro. Ai primi sintomi dello stress è importante prestare attenzione alla propria situazione interiore cercando di adottare efficaci strategie d’intervento. Gli interventi migliori agiscono sull’ambiente esterno poiché la società è piena di stressors: rumori, eccesso di lavoro, traffico stradale, disordini alimentari, sforzi fisici inopportuni. Tuttavia, questi sono interventi molto difficili da realizzare. In secondo luogo, bisogna focalizzare l’attenzione sul rapporto tra individuo e ambiente nel quale l’individuo deve riuscire ad affrontare quel problema con tecniche tipo il counseling o la psicoterapia. Dopodiché, l’obiettivo è quello di cambiare il rapporto che il soggetto ha con sé stesso tramite l’uso di psicofarmaci ansiolitici o antidepressivi. 9 Alberto Rossati e Gerardo Magro, 1999, “Stress e burnout”, Roma, Carocci. Addentrandoci più nello specifico, è possibile suddividere le molteplici strategie di cura e prevenzione del burnout in: - individuali, le quali “propongono cambiamenti messi in atto dal soggetto singolo in relazione a sé stesso e nell’ambito lavorativo.”10 - organizzative, “tese ad evidenziare gli interventi sull’organizzazione del lavoro; questo tipo di intervento è di tipo psicosociale, in quanto si tratta di interventi finalizzati per lo più a rendere meno oneroso il rapporto individuo/ambiente sociale.”11 - istituzionali, “le quali analizzano le responsabilità, il peso e il supporto provenienti dalla società nel suo complesso. Si tratta quindi di strategie di carattere macro-sociale.”12 1.4 CHRISTINA MASLACH E IL “MASLACH BURNOUT INVENTORY” Nel 1981, Christina Maslach insieme alla sua collega Susan Jackson, hanno creato un questionario denominato “Maslach Burnout Inventory” o “Scala di Maslach”, il quale in principio era rivolto alle professioni di aiuto, ovvero quegli incarichi che riflettono un importante interazione emotiva tra operatore e utente. Col tempo il suo utilizzo si è esteso verso tutte quelle professioni che richiedono un costante contatto con il pubblico o con le persone in stato di bisogno. L’attuale versione del M.B.I., costituita da 22 item, segue la suddivisione delle tre dimensioni citate nel paragrafo 1.2. Queste dimensioni si possono accertare tramite la comparsa di alcuni sintomi: - a livello individuale: sintomi organici come mal di testa, insonnia, palpitazioni, mal di stomaco ecc…; sintomi emozionali come nervosismo, ansia, indifferenza, sintomi depressivi ecc…; sintomi cognitivi come 10 Alberto Rossati e Gerardo Magro, 1999, “Stress e burnout”, Roma, Carocci. 11 Ibidem. 12 Ibidem. disturbi della memoria e della concentrazione, disturbi comportamentali come perdita di controllo, isolamento sociale ecc… - a livello lavorativo: assenteismo, scarso coinvolgimento, alto turnover, perdita di interesse e motivazione al lavoro, maltrattamenti ed errori professionali, diminuzione della produttività e dell’efficienza ecc… Questi sintomi creano nella persona dei disagi comportamentali e psicologici che potrebbe sfociare nel burnout. 2.2 METODOLOGIA DELLA RACCOLTA DEI DATI Il metodo adottato in questa ricerca è quantitativo, in quanto è stato somministrato online al Servizio Sociale del Municipio, il Maslach Burnout Inventory. Delle 22 domande a risposta chiusa incluse nel questionario originale sono state scelte per ordine di rilevanza 19, inserendo altre 7 a risposta chiusa e aperta, per un totale di 26 domande. Hanno risposto alle domande del questionario 22 assistenti sociali su 26 attualmente alle dipendenze del Municipio. È fondamentale sottolineare che, di seguito, nella prima tabella, verranno inserite le domande a risposta aperta con le relative risposte in ordine casuale, poiché il questionario è stato somministrato in forma anonima; dopodiché, verranno illustrati 18 grafici con le successive analisi. 2.3 TABELLE DEI DATI CASO COSA CAMBIERESTI PER MIGLIORE L’ASSETTO ORGANIZZATIVO DEL SERVIZIO? QUALI SONO GLI OSTACOLI CHE IMPEDISCONO DI ESERCITARE AL MEGLIO LA PROFESSIONE? COSA TI SODDISFA MAGGIORMENTE DEL TUO LAVORO? COSA POTREBBE SUPPORTARTI PER AFFRONTARE AL MEGLIO IL LAVORO QUOTIDIANO? A.S. 1 L’organizzazione interna all’ufficio, gli spazi e le tempistiche. Ostacoli normativi, burocratici che rallentano l’operato. Il rapporto con le persone e la sensazione di essere utile alla comunità. Che ci sia, a livello di organizzazione, una maggiore consapevolezza e quindi il riconoscimento dei necessari tempi di pensiero e riflessione che il nostro lavoro richiede per introdurre interventi responsabili ed efficaci nel rispetto delle persone e del professionista stesso che affronta carichi emotivi enormi vista la complessità dei bisogni attuali. Sono necessari spazi di équipe per intervisione e supervisione. A.S. 2 Gli spazi. L’organizzazione. La relazione con gli utenti. Il confronto costante con i colleghi e il supporto esterno. A.S. 3 La programmazione delle attività. Il contesto organizzativo e la mancanza di programmazione. Il confronto con i colleghi. Maggiore condivisione di responsabilità e collaborazione con equipe multidisciplinare. A.S. 4 La supervisione. La mancanza di supervisione. Le colleghe. Maggiori risorse di personale. A.S. 5 Definizione di un ufficio di piano strutturato e integrazione dell'ambito povertà con gli altri di servizio sociale. Organizzazione rigida e poco innovativa. Il lavoro per e con le persone. Sentirmi tutelata dalla mia amministrazione invece di essere mandata allo sbaraglio. A.S. 6 Divisione dei compiti più definita, maggior collaborazione tra tutti i settori. Carico di lavoro elevato rispetto all'organizzazione dello stesso, agli spazi e ai tempi a disposizione. Essere d'aiuto nell’attivazione dei processi interni delle persone. Supervisione e più collaborazione. A.S. 7 Il direttore. Le altre colleghe. Niente. Supervisione. A.S. 8 Riorganizzare meglio il servizio e una buona supervisione. Altre responsabilità che non rientrano nel ruolo professionale. Il riscontro positivo delle persone che si rivolgono al mio servizio. Una migliore organizzazione del servizio; l’esistenza di una governance e di una mission di servizio; un incremento di risorse professionali; la supervisione. A.S. 9 Metterei una PO amministrativa e lascerei alle Assistenti Sociali il lavoro tecnico, una progettazione efficace. Carenza di risorse. Potenziare le risorse delle persone e aiutarle a migliorare le condizioni di vita. Affrontare le questioni lavorative con più tempo a disposizione e avere la possibilità di un maggiore coordinamento. A.S. 10 Cambierei le numerose richieste e pressioni da parte dell’organizzazione stessa. Ci si chiede di far fronte a molta parte amministrativa togliendo del tempo al lavoro sul caso. La parte amministrativa e la poca chiarezza dei ruoli. Lavorare con le persone. Supervisione. A.S. 11 Carichi adeguati per poter veramente effettuare prese in carico professionali e non solo prestazioni. Riconoscimento delle specificità personali, creare uffici di competenza per incarichi amministrativi. I carichi eccessivi di lavoro e la scarsa possibilità di dedicarsi ad aree di specializzazione. Il contatto con le persone, il poter introdurre interventi e servizi di supporto ai bisogni espressi, ma spesso la complicazione burocratica rende impervio e faticoso il raggiungimento degli obiettivi. Al momento solo le ferie. A.S. 12 Mancano amministrativi competenti. Troppo carico di lavoro. Il lavoro con l’utenza. Avere più risorse umane competenti. A.S. 13 Serve più organico, sia tecnico che amministrativo. Ingerenze politiche, disorganizzazione, non ascolto delle problematiche dell’organico. La consapevolezza di essere utile, di lavorare con tutte le forze presenti sul territorio. Che non ci siano continue richieste ed emergenze al di fuori del programma stabilito. A.S. 14 Inserimento di figure di coordinamento nell’area amministrativa ed educativa. Burocrazia e aspetto amministrativo sempre più rilevanti. Mancanza di coordinamento e di visione unitaria. La relazione con le persone. Il supporto dell’amministrazio ne e dei colleghi di lavoro. A.S. 15 Eviterei di assegnare competenze puramente amministrative a personale tecnico. La troppa burocrazia e gli aspetti amministrativi. La relazione d’aiuto, il coordinamento dei servizi, la progettazione. Lavoro di supervisione e lavoro su se stessi. TABELLA 2 9.13% 27.38% 18.25% 13.64% 31.59% IN QUALE AREA ATTUALMENTE OPERI? ANZIANI MINORI DISABILI ADULTI ALTRO TABELLA 3 22.72% 31.83% 4.50% 18.22% 9.11% 4.50% 9.11% MI PARE CHE LAVORARE TUTTO IL GIORNO CON LA GENTE MI PESI MAI QUALCHE VOLTA ALL'ANNO UNA VOLTA AL MESE QUALCHE VOLTA AL MESE UNA VOLTA ALLA SETTIMANA QUALCHE VOLTA ALLA SETTIMANA OGNI GIORNO TABELLA 4 27.33% 31.83% 18.22% 9.11% 4.50% 4.50% 4.50% SENTO DI NON FARCELA PIU' MAI QUALCHE VOLTA ALL'ANNO UNA VOLTA AL MESE QUALCHE VOLTA AL MESE UNA VOLTA ALLA SETTIMANA QUALCHE VOLTA ALLA SETTIMANA OGNI GIORNO TABELLA 5 9.10% 22.70% 27.30% 9.10% 18.20% 13.60% MI SENTO EMOTIVAMENTE SFINITO DAL MIO LAVORO MAI QUALCHE VOLTA ALL'ANNO UNA VOLTA AL MESE QUALCHE VOLTA AL MESE UNA VOLTA ALLA SETTIMANA QUALCHE VOLTA ALLA SETTIMANA OGNI GIORNO TABELLA 6 13.63% 22.75% 4.51% 22.75% 4.51% 18.24% 13.63% MI SENTO STANCO QUANDO MI ALZO ALLA MATTINA E DEVO AFFRONTARE UN'ALTRA GIORNATA DI LAVORO MAI QUALCHE VOLTA ALL'ANNO UNA VOLTA AL MESE QUALCHE VOLTA AL MESE UNA VOLTA ALLA SETTIMANA QUALCHE VOLTA ALLA SETTIMANA OGNI GIORNO TABELLA 7 4.50% 13.61% 18.22% 22.72% 4.50% 18.22% 18.22% CREDO DI LAVORARE TROPPO DURAMENTE MAI QUALCHE VOLTA ALL'ANNO UNA VOLTA AL MESE QUALCHE VOLTA AL MESE UNA VOLTA ALLA SETTIMANA QUALCHE VOLTA ALLA SETTIMANA OGNI GIORNO TABELLA 12 36% 27% 9% 18% 9% HO L'IMPRESSIONE CHE LE PERSONE DIANO LA COLPA A ME PER I LORO PROBLEMI MAI QUALCHE VOLTA ALL'ANNO UNA VOLTA AL MESE QUALCHE VOLTA AL MESE UNA VOLTA ALLA SETTIMANA QUALCHE VOLTA ALLA SETTIMANA OGNI GIORNO TABELLA 13 4.50% 40.94% 9.11% 27.33% 13.61% 4.50% HO PAURA CHE QUESTO LAVORO MI POSSA INDURIRE EMOTIVAMENTE MAI QUALCHE VOLTA ALL'ANNO UNA VOLTA AL MESE QUALCHE VOLTA AL MESE UNA VOLTA ALLA SETTIMANA QUALCHE VOLTA ALLA SETTIMANA OGNI GIORNO TABELLA 14 5% 9% 50% 36% AFFRONTO EFFICACEMENTE I PROBLEMI DELLE PERSONE MAI QUALCHE VOLTA ALL'ANNO UNA VOLTA AL MESE QUALCHE VOLTA AL MESE UNA VOLTA ALLA SETTIMANA QUALCHE VOLTA ALLA SETTIMANA OGNI GIORNO TABELLA 15 4.50% 4.50% 27.33% 13.61% 45.55% 4.50% MI SENTO PIENO DI ENERGIE MAI QUALCHE VOLTA ALL'ANNO UNA VOLTA AL MESE QUALCHE VOLTA AL MESE UNA VOLTA ALLA SETTIMANA QUALCHE VOLTA ALLA SETTIMANA OGNI GIORNO TABELLA 16 9.10% 36.40% 9.10% 31.80% 13.60% CREDO DI INFLUENZARE POSITIVAMENTE LA VITA DI ALTRE PERSONE CON IL MIO LAVORO MAI QUALCHE VOLTA ALL'ANNO UNA VOLTA AL MESE QUALCHE VOLTA AL MESE UNA VOLTA ALLA SETTIMANA QUALCHE VOLTA ALLA SETTIMANA OGNI GIORNO TABELLA 17 4.50% 22.72% 4.50% 36.44% 9.11% 9.11% 13.61% HO REALIZZATO MOLTE COSE DI VALORE NEL MIO LAVORO MAI QUALCHE VOLTA ALL'ANNO UNA VOLTA AL MESE QUALCHE VOLTA AL MESE UNA VOLTA ALLA SETTIMANA QUALCHE VOLTA ALLA SETTIMANA OGNI GIORNO lavoro più di una volta al mese. Non di poca importanza è il 32% (7 AS) degli intervistati che afferma di sentirsi ogni giorno e più di una volta alla settimana sfinito dal proprio lavoro. Sommando le percentuali si può sostenere che, più della metà degli assistenti sociali sottoposti all’inchiesta, vivono lo sfinimento emotivo ripetutamente. D’altro canto, il 41% (9 AS) non ha la stessa opinione e riesce ad affrontare emotivamente il proprio lavoro. MI PARE CHE LAVORARE TUTTO IL GIORNO CON LA GENTE MI PESI: Al 45% degli intervistati (10 AS) pesa ripetutamente lavorare con gli utenti. Più della metà dei sottoposti all’inchiesta, ovvero il 55% (12 AS) non ha la stessa opinione e considera che aiutare le persone non è mai o quasi mai un lavoro faticoso. SENTO DI NON FARCELA PIÚ: Il 23% (5 AS) sostiene di sentire molto spesso di non farcela più durante il mese ad affrontare le molteplici problematiche, mentre il 77% dei soggetti (17 AS) ritiene che raramente o mai abbia questa sensazione. MI SENTO STANCO QUANDO MI ALZO ALLA MATTINA E DEVO AFFRONTARE UN’ALTRA GIORNATA DI LAVORO: Il 60% (13 AS) degli intervistati ha molto spesso difficoltà ad affrontare un’altra giornata di lavoro. Solo il 40% (9 AS) si sente sfinito alla fine della giornata lavorativa. CREDO DI LAVORARE TROPPO DURAMENTE: Il 63% (14 AS) dei sottoposti all’inchiesta ha l’impressione di lavorare molto spesso duramente; solo il 36% (8 AS) sostiene di farlo mai o raramente. MI SENTO SFINITO ALLA FINE DELLA GIORNATA: L’87% (19 AS) si sente sempre o quasi sempre sfinito alla fine della giornata. Solamente il 13% (3 AS) ha questa sensazione una volta l’anno. DIMENSIONE 2: DEPERSONALIZZAZIONE DA QUANDO HO COMINCIATO A LAVORARE QUI SONO DIVENTATO PIU’ INSENSIBILE CON LA GENTE: Il 50% (11 AS) ritengono questa affermazione falsa, poiché dichiarano che non sono mai o quasi mai riusciti ad essere insensibili di fronte ai problemi degli utenti. Di seguito, l’altra metà degli intervistati è di comune accordo con quanto espresso. NON MI IMPORTA VERAMENTE DI CIO’ CHE SUCCEDE ALLE PERSONE: La maggior parte degli intervistati, l’82% (18 AS), ritiene che non capita mai, se non raramente, di non interessarsi a quello che può succedere agli utenti. Solo il 13% (3 AS) la pensa diversamente e non si interessa molto a ciò che succede agli utenti. MI PARE DI TRATTARE ALCUNE PERSONE COME SE FOSSERO DEGLI OGGETTI: C’è un’alta percentuale di intervistati che non è d’accordo con quest’affermazione, ossia l’87% (19 AS). D’altro canto, il 9% (2 AS) lo fa qualche volta al mese. HO L’IMPRESSIONE CHE LE PERSONE DIANO LA COLPA A ME PER I LORO PROBLEMI: Il 27% (6 AS) ha questa impressione molto frequentemente; d’altro canto, il 72% (16 AS) non ha lo stesso parere, non avendo questa impressione mai o quasi mai. HO PAURA CHE QUESTO LAVORO MI POSSA INDURIRE EMOTIVAMENTE: Il 45% (10 AS) ha molto spesso questa sensazione; al contrario, il 55% (12 AS) degli intervistati non è d’accordo con l’affermazione. DIMENSIONE 3: RIDOTTA EFFICACIA PERSONALE AFFRONTO EFFICACEMENTE I PROBLEMI DELLE PERSONE: L’86% dei sottoposti alla ricerca (19 AS) ha un’opinione positiva a riguardo. Solamente il 9% (2 AS) lo fa una volta alla settimana. MI SENTO PIENO DI ENERGIE: La metà dei dipendenti intervistati ovvero il 50% (11 AS), si sente molto spesso pieno di energie. Il 40% (9 AS) crede di esserlo qualche volta al mese o una volta alla settimana. CREDO DI INFLUENZARE POSITIVAMENTE LA VITA DI ALTRE PERSONE CON IL MIO LAVORO: Il 46% (10 AS) sostiene di influenzare positivamente la vita di altre persone attraverso il proprio lavoro ogni giorno e più di una volta alla settimana. Il 37% (8 AS) lo pensa qualche volta al mese. Solamente il 9% (2 AS) crede di farlo qualche volta all’anno. HO REALIZZATO MOLTE COSE DI VALORE NEL MIO LAVORO: Il 68% (15 AS) degli intervistati pensa di aver realizzato molte cose di valore nel lavoro; il restante 32% (7 AS) non ha questa idea, affermando di essere d’accordo con quanto espresso. MI SENTO RALLEGRATO DOPO AVER LAVORATO CON LE PERSONE: L’86% (19 AS) degli operatori si sentono rallegrati dopo aver lavorato con le persone; solo il 14% (3 AS) non è d’accordo con quanto espresso, poiché si sentono rallegrati solo qualche volta l’anno o una volta al mese.
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