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Tesi di laurea di Linguistica Generale, Tesi di laurea di Linguistica Generale

Tesi di laurea sostentuta in anno accademico 2021/2022 di Linguistica Generale sul tema delle lingue imperiali.

Tipologia: Tesi di laurea

2021/2022

Caricato il 04/01/2023

MicheleWien
MicheleWien 🇮🇹

4.5

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Scarica Tesi di laurea di Linguistica Generale e più Tesi di laurea in PDF di Linguistica Generale solo su Docsity! Dipartimento di Discipline Umanistiche, Sociali e delle Imprese Culturali Corso di laurea triennale in Comunicazione e Media Contemporanei per le Industrie Creative COSA SONO LE LINGUE IMPERIALI Relatore Professor Davide Astori Laureando Michele Tirelli ANNO ACCADEMICO 2021/2022 INDICE Introduzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2 1. Attraverso quale percorso una lingua diventa imperiale? . . . . . . . . . . . 5 1.1 - Premesse dell’evoluzione linguistica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5 1.2 - Definire una lingua imperiale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .. . . . . . . . . . 6 1.3 - Le lingue veicolari in passato . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7 1.4 - Caso di studio: la lingua franca mediterranea . . . . . . . . . . . . . . . . 9 1.5 - Le lingue veicolari oggi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 11 2. Perché una lingua predomina su un’altra? . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 13 2.1 - Il mutamento linguistico come processo ineludibile . . . . . . . . . . 13 2.2 - Che cos’è l’ecologia linguistica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 17 2.3 - La democrazia linguistica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 20 2.4 - L’esperanto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 23 3. Prestiti e stratificazioni del linguaggio. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 26 2.1 - I prestiti linguistici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 26 2.2 - i dialetti e le stratificazioni linguistiche in Italia . . . . . . . . . . . . . . 29 Conclusione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 34 esperanto, la più diffusa delle lingue artificiali internazionali. Nata a fine ottocento per mano del medico polacco Zamenhof ed ideata per prestarsi a seconda lingua tra i diversi popoli, essa è una lingua di facile apprendimento che, diffondendosi già a partire dal tardo Ottocento in Europa, vide ben presto il formarsi di una comunità. Si stima che ad oggi l’esperanto sia diffuso in almeno 120 paesi, mentre è meno certa la stima numerica dei parlanti, che si ritiene assestarsi intorno al milione e mezzo di individui. Infine, il terzo capitolo, affronterà le due materie dei prestiti linguistici e dei dialetti. Questa ultima sezione riporta l’attenzione al tema della mutabilità linguistica sottolineando, attraverso l’esemplificativo processo di contaminazione linguistica e il tentativo di offrire riconoscimento a tutte quelle lingue, ovverosia i dialetti, che hanno perso la propria autonomia, la rilevanza della democrazia linguistica per un futuro linguisticamente sostenibile. 4 CAPITOLO 1: Attraverso quale percorso una lingua diventa imperiale? 1.1 Premesse dell’evoluzione linguistica. La filogenesi di ogni lingua percorre a ritroso il corso della storia in modo tutt’altro che lineare e Il processo di “replica” del linguaggio nel tempo è imperfetto. Ogni lingua non è la mera e pura evoluzione di una precedente che, in un dato momento storico, si è resa protagonista di un progresso che l’ha mutata nella successiva . Ciascuna di esse, infatti, è il 1 prodotto di una lenta e ineludibile trasformazione, frutto di tante contaminazioni di altre lingue. A tutto ciò va aggiunto, come la sociolinguistica per prima constata, che qualunque stato abituale di una comunità non è il monolinguismo, ma una stratificazione linguistica che vede l’uso di varietà più o meno differenziate di una stessa lingua. Un peculiare ma importante caso di minoranza linguistica è fornito dal dialetto, un sistema linguistico vero e proprio adottato in un’area geografica limitata, di cui ne sarà approfondito l’esempio in un paragrafo successivo. In alcuni casi inoltre, le lingue mutano perché cambiano le esigenze delle persone che le usano:  con l’introduzione di diverse tecnologie e stili di vita, si è reso necessario “introdurre” nuove parole per poterne palare. Le lingue cambiano quando coloro che le parlano entrano in contatto con nuove popolazioni (pensiamo al colonialismo e al commercio), e mutano quando diversi gruppi sociali adottano le proprie norme distintive . 2 Cfr. Napoli Maria, Perché le lingue cambiano?, in “Linguisticamente”, 17 luglio 2020, https://1 www.linguisticamente.org/perche-le-lingue-cambiano/ Questi mutamenti inizializzazati da comunità e gruppi sociali sono stati individuati da Joshua Plotkin, 2 professore universitario di biologia. Plotkin ha applicato i principi della biologia evolutiva allo studio della linguistica dimostrando come le lingue possano cambiare in modo casuale. 5 1.2 Definire una lingua imperiale Tentiamo ora di comprendere il significato di lingua imperiale (nota anche con l’accezione di “veicolare”, termine che verrà usato in modo prioritario nel corso di questa tesi) che, presentando alla luce delle premesse prima riportate di un’evoluzione linguistica lenta ed inevitabile, ha uno sviluppo che risale ad antiche origini. Treccani definisce veicolari “le lingue usate per la comunicazione, e soprattutto per l’insegnamento e per attività tecniche e scientifiche, tra persone di lingua materna diversa ”. Nel corso della storia, si sono 3 susseguiti molteplici esempi di lingua veicolare, e proprio grazie a ciò si è reso possibile identificare quali siano stati i contesti che ne hanno favorito la nascita: i conflitti e le conquiste militari, il commercio internazionale (già sviluppatosi in tempi antichi) e le missioni religiose, che hanno chiamato in causa ampi territori geografici. Una lingua veicolare supplisce alle costanti esigenze di riferimento a convenzioni linguistiche, anche (e talvolta soprattutto) terminologiche, che possano divenire comuni al di là delle provenienze. Il dibattito sulle motivazioni di un ricorso a tali lingue in tempi antichi comprende molteplici punti di vista, che non sono soltanto strettamente scientifici (linguistici), ma anche antropologici, e sociologici . 4 Bisogna inoltre precisare che in massima parte, le lingue del mondo, fino a tempi assai recenti, sono state soltanto orali, e quindi in genere coinvolgevano un numero ristretto di parlanti e territori dall'estensione altrettanto limitata. In questo senso le lingue scritte e di cultura sono recenti e particolari. Così le definisce la Treccani: https://www.treccani.it/enciclopedia/lingue-veicolari/3 Storicamente, il ricorso ad una lingua veicolare in tempi antiche si presume possa essere insorto per 4 soddisfare esigenze di natura commerciale. In seguito, all'utilizzo mercantile si sono affiancati quelli diplomatici e culturali. 6 seconda guerra punica, l’impero romano si impadronì dei domìni greci e di tutta la costa orientale del Mediterraneo: grazie all'immigrazione di greci in cerca di lavoro, la lingua greca assunse un ruolo importante nell'educazione dei ceti sociali più nobili, tanto da diventar loro una seconda lingua madre. Il greco riuscì in questo modo a divenire lingua veicolare a tutti gli effetti in tutta l'area occidentale del Mediterraneo, non solo perché fulcro comunicativo di una vasto commercio, ma anche per motivi di prestigio culturale, letterario, scientifico e di intrattenimento. A est, invece, la situazione era differente. Le colonie intorno al Mar Nero vennero fondate tutte nei pressi della città di Mileto, in cui il greco parlato era simile alla parlata comune (“koinè diàlektos ”, diffusa ad Atene, 9 sarebbe diventata lo standard universale dal terzo secolo a.C.). In questa area, tuttavia, la diffusione del greco non portò alla creazione alcuna di comunità di parlanti greci in zona; rimase semplicemente una lingua parlata da commercianti e viaggiatori, influenzando ben poco la linguistica locale. 1.4 Caso di studio: la lingua franca mediterranea Un emblematico esempio passato di una tipologia di lingua veicolare, definita anche lingua franca, è l’esempio della cosiddetta “lingua franca mediterranea”. La lingua italiana è considerata la base su cui si tale lingua si è sviluppata. Essa si è estesa lungo le sponde del Mediterraneo a partire dal tardo XV secolo grazie ai mercanti pisani, veneziani, genovesi diretti Koinè (traducibile in “lingua greca comune”) è un antico dialetto greco. L'affermazione della koinè è stata 9 preceduta da altri processi di stabilizzazione di forme linguistiche comuni che mostravano caratteristiche che fanno pensare fossero propense a porsi come lingue unitarie. https://www.treccani.it/vocabolario/ koine/ 9 verso il Nord Africa. In seguito, all'utilizzo mercantile si sono affiancati quelli diplomatici e culturali. La lingua franca mediterranea è stata una ‘lingua di necessità’ , 10 assimilabile in quanto tale ad un pidgin , ovvero un “Tipo di lingua 11 semplificata, nata dal contatto tra una lingua straniera, specialmente una lingua europea coloniale, e una o più lingue indigene, usata nella comunicazione tra persone che non parlano ciascuno la lingua dell’altro” . Costituita da una lingua di base italoromanza e una debole 12 lingua di sostrato araba, la lingua franca mediterranea, raccoglie e innesta elementi provenienti dai diversi idiomi del Mediterraneo, restituendo un perfetto sincretismo linguistico, espressione a sua volta di un sincretismo anche e soprattutto culturale. Inizialmente, l’espressione lingua franca è stata erroneamente assimilata da alcuni studiosi a una sorta di lingua veicolare utilizzata dai soldati durante le crociate, considerata verosimilmente come l’atto di nascita del pidgin comunemente inteso. Tuttavia, questa interpretazione risulta poco accurata sia per la scarsa documentazione di epoca medievale che ne possa attestare l’effettiva esistenza, sia, in prospettiva storico-etimologica, riguardo al valore semantico del termine “franco/ Franchi”. Inoltre, l’assetto linguistico nel periodo medievale (e più precisamente in ambiente crociato), alla luce anche dei rapporti commerciali, marinari, e dagli stretti contatti politico-militari tra Cfr. Serenella Baggio, Lingue franche. Dall’yiddish, al pidgin africano, alla lingua franca parlata nei porti 10 del mediterraneo, in “Unitrentomag”, 10 febbraio 2021, https://webmagazine.unitn.it/eventi/89029/lingue- franche Idioma derivante dalla mescolanza di lingue di popolazioni differenti, venute a contatto a seguito di 11 migrazioni e relazioni commerciali. Esistono molte varietà di pidgin (fra loro assai disparate), parlate in varie parti del mondo. Così lo definisce la Treccani, https://www.treccani.it/vocabolario/pidgin/12 10 Occidente e Oriente, prevedeva probabilmente una serie di interlingue romanze (di base per lo più galloromanza e italoromanza). La l ingua franco mediterranea rappresenta dunque una importantissima sintesi della cultura mediterranea in grado “raccontare” le vicende storico-socio-linguistiche di popoli diversi. 1.5 Le lingue veicolari oggi Il concetto e l'idea di lingua veicolare hanno subìto un notevole cambiamento nel tempo. Nel mondo contemporaneo, l'inglese rappresenta l’esempio più noto di lingua veicolare a livello internazionale . 13 Al seguito dell’inglese, le lingue veicolari maggiormente diffuse sono il francese, lo spagnolo, il cinese (oltre al cinese tradizionale), l'arabo ed il russo. Approfondendo maggiormente l’esempio della lingua inglese, ovverosia il caso più attuale ed emblematico, che è senza dubbio la prima tra le lingue veicolari per importanza, presenta in alcuni casi tra le sue numerose ex colonie lasciti totalmente diversi, frutto solo in minor parte 14 della distanza geografia dalla madre patria linguistica. Mentre numerosi Paesi tra cui, ad esempio, Brunei, India, Zambia, Malawi, Uganda o Kenya hanno visto nell'inglese l'opportunità sia di avere accesso al più ampio mercato mondiale, sia di avere un mezzo di comunicazione comune per le tante comunità diverse che li abitano, al contrario, Paesi come Malaysia, Sri Lanka o Tanzania hanno finito per rigettarlo. Proprio questi ultimi, Cfr. https://www.ef-italia.it/blog/language/9-motivi-per-cui-linglese-e-la-lingua-dominante-di-oggi/13 il numero e la largissima espansione dell’impero britannico, il più vasto di sempre, sono stati fattori 14 determinanti a consolidare la sua eredità politica, giuridica, linguistica e culturale. 11 Questa “metamorfosi” linguistica è certamente destinata a perdurare , ed è altrettanto certa la sua imprevedibilità in quanto è 16 impossibile predire con precisione in che direzione una lingua muterà , 17 non solo per quanto riguarda il destino di parole specifiche, ma, ancora di più, i mutamenti nella sua grammatica. Ad oggi, è molto accesa e discussa la tematica della deriva linguistica, percorso che attualmente l’evoluzione linguistica indirettamente cavalca. Si parla di deriva linguistica riferendosi processo mediante il quale una comunità di locutori di una lingua passa a parlarne un'altra, abbandonando quindi la lingua madre . Sono presenti alcuni tiepidi 18 esempi di ciò che può essere definita deriva linguistica anche per la lingua Italiana (come per la maggior parte delle lingue) a favore di quella Inglese; basti pensare agli innumerevoli vocaboli che abbiamo del tutto ormai adottato dalla lingua anglosassone, piuttosto che alla nascita di sempre più frequenti corsi universitari esclusivamente strutturati in lingua inglese. Il progredire della deriva linguistica si manifesta, in una comunità parlante di un’unica lingua madre, attraverso la presenza di bilinguismo in una seconda lingua per un lungo lasso di tempo, prima di ritornare nuovamente ad uno stato di monolinguismo, determinato però dalla Cfr. Napoli Maria, Perché le lingue cambiano?, in “Linguisticamente”, 17 luglio 2020, https://16 www.linguisticamente.org/perche-le-lingue-cambiano/ Nicola Grandi lo spiega chiaramente in Fondamenti di Tipologia Linguistica (2009), Garzanti: «Alcune 17 argomentazioni potrebbero indurre a ritenere che il mutamento linguistico sia in larga scala prevedibile e che, dunque, sia possibile pronosticarne l’esito. Questa conclusione è erronea. Il paradigma dinamico offre strumenti efficaci per operare previsioni, ma sempre in una chiave puramente probabilistica. Nulla vieta che intervengano circostanze esterne al sistema lingua in grado di determinare una brusca e inattesa deviazione nel percorso evolutivo sul quale la lingua si è incanalata. In termini generali, comunque, rimane innegabile l’esistenza di mutamenti più naturali di altri e, una volta individuate le premesse tipologiche pertinenti, dovrebbe essere possibile stabilire almeno le direzioni precluse al cambiamento in atto». L’ultima fase di questo processo di abbandono della lingua madre è l'estinzione linguistica. L'estinzione 18 linguistica completa avviene quando non rimangono locutori nativi di un dato idioma nella popolazione dove questo era precedentemente usato. 14 totale assimilazione della seconda. Questo scenario verso cui si è in realtà quindi già incanalati sarebbe estremamente grave. Non c’è accordo tra gli specialisti su quale sia il numero effettivo delle lingue del mondo. Le valutazioni numeriche variano da un minimo di circa quattromila a un massimo di undicimila lingue. Il forte divario tra le fonti dipende dalle difficoltà connesse con la definizione stessa di ‘lingua’ e, soprattutto, dalle valutazioni dei concetti di ‘lingua’ e ‘dialetto’. la verità si colloca probabilmente nel mezzo e pare ragionevole pensare che esse oscillino tra 6.500 e 7.000 unità . Più di 3800 lingue contano meno di 19 10.000 locutori e, se si ammette, come soglia utile affinché una lingua sopravviva, il numero di 100.000 individui in grado di parlarla e di trasmetterla alle giovani generazioni, soltanto 1239 lingue (poco meno del 18% del totale delle lingue del mondo) presentano tale requisito. Addirittura, L’UNESCO stima che per la fine del XXI secolo sopravviveranno circa un decimo della totalità delle lingue oggi esistenti; Ogni anno muoiono in media 25 lingue, una ogni 15 giorni. Ciascuna lingua andata perduta è un patrimonio culturale irrimediabilmente perso; il più delle volte infatti, l’estinzione linguistica trascende il semplice atto comunicativo rivelandosi un assimilazione culturale, ovverosia il processo attraverso cui un individuo si separa dalla propria cultura per assumere quella dominante . Come visto dunque, adottare una lingua madre 20 diversa dalla propria, coincide con il perdere la propria identità culturale e sociale. Un esempio di deriva linguistica lo possono fornire i nostri dialetti, a tutti gli effetti lingue ma declassate, quindi non più trasmesse alle nuove generazioni, se non in modo parziale e insufficiente. il database di “Ethnologue. Languages of the world”, il sito relativo al patrimonio linguistico dell’umanità, 19 ne elenca per la precisione 6912. https://www.ethnologue.com/browse/names Per approfondire questo tema vedi: Nettl Daniel, Romaine Suzanne, Voci del silenzio. Sulle tracce delle 20 lingue in via di estinzione, Roma, Carocci editore, 2002 15 Contrapposto a tutto ciò, ovverosia alla lenta evoluzione che il mutamento linguistico persegue, si parla invece di pianificazione linguistica. Con questo termine ci si riferisce invece all’insieme delle misure, di tipo linguistiche, legislative e sociali, attuate da stati o istituzioni, che si adottano al fine di modificare uno o più aspetti della situazione linguistica di un paese o di una comunità e di migliorarne l'assetto in vista di esigenze e obiettivi ritenuti prioritari . Questi 21 interventi mirano ad alterare deliberatamente la composizione del repertorio linguistico della collettività su cui si agisce . Oggi, il termine 22 “pianificazione linguistica” è solitamente riferito al terzo mondo, il primo interessato dal fenomeno, su cui generalmente si vuole adoperare usufruendo di questi interventi come strumento per la costituzione di lingue nazionali standardizzate a supporto della modernizzazione. Gli interventi che oggi definiremmo di pianificazione linguistica non mancarono, ma furono anzi consistenti, nella storia politica e culturale passata, interessando tra le altre l’Europa, la quale cercò vie per rapportarsi ai paesi in via di sviluppo nell’era post-coloniale. Uno dei problemi ricorrenti in un contesto di pianificazione linguistica è quello di riuscire a istituire lingue standard nazionali, in grado di soddisfare sia le esigenze di rappresentazione simbolica dell'identità nazionale sia le necessità della comunicazione e dei rapporti internazionali, in paesi ad alto tasso di plurilinguismo. Per concludere, si vuole fare presente, che anche l’Italia in passato è stata protagonista di mirati interventi di pianificazione linguistica, in Per approfondire questo tema vedi: Dell’Aquila Vittorio, Iannaccaro Gabriele, La pianificazione linguistica. 21 Lingue, società e istituzioni, Roma, Carocci editore, 2004 Quattro principali tipi di interventi di pianificazione linguistica: la pianificazione dello stato, la 22 pianificazione del corpus, la pianificazione della lingua nell'istruzione e la pianificazione del prestigio. La pianificazione linguistica può avvenire a macro livello o micro livello. https://www.greelane.com/it/ humanities/inglese/what-is-language-planning-1691098/ 16 guardare ogni ecosistema linguistico, piccolo o grande che sia, come un luogo di ricchezza, identità, un habitat naturale . 28 C’è invece chi al contrario, è totalmente in disaccordo con questa rigorosa tutela linguistica, proponendo il monolinguismo. Per i fautori di un monolinguismo globale, proposta completamente incompatibile al concetto di ecologia linguistica, condividere una sola lingua dovrebbe garantire mutua comprensione e pace, in un mondo dove la diversità genera quasi sempre conflitti. Ciò comporterebbe secondo loro, una notevole ammortizzazione culturale e sociale, che di fatto scongiurerebbe una ipotetica situazione di dissidio tra stati. In realtà, sono numerosi gli esempi di paesi con un alto tasso di monolinguismo che vivono o hanno vissuto delle lotte civili interne. David Crystal , noto linguista ed accademico nordirlandese, asserisce: “è 29 un’illusione quella che condividere tutti una singola lingua porti necessariamente pace, qualunque essa sia. È difficile immaginare come l’eventuale arrivo dell’Inglese, dell’esperanto, o di qualsiasi altra lingua come lingua franca mondiale possa eliminare lo sciovinismo che porta all’ambizione e al conflitto. ” Ciò considerato, Crystal sostiene inoltre che 30 la prospettiva maggiormente auspicabile è quella di un mondo dove ognuno sia in grado di parlare almeno due lingue: la sua propria lingua etnica e la lingua franca internazionale. Ma quale debba essere questa lingua “ecologica” per un futuro linguisticamente sostenibile non è univocamente stabilito. Sempre Crystal, ad esempio, sostiene che tale Cfr. Hammond Alex, Le diversità linguistiche nel cuore dello sviluppo sostenibile, in “ESL stories”, 7 marzo 28 2013,https://blog.esl.it/blog/imparare-le-lingue/le-diversita-linguistiche-nel-cuore-dello-sviluppo- sostenibile/ Cfr. Sacha Giordano Alessio, Anche la lingua vuole la sua ecologia (seconda parte) alla ricerca di futuri 29 linguisticamente sostenibili, in “Treccani”, 31 luglio 2019, https://www.treccani.it/magazine/chiasmo/ lettere_e_arti/Periferia/SSSGL_Anche_la_lingua_vuole_la_sua_ecologia_pt1.html Cfr. Crystal David, Language Death, Cambridge, Cambridge University Press, 200230 19 lingua debba essere l’inglese nella sua versione “globalista” dal 31 momento che, lui suppone, la lingua inglese porterà le varietà locali a diventare meno mutuamente comprensibili. Nel complesso invece, sono state avanzate molte proposte; il dibattito sul tema è certamente attuale e con tutta evidenza aperto. Nei prossimi paragrafi esamineremo una delle lingue che, tra le varie proposte di una lingua franca mondiale, figura tra le più accolte: l’esperanto. 2.3 La democratica linguistica Come si è appena voluto attestare, è crescente e attuale il dibattito su una lingua ecologica per un futuro linguisticamente sostenibile. Su richiesta dello Haut Conseil de l’Evoluation de l’Ecole di analizzare la situazione e i costi delle politiche linguistiche contemporanee, François Grin ha prodotto il documento “L’ensignement des languages 32 étrangères comme politique publique”. Cercando di valutare gli effetti economici determinati da una o più lingue veicolari per la comunicazione internazionale, in particolare alla luce dall'attuale predominio dell’inglese in ambito soprattutto europeo, Grin arriva ad esporre tre possibili scenari : il primo in cui la funzione di lingua veicolare è svolta da una 33 singola lingua nazionale, ovverosia l’inglese; un secondo in cui la stessa funzione è svolta da una rosa ristretta di lingue nazionali, di fatto identificabili con l’inglese, il francese e il tedesco; un terzo in cui è svolta globish, termine inglese composto da global ed english, designa l'inglese semplificato parlato dai non 31 anglofoni, capace di soddisfare i bisogni comunicativi basilari. Il lessico è ridotto a circa 1.500 vocaboli. Fra i più profondi specialisti di economia e politiche linguistiche, ha dato il proprio contributo attraverso 32 varie occupazioni; attualmente in cattedra alle università di Ginevra e Lugano. Cfr. Astori Davide, Quale/i lingua/e per l’Europa? Alcune riflessioni tra pianificazione, creatività, economia 33 e diritti linguistici, Parma, Bottega del libro Editore, 2016, p. 40 20 da una lingua terza, neutrale e facile da imparare, ovvero l’esperanto. I risultati del confronto tra questi scenari sono molteplici: in primo luogo il Regno Unito guadagna, in termini netti, almeno 10 miliardi di euro all’anno grazie all’attuale dominio della propria lingua. Se si tiene in considerazione l’effetto moltiplicatore di certe componenti di tale somma, così come del rendimento dei fondi che i paesi anglofoni possono investire altrove grazie alla posizione privilegiata della loro lingua, questo totale sale tra i 17 e i 18 miliardi di euro l’anno. In secondo luogo Grin constata che lo scenario del «plurilinguismo» riduce le ineguaglianze tra i parlanti, ma non i costi; inoltre, considerate tutte le forze in campo nelle dinamiche linguistiche, presenta un rischio certo d’instabilità, ed esige tutt’una serie di misure d’accompagnamento per essere sostenibile. Infine, lo scenario «esperanto» risulta il più vantaggioso , in quanto si 34 tradurrebbe in un risparmio (per la Francia di ben oltre 5 miliardi di euro all’anno) in termini netti per l’Europa intera di circa 25 miliardi di euro all’anno. Contro l’Inglese in modo particolare, sono state sollevate molte polemiche da parte dei  fautori della democrazia linguistica poiché ciò a cui oggi si assiste è una contaminazione linguistica, dunque etnica, di proporzioni mai registrate nella storia dell’umanità . Volendo gettare i 35 fondamenti di una politica democratica, la lingua anglosassone, in quanto  lingua etnica, non è in grado di soddisfare la parità dei diritti anche nella comunicazione. Cfr. D. Astori, op. cit., p. 4134 Cfr. Sacha Giordano Alessio, Invasioni linguistiche e democrazia, in “Treccani”, 19 novembre 2018, https://35 www.treccani.it/magazine/chiasmo/lettere_e_arti/Frontiere_confini/invasioni_linguistiche_democrazia.html 21 sfortunatamente, non ha mai ricevuto un degno supporto da alcuno stato o organizzazione internazionale. Le regole della grammatica dell'esperanto sono state esportate da quelle di varie lingue studiate da Zamenhof, affinché fossero semplici da imparare e nel contempo potessero fornire la stessa espressività di una lingua etnica. I vocaboli derivano da idiomi preesistenti; alcuni, specialmente quelli introdotti di recente, da lingue non indoeuropee come il giapponese, mentre il resto è derivante in gran parte da latino, lingue romanze, lingue germaniche e lingue slave . 4142 Vari studi hanno dimostrato come l’esperanto sia una lingua 43 semplice da imparare, anche da autodidatti o in età adulta, per via delle proprie forme e dei propri vocaboli. È stato anche dimostrano come dei ragazzi che abbiano ricevuto l’insegnamento dell’esperanto a scuola come parte di successivi studi apprendano più facilmente un'altra 44 lingua straniera. L'espressività di questa lingua, simile a quella delle lingue naturali, è dimostrata dalla traduzione di opere di notevole spessore letterario. Inoltre, la cultura originale esperantista ha prodotto e produce in tutte le arti : dalla poesia e la prosa fino al teatro e alla musica. La logica con cui 45 è stata creata minimizza l'ambiguità, per cui si presta a essere usata in I vocaboli derivanti dalle lingue romanze sono apportati per lo più da italiano e francese; quelli dalle 41 lingue germaniche sono invece attinti in gran parte da inglese e tedesco; infine, quelli dalle lingue slave sono prelevati maggiormente da russo e polacco. Cfr. Anon., Che fine ha fatto l’esperanto, in “Il Post”, 18 luglio 2015, https://www.ilpost.it/2015/07/18/42 esperanto/ È quanto viene confermato da numerosi studi scientifici, tra i quali si cita "Claude Piron, Comunicazione 43 linguistica: studio comparativo sul campo”. http://claudepiron.free.fr/articlesenitalien/studio.htm Lo studio di due anni di esperanto nelle scuole come propedeutico a una lingua straniera viene detto 44 "metodo Paderborn" perché la sua efficacia è stata dimostrata nell'università tedesca di Paderborn. Per approfondire questo tema vedi: Minnaja Carlo, L’esperanto in Italia. Alla ricerca della democrazia 45 linguistica, Padova, Il Poligrafo, 2007 24 informatica e nel ramo della linguistica computazionale per il riconoscimento automatico del linguaggio. Attualmente, vi sono proposte per adottare l'esperanto come lingua franca nei lavori sotto la competenza del Parlamento europeo, principalmente per motivi economici e per evitare che si proceda verso una o più lingue nazionali . Tuttavia finora l'Unione europea giustifica 46 l'attuale politica multilinguista che prevede l'uso di ventiquattro lingue ufficiali, per motivi di trasparenza, non senza critiche da parte di chi sospetta che tale politica stia in realtà portando verso il solo inglese o, al più, al trilinguismo . 47 Per approfondire questo tema vedi: Minnaja Carlo, L’esperanto in Italia. Alla ricerca della democrazia 46 linguistica, Padova, Il Poligrafo, 2007. Articolo critico su tale politica: L'italiano escluso dall'Europa «L'oligarchia di inglese, francese, tedesco 47 discrimina la nostra lingua» in cui è spiegato come secondo Francesco Sabatini, ex presidente dell' Accademia della Crusca, studioso impegnato da sempre sul fronte delle politiche linguistiche e della salvaguardia dell' italiano. La Comunità europea si avvia a instaurare di fatto (e tacitamente) un' oligarchia linguistica composta dalla triade inglese-francese-tedesco. 25 CAPITOLO 3: Prestiti e stratificazioni del linguaggio in Italia 3.1 I prestiti linguistici Si stima nella lingua italiana vi siano almeno 6000 prestiti lingustici in essa presenti. Si definisce prestito linguistico una parola, una struttura sintattica, un morfema o un fonema che entra a far parte del patrimonio di una determinata lingua e che proviene dal lessico di un’altra lingua. Il prestito linguistico è un concetto che si sviluppa parallelamente, come sarà in seguito riportato, a quello del bilinguismo , già toccato nei 48 capitoli precedenti: mentre quest’ultimo va a costituire di fatto quella diffusa condizione a livello sia individuale sia di società (basti infatti 49 pensare ai molteplici casi di comunità bilingue di confine presenti in Italia, dove attraverso un bilinguismo amministrativo le lingue in questione sono istituzionalmente riconosiciute), i prestiti linguistici si acquisiscono attraverso un contatto tra due popoli; quale che sia il genere del rapporto, avviene sempre uno scambio di tipo linguistico. Il verso è generalmente influenzato dal maggiore prestigio di una delle due lingue, ma l'influenza è sempre reciproca. Così, ad esempio, il latino, che in epoca classica era percepito come meno prestigioso del greco, ha ricevuto da questa lingua moltissimi prestiti. La natura positiva o meno del rapporto non influenza l'entità dello scambio, come attesta l'intensità del fenomeno del prestito tra le lingue del Mediterraneo nel Medioevo, ma Il fenomeno del prestito linguistico comincia comunque già in epoche molto antiche. È necessario risalire almeno alla progressiva disgregazione dell'Impero romano Per “bilinguismo” ci si riferisce alla capacità che un individuo, o un gruppo etnico, ha di usare 48 alternativamente e senza difficoltà due diverse lingue o anche, per estensione, due diverse varietà di una lingua, o la lingua letteraria e il dialetto. Cfr. Contento Silvana, Crescere nel bilinguismo. Aspetti cognitivi, linguistici ed emotivi, Roma, Carocci 49 editore, 2010, pp. 13-17 26 che sia necessario usare parole straniere per le cose nuove, come in inglese. La lingua anglosassone, infatti, ha sempre preso in prestito parole straniere provenienti dalle culture con cui è entrata in contatto e la loro diffusione non è mai stata limitata per via dell'assenza di un'accademia nazionale che si incaricasse di circoscriverli e di preservare la purezza della lingua nei paesi anglofoni. Altre società, invece, preferiscono creare equivalenti descrittivi, basati su propri modelli grammaticali o di formazione della frase, come in tedesco, in spagnolo e in francese. 3.2 i dialetti e le stratificazioni linguistiche in Italia Il dialetto è un sistema linguistico di ambito geografico o culturale per lo più limitato, che non ha raggiunto o che ha perduto autonomia e prestigio di fronte agli altri sistemi con i quali costituisce geneticamente un gruppo .  Queste lingue, strutturate su diversi livelli, sono in Italia 56 profondamente radicate. Nella situazione linguistica storica Italiana si possono riconoscere quattro gradi di specializzazione funzionale legati a comunità linguistiche via via più particolari e ridotte: l’italiano (riconosciuto ovunque come lingua standard), l’italiano regionale, il dialetto regionale ed il dialetto locale. L’esigenza di ordinare in base a precisi parametri il panorama delle parlate dialettali d’Italia è stata avvertita fin dagli albori della dialettologia scientifica , disciplina tradizionalmente nata con la rivista di Graziadio 57 Cfr. Ghirardelli Michele, Dialetto: definizione semplice di una parola controversa, in “Comitato per la 56 salvaguardia dei patrimoni linguistici”, https://patrimonilinguistici.it/dialetto-definizione/ La dialettologia è la disciplina linguistica che studia i dialetti nel loro contesto sociale e storico. In Italia 57 essa nacque tradizionalmente nel 1873 con la pubblicazione del primo numero dell'Archivio glottologico italiano. 29 Isaia Ascoli (anche se i tentativi compiuti in tal senso hanno trovato 58 molta difficoltà a coincidere alla luce di problematiche quali l’irriducibile arbitrarietà nella scelta dei tratti caratterizzanti i vari gruppi e il ricorso a criteri diversi e spesso eterogenei). Questa esigenza di categorizzazione dei dialetti deriva anche dal fatto che l’italiano comune è patrimonio relativamente recente e fino all’unificazione la discontinuità geografica ha favorito la frammentazione etnica e linguistica della Penisola (paragonabile, in tutto il dominio indoeuropeo, solo a quella dell’India). La situazione linguistica italiana, infatti, è diversa da quella di altre lingue europee (come il francese) perché ha conosciuto un’unificazione molto tardiva. Fino a quel momento l’Italia era divisa in vari stati in cui si parlava una lingua di koinè su base regionale e si scriveva una lingua 59 codificata dai grammatici del ‘500, che trovava riflessi nel vocabolario degli Accademici della Crusca, di cui la prima edizione nel 1612. Al momento dell’Unità vi sono già in commercio quattro edizioni del vocabolario, che adattano i criteri iniziali a nuove spinte e critiche, ma non tradiscono il modello di base: l’uso di un fiorentino letterario basato sulle produzioni degli scrittori trecenteschi. Con l’Unità d’Italia il problema dell’adozione di una lingua nazionale diventa una questione politica; è una necessità trovare una lingua veicolare che possa accomunare identitariamente le realtà che avrebbero costiutito il Regno d’Italia. Nel 1868, il ministro della Pubblica istruzione Emilio Broglio , nomina una commissione che nel dibattito linguistico 60 Graziadio Isaia Ascoli (Gorizia, 16 luglio 1829 – Milano, 21 gennaio 1907) linguista, glottologo, glottoteta e 58 docente italiano. Fu senatore del Regno d'Italia nella XVI legislatura. lingua comune, intesa come uso linguistico accettato e seguita da tutta una comunità, su un territorio 59 piuttosto esteso. Presenta caratteri uniformi, in contrapposizione ai dialetti locali e alle parlate regionali, territorialmente limitati e disformi. Ci si riferice, per estensione, a Koinè culturale quando si parla di una civiltà comune accettata da popolazioni diverse infatti. Emilio Broglio (Milano, 13 febbraio 1814 – Roma, 21 febbraio 1892) è stato un politico italiano. Fu ministro 60 della Pubblica Istruzione e ministro dell'Agricoltura, Industria e Commercio del Regno d’Italia. 30 sostiene la necessità di guardare al fiorentino parlato dalle persone colte come modello per la lingua unitaria, per la prima volta ponendo il ruolo della scuola come ruolo centrale, e la creazione e l’uso di Vocabolari bilingue italiano-dialetto. Al momento dell’Unità d’Italia la gran parte della popolazione, infatti, capiva e parlava solo il dialetto. Gli italofoni erano una sparuta minoranza (circa il 9,5% della popolazione), anche se era più elevata la quota di coloro che avevano una competenza passiva. Nel 1965, cento anni dopo l’unificazione, un arco di tempo che ha linguisticamente promosso la lingua italiana grazie soprattutto all’ipernazionalismo dei periodi bellici, l’ISTAT constata che il 60% della popolazione conosce ed è in grado di utilizzare il dialetto, il 50% lo alterna, il 40% conosce solo l’italiano mentre il 6/7% conosce esclusivamente il dialetto. È invece riportato, che oggigiorno “Si stima che il 45,9% della popolazione di sei anni e più si esprima prevalentemente in italiano in famiglia e il 32,2% sia in italiano sia in dialetto. Soltanto il 14% usa, invece, prevalentemente il dialetto. Ricorre a un’altra lingua il 6,9%” . 61 Se, ad oggi, per i dialetti non esistono tutele ufficiali a livello nazionale, la Costituzione della Repubblica Italiana prevede però, all’articolo 6, la tutela delle minoranze linguistiche. Tale tutela, tuttavia, è stata supportata da una legge specifica solo cinquant’anni dopo il 1° gennaio 1948, data dell’entrata in vigore della Costituzione. Il dialetto mantiene posizioni fortissime in alcune aree regionali: Veneto, Trentino, Campania, Calabria, Sicilia. In altre aree si rivela invece https://www.istat.it/it/archivio/20796161 31 CONCLUSIONI Sono stati toccati molteplici temi in questo elaborato per fornire una panoramica più ampia possibile del tema linguistico in senso lato. \È dunque evidente, alla luce di tutte le dinamiche sopra riportate, la incredibile stratificazione e l’impronta etnico-culturale di cui le lingue, di ogni sedimentazione, sono portatrici. Come abbiamo visto, è quindi attuale e non trascurabile l’interrogativo di come rendere il prossimo futuro linguisticamente sostenibile. Nonostante, come abbiamo visto, i fautori di un monolinguismo globale, antagonisti di una rigida tutela linguistica, sostengano la condivisione di una sola lingua come strumento in grado di coadiuvare la reciproca comprensione tra Stati (affermazioni di per sé gracili e ampiamente criticate), cercheremo di rispondere a questo tema schierandoci a sostegno di quella ecologia linguistica sana, in grado di affermare ricchezza, identità, valore culturale. Si può dunque affermare che sia realmente l’esperanto questa imprescindibile lingua in grado di rispondere alle esigenze dell’immediato futuro? Dalla mia prospettiva, nonostante questo idioma sia inequivocabilmente in grado di porre un freno alla predominanza anglofona, è concreto il rischio che esso possa rivelarsi della medesima insidiosità. Non vi è certezza infatti, che tale lingua, seppur artificiale, non si amplierà fino al punto di soppiantare la stessa posizione, privilegiata e deleteria, dell’inglese oggi. La risposta dunque, potrebbe non risiedere nell’affermazione “forzata” di un’unica lingua, artificiale o naturale che sia, bensì nel ricercare ed adottare uno scenario pluringe. È utile abbracciare l’ottica di una realtà di questo tipo in virtù della partecipazione alla vita sociale delle comunità, di 34 ciascun livello, a cui si appartiene: la consapevolezza della nostra identità plurilingue è infatti un ausilio al decentramento del nostro punto di vista del mondo e favorisce la costruzione e l’accettazione delle nostre identità ibride, multiple. Si vuole precisare, inoltre, come l’apprendimento di più lingue altro non comporti che l’ampliarsi degli orizzonti del parlante, senza controindicazioni o rischi di compromettere la capacità espressiva degli idiomi precedentemente appresi. La realtà linguistica mondiale è già di per sé, infatti, una predisposizione al multilinguismo, ma mentre questi può essere considerato proprietà del territorio, il plurilinguismo è proprietà dell’individuo. Se da un lato dunque, si può considerare l’adozione di uno scenario plurilingue come strumento di supporto ad un futuro sostenibile, dall’altro si può forse agire in modo complementare attraverso azioni mirate a tutela delle realtà locali. Tali azioni non potranno essere semplici e lineari, ma dovranno necessariamente avere tante declinazioni quante sono le situazioni interessate dalla questione. Consapevoli di tale complessità, la seconda risposta alla questione della sostenibilità linguistica potrebbe pertanto dipendere da una cooperazione tra strategie locali e nazionali, che possa produrre un modello generale maggiormente flessibile, in grado di adattarsi ed articolarsi in tanti singoli modelli “personalizzati”. E’ evidente, in tal senso, come non sia realistico proporre un progetto univoco che abbia validità ed efficacia a livello globale. La strutturazione di progetti mirati e concreti inoltre, diversificando dunque le azioni a seconda del singolo caso, dovrebbe avere l’ambizione di sollecitare realisticamente la discussione del tema. Dopotutto, il primo vero ostacolo è quello di portare alla luce queste tematiche: la materia dell’educazione linguistica è indiscutibilmente 35 lontana da un dibattito solido, e la sensibilizzazione, in primis istituzionale, del tema, rimane ad oggi scarsa. 36 Sacha Giordano Alessio, Anche la lingua vuole la sua ecologia (prima parte) alla ricerca di futuri linguisticamente sostenibili, in “Treccani”, 31 luglio 2019, https://www.treccani.it/magazine/chiasmo/lettere_e_arti/Periferia/ SSSGL_Anche_la_lingua_vuole_la_sua_ecologia_pt1.html Sacha Giordano Alessio, Anche la lingua vuole la sua ecologia (seconda parte) alla ricerca di futuri linguisticamente sostenibili, in “Treccani”, 2 agosto 2019, https://www.treccani.it/magazine/chiasmo/lettere_e_arti/Periferia/ SSSGL_Anche_la_lingua_vuole_la_sua_ecologia_pt2.html Sacha Giordano Alessio, Invasioni linguistiche e democrazia, in “Treccani”, 19 novembre 2018, https://www.treccani . i t /magazine/chiasmo/lettere_e_ar t i / Frontiere_confini/invasioni_linguistiche_democrazia.html Serenella Baggio, Lingue franche. Dall’yiddish, al pidgin africano, alla lingua franca parlata nei porti del mediterraneo, in “Unitrentomag”, 10 febbraio 2021, https://webmagazine.unitn.it/eventi/89029/lingue-franche Schirru Giancarlo, Il mito della globalizzazione linguistica, in “Italianieuropei”, 1 aprile 2002, https://www.italianieuropei.it/it/la-rivista/archivio-della-rivista/item/ 449-il-mito-della-globalizzazione-linguistica.html 39 Verolino Antonio, Il cambiamento linguistico: che cos’è e come funziona, in “Una parola al giorno”, 14 maggio 2020, https://unaparolaalgiorno.it/articoli/l-evoluzione-delle-parole/il- cambiamento-linguistico-che-cos-e-e-come-funziona-33 Zoppetti Antonio, Lingue franche e tirannia della maggioranza: latino, esperanto e inglese, in “Diciamolo in italiano”, 3 giugno 2019, https://diciamoloinitaliano.wordpress.com/2019/06/03/lingue- franche-e-tirannia-della-maggioranza-latino-esperanto-e-inglese/ 40 RINGRAZIAMENTI Questi tre anni di università sono letteralmente volati; complice la pandemia, non si è purtroppo potuti godere a pieno delle esperienze e delle attività che il nostro corso di studi poteva offrire. Nonostante questa eccezionale circostanza, sarò sempre grato a tutte le persone che hanno fatto parte di questo periodo della mia vita, rendendolo indimenticabile. Innanzitutto vorrei ringraziare il mio relatore, il professor Davide Astori, che mi ha aiutato a concludere al meglio questo ciclo di studi, seguendomi con pazienza nella stesura di questo elaborato. Ringrazio poi la mia famiglia che mi ha sempre sostenuto, permettendomi di arrivare fino a questo punto. Un grazie particolare va ai miei genitori che mi hanno sempre supportato con entusiasmo e guidatao in ogni mia scelta. Grazie a mia sorella Laura, sempre pronta a strapparmi un sorriso. Grazie a mio zio Spibla che mi ha tranquillizzato nei miei piccoli momenti di sconforto. Infine, grazie a tutti i miei compagni di università, nonché amici, che hanno reso speciale questo percorso di studi e che mi hanno aiutato ad affrontare anche la più piccola delle difficoltà. Ho conosciuto molte persone con le quali ho ad oggi un rapporto solido e che hanno contribuito a rendere questo periodo indimenticabile. 41
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