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geografia ambientale, Formulari di Geografia

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francescocst
francescocst 🇮🇹

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Scarica geografia ambientale e più Formulari in PDF di Geografia solo su Docsity! UNIVERSITÀ TELEMATICA PEGASO Corso di laurea in Scienze Motorie (L22) Anno Accademico RELATORE: CANDIDATO: Anno 2019-2020 Prof.ssa Antinea Ambretti Costarelli Francesco Mat. 050170407 La psicomotricità: aspetti educativi e riabilitativi. INDICE Introduzione 1 Capitolo 1. La psicomotricità: cenni storici 4 1.1 Basi epistemologiche 4 1.2 Basi neuro e psicofisiologiche 11 1.3 Gli ambiti della psicomotricità 16 1.4 L’ambito terapeutico 17 1.5 L’ambito educativo-preventivo 18 1.6 Come agisce concretamente la psicomotricità 20 Capitolo 2. La pratica psicomotoria di Bernard Aucouturier 23 2.1 Un grande maestro per imparare a lavorare con i bambini 23 2.2 I Fantasmi d’Azione 25 2.3 La teoria di B. Aucouturier 30 2.4 L’azione e l’espressività motoria 35 Capitolo 3. La psicomotricità in ambito educativo 37 3.1 La Psicomotricità come prassi educativa 37 3.2 Lo sviluppo della psicomotricità in ambito educativo 37 3.3 Il ruolo dello Psicomotricista 42 3.4 La figura dello psicomotricista 44 3.5 Le caratteristiche dei giochi dei bambini da zero a 8 anni 48 3.6 La musicoterapia come attività motoria compensativa ed educativa nella psicomotricità 54 3.6.1 La Musicoterapia Conclusione 78 Bibliografia 79 Ringraziamenti 87 3 umano” con l’obiettivo di ricercare diagnosi e metodi terapeutici. Dal punto di vista terapeutico, la musicoterapia è una disciplina paramedica che utilizza il suono, la musica, il movimento, per aprire canali di comunicazione, con obiettivo di attivare il processo di socializzazione e inserimento sociale. Comunque la definizione che Benenzon preferisce dare è: “la musicoterapia è una tecnica psicoterapeutica, che utilizza il suono, la musica, il movimento corporeo, con l’obiettivo di migliorare la qualità della vita e recuperare i pazienti per la società”, precisando che comunque si tratta di una disciplina scientifica. La musicoterapia si occupa della ricerca del complesso “suono-essere umano”: questo complesso è formato da elementi capaci di produrre stimoli sonori. La musicoterapia analizza elementi come il silenzio, i suoni interni del corpo, i suoni armonici, ritmici e melodici, le vie di propagazione delle vibrazioni sonore, gli organi recettori di questi stimoli, la ricezione da parte del sistema nervoso e la sua relazione col sistema endocrino, parasimpatico ecc, la reazione psicobiologica e l’elaborazione della risposta, la risposta comportamentale, motoria, sensoriale, di comunicazione attraverso il grido, le lacrime, la danza ecc. Spero che la lettura di questo elaborato risulti chiara e comprensibile, e che riesca a catturare l’attenzione e l’interesse di quanti lo leggeranno. 4 CAPITOLO 1 La psicomotricità: cenni storici Due sono i campi di studio che sviluppandosi nel Novecento hanno portato alla formazione della teoria psicomotoria: quello filosofico/psicologico e quello neurologico. 1.1 Basi epistemologiche Coste definisce la psicomotricità come una tecnica che utilizzando gli apporti di numerose scienze quali biologia, psicologia, psicoanalisi, sociologia e linguistica, trova una sua dimensione applicativa anche in campo riabilitativo. Molti autori concordano nel far risalire la psicomotricità a quel filone della neurologia che, permeata dalla lunga tradizione filosofica cartesiana, legava ogni manifestazione patologica del movimento a una corrispondente lesione cerebrale. Tra il 1909 e il 1913 Duprè1 sosteneva l’esistenza di un parallelismo tra disordine motorio e disordine psichico . Secondo questo autore ai disturbi motori (“débilité e motrice”) imputabili a sincinesie (movimento involontario di un gruppo muscolare quando viene effettuato un movimento volontario di un altro gruppo), paratonie (difficoltà di controllo della direzione o della coordinazione del movimento con risultati non efficaci o non adeguati, a volte bruschi, a volte lenti o anti-economici) e risposte maldestre, corrispondevano disturbi di natura mentale, in un “insieme solidale e interagente” tale da costituire delle vere e proprie “coppie psicomotorie”.La novità di questo approccio consisteva nel fatto che il corpo veniva considerato nella sua complessità di rapporto tra dimensione motoria e dimensione psichica, anche se le tecniche di intervento riabilitativo e terapeutico consistevano ancora nell’individuare attraverso test appositi e correggere i disturbi, metodologia che rifletteva il 1 Ernest Duprè, (1862-1921), psichiatra e psicologo francese. Dopo anni di studio nel 1981 ricoprì la carica di dottore in medicina, successivamente divenne professore di psichiatria presso la facoltà di medicina a Parigi. Duprè ha segnato la storia della psichiatria francese introducendo nuovi concetti tra i quali: la mitomania, l’isteria e la debilità motoria. 5 determinismo del tempo. La psicoanalisi intanto faceva il suo ingresso nel panorama scientifico e culturale portando la sua idea di corpo come fonte di pulsioni. Tra i principi del modello psicoanalitico freudiano vi è la distinzione tra espressione e contenuto.L’individuo è una complessità di forze, di movimenti, di azioni, di motivazioni intensione tra loro che sono il risultato di spinte più inconsce. Ciò che appare è l’equilibrio di questo gioco di forze. Quando, a seguito di uno stress, di un evento traumatico o altro questo equilibrio si “inceppa”, l’io si indebolisce e appaiono i sintomi, che sono il tentativo della persona di tenere sotto controllo le spinte inconsce non più in equilibrio. L’aiuto esterno di un analista può re-innescare un equilibrio positivo. L’analista, attraverso il detto e il non detto, attraverso le resistenze, cerca di leggere la vita psichica del paziente, intuire quali situazioni e cose hanno scatenato il sintomo che protegge l’equilibrio della persona, e attraverso lo strumento del transfert si fa carico di questi elementi, cerca di depurarli della loro carica destabilizzante e di restituirli al paziente. Attraverso un percorso di consapevolezza, cioè, il paziente può modificare i propri processi psichici interni e stare meglio .La psicomotricità ha tratto molti spunti dagli studi psicoanalitici e in particolare dagli studi sulla vita psichica del bambino. Gli studi di H. Wallon, psicologo e pedagogista francese, e di J.Piaget (1896-1980), psicologo svizzero, si concentrano sul tono (corrispondente alla tensione muscolare), sulla postura, sulla mimica e sulla motricità (l’attività cinetica rivolta al mondo esterno) e affiancano a questi aspetti “le componenti emozionali ed affettive che secondo questi autori contribuiscono all’organizzazione progressiva della conoscenza” ,individuando nel movimento la base del linguaggio e dell’intelligenza. Per Wallon ogni atto motorio ha come trama un tono muscolare legato alla componente affettiva primitiva che il bambino ha costruito attraverso il “dialogo tonico”. Il concetto di dialogo tonico è legato alla psicoanalisi infantile.2 Alla nascita, il 2 Wallon,,H.,(1980) . L’evoluzione psicologica del bambino. Torino: Bollati Boringhieri,. p. 32-33. 8 aveva fattol’esercizio correttamente da chi lo aveva sbagliato” . Il corpo era ancora qualcosa da addestrare, allenare al fine di acquisire le necessarie competenze. Quindi, quando alcuni insegnanti di educazione fisica sentono la necessità di ridare fiato anche da un punto di vista pedagogico a questa disciplina, trovano nell’educazione psicomotoria lo sbocco più naturale. Gli influssi delle teorie psicoanalitiche fanno sì che nella pratica psicomotoria“emerga la dimensione terapeutica centrata sull’aspetto affettivo rispetto all’aspetto rieducativo sospettato di agire solo a livello sintomatico”. A questo proposito il neuropsichiatra francese J. De Ajuriaguerra (1911-1993) introdurrà una lettura dei “disturbi psicomotori, o meglio le turbe psicomotorie”come sintomi legati “al controllo tonico- emozionale e alla costruzione della relazione”, che rivelano le difficoltà del bambino a “modulare le proprie reazioni tonico- emozionali alle stimolazioni del mondo esterno e alla relazione con gli altri”.10 Negli anni ’70, con La Pierre e Aucoutourier, la psicomotricità prende decisamente due indirizzi diversi. Da una parte la corrente funzionalista della terapia psicomotoria di Le Boulch e Vajer, che affermano “che aiutando il bambino a superare i suoi problemi affettivi scompaiono anche i problemi funzionali”; dall’altra La Pierre e Aucoutourier con la loro idea che la terapia deve prendere in carico il bambino, non rivolgersi specificatamente ai suoi sintomi ma a tutte le sue manifestazioni corporee in un ambito di relazione e di comunicazione fra bambino e terapeuta. La Pierre e Aucoutourier saranno i modelli più seguiti dalle scuole di psicomotricità italiana. In particolare Aucoutourier sarà il principale rappresentante di quell’area che ha amalgamato alcune tematiche della psicoanalisi a quelle dell’espressività motoria, dell’azione e dell’interazione. Aucoutourier ritiene che l’azione in terapia sia trasformazione reciproca tra terapeuta e bambino. Il bambino sviluppa nei primi mesi di vita delle rappresentazioni inconsce di piacere o dispiacere, legate 10 De Ajuriaguerra, J.,(1993) .Manuale di Psichiatria del bambino. Milano: Masson Ilatia Editore,p. 917. 9 al movimento e ai vissuti relazionali di soddisfazione o non soddisfazione dei bisogni primari. Aucoutourier li chiama “fantasmi d’azione”, che nei primi anni di vita il bambino trasferisce in maniera simbolica sulla motricità o sulle sue relazioni.11 Nel caso di movimenti o vissuti relazionali non positivi, il bambino negli anni a venire riproporrà nel proprio agire o nelle sue relazioni questi “fantasmi d’azione”, che sono una sorta di riattualizzazione simbolica, nel tentativo di superare l’angoscia a essi collegata. Lo psicomotricista nella sua capacità di cogliere la ripetizione e lo schema di azione si propone come partner per un processo di ”rassicurazione profonda”,dove cerca di caricare su di sé il vissuto emozionale, ovvero le angosce primitive a esso collegate, e trasformarlo in una logica di piacere.( NOTA VECCHIATO) Un altro importante tassello epistemologico alla pratica psicomotoria viene dalla teoria dell'attaccamento di J. Bowlby (1907-1990) e dagli studi sul MOI(Modello operativo interno) Bowlby, psicoanalista, compie una serie di studi negli orfanotrofi, sulle conseguenze delle privazioni delle cure materne. Accogliendo i contributi del cognitivismo, della biologia e dell’etologia definisce l’attaccamento come la tendenza innata dell’uomo come degli animali, a cercare protezione presso figure ben conosciute in situazioni di stress, pericolo o dolore. Dall’analisi del comportamento Bowlby parla del “comportamento di attaccamento”, che definisce come quello organizzato all’interno del sistema nervoso centrale del bambino e che viene attivato come reazione alla separazione dalla figura di riferimento. Bowlby e Ainsworth hanno definito l’attaccamento fondamentale per la sopravvivenza e hanno dimostrato come lo sviluppo armonioso della personalità del bambino dipenda da un adeguato attaccamento alla figura materna (o anche a un’altra figura di attaccamento). Inoltre il modello dell’attaccamento creatosi durante l’infanzia è destinato a rimanere relativamente stabile durante tutta la vita,anche se cambiano le circostanze che lo causano. 11 Aucouturier, B.,(2005) .Il metodo Aucouturier, Fantasmi d’Azione e Pratica Psicomotoria. Milano: Franco Angeli, p.106. 10 A dimostrazione delle sue tesi la Ainsworth creò un test, lo “strange situation”,secondo cui le reazioni di un bimbo di fronte a un estraneo sono di tre tipi:SICURO, INSICURO-EVITANTE, INSICURO- AMBIVALENTE. Il livello di sicurezza manifestato nel legame primario di attaccamento viene considerato l’elemento determinante nello sviluppo dei modelli operativi interni del bimbo. Secondo Bowlby questi modelli vengono interiorizzati nei primi annivita e sono delle rappresentazioni mentali che veicolano la percezione degli eventi. Consentono all’individuo, sulla base del passato, di valutare la situazione, costruirsi un’aspettativa e fare la migliore scelta possibile. Permettono al bambino, e poi all’adulto, di prevedere il comportamento dell’altro guidando le risposte, soprattutto in situazioni di ansia o di bisogno. Sono comunque modelli che possono ridefinirsi sulla base dei cambiamenti della realtà esterna del cambiamento di atteggiamento della figura di attaccamento, della relazione con la figura di attaccamento che cambia con il mutare del bambino.12 In Italia si considerano di formazione Aucoutourier autori quali Vecchiato, Berti, Comunello e Nicolodi, i quali hanno intrecciato temi dell’azione e dell’interazione con i contributi delle teorie della comunicazione e dell’analisi semiotica. C’è da precisare che Berti, Comunello e altri, criticano la lettura in chiave psicoanalitica della prassi psicomotoria. Sottolineano che vedere il corpo e le sue manifestazioni come la scorciatoia per l’inconscio non fa capire cosa differenzi le due discipline. Sollevano dubbi su come utilizzare in psicomotricità quelli che sono gli strumenti principali dell’analisi, ovvero il linguaggio e il transfert. Inoltre Berti e Comunello evidenziano un’altra fondamentale differenza con la psicoanalisi, cioè che questa lavora anche sul perché. Per la psicomotricità,invece, è essenziale basarsi sul “qui ed ora”, vale a dire lavorare su quello che succede nel momento della 12 Bowldy, J., (1976). L’attaccamento alla madre. Torino :Boringhieri, p. 65. 13 circuito nervoso”, cioè un sistema nervoso completo, funzionante e predeterminato geneticamente. Le prime esperienze sensoriali motorie e relazionali del neonato prima e del bambino poi saranno quelle che determineranno le differenze individuali. La vita di relazione del bambino, le sue esperienze attraverso il corpo, il movimento, l’adattamento all’ambiente con il quale è in interazione stimolano sempre di più il sistema nervoso arricchendolo di interconnessioni. Si sviluppano quelli che Vecchiato definisce metacircuiti neuronali, che collegano i centri sottocorticali tra loro e con la corteccia cerebrale superiore; essi non sono predeterminati, ma la loro quantità e qualità è conseguente al tipo di esperienze. Si completa la mielinizzazione14 delle vie nervose, che renderanno più veloci e sempre più funzionali all’ambiente le risposte favorendo la qualità della vita di relazione del bambino e sviluppando quindi la progressiva conoscenza e consapevolezza del mondo circostante. I circuiti che si costituiranno, così come la capacità di far partecipare progressivamente i centri corticali superiori, dipenderanno in gran parte dalle esperienze che accompagneranno il bambino nel suo processo maturativo. Eventi stressanti, stimoli emozionali troppo forti o anche infezioni virali o batteriche possono danneggiare o alterare la costruzione dei metacircuiti. Per esempio, di fronte a uno stress, al fine di renderlo più sopportabile, l’informazione può essere ramificata in troppe vie nervose e provocare risposte adattive non adeguate, oppure lo stimolo può non arrivare ai centri superiori, causando solo una risposta di tipo istintuale. I metacircuiti, infatti, sono programmati a reagire in autonomia e velocemente agli stimoli favorevoli/sfavorevoli e un’azione/reazione di sopravvivenza in termini di adattamento, e, nel caso, non trasmettono le informazioni alla corteccia cerebrale o lo fanno solo a risposta già avvenuta. Sarà la seconda area nervosa, o sistema limbico, chiamato anche centro dell’emotività, dove hanno sede i dati di natura sensoriale 14 Si intende la formazione della guaina mielinica, ovvero il completamento dei processi di maturazione del sistema nervoso, che ha inizio nel tardo periodo fetale per finire con le aree associative del lobo frontale verso la fine dell’adolescenza. 14 (olfatto, vista…) che discriminerà più dettagliatamente lo stimolo in entrata garantendo una risposta. Si intende la formazione della guaina mielinica, ovvero il completamento dei processi di maturazione del sistema nervoso che ha inizio nel tardo periodo fetale per finire con le aree associative del lobo frontale verso la fine dell’adolescenza adattiva più precisa ma meno immediata. È un cervello ancora intuitivo ma più vicino alla vita affettiva, che riesce a funzionare per analogia ampliando la gamma delle risposte. Man mano che le informazioni arrivano ai centri superiori, troveranno la neocorteccia, caratteristica dei mammiferi più evoluti, che si distingue nei due emisferi cerebrali (destro e sinistro), sede della conoscenza, del pensiero razionale, del linguaggio, dell’espressione, dove i centri nervosi memorizzeranno le informazioni e favoriranno il passaggio ai dati certi del pensiero logico, dei sentimenti e della morale. Quindi, nei primi tre anni di vita, un bambino comincia a sviluppare una serie di collegamenti, ma non è ancora in grado di dare risposte adattive adeguate attraverso una scelta volontaria, poiché i collegamenti tra centri sottocorticali e cerebrali non sono ancora sufficientemente coordinati.15 La relazione con l’ambiente stimolerà la quantità e la qualità di connessioni, cosicché dopo i 3 anni il bambino comincerà a selezionare volontariamente le risposte adattive e cominceranno a vedersi le differenze acquisite. A partire dai 7-8 anni i processi mentali acquisiranno predominanza su quelli corporei fino allo sviluppo del pensiero logico e astratto che si affermerà verso gli 11-12 anni.16 Nella misura in cui si svilupperanno i processi mentali e il funzionamento delle aree superiori, l’individuo aumenterà il controllo sulla propria vita e sulla vita di relazione. Negli anni ’70, la scelta di un gruppo di scienziati di diversa formazione – fisiologi, biochimici, matematici, fisici, chimici, microscopisti – di unire i loro studi fa nascere quella branca di studi denominata neuroscienza. 15 Di Terlizzi, E., (2011). Capacità attentive e interazioni sociali nel primo mese di vita. Roma : La scuola, p. 78-83. 16 Pisaturo, C., (1996). Appunti di Psicomotricità. Piccin: Nuova Libreria,p. 78-86. 15 Questa branca di studi avvalora ancora di più la tesi per cui il corpo è intelligente, si emoziona, e le esperienze corporee influenzano gli aspetti cognitivi. Le neuroscienze cominciano a parlare di “cervello chimico”, con particolare riferimento a delle molecole, i peptidi che “nuotano” nello spazio esterno delle cellule disseminando informazioni in tutto il corpo. Si vuole dire che l'intelligenza è situata non soltanto nel cervello, ma anche in cellule che sono distribuite in tutto il corpo, dimostrando scientificamente che la tradizionale separazione dei processi mentali dalle emozioni e dal corpo non ha ragione d’essere. Candace B. Pert ci racconta che i neuropeptidi, o “cellule dell’informazione”, sono considerati le unità base del linguaggio usate dalle cellule di tutto il corpoper comunicare. L’informazione passa dal neuropeptide alla cellula tramite i recettori, proteine localizzate sulla superficie o all'interno delle cellule in grado di riconoscere e unirsi al portatore di informazione, cioè il neuropeptide affine. Il legamento è molto selettivo e avviene solo in base alla specificità del recettore, la Pert porta a titolo esemplificativo l’immagine della chiave nella serratura. I suoi studi hanno seguito il percorso dei neuropeptidi, che sicuramente hanno come snodo il cervello, ma si creano in tutto il corpo. Essi elaborano, connotano l’informazione in base a fattori biologici e mentali e passano l’informazione al recettore, che a sua volta la trasmette alla cellula. Il messaggio penetrato nella cellula può modificare il suo stato. Si avvia cioè una reazione a catena di eventi biochimici che coinvolge tutto il corpo e può causare cambiamenti nel comportamento, nella memoria, nell’attività fisica. Nel campo educativo, per esempio, questa reazione può spiegare scientificamente come l’elaborazione di ciò che si è studiato può essere bloccata dal sopraggiungere anche chimico di un emozione. Anche le recenti scoperte sui neuroni specchio confermano una profonda connessione tra processi percettivi, cognitivi e motori. Confermano infatti che la corteccia motoria sarebbe implicata nei processi della percezione, del riconoscimento degli atti altrui, 18 comunicazione con sé e il bambino, la metodologia utilizzata, la competenza e l’intuizione, cerca di leggere nel gioco del bambino il “bisogno” che sta cercando di soddisfare. Infatti, come spiega Aucoutourier, il disturbo psicomotorio nasce in seguito a un atteggiamento non adeguato ai bisogni e ai ritmi della prima infanzia che il bambino cerca di superare attraverso la rassicurazione che il gioco può dare. Dalla lettura e dalla soddisfazione di questi bisogni si può cominciare a costruire una relazione, al fine di produrre un cambiamento e sostenere il suo percorso evolutivo facilitando l’utilizzo delle risorse personali . Oppure, come dice Nicolodi, si possono “rimettere in moto i meccanismi evolutivi che la patologia ha interrotto o reso in ogni caso non particolarmente funzionanti”. 1.5 L’ambito educativo-preventivo Luisa Formenti18 racconta che oggi le finalità di un intervento psicomotorio in ambito educativo-preventivo – come potrebbe essere un progetto di offerta formativa scolastica – sono principalmente promuovere “lo stare bene a scuola”. Nel dettaglio: • sostenere l’autostima del bambino valorizzando ciò che sa fare, riconoscerlo come bambino competente creativo e in grado di esser parte del proprio percorso di crescita; • favorire l’“alfabetizzazione emozionale”: attraverso il gioco i bambini possono dare un senso e un nome alle loro emozioni; • segnalare situazioni di disagio e/o di deficit, promuovere interventi educativi e/o diagnostici19; • fornire uno spazio di sostegno allo sviluppo dell’identità di ogni 18 Luisa Formenti è insegnante e psicomotricista, autrice del libro “Psicomotricità, educazione e prevenzione”, promosso dal Gruppo Nazionale ANUPI, per la progettazione e la ricerca in ambito socio-educativo, Erickson (2006). 19 Una ricerca commissionata dall’osservatorio per l’infanzia e l’adolescenza (Lucangeli et al 2006:3) rileva come vi siano segnalati predittivi di rendimenti scolastici inferiori alle capacità dell’alunno già nella prima classe della scuola primaria, e in alcuni casi anche dalla scuola dell’infanzia.. 19 bambino tra maschile e femminile, tra dipendenza e autonomia, tra emozionalità e razionalità, tra leader e gregario; • sostenere il passaggio dallo spazio motorio (inteso come scuola materna) allo spazio cognitivo (inteso come scuola elementare), integrando il piacere dell’azione al piacere epistemologico; • favorire nell’insegnante una percezione del suo alunno diversa da quella che gliene deriva dalla conoscenza in classe, promuovendo una pedagogia dell’ascolto e dell’accoglienza che facilmente innescherà modelli didattici virtuosi, e fornire agli insegnanti un supporto alla gestione delle dinamiche interpersonali che si sviluppano all’interno dei gruppi classe; • lasciare, come dice LaPierre (1978), che le pulsioni di vita si esprimano, favorire la loro evoluzione per portarle a livelli di espressione più astratti aiutando la scuola a non diventare una ”fabbrica di disadattati”. In Italia, la psicomotricità fece il suo ingresso nella scuola dell’obbligo nella seconda metà degli anni ‘70 con l’inserimento dei bambini disabili nelle classi. Funzionalmente – ed è tutt’ora – uno strumento di integrazione e soprattutto di potenziamento delle loro abilità motorie di base (recupero funzionale). Le aule di sostegno attrezzate a questa attività si arricchiscono di oggetti che, oltre a rispondere alla funzione ludica, possono essere utilizzati per potenziare le abilità motorie, ma anche sociali e comunicative . La psicomotricità è diventata così sempre più importante e significativa non solo per i bambini con una ricerca commissionata dall’osservatorio per l’infanzia e l’adolescenza rileva come vi siano segnali predittivi di rendimenti scolastici inferiori alle capacità dell’alunno già nella prima classe della scuola primaria, e in alcuni casi anche dalla scuola dell’infanzia. Lo psicomotricista ha le competenze per leggere un eventuale andamento disarmonico a partire dai primi traguardi evolutivi cruciali, quale la deambulazione autonoma e la padronanza dei prerequisiti linguistici; e quindi promuovere l’agio prima che il disagio diventi difficoltà, interferendo poi nella riuscita scolastica. handicap, ma per tutte le persone che 20 vivevano la scuola, in quanto veniva dato uno spazio ufficiale ad aspetti quali i tempi personali, le differenti modalità di apprendimento, gli spazi di libertà. 1.6 Come agisce concretamente la psicomotricità A livello pratico, una seduta psicomotoria prevede alcuni elementi fondamentali: la sua stessa struttura, in termini di spazio e tempo; il gioco, attraverso cui eventuali disturbi si manifestano, si analizzano e si affrontano; e la figura dello psicomotricista, la cui formazione costituisce il vero fattore terapeutico. La pratica psicomotoria Momento centrale della pratica psicomotoria è il gioco. Raccogliendo l’eredità della Klein – il gioco come equivalente alle libere associazioni dell’adulto –, di Anna Freud – il gioco come modalità di accesso al mondo psichico interno del bambino –, di Winnicott – il gioco terapeutico di per sé –,racconta come il gioco diventa “lo strumento privilegiato per conoscere, esprimere, elaborare tutto il mondo interno del bambino e confrontarsi con quello esterno”. Secondo Paola Mannuzzi (2002) il gioco è invece ancora adesso ammesso nella scuola solo come premio/punizione per la corretta gestione da parte dei bambini della parte faticosa dell’apprendimento (è uso frequente a scuola far saltare la ricreazione come punizione per comportamenti non adeguati). La pratica psicomotoria lo propone come momento fondamentale sia di per sé, nella sua dimensione di divertimento di momento creativo libero e spontaneo, sia nel suo utilizzo come strumento di valorizzazione del bambino e della sua funzione evolutiva. Il bambino si muoverà all’interno dello spazio psicomotorio divertendosi prima di tutto, e attraverso il gioco metterà in gioco se stesso, le sue paure, le sue inibizioni, la sua iperattività la sua aggressività, la sua voglia di creare, la sua voglia di confrontarsi con i pari, di trovare soluzioni attraverso il corpo, il tono, le posture, il bambino esprime sia il piacere della relazione sia tutte le forme di disagio, in quanto, come 23 CAPITOLO 2 La pratica psicomotoria di Bernard Aucouturier “L’evoluzione affettiva, cognitiva e motoria del bambino possono avvenire solo dando al bambino libertà di movimento ed espressione in un quadro di sicurezza; accogliendo le sue emozioni, dalle più felici alle più dolorose, come valori profondi della sua storia relazionale; ricercando il piacere di comunicare, con proposte sempre adattate allo stato tonico-emozionale del bambino.” 2.1 Un grande maestro per imparare a lavorare con i bambini. Bernard Aucouturier1 è nato nel 1934 in un villaggio francese vicino Tours, ultimo di quattro figli, da genitori che facevano gli insegnanti e seguivano la pedagogia attiva Freinet2, un metodo che dava molta libertà al bambino. Nell’infanzia lo lasciarono libero di non frequentare la scuola, di scoprire la natura e i lavori dei campi. Sia il padre, che dipingeva, praticava sport e si occupava di cinema e teatro popolare, sia la madre, impegnata in politica, ebbero una grande influenza su di lui e lasciarono tracce profonde nel suo lavoro successivo. Laureatosi in educazione fisica, Aucouturier3 si interessa ai lavori di Jean le Buolch4, Pierre Vayer5 e André Lapierre6 1 Bernard Aucouturier, (Tours, 8 Aprile 1934) pedagogista, psicomotricista, educatore, terapeuta e professore di educazione fisica francese, intraprese gli studi universitari di Educazione Fisica all’ Università d’ Education Nationale. Negli anni successivi si specializzò nel campo psicomotorio e della comunicazione non verbale. Conseguì la Laurea ad honorem dall’ Accademia di Medicina di Francia e il Premio di tesi dal Ministero dell’ Educazione Nazionale Francese. E’ stato Presidente Fondatore dell’ As.E.E.Fo.P. e Formatore alla PPA. 2 Freinet, C.,(1974). Pensiero pedagogico. Firenze: La nuova Italia,p. 8-9. 3 Aucouturier, B., (2005) .Il metodo Aucouturier. Fantasmi d’ azione e Pratica Psicomotoria. Milano :Franco Angeli, p. 79-89. 4 Le Boulch,, J,. (1975) .Verso una scienza del movimento umano. Introduzione alla psicocinetica. Roma : Armando Editore, p.56-79. 5 Vayer,, P., (1987).Educazione psicomotoria nell’ età scolastica. Roma : Armando Editore, p.25-30. 6 Lapierre, A. , Aucouturier, B., (1982). Il corpo e l’ inconscio in educazione e terapia. Roma :Armando Editore, p. 75. 24 sull’analisi del movimento e la psicomotricità e studia grandi pedagogisti come Montessori7, Dewey, Decroly, Freinet, Makarenko e Alexander Ne ill, ai quali aggiunge lo studio della psicanalisi freudiana, della Dolto, di De Ajurriaguera.Comincia a esercitare a Lione nel 1959 come insegnante di educazione fisica, e quando viene chiamato a far parte di un’équipe che si occupa di bambini sordi decide di svolgere a tempo pieno la propria attività a servizio dei bambini in difficoltà. Nel 1962 inizia a lavorare presso il Centro di Rieducazione Fisica di Tours, dedicandosi ai bambini che presentano disturbi morfologici e funzionali o, in certi casi, gravi disturbi del comportamento. Nel 1967 fonda la “Societéfrançaise d’Education et de Reéducation Psychomotrice” insieme ad André Lapierre e Pierre Vayer8, coinvolgendo numerosi specialisti – neuropsichiatri, psicanalisti, psicoterapeuti – interessati a un approccio relazionale tramite il corpo e il movimento, che iniziano a frequentare il Centro di Tours, vero e proprio laboratorio di esperienze educative e cliniche, per studiare il suo lavoro e discutere sulla pratica psicomotoria che progressivamente si va strutturando. Dal 1969, contemporaneamente al lavoro nel Centro di Tours, insegna presso il Centro di formazione per insegnanti di bambini disadattati, esperienza che si rivela importante per la sua elaborazione teorico-pratica in campo educativo e terapeutico, basata su un’idea di persona considerata nella sua globalità, ovvero corporeità, intelligenza e affettività tra loro profondamente interagenti. L’attività rivolta ai bambini mira a favorire lo sviluppo, la maturazione e l’espressione delle loro potenzialità a livello motorio, affettivo, relazionale e cognitivo, per aiutarli a crescere armoniosamente, accompagnando e favorendo il 7 Maria Montessori, perviene all'educazione non dalla pedagogia ma dalla medicina. Nasce a Chiaravalle nel 1870 e frequenta la facoltà di medicina a Roma. Ella è molto attiva nei problemi sociali infatti partecipa al movimento di emancipazione femminile. Dopo essersi laureata diviene assistente alla clinica psichiatrica dell'università di Roma e si interessa dell'educazione dei disadattati. Si interessa alla letteratura francese dei primi decenni dell'800 che parla di bambini abbandonati nelle foreste della Francia, quindi Itard e Seguen, si convince che un'educazione adeguata può permettere l'inserimento dei bambini diversi nella società. Nel 1898 in un congresso a Torino presenta i risultati delle sue prime ricerche e viene in breve nominata direttrice della scuola magistrale ortofrenica di Roma. Nel 1907 apre la prima casa dei bambini e nel 1909 pubblica “Il metodo della pedagogia scientifica applicato all'educazione infantile delle case dei bambini”. Nasce il movimento montessoriano con corsi appositi per la formazione degli insegnanti, nel 1924 nasce l'opera nazionale Montessori e la scuola magistrale Montessori poi chiusa durante il fascismo. Emarginata dalla cultura fascista si trasferisce all'estero e diffonde il suo metodo in Europa e nel mondo. Muore in Olanda nel 1952. 8 Vayer, P., (1977). Educazione psicomotoria nell’ età scolastica. Roma : Armando Editore, p. 288-306. 25 processo di crescita e di strutturazione dell’identità. Aucouturier si occupa anche di bambini handicappati, pensando di poterli aiutare a uscire dal loro isolamento per comunicare. Dal 1970 al 1973, per esempio, si impegna con Bruno, un bambino cerebroleso che non possiede il linguaggio, in una terapia d’aiuto in cui il bambino è l’attore e il terapista si adatta a lui senza pretendere di correggere qualcosa nel suo comportamento. La terapia consiste nell’incontro col bambino a livello non verbale, base di ogni futura evoluzione. In quei tre anni Bruno si apre alla comunicazione e pronuncia le prime parole.Nel 1985 il Centro di Tours prende il nome di Centro di Pratica Psicomotoria e Aucouturier9 abbandona i principi della ginnastica correttiva a favore di una pedagogia basata sul rispetto della morfologia di ogni bambino e del loro piacere di esprimersi attraverso il movimento, da applicare in generale anche negli asili e nelle scuole materne. Il centro non esiste più dal 1996, data del pensionamento di Aucouturier, ma nel frattempo, fin dagli anni Settanta, sono state aperte scuole di formazione basate sul metodo Aucouturier in Italia, in Spagna, Portogallo, Belgio e Germania, oltre che in America del Sud. Attualmente Bernard Aucouturier continua la sua intensa attività professionale, conduce stage di formazione personale e partecipa a seminari teorici in molti Paesi del mondo. 2.2 I Fantasmi d’Azione. Aucouturier10 ritiene che un punto di riferimento importante nella pratica psicomotoria è il concetto di “fantasma di azione”, generato dalle esperienze corporee condivise tra madre e bambino. I fantasmi d’azione animano tutte le attività e i giochi del bambino, facilitandogli l’accesso ad un senso di continuità del piacere di essere se stesso ma aperto agli altri. Egli afferma che la psicomotricità, in generale, è un invito a comprendere ciò che il bambino esprime del suo mondo interno attraverso il movimento. È un invito a cogliere il senso dei 9 Andrè Lapierre, Bernard Aucouturier, (1978). La simbologia del movimento: psicomotricità ed educazione. Cremona: Ed. psicologiche, p. 67-70. 10 Aucouturier , B,.(2005) .Il metodo Aucouturier. Fantasmi d’azione e pratica psicomotoria. Milano: Franco Angeli p. 56-59 28 nello stesso supporto biologico, una riserva di engrammi d’azione derivati da esperienze dolorose, provocate dall’insuccesso ripetuto delle azioni di trasformazione. Noi li definiamo “engrammi d’inibizione”, poiché creano un blocco neurobiologico che arresta o inibisce la circolazione degli engrammi di azione e l’affetto di piacere. Gli engrammi di inibizione spiegano i disturbi somatici precoci del lattante associati ad una sensazione di vuoto. Nella vita futura, le situazioni di sofferenza affettiva ritualizzeranno l’affetto di dispiacere degli engrammi dolorosi dell’infanzia. Gli engrammi d’azione e di inibizione, inscritti nello stesso sistema neurobiologico, interagiscono e formano la struttura tonico-affettiva di base di ogni individuo. Da questo momento il bambino ha assolutamente bisogno, per la sua sicurezza e il suo sviluppo, di un nuovo involucro protettivo e lo costituir gradualmente sulla base delle azioni inscritte nel suo corpo. All’interno dell’involucro protettivo comune, madre e bambino vivono armonie toniche e ritmiche fondamentali per una giusta percezione dei ritmi esterni ai quali il neonato devo pian piano adattarsi. È un primo contenente che permette al bambino di dedicarsi allo sviluppo delle proprie competenze in condizioni favorevoli: egli potrà allora lasciar andare il suo corpo e aprirsi poco a poco al mondo esterno, perché non è più solo. Vive un’unità duale di piacere interiorizzata , nella quale vive se stesso ma, insieme anche la madre. Alla costituzione dell’unità di piacere partecipano altre funzioni e in particolare la funzione proprio recettiva. Quando il neonato viene toccato, spinto, accarezzato, trasportato, sollevato, posato, girato, tirato-manipolazioni che si riproducono come rituali secondo ritmi precisi- partecipa attivamente a questa trasformazione proveniente dall’esterno e prova un piacere tale da sentirsi unificato, pieno. Il livello di unità prodotto dal piacere delle trasformazioni corporee, segna una tappa fondamentale nell’evoluzione del bambino: l’inizio dello sdoppiamento dell’unità duale e l’acquisizione dei confini tra il dentro e il fuori di sé e dell’altro. L’unità apre anche il neonato alla percezione della madre come oggetto separato da sé, oggetto che paradossalmente ricercherà, essendo origine del suo piacere, della sua UNIVERSITÀ TELEMATICA PEGASO Corso di laurea in Scienze Motorie (L22) Anno Accademico RELATORE: CANDIDATO: Anno 2019-2020 Prof.ssa Antinea Ambretti Costarelli Francesco Mat. 050170407 La psicomotricità: aspetti educativi e riabilitativi. INDICE Introduzione 1 Capitolo 1. La psicomotricità: cenni storici 4 1.1 Basi epistemologiche 4 1.2 Basi neuro e psicofisiologiche 11 1.3 Gli ambiti della psicomotricità 16 1.4 L’ambito terapeutico 17 1.5 L’ambito educativo-preventivo 18 1.6 Come agisce concretamente la psicomotricità 20 Capitolo 2. La pratica psicomotoria di Bernard Aucouturier 23 2.1 Un grande maestro per imparare a lavorare con i bambini 23 2.2 I Fantasmi d’Azione 25 2.3 La teoria di B. Aucouturier 30 2.4 L’azione e l’espressività motoria 35 Capitolo 3. La psicomotricità in ambito educativo 37 3.1 La Psicomotricità come prassi educativa 37 3.2 Lo sviluppo della psicomotricità in ambito educativo 37 3.3 Il ruolo dello Psicomotricista 42 3.4 La figura dello psicomotricista 44 3.5 Le caratteristiche dei giochi dei bambini da zero a 8 anni 48 3.6 La musicoterapia come attività motoria compensativa ed educativa nella psicomotricità 54 3.6.1 La Musicoterapia Conclusione 78 Bibliografia 79 Ringraziamenti 87 3 umano” con l’obiettivo di ricercare diagnosi e metodi terapeutici. Dal punto di vista terapeutico, la musicoterapia è una disciplina paramedica che utilizza il suono, la musica, il movimento, per aprire canali di comunicazione, con obiettivo di attivare il processo di socializzazione e inserimento sociale. Comunque la definizione che Benenzon preferisce dare è: “la musicoterapia è una tecnica psicoterapeutica, che utilizza il suono, la musica, il movimento corporeo, con l’obiettivo di migliorare la qualità della vita e recuperare i pazienti per la società”, precisando che comunque si tratta di una disciplina scientifica. La musicoterapia si occupa della ricerca del complesso “suono-essere umano”: questo complesso è formato da elementi capaci di produrre stimoli sonori. La musicoterapia analizza elementi come il silenzio, i suoni interni del corpo, i suoni armonici, ritmici e melodici, le vie di propagazione delle vibrazioni sonore, gli organi recettori di questi stimoli, la ricezione da parte del sistema nervoso e la sua relazione col sistema endocrino, parasimpatico ecc, la reazione psicobiologica e l’elaborazione della risposta, la risposta comportamentale, motoria, sensoriale, di comunicazione attraverso il grido, le lacrime, la danza ecc. Spero che la lettura di questo elaborato risulti chiara e comprensibile, e che riesca a catturare l’attenzione e l’interesse di quanti lo leggeranno. 4 CAPITOLO 1 La psicomotricità: cenni storici Due sono i campi di studio che sviluppandosi nel Novecento hanno portato alla formazione della teoria psicomotoria: quello filosofico/psicologico e quello neurologico. 1.1 Basi epistemologiche Coste definisce la psicomotricità come una tecnica che utilizzando gli apporti di numerose scienze quali biologia, psicologia, psicoanalisi, sociologia e linguistica, trova una sua dimensione applicativa anche in campo riabilitativo. Molti autori concordano nel far risalire la psicomotricità a quel filone della neurologia che, permeata dalla lunga tradizione filosofica cartesiana, legava ogni manifestazione patologica del movimento a una corrispondente lesione cerebrale. Tra il 1909 e il 1913 Duprè1 sosteneva l’esistenza di un parallelismo tra disordine motorio e disordine psichico . Secondo questo autore ai disturbi motori (“débilité e motrice”) imputabili a sincinesie (movimento involontario di un gruppo muscolare quando viene effettuato un movimento volontario di un altro gruppo), paratonie (difficoltà di controllo della direzione o della coordinazione del movimento con risultati non efficaci o non adeguati, a volte bruschi, a volte lenti o anti-economici) e risposte maldestre, corrispondevano disturbi di natura mentale, in un “insieme solidale e interagente” tale da costituire delle vere e proprie “coppie psicomotorie”.La novità di questo approccio consisteva nel fatto che il corpo veniva considerato nella sua complessità di rapporto tra dimensione motoria e dimensione psichica, anche se le tecniche di intervento riabilitativo e terapeutico consistevano ancora nell’individuare attraverso test appositi e correggere i disturbi, metodologia che rifletteva il 1 Ernest Duprè, (1862-1921), psichiatra e psicologo francese. Dopo anni di studio nel 1981 ricoprì la carica di dottore in medicina, successivamente divenne professore di psichiatria presso la facoltà di medicina a Parigi. Duprè ha segnato la storia della psichiatria francese introducendo nuovi concetti tra i quali: la mitomania, l’isteria e la debilità motoria. 5 determinismo del tempo. La psicoanalisi intanto faceva il suo ingresso nel panorama scientifico e culturale portando la sua idea di corpo come fonte di pulsioni. Tra i principi del modello psicoanalitico freudiano vi è la distinzione tra espressione e contenuto.L’individuo è una complessità di forze, di movimenti, di azioni, di motivazioni intensione tra loro che sono il risultato di spinte più inconsce. Ciò che appare è l’equilibrio di questo gioco di forze. Quando, a seguito di uno stress, di un evento traumatico o altro questo equilibrio si “inceppa”, l’io si indebolisce e appaiono i sintomi, che sono il tentativo della persona di tenere sotto controllo le spinte inconsce non più in equilibrio. L’aiuto esterno di un analista può re-innescare un equilibrio positivo. L’analista, attraverso il detto e il non detto, attraverso le resistenze, cerca di leggere la vita psichica del paziente, intuire quali situazioni e cose hanno scatenato il sintomo che protegge l’equilibrio della persona, e attraverso lo strumento del transfert si fa carico di questi elementi, cerca di depurarli della loro carica destabilizzante e di restituirli al paziente. Attraverso un percorso di consapevolezza, cioè, il paziente può modificare i propri processi psichici interni e stare meglio .La psicomotricità ha tratto molti spunti dagli studi psicoanalitici e in particolare dagli studi sulla vita psichica del bambino. Gli studi di H. Wallon, psicologo e pedagogista francese, e di J.Piaget (1896-1980), psicologo svizzero, si concentrano sul tono (corrispondente alla tensione muscolare), sulla postura, sulla mimica e sulla motricità (l’attività cinetica rivolta al mondo esterno) e affiancano a questi aspetti “le componenti emozionali ed affettive che secondo questi autori contribuiscono all’organizzazione progressiva della conoscenza” ,individuando nel movimento la base del linguaggio e dell’intelligenza. Per Wallon ogni atto motorio ha come trama un tono muscolare legato alla componente affettiva primitiva che il bambino ha costruito attraverso il “dialogo tonico”. Il concetto di dialogo tonico è legato alla psicoanalisi infantile.2 Alla nascita, il 2 Wallon,,H.,(1980) . L’evoluzione psicologica del bambino. Torino: Bollati Boringhieri,. p. 32-33. 8 aveva fattol’esercizio correttamente da chi lo aveva sbagliato” . Il corpo era ancora qualcosa da addestrare, allenare al fine di acquisire le necessarie competenze. Quindi, quando alcuni insegnanti di educazione fisica sentono la necessità di ridare fiato anche da un punto di vista pedagogico a questa disciplina, trovano nell’educazione psicomotoria lo sbocco più naturale. Gli influssi delle teorie psicoanalitiche fanno sì che nella pratica psicomotoria“emerga la dimensione terapeutica centrata sull’aspetto affettivo rispetto all’aspetto rieducativo sospettato di agire solo a livello sintomatico”. A questo proposito il neuropsichiatra francese J. De Ajuriaguerra (1911-1993) introdurrà una lettura dei “disturbi psicomotori, o meglio le turbe psicomotorie”come sintomi legati “al controllo tonico- emozionale e alla costruzione della relazione”, che rivelano le difficoltà del bambino a “modulare le proprie reazioni tonico- emozionali alle stimolazioni del mondo esterno e alla relazione con gli altri”.10 Negli anni ’70, con La Pierre e Aucoutourier, la psicomotricità prende decisamente due indirizzi diversi. Da una parte la corrente funzionalista della terapia psicomotoria di Le Boulch e Vajer, che affermano “che aiutando il bambino a superare i suoi problemi affettivi scompaiono anche i problemi funzionali”; dall’altra La Pierre e Aucoutourier con la loro idea che la terapia deve prendere in carico il bambino, non rivolgersi specificatamente ai suoi sintomi ma a tutte le sue manifestazioni corporee in un ambito di relazione e di comunicazione fra bambino e terapeuta. La Pierre e Aucoutourier saranno i modelli più seguiti dalle scuole di psicomotricità italiana. In particolare Aucoutourier sarà il principale rappresentante di quell’area che ha amalgamato alcune tematiche della psicoanalisi a quelle dell’espressività motoria, dell’azione e dell’interazione. Aucoutourier ritiene che l’azione in terapia sia trasformazione reciproca tra terapeuta e bambino. Il bambino sviluppa nei primi mesi di vita delle rappresentazioni inconsce di piacere o dispiacere, legate 10 De Ajuriaguerra, J.,(1993) .Manuale di Psichiatria del bambino. Milano: Masson Ilatia Editore,p. 917. 9 al movimento e ai vissuti relazionali di soddisfazione o non soddisfazione dei bisogni primari. Aucoutourier li chiama “fantasmi d’azione”, che nei primi anni di vita il bambino trasferisce in maniera simbolica sulla motricità o sulle sue relazioni.11 Nel caso di movimenti o vissuti relazionali non positivi, il bambino negli anni a venire riproporrà nel proprio agire o nelle sue relazioni questi “fantasmi d’azione”, che sono una sorta di riattualizzazione simbolica, nel tentativo di superare l’angoscia a essi collegata. Lo psicomotricista nella sua capacità di cogliere la ripetizione e lo schema di azione si propone come partner per un processo di ”rassicurazione profonda”,dove cerca di caricare su di sé il vissuto emozionale, ovvero le angosce primitive a esso collegate, e trasformarlo in una logica di piacere.( NOTA VECCHIATO) Un altro importante tassello epistemologico alla pratica psicomotoria viene dalla teoria dell'attaccamento di J. Bowlby (1907-1990) e dagli studi sul MOI(Modello operativo interno) Bowlby, psicoanalista, compie una serie di studi negli orfanotrofi, sulle conseguenze delle privazioni delle cure materne. Accogliendo i contributi del cognitivismo, della biologia e dell’etologia definisce l’attaccamento come la tendenza innata dell’uomo come degli animali, a cercare protezione presso figure ben conosciute in situazioni di stress, pericolo o dolore. Dall’analisi del comportamento Bowlby parla del “comportamento di attaccamento”, che definisce come quello organizzato all’interno del sistema nervoso centrale del bambino e che viene attivato come reazione alla separazione dalla figura di riferimento. Bowlby e Ainsworth hanno definito l’attaccamento fondamentale per la sopravvivenza e hanno dimostrato come lo sviluppo armonioso della personalità del bambino dipenda da un adeguato attaccamento alla figura materna (o anche a un’altra figura di attaccamento). Inoltre il modello dell’attaccamento creatosi durante l’infanzia è destinato a rimanere relativamente stabile durante tutta la vita,anche se cambiano le circostanze che lo causano. 11 Aucouturier, B.,(2005) .Il metodo Aucouturier, Fantasmi d’Azione e Pratica Psicomotoria. Milano: Franco Angeli, p.106. 10 A dimostrazione delle sue tesi la Ainsworth creò un test, lo “strange situation”,secondo cui le reazioni di un bimbo di fronte a un estraneo sono di tre tipi:SICURO, INSICURO-EVITANTE, INSICURO- AMBIVALENTE. Il livello di sicurezza manifestato nel legame primario di attaccamento viene considerato l’elemento determinante nello sviluppo dei modelli operativi interni del bimbo. Secondo Bowlby questi modelli vengono interiorizzati nei primi annivita e sono delle rappresentazioni mentali che veicolano la percezione degli eventi. Consentono all’individuo, sulla base del passato, di valutare la situazione, costruirsi un’aspettativa e fare la migliore scelta possibile. Permettono al bambino, e poi all’adulto, di prevedere il comportamento dell’altro guidando le risposte, soprattutto in situazioni di ansia o di bisogno. Sono comunque modelli che possono ridefinirsi sulla base dei cambiamenti della realtà esterna del cambiamento di atteggiamento della figura di attaccamento, della relazione con la figura di attaccamento che cambia con il mutare del bambino.12 In Italia si considerano di formazione Aucoutourier autori quali Vecchiato, Berti, Comunello e Nicolodi, i quali hanno intrecciato temi dell’azione e dell’interazione con i contributi delle teorie della comunicazione e dell’analisi semiotica. C’è da precisare che Berti, Comunello e altri, criticano la lettura in chiave psicoanalitica della prassi psicomotoria. Sottolineano che vedere il corpo e le sue manifestazioni come la scorciatoia per l’inconscio non fa capire cosa differenzi le due discipline. Sollevano dubbi su come utilizzare in psicomotricità quelli che sono gli strumenti principali dell’analisi, ovvero il linguaggio e il transfert. Inoltre Berti e Comunello evidenziano un’altra fondamentale differenza con la psicoanalisi, cioè che questa lavora anche sul perché. Per la psicomotricità,invece, è essenziale basarsi sul “qui ed ora”, vale a dire lavorare su quello che succede nel momento della 12 Bowldy, J., (1976). L’attaccamento alla madre. Torino :Boringhieri, p. 65. 13 circuito nervoso”, cioè un sistema nervoso completo, funzionante e predeterminato geneticamente. Le prime esperienze sensoriali motorie e relazionali del neonato prima e del bambino poi saranno quelle che determineranno le differenze individuali. La vita di relazione del bambino, le sue esperienze attraverso il corpo, il movimento, l’adattamento all’ambiente con il quale è in interazione stimolano sempre di più il sistema nervoso arricchendolo di interconnessioni. Si sviluppano quelli che Vecchiato definisce metacircuiti neuronali, che collegano i centri sottocorticali tra loro e con la corteccia cerebrale superiore; essi non sono predeterminati, ma la loro quantità e qualità è conseguente al tipo di esperienze. Si completa la mielinizzazione14 delle vie nervose, che renderanno più veloci e sempre più funzionali all’ambiente le risposte favorendo la qualità della vita di relazione del bambino e sviluppando quindi la progressiva conoscenza e consapevolezza del mondo circostante. I circuiti che si costituiranno, così come la capacità di far partecipare progressivamente i centri corticali superiori, dipenderanno in gran parte dalle esperienze che accompagneranno il bambino nel suo processo maturativo. Eventi stressanti, stimoli emozionali troppo forti o anche infezioni virali o batteriche possono danneggiare o alterare la costruzione dei metacircuiti. Per esempio, di fronte a uno stress, al fine di renderlo più sopportabile, l’informazione può essere ramificata in troppe vie nervose e provocare risposte adattive non adeguate, oppure lo stimolo può non arrivare ai centri superiori, causando solo una risposta di tipo istintuale. I metacircuiti, infatti, sono programmati a reagire in autonomia e velocemente agli stimoli favorevoli/sfavorevoli e un’azione/reazione di sopravvivenza in termini di adattamento, e, nel caso, non trasmettono le informazioni alla corteccia cerebrale o lo fanno solo a risposta già avvenuta. Sarà la seconda area nervosa, o sistema limbico, chiamato anche centro dell’emotività, dove hanno sede i dati di natura sensoriale 14 Si intende la formazione della guaina mielinica, ovvero il completamento dei processi di maturazione del sistema nervoso, che ha inizio nel tardo periodo fetale per finire con le aree associative del lobo frontale verso la fine dell’adolescenza. 14 (olfatto, vista…) che discriminerà più dettagliatamente lo stimolo in entrata garantendo una risposta. Si intende la formazione della guaina mielinica, ovvero il completamento dei processi di maturazione del sistema nervoso che ha inizio nel tardo periodo fetale per finire con le aree associative del lobo frontale verso la fine dell’adolescenza adattiva più precisa ma meno immediata. È un cervello ancora intuitivo ma più vicino alla vita affettiva, che riesce a funzionare per analogia ampliando la gamma delle risposte. Man mano che le informazioni arrivano ai centri superiori, troveranno la neocorteccia, caratteristica dei mammiferi più evoluti, che si distingue nei due emisferi cerebrali (destro e sinistro), sede della conoscenza, del pensiero razionale, del linguaggio, dell’espressione, dove i centri nervosi memorizzeranno le informazioni e favoriranno il passaggio ai dati certi del pensiero logico, dei sentimenti e della morale. Quindi, nei primi tre anni di vita, un bambino comincia a sviluppare una serie di collegamenti, ma non è ancora in grado di dare risposte adattive adeguate attraverso una scelta volontaria, poiché i collegamenti tra centri sottocorticali e cerebrali non sono ancora sufficientemente coordinati.15 La relazione con l’ambiente stimolerà la quantità e la qualità di connessioni, cosicché dopo i 3 anni il bambino comincerà a selezionare volontariamente le risposte adattive e cominceranno a vedersi le differenze acquisite. A partire dai 7-8 anni i processi mentali acquisiranno predominanza su quelli corporei fino allo sviluppo del pensiero logico e astratto che si affermerà verso gli 11-12 anni.16 Nella misura in cui si svilupperanno i processi mentali e il funzionamento delle aree superiori, l’individuo aumenterà il controllo sulla propria vita e sulla vita di relazione. Negli anni ’70, la scelta di un gruppo di scienziati di diversa formazione – fisiologi, biochimici, matematici, fisici, chimici, microscopisti – di unire i loro studi fa nascere quella branca di studi denominata neuroscienza. 15 Di Terlizzi, E., (2011). Capacità attentive e interazioni sociali nel primo mese di vita. Roma : La scuola, p. 78-83. 16 Pisaturo, C., (1996). Appunti di Psicomotricità. Piccin: Nuova Libreria,p. 78-86. 15 Questa branca di studi avvalora ancora di più la tesi per cui il corpo è intelligente, si emoziona, e le esperienze corporee influenzano gli aspetti cognitivi. Le neuroscienze cominciano a parlare di “cervello chimico”, con particolare riferimento a delle molecole, i peptidi che “nuotano” nello spazio esterno delle cellule disseminando informazioni in tutto il corpo. Si vuole dire che l'intelligenza è situata non soltanto nel cervello, ma anche in cellule che sono distribuite in tutto il corpo, dimostrando scientificamente che la tradizionale separazione dei processi mentali dalle emozioni e dal corpo non ha ragione d’essere. Candace B. Pert ci racconta che i neuropeptidi, o “cellule dell’informazione”, sono considerati le unità base del linguaggio usate dalle cellule di tutto il corpoper comunicare. L’informazione passa dal neuropeptide alla cellula tramite i recettori, proteine localizzate sulla superficie o all'interno delle cellule in grado di riconoscere e unirsi al portatore di informazione, cioè il neuropeptide affine. Il legamento è molto selettivo e avviene solo in base alla specificità del recettore, la Pert porta a titolo esemplificativo l’immagine della chiave nella serratura. I suoi studi hanno seguito il percorso dei neuropeptidi, che sicuramente hanno come snodo il cervello, ma si creano in tutto il corpo. Essi elaborano, connotano l’informazione in base a fattori biologici e mentali e passano l’informazione al recettore, che a sua volta la trasmette alla cellula. Il messaggio penetrato nella cellula può modificare il suo stato. Si avvia cioè una reazione a catena di eventi biochimici che coinvolge tutto il corpo e può causare cambiamenti nel comportamento, nella memoria, nell’attività fisica. Nel campo educativo, per esempio, questa reazione può spiegare scientificamente come l’elaborazione di ciò che si è studiato può essere bloccata dal sopraggiungere anche chimico di un emozione. Anche le recenti scoperte sui neuroni specchio confermano una profonda connessione tra processi percettivi, cognitivi e motori. Confermano infatti che la corteccia motoria sarebbe implicata nei processi della percezione, del riconoscimento degli atti altrui, 18 comunicazione con sé e il bambino, la metodologia utilizzata, la competenza e l’intuizione, cerca di leggere nel gioco del bambino il “bisogno” che sta cercando di soddisfare. Infatti, come spiega Aucoutourier, il disturbo psicomotorio nasce in seguito a un atteggiamento non adeguato ai bisogni e ai ritmi della prima infanzia che il bambino cerca di superare attraverso la rassicurazione che il gioco può dare. Dalla lettura e dalla soddisfazione di questi bisogni si può cominciare a costruire una relazione, al fine di produrre un cambiamento e sostenere il suo percorso evolutivo facilitando l’utilizzo delle risorse personali . Oppure, come dice Nicolodi, si possono “rimettere in moto i meccanismi evolutivi che la patologia ha interrotto o reso in ogni caso non particolarmente funzionanti”. 1.5 L’ambito educativo-preventivo Luisa Formenti18 racconta che oggi le finalità di un intervento psicomotorio in ambito educativo-preventivo – come potrebbe essere un progetto di offerta formativa scolastica – sono principalmente promuovere “lo stare bene a scuola”. Nel dettaglio: • sostenere l’autostima del bambino valorizzando ciò che sa fare, riconoscerlo come bambino competente creativo e in grado di esser parte del proprio percorso di crescita; • favorire l’“alfabetizzazione emozionale”: attraverso il gioco i bambini possono dare un senso e un nome alle loro emozioni; • segnalare situazioni di disagio e/o di deficit, promuovere interventi educativi e/o diagnostici19; • fornire uno spazio di sostegno allo sviluppo dell’identità di ogni 18 Luisa Formenti è insegnante e psicomotricista, autrice del libro “Psicomotricità, educazione e prevenzione”, promosso dal Gruppo Nazionale ANUPI, per la progettazione e la ricerca in ambito socio-educativo, Erickson (2006). 19 Una ricerca commissionata dall’osservatorio per l’infanzia e l’adolescenza (Lucangeli et al 2006:3) rileva come vi siano segnalati predittivi di rendimenti scolastici inferiori alle capacità dell’alunno già nella prima classe della scuola primaria, e in alcuni casi anche dalla scuola dell’infanzia.. 19 bambino tra maschile e femminile, tra dipendenza e autonomia, tra emozionalità e razionalità, tra leader e gregario; • sostenere il passaggio dallo spazio motorio (inteso come scuola materna) allo spazio cognitivo (inteso come scuola elementare), integrando il piacere dell’azione al piacere epistemologico; • favorire nell’insegnante una percezione del suo alunno diversa da quella che gliene deriva dalla conoscenza in classe, promuovendo una pedagogia dell’ascolto e dell’accoglienza che facilmente innescherà modelli didattici virtuosi, e fornire agli insegnanti un supporto alla gestione delle dinamiche interpersonali che si sviluppano all’interno dei gruppi classe; • lasciare, come dice LaPierre (1978), che le pulsioni di vita si esprimano, favorire la loro evoluzione per portarle a livelli di espressione più astratti aiutando la scuola a non diventare una ”fabbrica di disadattati”. In Italia, la psicomotricità fece il suo ingresso nella scuola dell’obbligo nella seconda metà degli anni ‘70 con l’inserimento dei bambini disabili nelle classi. Funzionalmente – ed è tutt’ora – uno strumento di integrazione e soprattutto di potenziamento delle loro abilità motorie di base (recupero funzionale). Le aule di sostegno attrezzate a questa attività si arricchiscono di oggetti che, oltre a rispondere alla funzione ludica, possono essere utilizzati per potenziare le abilità motorie, ma anche sociali e comunicative . La psicomotricità è diventata così sempre più importante e significativa non solo per i bambini con una ricerca commissionata dall’osservatorio per l’infanzia e l’adolescenza rileva come vi siano segnali predittivi di rendimenti scolastici inferiori alle capacità dell’alunno già nella prima classe della scuola primaria, e in alcuni casi anche dalla scuola dell’infanzia. Lo psicomotricista ha le competenze per leggere un eventuale andamento disarmonico a partire dai primi traguardi evolutivi cruciali, quale la deambulazione autonoma e la padronanza dei prerequisiti linguistici; e quindi promuovere l’agio prima che il disagio diventi difficoltà, interferendo poi nella riuscita scolastica. handicap, ma per tutte le persone che 20 vivevano la scuola, in quanto veniva dato uno spazio ufficiale ad aspetti quali i tempi personali, le differenti modalità di apprendimento, gli spazi di libertà. 1.6 Come agisce concretamente la psicomotricità A livello pratico, una seduta psicomotoria prevede alcuni elementi fondamentali: la sua stessa struttura, in termini di spazio e tempo; il gioco, attraverso cui eventuali disturbi si manifestano, si analizzano e si affrontano; e la figura dello psicomotricista, la cui formazione costituisce il vero fattore terapeutico. La pratica psicomotoria Momento centrale della pratica psicomotoria è il gioco. Raccogliendo l’eredità della Klein – il gioco come equivalente alle libere associazioni dell’adulto –, di Anna Freud – il gioco come modalità di accesso al mondo psichico interno del bambino –, di Winnicott – il gioco terapeutico di per sé –,racconta come il gioco diventa “lo strumento privilegiato per conoscere, esprimere, elaborare tutto il mondo interno del bambino e confrontarsi con quello esterno”. Secondo Paola Mannuzzi (2002) il gioco è invece ancora adesso ammesso nella scuola solo come premio/punizione per la corretta gestione da parte dei bambini della parte faticosa dell’apprendimento (è uso frequente a scuola far saltare la ricreazione come punizione per comportamenti non adeguati). La pratica psicomotoria lo propone come momento fondamentale sia di per sé, nella sua dimensione di divertimento di momento creativo libero e spontaneo, sia nel suo utilizzo come strumento di valorizzazione del bambino e della sua funzione evolutiva. Il bambino si muoverà all’interno dello spazio psicomotorio divertendosi prima di tutto, e attraverso il gioco metterà in gioco se stesso, le sue paure, le sue inibizioni, la sua iperattività la sua aggressività, la sua voglia di creare, la sua voglia di confrontarsi con i pari, di trovare soluzioni attraverso il corpo, il tono, le posture, il bambino esprime sia il piacere della relazione sia tutte le forme di disagio, in quanto, come 23 CAPITOLO 2 La pratica psicomotoria di Bernard Aucouturier “L’evoluzione affettiva, cognitiva e motoria del bambino possono avvenire solo dando al bambino libertà di movimento ed espressione in un quadro di sicurezza; accogliendo le sue emozioni, dalle più felici alle più dolorose, come valori profondi della sua storia relazionale; ricercando il piacere di comunicare, con proposte sempre adattate allo stato tonico-emozionale del bambino.” 2.1 Un grande maestro per imparare a lavorare con i bambini. Bernard Aucouturier1 è nato nel 1934 in un villaggio francese vicino Tours, ultimo di quattro figli, da genitori che facevano gli insegnanti e seguivano la pedagogia attiva Freinet2, un metodo che dava molta libertà al bambino. Nell’infanzia lo lasciarono libero di non frequentare la scuola, di scoprire la natura e i lavori dei campi. Sia il padre, che dipingeva, praticava sport e si occupava di cinema e teatro popolare, sia la madre, impegnata in politica, ebbero una grande influenza su di lui e lasciarono tracce profonde nel suo lavoro successivo. Laureatosi in educazione fisica, Aucouturier3 si interessa ai lavori di Jean le Buolch4, Pierre Vayer5 e André Lapierre6 1 Bernard Aucouturier, (Tours, 8 Aprile 1934) pedagogista, psicomotricista, educatore, terapeuta e professore di educazione fisica francese, intraprese gli studi universitari di Educazione Fisica all’ Università d’ Education Nationale. Negli anni successivi si specializzò nel campo psicomotorio e della comunicazione non verbale. Conseguì la Laurea ad honorem dall’ Accademia di Medicina di Francia e il Premio di tesi dal Ministero dell’ Educazione Nazionale Francese. E’ stato Presidente Fondatore dell’ As.E.E.Fo.P. e Formatore alla PPA. 2 Freinet, C.,(1974). Pensiero pedagogico. Firenze: La nuova Italia,p. 8-9. 3 Aucouturier, B., (2005) .Il metodo Aucouturier. Fantasmi d’ azione e Pratica Psicomotoria. Milano :Franco Angeli, p. 79-89. 4 Le Boulch,, J,. (1975) .Verso una scienza del movimento umano. Introduzione alla psicocinetica. Roma : Armando Editore, p.56-79. 5 Vayer,, P., (1987).Educazione psicomotoria nell’ età scolastica. Roma : Armando Editore, p.25-30. 6 Lapierre, A. , Aucouturier, B., (1982). Il corpo e l’ inconscio in educazione e terapia. Roma :Armando Editore, p. 75. 24 sull’analisi del movimento e la psicomotricità e studia grandi pedagogisti come Montessori7, Dewey, Decroly, Freinet, Makarenko e Alexander Ne ill, ai quali aggiunge lo studio della psicanalisi freudiana, della Dolto, di De Ajurriaguera.Comincia a esercitare a Lione nel 1959 come insegnante di educazione fisica, e quando viene chiamato a far parte di un’équipe che si occupa di bambini sordi decide di svolgere a tempo pieno la propria attività a servizio dei bambini in difficoltà. Nel 1962 inizia a lavorare presso il Centro di Rieducazione Fisica di Tours, dedicandosi ai bambini che presentano disturbi morfologici e funzionali o, in certi casi, gravi disturbi del comportamento. Nel 1967 fonda la “Societéfrançaise d’Education et de Reéducation Psychomotrice” insieme ad André Lapierre e Pierre Vayer8, coinvolgendo numerosi specialisti – neuropsichiatri, psicanalisti, psicoterapeuti – interessati a un approccio relazionale tramite il corpo e il movimento, che iniziano a frequentare il Centro di Tours, vero e proprio laboratorio di esperienze educative e cliniche, per studiare il suo lavoro e discutere sulla pratica psicomotoria che progressivamente si va strutturando. Dal 1969, contemporaneamente al lavoro nel Centro di Tours, insegna presso il Centro di formazione per insegnanti di bambini disadattati, esperienza che si rivela importante per la sua elaborazione teorico-pratica in campo educativo e terapeutico, basata su un’idea di persona considerata nella sua globalità, ovvero corporeità, intelligenza e affettività tra loro profondamente interagenti. L’attività rivolta ai bambini mira a favorire lo sviluppo, la maturazione e l’espressione delle loro potenzialità a livello motorio, affettivo, relazionale e cognitivo, per aiutarli a crescere armoniosamente, accompagnando e favorendo il 7 Maria Montessori, perviene all'educazione non dalla pedagogia ma dalla medicina. Nasce a Chiaravalle nel 1870 e frequenta la facoltà di medicina a Roma. Ella è molto attiva nei problemi sociali infatti partecipa al movimento di emancipazione femminile. Dopo essersi laureata diviene assistente alla clinica psichiatrica dell'università di Roma e si interessa dell'educazione dei disadattati. Si interessa alla letteratura francese dei primi decenni dell'800 che parla di bambini abbandonati nelle foreste della Francia, quindi Itard e Seguen, si convince che un'educazione adeguata può permettere l'inserimento dei bambini diversi nella società. Nel 1898 in un congresso a Torino presenta i risultati delle sue prime ricerche e viene in breve nominata direttrice della scuola magistrale ortofrenica di Roma. Nel 1907 apre la prima casa dei bambini e nel 1909 pubblica “Il metodo della pedagogia scientifica applicato all'educazione infantile delle case dei bambini”. Nasce il movimento montessoriano con corsi appositi per la formazione degli insegnanti, nel 1924 nasce l'opera nazionale Montessori e la scuola magistrale Montessori poi chiusa durante il fascismo. Emarginata dalla cultura fascista si trasferisce all'estero e diffonde il suo metodo in Europa e nel mondo. Muore in Olanda nel 1952. 8 Vayer, P., (1977). Educazione psicomotoria nell’ età scolastica. Roma : Armando Editore, p. 288-306. 25 processo di crescita e di strutturazione dell’identità. Aucouturier si occupa anche di bambini handicappati, pensando di poterli aiutare a uscire dal loro isolamento per comunicare. Dal 1970 al 1973, per esempio, si impegna con Bruno, un bambino cerebroleso che non possiede il linguaggio, in una terapia d’aiuto in cui il bambino è l’attore e il terapista si adatta a lui senza pretendere di correggere qualcosa nel suo comportamento. La terapia consiste nell’incontro col bambino a livello non verbale, base di ogni futura evoluzione. In quei tre anni Bruno si apre alla comunicazione e pronuncia le prime parole.Nel 1985 il Centro di Tours prende il nome di Centro di Pratica Psicomotoria e Aucouturier9 abbandona i principi della ginnastica correttiva a favore di una pedagogia basata sul rispetto della morfologia di ogni bambino e del loro piacere di esprimersi attraverso il movimento, da applicare in generale anche negli asili e nelle scuole materne. Il centro non esiste più dal 1996, data del pensionamento di Aucouturier, ma nel frattempo, fin dagli anni Settanta, sono state aperte scuole di formazione basate sul metodo Aucouturier in Italia, in Spagna, Portogallo, Belgio e Germania, oltre che in America del Sud. Attualmente Bernard Aucouturier continua la sua intensa attività professionale, conduce stage di formazione personale e partecipa a seminari teorici in molti Paesi del mondo. 2.2 I Fantasmi d’Azione. Aucouturier10 ritiene che un punto di riferimento importante nella pratica psicomotoria è il concetto di “fantasma di azione”, generato dalle esperienze corporee condivise tra madre e bambino. I fantasmi d’azione animano tutte le attività e i giochi del bambino, facilitandogli l’accesso ad un senso di continuità del piacere di essere se stesso ma aperto agli altri. Egli afferma che la psicomotricità, in generale, è un invito a comprendere ciò che il bambino esprime del suo mondo interno attraverso il movimento. È un invito a cogliere il senso dei 9 Andrè Lapierre, Bernard Aucouturier, (1978). La simbologia del movimento: psicomotricità ed educazione. Cremona: Ed. psicologiche, p. 67-70. 10 Aucouturier , B,.(2005) .Il metodo Aucouturier. Fantasmi d’azione e pratica psicomotoria. Milano: Franco Angeli p. 56-59 28 nello stesso supporto biologico, una riserva di engrammi d’azione derivati da esperienze dolorose, provocate dall’insuccesso ripetuto delle azioni di trasformazione. Noi li definiamo “engrammi d’inibizione”, poiché creano un blocco neurobiologico che arresta o inibisce la circolazione degli engrammi di azione e l’affetto di piacere. Gli engrammi di inibizione spiegano i disturbi somatici precoci del lattante associati ad una sensazione di vuoto. Nella vita futura, le situazioni di sofferenza affettiva ritualizzeranno l’affetto di dispiacere degli engrammi dolorosi dell’infanzia. Gli engrammi d’azione e di inibizione, inscritti nello stesso sistema neurobiologico, interagiscono e formano la struttura tonico-affettiva di base di ogni individuo. Da questo momento il bambino ha assolutamente bisogno, per la sua sicurezza e il suo sviluppo, di un nuovo involucro protettivo e lo costituir gradualmente sulla base delle azioni inscritte nel suo corpo. All’interno dell’involucro protettivo comune, madre e bambino vivono armonie toniche e ritmiche fondamentali per una giusta percezione dei ritmi esterni ai quali il neonato devo pian piano adattarsi. È un primo contenente che permette al bambino di dedicarsi allo sviluppo delle proprie competenze in condizioni favorevoli: egli potrà allora lasciar andare il suo corpo e aprirsi poco a poco al mondo esterno, perché non è più solo. Vive un’unità duale di piacere interiorizzata , nella quale vive se stesso ma, insieme anche la madre. Alla costituzione dell’unità di piacere partecipano altre funzioni e in particolare la funzione proprio recettiva. Quando il neonato viene toccato, spinto, accarezzato, trasportato, sollevato, posato, girato, tirato-manipolazioni che si riproducono come rituali secondo ritmi precisi- partecipa attivamente a questa trasformazione proveniente dall’esterno e prova un piacere tale da sentirsi unificato, pieno. Il livello di unità prodotto dal piacere delle trasformazioni corporee, segna una tappa fondamentale nell’evoluzione del bambino: l’inizio dello sdoppiamento dell’unità duale e l’acquisizione dei confini tra il dentro e il fuori di sé e dell’altro. L’unità apre anche il neonato alla percezione della madre come oggetto separato da sé, oggetto che paradossalmente ricercherà, essendo origine del suo piacere, della sua 29 integrità e del suo sviluppo.11Aucouturier continua,poi, prendendo in considerazione la teoria di Winnicott, il quale sostiene come gli avvenimenti affettivi dolorosi vissuti dal lattante come minacce di morte lasciano tracce indelebili. Tali tracce, a causa dell’assenza di un’organizzazione psichica, sono all’origine delle angosce arcaiche di perdita del corpo. Quest’ultime possono riguardare : l’angoscia di caduta ( sperimentata fin dalla nascita a causa della perdita del sostegno percepito all’interno del sacco uterino), l’angoscia del “non limite” (l’assenza di confini spaziali e temporali, sembra che il bambino non abiti il suo corpo ,cioè parla in terza compie movimenti automatici ecc), l’angoscia di esplosione ( il bambino può essere terrorizzato dallo scoppio di un pallone, dai tuoni o fuochi d’artificio), l’angoscia di frattura (evidenzia la paura del bambino di essere spaccato in due emicorpi), l’angoscia di scorticamento e di amputazione (quando la separazione madre-bambino avviene senza precauzioni,il bambino può vivere alcune parti del corpo come se gli fossero state portate via). Aucouturier12 afferma come nel lavoro clinico ha potuto osservare quanto i bambini che vivevano dolorosamente la separazione dalla madre fossero terrorizzati di fronte alla caduta o a cambiamenti tonico-emozionale. Inoltre, ha potuto constatare che i bambini in difficoltà che ha aiutato, che non erano né autistici, né psicotici, né presentavano segni clinici così gravi, evidenziavano tutti un livello di angosce arcaiche che non riuscivano a sorreggere e nei confronti delle quali non potevano rassicurarsi validamente attraverso il piacere di agire e giocare. Dunque, i disturbi delle diverse funzioni somatiche si collegano sempre a gravi difficoltà emozionali e relazionali. La motricità non è un modo per rassicurarsi contro le angosce ma soltanto il mezzo attraverso il quale esprimono la loro sofferenza psichica. Il disturbo psicomotorio è il risultato della 11 Aucouturier, B., (2013) .Il metodo Aucouturier, fantasmi d’azione e pratica psicomotoria. Firenze:Franco Angeli edizioni, p .24 a 44. 12Aucouturier ,B. , Darrault ,I. , Empinet , J. L . (1986) .La Pratica Psicomotoria, rieducazione e terapia. Roma: Armando Editore p.45-70. 30 povertà dei processi di trasformazione. È causato dalla presenza di angosce arcaiche non contenute a sufficienza e da un atteggiamento inadeguato ai bisogni e ai ritmi del lattante. La sofferenza provocata dal deficit di integrazione psichica al livello più arcaico si esprime tramite il tono e la motricità. Il disturbo psicomotorio rende discontinuo il piacere di essere se stessi e rende problematica la rappresentazione di sé. I bambini che non sono riusciti a farsi carico quanto basta delle loro angosce arcaiche e non sono riusciti a creare le azioni simboliche necessarie alla loro rassicurazione profonda, evidenziano una patologia dell’azione. Per questo, ogni aiuto psicomotorio educativo e terapeutico è un aiuto allo sviluppo dell’azione e dei processi di trasformazione tonico-emozionale. In sintesi, la teoria psicomotoria può essere definita come una “terapia dell’azione”.13 2.3 La teoria di B. Aucouturier. La Pratica Psicomotoria secondo la metodologia di B .Aucouturier è nata in Francia circa trent’anni fa, si è sviluppata in Italia a partire dalla metà degli anni 70’ e viene attualmente praticata da specialisti formati attraverso iter formativi triennali presso le Scuole italiane di Pratica Psicomotoria, con la supervisione scientifica dello stesso Prof. Aucouturier. La Pratica Psicomotoria si basa su alcune concezioni fondamentali riguardanti la persona e il suo modo di essere. Essa considera la persona in modo globale, ovvero come stretta unione tra struttura somatica, affettiva e cognitiva, rispetta l’originalità del suo essere/agire, riconosce l’espressività psicomotoria come suo specifico modo di essere, che risente di tutta la storia affettiva, anche la più profonda, e investe tutti i parametri dell’ambiente (spazio, tempo, 13 Aucouturier, B.,(2013). Il metodo Aucouturier. Firenze:Franco Angeli editore, p.24. 33 Per la competenza all’aiuto psicomotorio è previsto un ulteriore specifico iter formativo oltre alla formazione triennale. Dal punto di vista tecnico è specifico dell’intervento psicomotorio avvalersi di spazi, di tempi, di materiali, delle competenze dello psicomotricista, e di una situazione relazionale volta all’accoglienza e all’ascolto dell’altro. Attraverso l’accoglimento dell’espressività psicomotoria del bambino lo psicomotricista può modificare spazi, mettere a disposizione i materiali, per facilitare l’integrazione tra esperienze motorie, affettive e cognitive, in un processo dinamico che comprende e valorizza la potenzialità produttiva e creativa dell’interscambio nel gruppo. Proprio in virtù dell’unicità e originalità dell’espressività psicomotoria di ogni bambino non esiste una possibilità di standardizzazione dei percorsi; i percorsi di attività in sala di Pratica Psicomotoria sono diversificati e lo psicomotricista può seguirli grazie ad un adeguato rapporto numerico (piccoli gruppi di bambini). Nel gruppo dei bambini è facilitata la comunicazione, lo scambio, le forme di collaborazione e di cooperazione, nel rispetto di se stessi e degli altri, attraverso una valorizzazione delle differenze individuali piuttosto che una loro inibizione in favore dell’omogeneità. Per l’attività di Pratica Psicomotoria è necessaria la disponibilità di una sala con specifiche caratteristiche e attrezzature. Il bambino troverà all’interno della stanza uno scenario che ritorna sempre uguale nelle sue caratteristiche di fondo. C’è un luogo nella sala dove ogni volta adulto e bambino si riuniscono e dove avvengono alcuni rituali, come togliere le scarpe o sfilarsi abiti troppo pesanti. Questo primo spazio delimita il confine tra il dentro e il fuori dalla stanza. Con lo scopo di evocare sensazioni, l’adulto fa domande che possono ricordare la seduta precedente, attiva i ricordi che mobilitano il pensiero e ascolta qualche indicazione da parte del bambino. Il tutto avviene in un area di piacere e di tranquillità. L’allestimento della sala fa riferimento alle tappe maturative dello sviluppo:  spazio per il gioco senso-motorio (maturazione motoria) 34  spazio per il gioco simbolico (maturazione affettiva)  spazio per le attività di rappresentazione (decentrazione e maturazione cognitiva) Spazio per il gioco senso-motorio:  materiale: spalliera, materassi, scivolo, ecc.  finalità: facilitare la sperimentazione del piacere senso-motorio a livello propriocettivo, enterocettivo, labirintico, attraverso la possibilità di salti da diverse altezze, di giochi di equilibrio/disequilibrio, di scivolamenti, di rotolamenti, di trascinamenti, ... in una situazione di sicurezza data dalla presenza dell’adulto, che allestisce lo spazio in maniera adeguata e riconosce le espressioni spontanee del bambino. Un grande specchio di fronte a questo spazio permette ai bambini di vedersi nelle loro sperimentazioni senso-motorie. Spazio per il gioco simbolico:  materiale: parallelepipedi e cubi in gommapiuma colorati, teli colorati di diverse dimensioni, peluches, cuscini morbidi…  finalità: possono essere utilizzati per costruzioni da vivere attraverso la via corporea (costruire, trasformare, distruggere, ricostruire); l’utilizzo richiede l’attivazione di movimento per sollevare, spingere, trascinare, lanciare, sovrapporre e, insieme, la progettazione e la realizzazione del gioco stesso. Lo psicomotricista in questo spazio supporta la realizzazione del progetto intervenendo direttamente se necessario (nel costruire, nel modificare, nel disporre materiali...), facilitando l’espressione dell’immaginario dei bambini e accogliendo (riconoscendo) le emozioni che emergono. Spazio per le attività di rappresentazione:  materiale: per modellaggio, per disegno, per costruzioni (legnetti multipli e sottomultipli) 35  finalità: in questo spazio lo psicomotricista supporta l’attività dei bambini per facilitare l’apertura al pensiero operatorio, vale a dire alla capacità di pensare e di mettere parole senza il totale coinvolgimento dell’agire. La Pratica Psicomotoria offre anche agli adulti la possibilità di affrontare una ricerca personale sulla comunicazione, la relazione, l’espressività somatica e le emozioni, attraverso esperienze di tipo pratico e teorico. L’espressività e il linguaggio del corpo possono costituire per gli adulti un importante canale di riappropriazione di livelli espressivi e comunicativi ormai inutilizzati, ma fondamentali per il proprio benessere psicofisico e per la relazione con quelle fasce d’età che li utilizzano invece in maniera prevalente (ad esempio i bambini). La comunicazione non verbale, la relazione tonico- emozionale, sono in grado di avvicinare all’altro passando attraverso una migliore percezione di sé; come si può ascoltare l’altro se non si può ascoltare se stessi? Tali attività, che si rifanno ai principi fondamentali della Pratica Psicomotoria, comprendono momenti di lavoro pratico e momenti di discussione; sono aperte in particolare a tutti coloro che per motivi personali o familiari si trovano in relazione con i bambini e desiderano trovare. 2.4 L’azione e l’espressività motoria. Il bambino parte e si dirige verso quella situazione prescelta e inizia l’attività. L’adulto è colui che struttura inizialmente la situazione, ma è anche colui che favorisce l’azione del bambino:  Osserva l’azione del bambino  Lo incoraggia e ne amplifica il gioco attraverso strategie indirette che riguardano l’uso di tutti i canali espressivi e comunicativi  Privilegia in modo particolare il suo aspetto tonico- posturale come sfondo di apertura dell’esperienza del bambino  Osserva ed agisce sulle dinamiche Può intervenire sul: 38 rappresentazione e per il dialogo.2 Uno dei principi fondamentali su cui si basa l’attività psicomotoria è la costruzione dello spazio e la scelta, nonché la cura, dei materiali da proporre ai bambini. Ogni incontro con i bambini dura un’ora circa, all’interno del quale essi percorrono un’evoluzione delle attività che li porta da un inizio pulsionale e motorio ad una fine più tranquilla e riflessiva. I bambini sono liberi di scegliere in quale spazio giocare, di costruire il loro gioco, di diventare responsabili delle loro azioni, compito dello psicomotricista non è insegnare a giocare, è quello di guidare i desideri dei bambini verso una realizzazione possibile e condivisa.3 Lo psicomotricista è colui che attraverso la preparazione dello spazio, dei tempi e dei materiali guida indirettamente l’esperienza dei bambini. Ciò che accade ad ogni incontro è determinato dai giochi dei bambini e dal significato comune a tutti che lo psicomotricista riesce a dare. Dal primo all’ultimo incontro si sviluppa una storia dei giochi all’interno del gruppo che trova evoluzione: azioni, parole, giochi, oggetti, temi, ogni elemento costruisce un percorso che consente ai bambini di pensare a sé, agli altri e a ciò che accadrà la volta dopo. I bambini trovano uno spazio pensato per loro, ma volutamente poco preparato, usano i materiali a loro disposizione e sono attivi su quello che è presente, si adeguano a quello che c’è, i materiali non strutturati stimolano la fantasia e la voglia di creare. Per i bambini della nostra società che sono abituati ad usare giochi precostruiti, trovare oggetti per costruire, come i cubi di gommapiuma di varie misure e forme, li aiuta a realizzare progetti che sono nel loro desiderio e nei loro pensieri, la creatività, le proprie sensazioni per emergere, non vanno condizionate.. “Educare” significa “tirare fuori” e nel caso della Psicomotricità i bambini esprimono nel movimento e nel gioco la loro storia emotiva, compito dello psicomotricista è fare ordine, restituire al bambino un’unità corporea delle sue esperienze percepite, un 2 Coco, M., Perciavalle, V.,(1984) .Riflessioni sul gioco nell’educazione e in quella fisica in particolare in movimento. Rivista di psicologia e scienze del movimento e dello sport, vol. 24, p..13. 3 Rossi, S.,(2000) .Giocando, giocando, in pagine di psicomotricità. Rivista trimestrale della società italiana di psicomotricità ,p. 10-12. 39 quadro positivo della sua personalità, accettando limiti e frustrazioni. Gli spazi della palestra sono: - lo spazio senso motorio è quello che rimane invariato, è caratterizzato dalla presenza di tavoli, spalliere, materassoni, è il luogo dedicato ai salti in profondità, alle capriole, salita e discesa, arrampicate, scivolate, alle capacità del proprio corpo. Il tono muscolare corporeo è sollecitato, emozioni e immagini emergono, giochi di equilibri e disequilibri con l’adulto favoriscono una buona integrità di ciò che emerge dalla sua struttura tonica di base. - Lo spazio del gioco simbolico è quello che i bambini si costruiscono con i cubi di gommapiuma e i materiali, è lo spazio dei giochi di ruolo e dei giochi del “far finta di …”, le sensazioni percepite dal corpo in movimento trovano un modo per esprimersi. - Lo spazio del dialogo è definito con delle panche o delle sedie, sono preparate per iniziare e terminare l’attività. Attraverso la comunicazione reciproca sui giochi, sulle regole, sulla prendere accordi, ciò che emerge trova una saldatura, un senso di quello che è accaduto, si parla e ci si chiarisce. E’ fondamentale per far progredire l’attività di ogni bambino e del gruppo. E’ lo spazio dedicato anche alle storie, un racconto condiviso aiuta nei bambini l’emergere di domande e di risposte. - Lo spazio delle rappresentazioni è quello finale che consente ai bambini di rielaborare la loro attività attraverso la costruzione con i cubi di legno, la manipolazione, il disegno. I tempi della palestra sono: - ogni incontro dura un’ora circa per un minimo di otto incontri, ciascuno è suddiviso in fasi che seguono un’evoluzione dall’azione al pensiero.  Prima fase accoglienza e accordi tra psicomotricista e bambini  Seconda fase attività motoria e ludica dei bambini con la psicomotricista 40  Terza fase attività di rappresentazione individuale ciascuno crea un elaborato.  Quarta fase conclusioni e significati dell’incontro vissuto insieme accordi per la volta dopo. I materiali non strutturati a disposizione dei bambini sono: cubi di gommapiuma di varie forme e misure, teli grandi e piccoli, foulard, corde, palline piccole in plastica colorata, bastoni in poliestere, spugne, trucchi per il corpo, borotalco, creme. Atri materiali: peluche, maschere, borse, bambole e, se c’è spazio dove riporli, strumenti musicali. Gli obiettivi dell’attività sono: favorire nei bambini il piacere nel movimento, il piacere del sentire il proprio corpo, il piacere dello stare insieme agli altri, del creare insieme, del trovare accordi, del conoscere ciò che appartiene alla propria storia e integrarlo nella realtà. Creare insieme, senza limitare i conflitti, le incomprensioni, l’aggressività, la distruzione perché attraverso il gioco si può operare quell’operazione fantastica che è l’attenuazione del senso di colpa del voler crescere e del voler separarsi dall’Altro. I desideri di distruggere, di attaccare e aggredire appartengono ai bambini ed è proprio in questa fase della vita che vanno manifestati e giocati né repressi né lasciati senza regole. Giocare a distruggere un muro di cubi di gommapiuma ha per ciascun bambino un significato diverso, ma tutti hanno il desiderio di farlo, è nel giocare questo sentimento che i bambini vengono a conoscenza di una parte di sé ambigua, forte, da dominare che altrimenti può prendere il sopravvento senza la loro volontà e, per questo, farli sentire in colpa. Il senso di colpa genera nei bambini comportamenti equivoci: nascondono i loro desideri anche i più normali, aggrediscono di nascosto, annientano i loro desideri fino a non conoscere più ciò che desiderano. I bambini agiscono, ma non sono ancora consapevoli del loro corpo e delle sensazioni che esso procura. Aiutarli a non farsi male o all’opposto ad avere coraggio nell’agire è uno dei compiti della psicomotricità. La sensibilità corporea, i vissuti personali, la storia fisica e originale di ciascun bambino non sempre nel periodo infantile trovano un luogo educativo dove esprimersi. La psicomotricità 43 Agli psicomotricisti piace stare con i bambini, piace vederli felici, sorpresi, arrabbiati e poi sereni, tristi e poi sollevati, impauriti e rassicurati, ridere, costruire, correre, stare fermi, raccontare, dialogare, farli sentire bene nel loro corpo, avvolgerli, averne cura, sorprenderli, aiutarli solo se hanno bisogno, vedere che ce la fanno da soli, superare le paure, guardare, ammirare, guardarsi allo specchio, contenersi da soli, salutare e andare incontro ai loro genitori o insegnanti contenti. Stare con i bambini per gli adulti, è una risorsa, osservano l’essenziale, ciò che noi abbiamo dimenticato di fare. Fanno domande sulla vita, sui problemi di famiglia, sulle emozioni, su cosa è buono e cosa è cattivo, vogliono sapere e far vedere cosa sanno, sono appassionati della vita, sono tolleranti, più degli adulti, solo se non gli insegnano presto a discriminare negativamente. Agli psicomotricisti piace vedere che i bambini crescono autonomi e felici. Quali effetti ha sui bambini l’attività psicomotoria? I bambini che hanno l’opportunità di vivere questo spazio educativo ne sono entusiasti, lo amano, lo desiderano, ed è comprensibile, in questa attività conoscono e ritrovano se stessi, cosa che in pochissime occasioni educative accade. Tutti i bambini che ho conosciuto hanno dichiarato il forte piacere che provano durante le ore di psicomotricità, lo riportano anche gli insegnanti e i genitori. La psicomotricità piace molto, i bambini la chiedono spesso, la desiderano e la aspettano. Imparano il giorno della settimana, si preparano al gioco che faranno, ne parlano volentieri a casa, raccontano i giochi che vivono e quello che fanno. Diventano più propositivi, più coraggiosi, affrontano l’altro con più determinazione, imparano a spiegarsi, conoscono ciò che gli piace da ciò che non gli piace e questo aspetto di Sé non è scontato per tutti i bambini. Affrontano l’apprendimento scolastico con una maggior accettazione della frustrazione, in una scuola sempre più valutante e svalutante è una dote necessaria a tutti i bambini. La psicomotricità favorisce la comunicazione, la creatività e la formazione del pensiero, contribuisce alla costruzione psicologica di una profonda stima di Sé nella fiducia delle proprie capacità e di un rispetto delle caratteristiche degli altri. 44 3.4 La figura dello psicomotricista Il vero fattore terapeutico, come dice Nicolodi, va ricercato nella particolare formazione dello psicomotricista. Essa è di tre tipi: • La formazione personale, che viene sintetizzata da Aucoutourier (2009) come un ”cambiamento della persona ai fini dell’acquisizione di una competenza relazionale col bambino”. Quindi, capacità di ascolto intesa come capacità di “decentrarsi, ipersensibilizzarsi e aprirsi ai numerosi canali della comunicazione non verbale ma anche verbale”; coscienza e consapevolezza della lettura corporea del vissuto emozionale del bambino e delle proprie modalità espressive corporee. • La formazione teorica, che si può intendere come integrazione tra ascolto, dati dell'osservazione motoria esterna, intuizione, immaginazione e quadri teorici di riferimento “per fare ipotesi, dare senso”. • La tecnica dello psicomotricista, che, come dice Empinet (2009)5, è difficile da spiegare: si tratta di sviluppare un’ipersensibilità ad accogliere e comprendere il bisogno del bambino attraverso una varietà di canali comunicativi non abituali (voce, sguardo, tono gestualità, oggetti). I bambini attraverso il gioco, l’azione e il movimento portano un bisogno all’altro. L’altro, competente attraverso il linguaggio del corpo, condivide, sostiene, contiene e consente, attraverso l’evoluzione del bisogno, le “trasformazioni profonde”. La tecnica diventa quindi la capacità di individuare i bisogni, decodificare le costanti attraverso le quali questi bisogni si esprimono, farli evolvere ai fini dello stare bene. Il gioco simbolico a volte presenta delle “ripetitività di certi giochi 5 Acouturier ,B., Darrault, I., Empinet, J.L.(1986).La pratica psicomotoria; rieducazione e terapia. Roma:Armando Editore, p. 45. 45 dovuti alla fissità di una storia corporea stressante, talvolta dolorosa, che trova nel ripetersi di questi giochi un mezzo di espressione eccessiva, una richiesta di aiuto affinché la sofferenza si attenui, si risolva in una relazione affettiva”. L’obiettivo diventa, quindi, quello di far evolvere giochi stereotipati, favorire lo sviluppo di giochi creativi, favorire il passaggio da giochi senso motori a simbolici o viceversa, aiutare la socializzazione dei bambini che fanno fatica, dei gruppi che fanno fatica. E lo psicomotricista deve cercare la propria collocazione fuori dallo schema psicoanalitico dell'interpretazione del transfert, altrimenti adotterebbe un modello teorico a riferimento simbolico (uso del corpo e del gioco come espressione di un vissuto inconscio), sprovvisto però della possibilità di utilizzo dell'interpretazione verbale che a questa tecnica fa riferimento. Lo psicomotricista si trova quindi a doversi dotare di nuovi strumenti, adatti e coerenti agli scopi che questa nuova prassi si propone. La costruzione del processo educativo o terapeutico avviene quindi attraverso un’entrata effettiva del terapeuta nel meccanismo di gioco del bambino, ma, come dice Aucoutourier, lo psicomotricista gioca per il bambino, non con il bambino, e con questa finalità lo psicomotricista diventa: • Garante delle regole, ovverossia colui che offre uno spazio riconosciuto e rassicurante anche all’aggressività, alla violenza, alla pulsionalità. La comprensione di queste emozioni avviene attraverso le regole, che equivalgono anche a ordine, sicurezza, permanenza: il ritrovare le cose nello stesso ordine dell'ultima volta rassicura chi ha già grandi difficoltà con il tempo e lo spazio. Il bambino potrà distruggere, ma su una base di ordine, perché l'assenza di ordine provoca angoscia. • Partner simbolico, cioè l'adulto che all'interno del setting riconosce e valorizza il bambino, trasforma i suoi agiti in produzione simbolica. Colui che è attento alla coazione a ripetere aiuta il bambino ad acquisire la capacità di investire simbolicamente attraverso un gesto, un “facciamo finta che”, e così l’aggressività e la violenza si 48 “rêverie”, cioè di accogliere senza giudizio le emozioni che causano angoscia, che fa da contenitore e dà un nome e una forma a quell’angoscia trasformandola in pensiero conosciuto e tollerabile. Allo stesso modo, lo psicomotricista trasforma in competenza tecnica la “rêverie” della madre, o capacità di ascolto empatico. Il termine “empatia” (dal greco empatheia, sentire dentro) è inteso come la capacità di percepire l'esperienza soggettiva altrui. Riguarda la capacità di essere dentro i sentimenti dell'altro “come fossero propri, senza mai perdere la qualità del come se”. È necessario riconoscere e osservare bene quello che il bambino fa o non fa. Cogliere il vissuto emozionale del bambino senza confonderlo con il proprio. Su questo aspetto si concentra la specificità di questo approccio terapeutico, la ricerca dell’alleanza empatica attraverso l'utilizzo del proprio linguaggio corporeo. Per questo è necessario avere coscienza e consapevolezza dei propri vissuti personali, coscienza e consapevolezza della lettura corporea del vissuto emozionale del bambino e delle modalità espressive corporee personali. Tutto ciò è reso possibile solo da una formazione personale. Così il bambino si sente compreso e mette in gioco, in azione, il proprio conflitto irrisolto, i suoi vissuti dolorosi, le sue paure, i suoi blocchi evolutivi e, sicuro di essere contenuto, permette allo psicomotricista di dare un senso al suo agito e in questo modo si riappropria del proprio percorso evolutivo. 3.5 Le caratteristiche dei giochi dei bambini da zero a 8 anni Il giocare del bambino è un’attività che si sviluppa a diversi livelli. Il neonato gioca con lo sguardo di chi lo cura e di chi interagisce con lui, osserva e prepara il suo corpo ad afferrare, assaggiare, toccare, è il gioco conoscitivo che lo porterà a costruire le sue prime idee del mondo intorno a lui, gli adulti vicino avranno una tale importanza che dovranno dare attenzione ai limiti e ai non limiti che gli forniranno. A 49 sei mesi il suo sistema nervoso matura e il bambino comincia a spostarsi autonomamente, è interessato a tutto, non solo vuole conoscere, ma anche toccare, aprire, ruotare nelle mani, combinare più oggetti insieme, metterli in comunicazione, è il gioco del ricercare, non conosce pericoli, la sua direzione è una sola, andare. Dai dodici ai diciotto mesi mette a punto la sua andatura, cammina, comincia a correre, continua a voler conoscere, a ricercare e a muoversi in più ambienti, gioca a nascondino con tempi brevi, il suo gioco è ancora sensoriale e motorio, la sua direzione è andata e ritorno, aprire e chiudere, riempire e svuotare, dentro e fuori, distingue bene le figure affettive e chiede a loro spiegazioni. Comincia a parlare. Dai diciotto ai trentasei mesi il bambino non solo conosce molti oggetti e le loro funzioni, si muove con disinvoltura, comunica ed esprime con l’altro, inizia a dare la parola agli oggetti, inizia il gioco simbolico, le emozioni che prima provava in prima persona ora le trasferisce agli oggetti, fuori da lui, e da questa fase è un susseguirsi di proiezioni in modi e in ambienti sempre diversi. Il bambino di tre anni comincia a differenziare il suo spazio da quello degli altri. A quattro anni non solo il suo linguaggio si arricchisce insieme ai suoi pensieri, ma inizia a giocare con più bambini, sceglie il ruolo che andrà a rappresentare, inizia il gioco di ruolo. A cinque anni i bambini hanno acquisito notevoli competenze, a quelle del gioco conoscitivo, senso motorio, simbolico, si sommano altre competenze più socializzate, inizia il gioco con le regole. A sei anni i livelli di gioco si consolidano, i bambini ripetono tutti i giochi che hanno imparato e passano da quello senso motorio a quello simbolico, da quello senza regole a quello con le regole, sono in grado di affinare i loro movimenti, comincia il gioco di squadra . Questo è l’ordine con cui appaiono i giochi nell’infanzia man mano che lo sviluppo neurologico matura, fino ad una data imprecisata dell’età adulta, converrete con me, l’attività del giocare prosegue e si trasforma in attività che riguarderanno il lavoro, gli hobbies, l’agire in generale. L’interesse che io ho per la psicomotricità è proprio questo, leggere il gioco del bambino, il suo movimento, le sue rappresentazioni per spingerlo verso maggiori competenze e verso 50 una maggior conoscenza di sé, a livello globale. Le competenze sono in stretto rapporto con le emozioni. La psicomotricità non si occupa di insegnare a muoversi, a giocare o a disegnare, se non in casi in cui il bambino si trova in difficoltà e abbia bisogno di iniziare a realizzarsi, il suo scopo è quello di far emergere i sensi .I bambini amano distruggere le torri di gommapiuma; quando lo fanno desiderano affermare la propria identità, nel gioco condiviso con l’adulto cercano riconoscimento della loro impresa, è come un permesso a continuare il loro viaggio di scoperta delle proprie forze emotive e dei propri limiti corporei anche sugli altri. E’ l’atmosfera del gioco che permette a questa carica pulsionale di esaurirsi nel corso degli incontri. Non avere sensi di colpa sul piacere di distruggere (in quella circostanza di gioco) apre i bambini al piacere senso motorio, al piacere che dalla conoscenza delle potenzialità del proprio corpo li porta all’azione e al linguaggio. Non è un permesso a distruggere dovunque e dappertutto, è un’opportunità di gioco condiviso con un adulto che comprende la profondità emotiva del desiderio e in alcuni casi del bisogno. Fin dai primi mesi con i cubetti la mamma costruisce e il piccolo butta giù, ride, la sua azione produce un cambiamento, un suono, percepisce che è lui quello che agisce e che si differenzia dall’azione della madre. E’ un gioco finalizzato a se stesso, non c’è crudeltà, cattiveria, offesa, c’è che il bambino scopre la sua azione nel mondo, da lì imparerà altro, proverà piacere a costruire. “I bambini costruiscono soltanto ciò che sono capaci di distruggere” 6 I bambini amano saltare; lo psicomotricista è vicino a loro, chiedono spesso di essere guardati, non aiutati o toccati, gli porge la mano solo quando lo desiderano, bisogna essere lì, presenti, a guardarli e a confermare non che sono bravi a saltare, ma a dichiarare quanto sono coraggiosi, forti, attenti a non farsi e a non fare male agli altri. Le motivazioni non sono di origine prestazionale, sono di natura 6Aucouturier , B., (2008) .Il metodo Aucouturier. Firenze:Franco Angeli, p. 164. 53 dei materiali che mette a disposizione, il gioco del costruire e dello smontare l’identità. La fantasia, la creatività sono categorie che si ampliano, la mente si dinamizza, le emozioni emergono e trovano nella rappresentazione un’altra forma per esprimersi. I bambini amano vincere; è comune a tutti i bambini il desiderio di voler essere primo, essere il migliore, essere il più ….. Attraverso il bagaglio educativo familiare e attraverso la relazione con lo psicomotricista, imparano ad accettare la frustrazione del sopportare che non sempre si è primi, non sempre si vince, non sempre si è i migliori. Anche questo è un processo psicologico che dura tutta la vita, dare il meglio di sé non deve essere vissuto sempre come una gara, deve diventare una qualità del carattere che di ognuno, dare il massimo deve servire a conoscere il meglio che da se stessi si è in grado di dare e di condividere con gli altri. In psicomotricità, le gare non servono per allenare o per far sentire chi è bravo e chi no, genera frustrati e prepotenti, servono a dare risposte ai bambini su chi sono, su cosa sono capaci di mettere in atto di loro, ad acquisire coraggio, forza, determinazione, servono a non scappare, a non rinunciare, a non arrendersi. La gara aiuta a sapere che ci sono momenti nella vita e, per i bambini nel gioco, in cui non ci si deve tirare indietro, bisogna lottare, ognuno con le proprie armi e con le proprie capacità. Sapere all’occorrenza cosa si sa fare: combattere, arbitrare, preparare, allenare, difendere, aiuta a sentirsi bene in ogni situazione. I bambini amano disegnare, costruire, modellare, creare trasformando la natura degli oggetti. In queste attività meno dinamiche e più riflessive, c’è il senso delle proprie azioni, senza questa elaborazione attraverso la presenza dell’altro, il movimento e il gioco fine a se stessi possono perdere di efficacia. Lasciare una traccia, elaborare un gesto, un’emozione, consente al bambino di memorizzarla e di procedere nelle esperienze. La psicomotricità risponde all’esigenza del bambino di formarsi una mente, dei pensieri, una direzione per conoscere il mondo e non basta camminare, correre o saltare, occorre ragionare su ciò che è accaduto, sul piacere provato. Non tutti i 54 bambini affrontano questi giochi fino in fondo, ci sono bambini che giocano sempre allo stesso modo, fateci caso, o che vorrebbero inserirsi in un gioco con gli altri e non riescono o non hanno il coraggio di parlare, di saltare, di imparare altro. La psicomotricità accompagna tutti i bambini a percorrere più aree espressive, fino a che il bambino si sente sicuro e prova. Un luogo e una relazione adeguati permettono ai bambini di ampliare il loro modo di esprimersi. L’età infantile è troppo importante per il futuro di ogni bambino, impedire che queste esperienze non accadano o non darle importanza, è un rischio che una società moderna non dovrebbe ancora correre. La psicomotricità è un patrimonio di educazione e di prevenzione che ancora chiede un vero riconoscimento dalle politiche scolastiche. Per fortuna, molti genitori lo hanno già compreso. 3.6 La musicoterapia come attività motoria compensativa ed educativa nella psicomotricità La musica non ha fino ad ora ricevuto da parte degli uomini di scienza l’attenzione e la considerazione che sono state lautamente elargite ad altre arti quali quelle figurative o la poesia, verosimilmente ciò è anche conseguenza della sua complessità, della difficoltà di un suo studio e di una sua vera comprensione, di conseguenza una sua applicazione nella letteratura neurologica è stata a lungo trascurata. Fiumi di inchiostro sono stati spesi da poeti, filosofi e scrittori per dare una definizione della musica. Nietzche7 intendeva la musica come la lingua primordiale che esprime la verità essenziale della vita e mentre le altre arti trasfigurano le forme dell’apparenza, la musica si riferisce all’essenza di queste, la sua voce proviene dal cuore delle cose, dalla misteriosa unità originaria Il linguaggio musicale a 7 Friedrich Wilhelm Nietzsche (Röcken, 15 ottobre 1844 – Weimar, 25 agosto 1900) è stato un filosofo, aforista, saggista, poeta, compositore, accademico e filologo tedesco. Tra i maggiori filosofi di ogni tempo, Nietzsche ebbe un'influenza indiscutibile sul pensiero filosofico, letterario e politico del Novecento. La sua filosofia è considerata da alcuni uno spartiacque fra la filosofia tradizionale e un nuovo modello di riflessione, informale e provocatoria. In ogni caso si tratta di un pensatore unico nel suo genere, sì da giustificare l'enorme influenza da lui esercitata sul pensiero posteriore, e la considerazione che alcuni nutrono verso di lui come antesignano dell'esistenzialismo. Coerentemente con i suoi assunti, diede grande rilievo al mito, alla poesia e alla musica, cimentandosi in gioventù anche come poeta e compositore (vale ricordare Hymnus an das Leben), attività in cui, peraltro, a parere della critica, non attinse risultati paragonabili agli esiti della sua speculazione filosofica. 55 differenza di quello verbale non ha alcun riferimento immediato con la realtà, non è significante di un significato, non traduce cose o relazioni tra cose, non è al servizio di nessuna condotta o codice di comportamento, è il linguaggio dell’emozione ed il suo potere simbolico è strettamente legato alla vita affettiva. Lo stesso Nietzche scriveva che l'ascolto della musica era un'esperienza non solo uditiva ed emozionale, ma anche motoria, quando ascoltiamo la musica “ ascoltiamo con tutti i muscoli ” . Teniamo il tempo senza volerlo, anche quando non siamo consapevoli di prestare attenzione, e con il volto e le posture del corpo rispecchiamo la “ trama ” della melodia, insieme ai pensieri e ai sentimenti che essa provoca. Freud8 aveva paura della musica perché la considerava troppo vicino all’Es, cioè secondo la sua teoria psicoanalitica l’istanza intrapsichica più arcaica della nostra mente definita anche inconscio che contiene quelle spinte pulsionali di carattere erotico (Eros ) e aggressive ed auto-distruttive (Thanatos ). Raramente la psicanalisi infatti si è occupata della musica come oggetto della propria ricerca, una delle difficoltà è insita nella natura stessa della musica, in quanto non rappresenta gli oggetti del mondo esterno come la maggior parte delle altre arti, è proprio questi oggetti e i loro mutui rapporti costituiscono il tema di interesse centrale della psicanalisi. Un altro motivo di questa resistenza sarebbe attribuibile alla sua natura affettiva, resistenza che viene alla luce quando si prende in considerazione il significato cosciente che la musica riveste per molti dei suoi amatori Lenin disse testualmente “non posso ascoltare spesso la musica, agisce sui miei nervi, mi viene voglia di dire stupidaggini e di carezzare gli uomini che, vivendo in un sudicio inferno, riescono a creare tanta bellezza. Ma oggi non si possono fare carezze. Vi sbranerebbero la mano”. Sia Freud sia Lenin infatti vissero la loro vita in una completa anestesia musicale, in un letargo della dimensione estetica il cui lo sviluppo dovrebbe essere, come ha scritto Marcuse l’ultima meta di tutte le rivoluzioni e cioè la 8 Freud, S., (1905) .Frammento di un’analisi d’isteria. Torino:Bollati Boringhieri, Opere, vol. 4, p. 312. 58 problema delle reazioni emozionali da parte dell'ascoltatore dal punto di vista sperimentale, registrando le risposte verbali soggettive individuali ai Preludes per pianoforte di Debussy; le risposte erano differenti e persino contraddittorie. Queste osservazioni rafforzano l'opinione che l'esperienza musicale, cioè la ricezione, la percezione e l'interpretazione siano questioni che riguardino ogni singolo ascoltatore. Non ci si può aspettare che tutte le persone anche se con una coltura musicale e una capacità di espressione simile possano avere le stesse esperienze, e qualora questo accada vengono usati espressioni diverse per descrivere tali esperienze. Tali discrepanza sono secondarie a un simbolismo musicale inconscio sul quale però si possono fare solo delle congetture. In realtà il linguaggio musicale è preciso e quando l'esecuzione è buona i messaggi contenuti nei suoni arrivano senza possibilità di errore a quelli che conoscono tale linguaggio e, cosa ancor più importante, a molti di coloro le cui conoscenze musicale sono scarse. Uno degli aspetti più affascinanti della musica risiede proprio nel fatto che anche l'ascoltatore relativamente ignorante può essere in grado di penetrare il pensiero musicale del compositore basandosi sulla propria capacità di concentrarsi e sulla propria apertura mentale. I primi neurologi hanno studiato la musica e il cervello osservando gli effetti delle lesioni focali sulle attività musicali, le loro osservazioni hanno fornito delle utili informazioni su parti del cervello particolarmente implicate nella componente musicale della vita. La disputa fra quei ricercatori che ritenevano di poter fornire una localizzazione encefalica alle funzioni linguistiche e musicali e quelli che difendevano una visione olistica non ha trovato eco nella letteratura sulla musica. Pinker ritiene (e non solo lui) che le nostre capacità musicali, per lo meno alcune di esse, siano rese possibili tramite l'uso, il reclutamento o la cooptazione di sistemi cerebrali già sviluppati per altre funzioni. Queste ipotesi sarebbe coerente con il fatto che negli esseri umani non esiste un singolo “centro della musica”, ma si assiste al coinvolgimento di una buona decina di reti, distribuite in tutto il cervello . Si tratta di un linguaggio particolare 59 che dal mentale procede verso il sensoriale, il corporeo, costituendosi talvolta come un'esperienza capace di attivare risposte motorie, sensoriali, neurovegetative in parte autonomie da una elaborazione centrale; in questo senso la musica parla innanzitutto al nostro corpo e in seconda battuta alla nostra mente. Le origini della musica rimandano al primo delinearsi di una vita psichica. Il feto nelle ultime settimane gestazionali appare capace di percepire stimoli, integrarli nella cornice di un'attività neurobiologica, collegata ai diversi strati di coscienza, e rappresentarli sulla base di un'amodalità percettiva (Mancia 1990). Il suono si impone al bambino prima della sua nascita. Il mondo sonoro intrauterino rappresenta una sorta di bagno di suoni, costituito da rumori intestinali e respiratori, voci esterne e rumori ambientali, percepiti e filtrati dal liquido amniotico e scanditi dal pulsare cardiaco. Dopo la "crisi sonora" della nascita i suoni che il neonato ascolta si presentano potenzialmente confusi e perturbatori. Il suono possiede caratteristiche essenzialmente concrete, l'esperienza sonora assume connotati di un'esperienza tattile e di contatto . Il ruolo sonoro a livello della struttura psichica dal punto di vista dello sviluppo è antecedente a quello svolto dal ruolo visivo. Prima che lo sguardo e il sorriso della madre che nutre e cura il bambino rinviino a questi una immagine di sè che sia visibilmente percettibile e che riesca ad interiorizzare per costituirsi come individuo originale e a differenziarsi dagli altri, il bagno melodico dell'ambiente può nella sua disposizione costituire un primo specchio sonoro di cui fare uso, dapprima con le proprie grida ed infine con i propri giochi di articolazione vocale10. Il nutrimento vocale della madre per il figlio è importante per il suo sviluppo proprio come il latte. C'è un rimando al "parlar materno", che costituisce una raffinata elaborazione simbolica di voci e di suoni che si articolano nelle prime forme di comunicazione e che ci parla quindi di un tempo lontano, passato, di un tempo assente che può ritornare solo nell'evocazione nostalgica. La musica sottolinea la profondità biologica della nostalgia in quanto parla la stessa lingua della diade 10 Anzieu ,D., (1987). L'Io-Pelle. Roma: Borla, p. 15-20. 60 primaria e perché nel fruirne esteticamente possiamo sperimentare un rapporto arcaico, un rapporto in cui viene annullata la distanza fra soggetto ed oggetto ed è evocata una dimensione di totalità e fusione che avvolge creatore e fruitore entrambi coinvolti in un rapporto di poiesi continua. La nostra specie è segnata da un dolore arcaico, quello di nascere troppo presto e di vivere un'infanzia segnata da una miseria, quella di avere bisogno di tutto. Prima di questa catastrofe c'è però in ognuno il sogno dell'eden, cioè di un luogo senza storie dove non si nasce mai e dove non si ha bisogno di nulla, la musica è una specie di realizzazione allucinatoria di questo desiderio. L'anima comincia ad essere abitata quando un suono, un sapore, un contatto lasciano tracce connotate da piacere o dispiacere. Un oggetto del mondo si associa ad una percezione di gioia o di paura, la sua sagoma diventa tutt'uno con la qualità dell'esperienza che innesca11. La musica ha sempre consolato l'animo umano. La consolazione musicale del patire richiede però che il dolore psichico non raggiunga livelli tanto intensi da determinare una radicale chiusura al mondo ed una incapacità ad investire su di esso; è necessario viceversa che il soggetto pur assorto e compreso dal suo patire mantenendo legame con l'esterno, evidenzi una vita interiore non totalmente inaridita o destrutturata ma ancora capace di investimenti ed emozioni. Dalla musica oltre al dolore e alla tristezza emerge un grado di calore; la musica evoca un'immediata empatia, un particolare calore ed una sensazione unica di inondazione emotiva12. La musica oltre a dare voce alla nostra dolente interiorità costituisce un linguaggio simbolico connesso con le fasi più arcaiche della nostra esistenza. Le caratteristiche fisiche del fenomeno sonoro, la sua impalpabilità, l'immaterialità, l'assenza di limiti della fugacità che lo contraddistinguono rendono difficoltosa una riflessione sui fenomeni psichici relativi all'esperienza del "sonoro". Forse proprio la sua inconsistenza, la sua non demarcabilità e l'assenza di un efficace protezione percettiva da esso hanno determinato l'attribuzione a questo 11 Gaita, D., (1991). Il Pensiero del Cuore. Milano :Bompiani, p. 23-27. 12 Volterra, V., Erting, C., (1990). From Gesture to Language in Hearing and Deaf Children. New York: Springer- Verlag. Ristampa 1994, Washington: Gallaudet University Press, p. 67-90. 63 voci accorgiamo ad un tratto che il nostro respiro si è fatto più nato durante un passaggio accelerato. La natura e il grado delle variazioni vegetative dipendono anche dal genere musicale presentato e soprattutto dalla disposizione individuale dominante, indifferente o emozionale, nei confronti della musica. Le risposte alla musica possono essere sia psicologiche sia fisiologiche, le reazioni che hanno le une sulle altre, producono un effetto generale che è in relazione con la combinazione dei diversi elementi musicali presenti nello stesso brano; ad esempio quando melodia, timbro, ritmo e frequenza si fondono insieme. La stessa melodia, suonata con strumenti diversi o a diversa frequenza può provocare reazioni differenti a volte anche di senso opposto. Le risposte psicologiche ad un esperienza musicale dipendono dalla capacità dell'ascoltatore o dell'interprete di comunicare e d'identificarsi con essa. Esiste un organotropismo delle reazioni vegetative, infatti in alcuni soggetti stimoli psicologici come lo stress provoca prevalentemente variazioni respiratorie, mentre in altri individui lo stesso stimolo determina alterazioni nelle risposte circolatorie. Lo stesso ragionamento si può applicare considerando diversi generi musicali. Le reazioni vegetative investono vari sistemi:  L'apparato cardiocircolatorio con variazioni della frequenza cardiaca, variazione che può essere piacevole o meno; si possono verificare episodi di battiti prematuri, tali episodi sono più frequenti qualora la musica abbia un ritmo sincopato. Talvolta è possibile guidare le variazioni della frequenza cardiaca mediante variazioni dinamiche del ritmo e/o del volume, un loro aumento può provocare una risposta tachicardica mentre viceversa una loro diminuzione una risposta bradicardica. In soggetti che abbiano un qualche disturbo cardiaco si possono riscontrare in risposta alla musica delle variazioni quantitative elettrocardiografiche, simili a quelle evidenziabili in seguito a sforzo. La musica ha una pulsazione, come tutto ciò che vive. Pulsazione significa flusso: è la continua corrente di energia che scorre attraverso e intorno a noi. Il nostro sistema circolatorio è intreccio complicato di flussi e deflussi, di attività e riposo. Trovare 64 una pulsazione di una musica apre, o scandisce, il polso dell'ascoltatore.  L'apparato respiratorio: vi sono variazioni della frequenza e della profondità del respiro, si possono inoltre evidenziare variazioni nel rapporto tra inspirazione ed espirazione cosi come altre caratteristiche del respiro, ad esempio la tendenza ad avere un respiro ritmico o aritmico.  Sono evidenziabili variazioni a livello del riflesso psicogalvanico , un indicatore molto sensibile della resistenza elettrica somatica. Si controlla facendo passare attraverso il corpo di un soggetto una debole corrente elettrica: sotto l’effetto di un’emozione, o di un’attivazione sensoriale, si ha un aumento dell’intensità della corrente, per diminuzione della resistenza offerta dal corpo al suo passaggio. Le risposte ottenuto da una sua analisi possono però essere interpretate sia come una reazione di piacere sia di dispiace.  L'attività motoria aumenta e ciò si può osservare tramite l'analisi del numero e dell'ampiezza dei potenziali d'azione muscolari. A riposo, fra l'attività muscolare della regione frontale e quella degli arti inferiori vi sono solo minime differenze, mentre nel soggetto che ascolta una musica ballabile i potenziali d'azione si “trasferiscono” alle gambe, infatti questi tendono ad aumentare agli arti inferiori pur rimanendo fermi. Un brano musicale rilassante riduce la tensione muscolare perciò e migliora la coordinazione. Un effetto opposto si osserva in una situazione di silenzio assoluto. Si è inoltre osservato che la forza muscolare diminuisce invariabilmente durante l'ascolto di ninnananne e aumenta invece durante l'ascolto di marce musicali.  La musica può rallentare ed equalizzare le onde cerebrali, è stato dimostrato infatti ripetutamente che le onde cerebrali possono essere modificatesi dalla musica sia da suoni autogenerati. Il normale stato di consapevolezza consiste in onde beta, che vibrano tra i 14 e 20 Hz. Si producono onde detta quando ci concentriamo su attività quotidiane nel mondo esterno, o quando proviamo forti emozioni negative. La consapevolezza profonda e uno stato di calma sono caratterizzati da onde alfa, che si attestano fra gli 8 e i 13 Hz. Periodi di massima 65 creatività, meditazione e sonno sono caratterizzati da onde theta, da 4 a 8 Hz, e il sonno profondo, la meditazione e la perdita di coscienza producono onde delta, da 0.5 a 3 Hz. Più lente sono le onde cerebrali, più ci sentiamo rilassati e soddisfatti. Diversi studi hanno dimostrato che la musica classica aumenta l'attività delle onde alfa mentre quella rock la diminuisce.  I suoni agiscono anche sulla temperatura del corpo, uno scricchiolio di una porta, il gemito del vento e altri rumori misteriosi possono far scorrere un brivido lungo la spina dorsale e provocare pilo erezione. Tutti i suoni e tutta la musica esercitano una sottile influenza sulla 58 temperatura corporea e sulla capacità di adattamento a cambiamenti termici; Strawinsky osservò: "le percussioni e i bassi... funzionano come un impianto di riscaldamento centrale".  La musica può aumentare i livelli di endorfine. Di recente le endorfine, ossia gli oppiacei naturali del cervello, sono stato oggetto di molte ricerche biomediche, in molti studi ormai sono giunti alla conclusione che le endorfine possano diminuire il dolore e indurre un naturale "buonumore". Al centro di ricerca sulle dipendenze di Stanford, in California, Goldstein15 scoprii che metà delle persone da lui esaminate provava euforia ascoltando musica. Le sostanze chimiche curative create dalla gioia della ricchezza emotiva della musica permettono al corpo di creare il proprio anestetico e di aumentano la funzione immunitaria. Goldstein16 ha anche accertato che iniezioni di naloxone (il più potente antagonista puro degli oppioidi) cancellavano l'eccitazione derivante dall'ascolto. Nel 1996, il "Journal of the American MedicalAssociation" pubblicati i risultati di uno studio sulla terapia musicale, istituito a Austin in Texas, in cui si è scoperto che metà delle puerpere che ascoltavano musica durante il parto non avevano bisogno di anestetici. "La stimolazione musicale aumenta il rilascio di endorfine perciò diminuisce il bisogno di farmaci. Costituisce anche una distrazione dal 15 Goldstein, R. M., Zebker, H. A. and. Werner, C.L.(1988). Satellite radar interferometry. Two dimensional phase unwrapping. Londra: Sci., p. 713-720. 16 Li, F., and Goldstein, R.M. (1990).Studies of multibaseline spaceborne interferometric synthetic aperture radar. IEEE Trans : Geosci. Remote Sensing, vol. 28, p. 88-97. 68 di musica e quello di malattia risulti poco chiaro oggi e che l'effetto della musica a livello terapeutico debba essere riproducibile sistematicamente affinché si possa giungere a un risultato pragmatico. Tutte queste esigenze si scontrano con la complessità della disciplina stessa caratterizzata da una visione anti-riduzionistica, un approccio olistico, una mancata linearità, una discontinuità e l'impossibilità di tradurre in un linguaggio verbale un contenuto che non è verbale. La musica è uno specifico tipo di linguaggio, dotato di una sua dimensione sintattica e semantica (Langer, 1969). La musica rimane una modalità di trattamento che esclude generalmente il canale linguistico. Riuscire a definire quale musica, quali effetti e su quali individui è un'impresa ardua e la carenza evidente in letteratura di tali argomenti evidenzia la necessità di approfondire notevolmente tale studio. Non sussistono sostanziali differenze a livello dei disegni di ricerca applicabili allo studio dell'efficacia della musicoterapia rispetto a qualsiasi altra scienza umana. Detto ciò risulta chiaro che per introdurre la musica nella terapia medica bisogna agire prima di tutto su un piano culturale. Sarebbe un errore ritenere la ricerca musicoterapica qualcosa di avulso dalla pratica clinica. Sono necessari infatti sinergie culturali e professionali affinché si creino tutte le premesse che rendono possibile una sua attuazione. Il musicoterapeuta moderno è prima di tutto e soprattutto un musicista e come tale deve essere considerato, egli opera sulla base della sua comprensione della musica e degli effetti che questa può avere sulla mente, sul corpo e sulle emozioni. Combinando il suono con il ritmo si ottiene la musica, il suono ha spesso costituito un ponte illusorio, attraverso il quale l'uomo primitivo o civile, sano o malato, ha sempre cercato di comunicare con un mondo psichico invisibile. Sebbene l'epoca e le circostanze in cui si manifestò la prima espressione musicale sono forse destinate a rimanere oscure, è certo però che all'interno di ogni cultura si svilupparono forme di espressione musicale e in molti casi leggende relative all'origine della musica, un'origine quasi sempre divina e mai attribuita al genio umano. Gli aspetti storici sono impregnati di magia, onnipotenza e suggestione. L'uomo primitivo ha 69 spesso creduto che ogni essere, morto o vivente, avesse un proprio suono o canto segreto al quale rispondeva sempre e che poteva renderlo vulnerabile alla magia. Scrive Combarieu17: “ in tutte le civiltà conosciute si riteneva che la musica avesse un origine divina. E' stata ovunque considerata non come una creazione dell'uomo, ma come l'opera di un essere soprannaturale. Non c'è nulla di simile nella storia dell'arte o nella pittura. Come per istinto, l'uomo ha attribuito alla musica stessa il potere che egli sapeva appartenere agli dei.” Inoltre la musica,i ritmi, i canti e le danze avevano un ruolo essenziale nei riti magici di guarigione, poiché l'uomo primitivo non si rendeva conto che la malattia era il risultato di un disordine patologico, i mezzi terapeutici che usava non erano rivolti al paziente ma attraverso lui, allo spirito maligno dal quale doveva essere liberato. Fra i popoli primitivi i guaritori facevano ricorso alla musica nel dare consigli medici, oltre alle esecuzioni individuali si facevano delle cerimonie che venivano tenute da sacerdoti-medici. La musica, nata dal primordiale elemento del suono, catturato dall'uomo e da lui organizzato, è divenuta la sua ancella, la sua benefattrice e talvolta la sua padrona. Le forze dinamiche emotive, primitive e spirituali che la musica riesce esprimere e a ricondurre all'unità possono servire oggi l'uomo nelle battaglie del corpo e della mente come hanno sempre fatto fin dei tempi remoti. La convinzione primitiva che la malattia fosse provocata da uno spirito maligno che prendeva possesso dell'uomo perdurò a lungo nell'antichità, specialmente in riferimento ai disturbi mentali, ma lentamente si acquisiva l'idea che invece fosse invece uno stato patologico. Per gli antichi Greci Apollo era il dio della medicina oltre che della musica, ciò può simboleggiare le interazioni e i collegamenti esistenti fra queste due discipline. La commovente leggenda di Orfeo mostra il potere che i Greci attribuivano alla musica sul mondo naturale e soprannaturale. L'equilibrio fra corpo e anima costituiva la salute, concetto espresso da Giovenale nella famosa massima “mens sana in corpore sano”. Questa concezione psicosomatica della malattia 17 Combarieu, J. ,(1907). - La musique, ses lois, son evolution: Parigi, p. 45. 70 spiega perché la musica, che è ordine e armonia, avesse un ruolo così importante nell'approccio ai problemi di salute influendo sull'intera persona. La musica d'altronde faceva parte integrante della vita greca: i filosofi ne studiavano il valore etico, i caratteri e gli effetti che aveva per l'anima e per il corpo e ne affermavano il valore terapeutico. Se Ippocrate viene chiamato il padre della medicina, possiamo riconoscere in Platone18 e Aristotele19 i precursori della musicoterapia, Aristotele assegna alla musica un preciso valore quando dice che persone afflitte da emozioni incontrollabili “dopo aver ascoltato melodie, che innalzano l'anima all'estasi, riescono a rilassarsi fino a riacquistare le loro normali condizioni, come se si fossero sottoposte a cure mediche o purificatorie. La purificazione catartica delle emozioni era un processo molto importante per riacquistare la salute mentale nella vita greca e avveniva, di solito, attraverso rappresentazioni drammatiche e musicali. Si dice che Esculapio prescrivesse musica e armonia alle persone affette da disturbi emotivi. La musica è certamente l'arte più antica. Diversamente dalla maggior parte delle altre forme artistiche ha dei suoi predecessori naturali: infatti la natura è piena di rumori e suoni, che come il canto degli uccelli, possono costituire delle armoniose melodie. La cosiddetta musica ambientale riproduce i suoni della natura e può essere usata a scopo terapeutico grazie alla sua capacità di rilassare. La musica segue l'uomo dalla culla alla tomba, facendolo addormentare in tenera età facendo del triste sfondo le sue esequie. L'idea di un'armonia onnipotente, originariamente sostenuta da Orfeo e in seguito da Pitagora e dai suoi discepoli, si diffuse moltissimo nell'opera scientifica dell'antichità ed è rimasta in auge fino a epoche recenti. La fiducia nel potere curativo della musica perdurò nelle civiltà avanzata dell'antichità fino al Rinascimento. Ad essa venivano attribuiti effetti miracolosi non solo nei casi di nevrosi e psicosi ma anche nelle malattie somatiche o organiche. Alcuni credevano che curasse le persone malate, resuscitasse i morti, mettesse fine sia alle epidemie psicotiche, come il 18 Platóne (gr. Πλάτων, lat. Plato). - Filosofo greco (Atene 428 o 427 a. C. - ivi 348 o 347). 19Aristòtele (o Aristòtile; gr. ᾿Αριστοτέλης, lat. Aristotĕles, nel Medioevo latinoAristotĭles). - Filosofo greco (Stagira 384-83 a. C. - Calcide 322 a. C.). 73 Jazz disturbano la produzione di latte, ma dopo attente statistiche si è osservato che la produzione di latte è davvero influenzata dai suoni, infatti il rendimento delle mucche nelle stalle vicino ad aeroporti diminuisce notevolmente a causa dei rumori dei jet. Il successo o il fallimento di una musicoterapia dipendono in gran parte da fattori di rapporto umano, oltre che musicali. Una valutazione della risposta del paziente alla musica dovrebbe includere quella che potrebbe definirsi la sua “storia musicale”. Le esperienze musicali personali lasciano di solito una traccia profonda nella memoria e possono venire associate con sensazioni di successo o di fallimento. Molte persone sono assai più sensibili e vulnerabili a ciò che riguarda la musica rispetto che a qualunque altro soggetto, pur senza essere dotati di un particolare senso musicale. Poiché la musica è senza parole, non esistono praticamente limiti al suo potere evocativo o immaginativo. La musica può creare rappresentazioni mentali di molti tipi: realistiche, irreali, di sogno, fantastiche, mistiche o allucinatorie. La musica suonata in sottofondo può provocare sensazioni vaghe come un sogno, stati d'animo attraverso i quali l'individuo riesce ad evadere in un mondo immaginario, dove può perdersi, oppure ritrovare se stesso. Se la musica può sopprimere il senso dello spazio, può anche distorcere e far scomparire il senso del tempo, senza alcuna implicazione mistica e in persone del tutto normali. Esperimenti fatti nelle fabbriche provano che il tempo sembra trascorrere più rapidamente quando viene suonata della musica. Sappiamo bene che possiamo perdere anche del tutto il senso del tempo suonando o ascoltando musica. La musica può servire da ponte tra il reale e l'irreale, il conscio e l'inconscio e questa sua caratteristica è stata usata in molte situazioni. La ninna-nanna favorisce il passaggio dalla veglia al sonno, oppure può portare alla luce un ricordo da lungo tempo sopito. Non sorprende che, fin dai 23 Nasce a Lipsia nel 1813, le sue prime opere non vengono accolte con entusiasmo, Wagner sta introducendo una vera rivoluzione tanto nella trama quanto nella musica dell’opera: 1) musica e versi sono tutt’uno, il compositore deve scrivere personalmente anche i testi (libretti) 2) l’orchestra non accompagna solo le arie e i duetti ma sostiene con una sinfonia l’intera opera 3) nella musica emergono i “leit-motive” temi ricorrenti associati ad un personaggio o una situazione Il successo arrivò tardi per Wagner ma poi fu enorme ed inarrestabile. Alla sua morte chiese di essere sepolto a Bayeruth, vicino al teatro che aveva tanto voluto e amato. Opere principali: Tannhauser, Il vascello fantasma, Tristano e Isotta, Parsifal e la tetralogia L’anello del Nibelungo costituita da: L’oro del reno, La Valchiria, Sigfrido e il crepuscolo degli Dei. 74 tempi primitivi, la musica sia stata associata col mondo dei sogni. Il paziente ha un suo ritmo narrativo, un suo timbro e una sua intensità nella voce, un suo modo di percepire musicalmente le parole: a tutto ciò l'analista deve a sua volta porgere il suo orecchio24. Il legame tra musica ed aree emotive/affettive è documentabile non solo grazie ad a alcuni studi sperimentali che hanno individuato nell'emisfero destro, lo stesso deputato alla codifica e allo sviluppo delle emozioni, la sede anatomica dell'ascolto musicale (Platel et al., 1997), ma anche dall'esperienza che ognuno di noi può oggettivamente fare durante, per esempio, un concerto. Come ha osservato la Lange, è possibile ipotizzare l'esistenza di un isomorfismo formale tra struttura musicale e struttura della vita emotiva, tale da poter considerare simili le modalità attraverso cui si determinano i differenti rimandi nel linguaggio musicale e quelle utilizzate dalla nostra mente per provare specifici sentimenti. Sulla stessa linea di pensiero la Brèlet25 qualche anno prima aveva sostenuto che l'espressività musicale rispecchia il dinamismo dei sentimenti. L'identità sonora è un concetto utilizzato per designare l'esistenza di una sonorità specifica per ciascun individuo ma anche per descrivere l'identificazione di un soggetto con uno specifico strumento musicale. In ogni caso l'impiego del musicale in ambito clinico ha evidenziato la presenza di caratteristiche sonore individuali, ponendo così il problema di un'adeguata concettualizzazione di tali osservazioni. Benenzon26 ha proposto di designare con il termine Iso (identità sonora) "la nozione dell'esistenza 24 Pascolutti, T,.(1998) .Le fornaci da calce nell'Europa occidentale. Torino: Tecnologia e produzione, p. 10.20. 25Brèlet, G.(1951) .L’interprètation crèatrice. Parigi: PUF ,p. 10-24. 26 Autore e docente argentino di musicoterapia, così la definisce: "La musicoterapia è l'uso della musica e/o degli elementi musicali (suono, ritmo, melodia e armonia) da parte di un musicoterapeuta qualificato, con un utente o un gruppo, in un processo atto a facilitare e favorire la comunicazione, la relazione, l'apprendimento, la motricità, l'espressione, l'organizzazione e altri rilevanti obiettivi terapeutici al fine di soddisfare le necessità fisiche, emozionali, mentali, sociali e cognitive. La musicoterapia mira a sviluppare le funzioni potenziali e/o residue dell'individuo in modo tale che questi possa meglio realizzare l'integrazione intra- e interpersonale e consequenzialmente possa migliorare la qualità della vita grazie a un processo preventivo, riabilitativo o terapeutico." "Da un punto di vista scientifico, la musicoterapia è un ramo della scienza che tratta lo studio e la ricerca del complesso suono-uomo, intendendo con suono un prodotto naturale o un artefatto musicale, per scoprire gli elementi diagnostici e i metodi terapeutici ad esso inerenti. Da un punto di vista terapeutico, la musicoterapia è una disciplina paramedica che usa il suono, la musica e il movimento per produrre effetti regressivi e per aprire canali di comunicazione in grado di iniziare il processo trasformativo di recupero del paziente”. 75 di un suono o di un insieme di suoni o di fenomeni sonori interni che ci caratterizzano e ci individualizzano" (1984). Benenzon rappresenta una delle massime autorità mondiale nel campo della musicoterapia e in seno ad essa ha posto i seguenti tre principi alla base della sua opera: 1-Principio dell'ISO: “ISO”27 significa uguale, è l'identità sonora di un individuo. E' un elemento dinamico che ha in se tutta la forza di percezione presente e passata. ISO UNIVERSALE: è una identità sonora che caratterizza o identifica tutti gli esseri umani, indipendentemente dal particolare contesto sociale, culturale, storico, e psico-fìsiologico Farebbero parte dell'ISO universale le caratteristiche particolari del battito cardiaco, dei suoni di inspirazione ed espirazione nonché la voce della propria madre al momento della nascita e nei primi giorni di vita. ISO GESTALTICO: si tratta di un fenomeno sonoro e di un movimento interno che riassume i nostri archetipi sonori, il nostro vissuto sonoro intrauterino, dalla nascita all'infanzia fino alla nostra età attuale. E’un suono strutturato all'interno di un mosaico sonoro che fondamentalmente è in perpetuo movimento. ISO COMPLEMENTARE: rappresenta l'insieme di piccole modifiche che si attuano ogni giorno o in ogni seduta di musicoterapia sotto l'effetto di circostanze ambientali e dinamiche. ISO GRUPPALE: è intimamente connesso allo schema sociale all'interno del quale l'individuo evolve. L'ISO di gruppo è fondamentale allo scopo di raggiungere un’unità di integrazione in un gruppo terapeutico. E' una dinamica che pervade il gruppo come sintesi stessa di tutte le identità sonore. Raccoglie in sé un insieme di fattori psico-fisiologici di suoni e di movimenti che dipendono in ultima istanza dall'ISO gestaltico di ciascun individuo. Il suono come oggetto intermediario: un oggetto intermediario è uno strumento di comunicazione in grado di agire terapeuticamente sul 27 Benezon, A., (1984) .Manuale di musicoterapia. Roma: Borla,p. 7-13. 78 CONCLUSIONE La consapevolezza della non generalizzabilità dei risultati ha indotto a trarre la conclusione che non esiste un metodo didattico ottimale e definitivo che possa dare risultati positivi e costanti in differenti contesti di apprendimento, con qualsiasi alunno o insegnante, ma che è consigliabile considerare alternative metodologiche nella progettazione degli interventi formativi che tengano conto delle potenzialità del corpo e del movimento nell’accesso alla conoscenza. La necessità di considerare i diversi stili cognitivi e di apprendimento nella popolazione scolastica impone di variare non solo i materiali ma anche i metodi didattici in modo da allargare lo spettro delle possibilità di accesso alle conoscenze soprattutto in presenza di alunni diversamente abili. Ciò suggerisce una riattualizzazione del pensiero già espresso da diversi autori che hanno evidenziato che poiché non sappiamo ancora esattamente quali metodi siano più adeguati al raggiungimento di determinati obiettivi, quando scegliamo di usarne uno o più di uno avanziamo un’ipotesi da verificare e soltanto nella fase di valutazione possiamo dire se è valida. In alcuni casi i risultati delle ricerche condotte possono fornirci alcune indicazioni su metodi parzialmente fruttuosi. La ricerca, infatti, rinunciando a qualsiasi posizione deterministica e non proponendosi come indagine finalizzata all’identificazione di rapporti causali tra metodi didattici e obiettivi educativi è stata condotta nella consapevolezza che così come una serie di obiettivi potrebbero essere raggiunti attraverso diversi contenuti, parimenti diversi metodi potrebbero essere utili al raggiungimento dei medesimi obiettivi. Ciò permette di allargare il ventaglio delle possibilità di scelta da parte dei docenti e di adottare con variabilità e flessibilità alternative metodologiche che si può ritenere, con un buon grado di certezza, che possono costituire strumenti didattici efficaci nella progettazione degli itinerari formativi per ciascun allievo. 79 BIBLIOGRAFIA  AA.VV., (2003) .Disagio e dispersione scolastica a Grosseto. Provincia di Grosseto: Assessorato alla Pubblica Istruzione.  AA.VV., (2001) .Scopi, limiti e rischi della medicina. Documento del Comitato Nazionale di Bioetica.  AA.VV., (1981) .Storia D'Italia. Annali 4. Intellettuali e Potere. Torino : Einaudi Editore.  AA.VV,( 2002). Il corpo in gioco. Verona: Res Ed.  AA.VV. (1997) .Musica per gioco. Torino: a cura di Franca Mazzoli.  AA.VV, Jaques-Dalcroze,(1979) . Nuova Rivista Musicale Italiana. XIII fasc. 4.  AA.VV ,(1993). La Percezione Musicale. Milano :Guerini e Associati Editori.  Adorisio, A., Garcìa, M. E. (2004) . 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