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TESI MODELLI DI BUSINESS NELLA NAVIGAZIONE AEREA, Tesi di laurea di Economia

GESTIONE E GOVERNO DELLA NAVIGAZIONE AEREA: DIMENSIONE EX ANTE E EX POST NEI PROCESSI OPERATIVI

Tipologia: Tesi di laurea

2016/2017
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Caricato il 05/11/2017

fatafabrizia
fatafabrizia 🇮🇹

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Scarica TESI MODELLI DI BUSINESS NELLA NAVIGAZIONE AEREA e più Tesi di laurea in PDF di Economia solo su Docsity! Università degli Studi Suor Orsola Benincasa FACOLTà DI SCIENZE DELLA FORMAZIONE CORSO DI LAUREA PSICOLOGIA TESI DI LAUREA IN Modelli di business per l’innovazione Gestione e governo della navigazione aerea: Dimensioni ex ante ed ex post nei processi operativi Relatore Candidato Ch.mo Prof Massimo Lo Cicero Fabrizia Alioto 222000187 Anno Accademico 2016/2017 Indice: Introduzione Pag 4 1. Il concetto del Business Model Pag 6 1.1. Modelli di business: analisi e definizione 1.1.2 Modello di business e la sua rilevanza storica 1.2. La creazione ed il mantenimento di valore Pag 12 1.3. L’orientamento al cliente Pag 15 1.4. Fattori eso/endogeni che influenzano il modello Pag 16 1.5. I Pattern dei Modelli di Business Pag 17 1.6. Il modello Canvas Pag 23 1.6.1. Gli elementi del Business Model Canvas 1.6.2. I migliori casi di Business Model 1.6.3. Business Model Canvas : il caso Ryanair 2. Modelli di successo Pag 36 2.1. Il B.M. dagli anni ’90 ai giorni nostri Pag 39 2.2. La competizione nel cyberspazio, tra nuove Pag 44 e vecchie strategie 2.3. L’evoluzione del Modello nel trasporto aereo Pag 50 3. Il settore del trasporto aereo Pag 55 3.1. Caratteristiche e peculiarità 3.2. L’evoluzione del settore aereo Pag 64 3.2.1. Il processo di “deregulation” 3.3. Il fenomeno del low cost Pag 70 3.3.1. Il low cost in Europa Alexander Osterwalder restano dei caposaldi invalicabili e le cui basi ancora oggi sono irrinunciabili. Con il presente lavoro, attraverso un esercizio concettuale, si è voluto porre in evidenza l’insuperabilità di alcuni elementi centrali del business, in genere, e pertanto anche di ciascun Business Model. Nonostante l’evoluzione tecnologica, dei processi, nonostante le diverse tendenze culturali, la diversa percezione dei bisogni, e delle forme di mercato, resta la certezza che, sebbene con espressioni e metodologie diverse nelle varie epoche, taluni postulati del marketing, di cui il modello di business è parte, sono fissi e pertanto necessariamente costituiscono il perno sul quale eseguire la costruzione di un valido modello. L’esercizio concettuale cui il presente lavoro è ispirato per far riferimento ad un evento realmente accaduto, non legato ad un Modello di Business, cogliendo le reazioni di tutti gli attori in campo, azienda, istituzioni mass media, giustizia, concorrenza, pubblico, per giungere alla conclusione che qualunque sia il livello di tecnologia raggiunto, lo stato del mercato, la concorrenza, il prodotto, per un efficace modello di business è irrinunciabile la cura e l’ideazione del messaggio, in qualsiasi forma, con cui l’azienda arriva al cliente/consumatore attraverso il quale questi ne percepisca la positività così da convincerlo della bontà della propria scelta. Capitolo I 1. Il concetto del Business Model 1.1. Modelli di business: analisi e definizione Un modello di business è quell'insieme di soluzioni organizzative e strategiche attraverso le quali un’impresa acquisisce vantaggio competitivo. Esso dunque: • fornisce le linee guida con cui l'impresa converte taluni fattori, come l'innovazione, in acquisizione di valore (crescita e profitto ) senza però prescindere da una idonea strategia in grado di apportare un vantaggio competitivo nei confronti della concorrenza; • definisce una organizzazione che consenta di condividere la conoscenza all'interno dell'azienda e valorizzare le proprie risorse umane favorendo le condizioni ideali per incentivare l'innovazione; • individua i rapporti di interazione e cooperazione con il mercato valorizzando le proprie scelte (di modello e/o di business); • stabilisce le metodologie e gli strumenti per analizzare in modo critico e continuativo i risultati ottenuti confrontandoli con quelli dei propri concorrenti. Il modello di business è uno dei principali strumenti a disposizione del management per interpretare e gestire le dinamiche interne ed esterne all'azienda. Fattori come le deregulation, la globalizzazione, l’innovazione hanno inciso significativamente sui mercati mondiali, modificando elementi e pedine della sfida competitiva e dunque i rapporti tra cliente e fornitore, con conseguente ricadute nel campo delle strategie aziendali. Le imprese hanno dunque sentito l’esigenza ed imparato ad analizzare il loro contesto ed il loro posizionamento traducendoli in vantaggi differenziali per il miglioramento della performance e della struttura, riuscendo così ad arrestare e contenere le minacce e le sfide competitive . Approcci teorici, come la teoria dell'organizzazione industriale, la resource-based view, le dynamic capabilities, hanno aiutato a comprendere le dinamiche concorrenziali e hanno fornito “business model” negli articoli di management in uno specifico periodo di tempo: • la ricerca di Ghaziani e Ventresca2(2005), che prestano particolare attenzione agli anni dal 1975 al 2000; • la ricerca di Amit, Zott and Massa3 (2011), i quali analizzano il periodo tra il 1975 e il 2009. Ghaziani e Ventresca (2005) hanno svolto la loro ricerca grazie al supporto del database ABI/INFORM4 dal quale è emerso che nei venticinque anni considerati, il termine “business model” era stato citato 1729 volte in articoli specialistici diversi; di questi solo 166 riguardavano il periodo tra il 1975 ed il 1994, mentre i restanti 1563 erano stati pubblicati negli anni successivi. Zott, Amit e Massa (2011) hanno condotto una ricerca simile a quella precedente utilizzando però un diverso database, ossia l’ EBSCO Business Source Complete6, presentando però alcune differenze: hanno difatti esteso l’analisi fino al 2009 dividendo le pubblicazioni in due diversi tipi: accademiche e giornalistiche. Dalla suddetta analisi hanno rilevato che nel periodo analizzato, il termine “business model”, era stato citato in 8062 documenti, dei quali 1202 erano articoli presentati in riviste accademiche. Entrambe le ricerche individuano come il concetto di business model è esploso dal 1995 e nei successivi quindici anni. 2 GHAZIANI, A. AND VENTRESCA, M.J. (2005) – “Keywords and cultural change: Frame analysis of business model public talk, 1975-2000”. Sociological Forum, 20 (4), 523-559 3 ZOTT, C., AMIT, R. AND MASSA, L. (2011) - The business model: recent develop-ments and future research. Journal of Management, 37 (4), 1019-1042 4 ABI/INFORM è uno dei database aziendali più completi sul mercato; è stato progettato sia per studenti che docenti di business e offrendo le più recenti informazioni commerciali e finanziarie per i ricercatori a tutti i livelli. Più nello specifico la seconda ricerca mette in risalto che gli articoli accademici sono meno articolati (PAJ: articles published inacademic journals) rispetto a quelli di natura non accademica (PnAJ: articles published in nonacademic journals). Diversi studiosi hanno cercato di dare una spiegazione al così diffuso utilizzo di questo tale termine, sfociando in fattori quali, come già evidenziato, una serie di concause che si alimentano a vicenda, come l’avvento di Internet, lo sviluppo dei mercati emergenti e la crescita di industrie e organizzazioni basate sulle tecnologie postindustriali(ZOTT, AMIT, MASSA, 2011). Nonostante il notevole uso-abuso del termine business model che i protagonisti del settore hanno fatto negli anni, è presente una discrepanza tra l’ampio interesse dimostrato verso tale concetto e la poca chiarezza in merito al suo significato(DASILVA & TRKMAN, 2013). Accanto alle cospicue pubblicazioni che forniscono diverse definizioni di business model diverse tra loro per settore di riferimento e focus concettuale, ce ne sono altre che, pur affrontando il tema, non ne danno una precisa enunciazione. Massa, Amit Zott hanno infatti sottolineato come, delle pubblicazioni oggetto della loro analisi, solo meno della metà ne fornisce una definizione ben delineata del concetto, fornendone difatti, i suoi elementi costitutivi; la parte rimanente invece dà per scontato il suo significato (ZOTT, AMIT,MASSA, 2011). A causa di tali discrepanze dai risultati delle analisi effettuate, si è giusti alla conclusione che da un lato abbiamo una ricca letteratura che offre punti di vista differenti bensì, dall’altro, essa crea una diffusa confusione che non consente di giungere ad una definizione di business model accettata universalmente, ma basata, piuttosto, sul confronto con altri concetti e sull’analisi empirica5 (LAMBERT & DAVIDSON, 2013). Il primo studioso che tende a dare una definizione di business model fu Timmers: “un’architettura di prodotti, servizi e flussi informativi; un’esplicitazione dei vari attori, delle loro mansioni e dei possibili benefici scaturibili da questi 8(TIMMERS, 1998). Negli ultimi dieci anni si sono susseguiti numerosi contributi in letteratura fornendo le più disparate definizioni del concetto di modello di business, facendone riferimento come modello strutturale (AMIT & ZOTT, 2001), come sistema di attività interdipendenti che oltrepassano i confini della singola azienda (ZOTT & AMIT, 2010), come descrizione di ruoli e relazioni tra consumatori, clienti, partners e fornitori (WEILL& VITALE, 2001), come “storia” che descrive il funzionamento dell’azienda (MAGRETTA, 2002), come set di attività finalizzate alla creazione di un valore superiore per il cliente (AFUAH, 2004), o ancora come logica di creazione, distribuzione e cattura del valore (OSTERWALDER & PIGNEUR, 2009). 1.2. La creazione ed il mantenimento di valore Un modello di Business tende a "creare valore" e "consentire di acquisire una porzione di quel valore". 5 DaSilva, Carlos M. and Trkman, Peter, Business Model: What it is and What it is Not (2013) In concreto, l’appena citata strategia, si basa sulla suddivisione del mercato in due grandi oceani di colore diverso, uno blu e uno rosso, a seconda di come l’azienda intende operare sul mercato. L’oceano rosso è il mercato saturo, quel mercato dove le imprese sono presenti da molto, dove sussiste una continua lotta tra i concorrenti per accaparrarsi una maggiore domanda di mercato. Nel suddetto oceano, i margini di profitto sono molto bassi perché si basa su un approccio tradizionale affrontando direttamente la concorrenza in un mercato in sostanza privo d’innovazione. Attualmente la maggior parte dei mercati sono di questa tipologia dove l’offerta supera la domanda, dove la concorrenza è aspra e non porta nessun beneficio anzi, peggiora la performance aziendale. In un tal contesto, i brand “celebri” perdono parte del loro valore portando i consumatori a diventare sempre più selettivi basandosi esclusivamente sul prezzo. Per poter creare un oceano blu bisogna guardare al di fuori degli schemi, esplorando nuovi territori e uscendo dalla concorrenza che li opprime, offrendo il proprio prodotto/servizio a non-clienti o a un mercato ancora da esplorare. Tutto ciò permette di interagire con un mercato dove la concorrenza è irrilevante in quanto è un “terreno” nuovo, dove le regole devono ancora essere inventate. La “blue ocean strategy”7 ha come fondamenta quello di smentire uno dei dogma più comunemente accettati: il trade-off tra costo e valore. Difatti, perseguendo un’innovazione di valore è possibile raggiungere allo stesso tempo sia l’obiettivo di differenziazione che 7 Abernathy W.J., Wayne K., “Limits to the Learning Curve”, Harvard Business Review 52, 1974, pp.109-120 quello del contenimento dei costi e riuscire a dar vita ad un oceano blu che comporta appunto, la riduzione dei costi e al contempo un aumento del valore offerto ai consumatori. Il concetto di innovazione di valore abbraccia l’intero sistema aziendale e deve essere sostenuto in primis da coloro che lavorano con l’azienda, diventandone veri e propri promotori. Questa interconnessione tra personale/terzi e l’azienda permette un aumento significativo del valore creato. 3. L’orientamento al cliente Il successo o l'insuccesso di qualunque business dipende dalla capacità dell'azienda di creare questo valore per i propri clienti. La prima attività da svolgere per ripensare, rafforzare o migliorare un'azienda, per lanciare un nuovo prodotto/servizio, o per avviare una startup ad alto valore, è quella di creare il proprio modello di business. Così essa potrà stabilire con precisione cosa fare, come farlo e per quali clienti target vuole creare valore. Il concetto chiave di ogni Business Model è il valore offerto, è bene dunque chiarire come si misura il valore, utilizzando una definizione che aiuta a semplificare il concetto: il valore percepito dal cliente è dato dalla differenza tra benefici ricevuti e costi sostenuti. Il Business Model diventa quindi il modo in cui l’azienda organizza se stessa e la sua offerta per creare il massimo valore possibile per i suoi clienti! Nella progettazione di un business model è quindi fondamentale utilizzare un approccio customer oriented, ovvero orientato all'offerta di soluzioni che offrano il massimo valore possibile ai futuri clienti. Mantenere uno standard di qualità elevato e praticare allo stesso tempo un prezzo finale accessibile (grazie all'utilizzo di un'innovazione tecnologica che migliora i processi) è, per esempio, uno dei migliori modi per accrescere il valore percepito. 1.4. Fattori eso/endogeni che influenzano il modello Bene, questa la definizione comune e la base concettuale di un modello di business. Ovviamente per ciascuna azienda e ciascun settore, in un determinato momento di mercato, un modello potrà risultare vincente se avrà saputo cogliere al meglio tutti i segnali, le tendenze, i bisogni del mercato traducendoli in azioni, scelte ed approccio organizzativo e comunicativo. Ma il mercato, ed i suoi momenti, sono legati ad una pluralità di fattori, di cui taluni più duraturi o statici ed altri più fluttuanti o volatili, anche a causa di accadimenti atti ad incidere su scelte, tendenze, esigenze, propensioni. E’ dunque certamente vero che un modello di business riferito ad un mercato ed ad un contesto tipico o standard è programmabile 1. Democratizzazione degli strumenti produttivi attraverso il contenimento ed abbassamento dei prezzi dei prodotti tecnologici; 2. Democratizzazione della distribuzione grazie all’uso della rete telematica che ha sensibilmente ridotto i costi di magazzino, comunicazione e transazione, consegna, anche di prodotti di nicchia. 3. Diminuzione dei costi di ricerca favorendo l’incontro di domanda e offerta. Ciò è stato reso possibile ad esempio con l’utilizzo dei motori di ricerca e di up di segnalazione, attraverso le pubbliche recensioni dei clienti e consumatori. Grafico 1 Il modello Long Tail 2.2) Modelli Long Tail e la concorrenza 8 D.Tapscott 2001 9 M.Porter 2001 10 M.Porter 2001 11 Il concetto di “value proposition” si riferisce alla dichiarazione degli obiettivi che il business intende per-seguire in termini di prodotto/servizio, clienti e strategie di differenziazione. Indica quindi il reale valore aggiunto che un’impresa offre ai propri clienti, essa deve rispondere in modo chiaro e preciso alle do-mande implicite della comunità degli acquirenti sulla reale necessità di acquistare “quel” prodot-to/ servizio piuttosto che un altro 12 Ibidem 13 M.Porter 2001 14 http://www.slea.it/blog/22-governo-del-turismo/81-vettori-aerei-low-cost-low-fare-piu-o-meno-frills 15Minazzi, R., “Le politiche di fidelizzazione delle compagnie aeree: I Frequent Flyer Pro-gram.”, Milano, 2003. 16 Valdani E., Jarach D., “Compagnie aeree e deregulation. Strategie di marketing nei cieli senza frontiere”, EGEA, Milano, 1997. 17http://ec.europa.eu/transport/modes/air/internal_market/observatory_market/doc/annual-2011- summary.pdf 18Commissione della Comunità Europea, “L’impatto del terzo pacchetto di misure di liberaliz-zazione dei trasporti aerei”, Bruxelles, 1996. 19 Commissione della Comunità Europea, “The European Airline Industry: From single Market to World – Wide Challenges”, Bruxelles, 1999. 20 Gellerd.,et al.,Bridges consulting, “Ryanair strategy report”, April 19,2013 21 https://www.ryanair.com/doc/investor/2013/q3_2013_doc.pdf 22 http://www.easyjet.com/it/ 23 http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/03/16/ryanair-i-dipendenti-low-cost-sindacato-resta- terra/1502924/
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