Docsity
Docsity

Prepara i tuoi esami
Prepara i tuoi esami

Studia grazie alle numerose risorse presenti su Docsity


Ottieni i punti per scaricare
Ottieni i punti per scaricare

Guadagna punti aiutando altri studenti oppure acquistali con un piano Premium


Guide e consigli
Guide e consigli

Tesi su i social media durante la pandemia, Tesi di laurea di Sociologia

Breve elaborato sull'utilizzo dei social medi durante la pandemia

Tipologia: Tesi di laurea

2020/2021
In offerta
30 Punti
Discount

Offerta a tempo limitato


Caricato il 03/04/2021

eva-brunelli
eva-brunelli 🇮🇹

4.8

(10)

2 documenti

1 / 65

Toggle sidebar
Discount

In offerta

Spesso scaricati insieme


Documenti correlati


Anteprima parziale del testo

Scarica Tesi su i social media durante la pandemia e più Tesi di laurea in PDF di Sociologia solo su Docsity! 1 Dipartimento di Scienze della Formazione Corso di laurea triennale In Scienze della Comunicazione I social media nell’età dell’emergenza Relatore: Luca Guzzetti Laureanda: Eva Brunelli 2 INDICE INTRODUZIONE …………………………………………………………………...……4 CAPITOLO 1 1. Tecnica, comunicazione 1.1Cos’è la tecnica? ……………………………………………………………….………6 1.1.1. Tecnica …………………………………………………………………………..6 1.1.2. Illich ...……………………………………………………………………………7 1.1.3. McLhuan .………...…………………………………………………………..…..9 1.1.4. Meyrowitz ………………………………………………………….……………10 1.2Comunicare……………………………………………………………………………12 1.2.1. Il modello comunicativo standard ……………………………………………...12 1.2.2. La comunicazione come creazione di uno spazio comune ...……………………14 CAPITOLO 2 2. Comunicazione virtuale e social ………………………………………………..…....17 2.1. L’evoluzione comunicativa attraverso i media ……………………………..…….17 2.2. Internet e digital divide ………………………………………......………………..19 2.3. Il web 2.0 …………………………………………………………………………..23 2.4. Social Network e Social Media ……………………...………………………….....24 2.5. Legami deboli ……………………………………………………………………..30 2.6. Piattaforme indispensabili ………………………………………………………..31 2.7. Iperconnessi ……………………………………………………………………….32 2.8. Regolamentazioni di internet ……………………………………………………...35 5 I social hanno avuto un ruolo fondamentale nella diffusione delle notizie, le quali non sempre nascono dalla rete: molte figure politiche e mediche hanno vissuto sotto una forte mediatizzazione. Ciò ha portato ad un’elevata circolazione di informazione online. Dalla lista stilata dalla BBC emerge che i cinque politici maggiormente implicati nella diffusione di notizie non verificate siano stati: Zhao Lijian, Donald Trump, Matteo Salvini, Jair Bolsonaro, e il deputato indiano Subramanian Swamy. Pubblicando online messaggi e video su piattaforme quali Twitter, essi hanno alimentato la circolazione di contenuti fuorvianti o non accora appurati. Il Reputation Science ha stilato una lista delle figure mediche italiane più mediatizzate in diversi trimestri, valutandone anche un indice di coerenza ed un indice di allerta. Lo studio ha identificato 120 dichiarazioni pubbliche aventi un impatto mediatico elevato. Queste hanno prodotto più di settantamila contenuti online, che nell’arco di 10 mesi equivalgono a 234 messaggi al giorno. Si sente spesso parlare di fake news, un termine più difficile da definire di quel che si possa pensare, in quanto non si tratta semplicemente di notizie false. Lo studio “Defining ‘Fake News’: A Typology Of Scholarly Definitions”, evidenzia come in esse rientrino anche contenuti fuorvianti, false connessioni ecc. Al fine di contrastare la notevole diffusione di fake news riguardanti il Covid-19, sono state create e promosse numerose pagine e siti dedicati alla divulgazione di informazioni verificate da esperti. Risulta comunque difficile arginare il problema, in quanto l’algoritmo di Internet stesso prevede un targeting dei contenuti che vengono visualizzati: ciò si traduce in un continuo “bombardamento” di contenuti fake, dopo alcune visualizzazioni di essi da parte dell’individuo. Oltre alle varie piattaforme social, anche diverse istituzioni, tra cui il Ministero Della Salute, hanno promosso pagine contenenti informazioni accreditate che smentissero quelle prive di fondamento. Non si riescono comunque a contrastare queste false notizie, causa anche una scarsa giurisdizione della rete ed un bassa responsabilità da parte degli utenti. 6 Capitolo 1. Tecnica, comunicazione e social 1.1. Cos’è la tecnica? 1.1.1 Tecnica La tecnica, chiamata dai greci “τέχνη”, è la capacità di raggiungere un dato fine operando con conoscenza ed esperienza. Per i latini questo termine corrispondeva ad “ars”, il cui derivato semantico oggi è “arte”, inteso come esperienza artistica. “Nel concetto di "tecnica" - come scrive l’enciclopedia Treccani – viene, infatti, a riversarsi quanto l'antica τέχνη e ars dell'artista era propriamente pratico - strumentale, e insieme basato su esperienza conoscitiva e non su immediata ispirazione e genialità”. (Treccani, Enciclopedia) Sin dagli antichi greci emergeva come l’uomo fosse manchevole e disarmonico con la natura. Egli, a differenza degli altri animali, non segue l’istinto, cioè un tipo di risposta rigido ad uno stimolo. Questo deficit istintuale viene colmato dalla tecnica, che è sempre stata l’essenza dell’uomo. La tecnica è in qualunque gestualità umana, anche la più primitiva. Nel fare un esempio di tecnica Umberto Galimberti (Galimberti, 2019) cita come esempio il semplice utilizzo di un bastone per arrivare ad un frutto sia tecnica. La tecnica si può definire come “la forma di razionalità più alta raggiunta dall’uomo”. (Previdi, 2017) Il termine tecnologia viene spesso ed erroneamente associato unicamente ad apparecchiature moderne, quali computer, telefoni ecc. Tuttavia, è un settore di ricerca vasto, all’interno del quale si mescolano varie discipline tecniche e scientifiche. La tecnologia è “lo studio di scienze applicate con particolare riferimento ai processi di trasformazione.” (Treccani, Enciclopedia) L’evoluzione della tecnica è arrivata al punto che finiti i domini su terra, acqua e cielo, sono iniziati i domini del tempo. La rete si trova in un altro spazio e in un altro tempo. Oggi viviamo in un’epoca nella quale gli strumenti tecnologici ci facilitano enormemente la vita e ci permettono di comportarci come se tutto ciò che ci circonda fosse al nostro servizio. Nasce un’ambiguità nella “tecnica”: quegli stessi sviluppi scientifici e tecnologici che ci consentono di “abitare” sempre più comodamente il nostro mondo, possono però anche modificarlo radicalmente, se non distruggerlo o addirittura annientarlo. 7 L’utilizzo della tecnica non si può facilmente giudicare come “buono” o “cattivo”. Oggi esiste un problema della responsabilità. Un esempio comune è internet, fonte di informazioni e mezzo potente. Non tutti coloro che vi accedono si comportano in maniera eticamente responsabile. Online è ancora più difficile comportarsi in maniera corretta, si perde la misura di azione-conseguenza. L’individuo non sempre si ferma a pensare alle conseguenze di un banale “click”. Questo è solo uno dei modi in cui si configura il problema della responsabilità. Da un lato possiamo dire dunque che la tecnologia ci ha permesso di sopravvivere, di favorire l’evoluzione umana; d’altronde questa ha mutato anche negativamente alcuni aspetti. 1.1.2 Ivan Illich Parlando del rapporto che si è venuto a creare con gli strumenti da noi costruiti non possiamo non citare Ivan Illich. Precursore del movimento della decrescita, che crede nella riduzione della produzione economica e dei consumi per ristabilire un corretto rapporto con la natura ed orientarsi su uno sviluppo sostenibile. Illich racchiude parte delle sue teorie in un libro “La convivialità”. Intende dimostrare che i due terzi dell’umanità possono ancora evitare di passare per l’età industriale se sceglieranno un modo di produzione basato su un equilibrio postindustriale. Particolarmente interessante è la teoria delle soglie. Secondo Illich all’interno della vita umana, in ognuna delle sue dimensioni, corrisponde ad una certa scala naturale alla quale corrispondono due soglie. Una volta che l’attività umana esplicata mediante strumenti, supera una certa prima soglia si rivolge contro il suo scopo. Dal momento che supera una seconda soglia, minaccia di distruggere il corpo sociale. Quindi la società, quando raggiunge lo stadio avanzato della produzione di massa, inizia a produrre la propria distruzione. Lo strumento da servitore diventa despota. Tra gli esempi portati da Illich vi è la medicina, la quale si è evoluta molto nel corso del secolo scorso, ne individua la prima soglia indicativamente nel 1913. “L'anno 1913 segna una svolta nella storia della medicina moderna. All'incirca da quella data, il paziente ha più di una probabilità su due che un medico laureato gli somministri una cura efficace, purché ovviamente il suo male sia registrato dalla scienza medica dell'epoca. Gli sciamani e i guaritori, con la loro pratica dell'ambiente naturale, non avevano aspettato 10 1.1.4. Meyrowitz I media elettronici invadono i luoghi, ma non li occupano come fanno altri media, per esempio i libri. La televisione non solo cambia la definizione della situazione nei luoghi ma lo fa in modo instabile e incoerente. I media elettronici distruggono le caratteristiche del luogo e dello spazio. Rendono i luoghi un tempo più privati, accessibili al mondo esterno e quindi pubblici. Meyrowitz nel libro “Oltre il senso del luogo. Come i media elettronici influenzano il comportamento sociale”, analizza come i media elettronici modifichino la percezione degli spazi da parte dell’essere umano. Inoltre, evidenzia come l’effetto dei media all’interno della vita sociale portino ad un assottigliamento dei confini tra pubblico e privato, dando vita ad un “nuovo spazio intermedio” Secondo Meyrowitz, i media danno vita ad ambienti all’interno dei quali le persone possono essere unite o meno. Per accedervi bisogna possedere un “codice di accesso”, ad esempio nel passato per accedere alla stampa era necessario un apprendimento preliminare della lettura e della scrittura. I nuovi media, come la televisione trovano il motivo del loro successo proprio nell’annullamento di questi vincoli. Inoltre, tali mezzi hanno ridotto la necessità di essere presenti fisicamente in un dato luogo per poter fare una data esperienza all’interno dello stesso. Secondo Meyrowitz, “è molto diminuito il significato sociale delle strutture fisiche che un tempo dividevano la nostra società in molti spazi ambientali di interazione. Le pareti di casa, per esempio, non sono più delle barriere vere e proprie che isolano completamente la famiglia dalla comunità più vasta e dalla società. Oggi l’ambiente domestico è meno circoscritto e separato perché i membri della famiglia accedono, e sono accessibili, ad altri luoghi e ad altra gente attraverso la radio, la televisione e il telefono”. Gli ambienti fisici tradizionali e gli ambienti dei media non devono essere messi in contrapposizione, ma fanno parte di un unico continuum. Tutti e due possono promuovere le interazioni sociali tra individui attivando flussi informativi. 11 I processi attraverso i quali i media possono cambiare la natura dei confini che limitano le situazioni sociali hanno permesso anche la creazione di strumenti di democratizzazione della società, consentendo a sfere della società distinte di unificarsi. Rivoluzionando le barriere che esistono tradizionalmente all’interno della società come per l’età, livello di istruzione e lo status a cui si appartiene. Secondo Meyrowitz questo non porta alla creazione di comportamenti omogenei, anzi può portare alla creazione di gruppi sociali che partecipano a diversi contesti, più segmentati. 12 1.2. Comunicare I concetti di comunicare e informare sono oggi molto importanti. gli sviluppi tecnologici moderni si son in gran parte sviluppati attorno al concetto della buona “comunicazione” seguendone i modelli. I modelli, che possono essere lineari o circolari. I primi sono privi di feedback a differenza dei secondi. Feedback è un termine inglese che si traduce con “alimentare all’indietro”. Viene definito come la possibilità di risposta da parte del ricevente, ciclo di restituzione della risposta, retroazione. 1.2.1. Il modello comunicativo standard Si parla del modello comunicativo standard quando l’obiettivo comunicativo è trasmettere da un emittente ad un destinatario, senza considerare il feedback, che non è richiesto o non immediatamente necessario. Roman Jacobson, riprende la teoria sviluppata dal matematico americano Claude Shannon. Secondo cui l’idea che comunicare, comunicare bene, significhi trasmettere informazioni in maniera pienamente efficiente, ottenere il massimo risultato con il minimo sforzo, eliminando tutto ciò che provoca rallentamenti, disturbi, ridondanze e ambiguità. Shannon e Weaver costruiscono un modello matematico della comunicazione con lo scopo di favorire miglioramenti nell’ambito della cibernetica. In questo modello la comunicazione è considerata come una trasmissione di informazioni. Tale teoria suddivide il processo comunicativo in pochi elementi fondamentali:  Una sorgente capace di elaborare un messaggio, ovvero l’insieme di informazioni da trasmettere  Un apparato trasmittente, che codifica in base al mezzo di comunicazione prescelto.  Un mezzo o canale di comunicazione, attraverso il quale viaggia il messaggio.  Una fonte di rumore, che può modificare o deteriorare il messaggio. 15 comune”. Nella dinamica del comunicare è sempre insita l’intenzione di raggiungere un’intesa. Ecco perché la comunicazione, concepita in quanto tale, ha a che fare con interlocutori, e non già, semplicemente, con emittenti e con destinatari. Se la comunicazione è considerata come l’interazione tra le due parti, non possiamo non parlare degli assiomi della comunicazione. La proposta di Paul Watzlawick, psicologo e filosofo austriaco naturalizzato americano, appartenente alla scuola di Palo Alto che ha evidenziato i cinque assiomi sempre presenti all’interno delle interazioni comunicative. Primo assioma: è impossibile non comunicare Ogni nostro comportamento è una forma di comunicazione. Ad esempio, restando in silenzio ci stiamo comunque esprimendo. È impossibile avere un non comportamento, dato che la comunicazione è un comportamento è impossibile non comunicare. Secondo assioma: ogni comunicazione ha un aspetto di contenuto e uno di relazione Il contenuto è ciò che effettivamente dico a livello verbale. La relazione è invece ciò che intercorre fra i due (o più) interlocutori, la relazione crea il contesto grazie al quale diamo significato ai contenuti. Terzo assioma: la natura della relazione dipende dalla punteggiatura delle sequenze di comunicazione. I comunicanti comunicano attraverso una serie ininterrotta di scambi, ognuno con il suo punto di vista in base al quale interpreterà i messaggi. Secondo Watzlawick quindi gli scambi continuano in un circolo vizioso di influenza reciproca. 16 Quarto assioma: la comunicazione può essere analogica o digitale/numerica Per comunicazione numerica si fa riferimento alla comunicazione verbale, per analogica s’intende quella para-verbale, che può infatti stravolgere il significato del contenuto verbale. Quinto assioma: tutti gli scambi di comunicazione sono simmetrici o complementari Si parla di comunicazione simmetrica, quando questa avviene tra due persone che si sentono a pari livello. Al contrario si parla di scambi di comunicazione complementari quando abbiamo un interlocutore che si crede superiore ed un altro che si crede inferiore. (Istituto per lo studio delle psicoterapie, 2014) La comunicazione virtuale integra parte dei modelli comunicativi citati precedentemente, è ad oggi una delle forme comunicative più utilizzate. 17 Capitolo 2: Comunicazione virtuale e social Tecnica e comunicazione si incontrano nella comunicazione virtuale. Gran parte dell’evoluzione tecnica e comunicativa si concentra oggi sui media elettronici. 2.1. L’evoluzione comunicativa attraverso i media Il mondo dei mass media si è evoluto molto rapidamente. Una frase celebre di Manuel Castells evidenzia la forte accelerazione di questi cambiamenti: “negli Stati Uniti la radio ha impiegato trent’anni per raggiungere sessanta milioni di persone, la televisione ha raggiunto questo livello di diffusione in quindici anni; internet lo ha fatto in soli tre anni dalla nascita del world wide web (Castells 1996; trad. it. p. 382).” (Treccani, Enciclopedia) Nonostante questa citazione faccia uno specifico riferimento ad internet, può essere estesa più in generale a tutte le innovazioni tecnologiche inerenti alla comunicazione, (ICT). ICT è la sigla di Information and Communication Technology, viene usata per definire tutto il settore dell’informatica e delle telecomunicazioni. Nei primi del Novecento vi erano meno mezzi di comunicazione, dunque meno messaggi in circolazione. Successivamente con l’evoluzione del del’ICT, è aumentato il numero degli emittenti, dei messaggi e dei canali, e attualmente ci troviamo in un contesto di abbondanza. Si possono individuare tre fratture relative a l’evoluzione negli ultimi quarant’anni, suddivise dal dizionario Treccani in: 1) “la commercializzazione del sistema televisivo che ha luogo in tutta Europa, e non solo in Europa, nel decennio 1980-90;” 2) “l’avvento della digitalizzazione e del satellite che segue a ruota questo periodo, tanto da sovrapporsi, in alcuni paesi, alla commercializzazione;” 20 Oggi la popolazione mondiale è di 7,75 miliardi, di cui 4,54 miliardi sono connesse ad Internet. Ad incrementare radicalmente l’utilizzo della rete sono stati gli smartphone, telefoni con accesso ad Internet. Questi tra il 2008 e il 2010 conosciuto una forte diffusione, anche se esistevano già da alcuni anni, ma con l’arrivo delle “applicazioni” sono esplosi. Come riporta la tabella sopra riportata più di cinque miliardi di persone utilizzano un cellulare, che nella maggior parte dei casi offre l’accesso ad Internet. Vedremo più avanti nel capitolo (iperconnessi) alcuni dati inerenti all’Italia. Un problema consequenziale alla diffusione della rete è il Digital Divide, ovvero: “Disparità, fra differenti paesi e popolazioni, nelle possibilità di accesso ai servizi telematici, alle connessioni in rete, ma anche nelle disponibilità economiche all’acquisto di dispositivi informatici, nella cultura e nell’uso di tali dispositivi, nella differente propensione generazionale a utilizzare le nuove tecnologie digitali.” (Treccani, Enciclopedia) Questo termine che tradotto significa divario digitale, nasce durante la presidenza Clinton negli USA alla fine degli Anni Novanta e fa riferimento all’evidente problema di accesso alla rete da parte di alcuni paesi o di fasce di popolazione. Global Digital Divide: L’immagine sottostante evidenzia il Global Digital Divide, ovvero quella che è tra i diversi paesi del mondo la differenza dei cittadini connessi ad internet. L’immagine riporta dati del 2015 e considera in percentuale i numeri di cittadini che sono connessi alla rete. 21 A sinistra dell’immagine è rappresentato il colore al quale corrisponde una data percentuale. Nella lettura della carta emerge che la parte Nord del mondo abbia una percentuale di cittadini connessi alla rete dal 70 al 100 per cento. Nella parte sud del mondo, eccetto Cile, Argentina, Australia, Nuova Zelanda ed Arabia saudita si rimane sotto il 70 per centro, con diversi paesi del centro Africa che hanno una popolazione connessa dallo 0 al 9 per cento. In Europa si è mediamente sopra il 70 per cento, solo Italia, Slovenia e Croazia sono nella fascia che tra il 60-69 per cento. (Mimesi, 2020) In Italia: È emerso da uno studio Istat, “Spazi in casa e disponibilità di computer per bambini e ragazzi” (2019), che quasi un terzo delle famiglie italiane non possiede un computer o un tablet. Inoltre, sembrerebbe che solo il venti per cento delle famiglie disponga di un device digitale per ogni componente, l’assenza è più alta nel meridione dove raggiunge anche il 46 per cento, (in Calabria). Infine, emerge che anche fra i più giovani, 2 ragazzi su 3 in età compresa fra i 14 e 17 anni abbiano competenze digitali di base o basse. Per eliminare questo divario nasce in Europa la Digital Skills and Jobs Coalition, coalizione per il lavoro e le competenze digitali. Riunisce gli Stati membri, le varie aziende e tutte le organizzazioni che sono coinvolte nel digitale. L’obiettivo è migliorare le conoscenze informatiche della cittadinanza europea. Vengono proposte diverse attività: la formazione delle persone disoccupate, corsi per gli insegnanti, le lezioni per i bambini, fino ad una formazione all’avanguardia per gli specialisti. È importate far sì che la popolazione abbia conoscenze digitali, al fine di creare un panorama omogeneo per avere una società più inclusiva. Il 44 per cento dei cittadini europei non 22 possiede competenze digitali di base, motivo per il quale la Commissione ha chiesto ai vari Stati di sviluppare strategie nazionali. Per far fronte al problema l’Italia è entrata a far parte del progetto europeo attraverso l’iniziativa “Repubblica Digitale”, un progetto lanciato dal Ministero per l’Innovazione tecnologica e la Digitalizzazione (MID). L’obiettivo è la promozione dell’inclusione digitale e l’adeguamento delle conoscenze della popolazione, attraverso una serie di campagne di sensibilizzazione e percorsi formativi. Tra i vari obiettivi vi è quello di raggiungere entro 2025 la riduzione dell’analfabetismo digitale fino a raggiungere i livelli dei paesi Europei presi come riferimento. Si parla di un progetto aperto a tutti coloro che vorrebbero ampliare le proprie conoscenze informatiche. Paola Pisano, ministro per l'innovazione tecnologica e la digitalizzazione dice che “con la coalizione, desideriamo coinvolgere il maggior numero possibile di parti interessate. L’idea è quella di favorire il cambiamento culturale ed equilibrare le competenze digitali a tutti i livelli della società.” (Russo, 2020) Sembra che sia sempre meno opportuno associare il problema del digital divide ad un problema di accesso alla rete. Bisognerebbe considerare diversi fattori, tra i quali la velocità e le competenze digitali dell’individuo. Per questo si dovrebbe optare per una digital inclusion, ovvero per un’inclusione digitale. Per fare ciò sembrano necessari cinque step:  “affermare l’accesso alla rete in banda larga come diritto universale, bene comune non esclusivo e inalienabile”  “affermare i diritti della nuova cittadinanza (diritto all’identità digitale, diritto alla protezione dei dati personali, diritto all’accesso e all’inclusione digitale, diritto alla formazione, diritto all’informazione e all’utilizzo dei contenuti; diritto alla partecipazione; diritto ad una fruizione quotidiana dei benefici delle tecnologie digitali)”  “valorizzare la missione della Scuola, sia per l’alfabetizzazione tecnologica, l’uso quotidiano delle tecnologie, lo sviluppo della coscienza civica dei nuovi cittadini, con l’obiettivo di migliorare la “capacità di vivere” nella società della conoscenza;” 25 Fu il primo servizio di network, lanciato nel 1997 da Andrew Weinreich. L’obbiettivo era di fornire un sito web capace di organizzare incontri amorosi tra persone che non si conoscevano direttamente, togliendo il pericolo delle false identità e cercando di evitare la presenza di malintenzionati. Si basava sulla “teoria dei sei gradi di separazione” di Staneley Milgram, “in base alla quale ogni persona potrebbe essere messa in contatto con qualunque altra attraverso una catena formata da non più di cinque intermediari: la community, infatti, permetteva di consultare la “lista di amici” degli amici fino al sesto grado.” (Treccani, Enciclopedia) Questo network diversamente da quelli moderni permetteva solo tre “steps” di separazione dalla persona. Per comprendere meglio si può usare la frase: “un amico dell’amico del mio amico”. Quindi come vediamo nell’immagine sottostante A può incontrare B fino al terzo step. Attraverso questo meccanismo si potevano verificare le informazioni del profilo di riferimento domandando agli amici. Inoltre, attraverso la rete sociale di una persona era già possibile carpire delle informazioni. Infine, i contatti avevano più facilità di provenire dallo stesso contesto economico sociale. Sixdegrees raggiunse un milione di iscritti e un centinaio di dipendenti, probabilmente precoce per quei tempi, chiuse nel 2001. 26 La seconda fase, quella di maturazione, nasce con la creazione di Ryze, grazie da Adrian Scott. L’ambito però non era più come sito di incontri amorosi ma per un uso commerciale e professionale, contattando le persone a fini lavorativi (principalmente per investitori). Il sito è stato pensato da Scott e realizzato da alcuni professionisti di S. Francisco, che valutarono anche i successi e gli insuccessi di Sixdegrees. Fu più che altro influente per i siti che vennero dopo. L’ultimo sito di cui parleremo prima di entrare nella fase espressiva è Friendster. L’ideatore Jonathan Abrams chiamò a collaborare diverse comunità. Il sito nasce nel 2002 riprendendo le tracce di Sixdegrees. Si tratta di un sito di incontri online che raggiunse un discreto successo in pochi mesi. Poi però manifestò diversi problemi che lo portarono al decadimento: l’organizzazione non supportò il picco di iscritti. Si crearono molti account falsi, dato che gli utenti con più “amici” ottenevano il titolo di più “popolare”; ed infine divenne a pagamento. Fu quindi venduta nel 2009 ad una società malesiana e venne poi aggiunta la funzione di intrattenimento con giochi online. Adesso non ha molte utenze al di fuori dei paesi asiatici. Ecco che arriviamo alla fase espressiva. La nuova generazione inizia con MySpace nel 2003, fondata da Tom Anderson e Chris DeWolfe. Venne creato un sistema di condivisione di file audio e video, oltre alle chat già presenti nei precedenti network. Grazie alle sue potenzialità fece da supporto mediatico per gruppi e cantanti. 27 Venne poi venduto alla News Corporation di Rupert Murdoch e vennero ampliate le possibilità d’espressione attraverso l’utilizzo di messaggi con i cellulari e gadget per migliorare il profilo. Rimase fino al 2009 il network più utilizzato, con centinaia di migliaia di visitatori all’anno. Oggi il modo di condividere e di fruire di questi network si è evoluto e le piattaforme odierne hanno diverse caratteristiche. Nell’articolo “Social Media? Get Serious! understanding the Functional Building Blocks of Social Media”, di Jan Kietzmann, insegnante all’University of Victoria, scritto in collaborazione con Ian Paul McCarthy, Kristopher Hermken e Bruno Silvestre, emerge un’interessante struttura funzionale l’“honeycomb model” (2011). Si tratta di una descrizione di quelli che sono ritenuti i sette blocchi funzionali dei social media. Non occorre che un social disponga di tutti, sono solo indicatori del tipo di fruibilità. (Questo sistema a blocchi era già stato proposto nel 2007 con il nome di building blocks). Identity/Identità: è la misura in cui gli altri possono identificarti online come studioso, ovvero la rivelazione della propria identità online. Nei social media sono richieste informazioni personali quali: nome, età, sesso, professione, ecc. Ma possono essere richieste anche informazioni soggettive, come ad esempio opinioni e pensieri. La condivisione di queste informazioni può anche portare a preoccupazioni da parte degli utilizzatori. È quindi importante avere un equilibrio all’interno dei social media fra la condivisione di dati personali e protezione della 30 Anche se, i legami forti si comportano in maniera trascinante ed esplosiva a livello comunicativo attraverso i social network, i legami deboli sembrano essere più capaci ad ampliare le conoscenze. 2.6 Piattaforme indispensabili Le piattaforme hanno interesse nel “trattenere” l’utente attaccato allo schermo per più tempo possibile, così da inserire diverse inserzioni. “Ecco il lato più oscuro della metrica dello user engagement tanto celebrata dalla Silicon Valley: concentrandosi in modo massiccio sul massimizzare la partecipazione, i social media tendono a svilupparsi utilizzando gli strumenti adattivi del nostro cervello”, quello che viene mostrato può apparire eccessivo (come ad esempio sangue, video raccapriccianti ecc.), questo stranamente coinvolge ancora di più l’utente. “Ebbene, secondo gli psicologi evoluzionisti l’Homo sapiens ha sviluppato per sopravvivere in tempi premoderni, un’attrazione nei confronti di potenziali minacce.” (Wylie, 2020, p. 154) Inoltre, queste piattaforme attirano il nostro cervello, utilizzando luci e schermi a rinforzo variabile. “Si tratta di modelli di ricompensa frequente ma irregolare, che creano attesa ma in cui la gratificazione finale è troppo imprevedibile ed effimera per poterla pianificare. Ciò alimenta un ciclo auto rinforzante di incertezza, attesa e feedback”. (Wylie, 2020, p. 154) Altro fattore di questa “iperconnesione” è che da queste piattaforme noi creiamo altri account per altre attività in rete. In seguito alla sua cancellazione da Facebook in seguito alla denuncia a Facebook per aver venduto a Cambridge analitica dati di milioni di persone, Cristopher Wyle scrive “Si dice che apprezziamo qualcosa solo quando non c’è più, e fu solo quando cancellai Facebook che mi rei conto davvero della frequenza con cui la mia vita entrava in contatto con la loro piattaforma. Diverse app del mio telefono smisero di funzionare – un’app di incontri, una di taxi, una di messaggistica- perché usavo l’autenticazione Facebook. Iscrizioni e account su altri siti decaddero per lo stesso motivo.” (Wylie, 2020, p. 280) 31 2.7. Iperconnessi La forza della rete sta nella possibilità di soddisfare i bisogni comunicativi e di informazione. Del resto, siamo ormai degli “informivori”, consumiamo informazioni, abbiamo bisogno di essere sempre aggiornati, tutto ciò è diventato un nutrimento per noi. “Spesso la gente parla di un dualismo: il mondo reale e le nostre “vite reali”, ma dopo che mi è stata sottratta gran parte dell’identità digitale, posso assicurarvi che non sono separati. Quando venite cancellati dai social media, perdete il contatto con le persone. Smisi di essere invitato alle feste, non di proposito, ma perché quegli inviti venivano sempre fatti su Facebook o erano postati su Instagram.” (Wylie, 2020) “We are social” in collaborazione con “hootsuite” ha pubblicato un report interessante sull’incremento dell’utilizzo di internet nel 2020. Si tratta di una Società di monitoraggio dei social a scopi pubblicitari a cui si possono rivolgere le aziende. (DataReportal – Global Digital Insights, 2020) A livello globale più di 4.5 miliardi di persone utilizzano Internet, e la maggior parte di essere, più di 3.8 miliardi utilizzano i social media. Internet ci è indispensabile. Riprendendo i dati di “Digital 2020”, vediamo come quasi la metà del lavoro ormai si svolga online, in media in una giornata si arriva a quasi 7 ore di utilizzo della rete, poco meno della metà del tempo è dedicato ai social media. Questa tabella riporta i dati prima del confinamento, dove vi è stato un forte incremento dell’utilizzo dei social, vedremo poi in particolare quali applicazioni e che incremento hanno subito. In Italia vi sono vivo circa sessanta milioni di persone, il numero di telefoni cellulari è maggiore, sono infatti più di ottanta milioni. 32 Quasi cinquanta milioni di persone utilizzano la rete di internet, che è un numero elevato considerando che alcune fasce d’età non ne hanno accesso. I bambini in media ricevono il primo smartphone che gli permette di navigare in rete all’età di nove anni. Per quanto riguarda gli anziani non si può rilevare un dato unico, ma si può dire che solo una parte di essi naviga in rete. Il 58 per cento della popolazione italiana utilizza i social media. Ne esistono di diverso tipo, avendo caratteristiche diverse e users diversi, un utente può utilizzare piattaforme diverse in base a cosa vuole comunicare. Per esempio, per comunicare attraverso un’immagine è più facile utilizzare piattaforme come Instagram, per scrivere viene invece preferito Twitter. Ovviamente non si tratta di una regola precisa ma la potenzialità dell’applicazione stimolano a utilizzi diversi. Globalmente i più utilizzati sono riportati nella tabella seguente: Alcuni di questi in Italia li sentiamo appena nominare, come ad esempio WeChat, piattaforme che in Cina vede un gran numero di iscritti, ma non sono globalmente diffuse, vediamo quindi le piattaforme più usate intorno a noi. L’Italia segue relativamente le tendenze globali, i più utilizzati risultano essere: YouTube, WhatsApp, Facebook, Instagram e Twitter. Vediamo brevemente come funzionano: YouTube: “YouTube Società informatica fondata nel 2005 e dalla fine del 2006 di proprietà della Google inc. Il suo sito Internet è il principale strumento di condivisione di filmati della rete: ogni utente può mettere on-line, senza controllo preventivo da parte del sito, i propri filmati e visionare quelli inseriti dagli altri. Il sito è stato spesso al centro di contestazioni, 35 Christopher Wylie nel libro: “il mercato del consenso”, denuncia la scarsa giurisdizione della rete, sulla quale è molto informato avendo lavorato per Cambridge Analitica, società capace di manipolare l’informazione pubblica durante l’elezione Trump in America e durante la Brexit. “Il nostro sistema è difettoso, le nostre leggi non funzionano, le nostre autorità di vigilanza sono deboli, i nostri governi non capiscono cosa sta succedendo e la nostra tecnologia sta usurpando la nostra democrazia.” (Wylie, 2020, p. 308) 36 Capitolo 3. Social e confinamento Se l’utilizzo di internet e dei social è già di per sé smisurato e indispensabile sotto alcuni aspetti, con il confinamento l’utilizzo è aumentato vertiginosamente. Dal 9 marzo al 18 maggio 2020, di fronte all’emergenza coronavirus l’Italia ha vissuto un periodo di lockdown. In questa fase eccetto poche categorie di lavoratori, si è vissuto un isolamento presso i propri domicili. Da qui la necessità di rispondere alle proprie esigenze in modalità telematica: scuola, lavoro, sport, socializzazione ecc. Hanno fatto ricorso quasi totalmente a internet. 3.1. Il sondaggio Toluna Toluna, ha effettuato un sondaggio di opinioni tramite interviste online (CAWI), realizzato con piattaforma Quicksurveys. Il sondaggio è stato pubblicato in data 6 aprile, durante la prima ondata di Covdi-19. Al sondaggio hanno preso parte più di mille individui, rappresentativi della popolazione italiana online con almeno 16 anni. Dai risultati al sondaggio è emerso che il 70% dei 1000 partecipanti indipendentemente dall’età ritiene di aver aumentato l’utilizzo dei social media. Esistono diverse piattaforme di, con diverse funzioni che attraggono diverse categorie di users. Le piattaforme prese in considerazione durante in questo studio sono state Facebook, Instagram, YouTube, Linkedin, Twitter. Facebook sembra ottenere più preferenze, ben il 50 per cento. Chi utilizza maggiormente questa piattaforma sono adulti con più di 34 anni. Tra i ragazzi nella fascia di età tra i 16 e i 23 è usato principalmente Instagram. Queste piattaforme offrono una diversa tipologia di interazione. Facebook è più generalista, ovvero sono concesse più funzioni: si può scriverei, pubblicare foto, video, si può far parte di una community. Concettualmente su Facebook si stringe un’amicizia, si condividono post degli stessi amici, articoli di giornali ecc. Instagram, si concentra sulle fotografie, da qui nasce poi la necessita di modificare quest’immagine per renderla il più perfette possibile. Su Instagram non si diventa amici, si “segue” il profilo di qualcuno, il quale non per forza deve ricambiare. Un’altra piattaforma molto in voga è Tik Tok, che coinvolge maggiormente i ragazzi di età inferiore ai 16 anni. Permette di montare mini-video con in sottofondo canzoni o registrazione di vario tipo, di solito questi video sono accompagnati da balletti, mini- 37 recitazioni. Questa piattaforma ha conosciuto un +11 % di nuove iscrizioni nelle settimane del confinamento, da un pubblico di età diverse. YouTube è più o meno amato da tutti, sono più gli users che navigano di coloro che pubblicano. Qui si propongono video di più lunga durata rispetto alle altre piattaforme. La tipologia varia, clip musicali a speech a mini-documentari. Come vediamo nella tabella sotto riportata la percentuale di utilizzo di questa piattaforma nel periodo di confinamento è sopra il 20% in quasi tutte le fasce d’età. Twitter come detto precedentemente, predilige una forma di scrittura, è definito come un servizio di microblogging, vi è un numero massimo di caratteri attraverso il quale pubblicare il proprio testo, ma è possibile pubblicare più post di seguito. Si possono pubblicare anche foto e video ma non è l’attività principale. Non si legano amicizie, come su Instagram esistono i followers, i seguaci. L’ultima piattaforma inserita nello studio è Linkedin, qui la condivisione ha scopi diversi, la presentazione del proprio profilo non ha come obbiettivo creare legami di svago bensì legami lavorativi. Si possono creare collegamenti con amici, aziende, influencer. L’obbiettivo è allargare il più possibile una rete di contatti che ci aiuti poi nella ricerca di un lavoro. Di seguito si riportano i risultati del sondaggio di Toluna, che riassume in modo chiaro gli utilizzi dei social media in base a fasce d’età. Toluna ha poi analizzato i motivi dell’incremento dell’uso dei vari social. Per metà delle persone, questo incremento è dovuto al fatto che permettono di costruire a distanza un 40 Lo smartworking, che italiano si traduce in “lavoro agile”, lavoro a distanza. Anche qui come per la didattica, alcune categorie di lavoratori si son adattate avviando una digitalizzazione del lavoro dove possibile. Le applicazioni che hanno permesso la digitalizzazione, di scuola e lavoro sono molteplici. Quella che ha conosciuto un maggior numero di iscritti è Zoom, in particolare per riunioni in ambito lavorativo. Ha avuto 131 milioni di download, 60 volte in più rispetto i dati dell’anno precedente. Altre applicazioni molto scaricate, (tra le top 10 mondiale), sono state Microsoft Teams, Google Hangouts Meet. Tutte queste piattaforme permettono di effettuare video chiamate con più utenti, inoltre vi sono chat dove mandare documenti e si può condividere il proprio schermo con gli altri partecipanti alla riunione. 3.3. Digital divide durante il confinamento Precedentemente parlando del divario digitale è emerso che l’Italia come molti altri paesi si torvi a fronteggiare questo problema. Durante questo periodo delicato è emerso il problema dell’accesso a dispositivi e connessioni per la didattica a distanza. Come emerge dal grafico, il “sondaggio civico promosso da Cittadinanzattiva sulla didattica a distanza” prende in esame 1245 individui, fra i quali: genitori, insegnanti e studenti, risulta che il 92% delle scuole ha attivato la didattica a distanza. La forma privilegiata sono state lezioni in diretta su diverse piattaforme citate precedentemente. Come possiamo vedere dal grafico, il motivo principale di esclusione dalle video lezione quasi il 50 per cento è stata l’inadeguatezza del segnale. È più del 30 per cento non disponeva di un dispositivo personale, ma in condivisione. (Mimesi, 2020) 41 Sembra comunque che si sia riusciti a limitare i danni ai bambin con gap tecnologico. Citiamo Marco Rossi Doria, insegnante di scuola primaria, pedagogista, formatore e sottosegretario di Stato all’Istruzione nei governi Monti e Letta. “Durante il lockdown abbiamo visto che chi non era collegato è tornato indietro in termini di apprendimento; ha mostrato deficit di socialità, privato della vita con i coetanei sia reale che digitale. Ma abbiamo anche visto, laddove il terzo settore era già al lavoro su progetti finanziati contro la dispersione scolastica, che gli educatori sul campo, agendo di concerto con le scuole, sono riusciti a limitare gli effetti sulla dispersione scolastica di ragazzi e bambini con un gap tecnologico” 3.4. Attività fisica e svago Anche l’attività fisica ha visto grandi cambiamenti, infatti ci si è dovuti riadattare con i mezzi a disposizione per riprodurre in casa un ambiente adatto. Anche qui la tecnologia ha avuto un ruolo importante, si son tenute classi online di quasi ogni disciplina, dalla boxe allo yoga. Personaggi pubblici e consulenti sportivi hanno condiviso allenamenti e consigli. È cresciuto anche qui l’utilizzo di alcune applicazioni, come Nike training; 7 minutes workout e Freeletics, (Queste permettono di utilizzare pacchetti di allenamento già registrati in video permettendo la costruzione di una tabella di allenamento). L’attività sportiva durante e post primo lockdown sembra aumentata, non c’è da stupirsi dato lo stile di vita sedentario che si è vissuto. 42 Capitolo 4. La sovra informazione 4.1. Sovra informazione e Covid-19 Come detto precedentemente le regolamentazioni di internet non sono sufficienti e spesso vi è un utilizzo poco responsabile della rete. I social sono un importante canale di informazione, oggi si può dire che la distinzione tra media mainstream e social media è andata attenuandosi, negli anni i media classici hanno iniziato ad appoggiarsi ai social. Testate giornalistiche e la politica istituzionale utilizzano come mezzo di informazione diverse piattaforme come Facebook, Instagram e Twitter. Inoltre, sono “connesse” perché le une commentano le altre, banalmente in televisione si può parlare di un tweet di un personaggio politico. I social network, le chat, gli hashtag sono indubbiamente canali preziosi per potersi aggiornare in tempo reale su ciò che accade in tutto il mondo, ma devono essere usati in maniera consona, se usati impropriamente sono spesso causa di disorientamento. Lo vediamo durante la pandemia, durante la quale circolano informazioni continuamente. La possibilità sfrenata di condividere e informare porta ad una sovra informazione che impedisce al lettore di avere uno sguardo critico e lo rende incapace di crearsi un’opinione. L’organizzazione mondiale della sanità ha utilizzato un termine per indicare quest’informazione spaventosa che confonde: infodemia. “Una quantità eccessiva di informazioni su un problema, con il risultato di rendere difficile identificare una soluzione. L’infodemia può diffondere disinformazione e voci durante un’emergenza sanitaria. Può ostacolare un’efficace risposta sanitaria e creare confusione e sfiducia tra le persone” (Gianoli, 2020) 45 In Italia sembrerebbe Matteo Salvini il politico che ha condiviso più informazioni non verificate riguardo al Covid-19. Si fa particolare riferimento alla diffusione della notizia secondo la quale sarebbero stati i cinesi a creare il virus in laboratorio. Lo vediamo nel tweet di Matteo Salvini riportato di seguito. Salvini ha condiviso un video del Tg3 Leonardo, dove viene mostrato uno studio cinese del 2015 relativo alla creazione di un supervirus a scopi di ricerca. Morris specifica “È un annuncio falso condiviso in chiaro sui social media. Lo ripetiamo, gli scienziati sono convinti che questo virus non sia stato creato dagli umani”. Rientra nella top five il presidente brasiliano Jair Bolsonaro i cui messaggi sono stati diverse volte censurati su Instagram, Facebook, YouTube e Tweeter. Bolsonaro affermava che il farmaco contro la malaria, (l’idrossiclorochina) fosse completamente efficace contro il Covid-19. In realtà, viene utilizzato ma in forma sperimentale, non essendo ancora stato provato nulla. L’ultimo nella lista di Morris è il deputato indiano Subramanian Swamy del Bharatiya Janata Party (BJP). Nonostante il numero di nuovi casi di coronavirus fosse in continuo aumento in quel periodo, il 24 marzo ha affermato su Twitter che il ceppo COVID-19 in India è “mutazione meno virulenta”. Facendo riferimento al suo “amico scienziato con sede negli Stati Uniti Ramesh Swamy”, ha pubblicato questo post. 46 Afferma che il virus “è in grado di essere mirato e sconfitto in modo più efficace dal meccanismo difensivo naturale del nostro corpo rispetto alle mutazioni all'estero.” Morris ricorda che tutti i virus mutano, gli scienziati devono prima trovare ogni mutazione per capire quanto letale il Covid-19 possa essere. Indubbia è la libertà di esprimere la propria opinione, però per chi ha una vasta audience deve a maggior ragione comportare una responsabilità comunicativa. Gli esempi della BCC riportano informazioni che hanno avuto una larga diffusione e un forte impatto sul pubblico. Rettificare e riconoscere l’errore è sicuramente importante, ma oltre a non essere una pratica comune nel mondo della politica, porterebbe ad un ulteriore aumento delle notizie. Inoltre la possibilità di rettifica in piattaforme come tweeter come negli altri mass media è un’utopia, essendo che non è detto che il nuovo messaggio raggiunga le stesse persone del primo. Come accennato precedentemente un’altra categoria sotto grande esposizione mediatica sono medici e specialisti. Molto interessante è stata la pubblicazione del Reputation Science, società italiana leader nell’analisi e gestione della reputazione. Questa ha condotto un’indagine attraverso la quale ha analizzato quelle che negli ultimi dieci mesi sono state le dichiarazioni di vari esperti, medici, e virologi. Valutando come questi abbiano avuto un ruolo, nel sovraccarico informativo durante la pandemia. (Reputation Science, 2020) Si sono chiesti i ricercatori: “Qual è il ruolo avuto dagli esperti nel sovraccarico di informazioni sul Covid-19 registrato negli ultimi mesi?” Tra i risultati dell’analisi è emerso che gli esperti hanno generato un numero di dati rilevante, e in molti casi incoerente. Oltre ad esserci stati frequenti cambi di approccio, nel corso dei mesi sono emerse in generale divergenze fra le varie opinioni riguardo all’atteggiamento necessario per combattere la pandemia e alla gravità di essa. Da un punto di vista informativo dei cittadini, tutto ciò ha probabilmente reso più difficile la comprensione delle informazioni. 47 Lo studio analizza centinaia di dichiarazioni pubbliche, ma ne sono state identificate 120 aventi un impatto mediatico elevato. Queste hanno prodotto online più di settantamila contenuti online (social media e web). Sono state prese in considerazione solo le singole dichiarazioni, tralasciando quei contenuti che risultavano marginali. I settantamila contenuti diffusi nell’arco dei dieci mesi, equivalgono mediamente 234 messaggi al giorno. Emerge inoltre che in media ogni dichiarazione abbia generato circa 586 contenuti nel web. Non tutti gli esperti hanno scelto lo stesso approccio comunicativo. Ad esempio, Roberto Burioni ha preferito intervenire pubblicamente quando il numero dei contagi saliva, diversamente da Alberto Zangrillo che è intervenuto quando il numero di contagi era minimo. I restanti 10 esperti sono intervenuti in maniera più o meno costante. Ecco di seguito la tabella proposta dal Reputation Science che indica chi è stato più “condiviso”: I dieci mesi presi in esame sono stati divisi in tre periodi: febbraio- maggio; giugno-agosto; settembre-novembre. L’andamento risulta generalmente movimentato, ovvero molti non hanno avuto costanza nel numero di condivisioni ricevute. Ad avere avuto un andamento più costante abbiamo Walter Ricciardi, Massimo Galli e Franco Locatelli. I primi due si sono mantenuti tra l’11 e il 14 per cento, Locatelli intorno al 6 per cento. Maria Rita Gismondo ha mantenuto una costanza bassa, attorno al 4 per cento o inferiore, non appare infatti nella top 9 di giugno-agosto e settembre-novembre. Perde un po' di share Fabrizio Pregliasco, dal 10 al 7/8 per cento. Scende notevolmente Ilaria Capua, quarta nel primo periodo e non negli altri due. 50 4.2. Fake news 4.2.1. Il termine Si tratta di un termine più vecchio di quel che si possa pensare. In un’illustrazione di Frederck Burr Opper, (Puck magazine) del 1894, vediamo rappresentato un giornalista che corre tenendo in mano un foglio sul quale vi è scritto Fake News. È un termine che con l’avvento del web 2.0, (citato nel capitolo precedente) è diventato molto più ricorrente, dato che ora tutti possono creare contenuti e distribuirli in tempo reale. Per fake news s’intende generalmente la creazione e/o la condivisione involontaria o deliberata di informazioni false o non dimostrate che aumentano, si trasmettono più velocemente e in maniera molto più pervasiva della verità online. L’incertezza attuale alimenta ancor di più le fake fews. Riprendendo l’enciclopedia Treccani “ Locuzione inglese (lett. notizie false), entrata in uso nel primo decennio del XXI secolo per designare un’informazione in parte o del tutto non corrispondente al vero, divulgata intenzionalmente o inintenzionalmente attraverso il Web, i media o le tecnologie digitali di comunicazione, e caratterizzata da un’apparente plausibilità, quest’ultima alimentata da un sistema distorto di aspettative dell’opinione pubblica e da un’amplificazione dei pregiudizi che ne sono alla base, ciò che ne agevola la condivisione e la diffusione pur in assenza di una verifica delle fonti”. Il termine viene nella partica associato a qualunque sorta di contenuto problematico, falso, fuorviante o parziale. È importante capire cosa indichi questo termine nella quotidianità perché nel marasma di informazioni che ci vengono proposte ora si sente spesso parlare di fake news, ma non è sufficiente la definizione per comprendere l’applicabilità del termine. Se dovessimo affidarci solo ad essa, molte informazioni non vi rientrerebbero. 51 Non a caso termine “fake news” è stato molto criticato per la mancanza di “rigore nella definizione”. Molti hanno scelto di non usarlo se non tra virgolette. L’UNESCO in un manuale l’ha messo in copertina barrato. Vi sono stati diversi tentativi per risistemare il quadro concettuale e per trovare alternative al termine. È stato fatto uno studio sull’utilizzo di questa definizione, che si chiama: Defining “Fake News” A typology of scholarly definitions. Articolo pubblicato da Edson C. Tandoc jr., Zheng Wei Lim e Richard Ling. (2017) . Qui viene mostrata l’ambiguità anche etimologica del termine e i diversi contesti nei quali è stato utilizzato. Le news sono state definite in diversi modi: un resoconto di un evento recente, interessante e significativo (Kershner 2005), un resoconto di eventi che influenzano in modo significativo le persone (Richardson 2007), un drammatico resoconto di qualcosa di nuovo o deviante (Jamieson e Campbell 1997). La notizia non è di pertinenza solo giornalistica ma può esserne artefice una qualunque persona, le notizie sono vulnerabili cioè sono influenzate da diverse circostanze. Una volta appurato che il termine notizia, pur avendo diverse sfaccettature, riporti dati su un reale evento, vediamo come la parola Fake News si contraddica, “notizie false” è un ossimoro. "Fake" cioè “falso” è definito dall’ Oxford Dictionary come: non genuino; imitazione o contraffazione. Nello studio emerge anche come queste siano collocabili nei contesti più ampi di “disinformation” e “misinformation”. Tra i due vi è una differenza importante nell’intenzione, ma in entrambi casi possono portare a prodotti definibili come fake news. “Misinformation” si traduce con misinformazione, si riferisce alla condivisione involontaria della falsa informazione. “Disinfomration” o disinformazione si riferisce alla creazione e condivisione deliberata di informazioni note per essere false. Nel report per il Consiglio Europeo, Claire Wardle e Hossein Derakhshan, utilizzano il concetto di “information disorder”, che potrebbe presentarsi come alternativa alle nostre fake news. Questo si divide in tre categorie: mis-infromation, dis-information, mal-information. Come mostrato nella tabella sottostante, questi vengono distinti in base alla falsità e al possibilità di creare danno. 52 Sempre Claire Wardle distingue 7 tipologie di mis- and disinformation (generalmente definiti con il termine fake news). Sono riportati nella tabella sottostante. Questi si traducono in: Satira o parodia, contenuto fuorviante, "imposter content", contenuto inventato, falsa connessione, falso contesto e contenuto manipolato. Vediamo come questo termine possa essere usato per identificare contenuti diversi. Banalmente un titolo fuorviante può rientrare nelle fake news. 4.2.2. Come agiscono le fake news? Sorge subito la domanda come queste notizie arrivino agli utenti, secondo l’AGID (agenzia per l’Italia digitale), si possono individuare cinque meccanismi principali usati dalle fake news, li riporto di seguito (Agenzia per l'Italia Digitale, 2020) : 55 4 – Un gruppo finanziato da Bill Gates ha brevettato il virus del Covid-19 5 – Il virus del Covid-19 è un’arma biologica creata dall’uomo 6 – La tecnologia dei telefoni cellulari 5G è collegata alla pandemia di coronavirus 7 – L’argento colloidale può curare il Covid-19 8 – La Miracle Mineral Solution può curare il Covid-19 9 – L’aglio può curare il Covid-19 10 – È stato dimostrato che dosi massicce di vitamina C siano un trattamento efficace per il Covid-19 Il fatto quotidiano nel riportare anche lui quest’elenco evidenzia come alcune siano varianti di temi simili. Altre invece riprendono notizie omettendo però alcune parti fondamentali o inserendole in un contesto che ne forza il senso dell’interpretazione. 4.2.4. Combattere le Fake News ai tempi del Covid-19 Navigando in rete emergono diversi articoli e pagine istituzionali che “combattono” la diffusione di notizie prive fondamento relative al covid-19. Secondo l’AGID citata precedentemente vengono applicate diverse metodologie per rilevare le fake news. Gli approcci principali sono: Linguistic Cue – “in questo caso gli analisti si appoggiano alle differenze di comunicazione tra bugia e verità. Ad esempio, nella comunicazione testuale, i bugiardi tendono ad usare un numero maggiore di parole o a usare meno pronomi personali singolari (“io”, “tu”) e a cercare di favorire di più comportamenti manichei di gruppo (“noi, “gli altri”). Rientrano in questa categoria metodi come Data Representation, Deep Syntax, Semantic Analysis e Sentiment Analysis”. (Agenzia per l'Italia Digitale, 2020) “Network analysis – “in questo caso la verità di un contenuto viene accertata paragonandolo a un corpus di informazioni esterno che possa essere usato come riferimento. Un esempio è una notizia che appare con lo stesso taglio in dieci quotidiani diversi ma in uno viene presentata in modo diverso. I metodi che appartengono a questa categoria sono expert- 56 oriented, crowdsourcing-oriented, e computational-oriented. Nel primo caso è richiesta l’assistenza di esperti che devono analizzare l’informazione e poi emettere un verdetto (ad es. Politifact. Il secondo corrisponde all’ ”aiuto dagli spettatori in sala”, cioè alla cosiddetta saggezza delle masse, e si basa sull’analisi della notizia da parte di persone normali (ad es. Fiskkit). Nel terzo e ultimo caso, si sfruttano algoritmi che attingono a risorse OSINT (Open Source Intelligence) o che analizzano strutturalmente le frasi”. (Agenzia per l'Italia Digitale, 2020). Ci si è mossi su più fronti per arginare il problema, come l’AGCOM già citata precedentemente anche sul sito del ministero della salute italiana vi è una pagina dedicata alle notizie prive di fondamento. Le informazioni riportate nella pagina sono state verificate dagli Uffici competenti del ministero della Salute e/o dell'Istituto superiore di sanità, si tratta di pubblicazioni relative ad evidenze scientifiche/normative/documentazioni nazionali e internazionali. La condivisione senza controllo di queste informazioni nella rete ha spinto alcune delle piattaforme più conosciute (Google, Facebook, Pinterest, Tencent, Twitter, YouTube, Amazon, WhatsApp e TikTok) , ad esporsi iniziando una battaglia contro la disinformazione. Amazon, ad esempio, ha eliminato più di 1 milione di inserzioni, prodotti che promettevano di proteggere dal virus. Anche Google ha rimosso alcune pubblicità relative alle mascherine. Facebook, YouTube e Twitter sembrerebbero intenzionate a promuovere i contenuti qualificati, eliminando invece quelli identificati come falsi. WhatsApp ha dichiarato il lancio di WhatsApp Coronavirus Information Hub. Si tratta di uno strumento che è stato realizzato in collaborazione con l’Oms e l’Unicef al fine di fornire: 57 “suggerimenti e risorse generali per gli utenti di tutto il mondo per ridurre la diffusione di voci e connettersi con informazioni accurate sulla salute”. Inoltre, in accordo con l’OMS, organizzazione mondiale della sanità, è stato costituito un team “mythbusters”, (tradotto in italiano: miti da sfatare), per contrastare tutte le false voci che si son creane intorno al virus. Con l’obiettivo di eliminare consigli medici infondati, bufale e diverse informazioni non veritiere che potrebbero influire negativamente sulla salute pubblica. Queste sono solo alcune delle misure messe in atto, sembra comunque difficile arginare il problema nonostante gli sforzi. Le piattaforme citate precedentemente, (che cercano di arginare la diffusione di queste notizie) hanno una forte influenza a livello d’informazione. Facendo parte della piattaforma si inseriscono dati, i quali attraverso l’utilizzo di algoritmi porteranno l’utente a visionare contenuti di suo interesse. “ogni scroll, ogni movimento, ogni like è tracciato. È tutto lì – sfumature, interessi, antipatie- ed è tutto quantificabile. Quei dati hanno un’altissima validità ecologica, nel senso che non sono alterati dalle domande del ricercatore, che genererebbero inevitabilmente delle distorsioni. […] […] Uno studio del 2015 di Kosiniski, Stillwell e Wu Youyou dimostrò che, usando i like di Facebook, un modello informatico riusciva a prevedere il comportamento umano senza temere rivali. Con dieci like, il sistema anticipava il comportamento di un soggetto con più preciso dei suoi collegi. Con centocinquanta like faceva meglio di un famigliare. Con trecento like a disposizione, il modello mostrava di conoscere una persona meglio del suo coniuge.” (Wylie, 2020, p. 131) La piattaforma sembra infatti conoscerci meglio di un parente o di un collega, vede le nostre diverse sfaccettature, non si limita a quella che presentiamo in un dato contesto sociale, che sarà diverso tra ufficio famigli a amici. Apparentemente non sembra essere qualcosa di negativo, piuttosto “migliora” il nostro utilizzo della rete. Quando i dati però vengono utilizzati per bersagliare un target la cosa cambia, inoltre questi algoritmi che permettono la creazione di contenuti di interesse, ne scartano altri, rendendo meno variegato il materiale visualizzato. Qui la fake news diventano un discorso centrale, come mostrato nel libro “il mercato del consenso” di Christopher Wylie. L’insieme dei dati fornisce enormi data set, con i quali si possono creare notizie false al fine di manipolare gli individui. 60 riprenderci il controllo della mente.Sì al progresso tecnologico, che in moltissimi casi ha prodotto vantaggi seri per l’umanità ma tenendo presente prima della SALUTE DELL’UMANITA’, che viene prima di tutto, prima dei soldi e del progresso.” (Bufale.net, 2020) Di queste catene ne sono esistite davvero per tutto, anticipazioni sui dpcm completamente inventate, informazioni inerenti agli ospedali non verificate e via dicendo. In questo caso specifico vediamo una spiegazione inesistente e il tentativo di coinvolgere il lettore insinuando paura. Ci sono due studi su cui si basa questa teoria del 5G il primo dell’Istituto Ramazzini di Bologna e il secondo del National toxicology program. Senza voler entrare eccessivamente in ambito scientifico riportiamo parte delle conclusioni di questi studi. Il sito OpenOnline evidenzia principalmente questa frase, tra le conclusioni del primo studio “Un aumento dell’incidenza di tumori gliali maligni è stato osservato nei ratti trattati alla massima dose (50 V / m), sebbene non statisticamente significativa”. Il secondo studio non riguarda il 5G ma considera generazioni già in uso, e ne conclude che “Gli animali sono stati alloggiati in camere appositamente progettate e costruite per questi studi – precisano i ricercatori americani – L’esposizione alla RFR è iniziata nell’utero per i ratti e tra 5 e 6 settimane per i topi, e è continuata per un massimo di due anni, o per gran parte della loro vita naturale […] Queste ricerche non hanno studiato i tipi di RFR utilizzati per le reti Wi-Fi o 5G.” Con quanto detto precedentemente, non si ha la presunzione di mostrare se scientificamente vi sia una correlazione o meno, si vuole semplicemente chiarire come la forma con la quale la notizia si è diffusa la faccia diventare una fake news. In base quanto detto ad inizio capitolo nell’identificare questo termine così usato e così poco definito, siamo infatti giunti alla conclusione, che un’informazione, non verificata e fuorviante come questa vi rientri. Inoltre, in un momento così delicato è necessario pesare le parole più che mai, perché le persone si lasciano più facilmente coinvolgere e involontariamente cercano un capo espiatorio. Divulgare un’informazione di questa portata rendendola accessibile a tutti può portare a conseguenze, che sarebbe meglio evitare, tanto più se si tratta di fake news. Ne sono un esempio gli attacchi alle antenne 5g che ci sono stati in giro per il mondo, dall’Europa al Sud America. Oltre alla correlazione l’ipotetica cura: 61 Sembrerebbe che qualcuno abbia sfruttato questa fake news per lucrarci sopra vedendo un braccialetto con un biomagnete al silicio. “Transmission Plus”, raffigurato nell’immagine sopra riportata. Per dimostrane l’efficacia nella pagina dove è in vendita vi erano alcune recensioni di medici e di malati che hanno utilizzato il prodotto, anche se queste non possono essere considerare come prove scientifiche, ma più come recensioni tipiche degli store online. Inoltre, sempre a testimonianza dell’efficacia dei bracciali veniva riportato un video, un’intervista che fu fatta a Montagnier, il quale in via ipotetica e non ancora dimostrata parla dell’utilizzo delle onde elettromagnetiche come forma per contrastare il virus. Parole estrapolate dal contesto e fuorvianti: “Come potete constatare, ascoltando le dichiarazioni del 18 aprile 2020 del premio Nobel per la medicina Luc Montagnier in specifico dal minuto 11,35 in poi, il sistema di funzionamento del nostro Transmission Plus è quello prospettato solo pochi giorni fa dal Montagnier stesso per “spegnere” il Covid-19 e questo metodo era stato da noi messo a punto senza ombra di smentita già nel terzo trimestre del 2019,in particolare nei confronti del Coronavirus felino V e suino V con DNA a singolo filamento e del Coronavirus felino (FC0V)con RNA con doppio filamento (citati dal min. 12,20 e sino al min. 12,30 sempre dal Montagnier)grazie alla specifica placchetta IMMUNITARIO contenuta all’interno di quella globale OMNIA presente quest’ultima come avete visto sopra nel Transmission Plus”. Anche la descrizione del prodotto si mostrava poco scientifica e molto fuorviante. Ecco l’immagine della “descrizione prodotto”, pubblicata da Open, prima che il sito modificasse la descrizione. 62 Inevitabile l’intervento dell’Antitrust, che sembra essere stato efficace, dato che le caratteristiche guaritrici del prodotto proposto sembrano essere state rettificate. L’autorità garante ha evidenziato: “Diversi contenuti del sito (a partire dalla home page) sono volti ad illustrare la presunta efficacia dei dispositivi in parola: all’uopo si evidenziano, tra l’altro, le presunte dichiarazioni di ‘alcuni medici impegnati a combattere il Covid.19’ e di ‘persone affette da polmonite interstiziale causata dal Covid-19’, nonché notizie sull’uso di dispositivi di debellamento di segnali elettromagnetici dal virus”. Sempre per quanto detto ad inizio capitolo, ci troviamo davanti una fake news. Materiale non verificato, che cura una relazione ancora da verificare, alimentata dai social e da internet, estrapolando discorsi medici spacciandoli per realtà appurate.
Docsity logo


Copyright © 2024 Ladybird Srl - Via Leonardo da Vinci 16, 10126, Torino, Italy - VAT 10816460017 - All rights reserved