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Tesi triennale scienze tecniche psicologiche: Musicoterapia e disturbo dello spettro autistico., Tesi di laurea di Psicologia Generale

Tesi triennale in scienze tecniche psicologiche; La musicoterapia e il disturbo dello spettro autistico

Tipologia: Tesi di laurea

2020/2021

Caricato il 06/01/2021

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Scarica Tesi triennale scienze tecniche psicologiche: Musicoterapia e disturbo dello spettro autistico. e più Tesi di laurea in PDF di Psicologia Generale solo su Docsity! UNIVERSITA’ DELLA VALLE D’AOSTA UNIVERSITÉE DE LA VALLÉE D’AOSTE DIPARTIMENTO DELLE SCIENZE UMANE E SOCIALI DÉPARTEMENT DES SCIENCES HUMAINES ET SOCIALES Corso di laurea in Scienze e Tecniche Psicologiche TESI DI LAUREA MUSICOTERAPIA E DISTURBO DELLO SPETTRO AUTISTICO Candidato: Carlotto Alessia Mat. 15DO3775 Relatore: Dott. Maurizio Gasseau Anno Accademico 2017/2018 1 Ringraziamenti Ringrazio il mio relatore di laurea il professore Maurizio Gasseau che si è occupato di indirizzarmi nel mio elaborato dandomi suggerimenti, aiuti e spunti per l’argomento trattato, rendendosi sempre disponibile e reperibile. Ringrazio la mia famiglia, i miei genitori che mi hanno sempre sostenuto in questo percorso triennale dandomi forza e fiducia anche nei momenti più ardui restandomi sempre vicino in qualsiasi occasione. Infine ringrazio le persone che mi sono sempre state accanto supportandomi in questo mio percorso e talvolta rendendolo anche più sereno e tranquillo nei momenti difficili. 2 3.2.6 Conduzione di gruppo o singolo CAPITOLO 4 4.1 L’importanza della musicoterapia 4.2 Casi clinici 4.2.1 Il caso di Esteban: La cavalletta salta 4.2.2 Il caso di T. 4.2.3 Il caso di Francesco 4.3 Orchestra invisibile CONCLUSIONE BIBLIOGRAFIA SITOGRAFIA 5 Introduzione Il presente lavoro di tesi parte dal tentativo di delineare un quadro generale dell’autismo e della musicoterapia per poi cercare di spiegare come si possa, attraverso la musica, arginare, in parte, le varie difficoltà che i soggetti autistici incontrano e facilitare il loro inserimento all’interno della società. Ho scelto di approfondire questo argomento in quanto, grazie al mio lavoro di supplente come insegnante di sostegno e maestra, ho potuto conoscere il meraviglioso mondo dei bambini con spettro autistico ed entrare in contatto con loro. Facendo la supplente ho avuto la possibilità di interagire con bambini autistici con diversi livelli di gravità, ed ho notato quanto questi bambini, con lo stesso disturbo, siano totalmente diversi l’uno dall’altro. Inoltre, ho potuto osservare la forte emotività ed empatia di questi soggetti, che spesso però, non riuscendo ad esprimersi a pieno e a far comprendere le loro emozioni, hanno attuato dei comportamenti di nervosismo, chiusura e talvolta violenti. In una mia esperienza ho avuto la possibilità di vedere come questi comportamenti vengano alleviati tramite la musica, tranquillizzando i soggetti autistici e permettendogli di interagire al meglio con gli altri attraverso il ballo in gruppo, il canto e il suono di un oggetto. Ciò mi ha portato a voler scoprire maggiormente questo disturbo e a comprendere come la musica possa essere fonte d’aiuto e di sblocco per questa utenza, addentrandomi così nella Musicoterapia. Nel corso degli anni sono nate diverse discipline terapeutiche che vengono sempre più utilizzate ed integrate ai trattamenti di tipo psicoterapeutico, una di queste discipline è proprio la Musicoterapia, una disciplina sempre più utilizzata, con diverse utenze, come sostegno di altre terapie. 6 Nel primo capitolo definirò in grandi linee la Musicoterapia e parlerò del sue decorso di sviluppo dai tempi dell’antichità fino ad oggi. Inoltre presenterò alcuni dei principali modelli Italiani e non della Musicoterapia e di come essa poteva essere utilizzata diversamente da modello a modello dato l’obiettivo che si proponeva. Nel secondo capitolo approfondirò l’autismo e il mondo di queste persone, soffermandomi sulle varie terapie di intervento che vengono adottate per questo disturbo. Nel terzo capitolo inizierò ad esplorare il modo con cui la musica possa apportare dei benefici al soggetto autistico e esaminerò le applicazioni cliniche della Musicoterapia facendo riferimento all’utenza presa in considerazione da questa tesi. Infine, nel quarto capitolo esporrò tre casi clinici, tratti da libri diversi. I casi mostreranno forme differenti, sia tra i soggetti presi in esame (diverse età diverse situazioni cliniche), sia fra gli ambiti in cui vengono svolte le sedute di musicoterapia (diversi ambienti/gruppo o singolo) e sia riguardo agli ambiti di miglioramento che sorgono nel caso e gli aspetti a cui si dà maggiormente importanza (emotività, comunicazione, interazione, importanza relazione tra le figure professionali, importanza del ruolo della madre etc.). Inoltre in questo capitolo vedremo come la musica, da semplice terapia, possa diventare una quotidianità nella vita di questi soggetti, che attraverso essa riescono a comunicare, sentirsi liberi e a dar spazio alla propria creatività, per questo ho voluto parlare dell’Orchestra Invisibile, un’iniziativa di Cascina Rossago, una struttura che si occupa di inserire gli individui adulti con spettro autistico nel mondo esterno, tenendo conto delle loro qualità e caratteristiche. 7 La musica vista come terapia si basa su antiche credenze interculturali che risalgono a più di trentamila anni fa. La concezione di musica come "terapia" è influenzata dalla visione e dalla comprensione dei concetti e delle cause della malattia che la cultura possiede. Inizialmente, la musica salutare veniva eseguita senza l’uso della parola ma solo da un lamento monodico il cui ritmo si basava sulla respirazione e sul battito cardiaco. La collettività, inizialmente, si riuniva intorno al malato cantando per ore, in seguito ricorsero all’uso di zucche vuote e tamburi da percuotere per stimolare l’attività dei guaritori che venivano chiamati sciamani; ancora adesso sono esistenti in alcune regioni che utilizzano rituali di guarigione analoghi. Le caratteristiche prevalenti dei canti e della musica utilizzata dagli sciamani è molto ritmatica e priva di emozioni. Questo perché il ritmo cattura l’attenzione del paziente e può produrre su di lui effetti ipnotici cercando di calmare l’aspetto emozionale e psicologico. Nel mondo antico, sappiamo bene poco della musica, ma tra le divinità che proteggevano la salute ce ne era almeno una che presidiava la musica. Nell’antico Egitto la musica rimase un mistero; solo attraverso il ritrovamento di strumenti di disegni sul muro si può presuppore che l’arpa era lo strumento più utilizzato. Non rimane però alcuna documentazione quanto la loro musica si reggesse su principi esoterici e in che modo essa venisse realmente impiegata a fini terapeutici. Gli antichi Ebrei, invece, attribuivano alla musica poteri stimolanti e sedativi, capaci di intensificare le emozioni negative fino al culmine oltre il quale la mente se ne liberava. Per la prima volta nel mondo occidente la musica viene impiegata come terapia e non come veicolo divino. 10 Un altro popolo che dava molto importanza alla forza guaritrice della musica erano i Greci. Uno delle divinità più importanti era appunto Apollo, il dio del sole, della medicina e della musica. Inoltri, filosofi e musicisti di questo popolo diedero molto rilievo, con i loro scritti, al potere curativo della musica. Un’altra figura importante che diede molta importanza alla musica fu Pitagora Samo. Nella filosofia pitagorica le leggi della musica influiscono sull’interiorità dell’uomo attraverso l’armonia, e l’armonia dell’universo corrisponde a quella dell’anima. Era appunto grazie alla melodia e al ritmo che si poteva recuperare l’ordine dell’anima e conseguentemente la salute del corpo. Nella cultura dell’impero romano venne assimilata la musica e le pratiche risanatrici dei Greci. Anche i romani, come Pitagora, consideravano l’organismo umano come una totalità e, in questo contesto la musica aveva una funzione psicoterapica, sia di cura sia di prevenzione. In seguito al crollo dell’Impero romano emersero nuove filosofie, la scienza si separò dalla religione e la musica venne assimilata alla liturgia ecclesiastica. Nel Rinascimento la musica divenne il prodotto di una corporazione, come tutte le professioni, inoltre la musica passò da arte curativa a passatempo. Nel 1748, Louis Roger, un medico di Montpelier, tornò ad occuparsi della musica e dei suoi effetti, ma i suoi studi non suscitarono molto interesse. Sono nel XX secolo vedremo nascere un vero interesse per l’uso della musica come terapia. Nel 1919 presso la Columbia University si tenne il primo corso di musicoterapia e nel 1944, al Michigan State College venne inaugurato il primo corso quadriennale per specialisti in quella disciplina. 11 In seguito fu fondata la National Association for Music Therapy, poi l’American Association of Music Therapists e nel 1970 l’American Association of Artist- Therapists. Queste sono le prime associazioni di musicoterapia fondate, e accanto ad esse c’è un movimento crescente di gruppi ed individui che si interessano a questa terapia. Da questo momento l’interesse per la musicoterapia è sempre di più in incremento, oggi possiamo trovare anche corsi universitari dedicati ad essa. 1.2 Diversi modelli di musicoterapia La musicoterapia, a livello internazionale e nazionale, presenta diversi modelli e procedure applicative. Nel congresso della Word Federetion of Music Therapy, tenutasi a Washington nel 1999, sono stati riconosciuti principalmente cinque diversi modelli musicoterapici, ma oltre a questi ce ne sono molti altri. Qui di seguito ne andremo a presentare qualcuno. 1.2.1 La musicoterapia comportamentale e cognitiva L’approccio comportamentale e cognitivo, non si occupa della musica come fattore che può influenzare la vita interiore dell’uomo, ma, le sue finalità sono rivolte alla modifica di specifici comportamenti e allo sviluppo di determinate strategie cognitive. In questa tecnica la musica è introdotta come elemento di rinforzo positivo o negativo al fine di modulare un determinato comportamento. 1.2.2 La musicoterapia creativa di Paul Nordoff e Clive Robbins La musicoterapia è un approccio attivo che ha come obiettivo la promozione dell’essere umano, di potenziare il suo aspetto comunicativo e relazionale e di ridurre i comportamenti patologici. 12 Nel setting musicale tutti i partecipanti sono seduti sul pavimento, alla stessa altezza, a condividere sguardi e a comunicare attraverso il corpo, in piena condivisione visuospaziale reciproca. Chi conduce il Floortime deve stare attento all’interesse del bambino e fare in modo che il piccolo con problemi di autismo si unisca all’attività. In questo approccio non basta la presenza passiva del soggetto, ma si cerca di raggiungere un comportamento interattivo, ovviamente rispettando i suoi tempi. Molto spesso i bambini autistici possono vivere il nostro avvicinamento come un’intrusione nel loro isolamento e lotteranno per essere lasciati da soli, ma lentamente con diverse iniziative, i piccoli potranno intuire e anticipare determinate situazioni, ed imparerà a considerarle non pericolose fino a risultare piacevoli. La tecnica di Floortime può essere praticata anche da maestre o dai compagni stessi che si mettono nel ruolo dell’adulto. Questo approccio ha quattro obiettivi principali: 1. Incoraggiare l’attenzione e l’intimità 2. Facilitare la comunicazione 3. Incoraggiare l’espressione di sentimenti e idee 4. Aiutare a collegare idee e sentimenti diversi al fine di raggiungere un pensiero logico e una comprensione del mondo di se stessi L’utilizzo della musica è fondamentale per raggiungere questi punti in quanto gli strumenti musicali, il suono e la musica contengono in sé molti elementi di sintonizzazione e di consolidamento, promuovendo l’ascolto, la comprensione emotiva, l’attenzione verso gli altri e gli oggetti e aiuta l’organizzazione del movimento. Inoltre, la musica, permette la libera espressione del soggetto, che può avvenire dalla semplice imitazione di un suono o da sue iniziative. Un aspetto a cui questa tecnica dà molta 15 importanza è l’intenzionalità di applicare spontaneamente una propria capacità in diverse situazioni. Raggiungere una propria intenzionalità significa essere un agente, muoversi verso gli altri sapendo esercitare azioni che promuovono un effetto sul mondo o sulle persone, sapendosi adattare agli effetti provocati. 1.2.6 La musicoterapia benenzoniana Il modello benenzoniano utilizza una tecnica centrata sulla libera improvvisazione. Il musicoterapista ascolta ed osserva il paziente. Questo approccio viene utilizzato principalmente con individui che hanno difficolta nella comunicazione e nella relazione di natura psicogena e organica. Per Benenzon la musicoterapia utilizza il suono, la musica, il movimento per aprire canali di comunicazione con l’obiettivo di migliorare i processi comunicativi e relazionali. Al centro dell’approccio di Benenzon troviamo il concetto di ISO cioè l’identità sonora di ognuno, rappresenta il vissuto sonoro diverso da persona a persona che ci caratterizza e ci individualizza. Benenzon distingue l’ISO universale (inconscio, battito cardiaco, respirazione), l’ISO gestaltico (vissuto sonoro dalla nascita fino all’età attuale del soggetto), l’ISO culturale (corrisponde all’identità etnica dell’individuo), l’ISO gruppale (identità sonora propria di un gruppo di soggetti), l’ISO complementare (insieme dell’ISO gestaltico e culturale). L’identità sonora, dunque, permette al musicoterapista di entrare in contatto con l’individuo attraverso la musica ed il suono; è importante far interagire l’ISO del soggetto e l’ISO del musicoterapista in modo lineare, e se si presentano delle resistenze, esse vengono inibite da un oggetto intermediario che è lo strumento musicale. In questo approccio il musicoterapista ha una prima fase di osservazione-diagnosi, in cui forma 16 una scheda di inquadramento che prevede l’analisi e l’interpretazione dei comportamenti musicali del paziente. In seguito è importante portare il pazienta a una situazione di catarsi in cui scarica tutta la tensione e si raggiunge uno stato di riscaldamento per avviare l’azione. Attraverso il riscaldamento si raggiunge una fase di percezione e osservazione in cui entrano in gioco l’ISO del paziente e del musicoterapista. La ripetizione dei messaggi che caratterizza questa fase, porta alla realizzazione del dialogo sonoro. 1.3 I modelli italiani In Italia la musicoterapia nasce a partire dagli anni ’70; nel 1981, ad Assisi, viene avviato il primo corso di musicoterapia e in questo contesto iniziarono a crearsi le prime riflessioni su essa. L’approccio teorico della scuola italiana considera l’elemento sonoro un mediatore che facilita lo sviluppo dei percorsi relazionali. I diversi modelli nascono dalle diverse prospettive che vengono utilizzate per creare le proprie riflessione sulla musicoterapia 1.3.1 Musicoterapia secondo Loredano Matteo Lorenzetti Per Lorenzetti il suono- ritmo- movimento costituisce una prima comunicazione fra madre e feto che richiama lo spazio della comunicazione terapeutica. Per musicoterapia, Lorenzetti intende “l’uso di elementi musicali: suono-ritmo- movimento da parte di un musicoterapista qualificato, con un singolo o un gruppo, in un processo che faciliti la comunicazione, la relazione, l’apprendimento, la motricità, l’espressione, e/o altri rilevanti obiettivi terapeutici al fine di rispondere alle necessità fisiche, emozionali, mentali, sociali e cognitive” (Lorenzetti). 17 CAPITOLO 2 2.1 AUTISMO 2.1.1 Introduzione all’Autismo L’autismo è una condizione che esordisce nella primissima infanzia, il decorso è continuo e spesso diventa difficile individuare questo disturbo nei primi anni di vita. Per spiegare cos’è l’autismo partiamo con una definizione di Foglio Bonda del 1987 “L’autismo è un disturbo globale e precoce dello sviluppo, che si manifesta con una chiara deviazione delle norme e gravi anomalie i ogni specifico ambito e nell’integrazione complessiva della personalità… con conseguenti gravi deficit nelle aree percettiva, motoria e soprattutto della comunicazione; incapacità di elaborare e di mantenere una accurata rappresentazione (percettive e intellettiva) e un adeguato contatto con la realtà (persone, cose e situazione); diffusive carenze e disordine nelle interazioni psicosociali, con una tendenza caratteristica all’isolamento, al negativismo, all’impoverimento dei contatti emotivi e al disinteresse per essi; risposte bizzarre agli stimoli ambientali, con una peculiare preoccupazione per mantenere inalterato l’ambiente circostante; condotte complessivamente stereotipate e ritualistiche; e perturbazioni nelle capacità di adattamento, di autonomia e di affermazione sociale” . Il vocabolo autismo, in greco significa “ripiegamento su se stesso, infatti una caratteristica principale dei soggetti autistici è proprio l’isolamento dalla società. L’autismo presenta principalmente alcune delle seguenti caratteristiche, incapacità totale o quasi di stabilire normali rapporti sociali, rifiuto ad avventurarsi in un ambiente non familiare, forte resistenza contro tutti i possibili cambiamenti del loro ambiente fisico e sociale, compresi quelli nelle abitudini quotidiane, mancato sviluppo o 20 regressione del linguaggio e ripetizione di alcuni manierismi/movimenti o stereotipie. Inoltre, quando parliamo di autismo non necessariamente si parla di ritardo mentale, al contrario si possono avere individui con un’intelligenza nella media o addirittura superiore ad essa, infatti molti soggetti con questo disturbo tendono a sviluppare capacità e saperi inerenti a qualcosa di specifico, diventando dei veri talenti in materia. 2.1.2 L’evoluzione dell’autismo Nell’ultimo decennio vi è stata una crescita esponenziale riguardo la ricerca dedicata al “disturbo autistico”. Questo concetto fu introdotto da Leo Kanner, uno psichiatra austriaco, nel 1943 per definire dei suoi giovani pazienti con delle difficoltà nel creare contatti affettivi e con gravi problemi nella relazione e nella comunicazione. Nel corso degli anni vi sono stati studi sempre più specifici del disturbo dello spettro autistico, ma nonostante ciò, queste ricerche non si sono ancora tradotte in una conoscenza precisa riguardo la natura di questo disturbo e nell’individuazione di un trattamento risolutivo. Nel 2000, il DSM-IV-TR, individua diversi disturbi che, nonostante i nomi differenti, sono accomunati da problemi di interazione sociale e comunicazione, accompagnati da stereotipie nei movimenti e da interessi ristretti. Infatti, con la nuova edizione del DSM 5, si prevede un unico disturbo dello spettro autistico, con diversi livelli di gravità. 2.1.3 Definizione autismo DSM 5 L’autismo è definito dal DSM 5 come “deficit persistente della comunicazione sociale e dell’interazione sociale in molteplici contesti, come manifestato dai seguenti fattori, presenti attualmente o nel passato: Deficit della reciprocità socio-emotiva, deficit dei comportamenti comunicativi non verbali utilizzati per l’interazione sociale, deficit dello 21 sviluppo.” L’autismo, dunque, deve essere considerato una sindrome, “cioè un insieme di sintomi e segni comportamentali che si manifestano in maniera eterogenea”. Pertanto, per definire una persona autistica, sono necessari criteri diagnostici proposti dal DSM 5 o dall’ICD-10; le caratteristiche essenziali per diagnosticare questo disturbo sono la compromissione persistente della comunicazione e dell’interazione sociale (criterio A), e comportamenti, interessi e attività ristrette e ripetitive (criterio B). Questi sintomi si presentano nella prima infanzia, limitando o compromettendo il comportamento quotidiano del bambino (criteri C e D). La manifestazione del disturbo varia anche in base al livello di gravità della condizione autistica, tenendo conto del livello di sviluppo e dell’età cronologica, da qui il termine spettro. I livelli del disturbo sono tre, se il livello di gravità è di primo grado, il soggetto, avrà bisogno di un supporto, in assenza del quale vi possono essere delle compromissioni notevoli sulle difficoltà già presenti, la persona è in grado di formulare frasi complete e si impegna nella comunicazione bidirezionale. Livello di gravità due necessita un supporto “significativo”, la persona parla usando frasi semplici e l’interazione è limitata a interessi ristretti. Livello di gravità tre presenta un soggetto che utilizza poche parole comprensibili e raramente avvia interazioni relazionali. Per effettuare una diagnosi, dunque, è importantissimo prendere in considerazione i vari criteri e il livello di gravità del paziente, inoltre, per una diagnosi più efficacie è necessario che ci siano più fonti di informazioni, tra cui, un’attenta osservazione da parte del clinico e ciò che vieni riferito dal cargivere. Una diagnosi precoce dell’autismo è molto importante poiché permette la presa in carico ad un’età dove alcuni processi in corso di sviluppo possono ancora essere modificati. Le ricerche che valutano gli effetti di un intervento precoce mostrano che i 22 2.2 Il mondo degli autistici L’autismo rappresenta una delle sindromi più angoscianti e difficilmente spiegabili dell’età evolutiva, come abbiamo visto prima vi sono diversi criteri che caratterizzano l’autismo in differenti campi dello sviluppo, per questo viene definito un disturbo generalizzato. Già nei primi anni di vita, questi bambini, si comportano in modo singolare differenziandosi dagli altri, anche da coloro che hanno la stessa diagnosi. Il bambino autistico perde il contatto con il mondo esterno rendendosi difficilmente comprensibile e tende a rendersi una persona apparentemente impenetrabile. Ma come vive un bambino autistico? Non siamo di fronte a semplici carenze o ritardi nello sviluppo, ma a differenti modi di interpretare il mondo e di comprenderlo. Questi bambini hanno una forte difficoltà a comunicare e soprattutto ad essere compresi dalla società. Alla domanda sovraesposta si può rispondere citando un pensiero di Jim Sinclair, un ragazzo autistico che ha scritto un capitolo nel libro di Schopler e Mesibov. “Essere autistici non significa non essere umani, ma essere diversi. Quello che è normale per altre persone non è normale per me e quello che io ritengo normale non lo è per gli altri. In un certo senso sono mal equipaggiato per sopravvivere in questo mondo, come un extraterrestre che si sia perso senza un manuale per sapere come orientarsi. Ma la mia personalità è rimasta intatta. La mia individualità non è danneggiata. Ritrovo un grande valore e significato nella vita e non desidero essere guarito da me stesso. 25 Concedetemi la dignità di ritrovare me stesso nei modi che desidero; riconoscete che siamo diversi l’uno dall’altro, che il mio modo di essere non è soltanto una versione guasta del vostro. Interrogatevi sulle vostre convinzioni, definite le vostre posizioni. Lavorate con me per costruire ponti tra noi” (Jim Sinclair) Con queste parole possiamo intendere che una persona autistica non ha bisogno di essere cambiata cercando di portarla alla nostra “normalità”, ma è importante accompagnarla nel suo percorso di vita, aiutandola a capire e ad organizzare il mondo introno a lei, dando ordine e rispettando i suoi ritmi senza angosciarlo. Spesso il miglior modo di comunicare con un autistico non è la parola, in quanto le troppe parole possono essere un carico molto pesante e confusionale; egli ha bisogno di serenità, ordine, e soprattutto di prevedibilità. Riferendosi a quest’ultimo concetto di prevedibilità possiamo comprendere perché le persone autistiche tendono ad isolarsi dal mondo, dalle persone e da tutto ciò che è troppo rumoroso, complicato ed imprevedibile; l’autistico preferisce rimanere nella sua routine e nel suo “ordine”. Un altro aspetto che caratterizza una persona autistica è l’incapacità della comprensione del sé, la sua mente è distaccata dal suo agire, egli non è in grado di riflettere sul proprio pensiero e di richiamare alla mente le azioni da lui stesso compiute, inoltre egli ha difficoltà di distinguere la propria fantasia dalla realtà. I bambini con questa sindrome hanno spesso paura di cose inoffensive e nel contempo non si rendono conto di alcuni pericoli. Essi, inoltre, tendono ad avere delle risposte contraddittorie a degli stimoli uguali, ad esempio, un suono ignorato in una circostanza può portare ad avere reazioni smisurate in un momento successivo. L’autistico non percepisci il modo come qualsiasi altra persona, i rumori possono stressarlo, ciò che vede può innervosirlo, ciò che annusa 26 può infastidirlo e questo lo porta a provare tanta angoscia e a preferire gli ambienti che già conosce, dove gli stimoli sono maggiormente prevedibili, e non ama i cambiamenti. 2.3 Diverse modalità di intervento: Quando parliamo dello spettro autistico non possiamo parlare di cura, bensì di terapie d’intervento. Queste terapie d’intervento servono al soggetto autistico per condurlo lungo il suo percorso di vita aiutandolo a trovare delle strategie per inserirsi nel miglior dei modi nella società, senza troppi traumi e difficoltà, e che lo conducano nel suo sviluppo permettendogli di avvicinarsi sempre di più a comportamenti adeguati, riducendo quelli non accettati dalla società. Qui di seguito vedremo alcune terapie d’intervento utilizzate con questa utenza: 2.3.1 Approccio psicodinamico L’approccio psicodinamico affronta l’autismo focalizzandosi sulla relazione madre e bambino e attribuisce alla mamma un ruolo rilevante nel determinismo del disturbo. Bettelheim (1976) sostiene che il bambino debba essere allontanato dagli ambienti percepiti come ostili, spaventosi e pericolosi a causa di una psicopatologia dei genitori che interpretano come un rifiuto i comportamenti normali di frustrazione e di ritiro del bambino, e tendono a reagire con ostilità invece che con attenzione e dolcezza verso il soggetto autistico. A causa di questo ambiente, il bambino tenderà ad isolarsi con conseguente arresto dello sviluppo dell’io in quanto le energie le usa per difendersi dall’ambiente. Dunque vengono messi in atto due tipi di trattamento: uno rivolto al bambino e uno verso i genitori. Bettelheim proponeva di ricreare per il soggetto autistico un ambiente completamente diverso da quello famigliare, per creare un mondo nel quale si sentisse accolto senza pregiudizio. Dunque il bambino viene allontanato 27 fobia sociale, collera, stress etc). Questi farmaci vanno ad gire, in modo diverso sullo stato d’essere, sul comportamento e sull’umore della persona; bisogna, però, tener d’occhio i vari effetti collaterali che possono esserci. Dunque, il farmaco, non va a curare il problema d’autismo, bensì, cerca di placare determinati comportamenti anti- sociali, e situazioni di disagio del soggetto autistico, come per esempio la depressione. L’uso dei farmaci, integrato con una terapia clinica relazionale, può portare il soggetto autistico a migliorare le sue condizioni di vita e il suo sviluppo personale. 2.3.4 Programma TEACCH Il programma TEACCH (Treatment and Education of Autistic and Related Comunication Handicapped Children) è stato ideato negli anni ’60 da Eric Schopler nel North Carolina. Questo metodo ha l’obiettivo di favorire lo sviluppo dell’individuo, la sua autonomia e la sua integrazione sociale, tenendo conto delle difficoltà che un soggetto autistico può avere. Dunque parliamo di un intervento individualizzato e per effettuarlo si ricorre all’utilizzo di alcuni test per individuare delle caratteristiche del singolo che riguardano l’ambito psicoeducativo, problemi socio-cognitivi dell’apprendimento e aspetti comuni dell’autismo. Per poter raggiungere l’obiettivo, il programma, cerca di sfruttare le risorse del soggetto, dando importanza ai suoi interessi e alle sue capacità già presenti; inoltre, struttura l’ambiente per adattarlo alle sue difficoltà, sviluppa attività adeguate e aiuta gli individui a capire cosa ci si aspetta da loro in determinate situazioni. Molto significativo è l’importanza che questo metodo dà alla routine della persona. 30 Nella TEACCH i genitori hanno un ruolo importante, in quanto prendono parte nella definizione degli obiettivi e fan sì che le capacità apprese dal soggetto vengano generalizzate anche fuori dall’ambito terapeutico. 31 CAPITOLO 3 3.3 MUSICOTERAPIA E AUTISMO 3.3.1 Uso della musica con i bambini autistici Una delle tante terapie che viene utilizzata con gli autistici è la musicoterapia. L’obiettivo di questa terapia consiste nel favorire lo sviluppo del sé che permette una conseguente incremento sulle capacità comunicative-relazionali e interazione sociale, infatti, grazie ad essa, il soggetto autistico riesce ad attivare delle capacità di comunicazione e aumenta le capacità di attenzione e di ascolto. Mediante il mezzo sonoro, la persona capisce che può esprimersi liberamente, e si sente accettata ed integrata nel gruppo; pertanto, possiamo affermare che una funzione della musica, utilizzata in ambito terapeutico, è proprio quella di mediatore espressivo-relazionale. La musicoterapia, può avere un effetto molto importante sull’aspetto sociale del bambino autistico, in quanto lo aiuta a liberarsi da ciò che lo isola dal mondo esterno. La musica è usata come forma di espressione, di comunicazione e di interazione ed è per questo che viene utilizzata come mezzo di terapia per le persone con spettro autistico, le quali, come già detto in precedenza, tendono ad isolarsi dal mondo sociale evitando il contatto umano e l’espressione delle proprie emozioni. È importante sottolineare che non tutti i bambini autistici apprezzano il suono, in tal caso è bene non sforzare il soggetto ma farlo approcciare all’elemento sonoro rispettando i suoi tempi e osservando il suo linguaggio non verbale per riuscire a comprendere come poterlo stimolare. Questa tecnica è un trattamento che funge da sostegno ad altre terapia, per questo motivo è importante che ci sia una buona comunicazione fra le diverse figure 32 3.4.1 Principi della musicoterapia La Musicoterapia si basa sul principio dell' ISO (identità sonora); l‘ ISO è l’identità sonora appartenente ad ogni individuo che lo caratterizza, è un elemento dinamico che ha in sé la forza di percezione presente e passata. Possiamo parlare di 4 ISO diversi: 1- ISO UNIVERSALE, è l’identità sonora che caratterizza o identifica tutti gli esseri umani, indipendentemente dal contesto sociale, culturale, storico, e psicofisiologico. Fanno parte dell'ISO universale le caratteristiche del battito del cuore, dei suoni di inspirazione ed espirazione e la voce della madre al momento della nascita e nei primi giorni di vita. 2- ISO GESTALTICO riassume i nostri archetipi sonori, il nostro vissuto sonoro intra-uterino, il nostro vissuto sonoro alla nascita. Dell'infanzia fino alla nostra età attuale, è un suono strutturato che è in continuo movimento. 3- ISO COMPLEMENTARE, è l'insieme di piccole modifiche che si attenuano ogni giorno o in ogni seduta di Musicoterapica sotto l'effetto di circostanze ambientali e dinamiche. 4- ISO GRUPPALE/CULTURALE è connesso allo schema sociale all'interno del quale l'individuo evolve. L'ISO di gruppo è fondamentale allo scopo di raggiungere una unità di integrazione in un gruppo terapeutico. E' una sintesi di tutte le identità sonore presenti all’interno di un gruppo. Raccoglie in sé fattori psico-fisiologici di suoni e di movimenti che dipendono dall'ISO gestaltico di ciascun individuo. (R. Benenzon Manuale di Musicoterapica) L’ISO dunque “è l’insieme infinito delle energie sonore, acustiche e di movimento che appartengono a un individuo e che lo caratterizzano” (Benenzon, 1997,pag 77) 35 3.4.2 Tecnica della musicoterapia Quando parliamo di tecnica intendiamo il modo in cui si può svolgere un intervento di musicoterapia, in ogni seduta è bene seguire tre passaggi principali: 1- L’osservazione: nei primi momenti, il musicoterapeuta, deve preferibilmente osservare senza per forza dover agire, produrre o esprimersi. Deve essere in grado di sapere aspettare, in quanto la sola presenza espone già il suo corpo, e si presenta pienamente attivo, questo grazie all’ascolto, alla comprensione, alla recettività e al percepire, sebbene non si muove e non emetta nessun suono. Questa tecnica del sapere aspettare è la cosa più difficile, in quanto, il musicoterapeuta assorbe tutte le ansie iniziali del paziente. 2- Associazioni corporeo-sonoro-musicali: in questo passaggio il paziente potrà iniziare ad esprimersi liberamente e questo porterà alla comparsa si associazioni corporeo-sonoro-musicali. In questo passaggio il musicoterpeuta avrà un ruolo attivo in quanto invita il paziente alla scelta di uno strumento. 3- Isolamento riflessivo-attivo: in questo passaggio il musicoterapeuta scinde le sue emozioni da quelle del soggetto e cerca di comprendere le sensazioni del paziente. Ovviamente questa tecnica è solo un esempio delle svariate tecniche che si possono attuare con diversi passaggi. Come si attua una seduta di musicoterapia dipende molto dal terapeuta stesso ma soprattutto dalle utenze con cui si va ad operare. Per esempio quando parliamo di autismo, il punto di partenza è costituito da una situazione di isolamento e di assenza di comunicazione, solo con il tempo, il setting musicoterapeutico facilita la prima presa di contatto del paziente con la realtà. 36 In seguito si assiste alla prima relazione tra paziente e oggetto sonoro, essa consiste in una fase preliminare di esplorazione senza però valenza comunicativa ma stereotipata, tipica dell’autismo. Con il passare del tempo, il trattamento, porterà il soggetto ad utilizzare il suono come uno sorta di comunicazione. Ciò che porta il musicoterapeuta a porre fine all’intervento sarà la capacità espressiva e comunicativa-relazionale del soggetto che si estenderanno non solo il solamente il setting ma anche il mondo sociale esterno. Ciò presuppone che siano stati raggiunti gli obiettivi legati allo sviluppo del sé e allo sviluppo del mantenimento delle capacità affettivo-comunicativo-relazionale a cui corrisponde una modifica sul piano dell’interazione sociale e comportamentale. 3.4.3 Figure professionali e relazione fra loro Durante una seduta di musicoterapia possiamo trovare diverse figure professionali, come il musicoterapeuta e il coterapeuta. Le finalità del musicoterapista è l’uso dell’elemento sonoro/musicale come mediatore espressivo che facilita lo sviluppo di una relazione operatore-utente; tale relazione è finalizzata al raggiungimento di obiettivi preventivi e riabilitativi. Il musicoterapeuta è colui che è in grado di gestire l’aspetto della comunicazione non-verbale e per poterlo fare deve svolgere un percorso di studi che lo aiuta appunto a sviluppare al massimo le proprie competenze nella comunicazione analogica. Infatti una delle caratteristiche principali del musicoterapeuta è non credere che il mezzo verbale sia l’unica forma di comunicazione; inoltre egli deve osservare attentamente e percepire tutto ciò che forma il contesto non verbale, deve comprendere il significato di una relazione psicoterapeutica e pertanto allenarsi a fare esperienza del transfert e controtransfert e deve approfondire la conoscenza e l’uso del 37 corpo per esprimersi. È necessario disporre di uno spazio sufficientemente ampio per consentire il libro movimento corporeo. - Le pareti e il pavimento non devono avere arredi in quanto potrebbero portare la presenza di altri rumori o stimoli che possono sviare il lavoro nel contesto non verbale. Il pavimento è preferibile che sia di legno per poter percepire le vibrazioni del ritmo. Pertanto, a volte, durante le sedute, si lavora scalzi e il legno è conduttore di vibrazioni e calore (si può anche costruire una pedana di legno se non si ha la possibilità di avere il pavimento in legno). Dunque il setting di musicoterapia deve lasciar spazio al contesto non-verbale dell’ambito corporeo-sonoro-musicale e evitare l’inferenza di stimoli esterni. Oltre alla cornice spaziale di cui abbiamo appena parlato, il setting è formato da una cornice temporale e comportamentale. Quella temporale delimita il tempo di una seduta in cui il musicoterapeuta dovrebbe presentare un progetto d’intervento. Importante anche la cornice temporale del trattamento nel suo complesso; l’inizio del trattamento deve essere pianificato, in quanto da tutte e due le parti sia garantita una buona continuità senza sospensioni, invece la fine del trattamento andrà preparata con largo anticipo. La cornice comportamentale è indispensabile all’interno delle sedute in quanto favorisce la chiarezza nel processo di adattamento del paziente e la possibilità del musicoterapeuta di lavorare serenamente. Queste tre cornici, dunque, rappresentano il setting generale per potere attuare al meglio un trattamento di musicoterapia. 40 3.4.5 Gruppo operativo strumentale (GOS) Il GOS (Gruppo operativo strumentale) è un altro aspetto molto importante della musicoterapia, fa parte di questo gruppo ogni elemento in grado di produrre un suono udibile o un movimento fisico come mezzo di comunicazione. È importante sottolineare che lo strumento può essere utilizzato in qualsiasi modo non solo in modo convenzionale, ma in qualsiasi maniera che permette al soggetto di comunicare ed esprimersi. Gli strumenti devono avere forma e dimensione diversa, devono essere facili da utilizzare, poter emettere differenti tipi di suoni, inoltre devono favorire la relazione con altri strumenti e permettere che il loro uso stimoli la comunicazione. Lo strumentario si caratterizza in base alle esigenze del paziente o del gruppo, ma sono preferibili gli strumenti costruiti con materiali naturali. Principalmente gli strumenti vengono collocati in mezzo alla stanza in quanto è considerato il luogo più importante nello spazio, ed essi sono ciò che determinano e caratterizzano la seduta di musicoterapia. Ovviamente non sempre vengono posizionati al centro, l’organizzazione dello strumentario oscilla fra una disposizione strutturata e definita ad una disposizione informale. È comunque importante che con la collocazione di essi si trovi un giusto equilibrio tra uno spazio strumentario definito in qui il paziente trova un’implicita consegna e uno spazio strumentario libero in cui si lascia spazio alle libere associazione. Ovviamente quando parliamo del gruppo operativo strumentale non si parla solo di strumenti veri e propri ma bensì anche del corpo del soggetto, dei suoi movimenti e dei suoni che può fare con esso. Il corpo è lo strumento di comunicazione più puro che un paziente possa utilizzare. 41 Importante quando si lavora con utenza con lo spettro autistico non cambiare lo spazio strumentale e il setting in quanto questo potrebbe portare una sorta di confusione e malessere nel soggetto e allo stesso tempo un rifiuto nel partecipare alla seduta. Un cambiamento che può avvenire nel corso del trattamento è la definizione di un setting sempre il più possibile adeguato al paziente con lo scopo di incrementare il processo espressivo-comunicativo. 3.4.6 Conduzione di gruppo o singolo La musicoterapia è un trattamento che si può svolgere singolarmente o in gruppo. La scelta della conduzione dipende dal soggetto in sé, dal suo stato e dal suo bisogno. Per indirizzarsi in un senso o nell’altro è bene prendere in considerazione le qualità del rapporto che il paziente instaura con l’elemento sonoro/musicale, quanto più il rapporto è specifico e profondo si può pensare ad un intervento individuale, tanto più è generico e superficiale si è orientati ad un trattamento di gruppo, in quanto tali aspetti possono beneficiare del confronto con gli altri. Inoltre si tende ad indirizzare un paziente ad un trattamento individuale se necessita di stabilire un contatto interpersonale promuovendo processi comunicativi e relazionali. Mentre si indirizza un paziente ad un intervento di gruppo quando il soggetto ha scarsa capacità di modularsi in relazione al contesto. L’obiettivo del trattamento individuale è quello di mirare allo sviluppo di competenze espressive, comunicative, relazionali e sociali. L’obiettivo del trattamento di gruppo è di favorire un percorso che possa procedere dalla socializzazione all’integrazione. 42 4.4.1 Il caso di Esteban: La cavalletta salta 1 “Era un vero problema tentare di coinvolgere Esteban. Il suo corpo e il suo sguardo fuggiva ogni proposta di contatto umano. Da lontano lo si vedeva spesso osservare quello che facevano i suoi compagni, ma mai partecipare. Esteban si isolava in un angolo della classe o se ne andava avanti e indietro senza prestare attenzione. Molto rigido nella sua routines, sapeva perfettamente se qualcosa di nuovo stava accadendo o se qualcosa veniva spostato, rispondendo sempre no ad ogni proposta di innovazione. Ci faceva sentire che per lui ogni avvicinamento improvviso per lui era pericoloso, capace di provocare una crisi di rabbia. Esteban dunque aveva bisogno di una continuità nelle cose e che niente generasse sorpresa o cambiamento. Quando si trovano in un ambiente pieno di stimoli presto si sovraccaricano di ansia e tendono a stare isolati dagli altri. Durante le lezioni di musica, con uno specialista-professionista, Esteban si allontanava dal gruppo ma il suo sguardo era orientato verso di loro e osservava tutto e nel mentre accarezzava gli strumenti appoggiati ul davanzale. Questi piccoli momenti erano la chiave per tentare i primi inviti a raggiungere il gruppo. Quando Esteban era attento, il conduttore proponeva un’attività molto melodica, usata sempre come benvenuto e capace di sollecitare l’attenzione del bambino. Le canzoni melodiche, strutturate e 1 “Autismo e Musica. Il modello del Floortime nei disturbi della comunicazione e della relazione” di Giorgio Guiot, Cristina Meini e Maria Teresa Sindelar 2012 Edizione Erikson (Trento). 45 prevedibili, invitano a un’unione e un dialogo affettivo, dando a bambini come lui un’opportunità per la partecipazione che sia libera dal pericolo di trovarsi in una situazione destrutturata. Piano piano Esteban si univa sempre di più al gruppo, fino ad arrivare a rispettare i turni, la sua posizione nello spazio e facendo capire quanto aveva imparato nelle lezioni precedenti osservando il gruppo. Questo fa capire che non è detto che un bambino lontano dal gruppo a causa delle sue difficoltà, non sia capace di osservare con attenzione quello che fanno gli altri e non possa essere in grado di condividere la sua esperienza. Soprattutto in bambini come Esteban, questo aspetto è di vitale importanza. Essi osservano e processano più di quanto noi siamo in grado di esprimere, ma lo fanno con i loro tempi. Dunque è di vitale importanza saper aspettare, dare il tempo necessario al processamento senza pretendere un’immediata risposta. Una volta incluso nel gruppo, Esteban, cominciava a seguire le sequenze regolari dell’attività musicale, fino a che, in un’occasione, di fronte a un compito che conosceva perfettamente, ha spontaneamente modificato la propria postura. Quest’azione è stata colta dal conduttore e dai compagni, che hanno accolto tale manifestazione dando un senso a un nuovo movimento musicale. Riuscire a far diventare un bambino come Esteban intenzionale, apre le porte a tutte le possibilità di sviluppi futuri, perché promuove l’esercizio della creatività. Egli diventa capace di trovare e strutturare modalità nuove e originali nella comunicazione, poiché si riconosce come agente capace di provocare un effetto sugli altri. È così che Esteban ha organizzato una risposta a un’attività in cui prevedeva il cantare e suonare una canzone molto melodica. Durante l’attività Esteban non partecipava, ma alla fine della canzone, Esteban; ha preso uno djambé e ha cominciato a suonarlo al ritmo della canzone appena ascoltata, con molta precisione e mostrando chiarimenti di sapere 46 utilizzare in modo complesso una diversa modalità sensoriale, quella motoria. Un simile utilizzo di modalità sensoriale coordinate rappresenta un progresso nella riabilitazione del bambino autistico. Anche a livello relazionale, Esteban è cresciuto insieme al su gruppo, imparando a usare una comunicazione a due vie che comporta l’alternanza dei diversi compagni nell’esecuzione del ritmo. Uno per volta, i bambini sono stati infatti invitati da lui a percuotere lo strumento. E questa volta Esteban ha cantato davvero, incorporando la modalità sensoriale che prima era assente. È difficile immaginare quanti livelli di sviluppo si possono promuovere se solo si rispettano davvero i tempi di processamento di questi bambini. Lo sviluppo nell’area relazionale è evidenziato nell’invito a suonare, nella capacità di distribuire i turni e di passare da uno schema all’altro. Lo sviluppo nell’area cognitiva si manifesta attraverso il perfezionamento dell’atto motorio, nella comprensione della situazione e nella capacità di modificarla. È molto interessante anche osservare come ogni bambino, con il suo profilo, operi una scelta di strumento preferito. Esteban, in particolare, a causa della sua iperattività uditiva, manifesta un rifiuto per il flauto, mentre predilige il suono dello djambé, uno strumento a percussioni che si suona a mettendosi a cavalcioni di esso. Percepire nel suo corpo il ritmo dello strumento senza dubbio gli facilita l’autoregolazione, promuovendo una sequenza comunicativa organizzata e prevedibile. Infatti si può osservare il progresso e l’ampliamento della comunicazione fra Esteban e i compagni, in un setting che ne ha rispettato i tempi e i caratteri individuali, sono sfociati in un vero padroneggiamento della capacità linguistico-verbale da parte sua. 47 riabilitativi su linee comuni di intervento. Al raggiungimento degli obiettivi della paziente si è ritenuto concluso l’intervento specialistico” Questo caso mostra quanto importanza ha la relazione fra i diversi professionisti dell’ambito terapeutico e riabilitativo che lavorano a contatto con lo stessa persona. Un rapporto armonico e convergente tra gli operatori, ha portato maggiori miglioramento e benefici nel paziente. La comunicazione fra le figure professionali è fondamentale, soprattutto con questa utenza che necessita di continuità e stabilità nella sua vita. 4.4.3 Il caso di Francesco 3 “L’esperienza raccolta si è sviluppata all’interno dell’Ospedale Giovanni XXIII di Bari nel reparto Neurologia. L’équipe formata da i due musicoterapeuti, l’aitopsichiatra e la psicomotricista, hanno formulato un programma rieducativo individualizzato per Francesco, un bambino di 7 anni diagnosticato con disturbo dello spettro autistico. Le finalità proposte riguardano il miglioramento degli aspetti cognitivi e comportamentali del bambino il quale ha difficoltà di concentrazione, di attenzione e di iperattività. Le sedute di musicoterapia si compongono di varie fasi. La prima proposta riguarda l’esplorazione sonora. Francesco è seduto sopra un materassino su cui sono riposti alcuni strumenti musicale; egli ha la libertà di poter esplorare e conoscere manualmente e acusticamente nuove sonorità; nello stesso tempo, attraverso l’improvvisazione musicale sulla tastiera, il musicoterapeuta cerca una sintonizzazione e un ricalcolo degli aspetti temporali, energetici e ritmici, 3 “Musicoterapia. Metodologie, ricerche cliniche, interventi.” A cura di Giuseppa Pistorio e Giuseppe Scarso pubblicato nel 1998 a Torino. 50 rispecchiando il gioco musicale del bambino. Il musicoterapeuta si pone nelle condizioni di conoscere i ritmi fisiologici e biologici del paziente, rilevare musicalmente l’intensità e l’energia con cui Francesco suona, ricalcando il suo ritmo respiratorio, cardiaco, il livello di attenzione e di organizzazione. In un secondo momento Francesco è invitato ad andare dalla mamma nel momento in cui il musicoterapeuta produce una piccola sulla tastiera. Inizialmente il bambino troverà difficolta ad eseguire la consegna in quanto vi è la tendenza da parte sua a muoversi liberamente, a non rispettare i tempi d’attesa e ad evitare il contatto con gli altri. In seguito, attraverso precise consegne verbali, Francesco migliora i tempi d’attenzione e il controllo motorio risulta più adeguato. Nella fase successiva dove c’ è una strutturazione del lavoro musicale, Francesco è invitato a suonare il tamburo contemporaneamente all’improvvisazione sulla tastiera da parte del musicoterapeuta, mentre un colpo al piatto scandisce la fine del suono. Occorre rispettare i tempi di sonorità scanditi dal tamburo, quelli di conclusione della frase espressi dal piatto e infine acquisire il concetto di pausa, silenzio e autocontrollo motorio. Tutto ciò aiuta il soggetto a migliorare il livello d’attenzione, concentrazione, memorizzazione, inoltre vi è un lieve diminuzione dell’iperattività. Nella fase seguente Francesco è posto sul materassino con la mamma e la musicoterapeuta poste rispettivamente dietro e di fronte in posizione a rombo. Attraverso l’improvvisazione musicale, vengono date a Francesco varie consegne: dondola, batti le mani, batti sulle gambe, batti sulla pancia …. Le consegne sono date sia verbalmente che cantate per raggiungere un rinforzo emotivo, la posizione a rombo, utilizzata dall’équipe del Giovanni XXIII come primo momento fondamentale per 51 l’avvio nel lavoro psico-educativo-riabilitativo globale per i bambini autistici, funge da contenitore e da facilitazione dei movimenti di Francesco. Infine vi è una fase in qui viene sviluppata la motricità con il suono. Francesco attraverso l’uso delle nacchere è sollecitato ad usare le dita per farle suonare. Importante è la motivazione che invoglia il bambino ad eseguire la consegna, il suo movimento produce suono e suona insieme al musicoterapeuta. La scelta di questo esercizio nasce anche dalla necessità di affinare i movimenti delle mani. Attraverso tale tecnica il bambino, che non ha acquisito una sufficiente capacità comunicativa verbale e grafica, ha la possibilità di comunicare digitando sulla tastiera di un computer. Infatti come lavoro propedeutico a tale strategia abbiamo invitato Francesco a suonare la tastiera pigiando con il dito indice su alcuni tasti segnati da vari colori: curiamo così l’aspetto della digitazione e della pressione. Quest’esercizio implica il controllo dell’impulsività di Francesco: deve stare seduto, deve usare una sola mano e tenere ferma l’altra e ciò implica una adeguato coordinamento oculo-manuale. In conclusione sottolineammo l’importanza del lavoro svolto da tutta l’équipe attraverso l’alleanza terapeutica (famiglia, medici, varie figure professionali che seguono il bambino), si è potuto eseguire una ricca osservazione, valutazione e progettazione riabilitativa mirata alla crescita armonica e globale di Francesco.” Questo caso mostra come diversi ambiti di sviluppo siano stati sollecitati diversamente e in differenti fasi, collegate comunque fra loro. Si osserva anche in questo caso l’importanza di una buona collaborazione fra tutte le figure che sono attorno al bambino, dando un ruolo fondamentale anche alla famiglia. 52 CONCLUSIONE Con questa tesi si è voluto andare ad indagare e dimostrare come la musicoterapia possa essere effettivamente un trattamento efficacie per l’autismo. Nella mia argomentazione sono partita con una spiegazione generale della musicoterapia, della sua storia e dei vari modelli preseti. In seguito, ho cercato di offrire una panoramica generale del disturbo dello spettro autistico, individuando le cause e le varie terapie di intervento. Poi abbiamo potuto osservare come la musicoterapia vada ad agire sul soggetto autistico e infine, ho esposto tre casi clinici inerenti all’argomento “Musicoterapia e disturbo dello spettro autistico”. Attraverso questi argomenti è emerso come la musica possa essere una fonte molte efficacie nell’aprire i canali comunicativi dei soggetti autistici, in quanto grazie ad essa il soggetto può comunicare in modo non verbale, superando alcuni aspetti comunicativi che creando difficoltà in alcune situazioni, e permettendo così al soggetto di creare una relazione con il terapeuta e con gli altri soggetti. Oltre a ciò, la musicoterapia porta il soggetto con autismo a sviluppare differenti ambiti, come la motricità, data dal movimento del corpo e dal suono di uno strumento, l’aspetto emotivo, in quanto il soggetto inizia ad ascoltarsi e ad ascoltare anche le emozioni dell’altro, il rispetto del tempo, delle regole e soprattutto “del suo momento”, siccome deve rispettare dei ritmi, delle situazione etc. Dunque la musicoterapia offre al soggetto uno spazio diverso in cui poter comunicare ed esprimersi, offre una possibilità di sviluppo che dà importanza alle sue qualità e capacità e non solo alle difficoltà. È importante comprendere che l’autistico non è fonte di problema ma bensì di una normalità differente, ed è importante cogliere questa differenza e farne per questa persona una fonte di ricchezza, e un modo 55 possibile per farlo è l’utilizzo della musica come terapia. La musica come tante altre arti hanno la capacità di far sentire il soggetto libero e non oppresso all’interno del suo disturbo, per questo motivo, in questi ultimi anni si dà molta importanza a queste tecniche alternative alla terapia tradizionale. La musicoterapia è un approccio che interviene a livello educativo riabilitativo e terapeutico, pertanto, può essere utilizzata in diversi ambiti, e con diverse utenze. Fino adesso abbiamo potuto vedere come essa viene applicata all’autismo, ma è un tecnica che viene utilizzata anche contro la depressione e con le donne in gravidanza in quanto, studi, hanno dimostrato che un effetto benefico della musica è proprio un incidenza sull’equilibrio psicologico delle persone. Un altro aspetto vantaggioso della musica è la capacità di migliorare la regolarità del flusso sanguigno, per tale motivo, la musicoterapia viene utilizzata anche con i pazienti colpiti da infarto e ictus. Attraverso degli studi condotti presso l’Università di Pavia, si è notato come un ritmo lento di musica corrisponda ad una pressione minore ed un battito cardiaco più regolare e viceversa. Inoltre la musicoterapia viene utilizzata con chi ha delle disabilità motorie, demenze, psicosi, disturbi alimentari ecc. Dunque la musica opera in diversi ambiti d’intervento, essa ha molti aspetti benefici per diverse patologie, malattie e disturbi, dà la possibilità di comunicare tramite un aspetto non verbale e permette di esprimere e comprendere al meglio le emozioni. Questo aspetto della musica, che ha dei benefici su corpo e mente, dà la possibilità di poterla utilizzare in diversi ambiti terapeutici, ma nonostante ciò, è considerata solo come terapia di supporto e contenimento, senza avere un aspetto di centralità per la riabilitazione del soggetto. Una maggiore considerazione e apertura verso questo 56 trattamento permetterebbe alla musicoterapia di espandersi e svilupparsi al meglio, senza doversi soffermare solo sull’aspetto di terapia di sostegno ad altre terapie, considerate più appropriate. Personalmente, sostengo, che la musicoterapia debba essere considerata non solo una trattamento per chi ha dei disturbi, bensì sarebbe interessante applicarla nelle scuole in generale a tutti i bambini, in quanto, come detto precedentemente, la musica facilita l’integrazione, la comunicazione, la comprensione del sé e insegna il rispetto degli altri, delle regole e dei tempi, fattori che, in ambito di sviluppo, è importante assimilare ed apprendere. In conclusione si può affermare che la musica è un’arte che permette al soggetto di comprendersi ed esprimersi, e differentemente da altre terapie più comuni, la musicoterapia ha la capacità di far sbloccare soggetti, che, con la semplice comunicazione verbale non riescono ad esprimersi, ma che attraverso la creatività che la musica fornisce, egli riesce ad approcciarsi alla vita sociale in maniera più aperta, riuscendo così a farne parte realmente. Inoltre questa terapia fa sì che il soggetto inizia a far entrare il terapeuta nel suo mondo interno, permettendogli di scoprire alcune preoccupazioni e malesseri che i pazienti vivono, dando così la possibilità al professionista di aiutarlo ad intervenire su di essi attraverso la musica. Dunque avere un intermediario tra paziente e terapeuta, in questo caso la musica, può facilitare l’intervento terapeutico in cui, l’ostacolo più grande che solitamente si presenta, cioè la fiducia da parte del soggetto verso la figura professionale, viene valicato. 57  Pistorio, G. & Scarso, G. (1998) Musicoterapia. Metodologie, ricerche cliniche, interventi. Torino: Centro scientifico editore.  Postacchini P.L., Ricciotti A., Borghesi M. (1997) Lineamenti di musicoterapia. Roma: Carrocci  Postacchini P., Ricciotti A., Borghesi M. (2004) Musicoterapia. Roma: Carrocci.  Postacchini, P.L. (2006) Musicalità e musicoterapia: Teorie e prassi per la formazione. Roma: Carroci Faber  Raglio A. (2013) Musicoterapia: Teorie, Applicazioni, Ricerca, Formazione e  Professione. Roma: Aracne Editore  Sbattella, L. (2006) La mente orchestra: Elaborazione della risonanza e autismo. Milano : Vita e Pensiero  Volkmar, R. & McPartland, C. (2014) La diagnosi di autismo da Kanner al DSM 5. 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