Docsity
Docsity

Prepara i tuoi esami
Prepara i tuoi esami

Studia grazie alle numerose risorse presenti su Docsity


Ottieni i punti per scaricare
Ottieni i punti per scaricare

Guadagna punti aiutando altri studenti oppure acquistali con un piano Premium


Guide e consigli
Guide e consigli

Tesina Corso CLIL (E-campus): Flipped classroom, Tesine universitarie di Didattica generale e speciale

Tesina finale per il corso di perfezionamento Clil presso l’Università ECampus. Ho trattato l’argomento Flipped Classroom, in particolare: - premesse pedagogiche (attivismo) - nascita e sviluppi - riferimenti alla didattica per EAS, al cooperative learning, all’inquiry learning etc., - analisi dell’unità didattica flipped - la valutazione autentica e le rubriche di valutazione L’elaborato è autentico e articolato.

Tipologia: Tesine universitarie

2021/2022

In vendita dal 12/03/2022

marialuisalomb1992
marialuisalomb1992 🇮🇹

4.5

(58)

15 documenti

1 / 41

Toggle sidebar

Spesso scaricati insieme


Documenti correlati


Anteprima parziale del testo

Scarica Tesina Corso CLIL (E-campus): Flipped classroom e più Tesine universitarie in PDF di Didattica generale e speciale solo su Docsity! UNIVERSITÀ ECAMPUS CORSO DI PERFEZIONAMENTO 1500 Ore 60 CFU “La classe capovolta: analisi di una rivoluzione didattica” RELATORE CANDIDATA Dott. Paolo Nitti Marialuisa Lombardi Matricola:326548/2021 Anno Accademico 2021/2022 1 Indice Introduzione…………………………………………………………………………………………4 I. La classe capovolta…..……………………………………………………………………6 1.1. I fondamenti metodologici……………….……………………………………………………………….6 1.2. La nascita e gli sviluppi in Italia e all’Estero………………………………………………………….10 II. L’unità di studio capovolta……………………….…………………………………..17 2.1.La prima inversione: lo studio a casa…………………………………………………………………….17 2.2. La seconda inversione: le attività a scuola......................................................................20 2.3. La didattica per EAS…………………………………………………………………………………………..24 2.4. La valutazione autentica……………………………………………………………………………………..28 2.5. Rubriche di valutazione………………………………………………………………………………………31 Conclusioni…………………………………………………………………………………………...39 Bibliograa e Sitograa………….……………………………………………………………...41 2 Queste esigenze, correlate all’odierna necessità di sviluppo delle competenze digitali, trovano adeguato soddisfacimento nella metodologia Flipped Classroom. Il termine Flipped Classroom, letteralmente “classe capovolta”, identica una metodologia che ristruttura l’architettura dell’apprendimento, capovolgendo i tempi e gli spazi della pratica didattica tradizionale. La didattica tradizionale, di impronta frontale o trasmissiva che dir si voglia, prevede una prima fase di spiegazione dei contenuti in classe, seguita da una seconda fase di elaborazione individuale dei contenuti a casa. La didattica capovolta, al contrario, prevede che la spiegazione diventi compito a casa - svolto in autonomia su materiali didattici predisposti dal docente -, perché si possa impiegare il tempo in classe in attività di applicazione dei contenuti. Ribaltando i paradigmi dell’insegnamento tradizionale, una didattica così intesa pone al centro del percorso di apprendimento lo studente, ora attivamente coinvolto nella creazione della conoscenza attraverso la guida sapiente dell’insegnante. In questo quadro di senso si inserisce il presente elaborato, articolato in due capitoli. Nel primo capitolo si prende in esame il modello Flipped classroom, del quale si analizza il retroterra metodologico individuato nella pedagogia attivista del Novecento (Dewey, Montessori, Freinet) e nella tassonomia dell’apprendimento (Bloom). Di seguito se ne ripercorrono la nascita negli Stati Uniti e i più recenti sviluppi in Italia. Nel secondo capitolo si analizza l’unità di studio in modalità capovolta in tutti i suoi momenti: la prima e la seconda inversione, la didattica per Episodi di Apprendimento Situato, e inne il momento della valutazione. Obiettivo precipuo del presente elaborato è annoverarsi tra i piccoli contributi di taglio divulgativo alla metodologia capovolta, che, invertendo l’architettura della lezione tradizionale in favore di un apprendimento student-centred, costituisce di fatto un’autentica rivoluzione didattica. 5 Capitolo I. La classe capovolta 1.1. I fondamenti metodologici La più compiuta teorizzazione della didattica capovolta risale al primo decennio degli anni Duemila, ma procedendo a ritroso nella storia possiamo ravvisarne i lontani fondamenti. L’insegnamento capovolto trae il suo retroterra metodologico nella pedagogia attivista del primo Novecento, basata sull’idea fondamentale che l’apprendimento si origina sempre da un coinvolgimento attivo dell’apprendente. Tale presupposto pedagogico condusse, attraverso variegati esperimenti didattici, al superamento della concezione trasmissiva del sapere scolastico. Un adeguato punto di partenza può essere costituito dal pensiero pionieristico di John Dewey (1859-1952), il quale già nel 1989 registra la necessità di una imminente rivoluzione del tradizionale paradigma didattico, non dissimile a quella astronomica innescata da Niccolò Copernico nel XVI secolo: “It is a change, a revolution, not unlike that introduced by Copernicus when the astronomical center shifted from the earth to the sun. In this case the child becomes the sun about which the appliances of education revolve; he is the center about which they are organized”1. Oltre un secolo fa, attraverso una brillante metafora, Dewey poneva in luce l’esigenza di un radicale rinnovamento nella trasmissione del sapere che avesse al suo centro l’apprendente, considerato il cardine delle strategie educative. L’attivismo di Dewey si scontrava a viso aperto con il modello di insegnamento secolare di impostazione frontale, caratterizzato dalla verticalità della comunicazione e dal recepimento passivo delle conoscenze. 1 John Dewey, The School and Society: Being Three Lectures, 1899, p.51 6 A questo modello, Dewey oppose l’experiential learning, l’apprendimento esperienziale basato sull’esperienza reale, diretta e tangibile, in accordo ad una concezione interattiva e pragmatista della conoscenza. In accordo all’attivismo pedagogico di J. Dewey, il sapere, lungi dall’essere imposto dall’insegnante, è qualcosa che nasce spontaneamente dagli interessi e dall’esperienza, reale e spontanea, degli stessi studenti. L’apprendimento pragmatico-esperienziale proposto dal pedagogista americano poneva così le basi del cosiddetto learning by doing, l’apprendere operando che pone l’accento sull’importanza del “fare” da parte degli studenti. Un’importante esperienza di scuola attiva fu condotta dall’italiana Maria Montessori (1870-1952), pilastro della pedagogia mondiale. Il metodo montessoriano era basato sull’idea fondamentale che il bambino dovesse essere libero di esprimere attivamente la propria creatività e di apprendere in modo innato, partecipativo e naturale. Tale metodo vide la sua concreta realizzazione nella Casa dei Bambini, una particolare struttura didattica concepita su misura del fanciullo: dalla disposizione degli arredi scolastici agli strumenti educativi, tali da permettere ai bambini di interagire liberamente con i compagni e con l’ambiente circostante. La rivoluzione montessoriana degli ambienti scolastici rispecchia l’ideale di un apprendimento partecipativo e collaborativo, contrapponendosi, nella sua realizzazione pratica, all’ambiente scolastico tradizionale in cui sono imperanti ascolto e silenzio, a svantaggio della socializzazione tra pari. La classe capovolta erediterà in pieno la sionomia della classe montessoriana. Già da un rapido sguardo ai reportage condotti nelle aule nordamericane, può cogliersi come in tutte gli studenti siano disposti in gruppi di lavoro autonomi, e con il docente libero di aancarsi agli studenti e di guidarli nello svolgimento delle attività2. 2 A questo proposito si consiglia la visione di una ipped classroom condotta dai fondatori J. Bergmann e A. Sams: https://www.youtube.com/watch?v=AHYm7U0ePWY 7 “The time when students really need me physically present is when they get stuck and need my individual help. They don't need me there in the room with them to [...] give them content; they can receive content on their own”5. Ne consegue che il momento didattico fondamentale - per Freinet, per Bloom e per i pionieri del ip teaching - coincide con l’attività di consolidamento delle conoscenze operata tra le mura scolastiche. L’attività in classe, da sempre considerata marginale rispetto alla spiegazione dei contenuti, è qui ritenuta il momento cardine dell’apprendimento; il momento in cui il singolo studente, cioè, lotta per fare propri i contenuti disciplinari. Partendo da questa intuizione, avverrà il graduale passaggio dalla pedagogia attivista all’apprendimento capovolto. La centralità riconosciuta al momento applicativo della conoscenza e il protagonismo del discente nel processo di apprendimento possono considerarsi i maggiori meriti della pedagogia novecentesca. Si tratta di traguardi che condurranno agli approcci didattici moderni, i quali riconoscono in pieno l’importanza di quella “rivoluzione copernicana” tanto auspicata da J. Dewey all’alba del secolo scorso. 1.2. La nascita e gli sviluppi in Italia e all’estero La prima esperienza documentata di classe capovolta si colloca intorno ai primi anni Duemila e si deve al genio di due docenti americani, Jonathan Bergmann e Aaron Sams. Bergmann e Sams insegnano chimica presso la Woodland Park High School di Woodland Park, nello Stato del Colorado (USA), laddove ha luogo la sperimentazione di ip teaching poi illustrata dagli stessi docenti nel capitale contributo Flip your classroom, pubblicato per la prima volta nel 2012. 5 J. Bergmann, A. Sams, Flip your classroom. Reach Every Student in Every Class Every Day, 2012, p.4. 10 Come sostenuto dagli autori, tuttavia, le origini della classe capovolta sono da considerarsi nebulose e gli stessi Bergmann e Sams non ne rivendicano la paternità6. Tracce di sperimentazioni rovesciate, in eetti, possono ritrovarsi nelle pratiche didattiche di alcuni docenti universitari già sul limitare del secolo scorso7. Questo dato mette in luce come l’insegnamento capovolto, prima di congurarsi come vera e propria metodologia - approntata, sviluppata e documentata da Bergmann e Sams -, nasca dall’insieme di approcci strategici dierenti. Vale qui la pena accennare alla personalità di Eric Mazur, docente di Fisica Applicata all’Università di Harvard, ideatore della didattica tra pari (letteralmente peer education), documentata per la prima volta nel 1997. La didattica tra pari è una strategia che demanda la presentazione dei contenuti allo studio in proprio e concentra le attività di verica degli stessi nelle ore trascorse in aula. Più precisamente, gli studenti di Mazur, dopo essere sottoposti ad una prima verica orale condotta in plenaria, vengono invitati a discutere delle risposte date con i colleghi di corso; il circolo di apprendimento viene così attivato attraverso lo strumento principe del confronto reciproco (condotto tra pari, per l’appunto). Mazur è inoltre il fondatore di Perusal, una piattaforma di social learning che, consentendo agli studenti la condivisione di appunti sui materiali didattici dispensati dagli insegnanti, permette di trasformare anche lo studio a casa in un momento di apprendimento cooperativo e interamente digitale. Tale strategia antecedente al 2001, può congurarsi, assieme ad altre, come una vera e propria avanguardia didattica, responsabile di aver apportato elementi poi conuiti nel metodo strutturato dai due docenti statunitensi. 7 Si segnalano qui alcuni titoli a scopo di approfondimento: A. King, From Sage on the Stage to Guide on the Side, 1993; E. Mazur, Peer Instruction: A User’s Manual, 1997; M. Lage, G. Platt, M. Treglia, Inverting the Classroom: A Gateway to Creating an. Inclusive Learning Environment, 1999. 6 J. Bergmann, A. Sams, cit., pag.19 11 Jonathan Bergmann è il pioniere dell’approccio capovolto, oggi amministratore delegato di FlippedClass.com e co-fondatore di The Flipped Learning Network8. Insieme a Aaron Sams, ha scritto Flip Your Classroom: Reach Every Student in Every Class Every Day, pubblicato per la prima volta nel 2012, e Flipped Learning: Gateway to Student Engagement, pubblicato nel 2014. Grazie al suo contributo, Jonathan è stato insignito nel 2002 del Presidential Award Excellence for Math and Science Teaching. Ha contribuito alla divulgazione dell’approccio capovolto fondando Flipped Learning.org9, un’associazione non prot che fornisce ai docenti risorse multimediali per aiutarli ad applicare nelle loro classi il metodo dell’insegnamento capovolto. Su tale piattaforma, nel 2014, è stata inserita una denizione di apprendimento capovolto: “Flipped Learning is a pedagogical approach in which direct instruction moves from the group learning space to the individual learning space, and the resulting group space is transformed into a dynamic, interactive learning environment where the educator guides students as they apply concepts and engage creatively in the subject matter”10. Aaron Sams, co-fondatore del metodo capovolto insieme a Jonathan Bergmann, è attualmente il direttore dell’associazione FlippedLearning.org e docente di Chimica a Woodland Park, Colorado, e al Saint Vincent College, Pennsylvania. Assieme al collega e amico, ha ricevuto nel 2009 il Presidential Award Excellence for Math and Science Teaching. Bergmann e Sams fanno parte del TED Education, un’organizzazione non prot dedicata alla divulgazione della cultura e dell’educazione digitale. 10https://ippedlearning.org/wp-content/uploads/2016/07/FLIP_handout_FNL_Web.pdf 9 https://ippedlearning.org/. 8 http://ippedclass.com/ 12 degli studenti, cooperanti in piccoli gruppi; dall’altro, la miglior gestione del tempo in aula consente l’esercitazione delle competenze aerenti alla dimensione operativa del fare, competenze monitorabili e vericabili dalla presenza del docente: conseguenza, anche questa, dell’inversione scuola-casa. Procedendo nella lettura del testo, apprendiamo che una particolare circostanza che ha confermato l’ecacia della sperimentazione: l’arrivo nel loro corso di chimica, a metà anno scolastico, di una studentessa che riuscì a completare brillantemente otto unità didattiche su dieci. Il grande risultato ottenuto fu di grande incoraggiamento nel perseguire il metodo innovativo proposto, ora applicabile davvero a ciascuno, secondo tempi e ritmi diversi. In poco tempo, l’esperienza presso la Woodland Park cominciò a circolare: prima nella scuola di Ca ñon City, e in tutto lo Stato del Colorado, e successivamente in numerose scuole statunitensi: in New Jersey, in Texas, in California. Si diuse inne su larga scala, raggiungendo il Canada e la Spagna. In Italia il metodo Flipped non è presente in maniera capillare sul territorio, ma possono annoverarsi le esperienze documentate11 dell’Istituto Comprensivo “San Giovanni Bosco” di Manfredonia (FG), del Liceo “Giordano Bruno” di Roma, del Liceo Ginnasio Statale “Orazio” di Roma, del Liceo “Ignazio Vian” di Bracciano (RM), del Liceo artistico di Cagliari, dell’Istituto Tecnico Economico “Renato Serra” di Cesena (FC) e di tanti altri ancora. Un ruolo particolare è riservato all’esperienza documentata dell’Istituto Tecnico “Enrico Fermi” di Roma, i cui docenti Fabio Biscaro e Maurizio Maglioni sono autori di uno dei più recenti e celebri contributi alla divulgazione del metodo in Italia: La classe capovolta. Innovare la didattica con la Flipped 11 Si citano di seguito i nomi delle scuole delle quali si sono pervenute esperienze attestate sul web, per cui l’elenco qui approntato non può considerarsi esaustivo. 15 Classroom (2014). L’interesse profuso intorno alla metodologia Flipped ha portato Biscaro e Maglioni a ideare nel 2014 la Flipnet12, un’associazione non prot per la promozione della didattica capovolta. 12 https://ipnet.it/ 16 Capitolo II. L’unità di studio capovolta 2.1. La prima inversione: lo studio a casa L’applicazione del modello capovolto prevede la ristrutturazione dell'intero setting didattico. Ciascuna delle due inversioni (lo studio a casa e i compiti a scuola) deve essere programmata con estrema premura da parte del docente che decide di lavorare in Flipped classroom, giacché l’ecienza della prima inversione sarà propedeutica alla buona riuscita della seconda. Illustriamo di seguito compiti e attività di docenti e discenti nella prima e nella seconda inversione. Lo studio individuale degli studenti dovrà essere preceduto da una serie di azioni preparatorie da parte del docente, che dovrà guidare e monitorare la classe nell’arco di tutto il ciclo didattico. In particolare, durante la prima inversione, il docente dovrà: ● selezionare gli argomenti e individuare gli obiettivi ● creare i materiali e le risorse didattiche utili allo studio a casa ● presentare modalità, materiali, tempi, strumenti e consegna alla classe ● stimolare le domande e chiarire eventuali dubbi ● vericare che gli studenti visionino i materiali e si attengano alle consegne. La prima azione, come accennato, sarà quella di selezionare, all’interno del programma disciplinare, gli argomenti specici che si intende “rovesciare”. A questo proposito sono consigliabili moduli piuttosto circostanziati, legati ad un argomento settoriale e non di carattere troppo generico, anché possano agilmente individuarsi gli obiettivi e le competenze speciche che si intende far 17 potrebbe portare a gravose situazioni di stallo nello studio a casa. Le risorse digitali arricchiscono la pratica della didattica capovolta, la quale si congura come una didattica dialogante con le nuove tecnologie. Spostare l’accesso agli argomenti a casa permette di individualizzare l’apprendimento. Ogni studente può infatti studiare secondo ritmi propri, riguardando e interrompendo le videolezioni quando incontra criticità, e può beneciare di dierenti risorse (auditive, visive) che facilitino lo studio. Lo studio a casa, al contempo, comporta da parte degli studenti una maggior responsabilizzazione delle proprie consegne, dei propri tempi e strumenti. Per questo motivo, la predisposizione dei materiali da studiare va fatta seguire da un momento di verica dell’insegnante. Egli potrà chiedere, ad esempio, la realizzazione individuale di una mappa concettuale che servirà come punto di partenza per sviscerare i contenuti della spiegazione e innescare, in classe, un breve momento di brainstorming iniziale. 2.2. La seconda inversione: le attività a scuola La seconda inversione avviene in classe. Essa non costituisce un lavoro diretto sui contenuti (già previamente studiati), ma piuttosto un lavoro di consolidamento degli stessi, solitamente condotto in plenaria. Si tratta del momento in cui lo studio individuale uisce nell’attività cooperativa della classe, che si trasforma in una micro comunità di ricerca. È chiaro che se i contenuti assegnati non sono stati recepiti o studiati a dovere, impiegare la classe in attività di verica non sarà né utile né fattibile. Risulterà dunque necessario, nei primi minuti di lezione, che il docenti passi a riepilogare, chiaricare, dissipare dubbi, rispondere ai problemi e alle domande che lo studente ha visto 20 emergere da solo a casa. Come rilevato da Bergmann e Sams18, le domande poste dagli studenti possono essere d’aiuto anche agli insegnanti, anché questi ultimi possano valutare la fruibilità degli argomenti e l’ecacia dei materiali assegnati. Una strategia che invogli la classe a fare metacognizione sugli errori, è quella di stilare alla lavagna una lista dei punti critici comuni: questo favorirebbe la capacità degli studenti di riettere su come si studia e sulla natura delle dicoltà riscontrate. Ancora, l’insegnante potrebbe dettare delle domande chiave di comprensione e dividere gli studenti in gruppi, dando a ciascuno di essi un limite di tempo entro cui fornire la propria risposta. L’insegnante passa poi in raccolta le osservazioni, i dubbi e le certezze acquisite dalla classe, creando una mappa concettuale che cementichi i concetti chiave19. L’attività di restituzione dei contenuti (o feedback) è fondamentale perché il docente possa sciogliere i nodi, cioè intervenire sui punti equivocati e passare ad attività volte all’applicazione di quanto appreso. In classe lo studente può giovarsi della guida dell’insegnante, e dunque le attività da proporre dovranno collocarsi nella “zona di sviluppo prossimale”20, ovvero nella zona in cui lo studente può apprendere se assistito e monitorato. Le attività di classe applicabili in una ipped classroom sono solite raccogliersi intorno al cooperative learning o “apprendimento cooperativo”. Si tratta di una modalità di sviluppo delle conoscenze basata sull’interazione di un gruppo di allievi che cooperano, attraverso un lavoro di approfondimento, alla costruzione di una nuova conoscenza. Gli studenti, divisi in gruppi, si aiutano reciprocamente e corresponsabilmente per raggiungere un obiettivo comune. Le tecniche di cooperazione che prevedono il lavoro in gruppo sono molteplici21. Vediamo alcune di seguito. 21 Simone Grassetto, cit., pag.57 20A.Berti, E. Bombi, cit., pag.36 19 Simone Grassetto, Didattica attiva: Manuale pratico per la Flipped classroom, in esclusivo formato ebook reader. 18 J. Bergmann, A. Sams, cit., pag.14 21 ● STAD (Student Team Achievement Divisions: squadre di apprendimento di gruppo) Si attua presentando l’argomento e dividendo la classe in gruppi eterogenei ciascuno dei quali approfondisce le informazioni attraverso l’ausilio di strumenti digitali (ricerche web attraverso tablet, computer o altri devices). Allo scadere del tempo pressato, vengono assegnati dei test di verica settimanali, corretti e registrati i voti individuali. Gli studenti che manifestano una progressione migliorativa dei loro risultati hanno una ricompensa espressa in termini di voto. ● JIGSAW I (Tecnica del puzzle per imparare i concetti) Si tratta di un modello elaborato dal dottor Elliot Aronson nel 1971 e costituisce, ad oggi, il modello di cooperative learning più utilizzato nella metodologia della Flipped classroom. Il termine jigsaw signica “puzzle” e, proprio come in un puzzle, ogni pezzo, cioè ogni studente, è essenziale. L’insegnante assegna un testo correlato all’argomento studiato a casa e divide la classe in gruppi. Quest’attività si sviluppa in diversi step. 1) creare i gruppi casa: una classe di ventinove alunni, ad esempio, viene divisa in cinque gruppi da sei studenti. Ad ogni studente viene assegnata una parte dell’argomento da apprendere. 2) riunire i gruppi esperti: tutti gli studenti a cui è stato assegnato lo stesso argomento si riuniscono in gruppi esperti che devono collaborare per apprendere nel miglior modo il contenuto dell’argomento assegnato. Devono leggere il testo, denire un’unica sottolineatura di gruppo, dividere il testo in paragra e assegnargli un titolo. Ad ogni studente viene assegnato un determinato compito: c’è chi deve produrre un riassunto, chi deve scrivere un glossario, chi deve preparare una mappa e chi una presentazione 22 contesto”24 e ancora come “un’attività di [...] apprendimento che, attraverso un contenuto circoscritto, uno sviluppo temporale ridotto e un agire contestualizzato, si propone come forma di insegnamento ecace e come opportunità di apprendimento signicativo”25. Per cogliere il pieno signicato delle due denizioni addotte, passiamo ad analizzare ciascuno dei tre termini che compongono l’acronimo EAS. ● Episodi Strutturazione della didattica in unità minime attorno alle quali è possibile organizzare il proprio ciclo di apprendimento. Ci si riferisce, a questo proposito, al Micro-learning: un apprendimento strutturato su micro unità di sapere (micro-contents), da gestire attraverso micro attività (micro-activities), in micro porzioni di tempo (micro-times). L’idea posta alla base del microlearning e degli EAS è tarata sull’orario scolastico e sulle (poche) ore che il docente ha a disposizione; essa permette la soppressione della lezione frontale e di sviluppare precise micro attività in porzioni di tempo piuttosto ridotte che ci permettono di non disperdere le spiegazioni. ● Apprendimento L’acquisizione, da parte dell’apprendente, di competenze e abilità conseguenti all’attivazione di strategie di insegnamento; pone l’accento sulla dimensione didattica del “fare”. ● Situato Apprendimento legato ad un preciso contesto di riferimento. L’apprendimento avviene in funzione dell’attività svolta, collegandosi indissolubilmente alla pratica. 25 P. Rivoltella, Didattica inclusiva con gli EAS, La Scuola, 2015, p.13 24 P. Rivoltella, cit., pag.52 25 Gli EAS, così come sono stati ideati da Rivoltella, si basano su una struttura ternaria tipica, secondo l’ideatore, della didattica scolastica: 1) Momento anticipatorio 2) Momento operatorio 3) Momento ristrutturativo Il momento anticipatorio si sostanzia in una consegna (documentari da guardare, testi da leggere, et cetera) che viene fornita alla classe in modalità capovolta (da svolgere a casa) con lo scopo di favorire il recupero, rinforzare i pre-requisiti e soprattutto focalizzare l’attenzione sull’oggetto didattico e familiarizzare con il lessico che verrà utilizzato nel secondo momento. Il momento operatorio si congura come una micro-attività (di max. 20-25 minuti ca.) svolta in classe la quale, in gruppo o individualmente, produce un artefatto: realizzazione di una mappa concettuale, di un video, di un collage, et cetera. L’artefatto è tanto più ecace se l’insegnante riesce a convogliare l’attenzione degli studenti su strumenti tecnologici, informativi; l’insegnante deve trovare, per ogni attività, lo strumento adatto per ottenere lo scopo pressato. Il momento ristrutturativo o debrieng è una riessione sui processi attivati che serve a ssare gli elementi fornendo una cornice concettuale al lavoro esperienziale dello studente. Può avvenire tramite brainstorming o attraverso la creazione, da parte del docente e con la collaborazione degli studenti, di una mappa concettuale denitiva che riassuma quanto si è appreso. Il docente conclude l’EAS con una breve lezione in cui ricapitola i concetti chiave e fornisce ulteriori indicazioni. 26 Fig.3: le tre fasi EAS (Rielaborata da P. Rivoltella, Fare didattica con gli EAS, 2012) Appare chiaro come l’insegnante che lavori per EAS non faccia lezione frontale. Gli spazi di parola dell’insegnante, come può evincersi dalla scansione ternaria della didattica, si riducono essenzialmente a due momenti: alla fase operatoria e alla fase ristrutturativa. All'inizio della fase operatoria, l’insegnante ritaglia per sé un framework concettuale di pochi minuti nel quale espone alla classe pochi concetti ritenuti indispensabili per la conduzione dell’attività in classe. Al termine della fase ristrutturativa, dopo che la classe ha esposto e condiviso i risultati dell’attività, e dopo che si è discusso insieme su ciò che emerso da quell’attività, il docente riprende la parola: correggendo gli errori comuni e ssando le acquisizioni da portar via dalla lezione. Gli spazi di parola del docente si dimezzano al poco tempo ad essa riservato; la parola si riduce, diventando più economica e più precisa. L’insegnante riconduce, in denitiva, il suo dire ai concetti funzionali e la comunicazione diventa più ecace. 27 Su compiti autentici e produzioni diversicate degli studenti andrà operata, come anticipato, una valutazione autentica. La “valutazione autentica” si fonda sull’idea che l’apprendimento scolastico non si dimostri con l’accumulo di conoscenze bensì con la capacità di trasformare quelle conoscenze in abilità, trasferendole in contesti reali e comprovando quelle abilità attraverso la realizzazione di artefatti29. Elaborata nel 1993 da Wiggins, la valutazione autentica “verica non solo ciò che uno studente sa, ma ciò che sa fare con ciò che sa”30. Si tratta di una tipologia di valutazione che prende in considerazione l’intero processo di apprendimento che porta alla prestazione didattica, focalizzandosi sulla padronanza di competenze e di abilità. Per comprendere in pieno in cosa consiste la valutazione autentica, sarà opportuno dierenziarla dalla valutazione tradizionale, elencando di seguito i caratteri principali delle due. Una valutazione tradizionale è solitamente basata: ● sul curricolo (programma) ● su prove di verica sommativa stabilite dal docente (non concordate né condivise con la classe) e dal docente integralmente corrette (assenza della dimensione autovalutativa) ● su prove stabilite in una certa data (solitamente alla ne dell’unità di apprendimento) Al contrario della valutazione tradizionale, la valutazione autentica si congura come molto più accessibile. Quest’ultima è solitamente basata: ● sulle prestazioni (per poi arrivare al curricolo, seguendo le competenze indicate dalle indicazioni nazionali sulla base delle quali scegliere, poi, gli argomenti curricolari); 30 G. Wiggins, cit., 1993 29 Con diretti riferimenti alla Tassonomia di Bloom prima (cfr. par.1.1.) e alla didattica per EAS di Rivoltella poi (cfr. par.2.3) 30 ● su compiti autentici (dotati di un senso che vada oltre la certicazione dei contenuti e somiglianti ad aspetti che possono ripresentarsi al di fuori dell’ambito scolastico); ● su prove di verica formativa stabilite insieme agli alunni (concordando gli argomenti curricolari) e corrette in plenaria (unendo i momenti della valutazione operata dal docente e dell’autovalutazione operata dallo studente stesso, ovvero della metacognizione sugli errori) ● su prove di verica formativa organizzate sui tempi lunghi (es. consegne sviluppate sotto forma di report o relazione per le quali si dà un mese di tempo) Si vede bene come la valutazione autentica tenti di operare una sensibile rivoluzione del modello tradizionale, ora maggiormente proteso verso lo studente che diventa il fulcro di tutto il suo ciclo di apprendimento, momento valutativo compreso. Essa non pesa solo le conoscenze ma considera, anche e soprattutto, come quelle conoscenze si tramutano in competenze. 2.5. Le rubriche di valutazione La valutazione autentica non è solo una losoa libera ma abbisogna di indicatori molto precisi, e per questo si serve spesso di rubriche. La rubrica è una tabella sinottica che descrive una serie di variabili, atta ad esplicitare le competenze che si intende raggiungere. C’è da premettere che la parola rubrica non è qui sinonimo di griglia. Allegata di norma alla verica sommativa, la griglia è di norma uno strumento solo valutativo, in quanto attribuisce valore numerico e un giudizio ad una singola prestazione. Essa non costituisce di per sé uno strumento formativo; atto, cioè, ad aiutare lo studente ad elaborare e a operare una metacognizione sugli errori. Le rubriche, al contrario, mirano ad essere uno strumento disciplinare completo, cioè formativo e valutativo insieme. 31 La rubrica è uno strumento, insieme di osservazione e valutazione, che vuole certicare la competenza, ossia la “capacità di applicare una conoscenza in un contesto dato”31. Parliamo qui di competenze trasversali (modo di essere, di porsi, di comunicare e di interagire) e di competenze culturali e di cittadinanza (spirito di iniziativa, consapevolezza, autonomia, responsabilità). La rubrica si costruisce suddividendo un’attività: un lavoro di gruppo, un esercizio del singolo, in griglie in cui si individuano una serie di indicatori e descrittori delle prestazioni richieste per portare a termine il suddetto, tenendo sempre a mente le nalità e gli obiettivi didattici. Nella rubrica, ad ogni descrittore può essere attribuito un valore numerico secondo criteri logici che ne permettano la trasposizione in voto. Con la rubrica si ha, per così dire, una “diagnosi personalizzata”32 che conduce alla valutazione, quanto più oggettiva possibile, dello stile cognitivo, comportamentale e di apprendimento dell’alunno. Di seguito si evidenziano le 5 componenti fondamentali di una rubrica: 1) Dimensioni o tratti: indicano le peculiarità di una determinata prestazione (ad es. per la valutazione di un saggio, le dimensioni della valutazione riguarderanno il contenuto, l’organizzazione del testo, il lessico, la scorrevolezza, etc.) 2) Criteri: deniscono gli scopi e gli obiettivi dell’apprendimento; esse sono le condizioni che ogni prestazione deve soddisfare per essere adeguata per raggiungere un valore. 3) Descrittori: indicano che cosa si deve osservare di una prestazione. 4) Indicatori: orono esempi e manifestazioni concrete e denite della prestazione. 5) Livelli: qualitativo (utilizza aggettivi) e numerico (utilizza numeri). I livelli costituiscono una scala di valore, che indica i punteggi, i giudizi e i numeri da assegnare alla prestazione. 32 Ibidem 31 Simone Grassetti, cit, pag. 79 32 Indicatori (manifestazioni concrete) “prima”, “durante”, “dopo” per indicare il passaggio a un evento successivo (es. quando il cavaliere ... prima uccise il drago, poi...inne…). “prima”, “durante”, “dopo” per indicare il passaggio a un evento successivo (es. quando il cavaliere ... prima uccise il drago…) come “prima”, “durante”, “dopo” per indicare il passaggio a un evento successivo (es. il cavaliere ... poi uccise…) ripetitivo non indicando il passaggio a un evento successivo (es. il cavaliere ... il cavaliere uccise il drago, … il cavaliere ...) Nella gura 4 ricorre un esempio di rubrica comprendente tutti gli elementi descritti, in rapporto ad una prestazione circa le competenze di scrittura inerenti alla disciplina di italiano per la scuola secondaria di I grado. I tratti della rubrica vengono tutti soddisfatti attraverso il giudizio, che mostra chiaramente il criterio preso in considerazione opportunamente corredato di descrittori e indicatori. La rubrica qui delineata è essenzialmente verbale, giacché manca della valutazione numerica in rapporto ad ogni livello individuato. Fig.5: esempio di rubrica, dott. Fiorino Tessaro, Università Ca’ Foscari 35 Nella gura 5 è ragurata una rubrica, elaborata dal dott. Fiorino Tessaro, professore di Docimologia presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia, che intende valutare la qualità di una presentazione multimediale. Qui vediamo la complessità di questo strumento che vuole abbracciare una valutazione che sia autentica, che non sia solo il powerpoint materialmente consegnato. Tra i tratti presi in esame ci sono: contenuto, requisiti tecnici, esposizione orale, conoscenza dei contenuti e rispetto dei tempi. Si può ravvisare la complessità di questo strumento, che intende abbracciare una valutazione autentica, globale, e che non sia solo il powerpoint materialmente consegnante. Interessante è il lessico qui adottato; un lessico non punitivo ma che si esprime per livelli. Il livello base è un livello da “esordiente”; il livello medio è quello di un “principiante” - di qualcuno, cioè, che è al principio, alle prime armi dopo l’esordio -, mentre il livello alto corrisponde a quello di un “esperto”. Tale rubrica, strutturata su giudizi e valori, è sia verbale sia numerica. Circa il contenuto, c’è da osservare quanto i tratti della rubrica qui presa in esame siano rigidi e ben strutturati. Se al livello esordiente corrisponde una presentazione contenente poche informazioni essenziali, inorganiche e inattinenti alle richieste, al livello principiante corrisponderà una presentazione sì essenziale, superua e ridondante, ma in sua sostanza pertinente. Ancora, al livello medio la presentazione mostra ancora essenzialità, ma controbilanciata da uno studio comparativo tra più fonti; inne, il livello esperto conterrà informazioni pertinenti, variegate, ampie e documentate. Qui si comprende bene che ad essere sottoposto a valutazione (autentica) non sia solo il prodotto nito e consegnato, ma tutto il processo poi conuito nella singola performance. Ad esempio, in una classe potrebbero esserci studenti bravi nella costruzione di un powerpoint, raggiungendo un 36 livello esperto nei requisiti tecnici della presentazione, ma conservando dicoltà nell’esposizione orale, riuscendo dunque a collocarsi ad un livello medio. Alcune considerazioni nali. Attraverso lo strumento della rubrica si esplicitano le caratteristiche più interessanti della valutazione autentica, che tenta di valutare i vari stili di apprendimento e di recuperare la complessità della valutazione. L’intelligenza degli studenti può talvolta muoversi su binari diversi da quelli tendenzialmente analitici che sono al centro delle prove di verica tradizionale. Una valutazione che tenga conto dei diversi elementi che conuiscono nel processo di apprendimento tende a mostrarsi più inclusiva, rispettando il principio di dierenziazione delle intelligenze. Congurandosi come strumento “essibile” di apprendimento, la rubrica può essere concordata con gli studenti, e insieme a loro il docente può decidere che peso dare ad ogni indicatore. Se, ad esempio, uno dei punti di debolezza di una classe risiederà nel metodo di studio, ad esso potranno essere adati più punti; se, ancora, un obiettivo come la ricchezza dei contenuti sembra prematuro per una secondaria di I grado, ad esso potrà essere adato un punteggio minore in favore di obiettivi adeguati, come la correttezza lessicale e la correttezza sintattica. Appare chiaro come un sistema di valutazione basato sui compiti autentici e sull’utilizzo di rubriche possa favorire l’individualizzazione e la personalizzazione dell’insegnamento, perché le competenze da raggiungere possono essere via via concordate tra docenti e studenti, nel rispetto delle specicità di ogni classe. La personalizzazione dell’apprendimento si concretizza nell’opportunità di compiere valutazioni ampie, che consentano di compensare i punti deboli con i punti di forza dello studente, variamente presi in considerazione e valutati. 37 40 Bibliograa John Dewey, The School and Society: Being Three Lectures, 1899 Benjamin S. Bloom, Taxonomy of educational objectives: the classification of educational goals, 1956 J. Bergmann, A. Sams, Flip your classroom. Reach Every Student in Every Class Every Day, 2012 E. Mazur, Peer Instruction: A User’s Manual, 1997 A.Berti, E. Bombi, Introduzione alla psicologia dello sviluppo, Il Mulino, 2005 Simone Grassetto, Didattica attiva: Manuale pratico per la Flipped classroom, ebook reader P. Rivoltella. Fare didattica con gli EAS: Episodi di Apprendimento Situato. La Scuola, 2012 P. Rivoltella, Didattica inclusiva con gli EAS, La Scuola, 2015 G. Wiggins, Assessing student performance: Exploring the purpose and limits of testing, 1993 Heidi Goodrich, Using Rubrics to Promote Thinking and Learning, Educational Leadership, Vol.57, February 2000 Sitograa https://www.youtube.com/watch?v=AHYm7U0ePWY https://www.youtube.com/watch?v=9PPiWSyJBB0 https://ipnet.it/ https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX:32018H0604(01) https://icfelino.edu.it/wp-content/uploads/sites/87/la_valutazione_autentica.pdf 41
Docsity logo


Copyright © 2024 Ladybird Srl - Via Leonardo da Vinci 16, 10126, Torino, Italy - VAT 10816460017 - All rights reserved