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Tesina di drammaturgia beethoven ed il Fidelio, Tesi di laurea di Drammaturgia

Tesina di drammaturgia beethoven ed il Fidelio

Tipologia: Tesi di laurea

2021/2022

Caricato il 26/03/2022

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marco-messina-2 🇮🇹

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Scarica Tesina di drammaturgia beethoven ed il Fidelio e più Tesi di laurea in PDF di Drammaturgia solo su Docsity! CONSERVATORIO DI MUSICA “A. CORELLI” - MESSINA ISTITUTO SUPERIORE DI STUDI MUSICALI PRASSI ESECUTIVE E REPERTORI II – REPERTORIO LIEDERISTICO Beethoven e il Fidelio Classe Prof.ssa Giovanna Aragozzini Candidato: Luigi Lombardo ! ANNO ACCADEMICO 2021 - 2022 !2 Sommario I CAPITOLO 1.1 Il Teatro prima di Beethoven pag. 3 1.2 Il settecento l’illuminismo e la Massoneria 4 1.3 Lo Stile galante 7 1.4 La querelle de buffon 8 II CAPITOLO 2.1 Vienna e l’Illuminismo 9 2.2 La forma sonata 10 2.3 Sturm und Drang 10 2.4 Dal buio alla luce 11 III CAPITOLO Ludwig van Beethoven 3.1 La vita 12 3.2 Prima e dopo il Fidelio 21 3.3 Il Fidelio 27 IV CAPITOLO 4.1 Fidelio e Illuminismo 31 4.2 La donna dell’opera e i protagonisti 32 4.3 Guida all’ascolto 34 4.4 Le accortezze musicali (Atto I) 35 Le accortezze musicali (Atto II) 37 !5 In questo periodo si hanno nuovi finanzieri e creditori dello stato che non hanno nessun potere politico e si radunano in società segrete come quella della Massoneria. Nascono così i salotti letterari dove a farne parte c’erano i membri dell’alta borghesia o aristocratici riformisti che affrontavano in dibattiti i temi attuali. Importante è sottolineare che in questi salotti prendono parte attiva le donne che per la prima volta sono messe al pari degli uomini e possono collaborare ai progetti che prima erano riservati solo al genere maschile. Durante l’età illuminista quindi nascono nuovi concetti in ambito religioso, scientifico e filosofico. Ad esempio la dura posizione presa nei confronti della Chiesa cattolica che aveva posto una forte censura. Viene attaccato il dogmatismo religioso poiché tutti siano uguali di fronte a Dio e ogni uomo è libero di credere in ciò che vuole. Si ha l’Anticlericalismo che intacca la supremazia della chiesa e la sottomissione del popolo. Il Deismo che riporta le credenze religiose sotto il controllo della ragione, ammettendo l’esistenza di un creatore ma dai comportamenti umani. In ambito Filosofico nascono diverse correnti come il Razionalismo secondo il quale la ragione umana sia la fonte di ogni conoscenza.Il Materialismo che ci spiega come l’unica realtà esistente è la materia e tutto deriva dalla sua continua trasformazione. Il Meccanicismo che dice che tutti i fenomeni avvengono in base al rapporto causa - effetto. L’Antifinalismo in cui la realtà non risponde a nessun fine prestabilito. 
 In ambito Economico e Sociale nascono i concetti di Laicità che spiegano che lo Stato è laico se vi è la tutela della libertà religiosa lasciando la libertà agli individui di professare la fede che vogliono, di Meritocrazia cioè che chi è al potere non è scelto da Dio, ma viene eletto, tramite ragione, per i suoi meriti. 
 Altro concetto è il Cosmopolitismo dove l’intellettuale è cittadino del mondo. La Dottrina della separazione dei poteri: secondo Montesquieu la libertà è possibile solo se si riconosce la divisione tra potere legislativo, esecutivo, giudiziario. 
 La Sovranità popolare che trae origine da Rousseau affermando che ingiustizia e corruzione iniziano quando si afferma la proprietà privata, quindi viene proposta l’uguaglianza e nascono sovranità popolare e democrazia, volte al bene comune. 
 La Fisiocrazia che spiega come solo l’agricoltura è in grado di produrre beni, mentre l’industria si limita a trasformare e il commercio a distribuire. 
 A far si che questi concetti si divulgassero e riuscissero a raggiungere tutti nascono nuovi mezzi di comunicazione come la Stampa, il giornalismo si sviluppa soprattutto in Olanda e Inghilterra, qui le pubblicazioni non erano !6 sottoposte a controlli. I più importanti giornali sono “The Spectator” (inglese) e “Il Caffè” (milanese). 
 La divulgazione si ha anche nei famigerati Luoghi di dibattito dove gli illuministi si riunivano al sicuro poiché le università erano controllate dalle autorità. Si hanno nuove Forme di scrittura: saggio, racconto e romanzo breve. Nascono i pamphlet cioè dei libretti che denunciano tramite ironia e provocazione gli aspetti negativi della società. 
 Massoneria: associazione segreta nata in Scozia e Inghilterra che si prefissa l’obiettivo di rigenerare moralmente la società. 
 L’Encyclopédie scritta nel 1750 con il titolo ‘Dizionario ragionato delle scienze, delle arti e dei mestieri’ da Diderot e D’Alembert in 28 volumi, è la summa del sapere dell’epoca. L’obiettivo era quello di raccogliere il sapere, e indicare come migliorare la condizione umana. Il principale pensiero era illuminista. L’opera fu di grande successo, subì la condanna del re di Francia e la scomunica del Papa, poiché venne messa nell’indice dei libri proibiti, venne stampata clandestinamente. Massoneria Questo termine deriva dalla parola macon cioè le corporazioni medievali di liberi muratori e indica questo nuovo movimento che ha come simboli quelli del mestiere rappresentati dalla squadra e dal compasso con al centro una grande lettera G. 
 Altri simboli sono: l’Occhio della Provvidenza, che serve a ricordare ai massoni che Dio vede tutto; l’Ancora rappresentante la speranza e la tranquillità durante la tempesta; la Stella Splendente indica il punto di arrivo del viaggio iniziatico illuminato dalla stessa; il Martelletto, come quello del giudice, rappresenta il comando e l’autorità degli ideali massonici; il Covone di Grano sta a indicare la generosità e lo spirito caritatevole che deve animare gli affiliati alle logge; l’Alveare rappresenta la necessità di lavorare insieme per migliorare la società. La nascita della Massoneria risale al 1717, a Londra si riunirono le logge per dar vita a un’istituzione comune, la Gran Loggia, quando le corporazioni di muratori cominciarono ad abbandonare scopi operativi dedicandosi agli interessi filosofici e culturali, a differenza con l’Illuminismo che approccia le tematiche del reale e della condizione umana basandosi unicamente alla ragione ed ai suoi lumi senza struttura organizzata. Nonostante tutto illuminismo e massoneria nascono nella stessa area geografica e culturale cioè Inghilterra e Francia e quasi nello stesso periodo !7 XVII una e XVIII altro, sfociando poi in tutti i paesi di cultura “occidentale e i principi su cui si basano entrambi sono quello di “uguaglianza” (illuminista) e di “fratellanza” (massonico), e quello della “tolleranza”, ovvero il rispetto, delle opinioni diverse e contrapposte di altri. Le caratteristiche per inserirsi nella loggia massoniche erano: • essere un uomo, per potersi affiliare alla maggior parte delle obbedienze massoniche, o una donna, per affiliarsi a una giurisdizione para-massonica, a un'obbedienza mista, o a una solo femminile, credere in un Essere supremo o in un ‘Principio ordinativo’; • Età 21 anni ad eccezione dei figli di massoni che potevano accedervi dal 18 anno di età; • essere sano di mente, di sana costituzione e di buona moralità; • essere ‘un uomo libero e di buoni costumi’. Vi era obbligatorio un rito d’iniziazione che consisteva nell’ammissione del candidato al Tempio. Qui venivano compiute prove rituali volte all’abbandono della vita profana e alla rinascita a una vita nuova. 
 Il fascismo bandì la Massoneria nel 1925 che subì forme di persecuzioni in tutti i regimi totalitari, dall’Unione Sovietica alla Spagna franchista. Solo in Gran Bretagna e soprattutto negli Stati Uniti continuò a prosperare, concentrandosi sulle tradizionali attività speculative e filantropiche. 
 In Italia si è ricostituita nel 1944 molto faticosamente a causa del periodo postbellico e dallo scandalo della Loggia P2, che fu protagonista di un disegno criminoso e di complesse trame politico- affaristiche culminate nel 1981 nel suo scioglimento. 1.3 Lo Stile Galante (1740-1760) Nella prima metà del 1700 si diffonde Lo Stile Galante. Questo stile viene usato per comunicare la sensibilità, la piacevolezza. Per questo motivo in ambito musicale vengono abbandonate le fughe e fugati e le numerose linee polifoniche, favorendo invece l’avvento a cadenze più naturali è più riconoscibili all’orecchio dell’ascoltatore. Le nuove tendenze vengono raccolti nell’Estetica di Rousseau legata alla natura. La teoria di Rousseau spiegava come la natura fosse maestra di vita e di riscontro così anche la musica dove esser naturale. In questo periodo si assiste alla nascita di diversi manuali che spiegano l’arte della composizione musicale abbandonando il contrappunto !10 in grado di articolare dei significati precisi. Diversamente per Haydn, Mozart e Beethoven la musica strumentale sono il mezzo migliore con il quale esprimere i concetti illuministici. Successivamente la musica strumentale comincerà ad essere considerata pari o addirittura superiore a quella vocale. Friedrich Schlegel sostenne che la musica senza parole è più un linguaggio filosofico che un’arte rappresentativa, e in realtà si trova molto più in alto della semplice arte. La usa strumentale diventerà il mezzo per comunicare il linguaggio filosofico capace di riconciliare il mondo dei fenomeni sensibili e quello delle idee. 2.2 La Forma-sonata Lo stile strumentale della metà del 1700 è la forma-sonata che da alla musica una qualità discorsiva e narrativa. Essa è bitematica-tripartita, due temi che mutano e si evolvono all’interno del brano ed è suddivisa in tre sezioni: Esposizione, Sviluppo e Ripresa. L’Esposizione si basa sul contrasto e sull’opposizione dei due temi (nell’opera può essere tradotto come due personaggi che dialogano). 
 Lo Sviluppo elabora i materiali e muove il tessuto musicale ampliando i due temi con modulazioni e abbellimenti (battibecco fra i personaggi). La Ripresa recupera i materiali (temi) dell’esposizione e li riconcilia fra loro ritornando alla tonalità di impianto e concludendo con delle cadenze (i personaggi risolvono l’opposizione iniziale). La forma sonata è comprensibile a tutti sia lei che la musica strumentale sono influenzate dalla musica vocale, infatti la struttura della forma-sonata può essere riassunta nel dramma come Conflitto (esposizione), Intreccio (sviluppo) e Risoluzione (ripresa). 2.3 Sturm und Drang (1770-1780) Lo Sturm und Drang (tempesta ed impeto) è un movimento che nasce in seno al Romanticismo che si oppone all’illuminismo, al razionalismo e allo stile galante. Nasce con Goethe Herder, Burger, Schiller i quali mettono al centro dei loro studi la figura dell’Eroe, i problemi legati all’amore, alla patria e all’arte. L’ irrazionale non poteva essere risolto con il manuale delle arti e le scienze (Encyclopédie). Il personaggio eroico dello Sturm und Drang diventa l’eroe tipico, destinato alla sconfitta del mondo romantico e farà parte di tutte le opere. C.P.E. Bach asseconda il sentimento e la fantasia e si allontana dalla razionalità. Si fanno strade le energie tragiche, l’orchestrazioni scure con !11 tonalità minori diversamente da quelle gioiose del periodo illuminista. Gluck utilizza temi scuri sebbene non aderisca al sonatismo. Sono presenti ritmi incalzanti (Haydn, sinfonia 44 in Mi minore), dinamismo e gravità (Quartetto in re minore K 183 di Mozart), grazie alla forma sonata che è comune a tutti: temi caratterizzati come personaggi, sviluppo come conversazione, ampliamento delle tonalità e ritorno alla tonalità di partenza. 2.4 Dal buio alla luce Aspetto importante del periodo illuminista è l’idea di dar vita attraverso i suoni alla metafora più rappresentativa dei Lumi, il passaggio dal buio alla luce. Questo passaggio è il contrasto fra modo Minore e modo Maggiore, una delle caratteristiche fondamentali del sistema tonale. Il modo Minore fù utilizzato per descrivere atmosfere drammatiche, malinconiche, scure, il modo Maggiore per atmosfere trionfali, serene, luminose. Nella musica vocale lo si definiva, sfruttando le specifiche emozioni con i sentimenti ben definiti espressi dal testo. Una frase in minore nel corso di un brano in maggiore dava l’impressione di un aumento della tensione drammatica, di un oscurarsi del tessuto musicale. Mentre al contrario dava la sensazione opposta, un rasserenamento, una risoluzione improvvisa delle tensioni e dei contrasti. !12 III CAPITOLO Ludwig van Beethoven 3.1 La Vita di Beethoven Il grande compositore tedesco nacque da una famiglia di ascendenze fiamminghe. Il nonno, anch'egli di nome Ludwig, nel 1731 si stabilì da Malines a Bonn, cittadina tedesca sul Reno, sede di uno dei tanti principati che appartenevano al Sacro Romano Impero, per ricoprire la carica di musicista di corte; inoltre aveva avviato un commercio di vini renani molto apprezzati. Successivamente fu nominato direttore dell'orchestra di corte, raggiungendo così una notevole posizione sociale. Ma il gradino che nonno Ludwig aveva salito venne ridisceso dal figlio Johann, nato nel 1740 e sposatosi nel 1767 con Maria Magdalena Keverich, figlia di un capo cuciniere del principe elettore di Treviri e vedova, a diciotto anni, di un cameriere; Johann non riuscì infatti ad andare oltre il modestissimo incarico di tenore nella cappella musicale di corte, anche perché aveva contratto il vizio di bere; mori in povertà nel 1792. Suo figlio Ludwig, nato il 16 o 17 dicembre 1770, entrò anch'egli nella cappella musicale e in breve tempo superò il padre ottenendo la carica di secondo organista; gli altri due figli di Johann Beethoven, Karl e Johann, riuscirono a migliorare la propria posizione sociale e la propria fortuna: il primo si trasferì a Vienna e compì una discreta carriera nella burocrazia imperiale, il secondo esercitò a Vienna la professione di farmacista e acquistò una vasta tenuta a Gneixendorf. Ludwig van Beethoven fu un ragazzo prodigio, o almeno per tale volle farlo passare suo padre, che lo accompagnò in qualche tournée di concerti e che lo spacciava con un’età inferiore ancora nel 1783, quando Ludwig aveva tredici anni, il suo maestro Christian Gottlob Neefe gli attribuì due anni di meno in un articolo apparso su un periodico musicale, tessendone le lodi scrisse: «Suona il pianoforte con molta abilità e potenza, legge molto bene a prima vista e suona soprattutto il clavicembalo ben temperato di Johann Sebastian Bach. Questo giovane genio ha bisogno di essere aiutato a continuare gli studi. Neefe fu il miglior maestro del giovane Beethoven, che tuttavia aveva già ricevuto un'educazione musicale piuttosto vasta dall'organista Heinrich van der Aeden, dal violinista Franz Georg Rovantini e per la composizione dal frate francescano Willibald Koch. Ebbe anche una formazione culturale discreta grazie al fatto che il sovrano di Bonn, l'arciduca Maximilian Franz, dette un certo impulso all'ambiente della città, favorendo tra l'altro la fondazione di un'università, presso la quale Beethoven frequentò qualche corso senza !15 distrazione. Talvolta sento i suoni di chi parla piano, ma non le parole; però non posso sopportare quando qualcuno grida. Che cosa averrà di me lo sa il Cielo! Se mi sarà possibile, voglio affrontare con coraggio il mio destino, anche se verranno momenti in cui sarò la più infelice creatura di Dio. La sordità precoce generò una tremenda crisi in Beethoven, che nella lettera ad Arrenda scrisse: Il tuo Beethoven vive terribilmente infelice in lotta con la natura e col Creatore. Già più volte ho bestemmiato. Lui, che ha esposto le Sue creature in modo che al minimo evento il più bel flore venga distrutto o stroncato ». E a Wegeler: “Spesso ho maledetto il Creatore e la mia esistenza. Plutarco mi ha indotto alla rassegnazione, voglio se possibile sfidare il mio destino”. Lo stato d'animo disperato e nello stesso tempo eroico di Beethoven trovò uno sfogo nel cosiddetto testamento di Heiligenstadt, indirizzato ai due fratelli Johann e Karl con la data del 10 ottobre 1802. È un testo fondamentale per comprendere la profonda trasformazione che intervenne nell'esperienza artistica beethoveniana «Oh uomini, voi che mi giudicare ostile, o caparbio misantropo, quanto siete ingiusti verso di me! Voi non sapete la segreta ragione che mi fa apparire cosi a voi. Il mio cuore e il mio sentimento erano fin dalla mia infanzia inclinati alla delicata benevolenza. Mi sentivo sempre pronto a compiere grandi azioni, ma pensate che da sei anni sono colpito da un male inguaribile, peggiorato da medici irragionevoli, illuso dì anno in anno dalla speranza di poter migliorare e infine costretto alla prospettiva di un male cronico la cui guarigione potrà forse richiedere anni o rivelarsi impossibile; nato con un temperamento focoso, vivace e sensibile alle distrazioni della società, dovetti presto isolarmi a passare la mia vita in solitudine. Se talvolta volevo mostrarmi superiore a tutto ciò, oh! come duramente ero respinto dalla triste esperienza del mio cattivo udito; eppure non mi era ancora possibile dire agli uomini: parlate più forte, gridate perché sono sordo! Ah! come avrei potuto confessare la debolezza di un senso che io un tempo possedevo nella massima perfezione che pochi musicisti hanno o hanno avuto? oh non posso!. Perciò perdonatemi quando vedrete che mi ritiro, mentre vorrei volentieri unirmi a voi. La mia disgrazia mi fa doppiamente male, perché essa mi costringe a restare incompreso. Per me non esistono lo svago nella società umana né le piacevoli conversazioni né le scambievoli effusioni. Quasi del tutto solo, mi è concesso di frequentare la società soltanto per quel che mi è strettamente necessario. Sono costretto a vivere come un esiliato! Appena mi avvicino alla gente sono preso da un'acuta ansietà perché temo di rivelare la mia infermità. Così fu anche durante questo semestre che ho trascorso in campagna, il mio saggio medico, consigliandomi di risparmiare !16 quanto più possibile l'udito, ha assecondato la mia attuale disposizione, benché qualche volta mi sia indotto, spinto dal desiderio, a frequentare la società. ma quale umiliazione se qualcuno accanto a me sentiva il lontano suono di un flauto e io non sentivo nulla, o se qualcuno sentiva cantare un pastore e io ancora una volta non sentivo nulla! Questi fatti mi portavano alla disperazione: poco è mancato che io ponessi fine ai miei giorni. L'arte, soltanto l'arte mi ha trattenuto. Ah! Mi sembrava impossibile di lasciare il mondo prima di aver compiuto tutto ciò a cui mi sentivo destinato e co si ho condotto una misera vita, veramente misera per un corpo così sensibile da essere trasportato, per un lieve mutamento, da uno stato migliore a uno peggiore. Adesso devo scegliere come guida la pazienza: la posseggo. Spero che sarà duratura la mia decisione di perseverare fino a quando piacerà alle inesorabili Parche di tagliare il filo della mia vita. Forse andrà meglio; forse no: sono rassegnato. Non è facile a soli ventotto anni essere costretto a diventare filosofo e per l'artista ciò è più difficile che per chiunque altro, O Divinità, tu vedi nel mio intimo, tu lo conosci; tu sai che vi si trovano amore del prossimo e inclinazione a fare il bene. O uomini, se un giorno leggerete queste parole pensate che siete stati ingiusti con me, e l'infelice si consoli di trovare un suo simile che, nonostante tutti gli ostacoli della natura, ha fatto tutto quel che era possibile per essere accolto nella schiera degli artisti e degli uomini degni. Con gioia mi affretto incontro alla morte. Se verrà prima che io abbia avuto modo di esplicare tutte le mie facoltà artistiche, verrà troppo presto, malgrado il mio duro destino, e desidererei che venisse più tardi, ma sarò tuttavia contento: non mi libera essa da una condizione infinitamente dolorosa? Vieni quando vuoi: ti vengo incontro con coraggio. Così prendo congedo, con profonda tristezza. Sì, la cara speranza che ho portato con me di poter guarire almeno in parte mi ha completamente abbandonato. Come d'autunno le foglie cadono e poi appassiscono, cosi anche la speranza per me è disseccata e spenta. Me ne vado da qui quasi come sono venuto. Perfino l'alto coraggio che spesso mi ha animato nelle belle giornate estive adesso è scomparso. O Provvidenza, fa' che risplenda per me, almeno un giorno di pura gioia! Già da tanto tempo è muta in me l’intima eco della vera gioia. Quando, quando, o Divinità, potrò provarla ancora nel tempio della natura e degli uomini? Mai? No, sarebbe troppo crudele! Al di là dell'espressione di smarrimento causata dalla malattia, in questa pagina Beethoven testimonia una scelta decisiva: quella di mettere la propria arte al servizio dell'umanità e di riconoscersi in una missione in cui l'arte risulta strettamente connessa con l'etica. Le composizioni nate nel periodo in cui egli !17 si rese conto che la sordità era ormai un male irrevocabile segnano un grande mutamento nel linguaggio beethoveniano. Vi affiorano grandi conflitti coronati da un sovrumano ottimismo, come nelle sonate pianistiche (le due raccolte nell'Op, 27 e sotto intitolate 'Quasi una fantasia', l’op. 28 'Pastorale' e le tre dell'Op. 31), nelle Sonate op. 23, op, 24 e op. 30 per violino e pianoforte, nel terzo Concerto op. 37 per pianoforte e orchestra. Rispetto a queste composizioni, già molto avanzate, Ie due prime sinfonie risultano ancora legate al modello tradizionale delle sinfonie di Haydin e di Mozart. IL PERIODO DELLA MATURITÀ Nella vita di Beethoven il periodo della maturità, che si colloca fra il 1803 e il 1815, fu segnato da importanti eventi privati e dalla composizione di grandi capolavori. L'amore per Joséphine von Brunswick, la posizione di predominio nell'ambiente musicale viennese, l'incontro con Goethe a Teplitz furono molto significativi; nello stesso arco di tempo nacquero le grandi sinfonie, le monumentali sonate pianistiche, i vasti e complessi quartetti per archi che avrebbero influito decisivamente nella storia della musica europea, e anche l'unico lavoro teatrale, Fidelio che avrebbe imposto a Beethoven una lunga fatica prima di arrivare alla terza e definitiva versione della partitura. Nei rapporti con Joséphine Brunswick vi è qualche elemento di mistero, Beethoven conobbe nel 1799 le sorelle Brunswick, appartenenti a un aristocratica famiglia ungherese i cui feudi si trovavano nella campagna di Martonvasar. Il giovane compositore assunse le mansioni di insegnante di pianoforte delle quattro sorelle, Thérèse, Joséphine, Charlotte e Juliette, in un primo momento egli sembrò preso da una cugina delle Brunswick, Giulietta Guicciardi; in seguito manifestò una grande passione per Joséphine, detta Pepi, che era sposata al conte Joseph Deym; questi morì precocemente nel 1803, tuttavia la situazione era comunque inaccettabile per la famiglia a causa del dislivello sociale fra un musicista e un'aristocratica, che all'epoca era considerato incolmabile. Della passione beethoveniana esiste una testimonianza inoppugnabile: la lettera d’ amore che Beethoven inviò all'immortale amata. Per salvare le apparenze, Thérèse von Brunswick attribuì a se stessa la lettera e, negli ottantasei anni della sua vita, sostenne sempre questa tesi. Sembra che l’ostinazione di Thérèse sia dovuta al fatto che le relazioni fra Beethoven e Joséphine non furono platoniche e che, nel 1813, Joséphine dette alla luce una figlia, cui venne ìmposto il nome di Minona. Joséphine a quel tempo era già stata abbandonata dal secondo marito, Christoph von Stackelberg, e Minona non poteva essere che una figlia illegittima, anche se prese il cognome !20 d'Asburgo. In realtà continuava a intercorrere un rapporto contraddittorio fra le convinzioni illuministe di Beethoven, per la verità un po' fuori moda, e la gerarchia conservatrice del governo imperiale. Comunque il Congresso di Vienna fu un'ottima occasione per far tributare al compositore onori e riconoscimenti. La cantata “Il momento glorioso, composta per accogliere i partecipanti al Congresso, venne eseguita in una sala del palazzo imperiale alla presenza di seimila ascoltatori. Inoltre, il 25 gennaio 1815 Beethoven eseguì personalmente il Concerto n. 5 'Imperatore' per pianoforte e orchestra davanti ai partecipanti al Congresso: fu la sua ultima esibizione prima che nel 1818 la sordità gli impedisse qualsiasi apparizione in pubblico. Con l'avanzare degli anni e dell'infermità il carattere di Beethoven peggiorò notevolmente; i suoi modi sì fecero ancor più intolleranti, si accentuò la tendenza alla vita zingaresca, con frequenti rotazioni del personale di servizio e con ulteriori cambiamenti di abitazione; infine, il grosso trauma provocato dalla sfortunata adozione del nipote Karl. Gli amici più intimi, oltre alla famiglia Breuning e a Wegeler, erano allora l'ex avvocato Aniton Schinciler, l'impiegato di banca Franz Oliva, il giornalista Joseph Karl Bernard, gli insegnanti Karl Peters, Giannatasio Del Rio, Karl Blikhlinger, l'avvocato Johann Baptist von Bach, il negoziante di stoffe Johann Wolfmeyer; infine gli allievi Ignaz Moscheles e Carl Czerny e i membri del quartetto Schupparizigh, cui furono affidati gli ultimi quartetti per archi beethoveniani. Questo gruppo di personaggi disparati collaborò con Beethoven nell'impresa dell'adozione e dell'educazione di Karl, impresa nella quale si scatenò il moralismo del compositore. Questi, alla morte del proprio fratello Karl, volle adottare infatti il figlio, anche egli di nome Karl, ritenendo che la madre, Johanna Reiss, fosse incapace e indegna dì provvedere all'educazione del ragazzo. La pretesa di togliere Karl alla madre suscitò un tremendo garbuglio legale: solo in aprile 1820, dopo quattro anni di cause, il tribunale dette ragione a Beethoven, il quale nel frattempo aveva ritirato il ragazzo quattordicenne dal collegio nel quale era stato relegato; ogni tentativo della madre per rivedere il figlio suscitava ire tremende da parte dello zio tutore che non esitava a ricorrere alla polizia. Mai principi didattici beethoveniani risultarono disastrosi: rimproverato, soffocato, represso, malgrado una discreta riuscita negli snidi, Karl tentò il suicidio sparandosi un colpo di rivoltella tra le rovine del castello di Ruhenstein presso Baden, la notte del 29 luglio 1826, all'età di ventun anni. Beethoven fu costretto a riconoscere di aver fallito il suo compito; la tutela passò a Breuning e si provvide a stornare le indagini di polizia arruolando Karl in un reggimento di stanza a Iglau, in Moravia. Prima che il giovane raggiungesse il reggimento, zio e nipote decisero di passare le !21 vacanze nella tenuta di Johann Beethoven, il fratello di Ludwig che sì era arricchito con le forniture mediche all'esercito. I rapporti tra i due fratelli però non erano buoni, perché Ludwig aveva sempre rimproverato a Johann la convivenza more uxorio con Therese Obermeyer. A causa dei dissapori, Beethoven chiamava il fratello Caino. Tuttavia per alcuni mesi dell'estate e dell'autunno Ludwig e suo nipote Karl si trattennero, in qualità dì ospiti paganti, nella tenuta di Johann. Quando scoppiò uno dei consueti litigi tra fratelli, in novembre, il compositore partì improvvisamente per Vienna, compiendo il viaggio sul carro di un lattivendolo durante una notte di tempesta, Il 2 dicembre: a Vienna, si mise a letto con la polmonite; un mese dopo fece testamento nominando Karl erede universale; nel corso dei primi tre mesi del 1827 si sviluppò un attacco itterico complicato dall’idropisia. Fra i tormenti del male, Beethoven conobbe la generosità degli amici e in particolare della Philharmonic Society di Londra e del suo direttore, sir George Sart, che gli inviarono cento sterline. Al suo capezzale si avvicendarono amici occasionali, ma le cure più attente gli furono prestate da Stephan von Breuning e da suo tiglio, il piccolo Gerhard. L'agonia durò dalla sera del 24 al pomeriggio del 26 marzo; quando mori, nel corso di una bufera di neve, era assistito dall'odiata compagna di suo fratello Johann e dal musicista Arsela Huttenbrenner. Quest'ultimo riferì gli ultimi momenti del musicista: Spalancando gli occhi, alzò la mano destra a pugno chiuso e con aria fiera e minacciosa fissò per alcuni secondi il vuoto davanti a sé. Ai funerali solenni furono presenti circa trentamila persone. Il discorso funebre, al cimitero di Wàhring, fu scritto dal poeta Franz Grillparzer che, fra l'altro, affermò: “Chi verrà dopo di lui non continuerà, dovrà ricominciare, perché questo precursore ha terminato l'opera sua dove sono collocati i limiti dell’arte”. 3.2 Prima e dopo il Fidelio IL PROBLEMA DEL TEATRO MUSICALE: FIDELIO Nella creatività di Beethoven il teatro musicale costituì un problema quasi insuperabile e questo ha indotto ad affermare che il compositore sì espresse compiutamente più nella musica strumentale che nel canto. Tale giudizio però costituisce una generalizzazione impropria, perché la vocalità costituì coronamento dell'arte di Beethoven nelle due composizioni che rappresentano il culmine della sua arte: la Sinfonia n. 9 a conclusione della quale i solisti e il coro intonano l'Ode alla gioia di Friedrich Schiller, e la Missa solemnis. In realtà egli ebbe difficoltà soltanto nei confronti del teatro musicale di stampo italiano, che risultava estraneo alla sensibilità tedesca; ma esisteva !22 anche un teatro musicale tedesco, soprattutto grazie a due opere di Mozart, il Ratto dal serraglio e il flauto Magico, corrispondente alle idee di Beethoven, che concepiva lo spettacolo teatrale come una tribuna dalla quale dovevano essere impartiti al pubblico insegnamenti etici, e non come momento di evasione e di divertimento. Queste idee derivavano dalle teorie illuministe correnti nel teatro di prosa tardo settecentesco e propugnate dagli intellettuali tedeschi dell'epoca, come Gorthold Ephraim Lessing e Christoph Martin Wieland. Ciò spiega perché Beethoven per la sua unica opera scelse un soggetto come quello di Fidelio: nell'esemplare vicenda che vede Florestano ingiustamente imprigionato dal suo nemico, il Governatore Pizarro, e alla fine salvato dall'intervento della moglie Leonora, le virtù coniugali e gli ideali di libertà sono premiati, mentre la malvagità viene punita. Spiega anche perché Beethoven scelse, per Fidelio, la forma del Singspiel, mista di recitazione e di canto in lingua tedesca: il messaggio etico infatti doveva essere espresso in modi facilmente accessibili al più vasto pubblico. I personaggi di Fidelio non possono venir considerati verosimili, proprio per il meccanismo della vicenda che propone una tesi più che narrare una vicenda tragica a lieto fine. In essi sono incarnati degli ideali astratti: la fedeltà dì Leonora, la sofferenza di Florestano, innocente recluso, la malvagità di Pizarro. Soltanto una piccola parte di umanità è rappresentata nei personaggi secondari, di carattere popolaresco: il bonario carceriere Rocco, la sua vivace figlia Marcellina e il caratteristico aiutante carceriere Jaquino. La conclusione dell'opera non include, contrariamente alle regole teatrali, alcun evento di rilievo ed è costituita soltanto da una cantata in onore della libertà e dell'affetto coniugale, La vicenda si scioglie dunque in una forma vicina al genere sinfonico-vocale, che troverà il suo acme nella Sinfonia n. 9, Proprio in questa assenza di verosimiglianza si trovano la chiave di Fidelio e la ragione per cui l'opera si colloca degnamente fra i capolavori di Beethoven. Gli stessi emblemi altamente morali e ottimistici che emergono nelle grandi sinfonie sono presenti nell'opera beethoveniana e sono espressi in una struttura profondamente diversa dal modello tradizionale. Per questo Fidelio ha avuto una grande importanza per il teatro musicale tedesco dell'Ottocento, richiamando i musicisti romantici alla dignità dell'opera nazionale. !25 Tornò cosi al progetto accarezzato in passato di trarre un'opera dal Faust di Goethe, quinti vagheggiò l’ipotesi di musicare una tragedia di Shakespeare, infine pensò a illustri personaggi dell'antichità classica celebrati per i loro nobili ideali o le loro grandi passioni; per questo tentò addirittura di recuperare qualche antiquato libretto di Metastasio come Elena al Calvario. Quel che è certo è che nei Quaderni di conversazione, i quaderni che servivano agli amici per comunicare con Beethoven ormai completamente sordo, !a ricerca di un libretto per la nuova opera occupa molte pagine; una notevole attenzione è anche riservata alle informazioni relative ai nuovi lavori che venivano rappresentati in quegli anni a Vienna: Singspiele mal riusciti, opere di ambiente esotico e favolistico e le nuove opere di Carl Maria von Weber. L'amico Moritz Lichnowsky propose un libretto di Schlegel ispirato a un antico poema indiano o in alternativa, una tragedia di Voltaire, o un libretto ispirato alla vita eroica di Giovanna d’Arco. Altri proposero féeries, soggetti napoleonici, testi mistici, cupe tragedie di Schillen. Nel loro complesso questi progetti costituiscono una vera antologia di quelli che saranno i soggetti del melodramma ottocentesco. Finalmente nella primavera del 1823 Lichnowsky parlò a Beethoven di un poeta che aveva «una bella lingua, molto fuoco e fantasia ed è in grado di scrivere un gran poema. Si trattava del grande poeta e drammaturgo austriaco Franz Grillparzer, allora trentaduenne, buon conoscitore di musica, le cui prime tragedie avevano avuto un notevole successo. Inizialmente Griliparzer venne incaricato di un arrangiamento delle Rovine d'Atene e gli venne proposta la collaborazione per una cantata. Solo a metà aprile si cominciò a parlare concretamente del libretto per una nuova opera. Nei Quaderni di conversazione Schindler annotò a questo proposito: Quando ieri vi ho lasciato sui bastioni, Grillparzer mi si è avvicinato e mi ha detto che presto vi manderà il suo ultimo nato. Ha trattato per voi il racconto di Melusina e con la più grande modestia sostiene di aver fatto il possibile per adeguarsi al vostro genio. Il 14 aprile Lichnowsky scrisse sul quaderno: «L'opera è fatta il libretto è consegnato alla direzione del teatro. É il racconto di Melusina, Grillparzer ha ancora qualche timore della censura. In realtà Grillparzer aveva ben altri timori, come confessò in seguito nelle sue memorie. Quella richiesta mi mise in un certo imbarazzo. L'idea di scrivere un libretto d'opera mi era del tutto estranea; inoltre dubitavo che Beethoven fosse in grado di scrivere un'opera: era ormai diventato del tutto sordo e le sue ultime composizioni, malgrado il loro valore, avevano certe asprezze che mi sembravano impedirgli di scrivere per il canto. Ma su ogni altra considerazione prevalse in me l'idea di offrire !26 forse a un così grande uomo l'opportunità di un lavoro interessante. Grillparzer promise una visita per portare personalmente il libretto al compositore, ma la visita fu rimandata con scuse varie tanto che Beethoven si irritò: era l'unico a non conoscere il libretto. Alla fine, dopo molte insistenze, Franz Grillparzer consegnò il libretto a Lichnowsky con una lettera di accompagnamento in cui tra l'altro scriveva che il giudizio di Beethoven sarebbe stato condizionante per lui e prometteva di apportare tutte le modifiche che gli fossero state richieste. Lichnowsky infatti annotò: Grillparzer desidera avere un colloquio con voi, è disposto a fare molti cambiamenti a vostro piacere e vuole in seguito scrivere espressamente per voi Drahomira, storia boema, grande, tragica››. La storia della maga Melusina, amata da Raimondo di Poitiers e costretta a trasformarsi in serpe, era stata scelta perché conteneva due elementi che Grillparzer e gli amici del compositore ritenevano graditi a Beethoven: l'atmosfera fiabesca che ricordava il Flauto magico e la fedeltà agli ideali che lo aveva già ispirato in Fidelio. Forse il tono melodrammatico della vicenda, ambientata in un manierato Medioevo cavalleresco e la struttura del libretto, parvero subito a Beethoven non congeniali alla sua musica: troppi cori e troppi pezzi d'insieme che ostacolavano la comunicazione dì un messaggio. Quando il poeta andò finalmente a trovarlo, il musicista gli rivolse grandi lodi, ma sollevò anche qualche obiezione, come raccontò lo stesso Grillparzer: «Quando entrammo Beethoven si alzò, mi tese la mano, mi rivolse parole dì benvenuto e cominciò subito a parlare dell'opera. La vostra opera vive qui, disse indicando il cuore, fra qualche giorno andrò in campagna e comincerò a comporla. Solo non posso far niente del coro dei cacciatori nell'introduzione». Grillparzer sì dichiarò pronto a levarlo o a sostituirlo, ma Beethoven non cominciò mai seriamente a scrivere la musica per quell’opera. Grillparzer durante l'estate andò in campagna a fargli visita e lo trovò impegnato a lavorare alla Sinfonia n. 9. Tuttavia non si arrese e continuò a parlare dell'opera, affrontando anche aspetti squisitamente tecnici: Ho riflettuto soprattutto se non fosse conveniente caratterizzare ogni comparsa o intervento di Melusina con una melodia, facile e orecchiabile. L'ouverture potrebbe forse cominciare con questa e, dopo un vivace Allegro, l'introduzione potrebbe essere basata sulla stessa melodia. Questa melodia secondo me dovrebbe essere quella che Melusina canterà come primo Lied». Fra tante esitazioni sì giunse al 1824, anno in cui Grillparzer incorse nei rigori della censura con un nuovo lavoro, Fortuna e rovina di re Ottokar: nella vicenda dell'antico re boemo si volle infatti vedere una chiara allusione a Napoleone. A questo punto Beethoven trovò una ragione morale per lavorare seriamente alla nuova opera: aiutare un amico in difficoltà; iniziarono così le trattative col teatro e si cominciò a parlare del cast. Poi più nulla, il !27 compositore si concentrò sulla preparazione di un concerto nel quale vennero eseguite tre parti della Missa Solemnis e la Sinfonia n. 9. Dai Quaderni di conversazione affiorano in quel periodo altri progetti operistici, dì cui nessuno verrà realizzato. Nel 1825 fra gli interlocutori di Beethoven compare il nome del poeta Ludwig Rellstab. La loro conversazione, di cui sono registrate solo le battute di Rellstab, ebbe per argomento la possibilità di una nuova opera. Dopo aver parlato di un Enrico VIII alla Walter Scott, l'interesse si spostò su una partitura musicale per l’Orestea di Eschilo: nella grande trilogia il compositore, che amava la tragedia greca, trovava una corrispondenza con il suo concetto di destino, identificato con le forze del male e dell'oscurantismo che affliggono l'umanità e la frenano sulla via del progresso. Nell’Orestea Beethoven avrebbe voluto recuperare il 'recitar cantando', il recitativo continuato, ma Rellstab obiettò: Non credo che un simile soggetto possa essere reso esclusivamente nel recitativo, Oreste dovrebbe aver un recitativo continuo, ma credo che l'orecchio si stancherebbe facilmente. Le scene di orrore si accumulano in maniera esagerata. Io sceglierei più volentieri un soggetto che possa essere rappresentato su altre scene e che sia più adatto di quello di Oreste. L'esigenza di elevare il linguaggio musicale al livello dell’Orestea si rivelò cosi ardua che il proposito fu abbandonato. Dopo il progetto di far rivivere sui palcoscenici del teatro d'opera tedesca la Grecia idealizzata, nei Quaderni non si parlò più di opera. Fidelio rimase l'unico contributo di Beethoven al teatro musicale. 3.3 Il Fidelio La proposta di comporre un'opera fu fatta a Beethoven da Emanuel Schikaneder, attore, proprietario e impresario del teatro An der Wien, ma soprattutto collaboratore di Mozart per il flauto magico. Dopo molte esitazioni, data la sua scarsa simpatia per il teatro musicale, Beethoven compì due scelte fondamentali che riguardarono il soggetto e la forma dell'opera. Per il soggetto, scelse un dramma che era già stato messo in musica da un compositore francese, Pierre Gaveaux, con il titolo di Léonore ou l'amour coniugal. Per la forma, decise di scrivere un Singspiel, cioè un'opera in lingua tedesca e con i dialoghi recitati. La ragione di queste due scelte era radicata nelle convinzioni estetiche beethoveniane, legate a motivazioni etiche; in particolare, il soggetto aveva un significato politico, in sintonia con le idee illuministe di Beethoven: l'affermazione della libertà e della giustizia contro la tirannia. Inoltre il Singspiel era facilmente accessibile al più vasto pubblico (grazie alla lingua tedesca e ai dialoghi recitati) e quindi assolveva a quei compiti didattici che, secondo il compositore e le più recenti teorie teatrali dell'Illuminismo tedesco, il teatro doveva avere. !30 concessione fatta loro, li costringe a rientrare e ordina a Rocco di scendere nelle segrete per scavare la fossa per Florestano con l'aiuto di Fidelio. ATTO SECONDO In una cella situata nel più profondo sotterraneo della prigione Florestano è alle soglie del delirio (Goti! Weich' Dunkei hien Dio, qual buio qui!). Mentre giace in deliquio(svenimento), entrano il carceriere e il suo assistente che cominciano a scavare una fossa in cui dovrà essere occultato il corpo del prigioniero assassinato; a un tratto Florestano riesce a riprendersi e a parlare e Fidelio-Leonora riconosce in lui il proprio marito. Il prigioniero augura ai due carcerieri di venir ricompensati in un mondo migliore (Euch werde Lohn in bes sem Weilen; Abbiate ricompense in mondi migliori). Entra Pizarro, deciso a uccidere personalmente Florestano (Er sterne! Muoia!) Leonora fa scudo con il proprio corpo al marito e minaccia il Governatore con una pistola; al culmine di questa drammaticissima scena, celebrata in numerose stampe ottocentesche, si sente squillare una tromba che annuncia il provvidenziale arrivo del Ministro. Pizarro si precipita fuori, seguito da Rocco, mentre Florestano e Leonora, finalmente riuniti, esprimono tutta la loro gioia (O namenlose Freude!; O gioia indicibile!), Nel finale dell’opera che si svolge sugli spalti del castello, il Ministro Don Fernando dichiara di voler smascherare l’Ingiustizia e la tirannia; così, riconosciuta la colpevolezza del Governatore, questi viene condotto via dalle proprie guardie, mentre è la stessa Leonora a togliere le catene all'innocente marito. Marcellina, riconosciuto il suo errore, si consola con Jaquino e l'opera si conclude con un coro in lode dell'eroina. !31 IV CAPITOLO La Musica e i personaggi del Fidelio 4.1 Fidelio e l’illuminismo Il Fidelio rappresenta il pensiero dei valori dell’Illuminismo, gli ideali di libertà, di giustizia, di fratellanza. L’opera è anche una critica alla durezza e all’arbitrarietà del sistema giudiziario e carcerario settecentesco. Pizarro in effetti tiene prigioniero Florestano senza motivo, mosso dal sentimento di vendetta. La drammaturgica del Fidelio è senza dubbio il ‘passaggio dal buio alla luce’ L’inizio del Finale primo (con i prigionieri che escono dal carcere all’aria aperta, esitanti e timorosi), e quello dell’intero secondo atto (dal carcere profondo in cui è rinchiuso Florestano fino alla trionfale e festante scena di folla conclusiva). Beethoven costruisce il rapporto tra buio e luce su due livelli paralleli: il livello puramente musicale (il gioco delle tonalità, dei registri, dell’orchestrazione) e quello scenico (la contrapposizione tra un «sotto» e un «sopra», tra il carcere oscuro e la scena all’aria aperta, spaziosa e luminosa). 
 I mezzi musicali usati da Beethoven dà vita sono: • LA TONALITÀ. Uso del modo minore per indicare il buio e l’oscurità, il maggiore per gli istanti luminosi. • IL REGISTRO. Grave per un carattere inquieto e minaccioso, l’acuto per la conquista della luce. • LA STRUMENTAZIONE. Colore scuro dettato dai timbri dei bassi, dei tromboni e dei timpani, chiaro in cui spiccano flauti, violini, e perfino l’ottavino. • il lento movimento cromatico discendente nei bassi, raffigurante il dolore, il lamento, il ripiegarsi su sé stessi e l’uso insistito del tritono, il diabolus in musica, dal suono oscuro e minaccioso. Nel secondo atto il tenebroso Duetto «Nur hurtig fort» in la minore, durante il quale Rocco e Leonora/Fidelio scendono nella cella di Florestano per scavare la fossa è il punto più «oscuro» dell’opera; mentre l’inizio del Finale secondo, è il trionfo della luce, della giustizia e della fratellanza grazie alla tonalità di Do Maggiore. Un altro dato illuminista riguarda la fiducia nel ‘potere della !32 musica’. Per Beethoven la musica e l’arte migliorare l’uomo, la società, il mondo che ci circonda. 
 Attraverso la sua musica il compositore sconfigge le tenebre dell’ignoranza, il buio dell’oppressione e della tirannia. 4.2 Idealizzazione della donna Nel Fidelio si ha la celebrazione dell’amore coniugale. Leonora la donna che rischia la vita per salvare quella del suo amato. La donna che lotta per l’uomo, non è l’eroe maschio a sfidare le difficoltà, a sfidare la morte per la sua amata. Facilmente nel melodramma si incontra la donna perdente, vittima per lo più della supremazia maschile. Ha un carattere eroico Norma che si accusa per salvare Adalgisa. Madama Butterfly , che trova nel suicidio il riscatto dal disonore. Così anche Tosca, la vicenda pucciniana sembra quasi far rivivere il Singspiel beethoveniano, certo altri periodi, altre correnti di pensiero, ma stesse eroine che non si risparmiano, che non si fermano davanti a nulla pur di salvare il proprio amore, tutto è possibile all’amore puro, all’amore eterno. Beethoven ha il merito di esaltare questo amore grazie alla luce a quella luce che le idee illuministe del periodo, fanno si che tutto abbia un lieto fine. Fidelio è la donna che lotta e che vince. Fidelio è la fedeltà coniugale e del sentimento amoroso, Fidelio è tutto quello che l’illuminismo racchiude e cioè i valori morali, di libertà e di dignità del genere umano. Inizia con il Fidelio l’introduzione nel teatro musicale di tematiche d’attualità, lontane dai concetti metastasiani. Leonora per il compositore è l’ideale femminino asessuato nella vicenda l’amore fisico scompare rispetto allo scambio ideale, basato su sentimenti sublimi e su azioni altruistiche. 
 In Fidelio forse l’unico momento della passione è quella di Marcellina per Fidelio. Beethoven ammirava il Mozart compositore, ma disapprovava la trama di opere come Le nozze di Figaro, Don Giovanni, Così fan tutte e Il flauto magico per la piccola passione tra Papageno e Papagena. Possiamo ancora analizzare attraverso i protagonisti del Fidelio l’autobiografia dei sentimenti di Beethoven: • La sofferenza di Florestano: sofferenza morale del compositore; • Il trionfo di Florestano: superamento della sua malattia; • Vittima dei soprusi Florestano: Beethoven vittima della natura cattiva; !35 4.4 Le accortezze musicali ATTO I 1. Dopo l’ouverture vigorosa, il primo atto si apre con il duetto tra Marcellina e Jaquino («Jetzt, Schätzchen»: Ora, Tesoro). Scenetta domestica di carattere sereno, giocoso. Il tono è leggero e troviamo imitazione tramite le acciaccature degli archi per il bussare alla porta. Marcellina sul finire dell’aria esegue uno dei rari vocalizzi dell’opera evidenziando la sua natura semplice di ragazza esuberante. 2. L’aria di Marcellina («O wär ich schon»: Ah, se io fossi unito a te), 
 Tonalità minore che indica la pena provata per il povero Jaquino. «Die Hoffnung schon erfüllt die Brust» (la speranza già colma il petto), descrita con la tonalità maggiore con la gioiosa melodia di Marcellina ripetuta dall’oboe. 3. Nel quartetto a canone puntato («Mir ist so wunderbar»: È così meraviglioso) le voci si sovrappongono cantando testi diversi. 4. Rocco con l’aria «Hat man nicht auch Gold beineben» (Se non hai dell’oro appresso), spiega ai due giovani che senza denaro è impossibile raggiungere la felicità. In accostamento al Flauto Magico di Mozart, per la leggerezza, il motivo popolaresco, e la costruzione musicale ricordano Papageno, il giovane uccellatore al servizio della Regina della Notte, suonatore di flauto di Pan e alla ricerca di una donna da amare. 5. Nel terzetto («Gut, Söhnchen, gut»: Bene, Figlio mio, bene) in cui Rocco conduce Fidelio nel sotterraneo della prigione, mentre Marcellina prova ad impedirglielo, assistiamo alle frasi tipiche beethoveniane (frequenti “sforzati”, accordi pesanti, l’incalzare ritmico dell’Allegro molto). 6. Del tutto beethoveniana è la Marcia che introduce Pizarro: marziale, positiva, per nulla tragica. 7. Il governatore entra in scena cantando un’aria in modo minore («Ha, welch ein Augenblick!/die Rache werd ich kühlen»: Ah, quale istante! Placherò la mia vendetta) qui è chiaro il carattere malvagio. L’andatura musicale è agitata, violenta, aggressiva, con formule strumentali nervose, molti “sforzati” e frenetiche terzine. Troviamo il modo maggiore quando Pizarro esulta prefigurando la vendetta. Il colpo di genio è l’improvviso intervento !36 dei soldati della scorta in coro, che commentano sullo sfondo. 
 La musica precipita nel registro grave con un’improvvisa modulazione e il tessuto si riduce a un indistinto mormorio di tremoli degli archi. 8. Il duetto («Jetzt, Alter, jetzt hat es Eile»: Adesso, vecchio, c’è premura) in cui Pizarro chiede a Rocco aiuto per eliminare Florestano, ha carattere drammatico: la scrittura è spezzata con alternanza di orchestra e voci. Beethoven per la prima volta fa udire il suono dei tromboni, simbolo di morte. Una notevole tensione psicologica si ha nel passaggio dal pianissimo in do maggiore sulle parole “Der kaum mehr lebt” (Egli è ancora vivo) di Rocco all’esplosione del fortissimo che sottolinea la determinazione di Pizarro di eliminare Florestano “Ein Stoss!” (Un sol colpo). 9. Nel lungo monologo «Abscheulicher, wo eilst du hin?» / «Komm, Hoffnung», Leonora inveisce contro il governatore e giura che salverà il marito, traendo forza dal suo «fedele amore di sposa». 
 L’aria, con la dolce sonorità dei corni è il richiamo all’arcobaleno (ein Farbenbogen), dà uno sprazzo di luce in questo percorso che punta verso l’oscurità e la morte. Nell’Allegro finale della cabaletta i corni tornano scandendo sulle note dell’accordo il momento eroico della decisione di Leonora di portare a compimento la sua volontà. 10. O welche Lust, in freier Luft» (O qual piacere, all’aria aperta) è immobile, con accordi lunghi, come se i prigionieri non riuscissero a camminare. Le discese al grave e nel modo minore, introducono gli istanti in cui il testo accenna al carcere e alla tomba, visione nettamente opposta a quella rappresentata dalle sonorità degli archi che ascendono progressivamente. 
 I brevi interventi di due prigionieri conducono alla ripresa del coro iniziale in “pianissimo”, proprio ad indicare il ritorno nell’ombra. «passaggio dal buio alla luce» dell’opera. !37 ATTO II 11. L’introduzione è dolente, timbricamente cupa, funebre nel ritmo incombente del timpano, angosciosa nelle terzine ribattute. 
 Il modo è minore (Fa minore), nota singola, piano, grave, quasi incatenata al suolo negli archi e un accordo forte dei fiati che tende verso l’acuto, da idea di voler raggiungere invano la luce. L’ambientazione dolorosa viene resa dal movimento cromatico discendente nei bassi, l’uso del tritono cioè il diabolus in musica, affidato ai timpani che indicano oscurità e morte. 12. L’aria di Florestano anticipata da un lento Recitativo «In des Lebens Frühlingstagen» (Nei giorni di primavera della mia vita). 
 L’adagio cantabile in minore lamenta l’ingiustizia subita. L’Allegro improvviso in Fa con l’ascesa degli oboi delinea la visione del prigioniero che crede di vedere la sposa che lo soccorre e lo conduce in salvo. La pagina che gli dedica Beethoven lo rivela «fine psicologo dove abbassa l’elemento eroico a un livello appena percepibile, di cui solo subliminalmente noi siamo consapevoli, tranne che nella frase dell’adagio, “und die Ketten sind mein Lohn” (e le catene son la mia ricompensa), dove Florestano esplode in un lamento più forzato sul proprio destino. Dopo un senso di desolazione e angoscia il tono di Florestano passa a uno di accettazione rassegnata del suo stato e nella fiducia nella volontà di Dio». Florestano è come il muto che si sforza di parlare, per poi accettare la propria sorte. 13. La scena in cui Rocco e Fidelio scendono nel sotterraneo è fatta da dialoghi parlati con alternanza a momenti orchestrali. Il duetto «Nur hurtig fort» (Presto scaviamo la fossa) in la minore. Questo il punto più oscuro dell’opera, Beethoven mette in gioco i timbri più gravi, tromboni, controfagotto, violoncelli e contrabassi. 14. Nel terzetto «Euch werde Lohn in bessern Welten» (Sarai ricompensato in mondi migliori), troviamo l’inizio della riconquista della luce. 15.Con l’entrata di Pizarro che vuole uccidere e poi seppellire Florestano inizia il quartetto che è il brano più concitato e movimentato dell’opera, nel quale le voci entrano una ad una. Attacca Pizarro col grido «Er sterbe!» (Muoia!) Canto convulso, segnato dal serpeggiare dei continui passaggi cromatici ascendenti, fino all’esplosione della gioia feroce del tiranno contro il nemico. Gli altri personaggi invece sono in preda all’agitazione che aumenta quando Leonora rivela la propria identità e punta la pistola contro Pizarro.
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