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Tesina di drammaturgia sulla Locandiera di Goldoni, Prove d'esame di Drammaturgia

Tesina per l'esame di drammaturgia IA professore Locatelli

Tipologia: Prove d'esame

2020/2021
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Caricato il 15/01/2023

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Scarica Tesina di drammaturgia sulla Locandiera di Goldoni e più Prove d'esame in PDF di Drammaturgia solo su Docsity! La locandiera 1. Goldoni e il mondo veneziano La locandiera è la commedia teatrale più nota di Carlo Goldoni. Fu rappresentata per la prima volta nel gennaio del 1753 al teatro di Sant’Angelo dalla compagnia di Mendebac. Carlo Goldoni è stato un commediografo, librettista e avvocato italiano. È ricordato tutt’oggi per la sua riforma, che cambiò radicalmente l’assetto del teatro dell’epoca. Nacque nel 1707 a Venezia da una famiglia borghese, conseguì una laurea in giurisprudenza ma la sua grande passione fu il teatro. Ebbe il suo primo incarico di scrittore nel 1734, nel teatro veneziano di San Samuele. Nella sua produzione giovanile affrontò diversi generi come tragicommedie, melodrammi e intermezzi. Successivamente lavorò per la compagnia di Mendebac dal 1748 al 1753, al teatro Sant’Angelo. Questa fase fu molto produttiva, e dovette affrontare la concorrenza rappresentata da Pietro Chiari. Nel 1753 passò a lavorare al teatro San Luca, di proprietà del nobile Vendramin. In questo periodo scrisse commedie un po’ più esotiche e avventurose. Nel 1762 accettò l’invito di recarsi a Parigi per dirigere la Comèdie italienne. Nel mondo teatrale francese, Goldoni trovò ancora molta resistenza alle maschere e il pubblico francese era ancora molto legato alla Commedia dell’Arte e all’improvvisazione. Morì nel 1793. Nel settecento, gli scrittori appartenevano a ceti sociali privilegiati, come aristocratici e clero, e spesso vivevano di rendita, o grazie alla protezione di un aristocratico che gli fungeva da mecenate. Goldoni invece, rappresenta una figura nuova nel panorama settecentesco, poiché viveva solo grazie ai guadagni della sua professione di scrittore. Questa nuova figura d’intellettuale introdotta da Goldoni, prenderà piede nell’Ottocento. In più Goldoni non scriveva le sue opere semplicemente per un pubblico di letterati, ma specialmente per il mercato. Il teatro diventa un’impresa commerciale, che raduna diversi ceti sociali e attraverso un pagamento per accedervi, il proprietario e il capocomico ne traevano denaro e finanziamenti. Quindi la professione di scrittore doveva tener conto anche delle richieste del mercato. Nei primi decenni del secolo, Illuminismo veneziano portò nei ceti borghesi e burocratici idee sempre più innovatrici e vengono introdotti i primi saggi di filosofia dei ‘lumi’. Goldoni assorbì il clima illuministico veneziano. Esprime un forte senso di socialità e tutto ciò che lega l’uomo alla collettività. Il forte rispetto della sincerità, la correttezza verso i comportamenti e gli impegni presi sono i valori fondanti della civiltà borghese e mercantile di Goldoni. Viene venerato l’uomo “d’abbene” leale, onesto, e attivo. Da questo scaturisce la profonda antipatia per i nobili e la loro superbia legata al loro status sociale, che è uno dei temi della Locandiera. 2. La riforma della commedia Nel periodo storico in cui scrive Goldoni, la commedia dell’arte e il trionfo che aveva avuto nell’età barocca era già in decadenza. Goldoni criticava fortemente le caratteristiche su cui si fondava la commedia dell’arte ossia: l’eccesiva volgarità buffonesca, i personaggi troppo stereotipati e senza spessore psicologico, la ripetitività delle trame con rispettiva assenza di un copione, e l’improvvisazione poco verosimile e decisamente incoerente. Goldoni invece, attraverso la sua riforma, vuole passare dalla “maschera” al “carattere”. Vuole creare dei personaggi che abbiano delle loro caratteristiche uniche e irripetibili, con uno spessore psico-sociologico. Tutto questo non era possibile con le maschere, che invece rappresentavano dei personaggi fissi come (Pantalone, Arlecchino, Brighella, il Dottore), che avevano sempre le stesse caratteristiche volte solo al divertimento del pubblico. Goldoni, vivendo a Venezia, che era considerata la capitale europea del teatro, aveva la possibilità di lavorare a contatto diretto con il pubblico e di conoscerne i bisogni e gli umori. La sua aspirazione è quella di scrivere commedie verosimili, che descrivono la società dell’epoca nel modo più realistico possibile, tenendo comunque conto dei gusti del pubblico. Le commedie di Goldoni presentano molte somiglianze con la commedia borghese dell’illuminismo europeo, che si posizionava a metà tra la vecchia tragedia e la vecchia commedia. Infatti le commedia borghesi di Goldoni possono essere distinte in commedie di carattere, e commedie d’ambiente, anche se spesso questa distinzione è considerata astratta poiché quasi tutte le commedie presentano tratti sia di commedia di carattere che d’ambiente, un esempio lampante è la Locandiera che grazie alla figura di Mirandolina viene classificata come commedia di carattere, ma allo stesso tempo commedia d’ambiente per la panoramica sociale descritta nell’opera. La riforma di Goldoni si basava sul superamento del canovaccio e di conseguenza dell’improvvisazione, che portava a vicende spesso meccaniche e fortemente stereotipate. Lo studio dei personaggi e del contesto sociale, volto alla rappresentazione verosimile della realtà, portò Goldoni a scrivere i copioni sempre più in maniera dettagliata, lasciando sempre meno spazio all’improvvisazione degli attori. Tutto questo processo di cambiamento avvenne in maniera graduale. Inizialmente decise di scrivere per intero solo la parte del protagonista, poi iniziò ad aggiungere le parti dei personaggi secondari, arrivando nel 1743 con la commedia La donna di garbo, dove il copione era interamente trascritto. Col passare degli anni il pubblico borghese iniziò ad abituarsi alla quotidianità e al realismo rappresentato nelle opere i Goldoni, e si iniziò a sentire rappresentato nei valori e concezione di vita condiviso dai personaggi goldoniani. Questo realismo però ebbe numerosi problemi ad emergere a causa dei messaggi nascosti che faceva trapelare. Goldoni voleva criticare la società veneziana e soprattutto l’assetto sociale legato alla nobiltà ormai in decadenza, senza però destare sospetto che le sue critiche fossero volte alla società della Serenissima, quindi spesso ambientava la sue commedie in altre città come Palermo, Napoli, e come nel caso della Locandiera a Firenze. 2. Trama Le vicende narrante raccontano la storia di Mirandolina, proprietaria di una locanda ereditata dal padre a Firenze e le sue avventure. L’opera è divisa in tre atti, e viene rappresentata in scena per la prima volta dall’attrice Maddalena Marliani Raffi detta anche Corallina (1720-1784). Collaborò con Goldoni anche nelle commedie intitolate: La castalda (1751), La serva amorosa (1752). Nel primo atto, viene introdotta la protagonista dell’opera ossia Mirandolina e la sua locanda gestita insieme al cameriere Fabrizio. La donna viene descritta come una persona molto astuta e intelligente. Non essendo maritata viene spesso corteggiata dai tanti uomini che passano nella sua locanda, tra cui il Marchese di Forlipopoli e il Conte di Albafiorita. Mirandolina però non si lascia abbindolare ne dai loro titoli nobiliari e ne dai loro doni, lasciando però entrambi gli uomini con l’illusione di poterla conquistare. Nella locanda arriva un ulteriore personaggio, che sarà poi centrale per lo svolgimento della trama, il Cavaliere di Ripafratta. Il Cavaliere rappresenta l’aristocratico altezzoso che odia le donne che vede solo come ingannatrici e manipolatrici, critica non solo il servizio scadente della locanda ma anche gli altri due personaggi per essersi abbassati perdendo ogni forma di virilità davanti ad una donna, riferendosi a Mirandolina. La padrona della Mirandolina invece, è estremamente sviluppata e rappresenta la filosofia teatrale di Goldoni. La locanda della protagonista può essere considerata un vero e proprio teatro dove mette in scena la sua finzione, quindi una sorta di teatro nel teatro. Tutto il suo gioco si basa sulla parola, come mezzo per ottenere il suo scopo, a differenza degli altri personaggi che invece non possiedono questa caratteristica, infatti le due commedianti vengono subito smascherate a causa della loro limitata capacità di fingere e recitare. Fabrizio invece rappresenta l’esempio del proletario inurbatosi dalla campagna, deducibile dalla battuta di Mirandolina che minaccia di riportarlo al suo paese (atto III, scena ultima). Quest’ultimo ambisce al salto di classe, passando da servitore a padrone di locanda. Questo è un tema ricorrente nelle prime commedie goldoniane, però stabilisce che affinché il mondo funzioni, ognuno deve rimanere nella sua classe sociale d’origine. 4. Commento L’opera di Goldoni è interamente basata sulla finzione, quindi analizzando il testo, risaltano molte scene in cui i personaggi dicono battute che però rappresentano la loro coscienza, infatti vengono accompagnate da delle parentesi con all’interno “da sé”. Infatti la commedia adotta l’a parte o i dialoghi a voce bassa, come sua formula stilistica particolare, dettata dalla volontà dei personaggi di nascondere il loro vero pensiero per motivi differenti. Nella scena V del primo atto, vediamo il dialogo tra Mirandolina, il Conte, il Cavaliere e il Marchese. Già dalle prime battute vediamo il Marchese e il Cavaliere che parlano a bassa voce, del rifiuto di Mirandolina di recarsi nella camera del Conte come da lui richiesto. Ci sono anche successivamente battute del Cavaliere che critica i comportamenti degli altri, ma parlando a se stesso: «Oh che pazzo (da sé)», (atto I, scena V, 144). Stessa cosa nella battuta successiva, commenta Mirandolina riferendosi a lei come malandrina: «Oh che forca! (da sé), (Atto I, scena V, 149). Vengono aggiunti anche riferimenti al modo in cui i personaggi si esprimono e il loro atteggiamento nei confronti della situazione che sta accadendo nella scena, infatti nelle battute successive vediamo il Cavaliere che si lamenta della biancheria con Mirandolina esprimendo il suo disprezzo per il servizio, viene aggiunta tra parentesi (con disprezzo) per comunicare in maniera più esplicita il suo comportamento. Tutte queste aggiunte sono state inserite per rafforzare il contatto con il pubblico e dare più spessore ad ogni personaggio, infatti tutte queste battute a voce bassa o riferite alla coscienza dei singoli personaggi, non fanno altro che completare la caratterizzazione senza lasciare nulla nascosto al pubblico. Questo meccanismo era incarnato dal personaggio del confidente nel teatro classico e neoclassico. Già in queste prime scene possiamo notare la caratterizzazione anche linguistica dei vari personaggi in base alla loro appartenenza ad una classe sociale più o meno elevata. Le figure aristocratiche presenti nella commedia, usano un linguaggio più altolocato, quasi forzato, proprio per esprimere il loro status sociale ormai decadente con una vena di ironia. I personaggi più umili invece usano un linguaggio più povero e dialettale, spesso rispecchiando la loro personalità e la loro intelligenza, come ad esempio le due commediante, che usano un linguaggio estremamente stereotipato. Anche i monologhi sono molto presenti nell’opera, e insieme agli “a parte” hanno lo scopo di fortificare il rapporto con il pubblico e di rendere in questo modo esplicita la verità tenuta nascosta agli altri personaggi. Uno dei monologhi più famosi dell’opera è quello pronunciato da Mirandolina nella scena XI del primo atto. La donna descrive la situazione generale con gli uomini, e le sue emozioni dopo l’incontro con il Cavaliere. Comunica con un linguaggio ben sviluppato e descrive con parole molto forti il sui disprezzo per i comportamenti da lei subiti , usando parole come “cascamorti” per descrivere gli uomini che di solito si invaghiscono di lei alla locanda, mentre considera il cavaliere un “povero pazzo”. Mirandolina sottolinea anche come non si sia davvero innamorata e non abbia intenzione di sposarsi, mostrando così la sua completa apatia e poi anche il futuro matrimonio con Fabrizio verrà così sminuito e reso solo un accordo necessario. Da questo monologo si deduce inoltre tutto il piano di Mirandolina, che ormai sono diventate iconiche: «Voglio burlarmi di tante caricature di amanti spasimanti; e voglio usar tutta l’arte per vincere, abbattere e conquassare quei cuori barbari e duri che son nemici di noi, che siamo la miglior cosa che abbia prodotto al mondo la bella madre natura». (Atto I, scena IX). Dopo queste parole da lei pronunciate, il pubblico sarà ovviamente influenzato dalle intenzioni di Mirandolina, e quindi ogni sua futura azione verrà vista e valutata sotto una luce completamente diversa.
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