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Tesina di maturità sulla Classe Operaia, Tesine di Maturità di Italiano

Working Class Hero (Eroi della Classe Operaia) - La tesina tratta della condizione operaia e della sua presa di coscienza da parte degli stessi operai Working Class Hero e il Sessantotto;Il Quarto Stato e Fiumana;Metropolis;Das Kapital e Il Manifesto di Karl Marx;Il popolo degli abissi;Italo Calvino Avventura di due sposi;Dickens Hard Times

Tipologia: Tesine di Maturità

2014/2015

In vendita dal 22/01/2015

beabonni
beabonni 🇮🇹

4 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Tesina di maturità sulla Classe Operaia e più Tesine di Maturità in PDF di Italiano solo su Docsity! Indice - Premessa - “Woking Class Hero” e il Sessantotto - “Il Quarto Stato” e “Fiumana” - Metropolis - Karl Marx: “Das Kapital” “Il Manifesto” - “Il popolo degli abissi” - Italo Calvino: “L’avventura di due sposi” - Coketown - Bibliografia Premessa “Working Class Hero”, ossia l’eroe della classe operaia: uomini e donne che ogni giorno, per otto ore o anche più, lavorano nelle fabbriche per supportare la propria famiglia, tra mille sacrifici. Per essere un eroe non si deve fare qualcosa che la società ritiene eroico oppure essere ricchi e famosi: tutti possono essere, a modo loro, degli eroi. Questo è il tema che intendo analizzare nella mia tesina: l’eroe “comune”, con un’attenzione particolare alle condizioni di vita e di lavoro della nascente classe operaia e la sua integrazione nella società tra il XIX e XX secolo. Tutta una serie di fattori che, combinati insieme, hanno portato il “Working Class Hero” a lottare per i propri diritti, attraverso una rivoluzione che è riuscita a rendere sia lui sia la società consci delle condizioni dei lavoratori. Una ricerca che mi interessa molto perché al termine del mio percorso scolastico, dopo studi universitari appropriati, vorrei lavorare in un’industria. Per farlo nel modo migliore ho deciso di analizzare le componenti del settore industriale da ogni punto di vista, sia quello dell’industriale sia quello del lavoratore, così da avere una visione d’insieme reale del funzionamento di un’azienda. La tesi di John Lennon espressa nel testo della canzone è che possiamo venire controllati con facilità perché permettiamo che alla nostra immaginazione vengano tappate le ali. Lennon scrisse “Working Class Hero” nella speranza che diventasse un inno dei lavoratori. Il contesto storico politico in cui John Lennon scrisse questa famosissima canzone fu quello del Sessantotto. Con il termine “il ‘68” si è soliti indicare un vasto e complesso movimento politico e sociale nel quale forme di azione collettiva si vennero a creare spontaneamente con l’intenzione di rifondare, su basi morali, la società attraverso nuove forme di solidarietà sociale. Tra la metà degli anni ‘60 e l’inizio degli anni ’70, in Europa e negli Stati Uniti d’America, operai, studenti e gruppi etnici minoritari, cercarono, tramite contestazioni e manifestazioni di protesta, di sovvertire in modo radicale l’intera società, la quale proponeva il denaro ed il mercato del mondo capitalista come unico punto indispensabile e centrale della vita sociale. I movimenti del Sessantotto portarono alla luce lo stato di malessere che si era accumulato sotto la superficie di società definite affluenti (dal termine inglese affluent, equivalente a ricco, prospero), basate sui consumi di massa, ma attraversate da innumerevoli tensioni. Il Sessantotto è stato quindi in grado, tramite il cambiamento della mentalità collettiva, di portare a compimento una vera e propria rivoluzione culturale capace di smuovere l’ideologia sociale. Quei movimenti, infatti, misero in discussione la struttura stessa delle società esistenti, accusandole di promuovere in maniera autoritaria l’uniformità, il consumismo, la repressione di bisogni e di impulsi essenziali, la rigida divisione dei ruoli sociali e familiari, l’esclusione dei “diversi”. Essi attinsero idee e programmi da correnti e scuole di pensiero di diversa origine, ma tutte caratterizzate dalla critica radicale ai modelli sociali prevalenti (di tipo capitalistico come di tipo sovietico); tra queste, le analisi critiche della “società industriale”. Il “maggio parigino”, caratterizzato da manifestazioni operaie e studentesche e scontri di piazza tra polizia e dimostranti fu uno tra i più importanti avvenimenti del Sessantotto, contribuendo anche alla nascita dei movimenti femministi e per la concessione dei diritti civili degli anni Settanta. Nel mondo del lavoro, operai contestarono ai propri superiori e allo stato il fatto che dovessero lavorare un numero di ore esorbitante (non meno di 10-12 ore di lavoro al giorno), e che non godessero di normali contratti a lungo termine, ma a breve termine (dai 3 ai 6 mesi di durata); oltre a ciò l’oggetto della contestazione fu l’autoritarismo esasperato ed il vuoto che si respirava all’interno della fabbrica, caratterizzata da una profonda gerarchia sociale. Fino ad allora, operai e studenti rappresentavano due mondi sociali profondamente separati l’uno dall’altro sul piano ideologico, ma con l’avvento dell’anno 1968 iniziarono, tramite diverse manifestazioni, ad apprendere insieme il metodo di lotta in grado di colpire più a fondo il capitalismo, il quale rispose con violenza: violenza istituzionale, antioperaia, antisociale e repressiva nei confronti delle lotte dei lavoratori e degli studenti. Agli inizi degli anni settanta la ribellione si concluse e gran parte degli obiettivi di tali contestazioni non furono raggiunti, in quanto la società capitalistica non fu abbattuta. Tuttavia l’importanza di questa rivolta fu elevata perché diffuse all’interno della società ideali di pacifismo, antirazzismo, uguaglianza ed una maggiore consapevolezza nei confronti dei diritti delle persone. “Il Quarto Stato” e “Fiumana” «Certo è che se un giovane dopo aver fatti gli studi di iniziazione all'arte, anche avendo dell'ingegno, dovesse continuamente rimanersi lontano dagli artisti, completamente solitario, senza darsi il menomo pensiero di quanto avviene intorno a lui fatto d'arte, ignaro dello svolgimento continuato delle idee, si ridurrebbe in breve tempo ad un abbrutimento inevitabile. [...] Ai giorni nostri si esige molto più dal pittore, per cui gli è necessario il contatto diretto, continuato della natura chi gli abbisogna ritrarre; vivere in essa, di essa, per essa onde assimilarsela quanto può e così porsi in grado di tradurla facendone risaltare quei caratteri pei quali si distingue. Stia si continuamente in città il pittore che nelle vita cittadina cerca il suoi soggetti, ma chi vuol ritrarre il lavoratore dei campi deve faticare, sudare con lui!» Sembra che il giovane Pellizza descriva il suo percorso accademico per spiegare la sua scelta di ritornare nel suo paese natale e rimanere lontano dai circoli artistici delle grandi città. Per fare un'arte pura, un'arte che corrisponda al cento per cento a se stesso, l'artista non deve subire l'influenza degli altri artisti, ma invece deve rimanere completamente solitario per concentrarsi sui valori essenziali. Dice che per ritrarre la natura deve vivere nella natura e non in città. Vale la stessa cosa per chi vuol ritrarre il lavoratore dei campi deve faticare, sudare con lui. L’autore parla, infatti, dell'identità della vita e dell'arte. Si deve vivere i soggetti dell'arte per essere capaci di ritrarli adeguatamente. A Volpedo l’artista dipinge all'aperto e in campagna, «[...] sperimentando in tutte nuove ricerche cromatiche per dare l'impressione di figure ambientate in uno spazio atmosferico o naturale [...]» . È sopratutto la sua gamma cromatica che cambia, diventando più chiara e «[...] eliminando le terre e cercando di ottener il massimo di luminosità utilizzando colori puri disposti con pennellate franche, e realizzando i contrasti e la vivacità della luce con la presenza di pennellate bianche o tono su tono». Nel 1892, Pellizza tenta i primi dipinti in tecnica divisionista per raggiungere la piena luminosità della luce solare. Per arricchire la sua formazione e la sua cultura `umanistica' egli decise di recarsi a Firenze per frequentare l'Istituto di studi superiori, studiando la letteratura, la filosofia, l'estetica e la storia. Lì è entrato in contatto con Fattori. Nel 1894 ritornò a Volpedo. Nell'arco dal 1891 al 1901 il pittore lavorava sul suo quadro con soggetto sociale, primo intitolato “Ambasciatori della fame”, poi “Fiumana” e “Il cammino dei lavoratori” e alla fine “Il quarto stato”, cambiando tanto il titolo quanto la tecnica e il colore. L'evoluzione dei quadri mostrano bene le diverse influenze artistiche, dal divisionismo al simbolismo, che confluiscono in un'arte personale. Nella metà degli anni Novanta entra in contatto con pittori simbolisti e si interessa di più al problema del simbolismo. Egli iniziava nel 1895 una seconda versione degli “Ambasciatori della Fame”, di cui il titolo viene cambiato in “Fiumana” sotto l'influenza dei simbolisti. Sente il bisogno di creare l'arte per l'umanità, per il popolo, per la vita quotidiana e contadina: «[...] l'arte moderna deve essere, oltreché armonia di colore ed equilibrio di forma, elevato nel concetto ed umana [...]. Sento che ora non è più l'epoca di fare l'arte per l'arte, ma dell'arte per l'umanità.» Nel corso del 1898 dipinge diversi quadri simbolisti, con «una puntuale ricerca di significati». Dopo aver cominciato una terza versione del suo quadro sociale, “Il cammino dei lavoratori” nel 1898 con un messaggio politico e filosofico diverso da quello della “Fiumana”, lo finisce nel 1901, intitolandolo adesso “Il quarto stato”. È stato esposto per la prima volta a Torino nel 1902. Pellizza è rimasto molto deluso dalla critica e dalla reazione del pubblico. Rinuncia ad elaborare altri quadri con soggetti sociali. Dal 1902 si concentra su vedute di paesaggi puri, «ma senza rinunciare a strutturare profondamente l'immagine secondo ben precise leggi di produzione armonica e rifiutando la semplice resa visiva dell'impressionismo: pur copiando dal vero, puntava sui fenomeni più generali ed universali, ricavando da essi il massimo di suggestione e di significato». Volpedo si impiccherà nel suo studio il 14 giugno 1907. Le metamorfosi del “Il quarto stato” non sono solo un esempio di cambiamento di  stile di dipingere seguendo una moda, ma anche un buon esempio per analizzare le  relazioni tra un’idea, un concetto, e l'oggetto dipinto; in questo caso l'oggetto è una  realtà sociale finta, perché, benché il luogo e le persone siano presi dal vero, la  situazione nella quale sono raffigurati non è realmente accaduta.  Dopo avere imparato a dipingere dal vero, secondo i canoni del naturalismo, l’artista  si interessa al Divisionismo.  Il divisionismo è un movimento pittorico sviluppatosi in Italia a cavallo tra XIX e XX secolo che, sulla scia del Pointillisme di Seurat, indaga i principi scientifici che stanno alla base della diffusione della luce e della percezione dei colori. Ne deriva una pittura maculata o filamentosa, nella quale i colori sono puri, con tratti spezzati, secondo la giustapposizione dei complementari. Il Puntinismo, derivato dalla corrente impressionista, accostava nella tela attraverso puntini e non pennellate, colori puri senza mischiarli. La decisione di Pellizza di dipingere in modo divisionista è non solo una decisione artistica ma anche l'espressione di una convinzione socio-politica: «l'uso di questa tecnica gli si imponeva come strumento ineliminabile del progresso». natura artistica. Sicuramente anche gli eventi politici hanno portato l’autore a  rielaborare il soggetto sociale con un nuovo messaggio. L'anno in cui riprende le  fatiche di lavorare una terza volta sul soggetto, il 1898, è anche l'anno delle violente  repressioni del Bava­Beccaris a Milano. Già nel corso del 1897 gli scioperi agrari e  urbani sono aumentati drasticamente. Questa situazione culmina nei scontri del  maggio 1898 di Milano. Volpedo ha sicuramente ripreso questi eventi come  occasione di mutuare la concezione del quadro verso un messaggio chiaramente  politico in favore per lotta dalla classe operaie. Il pittore, «convinto della bontà  dell'idea e della sua storicità» iniziava in quest'anno un manifesto dell'avanzarsi  ineluttabile di una nuova classe popolare.                                                                      Nel 1898 Pellizza comincia il terzo quadro col titolo “Il cammino dei lavoratori”,  che poi sarà intitolato nel 1901 “Quarto stato”. Il titolo fu ispirato dalla lettura della  “Storia socialista della rivoluzione francese” di Jean Jaurès.  In relazione alla “Fiumana” è di dimensioni più grande, permettendo così «le figure  in primo piano una scala assai vicina al vero».                                                               Il ritmo della composizione è più stemperato e il colore rinuncia ai contrasti  espressivi. Insomma la nuova tela è più omogenea e ferma della Fiumana. In rispetto al quadro precedente la rappresentazione della massa non è più indistinta, ma più  chiara e «dai ritmi compositivi improntati a maggiore solidità ed oggettività».             Il paesaggio è stato ripensato totalmente: invece della «montagna innevata ed in luce  all'estremo limite dell'orizzonte» il pittore inizia una nuova composizione per poter  raggiungere in pieno «la vagheggiata solennità e forza del modellato».                         Lo sfondo non doveva essere troppo dettagliato e chiaro per non disturbare  l'attenzione dello spettatore.                                                                                             La natura è stata dipinta in una gamma di colore scuro e sfumato, e da l'impressione  solitaria e assorta. Il cielo è un tramonto blu, rosa, e viola in lunghe e decorative  strisciature. La natura sfumata­scura funziona come contrapposto alla piazza  Malaspina illuminata dalla luce mezzo giornale. Sul piano di significati simbolici  vediamo dunque la classe operaia uscendo da condizioni scuri e miseri e andando  verso un futuro illuminata e felice. Rimane solo a conoscere il modo con il cui si  ottiene il futuro felice, come si vede nelle discussioni delle figure. E' stato accentuata la ricerca della modulazione delle figure con ombra e luce, la  creazione di volumi e corpi in grandezza naturale.                                                  Riprende anche lo studio dei tre personaggi centrali, per cui posavano per diversi  schizzi da sinistra a destra Clemente Bidone, Giovanni Zarri (tutti e due contadini di  Pellizza) e Teresa Pellizza, sua moglie.                                                                         Si vede già nei studi che seguono la Fiumana la ricerca di una maggiore solidità e  oggettività. Bidone e Zarri sono stati ristudiati con un «plasticismo quasi  geometrizzante».                                                                                                               I due maschi non cambiano molto nel loro atteggiamento in rispetto alle versioni  precedente, però sono resi più netti e emblematici nella loro fermezza.               Giovanni Zarri si distingue della massa con il «reso vivido dal colore rosso,  dominante senza sfumatura ed ombre capo sul panciotto».                                            La donna invece, la cui lunga veste e la sua posa ricordano una statua antica, sta un  po' accanto e introduce lo spettatore con un gesto della sua mano di sinistra nel  quadro, accompagnandolo con il suo visto verso gli ambasciatori.                                 La folla alle spalle del terzetto è compatta, unitaria e continua.                                Occupa tutto lo spazio da un lato del quadro all'altro.                                                     Le figure laterale chiudono agli estremi la composizione. La composizione dei personaggi, le relazioni tra le parti e il tutto, ricordano la pittura  rinascimentale.  L'avanzare dei lavoratori non è rapido, con forza violente, ma è sicuro e ineluttabile  con sicurezza e la certezza di vincere.                                                                              È una lotta anche intellettuale, con consapevolezza del proprio ruolo storico.                Questo quadro è il frutto di dieci anni di elaborazione artistico­tecnica e di  maturazione politico­filosofica, «dando forma ad un quadro in cui il popolo aveva la compiutezza e l'equilibrata serenità e positività delle concezione classiche».                Il quadro è l'espressione dell'artista­pensatore di un socialismo positivo e  evoluzionista.                                                                                                                    Il credo nelle scienze e nel progresso sociale trova il suo equivalente nel modo  scientifico di dipingere secondo la tecnica del divisionismo: «[...] le lotte dei  lavoratori e il loro progresso sociale si univano alla alla tecnica ostinatamente  divisionista, piú scientifica e quindi progressista rispetto a quelle del passato, e a  dominanti linee ondulate in cui Pellizza vedeva la sigla della modernità.».                   Il “Quarto stato” è stato probabilmente uno dei primi quadri ad essere usato  soprattutto come riproduzione nella stampa avendo ricevuto cosi una grande  popolarità.                                                                                                                Quest'uso dell'immagine del “Quarto stato” da parte della sinistra politica anticipava l'evoluzione della propaganda di massa usata sotto i regimi totalitari del periodo  seguente. Al contrario delle intenzioni originarie di Volpedo, che voleva fare un'arte  per l'umanità, il “Quarto stato” è diventato così un modello per la stampa politica.  Metropolis Metropolis è un film in bianco e nero e muto del 1927 diretto da Fritz Lang, considerato simbolo del cinema espressionista è universalmente riconosciuto come modello di gran parte del cinema di fantascienza moderno. Lang ipotizza un possibile 2026, nel quale le divisioni classiste sembrano accentuarsi. Negli sfavillanti grattacieli di Metropolis vivono gli industriali, i manager e i ricchi, nel sottosuolo vivono gli operai confinati in un ghetto di cui i ricchi sembrano neanche ricordarsi. La scena più toccate del film è sicuramente una delle prime in essa possiamo vedere gli operai che, per file parallele, entrano in un ascensore che li porterà nel sottosuolo, questa entrata ricorda gli “Proletari di tutti i paesi, unitevi!” Il proletariato è la classe sociale il cui ruolo, nel sistema di produzione capitalistico, è quello di prestare la propria forza lavoro dietro il compenso del salario. Quindi il proletariato, secondo la più popolare accezione (di derivazione marxista) è la classe sociale di lavoratori dipendenti, privi della proprietà e del controllo dei mezzi di produzione e possessori di una sola merce da vendere: la loro forza-lavoro. Colui che analizza in maniera fortemente critica la società, è Karl Marx (1818-1883). Marx riconosce nel proletariato la classe rivoluzionaria che ha in sé le potenzialità di organizzazione di un nuovo modello sociale, basato sulla libera associazione dei produttori in modo da rovesciare il sistema capitalistico. La fine del classismo, secondo Marx, mette termine alle sovrastrutture politiche e ideologiche sino a quel momento esistite. Funzione essenziale del proletariato è perciò l’organizzazione politica propria, la presa di coscienza (definita da Marx come classe per sé) e la conseguente spinta propulsiva verso l’emancipazione dal lavoro salariato e quindi dalla profittualità volta ad un singolo privato e non alla soddisfazione dei bisogno sociali. Il “Manifesto del Partito Comunista”, scritto tra il 1847 ed il 1848 dallo stesso Marx e da Friedrich Engels, su commissione della lega dei comunisti, è un testo divulgativo propagandistico che espone i punti fondamentali della nuova ideologia politica. Oltre all’analisi della funzione storica della borghesia e della lotta di classe tra proletari e capitalisti, il filosofo tedesco esamina progetti e teorie dei socialismi precedenti: ad essi vengono riconosciuti i meriti di aver individuato le contraddizioni ed i punti fallaci del capitalismo, ma allo stesso tempo vengono criticati di essere troppo idealistici ,in quanto fanno speculazioni teoriche prive di una base pratica, e di non attribuire al proletariato un giusto ruolo storico ed una propria autonomia. Nella parte finale del testo sono invece poste le basi dell’internazionalismo di matrice socialista nel quale vengono incitati tutti i proletari dei vari paesi, accomunati dagli stessi obbiettivi e dalle stesse ideologie, ad unirsi, tramite il celebre appello: “proletari di tutti i paesi, unitevi!”. Nel “Manifesto del Partito Comunista” egli effettua un’analisi scientifica della società del suo tempo dividendo la realtà in struttura e sovrastruttura: - la struttura rappresenta l’intera economia ed è costituita dalle forze produttive, cioè gli uomini che producono tramite i mezzi di cui si servono, dai rapporti di produzione, cioè le relazioni che si formano tra gli uomini e che consistono nel possesso dei mezzi di produzione; - la sovrastruttura altro non è che l’insieme di espressioni, come l’arte, la filosofia, la politica, la religione e la cultura, dipendenti dalla struttura, quindi dall’economia la quale sta alla base della società borghese. Marx, da un lato, esalta la borghesia in quanto le riconosce di essere una classe sociale molto attiva che è stata in grado di crearsi un mondo a sua immagine e somiglianza dissolvendo le vecchie condizioni di vita; un mondo che, erroneamente, dà un immagine falsata della realtà. Dall’altro lato , Marx, accusa la borghesia di ritenere il sistema capitalistico il solo e unico modo razionale di distribuire la ricchezza all’interno della società, mentre esso è solamente uno dei possibili modi. Tale metodo viene considerato sbagliato dallo stesso Marx in quanto il lavoratore, nella società capitalista, vive in una situazione di alienazione, questo perché la proprietà privata lo trasforma in uno strumento facente parte di un processo impersonale di produzione che lo rende schiavo, senza alcun riguardo ai suoi bisogni ed ai suoi interessi. L’alienazione dell’operaio è principalmente divisa in quattro diversi aspetti strettamente connessi tra loro: - l’operaio è alienato nei confronti del prodotto del proprio lavoro; - l’operaio è alienato nei confronti della propria attività; - l’operaio è alienato rispetto alla sua stessa essenza ; saggio di profitto (%) = plus valore/ capitale variabile + capitale costante. Il saggio di profitto altro non è che il rapporto percentuale del guadagno effettivo dell’imprenditore; tutto ciò rende il capitalismo una società basata sul profitto privato anziché su quello collettivo. Saggio del plusvalore: Saggio di profitto:   Dove   è il plusvalore,   il capitale costante e  il capitale variabile. Per aumentare il proprio profitto, il capitalismo, in un primo momento dilata la giornata lavorativa, ma non potendo aumentare più di tanto le ore lavorative, in un secondo momento incrementa il plus lavoro tramite riforme strutturali dei mezzi di produzione: vengono, quindi, introdotte nuove macchine. L’aumento di produttività genera la conflittualità operaia ed allo stesso tempo i capitalisti investono a capofitto in settori con grandi profitti provocando una sovrapproduzione rispetto alla richiesta e le “crisi cicliche di sovrapproduzione”. Nel capitalismo si instaura, così, l’anarchia della produzione: non si produce più in funzione dei bisogni del mercato, ma unicamente in funzione del proprio interesse. Inoltre il continuo rinnovamento tecnologico, necessario al capitalismo, provoca la caduta tendenziale del saggio di profitto; cioè la diminuzione del guadagno effettivo dell’imprenditore per via dell’aumento del capitale costante rispetto al capitale variabile. Tale caduta tendenziale del saggio di profitto, le crisi cicliche di sovrapproduzione e la concorrenza, provocano la scissione in due classi della società: da un lato una minoranza industriale ricca e potente, mentre dall’altra una maggioranza proletaria sfruttata. “Il popolo degli abissi” “E quando finalmente arrivai nell’East End, scoprii con soddisfazione che non avevo più paura della folla. Ero entrato a farne parte. Il mare vasto e maleodorante si era richiuso sopra di me, o meglio mi ci ero immerso dolcemente, e non c’era nulla di terribile in questo.” Rifiuti da produrre e nascondere. Sono ubriachi, prostitute, ladri e suicidi, gente senza cultura ed istruzione, devastati da povertà e malattie, la maggior parte delle quali senza la benché minima speranza od aspettativa per un domani migliore. London, che nel suo viaggio incontrerà e parlerà con uomini ridotti a sopravvivere in stati subumani, non è insensibile a ciò che vede e non disdegnerà commenti e critiche feroci al modello della società in cui vive e ai suoi attori principali. Il giornalista farà lunghe file per entrare nel ricovero occasionale dell’ospizio dei poveri per poi uscrine scioccato, capirà il motivo per cui questi uomini hanno perso la speranza e arriverà a chiedersi se Dio li sente. Di questi senza speranza London scrive: “nella loro vita possono solo cominciare a cadere, lasciando ai loro figli e nipoti il compito di portare a termine la caduta. L’uomo ottiene dalla vita sempre meno di quello che chiede, e loro chiedono talmente poco che il pochissimo che ottengono non basta a salvarli.”. Fortemente influenzato e sensibile alle cause socialiste, andrà al cuore del problema e individuerà nella mancanza del lavoro una delle ragioni principali di tanta “inumana miseria”. Lo farà in modo lucido e con parole semplici ed indimenticabili: “La disgrazia e la miseria hanno la capacità di sconvolgere profondamente la mente umana, conducendo alcuni al manicomio, altri all’obitorio o sulla forca. Quando succede che un padre e marito, pur con tutto l’amore per la moglie e i figli e la voglia di darsi da fare, non riesce a trovare lavoro, è facile che la sua ragione vacilli e che la luce nel suo cervello si offuschi. Ed è ancora più facile se si tiene conto che il suo corpo è devastato dalla denutrizione e da malattie, e che la sua anima è tormentata dalla vista di sua moglie e dei suoi bambini che soffrono” . L’autore ci fa ben comprendere l’orrore dei “danni collaterali” della società capitalistica. Il suo capolavoro ci appare come un’inchiesta attualissima e un grande esempio di giornalismo investigativoe non solo ci ostra la faccia nascosta dell’imperialismo britannico, ma porta con sé un messaggio forte e chiaro anche per i nostri tempi. Italo Calvino “L’avventura di due sposi” Intorno al ’68 il mondo è stato percorso da una ventata rivoluzionaria, che nei paesi industriali si è espressa soprattutto attraverso i movimenti studenteschi e operai, la cui “contestazione” tendeva a mettere in causa l’intera società, con un’ansia di intervento globale, con un rifiuto di forme e tradizioni repressive e autoritarie, con una ricerca di nuove libertà individuali e di nuova solidarietà collettiva. La tematica della “giovinezza” ha attraversato tutta la storia e la cultura del Novecento. Nella prima metà del secolo l’azione dei giovani, degli operai e l’esaltazione della “giovinezza” si sono però strettamente integrate con tendenze che interessavano il quadro più generale della società: i giovani affermavano un’autonoma identità di gruppo, ma si facevano portatori di valori, tendenze, ideologie sostenute da forze sociali più ampie, borghesi o piccolo-borghesi. Il movimento studentesco internazionale del Sessantotto ne è stato la maggiore e più incisiva manifestazione in Italia. Nei riguardi della letteratura, il movimento del Sessantotto è parso oscillare tra un vero e proprio rifiuto e una forte attenzione a tutte le possibili forme di poesia politica e rivoluzionaria. Una grande fortuna ha avuto nel movimento sessantottesco il pensiero di Herbert Marcuse che ha promosso una nuova attenzione alle forme estetiche “classiche”, a un’idea della “bellezza” come forza capace di anticipare l’immagine di una società libera e felice. Italo Calvino è nato il 15 ottobre 1923 a Santiago de Las Vegas, nell’isola di Cuba e nel 1925 la famiglia tornò in Italia, stabilendosi a San Remo. Dopo l’8 Settembre del ’43 si rifugiò con il fratello Floriano sulle Alpi Marittime e partecipò attivamente alla Resistenza in una formazione delle brigate comuniste Garibaldi. Dopo la liberazione s’impegnò nella militanza del Pci e collaborò vivacemente a giornali e riviste comuniste. Nel 1947 si laureò alla Facoltà di lettere di Torino. Dall’inizio del 1950 fu assunto nella redazione della casa editrice Einaudi. La metodicità e la costanza del suo lavoro, rigoroso e preciso, la sua curiosità per le più diverse forme culturali contribuirono in modo determinante ai caratteri della casa editrice negli anni Cinquanta e Sessanta. Dopo la morte del padre nel 1951 fu impegnato in una varia produzione narrativa, che lo condusse nel 1958 alla fondamentale raccolta dei “Racconti”. Lui, Arturo Massolari, esercita il turno di notte; di conseguenza entra in casa nel momento in cui la moglie, Elide, deve svegliarsi per andare al lavoro. La donna acquisisce una posizione di parità dalla sua condizione di lavoratrice, che spinge ad una nuova organizzazione familiare e ad un’equa divisione del lavoro domestico. Il tempo per scambiarsi qualche parola, qualche sguardo, qualche tenero abbraccio è limitato. I ritmi del lavoro in fabbrica gli impediscono di vedersi, ma non di esprimere una sensibilità delicata che rivelano attraverso gesti di affetto semplici ma intensi, come quello di cercare il calore che l’altro ha lasciato nel letto e ricavarne “una grande tenerezza” L’ambiente operaio delle fabbriche e l’ambiente esterno della città, delle botteghe, della fermata del tram non è rappresentato, ma immaginato e ricostruito attraverso i pensieri dei protagonisti. Questo racconto presenta elementi che si richiamano alla poetica neorealista. La vita esterna dei due sposi non è infatti rappresentata attraverso la narrazione degli eventi che essi vivono durante la giornata, ma è raccontata indirettamente tramite i pensieri, le allusioni, le percezioni dei due protagonisti. Arturo ricostruisce il ritorno di Elide grazie ai suoni che gli giungono dall’esterno (il rumore dei tacchi giù per i gradini, lo stridere, il fermarsi e lo sbattere della pedana del tram); lo stesso accade ad Elide quando pensa al marito diretto al lavoro (ora lui correva sulle strade buie, tra i radi fanali…). Il mondo non è visto ma immaginato, ricostruito e quindi inevitabilmente deformato. Coketown Hard Times - For These Times (commonly known as Hard Times) is a novel by Charles Dickens, first published in 1854. The book appraises English society and is aimed at highlighting the social and economic pressures of the times. It is his only novel not to have scenes set in London. Instead the story is set in the fictitious Victorian industrial Coketown, a generic Northern English mill-town, in some ways similar to Manchester, though smaller. Coketown may be partially based upon 19th-century Preston. One of Dickens' reasons for writing Hard Times was that sales of his weekly periodical, Household Words, were low, and it was hoped its publication in instalments would boost circulation, as indeed proved to be the case. Since publication it has received a mixed response from critics, mainly focusing on Dickens's treatment of Trade Unions and his post-Industrial Revolution pessimism regarding the divide between Capitalist mill owners and undervalued workers during the Victorian era. Dickens wished to confront the assumption that prosperity runs parallel to morality and was also campaigning for the importance of imagination in life, and not for people's life to be reduced to a collection of material facts and statistical analyses. The major themes of the book are: - fact vs. fancy - honesty The Utilitarians were one of the targets of this novel. Utilitarianism was a prevalent school of thought during this period, its political theorist was John Stuart Mill. Theoretical Utilitarian ethics hold that promotion of general social welfare is the ultimate goal for the individual and society in general: "the greatest amount of happiness for the greatest number of people." Dickens believed that in practical terms, the pursuit of a totally rationalized society could lead to great misery. Dickens was appalled by what was, in his interpretation, a selfish philosophy, which was combined with materialist laissez-faire capitalism in the education of some children at the time, as well as in industrial practices. In the novelist interpretation, the prevalence of utilitarian values in educational institutions promoted contempt between mill owners and workers, creating young adults whose imaginations had been neglected, due to an over-emphasis on facts at the expense of more imaginative pursuits. Victorian Age is an age of reforms and scoial achievements, the end of this age is with the death of Queen Victoria. The reforms were for istance the Ten hour act, the Miners act and the act which made school compulsory untill you were ten years old. The social achievements concise with the birth of the legalized Trade Unions, then it follows the Chartist Movement and the Fabian Society. Chartist Movement has got six main points, for istance the male universal suffrage, income for MP’s and vote by secret ballot; it didn’t last a lot beacause it was politically immature. The Fabian Society was inspired by socialist ideas (Karl Marx) the aim is to change the conditions of people, this change must be slow and steady and not revolutionary. During this age there were many poors and parliament in order to solve the problem of poverty decided to build the Workhouses which failed to solve the problem. The Workhouses weren’t a real free choice for inmates and orphans beacuse they could die of starvation out of them in a very quick way (paupers) or they could eat what there was in them that became always less and they might die of starvation in a slow way; it was a sort of diet. They gav them less and less food beacuse they were considered lazy parassites and for the country they were the burden of society. Charles Dickens describes this failure; they made a sort of Victorian compromise beacuse they didn’t took a radical solution to the problem of poverty. Queen Victoria embodied the moral code of this age. The two keywords of Victorian Age were appearance and respectability. Some artists, for istance G.B. Shaw criticized the hipocrisy of this age. Between the lines even Charles Dickens condamned the hipocrisy of this system through two devices: irony and humour. It is an age where progress is seen as a solution to social problems, but the inventions of this time didn’t improve the social conditions of the lower classes and the so called destitutes. The gap between rich and poor people became bigger and bigger. locate Preston-city, near Manchester. In this passage we can distingiush the presence of many symbols that give us the idea of the existing problems inside this particular place. The town is depicted by different colours: the brick of "innatural red and black", "black canal", "the river that ran purple "and it’s evident the atmosphere of pollution due to the tall chimneys and machinery that work continuously "for ever and ever". The city appears monotonous not only in the colours but also in the sounds, in the noises, in the buildings ,in the streets. As in a painting, the inhabitants’ expression communicate only the monotonyand sadness of life in this industrialized town. People have lost their personality, their individuality: they are equally like one another and look like robots. By the use of metephors, we can clearly deduce the presence of two types of risk that coexist and cause not only serious physical dangers (pollution) but even psychological problems. The alienation due to the repetitive life in Coketown is a significative and worrying message of the existence of a psycological risk that workers may suffer. Dickens uses many long sentences and repeats worder in order to convey to the monotony of the town and gives structure and rhythm to the text. It is like the rhythm of machinery. The author’s description of Coketown is interesting and highly significant. He brings forth various images to put forward is ideas and themes effectively in the novel. He describes the smoke of the industrialized Coketown as "interminable serpents", a sinister image implying that something evil hovers around the catchments of Coketown. He also describes the pistols of the factories as those that go up and down like the head of an "elephant" moving in utter madness. This is significant in understanding the hectic schedules of 'mad' industrialized town. Dickens also uses color symbolisms to describe Coketown. He associates colors to vitality and individualism and relates the colors of black and white with the loss of vitality and individuality. He therefore uses the color black or white not only to describe the environmental damage brought about by industrialism, but also the loss of people's individual freedom, joy and liveliness in their town. Indeed, the sinister intricacies of industrialized towns and the lives that revolve around are brought into vivid images in Hard Times. Bibliografia - http://www.airdave.it/john-lennon-working-class- hero-canzone-video-testo-lyrics-traduzione-1713/ - Libro di storia adottato: “Storia di mille anni 3”; Società Editrice Internazionale – Torino - http://www.homolaicus.com/arte/pellizza/studi_critici/ quarto_stato.htm - “Museo del Novecento – La Collezione” - Libro di filosofia adottato: “Itinerari di filosofia, volume 3A”; Paravia Bruno Mondadori Editori - “Profilo storico della letteratura italiana, volume II”; Einaudi Scuola - Libro di inglese adottato: “The Golden String 2”; Petrini editore - Wikipedia, l’enciclopedia libera - Lettura integrale “Il popolo degli abissi” di Jack London - Visione “Metropolis” di Fritz Lang
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